mercoledì 10 Aprile 2024
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Fociani: “Aliena nasce dal bisogno di avere una produzione nostra per Faro”

Il roaster Fociani: "Utilizziamo una Giesen da 15 chili e una ROEST come campionatore. Siamo in fase di crescita: l’idea è quella di tostare per espresso, una linea più indicata verso il mercato italiano che sarà chiamata UMANA e poi per il filtro, con degli equilibri e delle acidità in tazza che rimarrà sotto il nome ALIENA."

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ROMA – Dario Fociani, Arturo Felicetta e Dafne Spadavecchia, i tre che hanno avviato con successo un’attività tra le prime a spingere lo specialty nella capitale, Faro: simbolo della terza onda che ha inondato con il caffè di qualità i cittadini romani e non, da subito aveva nel dna programmata un’evoluzione verso la torrefazione.

Passaggio avvenuto nel 2022 ufficialmente, con l’apertura della micro roastery Aliena Coffee Roasters. Di questa espansione naturale, ci ha raccontato proprio il cuoco del chicco, Fociani, che finalmente si è impadronito di questa fase di trasformazione.

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Aliena, quando è nato e perché avete avuto bisogno di estendere la vostra esperienza nella torrefazione specialty?

Racconta Fociani: “Aliena nasce da un bisogno che abbiamo avvertito sin dall’inizio della nostra attività, di occuparci di una nostra produzione. Con Faro volevamo aprire un’azienda di caffè che partisse dalla caffetteria e che poi si sarebbe sviluppata verso altri ambiti della filiera. Aliena è quindi nata in maniera naturale: volevamo metter la firma sui nostri prodotti ed esser indipendenti in quello che servivamo.

Seguendo questa esigenza ho scelto di diventare tostatore: doveva andare così e progredire in verticale. Lavoro con lo specialty dal 2012 e nelle torrefazioni ci sono cresciuto dentro. L’idea di fare questo mestiere è importantissima per me a livello personale: ho seguito un corso qui a Roma con Scott Rao l’anno scorso per realizzare questo obiettivo. La torrefazione è studio ed esperienza: mi sto occupando della parte della formazione, e ora svilupperò l’esperienza con il tempo, l’esercizio è fondamentale, non si può prescindere da quello.

Oggi a lavorare in Aliena siamo in tre, io, il mio socio Arturo e Andrii Schwarts, un ragazzo ucraino che aveva una torrefazione a Kiev e che stiamo provando ad aiutare.”

Come si collega alla già ben collaudata attività del Faro?

Il packaging Aliena (foto concessa)
Il packaging Aliena (foto concessa)

“Aliena non è legata soltanto a Faro. Abbiamo una collaborazione anche con Barnum, a via del Pellegrino, con Fischio – un chiosco stupendo a Piazzale degli Eroi – con un locale aperto da poco, il Mae, con Forno Conti e molti altri. Continueremo ad espanderci su Roma, principalmente.

Oltre i confini nazionali cominciamo a riscontrare i primi apprezzamenti: Forno Cultura in Canada, a Toronto, sceglie produttori italiani e ha scelto i nostri caffè. Il nostro obiettivo però è quello di restare un’azienda sana e di piccole dimensioni. Vogliamo essere una buona impresa, non una grande impresa, legata al concetto di artigianalità. Poi magari ci saranno nuove aperture con Faro su Roma e ci occuperemo anche di approvvigionare gli altri, eventuali, store.”

Avete aperto Aliena in un periodo piuttosto critico, tra pandemia, rincari, difficoltà logistiche, come mai?

“In realtà la data burocratica di apertura risale nel 2022, il 7 febbraio. Abbiamo avuto comunque la fortuna di avere un gran cliente come Faro alle spalle e già questo ci ha dato delle certezze per l’avviamento. Eravamo già preparati più o meno a ciò che ci aspettava. Ovviamente ci classifichiamo come imprenditori e per questo siamo nati per assumerci dei rischi più o meno calcolati. E ci siamo voluti cimentare per il raggiungimento di uno dei nostri traguardi più importanti: la torrefazione.”

Avete già una rete di distribuzione ben sviluppata?

“I locali che riforniamo sono otto per il momento. Federico, il ragazzo che si occupa della parte commerciale si sta muovendo e sta imparando tantissimo sul caffè e grazie al suo lavoro ci stiamo espandendo ulteriormente. L’obiettivo è quello di puntare sull’educazione del consumatore. Vogliamo entrare anche nella ristorazione, che è un ambiente piuttosto particolare con cui avere relazioni, perché i bisogni sono diversi e bisogna trovare l’imprenditore che vuole investire sullo specialty, un prodotto difficile da dover comunicare e su cui pensare anche in termini di macchinari. Per ora non ci stiamo pensando sistematicamente, ma in futuro perché no? Ora siamo in una fase iniziale.”

Come tostate il vostro caffè e da dove vi approvvigionate? Avete contatti diretti con i farmers?

In mezzo alla tostatura (foto concessa)

“I contatti diretti ancora non li abbiamo: siamo un’azienda troppo piccola e comprare direttamente da una farm non è ancora un investimento alla nostra portata. Per ora ci appelliamo a degli importatori che sono nostri amici e colleghi, che ci portano della materia prima di qualità che condividiamo, proponendoci dei campioni che noi selezioniamo per poi tostarli. Utilizziamo una Giesen da 15 chili e una ROEST come campionatore. Siamo in fase di crescita: l’idea è quella di tostare per espresso, una linea più indicata verso il mercato italiano che sarà chiamata UMANA e poi per il filtro, con degli equilibri e delle acidità in tazza che rimarrà sotto il nome ALIENA.

Naturalmente dipende un po’ dal caffè e dal cliente. Ora stiamo facendo la tostatura da filtro anche in espresso, ma da settembre divideremo le due cose. Non credo fortemente nella omni roast. Attualmente abbiamo otto caffè diversi, compreso un decaffeinato.”

Com’è la scena specialty attuale a Roma rispetto a quando avete iniziato?

“I caffè vanno di pari passo con le capacità imprenditoriali. A Roma ci sono tante difficoltà legate all’amministrazione della città, ormai da decenni, e tutta l’imprenditoria diurna sta faticando. I locali continuano a chiudere. Quelli legati allo specialty stanno andando bene, abbiamo molti turisti che sostengono il mercato, diciamo che chi sa lavorare, lavora. Ovviamente per lo specialty non ci si improvvisa e si ha successo solo se chi gestisce l’attività conosce la materia. Mae a Prati, Fischio, Fax Factory, Barnum, Pergamino… lo specialty è poco ma c’è, se la città diventasse più fluida sarebbe più facile per gli
imprenditori, oggi è troppo macchinosa per dare spazio a progetti creativi e sostenibili.

È normale che in una città come questa, tutto ciò che si avvicina all’innovazione sia rallentato. C’è tanta mafia anche, ed è una cosa che va detta: si è ancora legati a concetti che in altre capitali europee sono primitivi. I cittadini però mantengono un livello di civiltà elevato e dobbiamo ringraziarli per questo. Ci sono sempre più persone che comprendono la qualità, la amano. C’è difficoltà però a muoversi e raggiungere i posti che la propongono.”

E i prossimi progetti dopo Aliena, dato che avete conquistato il fuori casa e ora anche la micro torrefazione?

“È ancora tutto incerto. Ora ci focalizziamo sull’affitto del locale attaccato a Faro: abbiamo allargato la cucina a settembre e renderemo così la caffetteria indipendente anche a livello di produzione di pasticceria. E poi vorremo migliorare anche la capacità di Aliena. Ci vuole pazienza e tanta forza di volontà, ma ne abbiamo.”

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