mercoledì 10 Aprile 2024
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Da Santo Palato a Roma con la chef Cicolini, dove l’espresso è specialty e venduto a 2 euro

Cicolini sullo specialty al ristorante: “Non è una cosa comune. Siamo in pochi, ma è una scelta che si sta diffondendo sempre di più. Questa tipologia di caffè va raccontata e fino ad oggi si è solitamente bevuto qualcosa di sbagliato in tazza, che ha creato problemi tra i consumatori: si sono abituati a caffè acidi che rovinano lo stomaco. Ci vuole un vero e proprio passaggio di rieducazione del palato.”

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MILANO – Nel quartiere San Giovanni a Roma, si trova Santo Palato, trattoria moderna – anche se sfugge alle etichettature convenzionali – portata avanti dalla giovane chef Sarah Cicolini che ha portato la sua voglia di innovare la tradizionale cucina romana con la sua creatività, mantenendo un occhio di riguardo all’offerta vinicola e del caffè: tutto coerentemente studiato per un servizio curato e di alta qualità.

Non poteva mancare fedele a questo principio, lo specialty. Un dettaglio che, tra gli altri, contribuisce a distinguere Santo Palato da molti altri ristoranti che popolano la capitale – lo stesso consulente Q Grader Gianni Tratzi, lo ha nominato in un suo post su facebook, tra i pochi locali che spiccano proprio per la loro attenzione all’espresso -.

Un legame nato anche grazie all’amicizia e alla collaborazione che Sarah Cicolini ha sviluppato nel tempo con quelli che a pieno titolo sono stati tra i pionieri della Third Wave romana, il team di Aliena Coffee Roasters.

Santo Palato, esempio di bistronomia: ci può raccontare cosa c’è dietro questo nuovo modo di intendere la cucina italiana?

“E’ un concetto che è nuovo qua in Italia e che esiste però già all’estero. Quello che cerchiamo di fare da Santo Palato è proporre del cibo di alta qualità, grazie alla selezione di una materia prima molto curata e all’attenzione data pari merito alla cantina. Tutto questo comporta un impegno sostanzioso, che ormai sentiamo come una missione da portare avanti. In questo momento abbiamo 600 referenze per un totale di quasi 4000 bottiglie: parliamo quindi di un lavoro piuttosto importante che però continuiamo a sviluppare. I
grandi esempi di alcuni locali in Italia e in Francia, dimostrano che tutto si può fare, soprattutto quando si punta ad un servizio di un certo livello”.

Lo specialty in linea con le scelte di Santo Palato (foto concessa)

Com’è arrivata allo specialty? Lo conosceva? Era già una “coffeelovers”?

“Questa città è influenzata da sempre dalle nuove tendenze. Sono arrivata agli specialty già sette anni fa, quando a Roma è nata la prima caffetteria di questo genere, il Faro: ho iniziato ad addentrarmi nelle dinamiche dietro questa filosofia. Mi sono avvicinata perché ero interessata a comprenderne i meccanismi e i funzionamenti. Da Santo Palato purtroppo, abbiamo il problema di poterlo inserire nella modalità del filtro: è stata una scelta obbligata per via di uno di spazio ridotto e anche di personale: lo specialty e le
estrazioni alternative sono qualcosa che richiede una certa cura, soprattutto in ristorante italiano.

È necessario comunicare la bevanda in maniera capillare, per far comprendere i motivi dietro una determinata proposta. Per cui ci limitiamo per il momento ad offrire un espresso specialty, usando la Jurà E6. La referenza che attualmente proponiamo è un Perù fornito dalla roastery Picapau.”

A Roma è una cosa comune trovare questa proposta di caffetteria nei ristoranti? O voi siete tra i pionieri?

“Non è una cosa comune. Siamo in pochi, ma è una scelta che si sta diffondendo sempre di più. Questa tipologia di caffè va raccontata e fino ad oggi si è solitamente bevuto qualcosa di sbagliato in tazza, che ha creato problemi tra i consumatori: si sono abituati a caffè acidi che rovinano lo stomaco. Ci vuole un vero e proprio passaggio di rieducazione del palato.”

Penserete anche al filtro in futuro per Santo Palato?

“Quando avremo a disposizione più personale e uno spazio più ampio, ci proveremo. In questo periodo è piuttosto complicato. Dobbiamo anche affrontare il problema dei rincari sulle materie prime e l’energia. Lavoriamo direttamente con i contadini, ma è un dramma sistemico che parte dalla base ed è un aumento generalizzato. L’espresso lo vendiamo a due euro. Nessuno si è mai lamentato. È un buon segno, ci abbiamo lavorato per cinque anni.”

Perché è importante chiudere l’esperienza culinaria con un caffè che sia all’altezza del resto della proposta?

“Perché altrimenti non si sarebbe in linea con il concept di un locale come Santo Palato. La logica legata al caffè e alla sua selezione, deve corrispondere alle scelte etiche che stanno dietro la proposta del menù, tra cibo e vino. “

Programmi futuri per Santo Palato?

“Ingrandire la cucina, in modo che ci permetta di coltivare le nostre passioni e superare i limiti in termini di spazio. Dev’essere un cambiamento radicale e di locale.”

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