MILANO – Quando i grandi torrefattori si pronunciano sullo specialty coffee, perché è un prodotto in cui hanno deciso di investire, è già una notizia: ecco di seguito Kimbo, Julius Meinl e Costadoro, confrontarsi su un mercato di nicchia che tuttavia sta trovando spazio anche tra il pubblico più ampio in Italia.
Il primo a rispondere ad alcune domande è Massimiliano Scala, Head of Marketing Kimbo.

Oggi quanto lo specialty interessa il consumatore finale? e in prospettiva quanto e come può crescere questo mercato? E se sì, in quale forma (singola origine o miscela, tostato chiaro o scuro, con quali note aromatiche prevalenti)
“In Italia è un segmento ancora molto piccolo, ma che sta cominciano ad interessare il consumatore più evoluto, il consumatore che ama esplorare nuovi gusti e provare nuove esperienze.
Il trend è arrivato dai mercati internazionali ed è stato favorito dalla sempre maggiore globalizzazione dei consumi. Oggi, alla proposta di specialty monorigine, riteniamo si debba affiancare un prodotto “più democratico” con un profilo di gusto più smooth, meno segmentante, e anche più adatto al palato del consumatore italiano abituato a bere espresso. Riteniamo quindi che proporre al consumatore miscele di caffè specialty possa dare un valore aggiunto.
Le vendite di specialty nel mercato italiano e estero su che canale si concentrano?
“A livello globale il trend è partito dal fuori casa, dalle caffetterie specialty. Il consumo si è rapidamente spostato anche a casa, favorito in un primo momento dalle vendite dirette nei punti di consumo, successivamente dall’accelerazione delle vendite online e dalla diffusione anche nella distribuzione di qualità. In Italia oggi il fenomeno riguarda soprattutto l’online e le (poche) caffetterie specialty presenti sul territorio.”
Le linee specialty di un brand più commerciale entrano spesso nei ristoranti e pasticcerie di un certo livello
Ma i coffee shop specializzati o la GDO sono ancora poco interessati o pensate di poter penetrare anche questo due target, almeno in quei Paesi come Giappone e Cina dove i brand italiani del caffè, lo specialty e le estrazioni alternative, attraggono molto?
“In Italia al momento non abbiamo ritenuto opportuno lanciare la linea Sapiente anche nel retail fisico, né nei coffee shop specializzati.
La strategia di lancio international si adatterà invece ai singoli mercati dove opereremo. Partiremo da Uk e US, dove il business sarà prevalentemente guidato dall’online ma coprirà anche i nostri migliori punti di consumo del fuori casa. Anche a livello internazionale proporre delle miscele Specialty, invece che delle monorigini, darà alla nostra offerta una certa distintività rispetto al resto del mercato specialty, esaltando l’arte, tutta italiana, della miscelazione.”
Stessa domanda a Julius Meinl, per la quale risponde Andreea Postolache global sales director

“In Julius Meinl stiamo assistendo a un crescente interesse per il caffè specialty da parte dei consumatori finali. Ciò che rende il caffè davvero speciale è la varietà di esperienze che può offrire – dalle note aromatiche distintive fino ai retrogusti complessi. I consumatori sono sempre più curiosi di esplorare queste sfumature e sempre più coinvolti nell’artigianalità che sta dietro a una tazza eccezionale.
Come torrefattori, consideriamo numerosi fattori per offrire esperienze di alto livello – dall’origine del chicco, alla varietà e al metodo di lavorazione, fino all’equilibrio delle miscele e ai profili di tostatura. È incoraggiante vedere che i consumatori stanno diventando appassionati a questi dettagli tanto quanto noi.
Siamo impegnati nel proporre esperienze di caffè premium, come lo specialty: il caffè che per lavorazione, assenza di difetti e complessità aromatica è una delle coffee experience più complete. Offriamo anche edizioni limitate di caffè specialty nel nostro portafoglio HoReCa.
La formazione resta un motore chiave per la crescita – attraverso i nostri corsi certificati SCA, formiamo i clienti affinché possano coinvolgere i consumatori con conoscenze sull’origine, le competenze sensoriali e le storie che si celano dietro al caffè specialty. Questo alimenta l’apprezzamento, la curiosità e un legame duraturo con la cultura del caffè.”
Le vendite di specialty nel mercato italiano e estero su che canale si concentrano?
“Sia in Italia che nei principali mercati europei, il consumo di caffè specialty è guidato principalmente da piccole caffetterie indipendenti. Queste realtà sono spesso le prime ad adottare e promuovere proposte specialty, con una cerchia più ristretta ma molto coinvolta di clienti abituali che ricercano profili aromatici selezionati e metodi di estrazione innovativi.
Vediamo anche caffetterie più piccole che non si definiscono esclusivamente specialty, ma che desiderano attrarre una parte dei loro clienti curiosi verso questo mondo. Queste attività spesso propongono opzioni specialty accanto alle miscele tradizionali, presentandole come novità o aggiunte premium per ampliare il proprio appeal.
Fuori dal segmento dei caffè indipendenti, osserviamo un interesse crescente da parte dell’alta gastronomia – ristoranti, boutique hotel e pasticcerie – che desiderano elevare la propria esperienza legata al caffè. Anche l’e-commerce è diventato un canale emergente per la vendita di caffè specialty, in particolare tra i consumatori più giovani, che preferiscono scoprire il caffè premium a casa.
Le linee specialty di un brand più commerciale entrano spesso nei ristoranti e pasticcerie di un certo livello. Ma i coffee shop specializzati o la GDO sono ancora poco interessati?
“Siamo d’accordo che la GDO italiana è davvero lontana dallo specialty oggi. Ma siamo convinti che raggiungere questi segmenti non solo è possibile, ma è già in atto. Julius Meinl ha una filiale dedicata con sede a Shanghai, in Cina, che ci consente di restare vicini alle dinamiche del mercato e costruire solide partnership locali. La nostra eredità viennese, l’impegno per la qualità e il costante orientamento all’innovazione risuonano profondamente con i consumatori in mercati come quello cinese, dove esiste una forte valorizzazione della tradizione e dell’artigianalità.”
E si inserisce nella discussione sullo specialty, Federica Trombetta Head of Marketing & Online Operations

Oggi quanto lo specialty interessa il consumatore finale? In prospettiva quanto e come può crescere questo mercato?
“Io credo che il mercato degli specialty sia destinato a crescere. Negli ultimi anni, il prezzo del caffè ha subito rincari significativi, e questo ha portato il consumatore finale a voler dare sempre più valore alla materia prima e, di conseguenza, alla propria esperienza quotidiana, come quella della colazione. In quest’ottica, comunicare all’interno del proprio locale che si utilizza un caffè di singola origine o una miscela specialty sarà sicuramente un punto di vantaggio competitivo per il barista 2.0.
Noi lavoriamo con moltissimi clienti esteri e, in particolare, dalla nostra filiale di Londra riceviamo feedback molto chiari: al di fuori dell’Italia questa scelta è già realtà. Il mondo dello specialty si sta sviluppando attraverso anche catene di caffetterie che propongono specialty (o pseudo-specialty) per differenziarsi, offrire valore aggiunto e creare un’esperienza diversa per il cliente.
Il monorigine è sicuramente un mondo affascinante, ma forse ancora complesso da comprendere appieno per il grande pubblico. Una miscela ben studiata, invece, può permettere di raggiungere più palati, offrendo al tempo stesso qualità e costanza.
Noi di Costadoro stiamo osservando con attenzione questo trend e stiamo valutando come affrontarlo secondo i nostri metodi e tempi, con l’obiettivo di proporre un prodotto unico, ma accessibile: un lusso per tutti.”
Le vendite di specialty nel mercato italiano e estero su che canale si concentrano?
“Le vendite di caffè specialty, sia in Italia che all’estero, si concentrano prevalentemente sul canale Ho.Re.Ca., dove la sensibilità verso la qualità e l’esperienza di consumo è già molto sviluppata. È in questo contesto che troviamo i partner più attenti e capaci di valorizzare appieno il prodotto.
Come dicevo anche in precedenza, molti dei nostri caffè specialty — soprattutto i formati da 1 kg—vanno ai nostri clienti nel Regno Unito anche se clienti lungimiranti credono nello specialty per la somministrazione come unica referenza anche in italia. In questo scenario, la tostatura tende ad essere leggermente più chiara rispetto a quella a cui siamo tradizionalmente abituati.
Questo richiede un’attenzione ancora maggiore durante tutto il processo di lavorazione, considerando che si parte già da una materia prima d’eccellenza.
Noi di Costadoro, indipendentemente dal fatto che si tratti di specialty o meno, rispettiamo sempre il caffè e curiamo con precisione la tostatura per evitare qualsiasi bruciatura. L’obiettivo è quello di esaltare ogni singola origine e creare miscele dai sentori unici, capaci di offrire un’esperienza sensoriale distintiva.
Stiamo anche iniziando a ragionare su come portare questi prodotti sempre più verso il grande pubblico, anche grazie a nuove partnership in fase di sviluppo. È ancora un progetto embrionale, ma rappresenta un passo importante per rendere il mondo dello specialty un “lusso accessibile” a un pubblico più ampio.”
Le linee specialty di un brand più commerciale entrano spesso nei ristoranti e pasticcerie di un certo livello.
“Noi crediamo che, per aziende come la nostra—artigiani industrializzati—entrare nel mondo dello specialty sia non solo possibile, ma anche importante. Abbiamo dalla nostra parte una struttura solida, macchinari all’avanguardia e un reparto Ricerca & Sviluppo tra i più avanzati del mercato.
Elementi che spesso mancano ai micro-roaster, pur molto appassionati, ma limitati nelle possibilità produttive e di controllo qualità su larga scala.
È vero, come dice la domanda, che molti coffee shop specializzati fanno ancora fatica a comprendere appieno il valore aggiunto dello specialty, forse perché lo guardano con l’occhio del prezzo più che con quello dell’origine e della qualità sensoriale.
Ma il fermento che c’è oggi nel mondo del caffè e l’aumento dei prezzi della materia prima—che sfugge ormai al controllo—stanno spingendo il consumatore a voler capire meglio cosa sta bevendo. E questa crescente consapevolezza aiuta anche i locali a ripensare l’offerta in chiave più qualitativa.
Per quanto riguarda la GDO, è un mondo sicuramente più complesso per lo specialty, soprattutto per la shelf life del prodotto e per far si che il consumatore riesca a trovare un prodotto “appena tostato” sullo scaffale, ma secondo me in futuro ci sarà spazio anche per la GDO Italia, per dei progetti monorigine o specialty.
Le estrazioni alternative rappresentano un altro fronte interessante, soprattutto nei coffee shop che vogliono offrire una vera esperienza di degustazione. Certo, sono ancora poco sviluppate, anche perché richiedono più tempo, formazione e impegno operativo. Ma per chi vuole raccontare davvero uno specialty, sono tra i metodi più efficaci per valorizzare la qualità e le caratteristiche organolettiche del caffè.”











