lunedì 15 Dicembre 2025
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Carlos Bitencourt, Francesco Sanapo e Maurizio Valli tentano di rispondere: un coffee shop può vivere solo di specialty in Italia?

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Chicchi di caffè tostato (Image by Couleur from Pixabay)

MILANO – Tre super professionisti in ordine alfabetico, a confronto attorno al tavolo dello specialty coffee nelle caffetterie specializzate in Italia: la parola a Carlos Bitencourt, fondatore di Cafezal, Francesco Sanapo, l’uomo dietro la macchina Ditta Artigianale e Maurizio Valli, l’esperto che porta avanti la bandiera di Bugan Coffee Lab.

Lo specialty con solo singole origini e tostatura chiara, può ancora funzionare o è superato per un coffee shop?

Carlos Bitencourt con un buon caffè (foto concessa) cafezal
Carlos Bitencourt con un buon caffè (foto concessa)

Carlos Bitencourt apre la discussione: “Sì, ma onestamente è un’operazione molto dura da fare in Italia. Probabilmente, aprendo oggi da zero, l’attività farebbe molto fatica. In fondo siamo partiti così anche noi, con il Cafezal di via Solferino, concentrandoci sul caffè. Poi ci siamo spostati ampliando sul food e così come noi hanno fatto la maggiorparte degli specialty coffee shop. Oggi il Cafezal di via Solferino regge ancora solo sullo specialty perché ormai è un nome, un locale, che è riconosciuto solidamente attorno a questa bevanda.

Ma partire ex novo oggi, solo con il caffè specialty, è davvero complicato da sostenere. Non fare cross selling adesso è abbastanza irrealistico, perché è quello che ti aiuta a fare più margine. C’è il main product a cui affiancare altro.

All’estero le cose cambiano, anche se dipende da dove ci si colloca. Lisbona è un mercato leggermente più facile rispetto all’Italia, ma neppure qui ci sarebbe la garanzia di avere successo con un modello concentrato solo sullo specialty. Nei paesi nordici, questo format funziona meglio.

Tuttavia ci tengo a sottolineare che poter contare su un forte menù, non significa necessariamente cannibalizzare lo specialty a favore del cibo: la qualità del caffè proposto da Cafezal non è messa in discussione anche se la proposta food è molto pronunciata.

Sono convinto che un business di successo si basi su entrambe le cose e certo tutto dipende molto dalla mentalità dell’azienda, di come la comunica e nel suo modo di mantenere coerente lo standard con cui si è partiti. Dietro Cafezal c’è una profonda conoscenza della caffecultura, un contatto diretto con le origini dove andiamo anche a insegnare e formare sull’imprenditoria in Brasile oltre che a raccogliere il caffè con i produttori.

Quindi se ci si impegna a conservare la qualità, anche avendo la parte food sviluppata, il lavoro sul caffè si nota e viene riconosciuto.”

Alla stessa domanda prova a dare una risposta Francesco Sanapo

Francesco Sanapo, la felicità di fronte al bancone di Ditta Artigianale a Milano
Francesco Sanapo, la felicità di fronte al bancone di Ditta Artigianale a Milano

I luoghi che dobbiamo rivalutare sono quelli della caffetteria. Cercando di riportare in piazza questo servizio che ha un’attenzione dal servizio, al prodotto, all’atmosfera che si vive. Il punto è: cercare di offrire il miglior tipo di caffè per ogni tipo di estrazione insieme ad altri prodotti integranti nel menù che può aiutare ad aumentare lo scontrino medio.
Caffè acidi o non acidi? Non sono stato molto “acidità oriented”: sono validi per i filtri, dove gioca una complessità importante e che viene fatta in modi differenti. L’espresso è una scienza a sé.

Un’estrazione a filtro ha bisogno di tre minuti, con un tempo di contattato tra la polvere e l’acqua più prolungata e quindi ci si può permettere una tostatura meno spinta perchè viene compensato. Fa anzi nascere bouquet di frutta e di fiori interessantissimo.

Per l’espresso però il mondo è diverso e non può avere solo questa caratteristica acidula: è l’unione di più elementi, l’amarezza, il corpo, la dolcezza, in 30 secondi. Quindi un tostato più chiaro, meno solubile, non può estrarre tutto il suo potenziale in 30 secondi.

Bisogna agire sul profilo di tostatura, senza doverlo al contrario bruciare. Il roaster ha una responsabilità altissima, per rispondere alla veloce estrazione dell’espresso. Il bilanciamento è sempre stata la nostra filosofia, il mio punto chiave, per richiamare l’armonia.

Con questa idea molto limpida, lo specialty come si faceva all’inizio non è più possibile: la nuova generazione di roaster hanno smesso di imitare pedissequamente le modalità dell’estero.

Per quanto riguarda le miscele, io la vedo come una cosa positiva: dipende dall’arte del torrefattore. il blending di specialty può esistere per l’espresso e viceversa può esserci l’espresso in monorigine.

In Italia si beve ancora molto l’espresso mentre all’estero si bevono molto le ricette a base latte che smorzano l’acidità dello specialty.

Parliamo sempre di scelte imprenditoriali. Non è il mio modo di fare caffetteria puntare esclusivamente sullo specialty. Riuscire a vendere a 3 euro un espresso base aiuterebbe le caffetterie italiane, tuttavia, per me la caffetteria è innanzitutto quel luogo in cui trova ciò che cerca. Non è come andare in un laboratorio. Voglio il miglior croissant, il miglior succo, un matcha di qualità, lo specialty coffee, il cappuccino, i signature a base caffè se sono curioso. Bisogna offrire una maggiore complessità al cliente.

Per vivere di soli specialty bisognerebbe avere dei costi fissi molto bassi: un affitto non elevato, il personale ridotto, un forte take away. Su città come Milano è un’impresa molto difficile da sostenere in termini di spesa e si fa più fatica. Al contrario, dovendo affrontare metrature importanti, lo scontrino medio deve aumentare e non è fattibile con solo lo specialty.

Per Ditta lo specialty è ciò che vendiamo, che raccontiamo. Ma un’offerta buona di food, non esclude la qualità del caffè che serviamo. È tutto adeguato e coerente.
Credo tanto nella rinascita della caffetteria italiana, un luogo in cui l’espresso di qualità si accompagna alla bakery di altrettanto livello. per far sì che questo accada, c’è bisogno che si inizi ad acquisire una forte identità, comprendendo un prezzo più alto di tutti i prodotti, anche della tazzina.”

All’appello non poteva mancare anche Maurizio Valli, che della filosofia Bugan legata allo specialty ha fatto un vero marchio di fabbrica

Lo specialty duro e puro, per l’appunto alla Bugan (senza Brasile, solo singole origini, tostatura chiara) può ancora funzionare o è superato?

Maurizio Valli alla macchina del caffè (immagine concessa)

“Sì certamente. A mio avviso, uno specialty coffee shop dovrebbe fare cultura del caffè e offrire specialty provenienti dai migliori luoghi di produzione.

Ci dovrebbero essere sempre, almeno due caffè di origini diverse: uno dal profilo più classico, rotondo e accessibile, e uno più spinto, come un’Etiopia, con note acidule, fruttate o floreali. Due mondi opposti, per raccontare la complessità del prodotto, la cui qualità è strettamente legata al terroir e alle condizioni climatiche del paese di provenienza.
Il Brasile, storicamente, non è riconosciuto come una terra d’eccellenza (al contrario di paesi come Colombia, Panama, Etiopia o Kenya) e per questo in un contesto come il nostro, risulterebbero poco adatto.”

E poi aggiunge, per quanto riguarda la possibilità di restare un’attività economicamente sostenibile pur non scendendo a compromessi: “Un coffee shop può essere economicamente sostenibile anche senza una forte proposta food, ma è fondamentale affiancare al servizio al banco altre fonti di entrata.

Il modello che abbiamo impostato si basa su tre linee di business: il coffee shop con degustazione, l’attività formativa e l’e-commerce. Questo approccio consente di bilanciare i flussi: se una delle attività rallenta, le altre compensano e quando funzionano tutte in sinergia, lo store lavora al massimo del suo potenziale. In un contesto di questo tipo la componente food non è centrale, ma solo funzionale a completare l’esperienza del cliente e non determina la sostenibilità economica del locale.

A Bergamo, dove abbiamo aperto nel 2014, il modello è rodato e ora lo stiamo portando a Milano, dove oltre al coffee shop di via Vigevano, svilupperemo un progetto di formazione e degustazione che ci consentirà, anche lì, di contare su un sistema integrato per una crescita solida e coerente.”

Dentro REV ZERO di Ceado, il macinacaffè con sistema modulare: in meno di 2 minuti si passa dalla modalità a peso a quella a tempo

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Rev Zero di Ceado (foto concessa)
Rev Zero di Ceado (foto concessa)

MILANO – Dalla fiera internazionale HostMilano, un altro strumento che ha colpito l’occhio è stato REV ZERO di Ceado, già presentato in anteprima durante la Specialty Coffee Expo di Houston, nonché finalista del Best New Product Award al World of Coffee di Ginevra. Nello stand di Rho Fiera, è stato possibile toccare con mano questo macinacaffè dalle interessanti caratteristiche tecniche.

Michele Girardi, amministratore delegato dell’azienda e ingegnere commenta REV ZERO

“Nella serie Rev l’operatore può scegliere tra il modulo WAM, che dosa con precisione a peso, e il PFA, che eroga a tempo. Il sistema modulare permette di passare da un modulo all’altro in meno di due minuti, anche a macinacaffè installato.

Questo approccio riduce le scorte, abbassa i tempi di manutenzione e riduce radicalmente i tempi di fermo macchina, consentendo di adattarsi rapidamente a diversi caffè e metodi di lavoro, mantenendo uniformità nella dose e ricette sempre ripetibili.”

REV ZERO: ritenzione al minimo e prestazioni costanti

Grazie al sistema Sweep-out che preserva i composti volatili, consegna il 99% del macinato direttamente nel portafiltro, evita le variazioni causate dalla ritenzione, senza quindi che si verifichi un’alterazione di temperatura, contenuto di gas e gusto. Infine, riduce la ritenzione a soli ~2 g tra le macine (rispetto ai 9–13 g di altri macinacaffè), risparmiando 3–5 dosi per ogni regolazione.

Le macine di REV Zero (foto concessa)

La costanza delle performance è ulteriormente garantita dalle macine da 83 mm con rivestimento in Red Speed (in grado di macinare fino a 4mila chili di caffè). E, restando in tema, ecco lo Steady Lock il sistema di controbilanciamento che neutralizza l’effetto di espansione termica delle macine, con di conseguenza una dimensione
delle particelle costante a qualsiasi ritmo di macinatura.

Altro punto a favore di REV ZERO, l’approccio Total Cost of Ownership (TCO) di Ceado ottimizza la gestione del magazzino per gli importatori, semplifica la manutenzione con componenti modulari, riduce i tempi di inattività e minimizza gli sforzi per la pulizia (è sufficiente rimuovere 3 viti per staccare la parte superiore della camera di macinatura.

Dopo la pulizia, non è necessaria alcuna regolazione della macinatura. E non solo, in pochi secondi si può allentare la vite di sicurezza ed estrarre il beccuccio insieme al flap metallico per procedere con la manutenzione. Rimetterlo a posto è altrettanto facile-)

Il beccuccio estraibile (foto concessa)

La serie REV è dotata di un modulo misurazione peso intercambiabile, il Weight Adjustment Module, installabile in meno di due minuti, anche dopo il montaggio del macinacaffè.

Per quanto riguarda la stabilità della temperatura, essenziale per un’estrazione uniforme, ecco alcuni elementi di REV ZERO: Dissipatore di calore da 2,5 kg attorno alle macine per disperdere grandi quantità di calore con continuità.

Albero di trasmissione che separa le macine dal motore evitando la trasmissione del calore.
Materiale isolante per impedire la trasmissione del calore. Gestione attiva del flusso d’aria interno per mantenere la stabilità della temperatura a qualsiasi ritmo di macinatura.

Altri dati tecnici
Voltaggio – Potenza 220-240 V • 50-60 Hz / 900 W 110-120 V • 60 Hz / 7 A
Rpm 50 Hz / 60 Hz 1480 / 1700 rpm
Average Output (g/s) 5,2 (50 Hz) / 6 (60 Hz)
Peso netto 17 kg
Peso lordo 18,8 kg
Dimensioni 200 x 270 x 630h mm
Macine RSZ83 ø 83 macine piane Red Speed*
Campana Circa 1600 g
Settaggio dose Digitale con riferimento di macinatura
sul display
Display Touch multifunzione
Rumore 62dB

Il prezzo del Rev Zero è 3350€ + iva

L’espresso italiano, patrimonio d’identità: Andrej Godina racconta dalla TV svizzera il ruolo della nostra bevanda simbolo

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Andrej Godina, intervento di ieri in TV RSI svizzera italiana (immagine concessa)

La recente proclamazione della Cucina Italiana come patrimonio culturale e immateriale dell’UNESCO accende i riflettori anche su uno dei suoi simboli più riconoscibili: il caffè. Un rito quotidiano che racconta l’Italia ben oltre la tazzina, intrecciando storia, tecnologia e identità collettiva.

Non a caso, la Radiotelevisione Svizzera Italiana ha dedicato un approfondimento al tema, chiamando in studio l’esperto Andrej Godina per analizzarne il ruolo culturale e gastronomico. Leggiamo in seguito le parole di Godina a riguardo.

Il caffè italiano raccontato alla televisione svizzera quale tassello integrante della Cucina Italiana dichiarata patrimonio culturale e immateriale dall’UNESCO

di Andrej Godina

LUGANO (SVIZZERA) – Il 10 dicembre la Radiotelevisione Svizzera Italiana (RSI), nell’ambito del suo approfondimento serale dedicato alla recente approvazione della candidatura della cucina italiana come patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO, ha avuto l’occasione di dare spazio anche al caffè.

Sono stato invitato a partecipare in diretta nello studio televisivo di Lugano come caffesperto per offrire un commento sul ruolo che il caffè ricopre all’interno della cultura gastronomica italiana, e su come questo prodotto, oltre al suo valore qualitativo, rappresenti un elemento fondante della nostra identità storica, sociale e culturale.

Durante il mio intervento, ho sottolineato, l’importanza di questa bevanda a livello mondiale essendo la più consumata al mondo, più del vino, della birra, dei soft drink; in seconda battuta la considerazione che non si tratta solo di una bevanda, ma di un vero e proprio rito quotidiano, un’abitudine collettiva che racconta della nostra cultura.

Da un punto di vista storico l’importanza dell’arrivo dei primi chicchi di caffè in Europa passando per per prima da Venezia, una delle prime città in cui sono state aperte le prime botteghe, e da lì ha avuto inizio la nostra cultura che, grazie alla moka e all’espresso, è unica al mondo. Parlare oggi di espresso italiano significa evocare una storia secolare, elevata tecnologia, un flavore complesso, ma anche sociabilità, rito e tradizione.

Il progetto della Guida dei Caffè e delle Torrefazioni d’Italia

Ho colto l’occasione per presentare ai telespettatori anche il progetto della Guida dei Caffè e delle Torrefazioni d’Italia, che curo insieme a Mauro Illiano, uno strumento nato per raccontare la filiera del caffè italiano attraverso la recensione delle migliori referenze.

Quest’anno ho assaggiato quasi 1.300 caffè provenienti da torrefazioni di tutta Italia, valutati assieme ad un panel di assaggiatori professionisti, e che ci ha permesso di fornire al lettore informazioni dettagliate sul profilo di flavore, sulle schede tecniche di prodotto e sul contesto produttivo di ogni prodotto. È un invito a uscire dal paradigma del “solito e unico caffè” e a esplorare le molteplici esperienze che questa bevanda può offrire.

“Essere affezionati a un solo caffè non basta più, è noioso!”

Il messaggio che ho voluto lanciare è chiaro: essere affezionati a un solo caffè non basta più, è noioso! Oggi dobbiamo invitare i consumatori a esplorare, sperimentare, scoprire le migliaia di flavori differenti che la straordinaria filiera del caffè italiano offre al mercato, assieme ai numerosi metodi di estrazione differenti.

Possiamo per esempio usare la moka al risveglio, bere un espresso a metà mattina, preparare un filtro mentre si lavora al computer, gustare un cold brew freddo, oppure proporre un coffee pairing in abbinamento al cibo, o ancora, usare il caffè nella mixology, preparando cocktail alcolici e analcolici.

Una varietà straordinaria

Il mondo del caffè offre una varietà di flavori straordinaria, probabilmente ancor più ampia e sorprendente di quella del vino, è possibile spaziare tra diverse intensità e qualità dei gusti acido e amaro, variare nelle categorie aromatiche che spaziano tra il fruttato, la panificazione, la pasticceria, lo speziato, ecc, così come giocare sulla diversa intensità di corpo.

I paesi di origine sono tantissimi, i processi di lavorazione in piantagione sono differenti, i metodi di estrazione sempre più diversificati, tutte variabili in grado di produrre flavori diversi in tazza. Ogni singola tazza è un piccolo viaggio che racconta di una filiera molto lunga che ha origine in paesi tanto lontano da noi. Ecco perché il caffè deve entrare a pieno titolo quale elemento integrante della cucina italiana, anche nella sua forma più innovativa, quella dell’abbinamento gastronomico.

Tra ristoranti e casa: necessario avere carte dei caffè

Oggi i ristoranti e anche a casa è necessario avere a disposizione vere e proprie carte dei caffè, così come esistono le carte dei vini, in modo da. È possibile selezionare caffè monorigine, giocare con i diversi metodi di estrazione, proporli in pairing con piatti salati o dolci. Ed è ancora più facile farlo grazie alla disponibilità crescente di caffè monoporzione di alta qualità, che garantiscono un risultato eccellente anche senza un alto livello di competenza tecnica da parte di chi lo eroga.

Il riconoscimento da parte dell’UNESCO non è solo simbolico, ma rappresenta un’opportunità concreta per valorizzare l’intera filiera agroalimentare italiana, compreso il caffè, che da secoli occupa un ruolo centrale nella nostra cultura quotidiana.

Proprio in occasione di questo importante traguardo, io e Mauro Illiano abbiamo avuto il piacere di essere stati invitati a partecipare all’evento ufficiale celebrativo della settimana di promozione della cucina italiana nel mondo a Villa Madama, alla presenza del Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, dove abbiamo consegnato la nuova edizione della guida a marchio Gambero Rosso.

Un consiglio per Natale

Negli studi televisivi della RSI, la conversazione si è chiusa con una domanda della conduttrice che mi ha chiesto un consiglio per i regali di Natale legati al mondo del caffè. Ho suggerito ai telespettatori di regalare un “variety pack” di caffè, magari anche in formato monoporzione, così da offrire la possibilità di esplorare flavori diversi ogni giorno.

È un modo semplice, divertente e accessibile per esplorare diversi profili sensoriali che il caffè può offrire, rendendo ogni assaggio un momento speciale da condividere in famiglia o con gli amici.

Mi auguro che da questa nomina dell’UNESCO venga colta dalla filiera del caffè italiano con grande maggiore slancio e coraggio per riaffermare a grand voce la grande complessità di flavore che siamo in grado di produrre e di come questa bevanda possa essere presentata in abbinamento al cibo al pari di ciò che già accade con il vino.

Andrej Godina

HostMilano 2025: macchine e materiali, ma anche concept per il caffè e format nel racconto della Fiera

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hostmilano
Il racconto di HostMilano (immagine concessa)

MILANO – Linee pulite, superfici materiche, luci che scolpiscono l’ambiente: HostMilano 2025 ha messo in scena un’ospitalità che si fa anche design, gesto, racconto, identità. E dove l’esperienza è parte integrante del servizio.

Dalla caffetteria alla gelateria, dal food retail al tableware, le aziende hanno portato visioni e innovazioni che mostrano come estetica, funzionalità e sostenibilità stiano convergendo verso nuovi modelli di servizio. Le testimonianze dei protagonisti offrono uno sguardo diretto su come prodotti, materiali e concept si stiano trasformando per rispondere a clienti sempre più esigenti e a format in continua evoluzione.

Dalla tradizione al concept esperienziale: gelateria, pasticceria e food retail

“La domanda internazionale guarda con crescente interesse a prodotti di qualità e a ingredienti che valorizzano le tradizioni”, osserva Gian Luigi Babbi, direttore marketing di Babbi. “Per questo continuiamo a investire su ingredienti e semilavorati che mantengono intatta la nostra identità, ampliando al tempo stesso la gamma delle specialità e proponendo soluzioni che aiutano i professionisti a creare esperienze di gusto riconoscibili e distintive”.

Il ruolo del design come leva strategica per la gelateria e la pasticceria emerge nelle parole di IFI. “Il mercato richiede ambienti che coinvolgono e raccontano un’identità, non solo attrezzature espositive”, spiega Francesca Tonti, amministratrice delegata. “Con le nostre vetrine e i nostri arredi puntiamo a creare un dialogo tra estetica, funzionalità e sostenibilità, proponendo soluzioni che coniugano tecnologia del freddo, comfort visivo e valorizzazione del prodotto”.

ISA, dal canto suo, guarda alla continuità tra estetica e performance come direzione ormai definita. “Le aziende cercano soluzioni che siano insieme eleganti, sostenibili e semplici da usare”, sottolinea il Direttore Generale Fabio Bernini. “Per questo lavoriamo su materiali innovativi e tecnologie che ottimizzano il risparmio energetico, mantenendo un design armonico che si integra nei nuovi concept espositivi della gelateria, della pasticceria e del bakery”.

Coffee culture e nuove esperienze di preparazione

Nel mondo del caffè, la ricerca di esperienze distintive è un trend sempre più evidente. “Osserviamo una grande attenzione verso macchine che uniscono prestazioni elevate e un’interazione più intuitiva con il barista”, racconta il team di Rancilio. “Per questo sviluppiamo soluzioni che migliorano continuità, standard qualitativi ed ergonomia di utilizzo, integrando funzionalità digitali che aiutano a controllare e monitorare l’estrazione”.

Un’evoluzione simile si ritrova nelle parole di Wega. “Il mercato del caffè premia le macchine che permettono di esprimere creatività e costanza, garantendo al tempo stesso precisione e controllo”, afferma Claudia Gobbo, Product Marketing Specialist. “Le nostre novità vanno in questa direzione, con sistemi che supportano l’abilità del barista e offrono un’esperienza visiva e funzionale in linea con i nuovi linguaggi della coffee culture”.

Materiali, forme e nuove atmosfere: il ruolo del design e del tableware

Il tableware diventa un elemento centrale nella costruzione dell’esperienza. “Vediamo una richiesta crescente di collezioni che uniscono estetica, resistenza e sostenibilità”, osserva Olivier Pascot, ceo di Revol. “Sperimentiamo materiali ceramici che garantiscono performance elevate e mantengono un’impronta artigianale, creando pezzi pensati per dare carattere agli spazi dell’ospitalità”.

“La mixology sta influenzando in modo significativo le scelte degli operatori”, spiega Roberto Pierucci, ceo di RCR. “Per questo lavoriamo su cristalli che combinano brillantezza, leggerezza e una durabilità superiore, offrendo collezioni pensate per valorizzare la creatività dei professionisti. La varietà delle forme e delle finiture ci permette di rispondere alle esigenze di bar, ristoranti e hotel che cercano oggetti capaci di dare identità e carattere al servizio”.

Un pubblico attento al design e alle nuove esperienze

Gli espositori hanno evidenziato un pubblico molto ricettivo verso il design, i materiali e i concept espositivi, con visitatori che hanno mostrato interesse concreto per le soluzioni e per le possibilità di personalizzazione. Un confronto costante con professionisti internazionali, attenti a cogliere l’evoluzione della coffee culture, i nuovi linguaggi della gelateria e della pasticceria, e le proposte di tableware capaci di dare identità ai format contemporanei.

Ne sono nati dialoghi operativi, richieste tecniche e prospettive di collaborazione che hanno confermato la manifestazione come un’occasione efficace per incontrare decisori qualificati e misurare il posizionamento dei prodotti sui diversi mercati.

Un’ospitalità sempre più ibrida, dove design, materiali, tecnologia e storytelling si intrecciano per creare ambienti distintivi e nuovi modelli di servizio.

Un percorso che prosegue: l’appuntamento con la prossima HostMilano è a Fiera Milano dal 22 al 26 ottobre 2027.

Italia, bar: più di 20.000 chiusi in 10 anni, i locali ibridi come risposta di mercato

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Ivan Daniele, fondatore di Trivé (immagine concessa)

MILANO – Negli ultimi anni il panorama italiano della ristorazione, del retail e dell’ospitalità sta vivendo una trasformazione profonda e irreversibile. La crisi del modello tradizionale, dal negozio di prossimità al bar “classico”, insieme al calo delle visite registrato nel canale fuori casa, sta accelerando un cambiamento culturale: i locali non sono più semplici luoghi di consumo, ma spazi da vivere, attraversare e interpretare nelle più diverse occasioni della giornata.

Secondo Confcommercio, negli ultimi dieci anni in Italia hanno chiuso oltre 100.000 negozi, con una perdita media di 27 attività al giorno nel periodo post-pandemico.

Nello stesso arco temporale, Fipe conferma che più di 21.000 bar hanno cessato l’attività. Un indicatore evidente che il modello monofunzionale non è più sufficiente.

L’esplosione della domanda di esperienze

Mentre diminuisce il consumo funzionale, cresce il desiderio di esperienze. Le persone cercano spazi capaci di accompagnare momenti eterogenei: lavoro informale, pause lente, incontri, presentazioni, micro-eventi e attività culturali.

Secondo il Retail Transformation Report 2025, il 68% degli italiani preferisce locali che offrano più funzioni oltre alla vendita. E il Rapporto On Premise 2025 di CGA by NIQ evidenzia come il fuori casa registri una diminuzione delle visite (-1,6%) ma un aumento del valore medio per singola uscita, segno che si esce meno, ma si esce meglio.

Nasce così una nuova categoria di luoghi ibridi, che si collocano a metà strada tra bar, caffè, concept store, co-working leggero e spazio culturale.

Dal retail al food: la fisicità diventa relazione, non solo vendita

Questo cambio di prospettiva non riguarda solo il mondo del bar, ma tocca l’intero comparto retail. Ad esempio, sempre più boutique, negozi di moda, atelier e librerie stanno evolvendo verso ruoli più fluidi: presentazioni di libri, talk, mini-concerti, esposizioni temporanee o profumiere che diventano piccole gallerie d’arte.

La fisicità degli spazi torna ad avere un valore strategico, non come punto vendita ma come punto di relazione. Le persone cercano luoghi in cui fermarsi, incontrarsi, lavorare, scoprire e condividere. Luoghi che offrano atmosfera prima ancora che prodotto.

In un mercato in cui l’e-commerce cresce del 13% annuo (Netcomm), ciò che porta le persone fuori casa non è ciò che possono comprare, ma ciò che possono vivere.

Il food & beverage come laboratorio di sperimentazione

Nel settore del food & beverage questa trasformazione è particolarmente evidente. Emergono format capaci di ampliare la tradizionale idea di bar, rendendola più vicina alla sensibilità contemporanea.

Un esempio di questa tendenza è Trivé, realtà nata a Torino e oggi presente anche a Milano: non un locale monotematico, ma un all day bar progettato per cambiare pelle nel corso della giornata, accogliendo clienti che spesso non arrivano per un motivo specifico, ma per la possibilità di utilizzare lo spazio secondo la propria esigenza del momento.

Trivé non è un caso isolato, ma una rappresentazione concreta di ciò che sta accadendo in molte città italiane: l’evoluzione spontanea di un luogo tradizionale verso un format più versatile, più vicino alle abitudini di consumo emergenti e più adatto a sostenere un mercato in cui la semplice vendita di caffè o aperitivi non è più sufficiente.

Un fenomeno culturale prima che commerciale

“I dati ci dicono chiaramente che non siamo davanti a una moda passeggera, ma a una trasformazione culturale profonda. Il modello tradizionale del locale mostra una fragilità evidente e ampliare gli usi dello spazio non è più un’opzione: è una necessità. L’Italia, che è sempre stata la culla del bar di quartiere e del negozio sotto casa, oggi sta vivendo un’evoluzione che la avvicina alle grandi città europee come Londra, Berlino o Copenaghen, dove i locali sono veri hub di comunità e non semplici contenitori commerciali. Non si va più ‘solo’ al bar o ‘solo’ a fare acquisti: si cercano luoghi in cui vivere del tempo, non semplicemente consumare.” spiega Ivan Daniele, fondatore di Trivé.

La trasformazione degli spazi fisici in luoghi ibridi non è un’operazione estetica né una tendenza temporanea: è la risposta a un insieme di forze economiche e sociali.
Il calo delle visite nei locali tradizionali, la crescita dello shopping digitale, la necessità di diversificare le fonti di ricavo e il desiderio delle persone di vivere la città in modi nuovi convergono verso un’unica direzione: si cercano luoghi che offrano tempo, non solo merce; esperienza, non solo servizio; identità, non solo prodotto.

Per questo oggi non si apre più un negozio, ma un luogo. Un luogo che possa accogliere, sorprendere, far incontrare. Un luogo che valga la visita.

La scheda sintetica di Trivè

Trivè è il primo All Day Bar in Italia, nato a Torino nel 2017 dall’idea di Ivan Daniele e oggi presente anche a Milano. Il brand ha creato un format replicabile e standardizzato che copre tutte le fasce orarie della giornata, offrendo un modello scalabile per imprenditori e franchising. Con cinque locali già attivi e piani di espansione a Milano e in altre città italiane, Trivè punta a diventare il primo brand nazionale del settore bar.

 

Sigep 2026: 1300 brand presenti e tre hub dedicati all’innovazione del foodservice, 16-20/01

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sigep
Il ritorno di Sigep (immagine concessa)

RIMINISigep World – The World Expo for Foodservice Excellence, il salone internazionale di gelato, pasticceria, cioccolato, bakery, pizza e caffè organizzato da Italian Exhibition Group (Ieg), tornerà alla Fiera di Rimini da venerdì 16 a martedì 20 gennaio. Un appuntamento che non si limita a presentare prodotti e tecnologie, ma che riunisce in un unico luogo eccellenze manifatturiere, innovazione e mercati internazionali.

Cresce l’offerta, si amplia la mappa dei Paesi presenti

Sigep World 2026 si presenta con un perimetro espositivo in espansione, forte di 1.300 brand espositori che portano a Rimini il meglio del Made in Italy, dalla tradizione di filiera alle tecnologie più avanzate.

Accanto ad una presenza italiana solida e di assoluta eccellenza, rappresentata dalle aziende di punta delle filiere del foodservice, cresce in modo significativo anche la componente estera, che segna un +28% con 45 Paesi pronti a intercettare il mercato globale del dolce e dell’out-of-home.

In questa geografia in continua espansione si distingue un gruppo di Paesi che, per peso industriale e capacità di innovazione, traina, assieme all’Italia le principali filiere del settore. Germania, Spagna, Francia, Cina, Turchia, Belgio, Polonia, Stati Uniti, Grecia e Danimarca saranno presenti in fiera con tecnologie, ingredienti, produzioni e know-how capaci di orientare trend e strategie del mercato globale.

A questo scenario si aggiungono i nuovi ingressi dell’edizione 2026: Canada, Arabia Saudita, Algeria, Ecuador, Estonia, Serbia, Singapore, Nepal e Repubblica Ceca. Arrivano, inoltre, in fiera i National Pavilion, le collettive ufficiali dei Paesi che scelgono Sigep World come vetrina strategica per le proprie eccellenze: quest’anno saranno presenti Arabia Saudita, Cina, Ucraina e Brasile.

Il quadro internazionale si completa con l’India, Guest Country 2026, attesa con una delegazione di 50 top buyer e rappresentanti istituzionali, oltre a espositori specializzati nelle tecnologie per il gelato.

Il programma buyer fa crescere il peso internazionale di Sigep World

Il rafforzamento dell’offerta si accompagna a un’intensa attività di incoming: il Top Buyer Program porterà a Rimini 500 buyer da 75 paesi, con Stati Uniti, India, Canada e Brasile in testa per rappresentanza. I profili coinvolti includono le principali catene del foodservice, grandi importatori e distributori impegnati a selezionare tecnologie, prodotti e soluzioni capaci di anticipare le esigenze dei mercati globali.

Filiera completa e settori trasversali in movimento

A Sigep World le filiere dialogano tra loro e raccontano un foodservice che cambia rapidamente.

Il gelato si conferma protagonista con un vero progetto culturale – dai percorsi What is Gelato? e Gelato Meets Chains – pensato per mostrare a catene, hotel e operatori internazionali in che modo e con quale modello imprenditoriale il gelato italiano rappresenti oggi una leva di business globale.

La pasticceria cresce, spinta dal frozen e da tecnologie che moltiplicano le possibilità dei laboratori; il cioccolato porta in campo i grandi player con processi sempre più sostenibili; il settore bakery esprime una maturità industriale nuova, mentre la pizza spinge sull’acceleratore con Pizza (R)evolution, tra impasti evoluti e format che stanno conquistando il mercato internazionale.

Il caffè completa il quadro con un itinerario dall’origine alla tazzina passando dal Sustainability District, che riunisce paesi produttori e progetti dedicati a filiere sostenibili, dalla cooperazione africana al cacao latino-americano. E poi l’Innovation Bar, dove AI e robotica reinterpretano il coffee shop contemporaneo.

A questa traiettoria si aggiunge Luxury Hotel Food Experience, un nuovo tassello strategico che mette in relazione i marchi dell’hotellerie di alta gamma con le eccellenze delle filiere della manifestazione, creando tavoli esperienziali e momenti di confronto dedicati ai responsabili Food&Beverage e agli chef degli hotel premium.

Accanto alle filiere più tradizionali, si sviluppa tutto ciò che le connette e le potenzia: le tecnologie per il foodservice si riuniscono nel Kitchen Equipment Hub, vetrina delle soluzioni che cambieranno il modo di produrre, servire e gestire; Frozen Product Hub fotografa la crescita del surgelato di qualità, diventando un alleato strategico per format e catene mentre i servizi digitali trovano casa nel nuovo Digital District, dove software, pagamenti smart e robotica ridisegnano il lavoro di sala e di laboratorio.

Roberto Nocera confermato alla presidenza di Ucimac

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Il logo Ucimac

ROMA – L’assemblea generale di Ucimac (Unione dei costruttori italiani di macchine per caffè professionali, federata Anima Confindustria) riunitasi il 10 dicembre, ha confermato la continuità alla guida dell’associazione eleggendo nuovamente Roberto Nocera come presidente per il biennio 2025–2026.

Un rinnovo che consolida la linea strategica avviata negli ultimi anni e che riconosce il lavoro svolto in favore della competitività, della qualità e dell’innovazione dell’intera filiera italiana delle macchine professionali per il caffè. Insieme alla presidenza, l’assemblea ha riconfermato i vicepresidenti Maurizio Giuli e Marco Brutti, garantendo stabilità e continuità d’indirizzo a un settore che rappresenta una delle eccellenze made in Italy maggiormente riconosciute al mondo.

Nel suo intervento, Nocera ha ribadito l’importanza del percorso intrapreso dall’associazione e la volontà di proseguire lungo una direttrice chiara, fondata su cinque assi strategici: il rafforzamento della competitività internazionale; il sostegno all’innovazione tecnologica (con particolare attenzione all’evoluzione delle macchine tradizionali); la centralità della sostenibilità energetico-ambientale come elemento distintivo; la diffusione della conoscenza attraverso programmi di formazione e divulgazione; la valorizzazione culturale dell’espresso italiano (considerato patrimonio identitario del Paese e componente centrale per l’industria manifatturiera).

«La mia rielezione alla presidenza di Ucimac per il prossimo biennio rappresenta un riconoscimento importante del lavoro svolto dall’intera associazione», ha dichiarato il presidente. «Desidero ringraziare i vicepresidenti Marco Brutti e Maurizio Giuli per il continuo supporto e rivolgere un sentito ringraziamento a tutti i soci per il loro contributo, la collaborazione e la fiducia dimostrata.

È grazie al loro impegno che Ucimac continua a crescere e a rappresentare con autorevolezza il nostro settore».

Uno dei temi centrali discussi nel corso dell’assemblea è stato l’ingresso in vigore della prima norma europea dedicata ai metodi di misurazione del consumo energetico e della produttività delle macchine da caffè professionali, la CEI EN 50730:2025-05, divenuta operativa da aprile 2025.

Il nuovo standard introduce criteri omogenei e comparabili per valutare efficienza e prestazioni delle macchine tradizionali e superautomatiche, basati su tre parametri fondamentali: temperatura, quantità e tempo di erogazione.

Un passaggio strategico per il settore

L’elaborazione della norma costituisce un passaggio strategico per il settore, poiché contribuisce ad ampliare la trasparenza delle informazioni e a supportare gli investimenti in tecnologie ad alta efficienza, richieste oggi da mercati sempre più attenti ai consumi e alla sostenibilità.

Il percorso che ha portato all’adozione della nuova norma è stato presentato in assemblea come un esempio concreto del contributo determinante che l’industria italiana offre ai processi tecnici europei.

La segreteria del gruppo di lavoro TC 59X WG 21 di CENELEC, incaricato della stesura del testo normativo, è infatti affidata a Ucimac, che ha coordinato il lavoro con le imprese associate, dando importanza alle competenze del settore e assicurando una partecipazione specializzata ai tavoli europei.

Questo ruolo rafforza il posizionamento dell’associazione nei tavoli tecnici e istituzionali e conferma la capacità dell’industria italiana di contribuire in modo determinante alla definizione degli standard che orienteranno lo sviluppo delle attrezzature professionali per il caffè. 

L’impegno normativo si affianca alle attività di diffusione e alle iniziative dedicate al training formativo, considerate leve fondamentali per sostenere un comparto che sta affrontando una fase di trasformazione tecnologica e di riposizionamento competitivo.

Ucimac rimane un presidio tecnico e strategico

«Ucimac rimane un presidio tecnico e strategico al servizio delle aziende, delle istituzioni e del mercato globale. Guiderò l’associazione con responsabilità, dialogo e una visione condivisa che metta al centro qualità, sicurezza e sviluppo sostenibile, insieme a una sempre maggiore diffusione della conoscenza lungo tutta la filiera» ha concluso il neoconfermato presidente Nocera.

Il percorso tracciato dall’assemblea e la conferma della squadra di presidenza testimoniano la volontà delle imprese di affrontare con un approccio unitario una fase di cambiamenti profondi, caratterizzata da transizione energetica, nuove esigenze produttive e mercati in continua evoluzione.

L’associazione proseguirà la propria azione per guidare le aziende e superare le sfide tecnologico-normative, valorizzando la qualità delle produzioni italiane e sostenendo la crescita sempre più internazionale del comparto.

In uno scenario complesso e imprevedibile, ma al tempo stesso ricco di opportunità, Ucimac guarda al futuro con fiducia e con l’obiettivo di consolidare il ruolo del settore come punto di riferimento nell’innovazione delle macchine professionali per il caffè.

La pizza al caffè conquista il Borneo: l’idea di Pizza Hut

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pizza hut
Il logo di Pizza Hut

MILANO – L’Asia si conferma ancora una volta come centro della sperimentazione gastronomica con la nuova proposta Kopi-zza, la pizza al caffè lanciata da Pizza Hut in esclusiva per il Borneo. Il nome deriva da Kopi che significa caffè in malese, lingua ufficiale del Paese.

Ma in cosa consiste di preciso la Kopi-zza? Presenta la classica base ricca di formaggio che ha reso Pizza Hut una delle catene più famose e apprezzate all’estero con note aromatiche di caffè. Un netto contrasto che ha saputo fare breccia nel cuore dei consumatori.

Inizialmente la Kopi-zza era stata pensata come un’edizione limitata per sole due settimane. Dato il successo dell’iniziativa, l’azienda ha deciso di prolungare la disponibilità.

Per ora la pizza al caffè rimarrà un’esclusiva del Brunei. Non manca tuttavia la speranza, da parte di alcuni clienti, che il prodotto possa raggiungere un giorno anche l’Occidente.

Menz&Gasser compie 90 anni: il dolce celebrativo che racconta storia e innovazione

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MENZ&GASSER 90 anni, torta celebrativa

TRENTO – Nel 2025 Menz&Gasser ha compiuto novant’anni. Un traguardo che nasce da lontano, nel 1935, quando Mathias Gasser rilevò una piccola fabbrica di marmellate a Lana, ponendo le basi per quella che l’attuale CEO, Matthias Gasser, ha guidato verso una realtà internazionale.

Per celebrare questo anniversario, l’azienda ha scelto un linguaggio universale e autentico: quello della pasticceria. Il Maestro Loris Oss Emer ha creato un dolce celebrativo che non è solo una torta, ma un racconto sensoriale e simbolico.

La torta si presenta come una composizione a due livelli, ricca di elementi visivi e simbolici. Su una base verde brillante, che richiama i paesaggi naturali delle origini e riflette l’attenzione dell’azienda per l’ambiente e la sostenibilità, si sviluppano frutti di bosco, quenelle allo yogurt e dettagli spugnosi che conferiscono volume e vitalità.

A dominare la scena, un albero stilizzato in cioccolato rappresenta le radici dell’azienda e la sua capacità di crescere, rinnovarsi senza perdere il contatto con il territorio.

All’interno, ogni strato racconta una parte della storia di Menz&Gasser. La mousse alla mela è un omaggio alle origini – tutto è partito da una mela – mentre la gelée ai frutti di bosco e la panna cotta alla fragola richiamano i profili iconici delle confetture che hanno reso l’azienda riconoscibile in Italia e nel mondo.

Il biscuit al cacao, rifinito con una glassatura moderna, crea un collegamento armonico tra memoria e innovazione, rendendo omaggio al territorio in cui Menz&Gasser è cresciuta e si è sviluppata negli anni.

Oggi Menz&Gasser è una realtà con oltre 700 collaboratori, tre stabilimenti e una presenza internazionale, ma ha mantenuto lo stesso spirito delle origini.

Un percorso che passa dalla collaborazione storica con il mondo dell’hotellerie e del food service, e che si è ampliato fino al settore industriale, al retail e al B2B, dove l’azienda continua a evolvere puntando su innovazione e sostenibilità, con investimenti in impianti di cogenerazione, sistemi di recupero idrico e riduzione degli sprechi.

Il tutto senza mai perdere il legame con ciò che conta davvero: il territorio, le persone, l’attenzione verso la qualità di prodotti.

In questa torta convivono passato e futuro, tradizione e trasformazione. È un gesto che celebra ciò che è stato e, al tempo stesso, guarda avanti, con la consapevolezza di un’azienda che da novant’anni costruisce il proprio percorso unendo valori, visione e capacità di rinnovarsi.

Ragusa: Alessandro Cappellani e l’arte del caffè tra enoteca e degustazioni da sommelier del caffè

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Alessandro Cappellani è l’ideatore dell’enoteca Bottega Cappellani, Ragusa (immagine concessa)

RAGUSA – Alessandro Cappellani è l’ideatore dell’enoteca Bottega Cappellani, nel cuore di Ragusa, un locale con un’attenta selezione di prodotti ricercati, una sintesi di influenze regionalistiche e di bontà scoperte durante le molte trasferte gastronomiche, vini rari e spirits.

Nei locali di un palazzo nobiliare nel centro di Ragusa, inoltre, Cappellani ha ricreato l’atmosfera di un bistrot francese con una cucina tradizionale siciliana, pulita e moderna.

Alla Taberna dei Cinque Sensi la tradizione è rivisitata in una versione più moderna e leggera, con ingredienti espressione vera del territorio. A queste due esperienze ha aggiunto anche il 2 Volte lounge bar e il negozio online Racina Etna da bere.

Un evento aperto agli addetti del mondo Horeca

Proprio l’enoteca ha ospitato martedì 25 novembre, un evento aperto a tutti gli addetti del mondo horeca che intendevano comprendere come il caffè stia trasformando il concetto di ristorazione e stia diventando un nuovo strumento per creare appeal e vantaggi economici nel proprio business.

Il benvenuto è stato dedicato alla preparazione con metodo filtro per poi andare alla scoperta della filiera agricola, del sistema Ten e del gioco del flavore. Gli ospiti somo stati guidati dall’ambassador Leonardo Maggiori.

Quello mostrato è un approccio agricolo ecologico e socialmente responsabile che passa attraverso la conoscenza profonda di piantagioni e farmer grazie all’organizzazione di tutte le filiere “dal seme alla tazza”. Nella filosofia di Bonacchi i baristi e i ristoratori diventano Aromateller, sommelier del caffè, e ne raccontano il flavore.

Ecco che l’analisi sensoriale si incrocia con il racconto delle ragioni profonde che hanno portato a ottenere un determinato caffè di cui si conoscono le vere origini, chi lo lavorai metodi agricoli e di selezione, come viene trasportato e torrefatto, come dev’essere estratto e con quali tecniche per ottenere il miglior risultato in tazza.

Il progetto Ten

È proprio l’innovativo progetto Ten, che adotta una cialda in carta da 10 grammi di caffè (il 40% in più di dose classica), a garantire la migliore espressione del terroir in tazza, ovvero una perfetta estrazione per godere al meglio della soluzione espresso.

Nel percorso di degustazione dei caffè di terroir in cialda Ten garantiti dalla Slow Food Coffee Coalition sono stati assaggiati: Dona Elda (Honduras, Las Capucas, Finca Platanares, 100% Arabica Parainema, processo naturale); Don Pancho (Honduras, Las Capucas, Finca El Mirador, 100% Arabica Red Catuaì, processo naturale); Finca Alfolì (Honduras, Las Capucas, 100% Arabica Parainema, processo naturale); Finca Rio Colorado (Honduras, Las Capucas, Finca Umami 100% Arabica Parainema, Lempira, Obatà, metodo semilavato honey e naturale); Guji Hambela (Etiopia, Oromia, Villaggio Benti Nenka, 100% Arabica 74114, processo a fermentazione anaerobica 7-10 giorni).