venerdì 28 Novembre 2025
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Altroconsumo 2023: una famiglia italiana su 10 risulta in gravi difficoltà economiche

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Il termometro Altroconsumo (immagine concessa)

MILANO – La capacità di spesa delle famiglie italiane continua ad essere debole: sebbene il peggioramento costante registrato a partire dal 2021 sembri essersi fermato, nel 2023 ancora non si registra alcuna ripresa e la situazione si conferma allarmante. Questo il quadro emerso dall’indagine annuale Termometro Altroconsumo 2023.

Il termometro Altroconsumo 2023

L’Organizzazione di consumatori – insieme alle omologhe di Spagna, Belgio e Portogallo che fanno parte di Euroconsumers – ha svolto anche lo scorso anno la periodica indagine che stima, tramite un indice ad hoc, il livello di difficoltà dei consumatori nell’affrontare le spese durante l’anno precedente, le differenze fra le aree geografiche e fra le tipologie di famiglia, e al contempo le aspettative per l’anno a venire.

Nel 2023 il Termometro Altroconsumo registra una stabilizzazione – ma a livelli ancora negativi – della capacità di sostenere le spese correnti nei 6 ambiti analizzati: abitazione, mobilità, salute, alimentazione, istruzione, cultura e tempo libero. L’indice di quest’anno è pari infatti a 45,1 (-0,1 rispetto al 2022), una lievissima flessione che fa tuttavia segnare un nuovo record negativo da quando l’indagine viene svolta, ovvero dal 2018.

L’analisi evidenzia come una famiglia su dieci (10%) risulti in gravi difficoltà economiche, ovvero abbia avuto difficoltà nel corso del 2023 a sostenere le prinicipali spese quotidiane in tutti gli ambiti presi in esame: un dato sostanzialmente stabile rispetto al 9% del 2022, ma che ancora una volta è il peggiore da quando viene effettuata l’indagine. Solo una famiglia su quattro (27%), invece, ha dichiarato di non aver avuto nessuna difficoltà.

Contestualmente aumentano le famiglie che faticano a risparmiare: tre su quattro (74%) hanno avuto difficoltà a mettere da parte risparmi (+4 punti percentuali sul 2022) e nello specifico, quelle che hanno avuto grosse difficoltà sono passate dal 35% al 40%.

 In generale, la stabilizzazione della situazione rispetto al 2022 mostra il permanere di una percezione fortemente negativa degli italiani in molti ambiti quotidiani di spesa, nonostante un contesto nazionale di crescita economica e di miglioramento dell’occupazione, a cui si è accompagnato nel corso dell’anno un rallentamento dell’inflazione.

Sembra dunque che le politiche messe in campo a sostegno ai redditi, dalla proroga del taglio del cuneo fiscale, alle iniziative per il contenimento dell’inflazione e ai diversi bonus attivati o prorogati, dalla prima tranche di fondi sbloccati per la sanità alla messa a terra del Pnrr, non stiano avendo le ricadute positive che ci si attendeva.

Altroconsumo: gli ambiti di spesa

Nel 2023 gli ambiti che creano difficoltà al maggior numero di famiglie sono le spese per l’abitazione (51% ha avuto difficoltà a sostenerle) e per la salute (47%), seguite da altri due aspetti rilevanti come la mobilità (42%) e, soprattutto, l’alimentazione (41%). Il peggioramente più evidente rispetto al 2022 lo registrano salute e alimentazione, con un aumento delle famiglie in difficoltà di 5 e 4 punti percentuali rispettivamente.

Guardando nel dettaglio si scopre che le voci più problematiche sono visite mediche (52%, in aumento di 4 punti percentuali rispetto al 2022) e cure dentistiche (51%), per quanto riguarda la salute; carne e pesce (47%) e frutta e verdura (44%) per quanto riguarda l’alimentazione, con aumenti sostenuti, pari a 7 punti percentuali per entrambe le voci.

In crescita anche il numero di quanti fanno fatica a concedersi qualche sfizio come andare al bar o al ristorante (44%, 8 punti percentuali in più rispetto al 2022).

Salute e alimentazione sono ambiti che influenzano fortemente la qualità di vita delle persone e la difficoltà a far fronte alle spese per provvedervi mette a rischio la tenuta sociale e minaccia i diritti fondamentali dei cittadini.

Dai dati emersi appare evidente l’inefficacia delle iniziative intraprese dalla politica, sia sul fronte della lotta all’inflazione del carrello della spesa (Carrello Tricolore), sia per quanto riguarda il contrasto all’allungarsi delle liste di attesa, un fenomeno che spinge gli italiani a fare sempre più ricorso al privato, con un esborso significativamente maggiore e alla portata di pochi fortunati. Secondo gli ultimi dati disponibili la spesa sanitaria privata nel 2022 ha raggiunto i 40,1 miliardi di euro[1] e nel 2023 il 7%[2] di chi aveva bisogno di cure ha rinunciato per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio.

Altroconsumo: confronto fra aree geografiche

Per quanto riguarda la comparazione fra le diverse zone della Penisola, si conferma anche nel 2023 il divario fra Nord e Centro-Sud. Le difficoltà a sostenere le spese sono maggiori al Centro (indice pari a 43,5) e al Sud e isole (43,6); migliore invece la situazione al Nordest (45,3) e soprattutto al Nordovest (47,5).

Rispetto all’anno precedente si nota un una divaricazione tra le due aree settentrionali, con il valore del Termometro che diminuisce di 1,4 punti per il Nordest e invece aumenta di 1 punto per il Nordovest. Più stabile l’andamento del Centro (-0,6) e del Sud e isole (+0,2).

Il confronto fra aree geografiche (immagine concessa)

Non sorprende quindi che le Regioni in cui si riesce ad affrontare meglio le spese restino principalmente nel Nordovest. Il valore dell’indice è significativamente superiore alla media per Liguria (49,3), Lombardia (48,3) e Piemonte (47,1), ma anche Trentino-Alto Adige, Sicilia e Veneto superano, anche se non di molto, il dato medio.  Le regioni invece in cui la capacità di sostenere le spese è inferiore alla media sono: Umbria, Campania, Calabria e Abruzzo.

Confronto per tipologia di famiglia

Passando al confronto per tipologia di famiglia, il titolo di studio si conferma ancora una volta come un fattore importante nell’influenzare la capacità di spesa: i nuclei familiari in cui entrambi i partner hanno un titolo universitario mostrano una migliore capacità di affrontare le spese (50,0) rispetto a quelle in cui nessuno dei due partner è laureato (39,8).

La situazione appare poi più agevole per chi vive da solo (49,3), mentre le difficoltà aumentano di pari passo con il numero dei componenti della famiglia, cosìcchè alla fine i nuclei numerosi risultano i più penalizzati, con un indice a 40,5 per quelli composti da 5 o più persone.

Emerge dunque con chiarezza come il titolo di studio rifletta diseguaglianze di reddito. È fondamentale pertanto tornare ad investire nell’istruzione per riattivare la scala sociale e aumentare il numero di giovani in possesso di una laurea o di un titolo di studio terziario, che nel nostro Paese è sensibilimente al di sotto della media europea (29,2% vs il 42% nella fascia 25-34 anni)[3].

Inoltre, le difficoltà maggiori in cui versano le famiglie – e non solo quelle numerose – rispetto ai single, denuncia un sistema in cui le spese di ogni componente si sommano a quelle degli altri senza che intervengano meccanismi di attenutazione: ciò porta a riflettere sulla necessità di politiche pubbliche a sostegno dei nuclei con figli più incisive rispetto quelle ad oggi messe in campo, quali l’assegno unico universale, i diversi bonus (assegno di natualità, bonus mamma.. ), l’estensione dei congedi parentali.

Le aspettative per il 2024

L’indagine rileva, inoltre, le previsioni per il 2024: ancora una volta si conferma la tendenza di consumatori e famiglie italiane a guardare al futuro con timore e pessimismo. Le attese sono infatti di un ulteriore peggioramento della situazione: l’indice che riflette le aspettative per l’anno in corso è inferiore di 1 punto rispetto a quello registrato per l’anno trascorso.

Un terzo degli intervistati (32%) ritiene che la sua famiglia avrà più difficoltà a sostenere le spese nel 2024 rispetto a quanto avvenuto nel 2023. La metà (50%) stima che la situazione resterà invariata, mentre solo il 19% prevede che sarà più facile.

Aspettative al ribasso anche per la capacità di risparmio: il 76% ritiene che sarà difficile per la propria famiglia mettere soldi da parte nel corso del 2024 e ben il 44% immagina che sarà molto difficile, se non impossibile, farlo (rispetto al 40% del 2023).

Il confronto con gli altri Paesi

Infine, il confronto con gli altri Paesi europei che hanno partecipato all’indagine mostra che, anche nel 2023, l’Italia si colloca ad un livello simile alla Spagna (valore dell’indice 46,0), mentre in testa restano le famiglie belghe (53,5) e in coda quelle portoghesi (43,4). Meno positivo il fatto che l’Italia, come la Spagna, mostri una sostanziale stabilità dell’indice rispetto al valore dello scorso anno: +0,2 per la Spagna, -0,1 per l’Italia, mentre Belgio (+1,4) e Portogallo (+1,3) fanno segnare un miglioramento.

Sono le spese sanitarie a segnare il passo rispetto agli altri Paesi: la percentuale di famiglie italiane in difficoltà da questo punto di vista (47%) è particolarmente elevata rispetto a quanto avviene in Spagna (38%), in Portogallo (36%) e in Belgio (28%).

Le voci di spesa e le percentuali di famiglie in difficoltà nel sostenerle (dati concessi)

“La stabilizzazione del quadro in cui versavano le famiglie italiane già nel 2022 rappresenta un dato solo apparentemente positivo, perché, sebbene indichi un’interruzione di un trend di progressivo peggioramento in atto dal 2021, in realtà denota come ci si sia arenati in una situazione negativa e non si trovino soluzioni efficaci per invertire la rotta.” dichiara Federico Cavallo, responsabile relazioni esterne Altroconsumo – “È evidente che anche gli elementi di contesto che avrebbero potuto avere un impatto positivo, come la crescita del Pil e l’aumento dell’occupazione, non sono riusciti ad incidere nel senso di un miglioramento nella percezione che hanno gli italiani della loro capacità di spesa in molti ambiti quotidiani”.

Federico Cavallo aggiunge: “La mancata accelerazione della dinamica salariale e l’inflazione ancora alta per gran parte dell’anno hanno eroso ogni margine di miglioramento proiettando un’ombra di timore e pessimismo anche sul 2024. Di fronte al permanere di una situazione nazionale negativa, a cui si aggiunge l’aumento di incertezza dello scenario geopolitico mondiale, gli italiani nutrono una sfiducia sempre più radicata nella politica da cui ci si aspetta poco, ma si ottiene ancora meno”.

C’è di più: “Una delusione e un calo di aspettative che rischiano di proiettarsi nel voto europeo di giugno, quando la disillusione potrebbe alimentare l’astensionismo o confluire verso un populismo nazionalista che imputa all’UE la responsabilità di problemi che sono invece tutti italiani. In questo scenario, il ruolo delle Istituzioni è dunque centrale nel fornire soluzioni concrete che tutti noi auspichiamo possano restituire fiducia nel futuro ai cittadini provati dalle difficoltà di un momento storico segnato da molte incertezze”.

Note

[1] C.R.E.A. Sanità, Centro di ricerca riconosciuto da Eurostat, Istat e ministero della Salute, diciannovesimo rapporto presentato a gennaio 2024

[2] ISTAT Indagine conoscitiva sulle forme integrative di previdenza e di assistenza sanitaria nel quadro dell’efficacia complessiva dei sistemi di welfare e di tutela della salute – 10a Commissione (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato della Repubblica Roma, 5 maggio 2023

[3] Report Istat “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali” – 2022

Hausbrandt insieme a Bruno Vanzan nel progetto BV Academy

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Hausbrandt insieme a Bruno Vanzan (immagine concessa)

TRIESTE – Hausbrandt accoglie con entusiasmo il nuovo progetto di Bruno Vanzan sostenendo la BV Academy, scuola di formazione evoluta, dedicata all’arte della mixology, inaugurata il 1 marzo a Milano. BV Academy è un contenitore di eccellenze in grado di offrire la migliore formazione per mixologist, baristi e manager del beverage, grazie all’alta specializzazione dei trainer, alla tecnologia avanzata e al design.

All’interno dell’accademia di formazione sono presenti tutti i prodotti ed i brand del Mondo Hausbrandt.

Caffè Hausbrandt, birra Theresianer, Theresianer Gin, i vini Col Sandago e Champagne Martin Orsyn affiancheranno i docenti durante i corsi dedicati alla caffetteria, alla mescita e alla mixology.

Bruno Vanzan (immagine concessa)

Caffè Hausbrandt Gourmet 100% Arabica accompagnerà la formazione in ambito caffetteria oltre alla degustazione, assieme da altri ricercati blend Hausbrandt arabica e robusta ideali per ogni preparazione richiesta.

Dopo anni di crescita e grandi soddisfazioni, il Gruppo Hausbrandt abbraccia l’innovativo concept della Premiun Beverage School del campione del mondo Flair con cui condivide la certezza che la formazione è un valore sociale, professionale e culturale.

Ad accompagnare il brindisi inaugurale, Champagne Martin Orsyn Premier Cru Grande Réserve che con la sua intensità e la sua classe, ha suggellato il sodalizio del nuovo progetto BV Academy.

Per maggiori informazioni basta cliccare qui

Bazzara Caffè dona quattro calcio balilla professionali al Comune di Trieste

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Il dono di Bazzara (immagine concessa)

TRIESTE – La Bazzara Caffè ha donato quattro tavoli da calcio balilla professionali al Comune di Trieste. La rinomata torrefazione triestina ha dimostrato così, ancora una volta, il suo impegno sociale e la sua dedizione alla città di Trieste con un gesto di generosità e solidarietà verso la comunità.

I tavoli da gioco professionale saranno collocati in quattro sedi comunali e avranno una valenza specifica, offriranno infatti un’opportunità di svago e divertimento per ragazzi e cittadini in particolari situazioni di vita.

Nel dettaglio i quattro doni saranno destinati nelle sedi in cui è operante il Servizio sociale e educativo comunale rivolto a giovani e meno giovani in difficoltà. Le sedi sono l’Unità Operativa Territoriale 2 Minori di Strada Vecchia dell’Istria 27; l’Unità Operativa Territoriale 1 Minori di via Pascoli 35/1; il Centro per l’Affido di via Rossetti 27 e la Struttura di accoglienza “Il Teresiano” di via dell’Istria 71.

Il Comune di Trieste ha accolto con gratitudine questa donazione e riconosce l’impegno della Bazzara Caffè.

La presentazione ufficiale dei quattro calcio balilla professionali, uno dei giochi da tavolo più apprezzati di sempre, e dell’iniziativa avverrà giovedì 14 marzo con una conferenza stampa dedicata presso la sede UOT 2 Minori in Strada Vecchia dell’Istria 27. Questo gesto benefico sottolinea l’importanza della collaborazione tra il settore privato e il Comune di Trieste, in questo caso coadiuvata dall’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Trieste Massimo Tognolli.

“Il caffè non è solo una storia di aromi e sentori, ma anche un legame tra le persone – afferma Franco Bazzara, presidente della Bazzara Caffè -. Siamo sempre stati attenti agli altri e al benessere della nostra città, portando sul campo progetti di formazione, cultura e non solo. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di ‘fare rete’ e mantenere lo spirito di squadra, ovviamente non solo nel comparto caffè, ma anche insieme ad istituzioni e cittadini. Questa donazione è un piccolo gesto per restituire qualcosa che dona spensieratezza e allegria alla comunità.”

Mauro Bazzara, ceo della torrefazione spiega: “Sosteniamo da anni ormai diverse associazioni del territorio triestino con donazioni di caffè alle persone bisognose. Da anni l’azienda ha scelto di impegnarsi nella distribuzione sul territorio di chili di caffè e non solo per ringraziare e sostenere l’intera comunità, ad esempio tramite la Comunità di San Martino, il Banco Alimentare e il Convento dei Frati Minori Cappuccini di Montuzza”.

“Trieste ci ha dato tanto – conclude Franco Bazzara -, e noi non potevamo non essere riconoscenti alla città, cercando di restituire nel nostro piccolo parte di quello che la città ci ha donato”.

Barry Callebaut avvia il piano di digitalizzazione: “Nel 2025 saremo paper free”

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Peter Feld, l'amministratore delegato dell'azienda (immagine concessa)

MILANO – “Siamo pronti a fare una rivoluzione nel mondo del cioccolato per confermare il nostro impegno nella lotta allo spreco a favore di politiche che mirano alla sostenibilità ambientale grazie all’implementazione della tecnologia” con queste parole Lorenzo Pepe, marketing manager di Barry Callebaut Italia, filiale italiana della multinazionale leader nella produzione di cacao e cioccolato, ha annunciato il programma di digitalizzazione che l’azienda si appresta ad applicare per arrivare nel 2025 ad essere completamente paper free.

Il programma di digitalizzazione di Barry Callebaut

Chocolate Academy Milano, la scuola di formazione che ha sede in via Morimondo 23, sarà la prima a sperimentare questa transizione con la creazione di ricettari completamente digitali, caricati online e a disposizione di tutti i professionisti che ogni anno frequentano i corsi dedicati alla pasticceria e alla gelateria artigianale.

Da sempre precursori nel cambiamento e fautori di politiche di sostegno alle popolazioni della Cocoa Belt attraverso il programma Cocoa Horizon, i manager dell’azienda franco belga, guidata dal nuovo amministratore delegato Peter Feld, hanno costruito un attento programma che porterà la filiale italiana ad una trasformazione radicale nel segno del rispetto ambientale e del risparmio energetico.

Cocoa Horizon è una fondazione nata grazie all’impegno di Barry Callebaut nel 2015, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita dei contadini delle aree legate alla produzione di cacao. Gli obiettivi sono diversi: dalla riduzione del lavoro minorile alla lotta alla deforestazione.

Il programma di Barry Callebaut (immagine concessa)

Uno degli asset è sicuramente il rispetto ambientale e la lotta allo spreco anche nella raccolta del frutto, da cui oggi viene utilizzato il 100%, consentendo ai contadini di migliorare la loro redditività nella produzione agricola.

Ad oggi Cocoa Horizons ha investito 7 milioni di euro per sostenere la comunità di coltivatori di cacao, ha coinvolto 1400 professionisti e formatori che interagiscono con 304.000 coltivatori. Un esempio di come le imprese possono contribuire a migliorare l’economia nel rispetto dell’essere umano e dell’ambiente.

In linea con il programma di deforestazione e la riduzione delle emissioni di CO2, è partito anche in Italia il progetto di digitalizzazione che coinvolgerà il mondo della pasticceria e gelateria nazionale.

La transizione dalla carta alla digitalizzazione porta con sé una serie di vantaggi significativi che possono contribuire in modo sostanziale alla sostenibilità ambientale e sociale e anche il mondo gourmet del cioccolato può contribuire a migliorare lo stato di salute del pianeta.
In primis sicuramente c’è la riduzione dell’utilizzo di risorse naturali come legno, acqua e energia necessarie alla produzione di carta.

Passare alla digitalizzazione riduce la domanda di queste risorse, contribuendo a preservare gli ecosistemi forestali e a mitigare il consumo di acqua e l’emissione di gas serra associati alla produzione di carta. Inoltre la produzione di carta è associata a processi chimici che possono inquinare aria, acqua e suolo.

Una drastica riduzione del consumo di carta porta di conseguenza ad una diminuzione dell’inquinamento correlato, migliorando la qualità dell’aria e dell’acqua e riducendo il rischio di contaminazione ambientale.

La produzione, la stampa, il trasporto e lo smaltimento della carta richiedono un notevole consumo di energia, le soluzioni paper free permettono di ridurre al minimo il bisogno di stampare documenti.

Inoltre, la gestione e la conservazione digitale dei documenti consentono un accesso più efficiente e una condivisione più rapida delle informazioni, riducendo la necessità di stampare copie multiple degli stessi documenti.

“La transizione verso un ambiente di lavoro digitalizzato è il segno tangibile dell’impegno della nostra organizzazione per la sostenibilità ambientale.” Continua Lorenzo Pepe “in questo modo innalzeremo il livello di evoluzione e efficienza anche nelle relazioni con i nostri clienti. Il nostro team, abituato a strumenti cartacei, riceverà gli strumenti idonei e la formazione necessaria per diventare protagonisti di questo cambiamento.”

I sistemi digitali ci consentono oggi di accedere ai dati in tempo reale, facilitando la pianificazione e l’ottimizzazione delle attività. I rappresentanti di vendita, ad esempio, possono visualizzare le informazioni sui clienti, sugli ordini e sulle prestazioni dei prodotti mentre sono sul campo, consentendo loro di prendere decisioni più informate e reagire più prontamente alle esigenze dei clienti.

Le aziende possono raccogliere e analizzare una vasta quantità di dati e comprendere meglio le esigenze e le preferenze individuali. Questo permette di offrire un’esperienza più personalizzata, sia attraverso offerte mirate che attraverso un servizio clienti più attento e tempestivo.

Il 2025 sarà l’anno in cui i maestri italiani del cioccolato lavoreranno con strumenti digitali per condividere le loro ricette nel mondo solo con un click.

Caffè e tè consumati bollenti aumentano la possibilità di sviluppare il tumore all’esofago: ecco lo studio

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I benefici del caffè

Le bevande consumate molto calde, specificatamente ad una temperatura superiore a 60-65°C, farebbero aumentare la probabilità di sviluppare il tumore all’esofago: questo è il risultato finale di numerosi studi scientifici. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Io Donna.

Lo studio sul caffè e le bevande calde

MILANO – Caffè, tè e bevande in generale, se consumati molto caldi, ad una temperatura superiore a 60-65°C, fanno aumentare la probabilità di sviluppare il tumore dell’esofago. Lo hanno dimostrato diversi studi scientifici.

Il dottor Stefano Bondi, specialista in otorinolaringoiatria e direttore del reparto di Otorinolaringoiatria dell’Istituto di Candiolo-IRCCS, spiega perché.

L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (International Agency for Cancer Research, IARC) ha pubblicato un volume in cui sono state raccolte tutte le informazioni disponibili sul legame tra consumo di bevande calde e cancro.

Una commissione di esperti ha analizzato numerosi studi scientifici che si sono occupati dell’argomento e ha individuato una relazione tra consumo di bevande calde e incidenza del tumore dell’esofago. I dati che riguardavano invece lo stomaco o le vie aeree e digestive superiori erano discordanti, rendendo impossibile trarre conclusioni riguardo all’effetto delle bevande calde sullo sviluppo di tumori che colpiscono queste parti del corpo.

La IARC ha concluso che il consumo regolare di bevande molto calde, a una temperatura superiore a 65°C, è probabilmente cancerogeno per gli esseri umani.

Il danno all’esofago

“Quando deglutiamo, cibo e bevande stazionano nella laringe solo frazioni di secondo. Se la faringe poi non si chiude immediatamente, il rischio è che ci va di traverso. Nell’esofago, lungo circa 20 centimetri, invece, il passaggio è rapido ma non come nella faringe, ovvero di circa 2-4 centimetri al secondo. Una volta giunti nello stomaco, cibi e bevande vengono diluiti dai succhi gastrici che ne abbassano anche la temperatura. Ecco perché in caso di cibi e bevande bollenti, l’esofago è l’organo bersaglio”, spiega il dottor Stefano Bondi.

“Non bisogna ustionarsi. Già a 60 gradi la temperatura di una bevanda è alta. Questo crea una micro ustione con conseguente danno tissutale che l’organismo cerca di riparare. Le cellule vanno in replicazione e in questo processo è possibile che alcune mutino in cellule tumorali“, mette in guardia l’esperto.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.

Macchie di caffè: ecco come rimuoverle, dai tessuti alle tazzine

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macchine caffè tessuti

MILANO – Le macchie lasciate dal rovesciamento di una buona tazzina d’espresso sono tra le più ostiche da affrontare. Qualche goccia di caffè sui propri abiti può rovinare quello che era nato un perfetto momento di relax. Tuttavia ci sono alcune regole base che tutti possono adottare per smacchiare ogni residuo di caffè dai vari tessuti.

Rimuovere le macchie di caffè dagli abiti

Se le vittime di turno sono abiti e indumenti di lino o cotone è importante agire con velocità, bagnando la macchia con acqua fredda per far sì che non penetri nel tessuto; in seguito è possibile lavarla con acqua tiepida e sapone.

Nel caso in cui non è stato possibile agire di fretta, bisogna tamponare la macchia con un po’ di glicerina. Se si tratta di eliminare una macchia vecchia, bisogna cospargerla con un mix tra acqua e borace, lasciare agire per un quarto d’ora e lavarla normalmente.

Se il caffè è caduto in tessuti di seta o sintetici, il procedimento cambia radicalmente: bisogna sciogliere un tuorlo d’uovo in acqua saponata e applicare il composto sulla macchia ma senza strofinare.

Si versa infine un po’ di alcol e si risciacqua. Per i sintetici, in particolare, è possibile anche tamponare la macchia con una semplice soluzione alcolica e lavarla con acqua e detersivo.

Per i materiali composti in pelle il discorso è diverso: bisogna tamponare la macchia in questione con una soluzione di acido ossalico, una soluzione smacchiante particolarmente potente.

Tuttavia è doveroso notare che l’acido ossalico cancella sia la macchia che la tinta della pelle e quest’ultima dovrà essere ricolorata.

Passiamo ora alla lana. Per cancellare le macchie di caffè si deve mescolare della glicerina con un rosso d’uovo, cospargerne la macchia e lasciare a riposo per 30 minuti e, in seguito, lavare in acqua calda. In alternativa, si può tamponare la macchina con un panno imbevuto con una soluzione di alcol e aceto bianco.

Per le macchie persistenti basterà cospargerle con una soluzione di soda e, dopo trenta minuti, passere un panno o una spugna umida.

Per quanto riguarda il velluto, è necessario agire celermente e tamponare la macchia con acqua minerale. Dopo aver asciugato il liquido in eccesso, si deve rovesciare il tessuto e trattarlo con il ferro a vapore.

L’impermeabile non necessita di particolari accorgimenti. Nel caso in cui la macchia è fresca basterà utilizzare un po’ d’acqua per farla andare via. Se, al contrario, la macchia è di vecchia data un po’ di sapone è sufficiente.

Stesso discorso vale per le pellicce che non è composta da materiali assorbenti. Per rimediare al danno basterà ripulire la macchia con l’acqua.

Un consiglio generale per le macchie secche, applicabile nei tessuti non colorati, è quello di tamponarle per bene con acqua ossigenata a 10 volumi e, infine, sciacquare.

Lavare gli strumenti da cucina

Purtroppo le macchie non si limitano solo ai nostri vestiti. Anche gli strumenti da cucina non vengono risparmiati dal potere macchiante del caffè.

Prendiamo, ad esempio, le ceramiche. In caso di macchie basterà l’applicazione di bicarbonato di sodio per donarle una nuova linfa vitale.

Per la cucina a gas è necessario una spruzzata di acqua saponata per ripulire velocemente le superfici lisce. Per i rompifiamma si utilizza un po’ di aceto caldo per sciogliere qualunque incrostazione.

Nei laminati e i plastici rovinati dalle macchie di caffè sarà necessario strofinare del lievito in polvere un panno umido.

Il discorso si complica quando si parla di marmo. Per rendere di nuovo tutto pulito bisogna mescolare perossido di idrogeno, ammoniaca e cremore di tartaro e aggiungere la farina per formare una pasta omogenea.

Si deve stendere uno strato di pasta sulla macchia e ricoprire tutto con un foglio di plastica. Dopo 10 ore basta togliere la plastica e lasciar asciugare la pasta. Infine basta ripulire il tutto con acqua e detersivo.

Per i pavimenti bisogna passare sopra la macchia un batuffolo di cotone imbevuto d’acqua ossigenata a 12 volumi e risciacquare con cura.

Per donare un nuovo vigore al servizio di tazzine da caffè si deve strofinare con un po’ di sale le parti rese scure dall’espresso o immergerle in una vasca d’acqua in cui è stata messa una pastiglia effervescente per la pulizia della dentiera.

Si passa ora ai tappeti. È necessario agire velocemente e strofinare l’area incriminato con un panno inumidito d’acqua calda e borace.

In alternativa è possibile bagnare la parte con il sifone da seltz. Ma cosa fare se la macchia è ormai vecchia? Bisogna innanzitutto trattarla con una soluzione di glicerina e sciacquarla bene.

Un altro metodo è quello di sfregare la macchia con un panno bianco bagnato con tuorlo d’uovo e risciacquare con acqua. Se tutto ciò si rivela inefficacie basta applicare una soluzione al 50% di acqua e aceto bianco.

Infine, il thermos. Per salvaguardare la durata di questo prezioso alleato in ufficio e nei viaggi, basta sciacquare l’interno con una soluzione d’acqua calda e lievito in polvere prima di riempirlo con il caffè.

Francesco Masala: “Macchiato deve costare 10/20 cent in più dell’espresso, sennò si gioca al ribasso o si usa latte di scarto”

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Francesco Masala all'opera (foto concessa)
Francesco Masala all'opera (foto concessa)

MILANO – Con Francesco Masala, campione di Moka Challenge 2022, si impara a leggere le voci presenti sul menù di un ristorante o di una caffetteria in maniera corretta: e sì, perché mentre tra gli addetti ai lavori si pensa all’innovazione e al futuro del mondo horeca, tra attrezzature all’avanguardia e creazioni internazionali, in Italia ancora si fa fatica nei fondamentali.

Così, da un post lanciato sul suo account Instagram un po’ come provocazione, si è aperto il dibattito attorno alla questione prezzi-prodotti sulla carta.

Spiega Masala: “Il cliente ancora oggi non ha l’abitudine di leggere il menù al bar prima di ordinare e poi però rimane sorpreso della bevanda che gli arriva al tavolo e dello scontrino dopo aver pagato. L’errore in questo caso è sia del consumatore sia degli operatori e ancora una volta bisogna fare educazione.

Innanzitutto manca la cultura di avere un menù dedicato alla caffetteria che potrebbe diventare qualcosa di moderno e stagionale, un po’ come succede nella ristorazione. Ci vorrebbe una coffee list che spiega le bevande e trasmette i fondamentali della caffetteria italiana.”

Ma quindi Masala, l’idea di fare questo post con il commento ad un menù da dove nasce?

“Il mio post è nato dal fatto che spesso si hanno poche informazioni per capire che il caffellatte è diverso dal cappuccino. Ora, mentre il consumatore medio è giustificato a non sapere queste cose, il barista non ha scuse e anzi dovrebbe essere il primo a cercare di trasmettere la sua conoscenza al cliente.

Ho vissuto in prima persona degli episodi in cui dei clienti ordinavano un articolo quando in realtà intendevano ordinarne un altro: ad esempio qualcuno chiede un caffellatte con schiuma, che non è altro che un latte macchiato o un cappuccino un po’ più large. Basterebbe quindi parlare con il cliente in modo tale che così sarà lui stesso il primo quando andrà in un altro bar, ad ordinare correttamente.

A questa premessa si lega il discorso del prezzo.

In base al menù ci si rende conto se c’è realmente della cultura e della formazione da parte del barista. E se la carta è ben studiata, darà la possibilità di aggiungere personalizzazioni e nuove voci come la linea vegan, le schiume fredde, la caffetteria gourmet e la ricerca di articoli golosi che alzano lo scontrino medio, sdoganando le classiche ricette della caffetteria italiana.

Questo però è il passo successivo ad una formazione base.”

Le reazioni al suo post come sono state?

Masala: “Qualcuno mi ha dato ragione, qualcun altro ha generalizzato. Resto dell’opinione che se si prepara una bevanda da 150ml e poi una da 220ml, oggettivamente non possono avere lo stesso prezzo. Questo discorso vale anche con l’espresso e l’espresso macchiato.

Faccio un paragone per capire meglio: se andando in pizzeria trovassimo la Margherita allo stesso prezzo di quella farcita, l’80% delle persone prenderebbero quella con il condimento.

L’espresso macchiato fa lo stesso effetto: molti lo ordinano perché hanno qualcosa di più, ma gratis.

Chi non introduce una differenza di prezzo, o semplicemente lo fa perché sta lottando al ribasso, oppure se lo può permettere perché usa degli scarti di latte della giornata per liberarsene.

A parer mio il macchiato deve avere 10/20 centesimi in più: se per la realizzazione di un espresso macchiato si usa latte nuovo è alla luce del sole che ci sia uno spreco di circa 50-60ml. In più, è anche una spesa.

Masala: “Tecnicamente, la mia domanda è questa:”

“Se di una tazzina da 6cl, la metà è colma di caffè (3cl circa) come faccio a colmare gli altri 3 cl con il latte? Risulta evidente che sia impossibile montare una quantità così irrisoria di latte.

Così, per fare un solo espresso macchiato con una texture di qualità si dovranno impiegare almeno 80ml di latte. Quindi una volta preparato l’espresso macchiato ci sarà uno spreco pari al 5% della bottiglia di latte.

Sul lungo termine sarebbe molto più produttivo alzare di 10/20 centesimi il prezzo del macchiato, usando esclusivamente latte nuovo. Certo se ne farebbero di meno, ma a quel punto il consumatore che lo chiederà lo farà perché lo vuole espressamente così. Con gli altri ordini milk-based è possibile avere meno sprechi perché si utilizza una quantità di latte superiore: per esempio è possibile preparare un cappuccino senza buttare via latte.

Per le comande più complesse invece l’operatore deve esser bravo a calcolare rapidamente la giusta quantità di latte da montare evitando così inutili sprechi e preservando la qualità delle bevande servite.

Si dovrebbe semplicemente conoscere e distinguere le bevande e le dosi.

L’espresso macchiato, il cappuccino, i beveroni come il caffellatte, il latte macchiato, il macchiatone, il cappuccino in double shot, ecc.

Per esempio il latte macchiato rispetto al caffellatte prevede una manodopera e un attenzione superiore per ottenere una crema lucida, questo potrebbe giustificare un surplus sul prezzo finale.

Non si possono non paragonare 50/70ml di latte tra il cappuccino e il latte macchiato; è una differenza troppo grande, manca proprio lo studio delle ricette della caffetteria italiana.”

E le bevande vegetali?

“Hanno un costo maggiore per i gestori e di conseguenza sul menù dovrebbero avere un costo più alto. Ma dev’esserci sempre la voce associata sul menù: il cliente deve sapere che l’utilizzo di una bevanda vegetale ha un costo superiore rispetto alla ricetta con il latte vaccino, sempre seguendo le linee delle capienze e della manodopera necessari alla realizzazione.

Bisogna però sempre partire dalla nostra tradizione, comunicando le bevande della caffetteria italiana e poi eventualmente pensare ad introdurre i vegan, il flat white, il cortado, i frappuccini, la caffetteria fredda. È tutto bellissimo, ma sempre dopo aver imparato le basi.

Per me è qualcosa da cui non si può prescindere. Il cambiamento della caffetteria in Italia deve avvenire dalla conoscenza delle cose fondamentali. Bisogna assumersi il rischio di vendere meno caffè macchiati per coinvolgere soltanto le persone che lo desiderano.

Il servizio si trasforma a seconda della clientela, invece che viceversa: si dovrebbe scegliere il bar perché piace un tipo di servizio e non il contrario. Manca questo concetto, soprattutto nelle realtà più piccole.

Forse così si giungerà a distinguere la caffetteria dal bar all’italiana.”

Caffè Mauro presente a EuroGastro in Polonia con la nuova gamma di miscele Professional, 12-14/03

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caffè mauro eurogastro
Caffè Mauro a EuroGastro con una vasta gamma di prodotti (immagine concessa)

REGGIO CALABRIA – Caffè Mauro, la torrefazione italiana iscritta nel registro ministeriale dei marchi storici, sarà presente alla 27°edizione di EuroGastro, l’evento dedicato all’horeca che si tiene a Varsavia, in Polonia. L’appuntamento, che si tiene presso il centro fieristico Ptak Warsaw Expo, dal 12 al 14 marzo, sarà l’occasione per consolidare la presenza storica di Caffè Mauro in questi mercati presentando una gamma ampia e rinnovata di soluzioni per il mondo professionale, composta da una rinnovata linea in grani e una nuova linea di cialde professional in alluminio per basso consumanti. Il tutto va ad integrarsi con l’offerta di bevande complementari Univerciok.

La gamma di caffè in grani dedicata a bar e ristoranti sarà composta da 7 referenze in grado di incontrare tutte le preferenze sensoriali in termini di miscele e tostatura: 100% Arabica, Supreme, De Luxe, Premium, Special Espresso, Special Bar, Maestoso; e da una miscela Decaffeinato.

A queste si aggiunge la gamma di monoporzionati Aluminium Disk, compatibile con i sistemi Nespresso Professional, composta da 4 miscele: 100% Arabica, De Luxe, Special Bar, Decaf.

Una soluzione che permette di mantenere alto e costante lo standard di qualità anche per situazioni che prevedono un basso consumo di caffè settimanale, grazie alla tecnologia brevettata che evita l’ossidazione del caffè e facilita il processo di preparazione, senza la necessità di formare il barista.

Una nuova, ampia offerta di soluzioni dedicate ai professionisti, che nasce nello storico stabilimento di Reggio Calabria affacciato sul mediteranneo e circondato dai suoi profumi. La nuova gamma è frutto di una selezione accurata di arabica e robusta provenienti da tutto il mondo, tostati mediante il tradizionale processo di torrefazione lenta per ogni singola origine.

Oltre alla profonda gamma di blend Caffè Mauro, l’offerta si completa e rinnova con il catalogo di novità del marchio Univerciok, che comprende una selezione di bevande solubili e prodotti complementari per la caffetteria, come le cioccolate calde nei gusti classici e aromatizzati, abbracciando i nuovi trend che vedono la domanda di Chai Latte e il Matcha Latte, sempre più apprezzati e richiesti dai consumatori, oltre alla selezione Natura Life di tè in infusione in filtro piramidale.

La scheda sintetica di Caffè Mauro

Caffè Mauro è una storica torrefazione italiana, fondata da Demetrio Mauro nel 1949 a Reggio Calabria, che oggi produce ed esporta il proprio caffè in oltre 60 paesi nel mondo dove è simbolo della grande cultura dei blend all’italiana.

L’azienda, iscritta nel registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale, si caratterizza per la produzione di caffè di alta qualità e per il metodo di lavorazione a tostatura lenta delle singole origini, che esalta il profilo sensoriale delle miscele. Un laboratorio dedicato al controllo qualità verifica costantemente che siano rispettati i più rigorosi standard qualitativi nazionali e internazionali.

La passione per il caffè e la diffusione della sua cultura sono parte integrante della filosofia di Caffè Mauro. Dal 2022 è entrata a far parte del Gruppo Gimoka, dopo un accordo di aggregazione industriale che ha inaugurato una nuova fase per l’azienda, con l’obiettivo di sviluppare nuove sinergie e consolidare i mercati di riferimento.

L’European Specialty Tea Association, David Veal: “Speriamo di aprire presto un capitolo anche in Italia”

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David Veal at Caffe Culture (photo granted) ESTA
David Veal at Caffe Culture (photo granted)

MILANO – David Veal è stato direttore esecutivo della Speciality Coffee Association of Europe (SCAE) dal 2011 al 2018, ricoprendo anche il ruolo di ambasciatore esecutivo della SCA. Ora, il suo lavoro di comunicatore e promotore della qualità negli ultimi anni si è concentrato su un’altra filiera, che ha sempre punti di contatto con il chicco verde: il tè. Con lui si è parlato di questi temi, in qualità di direttore esecutivo dell’ESTA, European Speciality Tea Association.

Quando e con quali obiettivi è nata la European Specialty Tea Association (ESTA)?

“L’ESTA ha appena 5 anni e siamo una piccola organizzazione che sta ancora crescendo. Il mio background trova le sue radici nell’industria del caffè: quest’anno ho festeggiato 40 anni in questo settore e sono stato direttore esecutivo di SCAE fino al 2018.

Quando me ne sono andato ho lavorato come consulente fino a quando ho partecipato ad un evento in cui si stava lanciando la European Specialty Tea Association (ESTA).

In quell’occasione hanno dichiarato apertamente di voler fare per specialty tea la stessa cosa che SCAE stava facendo per il caffè, così mi sono proposto di aiutarli a raggiungere l’obiettivo.

Dopo 5 anni ora contiamo circa 350 membri sparsi in 54 diversi Paesi del mondo, non solo in Europa ma anche in Brasile, Australia, Cina, India, Stati Uniti, Singapore, Sri Lanka.

Il mio impegno in questo progetto è decollato durante il Covid, perché tutte le mie attività di consulenza sul caffè che coinvolgevano i produttori alle origini, sono state interrotte. Così ho iniziato a lavorare con ESTA per aiutarli a crescere. Alcuni dei membri sono coltivatori di tè con sede nei Paesi produttori tradizionali, ma ce ne sono alcuni anche in Europa.

Speriamo di aprire presto un capitolo anche in Italia e di riunire produttori, negozi e distributori di tè per promuovere gli specialty tea.

Se da un lato ci sono molte differenze, dall’altro ci sono anche molte somiglianze tra queste due materie prime: il viaggio degli specialty tea sta iniziando ora ed è molto vicino a quello che gli specialty coffee hanno attraversato negli ultimi 30 anni.

Il potenziale degli specialty tea però potrebbe avere un impatto maggiore: ad esempio, se si va a parlarne a qualcuno in Cina o in Giappone, non capirà questa definizione perché ha già una lunga tradizione in questa bevanda e ogni tè che beve è già speciale.

Questo è molto importante per noi.

D’altra parte, c’è anche il tè della cultura occidentale, che è molto importante per il settore. Abbiamo anche notato un movimento al di fuori di questi due scenari, ovvero il settore più ampio dell’ospitalità, sempre più interessato a un tè migliore, a comprendere la provenienza della materia prima, ai concetti come quello di terroir.

Per questo motivo, come Associazione, due anni fa abbiamo introdotto il concept di Tea Barista: la parola “barista” nel tempo è diventata equivalente alla parola “caffè”, ma abbiamo pensato “perché un buon barista dovrebbe essere appassionato, abile e competente solo sul caffè e non sul tè?”.

Ecco perché vorremmo introdurre il tè anche nelle caffetterie specializzate e stiamo già spingendo questa iniziativa”.

È difficile dare una definizione di specialty tea: quale avete adottato e condiviso?

“Il settore del caffè e la stessa organizzazione non hanno ancora trovato un accordo su una definizione univoca: non c’è ancora neppure per il settore del tè.

La definizione americana di specialty coffee si basava sul sistema dei punteggi ed era diversa da quella europea, che si concentrava maggiormente sull’esperienza in tazza: si può avere un caffè con un punteggio di 95, ma poi si dovrebbe considerare che questo deve poi essere trasportato, tostato, macinato e infine preparato. In tutti questi processi, ciò che all’inizio era uno specialty, alla fine potrebbe essere completamente rovinato.

Succede qualcosa di simile nel tè, anche se la sua lavorazione avviene all’interno o vicino alla fattoria e quindi ci sono meno cose che possono andare storte. Il tè viene solo preparato.

Abbiamo quindi costituito un gruppo di esperti della bevanda e ci siamo resi conto subito che sarebbe stato molto difficile dare una definizione unica, dal momento che ci sono così tanti punti di vista diversi.

Per questo ne abbiamo data una più descrittiva con cui la maggior parte delle persone sarebbe stata d’accordo. Quindi per riassumere, si tratta di una domanda difficile e di un’altrettanto difficile risposta.

Parliamo di un problema più ampio, perché se non si riesce a definire il prodotto, non si può misurare il mercato. Purtroppo è una parte della questione, perché è molto soggettivo e personale dire qual è la differenza tra un tè cattivo e uno buono.

Dall’altra parte, certamente il sistema di classificazione del caffè, chiunque lo utilizzi (CQI, Cup of Excellence, SCA) è stato eccellente nell’aiutare gli specialty e soprattutto nel sostenere i produttori. Per quanto riguarda il tè però, non siamo ancora arrivati a questo punto, anche se ci sono già piccole iniziative ed esperimenti per cercare di introdurre un sistema di classificazione per gli specialty tea.

Siamo ancora troppo piccoli e giovani per farlo da soli, quindi stiamo collaborando con altri per studiare un sistema di classificazione adeguato che possa coinvolgere sia i coltivatori che i consumatori”.

L’intervista completa e in lingua originale, a questo link.

Long Song Books & Cafè: un angolo dove bere un ottimo caffè mentre si legge

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Long Song Books & Cafè
L'esterno di Long Song Books & Cafè (foto concessa)

MILANO – Long Song Books & Cafè è un progetto nato dal desiderio di due amici: creare un posto in cui poter mangiare e bere bene, circondati dai libri a Milano. Michele, che si occupa della parte della caffetteria, ha raccontato il concept, dalla sua partenza due anni fa, sino ad oggi.

Entriamo in uno spazio con una trentina di posti all’interno, due vetrine che si affacciano su via Stoppani, zona Porta Venezia, ben diviso tra la parte bistrot e la libreria dell’usato.

Gli orari coprono l’arco dell’intera giornata, dalla 7.30 del mattino a mezzanotte: dalla prima colazione al dopo cena.

Long Song Books & Cafè si presenta come un locale difficile da categorizzare

Come spiega lo stesso Michele: “Da noi, entrambe le realtà sono importanti: non è una libreria con un bar annesso, né un caffè che si finge libreria. Dal punto di vista dell’offerta di cibo e bevande siamo un caffè, un piccolo bistrot ma anche un locale dove farsi un aperitivo o un drink post cena.

All’interno del locale (foto concessa)

Potremmo quasi essere definiti poco milanesi in un certo senso; sicuramente la cosa che ci preme maggiormente è che il cliente qui si senta a casa.”

Long Song Books & Cafè ha le pareti completamente tappezzate di libri, tra le quali è stato inserito un bancone e qualche tavolo

Dentro, la macchina del caffè si pulisce tra le ultime cose, quindi se si desidera, anche alle 22 si può ordinare l’espresso invece di un cocktail. Che pure non mancano – anche se non al caffè -.

Potremmo definirlo come un moderno caffè letterario?

“In realtà non ci siamo voluti definire in questo modo perché non ci riconosciamo molto in questa definizione spesso abusata in Italia in cui la cultura non è centrale ma spesso più un fattore meramente estetico.

Da Long Song Books & Cafè i libri arrivano prima del bar, come si può notare dal suo stesso nome: l’idea era prima di tutto quella di aprire una libreria dell’usato, e solo in un secondo tempo è seguito il bar.

E’ un messaggio che non è semplice da trasmettere, perché ancora le persone entrano e ci chiedono se i libri sono in vendita. C’è l’idea che i libri siano più una cifra stilistica del locale, piuttosto che la sua stessa anima.

Abbiamo una clientela mista: c’è chi viene da noi per i libri, altri per il caffè, molti per entrambe le cose. C’è anche chi arriva per una cosa e si interessa all’altra.

Le persone possono entrare, leggersi un libro e bersi un caffè. Vogliamo prima di tutto che ci si rilassi.”

Com’è la miscela di caffè del mese?

“Personalmente nasco in ambiente ristorativo per cui ho dovuto affacciarmi professionalmente a un mondo nuovo come quello del caffè di cui ero semplice appassionato. Ho portato una visione di continuo cambiamento simile a quella che avevo in cucina.

So che potrebbe risultare insolito per l’Italia, ma ogni circa 20 chili di caffè ordino un caffè diverso.

Alcune proposte sono tornate, perché sono piaciute, ma generalmente mi piace molto cambiare: in due anni ne ho servito almeno 16-18 tipologie, alcune miscele di sola Arabica e molti monorigine.

È stato (ed è) difficile da spiegare alla clientela, ma ormai quella affezionata si è abituata.
Ovviamente è una sfida anche per noi, ma in un posto come il nostro che vive di clienti abituali, può essere un argomento di discussione e occasione di contatto con il consumatore.

La scelta delle referenze viene fatta con l’intento di trovare qualcosa di adatto a tutti i giorni, anche se a volte si è spinto un po’ maggiormente su acidità ed aroma.

I margini naturalmente non sono quelli di un caffè standard ma vado spesso alla ricerca di monorigini o miscele con un ottimo rapporto qualità prezzo, muovendomi spesso su paesi ovviamente meno nobili. Al momento ho quattro fornitori: Carnera, Le Piantagioni del Caffè, Caffè Terzi e Coffee Hut.

E non ci fermiamo al caffè, serviamo anche tè e tisane di qualità.

In questo campo collaboriamo con Giusmìn, piccola boutique letteralmente a cinquanta metri da noi, che ci fornisce degli miscele sfuse a rotazione.

L’infuso è un tipo di bevanda molto interessante per noi, innanzitutto perché risulta perfetta per la nostra clientela e ci permette inoltre di avere dei buoni margini, difatti è molto richiesto.

Infine, abbiamo una cioccolata calda artigianale (Nexto chocolate): una palla di cioccolato fondente che contiene cacao e maizena, da sciogliersi al momento, con pochissimo zucchero e con solo cioccolato biologico di filiera peruviano.”

Riuscite a piazzare il doppio oppure ancora un po’ spaventa il consumatore medio?

Qualcuno lo chiede. Sono un bevitore di double shot e quindi l’ho voluto spingere in carta perché so che è un’esperienza diversa. Il fatto che la gente da noi non beve il caffè al volo aiuta anche a servire il double shot. Rimane purtroppo ancora un mercato molto di nicchia”

Il filtro fornito da Carnera: di che si tratta? E’ ormai è un metodo di estrazione richiesto a Milano o trionfa ancora l’espresso?

“Abbiamo in batch brew un caffè per filtro Carnera: non facciamo hand brew perché siamo un posto in cui, sebbene si possa esser sicuri di bere un buon caffè, non può e non vuole definirsi propriamente come un coffee shop di specialty. Così come nell’espresso, anche nel caffè filtro abbiamo un approccio non integralista. Una buona tazza, un prezzo onesto e la possibilità di godersela con calma in un ambiente rilassato.

Per quanto riguarda i consumi trionfa da noi ancora l’espresso, ma, per il concetto stesso del nostro locale, il filtro è una bevanda molto adatta: qui le persone si siedono e restano per un po’ di tempo.

Per questo motivo vendiamo circa 10-15 tazze al giorno e anche di più nei week end. Facciamo ancora anche tanti americani all’italiana (in tanti ci chiedono di mettere l’acqua a parte)

Per quanto riguarda l’espresso come già detto cerchiamo di garantire una buona materia prima e una corretta estrazione al prezzo di una tazzina quotidiana.

L’idea è di offrire allo stesso prezzo del bar storico una tazzina equilibrata ma qualitativamente superiore. Un approccio democratico ma anche leggero cercando di coinvolgere anche la persona non appassionata, spesso ancora assuefatta all’amaro e al bruciato. Il cambiamento secondo me deve partire dal basso se davvero speriamo di cambiare l’approccio alla bevanda nel nostro paese.

Lavoriamo sia con caffè africani più acidi che con brasiliani e centro americani particolari, di filiera e spesso da cooperative con anche scopi sociali ed ambientali.

Devo ammettere che il cliente che entra per un espresso quotidianamente, l’origine sudamericana risulta più semplice da comprendere, ma con il tempo abbiamo ricevuto elogi inaspettati anche per le miscele più estreme.

Prepariamo anche tanti cappuccini, latte macchiati, marocchini e lavoriamo molto con le bevande vegetali: soprattutto nel pomeriggio la clientela è di giovani e di stranieri e quindi aumentano le richieste.”

Quali attrezzature avete scelto per l’espresso e i macinini e perché?

“Una Wega senza componenti elettroniche, a leva, a due gruppi. L’abbiamo scelta perché ci siamo voluti togliere il problema dell’elettronica e ovviamente per una questione di budget. Abbiamo un macinatore on demand.

Abbiamo dovuto fare i conti anche con gli spazi molto ristretti, cosa che ci ha impedito anche di avere altre miscele specialty e ci ha costretto a lavorare su un solo caffè alla volta.”

Progetti futuri?

“Il primo cambiamento è stata proprio l’apertura alle 7.30. Prima aprivamo alle 9. Siamo ancora in fase di rodaggio (abbiamo iniziato ad ottobre), ma ci poniamo l’obiettivo di diventare un punto di riferimento anche per la colazione quotidiana degli abitanti del quartiere. E’ un modo anche di aumentare gli incassi per poter sostenere il personale.

Siamo in tanti, anche se molti in part-time; molti dei nostri dipendenti sono stati attirati da questo locale senza essere dei professionisti e per molti questo è il secondo lavoro. Da un lato è un problema per noi formarli, dall’altro sono tutti molto legati al locale e quindi non abbiamo praticamente avuto turn over.

Proponiamo un contratto regolare, straordinari pagati, stipendi puntuali. Siamo un gruppo di lavoro ma anche di amici, e questo fa la differenza anche per i clienti.

Un altro punto su cui lavoreremo a breve è il cambiamento dell’estetica del locale, adattandolo più alla fascia serale: di giorno e per l’aperitivo lavoriamo molto bene, ma dobbiamo migliorare il post cena, che soffre un po’ proprio perché non sembriamo un locale notturno.

Infine, vorrei organizzare (ne sto parlando da qualche tempo con Manuel di Caffè Terzi) dei corsi specifici per migliorare ulteriormente nell’estrazione. Son convinto, probabilmente sbagliando (ride), sia più importante offrire un caffè estratto al meglio che una tazzina di latte art.

La speranza è anche quella di aumentare il consumo di caffè filtro e di double shot, ma si vedrà. D’estate abbiamo già provato il cold brew e abbiamo avuto un buon riscontro.

In generale stiamo crescendo e continueremo a farlo, considerando che siamo partiti soltanto da due anni e mezzo. Sappiamo di non essere perfetti ma cerchiamo continuamente di migliorare. Molto poco milanesi anche in questo”.