mercoledì 03 Dicembre 2025
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Costadoro a Tuttofood con la nuova linea di prodotti retail, 8-11/05 a RhoFiera

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Le referenze Costadoro (immagine concessa)

TORINO – Costadoro sarà presente a Tuttofood, la fiera B2B per l’intero ecosistema agro-alimentare, e presenterà le nuove referenze della linea retail disponibili in diversi formati (grani, macinato, capsule compatibili Nespresso o A Modo Mio) e con differenti miscele:

  • Cento: dolce ed equilibrato. Sentori floreali e fruttati incontrano note di dolci e miele
  • Settanta: ricco e aromatico. Note di cioccolato fondente e frutta secca
  • Cinquanta: intenso e corposo. Sapore deciso di cacao con aromi di pane tostato
  • Decaffeinato: aromatico e bilanciato. Per non dover mai rinunciare al gusto di un buon caffè.

Costadoro tra i protagonisti di Tuttofood

Globale e innovativa, è il punto di riferimento nel mondo per i produttori e distributori dei prodotti di qualità dell’intera filiera del food and beverage che incontrano in manifestazione i buyer con effettivo potere d’acquisto come: distributori, importatori, GDO, negozi di prossimità, negozi gourmet, food service, out of home, chef.

Un evento che guarda al futuro e sviluppa innovazione in sintonia con i trend di consumo e le dinamiche di mercato.

Una piattaforma di business e contenuti per l’intera food community mondiale, dove la tradizione alimentare incontra l’innovazione; il punto di riferimento nazionale e internazionale per lo sviluppo del settore, per scoprire, disegnare e guidare il rilancio del comparto alimentare.

Tuttofood si svolge a Milano, nella capitale dell’innovazione in tema di cibo e alimentazione, punto di riferimento mondiale per lo sviluppo e la crescita del settore.

Ulteriori informazioni

  • Tuttofood 8-11 maggio 2023 Fiera Milano (Rho)
  • Ingressi Porta Est, Porta Sud TIM e Porta Ovest Tim
  • Orari visitatori 8, 9, 10 maggio 2023 – 9.30/18.00 11 maggio 2023 – 9.30/17.00

Caffè Corsini firma la pausa caffè di capi di stato e ministri per l’evento The State of The Union

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La riserva Silvano Corsini (immagine concessa)

AREZZO — Caffè Corsini firma la pausa caffè di capi di stato, ministri, accademici e giornalisti di tutta Europa, riuniti a Firenze per The State of The Union. La storica torrefazione aretina, che nel 2021 è entrata a far parte del gruppo Melitta ed oggi è leader nel food & beverage e portavoce della qualità made in Tuscany in oltre 65 paesi del mondo, è partner della 13esima conferenza internazionale organizzata dall’Istituto Universitario Europeo (EUI) dal 4 al 6 maggio, per riflettere su crisi internazionali, ruolo dell’Unione, trasformazione digitale e cambiamenti climatici.

Caffè Corsini a The State of The Union

Oltre 150 relatori e 300 partecipanti provenienti da ogni parte del mondo avranno l’opportunità di gustare le eccellenze di Caffè Corsini, nelle due tradizionali sedi della kermesse: Badia Fiesolana e Palazzo Vecchio. In questi luoghi la storica torrefazione aretina porterà l’inconfondibile blend Riserva Silvano Corsini, insieme alle macchine da caffè della linea Melitta Professional, che garantiscono un espresso sempre perfetto.

Prodotta da agricoltura biologica, l’esclusiva varietà in grani Riserva Silvano Corsini è costituita da caffè in chicchi arabica e robusta e si caratterizza per le note speziate al cacao e alla mandorla. Il profilo di tostatura utilizzato per questo prodotto dona al caffè un gusto particolarmente corposo e rotondo, unito a dolcezza ed aromaticità.

Questa varietà è frutto di un rapporto diretto con i coltivatori dei paesi d’origine, che lavorano la terra da generazioni in modo naturale, senza l’uso di sostanze chimiche e nel totale rispetto dell’ambiente. La sua anima bio e l’etica delle persone che lo hanno lavorato lo rendono quindi un caffè doppiamente speciale, gustoso nella tazza e corretto con l’ambiente: un’eccellenza tra le eccellenze che interverranno a The State of The Union.

La scheda sintetica di Caffè Corsini

Fondata ad Arezzo nel 1950 da Corsino Corsini, da un piccolo laboratorio artigianale di lavorazione del caffè, Caffè Corsini, sotto la guida di Patrick Hoffer, è diventata una delle più importanti torrefazioni italiane, la più grande del centro Italia.

Per uno sviluppo sempre più forte, da novembre 2021 è entrata a far parte della famiglia allargata di Melitta Group, gruppo a proprietà familiare attivo a livello internazionale che si occupa di sviluppo, produzione e vendita di prodotti di marca per il consumo di caffè, grazie ad un accordo strategico con l’obiettivo di portare la torrefazione a crescere sul mercato, consolidando la presenza oltreconfine. Caffè Corsini offre un ampio portafoglio di prodotti ai settori della vendita al dettaglio, della gdo e della ristorazione.

Primi a immettere nel mercato italiano il concetto di caffè doc negli anni ’80, i marchi Caffè Corsini e Compagnia dell’Arabica hanno un profilo distintivo e godono di un alto livello di brand awareness in tutto il mondo. L’azienda si è guadagnata un’eccezionale reputazione in particolare nel settore dello specialty coffee.

Per ulteriori informazioni basta cliccare qui

Associazione museo del caffè di Trieste: il 4° appuntamento dei Cenacoli del caffè con lo studioso d’arte Marco Favetta il 4/05

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Quarto appuntamento con i Cenacoli del caffè (immagine concessa)

TRIESTE – Quarto appuntamento giovedì 4 maggio, all’Hotel Savoia Excelsior, con i Cenacoli del caffè organizzati dall’Associazione museo del caffè di Trieste. L’incontro, che avrà inizio come di consueto alle ore 17.30, avrà stavolta come relatore Marco Favetta, giovane studioso d’arte che intratterrà i presenti su un tema peculiare e di grande interesse, anche per gli appassionati di storia della nostra Città, ovvero “La vita artistica nei caffè di Trieste nella Belle Époque” (ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili).

Marco Favetta, laureato all’Università degli Studi di Trieste, ha collaborato per diversi anni con l’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia ed è stato quindi coordinatore, dal 2011 al 2018, dei servizi museali de Le Gallerie d’Italia a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza. A Trieste ha coordinato la mostra temporanea “Massimiliano e Manet” alle Scuderie del Castello di Miramare.

Per anni ha svolto l’attività di guida in diverse mostre a Trieste e a Venezia e dal 2020 fa parte del Direttivo dell’Associazione Amici dei Musei “Marcello Mascherini” dove ha tenuto numerose conferenze legate alla pittura.

Nel particolare ambito del collezionismo veneziano si è interessato in particolar modo alla famiglia Pesaro. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo i saggi “Ca’ Pesaro e la sua dispersa raccolta d’arte: nuove fonti documentarie” (in “Arte in Friuli. Arte a Trieste”, n. 20, 2000) e “La biografia della Famiglia Pesaro” (in “Il collezionismo d’arte a Venezia. Il Settecento”, a cura di S. Mason e L. Borean, in corso di pubblicazione). Ha pubblicato inoltre il volume “Padova e il suo Territorio. Arte e Architettura” (Luca Sassi editore, Schio, 2009).

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Il programma completo (immagine concessa)

Il ciclo dei “Cenacoli”, dedicato quest’anno a “L’arte in tazzina: da prodotto a cultura” nell’intento di approfondire l’influsso che la nera bevanda ha avuto su artisti e movimenti culturali dal Settecento ai giorni nostri, è coordinato da Nicoletta Casagrande, appassionata cultrice del mondo del caffè, nonché responsabile dell’InfoLibro-Salotto del libro italiano di Capodistria, centro multimediale per la conservazione e diffusione della lingua, letteratura e cultura italiane.

L’iniziativa, giunta alla sua sesta edizione, proseguirà ogni primo giovedì del mese, fino al 6 luglio. Il successivo appuntamento sarà il 1 giugno con Francesca Salcioli, al Mini Mu dell’ex OPP, sul tema “Acquerello al caffè e caffeomanzia: il caffè artiterapico per il benessere”.

Tutti gli appuntamenti possono venir seguiti anche on line sul portale web dell’Associazione: www.amdctrieste.it o tramite il profilo Facebook aMDCTrieste.

Anche il bar del Tribunale Civile di Roma non fa gli scontrini: il nuovo servizio di Striscia la Notizia in tv

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Jimmy Ghione durante il servizio (fotogramma di Striscia la Notizia preso dal sito Leggo)

Un’altra vicenda analoga in quello che dovrebbe essere il tempio della legalità a Roma, dopo il caso del bar dell’Agenzia delle Entrate venuto alla luce grazie al servizio di Jimmy Ghione di Striscia la Notizia (ne abbiamo parlato qui). Questa volta, le telecamere del programma satirico immortalano la caffetteria del Tribunale Civile e mostrano agli spettatori il viavai di clienti a cui viene consegnato il resto, ma spesso non lo scontrino. Leggiamo di seguito parte dell’articolo pubblicato sul portale Leggo.

Niente scontrini al bar del Tribunale: la scoperta di Striscia la Notizia

ROMA – Un altro caso incredibile scoperto da Striscia la Notizia. A poche settimane dal clamore e indignazione suscitati dal servizio di Jimmy Ghione sul bar dell’Agenzia delle Entrate di Roma 6-Eur Torrino, che non faceva gli scontrini, un’altra vicenda analoga in quello che dovrebbe essere un ‘tempio della legalità’, dove qualcuno si “dimentica” di emettere il documento fiscale.

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Il logo di Striscia la Notizia

E anche in questo caso non si tratta di un bar qualunque, ma di quello del Tribunale Civile di Roma, come documentato dall’inviato di Striscia la notizia nel servizio in onda la sera scorsa (Canale 5, ore 20.35). Dopo aver ricevuto alcune segnalazioni, le telecamere di Striscia entrano nella caffetteria del Tribunale Civile e mostrano il viavai di clienti a cui viene consegnato il resto, ma spesso non lo scontrino.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Campionato europeo di pasticceria: Italia e Francia in gara nel 2024 per accedere ai mondiali 2025

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Il team italiano al terzo posto della Coupe du Monde de la Pâtisserie 2023 (immagine concessa)

MILANO – Arriva una nuova emozionante sfida per l’Italia che, come la Francia – rispettivamente terza e seconda classificata alla Coupe du monde de la  2023 Pâtisserie – parteciperà alla Coupe d’Europe de la pâtisserie, selezione europea che si terrà all’interno del salone Sirha Europain 2024 (Parigi), dal 21 al 24 gennaio. La Coppa vedrà contendersi tra diversi Paesi europei la possiblità di accedere alla Coupe du monde de la pâtisserie 2025, la più grande vetrina del settore a livello internazionale.

L’Italia alla Coupe du monde de la pâtisserie 2025

Si tratta di una grande novità all’interno del regolamento Coupe du monde: fino alla scorsa edizione, infatti, le squadre sul podio accedevano automaticamente al mondiale successivo. Da quest’anno, invece, ci sarà questa importante preselezione, una nuova tappa che vedrà l’Italia impegnata con la nuova squadra: le selezioni per i membri che comporranno il Team Italy 2024/2025 si terranno a settembre 2023 presso Cast alimenti (Brescia), come da tradizione coordinate dal Club Italia Coupe du Monde de la Pâtisserie.

L’invito è quindi rivolto ai pasticcieri professionisti italiani che vogliano cimentarsi all’interno della più grande vetrina mondiale per l’alta pasticceria, aspirando a diventare campioni del mondo. A breve, Club Italia fornirà tutti gli elementi per la candidatura: per maggiori informazioni basta cliccare qui.

Panizzardi: “Su 640mila euro all’anno, ci resta un margine di 50mila, prepariamo tra i 30 e i 50 espresso specialty al giorno a 2€”

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Andrea Panizzardi parla della sua esperienza, conti alla mano (foto concessa)
Andrea Panizzardi parla della sua esperienza, conti alla mano (foto concessa)

MILANO – Nell’ultimo rapporto divulgato dall’Ufficio Studi della Federazione pubblici esercizi (Fipe) lo scorso 4 aprile, i dati descrivono un settore della ristorazione molto dinamico, con ben 336 mila imprese attive nel 2022. Sezionando ulteriormente questo numero però il quadro appare più squilibrato: 9.526 pubblici esercizi sono stati avviati nel corso dello stesso anno, mentre sono quasi 20.139 sono quelli che hanno dovuto chiudere i battenti, con un saldo negativo di oltre 10.600 unità.

Con questi dati alla mano, abbiamo voluto capire con chi in prima linea si occupa di mandare avanti queste realtà legate all’ospitalità, quali sono i problemi concreti da affrontare per mantenere un bilancio positivo per il proprio locale.

Costi, margini, personale, rincaro dei prezzi, fasce orarie, location: questi sono alcuni dei punti che abbiamo approfondito a contatto diretto con i gestori e con chi si occupa di fare formazione di tipo manageriale.

Per chi ha le giuste competenze, resta una sfida continua far quadrare i conti, ma poter contare su una solida organizzazione e sapere come poter gestire il flusso di cassa (e come nel caso potenziarlo), aiuta a restare aperti, seppur con pochi margini.

L’espresso resta ancora e sempre il prodotto di punta per un bar? La colazione è il momento della giornata in cui si battono più scontrini? Come funziona il comodato d’uso? Queste sono alcune delle domande che abbiamo posto ai professionisti che devono confrontarsi con questi dubbi tutti i giorni.

Facendo la dovuta chiarezza per chi pensa che avviare una caffetteria sia un’impresa facile o per chi si chiede quanto si possa guadagnare faticando ogni giorno al servizio del consumatore finale – no, i gestori non diventano ricchi sulle tasche del cliente -.

Il primo intervento che condividiamo è quello di Andrea Panizzardi, che gestisce con successo il Bar Fortuna Casalnoceto (provincia di Alessandria)

E che abbiamo conosciuto diverse volte su queste pagine.

Quanto guadagna un bar su ogni caffè venduto, considerate le tante voci di spesa
per un locale?

“Per aprire una caffetteria puntando sul caffè come core business, devi sapere dove
innanzitutto posizionarti: vicino agli uffici ad esempio, i 3 caffè canonici del personale
saranno presi nel tuo bar, e gli altri nelle macchinette dello stabile.

Concentrandosi su colazioni, pranzi e pause veloci si dovrebbe impostare il calcolo sul caffè di almeno un euro e venti o di un euro e 50, calcolando ciò che c’è dietro (dal personale, al volume di materia prima usata in un’ora. – continua Panizzardi – Facendo un esempio semplice: un’ora equivale ad un costo di manodopera di otto euro e 50, un’ora equivale anche ad un massimo di 35 espressi lavorando con una macchina a due gruppi erogatori, calcolando il tempo per macinare il caffè, posizionare tazzina, piattino, bicchiere d’acqua e calcolando anche il tempo per lavare il materiale utilizzato per la produzione e somministrazione dell’espresso stesso, l’incisione del costo del barista darà come risultato, 24 centesimi (1h = €8,50 , 1h = 35 espressi (8,50€ / 35 espressi = 0,243).

Ma non è finita qui, perché su quei 35 caffè, devi considerare anche la luce, la manutenzione delle attrezzature, le tazzine, le stoviglie, i detergenti: sono tutti costi che stanno aumentando. Per quanto riguarda il costo della corrente elettrica posso portarvi il mio esempio: Rispetto ai 400 euro al mese che pagavo nel 2014, arrivo oggi a spenderne 2000. Erano sei chilowatt, poi 11, e ora 20.

E bisogna anche calibrare i costi a seconda della potenza impiegata, che è direttamente
proporzionale alle attrezzature. Poi puoi aggiungere al bilancio anche l’affitto, (a Milano in corso Buenos Aires un collega spende 10mila euro al mese), che per la nostra zona, Bassa Val Curone – Basso Piemonte può variare dai 400 ai 700 al mese.

Ecco il mio consiglio: se il costo lordo dell’affitto mensile corrisponde all’incasso che il bar
può registrare in un giorno, allora le due cose si bilanciano. Altrimenti si va in perdita e
bisogna considerare un’altra location.”

Quanto è rilevante la gestione corretta del magazzino?

Panizzardi: “Il magazzino ha il suo peso: se so che faccio 100 chili di caffè al mese, cerco di
conservare oltre alla mia scorta mensile, un massimo di altri 80 chili (80% per ogni
evenienza).

Fare altrimenti ti espone al rischio di togliere della liquidità che è molto importante ora
avere a disposizione sempre. Se l’equivalente di 15 / 20mila euro è fermo in magazzino
può essere un problema: per cui la strategia è fare ordini più piccoli e frequenti, con un
contatto costante e chiaro con i fornitori. “

Ma la location è meglio averla più periferica abbattendo i costi dell’affitto (però offrendo esperienza di servizio e prodotti in grado di attrarre i clienti un po’ fuori dalle zone di traffico) oppure stare in un luogo centrale?

Fuori dal Bar Fortuna (foto concessa)

“Se sei piccolo e alle prime armi, consiglio di partire con una piccola location defilata,
puntando su un prodotto specifico e di qualità, dalla caffetteria alla birra. Dopodiché si può
pensare di espandersi scegliendo location più grandi, più belle, più centrali. Bisogna avere
inizialmente un locale che permette di avere poche spese e tanta resa. In centro, avrai il
problema di servire tanta gente in poco tempo e questo potrebbe condurti a trascurare la
qualità.

Meglio farsi prima le ossa, farsi una certa reputazione. E mettere anche in conto un
investimento sull’offerta dei prodotti, ed investire una piccola somma in pubblicità sui
media (mettendo massimo una spesa tra gli 800 e i 1000 euro in comunicazione). Bisogna considerare che i primi due anni si va in pari e bisogna raggiungere entro questo tempo il famoso “ turning point “ e da questo momento in poi si deve cercare di portare più
margine possibile.

Il business plan va fatto quindi su 5-10 anni.

Dopo i primi 5 anni non ci si può ancora adagiare: la concorrenza è sempre di più ed i
prodotti devono essere sempre aggiornati ed al passo coi tempi.”

Il personale incide per il 40% del fatturato: come rientrare?

“Sì. Come abbiamo calcolato prima il costo del personale sull’espresso e applicabile
anche su gli altri prodotti delle somministrazione, sino a raggiungere in media un costo del
40% da detrarre dal del guadagno.

E allora, come far quadrare i conti?

Cercando di caricare al massimo i prodotti di largo consumo e a poco costo, come l’acqua
che al gestore costa 12-13 centesimi al litro al discount, che viene rivenduta dieci volte il
suo prezzo. Altro caso sono le caramelle e prodotti da banco: acquistando anche delle promo dal rivenditore, in modo che regalino l’acqua o altri prodotti da banco da rivendere a prezzo pieno.

Una via è quindi investire una buona somma su prodotti da esposizione originali, che
non richiedono l’uso di frigorifero, come ad esempio: biscotti artigianali (3.50 a comprarli,
rivenduti a 6 euro, senza impiego di energia elettrica), torte, crostate e muffin. Un modello di business vincente è anche puntare sulla rivendita di caffè, in cialde o in capsule, o se piace il caffè appena bevuto al banco, rivenderlo macinato al momento, a sacchetti lo rivendo almeno a 40 euro al chilo, con un buon ricarico.

Per attutire ulteriormente il costo del personale, dedico tanto tempo alla formazione interna
aziendale, non solo quindi retribuisco il dipendente, ma lo rendo un professionista completo facendo risparmiare sia loro che la mia azienda sulla formazione , creando anche modelli da seguire per la produzione e somministrazione dei prodotti dettando precise regole e direttive di lavoro.

Ogni tot mesi faccio partire delle promozioni stagionali con la box di un tot di caffè,
palettine, capsule, ricette particolari, che fanno backoffice e fanno vendere e fidelizzano il
cliente che porta a casa sua una parte del nostro bar e del nostro brand.

Anche la digitalizzazione aiuta alla fidelizzazione e quindi a fare cassa: il Qrcode, la
registrazione delle informazioni dei clienti, aiutano ad aumentare le entrate, analizzando gli
andamenti e le preferenze di ogni cliente o gruppo di clienti.

Tutto questo mi rende possibile retribuire i miei dipendenti: ho 2 addetti cucina, poi ci
siamo io e mia moglie come collaboratori e due addetti al bancone. Ogni persona costa dai 21 ai 29 mila euro l’anno. Ma ne vale la pena: dalle 6 alle 24 bisogna avere dei modelli di business che funzionano.”

Panizzardi, come commenta il comodato d’uso?

“Lo sconsiglio, perché ragiono da caffetteria indipendente e da torrefattore. Se volessi
aprire una ditta edile, per esempio, non vorrei farmi prestare gli strumenti dalla ferramenta
o da un mio competitor, ma vorrei investire. Nel tempo i torrefattori hanno trasformato questo mercato seguendo una concezione sbagliata, cioè di un settore aperto e composto da chi non sa cosa fare come lavoro e allora apre un bar perché tanto i fornitori danno tutto.

Come fanno a rientrare i torrefattori di questo enorme finanziamento (in termine di denaro, macchine e forniture)?

Dando materiali e prodotti dal valore commerciale medio basso (un esempio è il caffè che
si trova dentro le tramogge dei macinini al bar, che lo stesso si può trovare al supermercato a 10 euro al chilo e che invece al barista viene venduto a 28 euro al chilo). Così ci si convince che avviare una caffetteria si possa fare senza competenze e investimenti.”

Ma non scegliendo il comodato, quanto servirebbe per partire indipendenti?

“In una cittadina tra i 5 e 10mila abitanti come la nostra vicina Tortona (AL), calcolando un
massimo 1.000 al mese di affitto per un locale di 70 metri quadrati, ci vogliono 50mila
euro di investimento iniziale, con i quali si può vivere i primi due e tre anni tranquilli. Una macchina del caffè oggi nuova, con macinino, depuratore, a due gruppi, può costare dai 3500 più iva ai 10mila euro.

Puoi persino anche acquistare la tostatrice. Ricordiamoci che, nel momento in cui ti
“regalano” tutto, l’idea che passa è che chiunque possa fare questo mestiere senza dargli
il giusto valore e la giusta formazione.”

Panizzardi, ci fa un calcolo sul fatturato?

“Come fatturato totale (la mia attività a cui bisogna aggiungere la rivendita di generi di
monopolio, edicola, giochi, dato che siamo la tabaccheria storica di 150 anni che attira il
cliente d’impulso, la caffetteria da colazione, aperitivo, a cena e infine la torrefazione)
dividendo il tutto, abbiamo una ditta di circa quasi 640mila euro all’anno, di cui puliti
restano 50mila euro da dividere in due con stipendi certificati.

Il mio progetto è di portare questo modello di business verso quello di franchising ed
essere tranquillo.”

Colazione versus aperitivo: quale dà più margine?

“Chi dice che l’aperitivo dà più margine, lo afferma perché non ha ancora cambiato modo
di fare colazione. C’è un po’ di scollamento tra gli insegnamenti teorici impartiti dalle
scuole di caffè e la loro applicazione pratica: conoscere il tds, non serve molto a
modificare le modalità di vendita della bevanda. Proviamo invece a portare il filtro nella colazione: mug, black americano, batch brew o il chemex al tavolo con pane burro e marmellata, crostata, muffin.

Tutte voci che sono più della solita brioche: 74 cornetti al giorno non fanno margine e
questo non sta neppure sull’espresso e la brioche, ma su chi si siede e prende anche la
spremuta, la torta che facciamo noi (poca spesa e tanta resa) e alla fine, ordina una
brocca di chemex da dividere in 4-5. Questo riesco a farlo in un piccolo paese. Bisogna
investire e andare oltre la brioche e cappuccino, che non portano più il guadagno di
un tempo.

Sulle bevande vegetali: mi sono imposto un massimo di tre opzioni, latte vaccino, bevanda alla soia e uno a mia scelta. La mia idea è che il mio core business è la caffetteria e quindi devo dare sempre un’alternativa, senza però confondere il cliente con un eccesso di soluzioni. Il menù deve mantenersi piccolo, con 10 bevande di caffè e latte. E per avere un margine su queste bevande vegetali, devi aumentare il prezzo al cliente finale.”

Quali sono i numeri che registra attorno al caffè?

“Prepariamo 300 espressi classici al giorno, altri 200 espressi “più forti” 200, quelli più
leggeri con 100% arabica etiope sono attorno agli 80; mentre l’espresso specialty
dall’Honduras (2 euro a tazza) arriva ai 30/50 al giorno. I filtrati, che solitamente sono concentrati nel mattino o alla merenda, equivalgono a 25/30 estrazioni da due o tre tazze.
È una media più che buona.”

Il Covid ha cambiato ulteriormente le carte in tavola?

Panizzardi conclude: “Ci sono stati dei cambiamenti sostanziali: il primo è proprio il dipendente, che ha capito che può restare a casa e non lavorare. Quindi il rapporto con il datore di lavoro deve
essere incentivante. Anche il cliente sa che può bere stando nella sua cucina e magari fa
lo smart working: devi quindi proporre una parte del prodotto pensato da portare a domicilio (anche i 250 grammi di caffè, o le attrezzature come l’aeropress da acquistare per la preparazione in casa).

Non ho mai fatto buffet, tanto meno li propongo adesso: l’aperitivo da noi è sempre servito
al tavolo. Ora le persone ci dedicano più tempo e quindi è cambiato il modo di vivere il bar:
noi lavoriamo su 200 metri quadri e possiamo far stare i clienti più sereni e distanziati.
Bisogna ricordarsi tutti, che lavoriamo nell’ospitalità: bisogna occuparsi di ciascun
consumatore allo stesso modo, anche chi non spende molto.”

Roveto: “Il costo del personale può incidere sino al 40% del fatturato, cerchiamo di aprire solo durante orari produttivi”

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Davide Roveto, pronto a servire cappuccini gourmet
Davide Roveto, pronto a servire cappuccini gourmet

MILANO – Un altro tassello del mosaico per comprendere le dinamiche che sorreggono una caffetteria nella sua attività quotidiana, a fronte di tante voci di spesa da controbilanciare con alti volumi e qualità: a parlare è Davide Roveto, che non soltanto è il titolare di Caffè Cognetti, ma è anche trainer e ambassador Mumac Academy, per cui ha tenuto proprio di recente un corso di gestione del bar.

Roveto, qual è la prima regola che insegnate e che deve sapere chi apre un’attività come un bar?

“La prima regola che cerchiamo di trasmettere è sicuramente la comprensione della differenza tra ricavi e profitti. Sembra una cosa elementare ma solo attraverso una netta distinzione tra i due concetti si potranno gestire al meglio le finanze aziendali. Troppo spesso i gestori dei locali non si rendono conto del loro profitto reale, questo porta ad investire in maniera scorretta o a non farlo per per nulla.

I ricavi sono tutte le entrate aziendali, i profitti sono ciò che rimane al netto delle spese. Molti imprenditori gestiscono la propria attività basandosi sui ricavi e spesso si ritrovano indebitati. Sarebbe quindi adeguato imparare a gestire i profitti in maniera consona.”

Quanto è la marginalità (cioè il guadagno) che deriva dalla vendita del caffè, al netto dei costi a carico del gestore?

“Questa è una domanda difficile al quale non si può rispondere con un numero preciso. Nel passato ho letto tantissimi articoli riguardanti il prezzo dell’espresso che a parer mio erano piuttosto incompleti. Il prezzo di un prodotto all’interno di un locale non dipende dal costo della materia prima, o meglio, lo fa solo in piccola parte.

Se pensiamo all’espresso venduto (purtroppo) mediamente a € 1,00 cioè € 0,90 (iva esclusa) ed al prezzo di un chilogrammo di caffè ipotizziamo 25€ + iva 22%, vien fuori che l’impatto del costo della materia prima (25/130 = 0,19€) su quello dell’espresso è del 21%. Non è poi così tanto, ma ciò che fa realmente la differenza sono i costi fissi (fitto, bollette, lavoro) che possono arrivare a superare il 65% del costo della tazzina.

Il prospetto con il caffè a € 1,20 porterebbe il costo della materia prima al 18% che sicuramente è migliorativo, ma comunque non risolverebbe il problema. Secondo i miei calcoli il reale cambiamento lo si avrebbe con un prezzo della tazzina superiore a 1,50€.“

Quindi quali sarebbero le quantità ideali al giorno necessarie per fare margine dal caffè?

“Non è un problema di quantità. Non c’è un punto di arrivo poiché all’aumento del fatturato corrisponderà inevitabilmente un aumento del numero di persone che lavoreranno per produrre caffè. Preferisco parlare invece di “RPA” ricavi per addetto.

È un calcolo molto semplice da fare: basta dividere il fatturato per il numero di dipendenti che si hanno nella propria attività. Ci accorgeremo che mediamente nel nostro settore il valore RPA va tra i 60.000 e 80.000. Troppo poco!

Il valore di RPA è sconosciuto a molti nel nostro settore purtroppo. Oggi con la mancanza di personale, c’è necessità di creare format con un RPA di almeno 100.000.”

Possiamo ancora dire oggi, che il caffè è un prodotto centrale per una caffetteria?

Roveto: “Il caffè troppo spesso diventa un “butta dentro” e in tanti casi il guadagno lo si fa con altri prodotti. La ristorazione genera dei margini differenti, molti lo hanno capito e creano locali con caffetteria aperti da colazione a cena offrendo un servizio ristorativo eccellente. Anche l’aperitivo genera dei profitti superiori.

Per quanto riguarda l’impiego del caffè nella miscelazione abbiamo fatto dei test sfortunati all’interno dei nostri locali. Vengono ben apprezzati dalla nicchia di professionisti (chef, bartender, camerieri) addetti al settore e curiosi, ma il pubblico più profano invece opta per qualcosa di più semplice o vicino ai gusti abituali.”

La forma del comodato d’uso è molto diffusa in tutta Italia: quali sono i reali vantaggi (se ancora ce ne sono) che spingono ancora oggi molti gestori ad affidarsi quasi completamente ai torrefattori, per attrezzature e materia prima venduta (al prezzo maggiorato per loro)

“Non ho mai considerato la forma di comodato d’uso una “truffa” piuttosto una soluzione meno conveniente. Purtroppo chi apre una caffetteria spesso inizia con fondi insufficienti per cui si appoggia a torrefazioni che investono al posto loro. La torrefazione acquistando dei beni, si assume un rischio che giustamente viene ripagato dal cliente.

Credo tuttavia, che acquistare l’attrezzatura sia il primo punto di cambio in questo settore, perché così si ha la possibilità di accedere a macchine con tecnologie più avanzate e poi di scegliere il giusto caffè per la tua attività.

Oggi un acquisto di attrezzatura diretto può portare al gestore numerosi vantaggi fiscali – ad esempio, per l’acquisto delle attrezzature al sud c’è il credito del mezzogiorno, che può sommarsi alla tecnologia 4.0, che invece si può sfruttare in tutta Italia.

Le pratiche sono veloci e l’accesso al credito è immediato, ci si può scaricare sugli f24 direttamente gli importi. Parliamo di vantaggi del 20% per l’acquisto di attrezzature con tecnologia 4.0 e 45% per attrezzature acquistate da aziende del sud. – oltre ad interagire con aziende produttrici di macchine da caffè che offrono numerosi servizi di formazione. “

Essendo i torrefattori strettamente collegati al successo o al fallimento di un bar, quanto è importante e in che modo vengono coinvolti nella formazione dei gestori di locali?

“Oggi ci sono bar in tutti gli isolati, per cui è diventato molto importante formarsi e non “improvvisarsi”. Questo è il modo più semplice per far capire al consumatore che si ha di fronte un professionista. Affidarsi a torrefattori che offrano il loro know how ai gestori del bar credo sia un grandissimo valore aggiunto.”

Quanto è importante la gestione del magazzino per tenere d’occhio le vendite?

Nel magazzino spesso ci sono i tuoi guadagni. Per cui bisogna essere attenti negli acquisti: va bene approfittare di offerte sull’acquisto di prodotti che ci permettono di risparmiare, ma solo quando questi prodotti hanno una veloce rotazione nel locale, altrimenti corriamo il rischio di immobilizzare i nostri guadagni.”

Roveto, come invece cercare di far quadrare i conti rispetto a una delle spese più importanti per un bar, ovvero, il personale?

“Il personale nel settore ristorativo incide anche del 40%, ragion per cui è da considerare un’importante costo/risorsa per le nostre attività. A questo riguardo, dobbiamo cercare di operare solo in orari produttivi riducendo le ore o addirittura giornate “morte”.

Spesso il corretto andamento di una attività lo si vede dalla capacità di creare una perfetta turnazione del personale e il corretto numero di addetti.

Decisamente mai più “apriamo tutto il giorno”: occorre un’attenta analisi per valutare se alcuni orari siano realmente produttivi. Ammiro molto le caffetterie che coprono la fascia oraria 07:00/17:00. Penso che con una corretta gestione dei costi, possano rivelarsi vincenti nel tempo.”

Per essere un’attività che fa profitti e non chiude nell’arco di un anno, quali sono quindi i punti da monitorare? E quali quelli su cui investire di più?

Roveto: “Innanzitutto le attività nel primo anno di apertura generalmente non pagano tasse, dovrebbero quindi fare i conti da subito con quello che sarà il reale regime fiscale in cui opereranno.

Tenere sotto controllo i costi reali e le entrate, raccogliendo tutti i dati utili quali: incassi orari, spese giornaliere, break even point, food cost.

All’inizio bisogna investire nella comunicazione, cercare di arrivare in maniera corretta ed efficace al tuo target di consumatore. Poi bisogna lavorare sugli aspetti operativi, qualità dei prodotti, ospitalità, pulizia. Non ci sono segreti in questo settore, ma regole da rispettare”.

Il bar di oggi, ma soprattutto del futuro, come deve evolversi per poter continuare a rappresentare una fonte economica interessante? Gli specialty per esempio, sono o non sono, una possibilità per guadagnare di più sul caffè?

“Nel nostro corso di gestione mi sono permesso di aprire una parentesi informativa su come credo cambierà il mondo del bar in Italia nel prossimo futuro. Ci sarà sempre più una distinzione tra caffetteria tradizionale e caffetteria specialty. La crescita di alcune catene locali potrebbe portare all’automatizzazione anche del settore caffè con l’inserimento di macchine super automatiche che abbassano notevolmente il costo del lavoro favorendo una maggiore standardizzazione.

Il mercato specialty potrebbe continuare a crescere lì dove ci saranno i corretti interpreti capaci di comunicare con il cliente avvicinandolo, non spaventandolo con una proposta corretta. Ovviamente la crescita dello specialty deve portare la vendita del caffè ad un livello superiore anche a livello economico”.

Scotsman Ice all’evento Coffee on the Rocks dell’Accademia del caffè espresso l’8 maggio

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scotsman ice coffee on the rocks
Scotsman Ice presente all'evento Coffee on the Rocks (immagine concessa)

FIESOLE (Firenze) – Scotsman Ice, BWT water filtration e Carpigiani si sono uniti per portare il meglio del mondo del caffè e del ghiaccio ad un evento unico: Coffee on the Rocks. L’evento, sarà ospitato nell’affascinante sede dell’Accademia del caffè espresso di La Marzocco a Fiesole (FI) e presenterà le ultime innovazioni nella tecnologia del caffè e del ghiaccio e le infinite possibilità creative dell’uso del ghiaccio nelle bevande a base di caffè.

Scotsman Ice all’evento Coffee on the Rocks

Coffee on the Rocks offre una serie di workshop e degustazioni guidate da baristi e mixologist di alto livello, che mostreranno l’arte di creare cocktail e mocktail unici a base di caffè e ghiaccio Scotsman. I partecipanti avranno l’opportunità di scoprire i diversi tipi di ghiaccio e i loro effetti sul caffè, e di assaggiare una varietà di deliziose bevande realizzate con cubetti Gourmet Scotsman.

Tra i momenti salienti dell’evento, ci sarà la presentazione del nuovo sistema di filtrazione dell’acqua di BWT, che permette di ottenere un’acqua pura e priva di impurità per una migliore esperienza di degustazione del caffè, la dimostrazione della tecnologia di congelamento rapido di Carpigiani e i molteplici metodi di estrazione del caffè da parte de L’Accademia.

Programma:

  • 10.00 – 11.00: Guided Tour (optional, on request) + morning coffee
  • 11.00 – 11.15: Opening & Intro
  • 11.15 – 11.40: BWT | Water Filtration
  • 11.40 – 12.05: Scotsman Ice | The quality matters
  • 12.05 – 12.30: Accademia| Frozen Coffee
  • 12.30 – 12.55: CarpigianiI What makes high quality gelato?
  • 13.00 – 13.45: light lunch

13.45 – 15.00: Experience labs

1) Taste the water / BWT

2) Coffee in good spirits / Coffee cocktails with World CIGS Championship 2016 Michalis Dimitrakopoulos

3) Freeze&Go Degustation / Carpigiani

4) Frozen coffee high end degustation / Accademia del caffè espresso

Scotsman Ice, BWT, Carpigiani e L’Accademiasono impegnati a spingere i confini di ciò che è possibile nei settori del caffè e del ghiaccio, e a ispirare nuove idee e approcci al servizio delle bevande.

Per iscriversi gratuitamente all’evento di lunedì 8 maggio 2023 basta cliccare qui.

Per coloro che non saranno presenti, sarà disponibile la diretta streaming dell’evento qui

CoffeeandLucas, la guida del tour specialty nella capitale: “Dove bere buon caffè a Roma nei bar e anche nei ristoranti”

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Pit Stop del coffee consultant Scott Rao da Barnum Roma in compagnia di CoffeeAndLucas, Massimo Carpineti e Daniele Crescenzi @coffeeandlucas @myMediaStudio
Pit Stop del coffee consultant Scott Rao da Barnum Roma in compagnia di CoffeeAndLucas, Massimo Carpineti e Daniele Crescenzi @coffeeandlucas @myMediaStudio

MILANO – Roma è capitale anche per quanto riguarda lo specialty coffee? Le cose sono cambiate anche qui per quanto riguarda l’offerta e la presenza di caffetterie che servono questo prodotto, fino ad includere anche i ristoranti con una materia prima e metodi di estrazioni differenti. Abbiamo fatto un viaggio esplorativo con CoffeeandLucas.

Sicuramente, giocando in casa, un Cicerone espertissimo con cui qualsiasi coffeelover vorrebbe fare un giro per Roma.

di CoffeeandLucas

CoffeeandLucas: “Si può bere specialty coffee a Roma? Scopriamolo insieme”

Da quando, nel 2015, cominciai a immergermi con passione e dedizione in questo mondo raccontandolo tramite parole e immagini ne è passata di acqua sotto i ponti. Se mi avessero chiesto qualche anno fa “dove c’è più scelta di posti dove bere specialty coffee?” tra Roma e Milano (considerato che poi c’è una scena del caffè vivacissima in città come Firenze, Brescia e tante altre) avrei risposto “Milano” senza alcun dubbio. Ad oggi quella risposta non sarebbe più così scontata. E questo non per fare delle gare ma per dire che, nonostante si parli sempre di una nicchia molto ristretta, la situazione è cambiata davvero.

Anche in città all’apparenza insospettabili è possibile trovare del buon caffè. Ecco quindi una lista di posti dove bere specialty coffee a Roma nel 2023. Non sarà la solita lista di caffetterie ma un’analisi frutto di anni di esperienza dove ho visto con i miei occhi svilupparsi il panorama caffeicolo romano.

La magica triade: Faro, Fax Factory e Pergamino

È necessario iniziare questo racconto con tre posti diversissimi tra loro ma che hanno contribuito, ognuno a modo proprio, con lo sviluppo dello specialty coffee in città.

Faro: dal 2016 dispensano flat white, completi e caffè filtro in zona Piazza Fiume. La vicinanza con la stazione Termini lo ha reso una metà più che appetibile per i turisti che arrivano a Roma. Dal 2022,con di mezzo una consulenza del coffee consultant Scott Rao, Faro apre anche la propria torrefazione Aliena che tosta il caffè per Faro ma anche per altre interessanti realtà romane (e non). Da Faro si beve ma si mangia anche sia dolce, con una variegata proposta di pasticceria di propria produzione, che salato (brunch e pranzo).

Caffè Filtro preparato in V60 da Fax Factory @coffeeandlucas @myMediaStudio

Fax Factory: la vera e propria caffetteria di quartiere nel cuore del Pigneto. Aperta da Gaia e Luca (ex Pergamino) inizialmente Fax nasce come caffetteria e galleria d’arte. La passione di Luca e Gaia per la musica si percepisce soprattutto nelle domeniche di Psychedelic Breakfast dove di prima mattina un Dj viene invitato a mettere dei dischi mentre la gente fa colazione.

Provare per credere. La scelta sui caffè da bere è sempre piuttosto ampia e con torrefazioni sia italiane che straniere (oltre ai caffè brandizzati Fax). Fax Factory, con la sua location non propriamente turistica, è uno dei “casi” specialty più interessanti da analizzare. Potrete riscontrare quanto appena scritto anche solo osservando l’eterogeneità della loro clientela.

Pergamino: aperti dal 2016 con la consulenza di Davide Cobelli e accompagnati nella prima parte del loro percorso da Lady Caffè. Il punto forte di Pergamino è la posizione. A due minuti a piedi da piazza San Pietro. I turisti ci cadono letteralmente dentro. Hanno una vasta selezione di roastery a rotazione e condividono gli spazi con BE.RE il birrificio accanto a loro.

Il centro storico: No alle trappole per turisti

Barnum: caffetteria, brunch posto sicuro al riparo dalle trappole turistiche che propinano a prezzi imbarazzanti prodotti mediocri. La crescita di Barnum negli ultimi due anni racconta quanto si possa fare qualità e impresa allo stesso tempo. Dopo la collaborazione tra Barnum e Aliena, la supervisione di Kevin Habib prima e Massimo Carpineti poi e una ripresa in mano della comunicazione social Barnum ha letteralmente spiccato il volo. Brunch di primissimo livello si affiancano ad una proposta di caffetteria mai banale con caffè di torrefazioni da tutto il mondo. Ogni mese da Barnum si trovano torrefazioni diverse. Per un appassionato di caffè è un posto “divertente”, Lo staff e il customer service è un altro punto di forza del locale.

RetrovinoCaffè: non distante da Barnum anche da Retrovino/caffè (spin off di RetroBottega) dal 2020 gli chef Alessandro Miocchi e Giuseppe Lo Iudice hanno deciso di valorizzare il concetto di colazione con cibo di livello e specialty coffee. In questo caso anche la fama di Retrobottega aiuta e ha aiutato la crescita di questo Spin-Off dove vengono serviti i caffè di Nudo Kopi Roaster.

CoffeeandLucas: “Roma non è stata costruita in un giorno”

A queste realtà appena citate si uniscono posti di più o meno recente apertura. L’aspetto interessante (per chi scrive) e che quasi tutti i posti che citerò hanno anche un’offerta gastronomica di livello.

C’è ad esempio Marigold. Anche qui dal 2021, siamo nel quartiere Ostiense, hanno scommesso sugli specialty coffee credendoci a tal punto da iniziare poi nel 2023 una collaborazione con Paolo Scimone di His Majesty the Coffee. Scimone tosta i loro Chicchi by Marigold. La proposta di caffetteria (della quale ho parlato di recente con il loro Head Barista Moreno Potenziani) si affianca ad una consolidata proposta di food sia dolce che salata che li ha resi celebri nella capitale.

Non lontanissimo da Marigold c’è Origine caffè una caffetteria/bistrot nata negli ultimi mesi la cui head barista è Giulia Belardi. Anche qui si beve caffè di diverse torrefazioni, sia italiane che straniere. Potete trovare specialty coffee unito a brunch anche in locali di recente apertura come Grani Farine e Caffè, Mae o in boulangerie/bakery come Le Levain, Forno Conti.

Lavori in corso da Marco Radicioni di Otaleg dietro alla macchina Maverick Victoria Arduino @coffeeandlucas @myMediaStudio

Spostandosi verso il mare potreste invece aver voglia di fare una visita a L’Angolo del Caffè (Ostia) o da Caffè Rinaldi (Ciampino) dove dovrete assolutamente scambiare quattro chiacchiere con Fabrizio Rinaldi. Si vocifera poi che anche Marco Radicioni di Otaleg (gelateria tre coni gambero rosso) avrà qualcosa da dire sugli specialty coffee tra non molto. Da nominare (ma che onestamente conosco di meno) ci sono anche Tram Depot e Gordo Bistrot.

Bere caffè buono anche al ristorante

Caffè Filtro al ristorante cinese Sinosteria preparato direttamente al tavolo da Junsoli @coffeeandlucas @myMediaStudio

Bere caffè di alta qualità al ristorante a Roma non solo è auspicabile ma sta diventando pian piano realtà. Ecco che quindi già dal 2021 da 180 grammi pizzeria romana di Jacopo Mercuro (ottava pizzeria d’Italia su 50top pizza e pizzaiolo dell’anno 2022) propone a fine pasto un blend di Brasile e Perù di Picapau.

Si beve specialty anche da Sarah Cicolini a Santo Palato (Aliena) ma si beve specialty coffee anche nel ristorante cinese di Junsoli, Sinosteria. Da Sinosteria c’è una vera e propria carta dei caffè che viene aggiornata costantemente e non è difficile trovare in mescita i caffè di April Coffee, Bugan Coffee Lab, The Barn e tante altre torrefazioni! Questi sono solo alcuni esempi con cui o ho avuto il piacere di collaborare in prima persona (180 grammi pizzeria romana) o dei quali conosco personalmente la passione dei proprietari verso il caffé buono.

Il futuro degli specialty a Roma

Riccardo Cotumaccio, noto speaker radiofonico e presentatore beve caffè filtro da Mae @coffeeandlucas @myMediaStudio

Il futuro del caffè di alta qualità è in bilico tra nuove aperture che arricchiscono il panorama caffeicolo romano, il problema della ricerca di personale e il tema del prezzo del caffè di qualità (per non menzionare i problemi della filiera del caffè dall’origine che sono sempre un tema). Ma la gente, anche a Roma, apprezza questi progetti. Lo dicono chiaramente le file e l’affluenza in molti dei locali sopra citati. In più l’accoppiata tra caffè buono e proposta gastronomica di livello si rivela assolutamente vincente soprattutto per abbracciare una fetta di clientela più ampia dei soli appassionati di caffè.

Una cosa è certa. Trovare del buon caffè a Roma non è più un’impresa. Anzi, possiamo iniziare a guardare ad alcune capitali europee con molta meno “invidia”.

CoffeeandLucas

Parla Giuseppe Lavazza: “Pronti a mega acquisizione anche con un partner finanziario”

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Giuseppe Lavazza
Giuseppe Lavazza a Parigi durante un'edizione trascorsa degli Internazionali di Francia

TORINO – C’è la possibilità di un’acquisizione, tale da richiedere il supporto di un partner finanziario. C’è anche questo nel futuro di Lavazza, la multinazionale del caffè che venerdì 28 aprile ha annunciato il passaggio di testimone dalla terza alla quarta generazione della famiglia di imprenditori torinesi. Giuseppe Lavazza, 58 anni a giugno, succede alla presidenza al cugino Alberto, al vertice della società per 15 anni. Confermata la fiducia nel ceo Antonio Baravalle che da 12 anni è alla guida operativa del gruppo.

Riportiamo di seguito una parte dell’intervista a Giuseppe Lavazza subito dopo la nomina realizzata da Paolo Griseri per il quotidiano torinese La Stampa.

Per leggere l’intero articolo basta cliccare QUI.

Presidente Giuseppe Lavazza come convivono manager e famiglie del capitalismo italiano?

«Bene. Ormai molti anni fa noi abbiamo compiuto la scelta. Noi azionisti lavoriamo insieme ai manager. Gomito a gomito ma con una precisa linea di separazione».

Dove passa quella separazione?

«Agli azionisti la guida strategica, ai manager la costruzione di una prospettiva aziendale di lungo termine».

Quali risultati ha prodotto questo schema?

«Dobbiamo ringraziare tutti ed essere riconoscenti al coraggio nelle scelte dimostrato dalla nostra terza generazione a partire da mio cugino Alberto. Con la sua presidenza, il fatturato è passato da 1 a 2,7 miliardi, quasi triplicato».

Per effetto delle acquisizioni o per la crescita interna?

«Direi per tutt’e due. Le acquisizioni sono importanti. L’ultima è di pochi mesi fa, in Francia, e riguarda la piattaforma di e-commerce MaxiCoffee che ci consentirà di avere un ruolo strategico nel commercio on line. Ma il merito dell’aumento dei ricavi è anche dovuto alla crescita interna, alle efficienze e alla capacità di migliorare il prodotto»

Ci sono nuove acquisizioni in calendario?

«Stiamo scrutando l’orizzonte, è il nostro mestiere. Non le cerchiamo a tutti i costi ma siamo attenti a non perdere delle opportunità».

Che cosa vede oggi all’orizzonte di Lavazza?

«Nell’immediato non c’è nulla in previsione, qualora si aprissero opportunità di grandi dimensioni potremmo aver bisogno di un partner finanziario per realizzarle».

Sarà un’operazione in Nord America?

«Quello americano è un mercato che per noi sta diventando importante. Ma non è detto che sia in America».

Fino ai primi anni Duemila eravate una importante azienda del caffè italiano. Oggi quanto pesa l’estero nel vostro fatturato?

«Nel 2010 vendevamo il 70 per cento dei nostri prodotti in Italia. Oggi il rapporto si è invertito. Il 70% del fatturato lo facciamo fuori dall’Italia».

In Paesi dove la cultura del caffè è molto diversa: si va dalla nostra tazzina al beverone dei consumatori statunitensi…

«Certo. Ma il nostro sforzo è garantire la qualità costante in tutti i nostri prodotti, dalla tazzina al caffé americano. La qualità è il nostro dna».

Come si è modificato in questi anni il vostro rapporto con le popolazioni che producono il caffè?

«Per molto tempo è stato un rapporto mediato dai grandi commercianti. Poi, dagli anni ’90, abbiamo scelto di superare quella mediazione e di entrare direttamente in contatto con i produttori, trasformandoci da clienti in partner. Abbiamo realizzato esperienze molto interessanti. Nello Yemen dilaniato dalla guerra siamo riusciti a riunire 1.200 produttori che oggi forniscono uno dei caffè più pregiati, quello della linea 1895. Il caffè yemenita è uno dei migliori al mondo».

Per leggere l’intera intervista sul sito de La Stampa basta cliccare QUI.