mercoledì 10 Aprile 2024
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Francesco Masala: “Macchiato deve costare 10/20 cent in più dell’espresso, sennò si gioca al ribasso o si usa latte di scarto”

Il trainer: "Faccio un paragone per capire meglio: se andando in pizzeria trovassimo la Margherita allo stesso prezzo di quella farcita, l’80% delle persone prenderebbero quella con il condimento. L’espresso macchiato fa lo stesso effetto: molti lo ordinano perché hanno qualcosa di più, ma gratis"

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MILANO – Con Francesco Masala, campione di Moka Challenge 2022, si impara a leggere le voci presenti sul menù di un ristorante o di una caffetteria in maniera corretta: e sì, perché mentre tra gli addetti ai lavori si pensa all’innovazione e al futuro del mondo horeca, tra attrezzature all’avanguardia e creazioni internazionali, in Italia ancora si fa fatica nei fondamentali.

Così, da un post lanciato sul suo account Instagram un po’ come provocazione, si è aperto il dibattito attorno alla questione prezzi-prodotti sulla carta.

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Spiega Masala: “Il cliente ancora oggi non ha l’abitudine di leggere il menù al bar prima di ordinare e poi però rimane sorpreso della bevanda che gli arriva al tavolo e dello scontrino dopo aver pagato. L’errore in questo caso è sia del consumatore sia degli operatori e ancora una volta bisogna fare educazione.

Innanzitutto manca la cultura di avere un menù dedicato alla caffetteria che potrebbe diventare qualcosa di moderno e stagionale, un po’ come succede nella ristorazione. Ci vorrebbe una coffee list che spiega le bevande e trasmette i fondamentali della caffetteria italiana.”

Ma quindi Masala, l’idea di fare questo post con il commento ad un menù da dove nasce?

“Il mio post è nato dal fatto che spesso si hanno poche informazioni per capire che il caffellatte è diverso dal cappuccino. Ora, mentre il consumatore medio è giustificato a non sapere queste cose, il barista non ha scuse e anzi dovrebbe essere il primo a cercare di trasmettere la sua conoscenza al cliente.

Ho vissuto in prima persona degli episodi in cui dei clienti ordinavano un articolo quando in realtà intendevano ordinarne un altro: ad esempio qualcuno chiede un caffellatte con schiuma, che non è altro che un latte macchiato o un cappuccino un po’ più large. Basterebbe quindi parlare con il cliente in modo tale che così sarà lui stesso il primo quando andrà in un altro bar, ad ordinare correttamente.

A questa premessa si lega il discorso del prezzo.

In base al menù ci si rende conto se c’è realmente della cultura e della formazione da parte del barista. E se la carta è ben studiata, darà la possibilità di aggiungere personalizzazioni e nuove voci come la linea vegan, le schiume fredde, la caffetteria gourmet e la ricerca di articoli golosi che alzano lo scontrino medio, sdoganando le classiche ricette della caffetteria italiana.

Questo però è il passo successivo ad una formazione base.”

Le reazioni al suo post come sono state?

Masala: “Qualcuno mi ha dato ragione, qualcun altro ha generalizzato. Resto dell’opinione che se si prepara una bevanda da 150ml e poi una da 220ml, oggettivamente non possono avere lo stesso prezzo. Questo discorso vale anche con l’espresso e l’espresso macchiato.

Faccio un paragone per capire meglio: se andando in pizzeria trovassimo la Margherita allo stesso prezzo di quella farcita, l’80% delle persone prenderebbero quella con il condimento.

L’espresso macchiato fa lo stesso effetto: molti lo ordinano perché hanno qualcosa di più, ma gratis.

Chi non introduce una differenza di prezzo, o semplicemente lo fa perché sta lottando al ribasso, oppure se lo può permettere perché usa degli scarti di latte della giornata per liberarsene.

A parer mio il macchiato deve avere 10/20 centesimi in più: se per la realizzazione di un espresso macchiato si usa latte nuovo è alla luce del sole che ci sia uno spreco di circa 50-60ml. In più, è anche una spesa.

Masala: “Tecnicamente, la mia domanda è questa:”

“Se di una tazzina da 6cl, la metà è colma di caffè (3cl circa) come faccio a colmare gli altri 3 cl con il latte? Risulta evidente che sia impossibile montare una quantità così irrisoria di latte.

Così, per fare un solo espresso macchiato con una texture di qualità si dovranno impiegare almeno 80ml di latte. Quindi una volta preparato l’espresso macchiato ci sarà uno spreco pari al 5% della bottiglia di latte.

Sul lungo termine sarebbe molto più produttivo alzare di 10/20 centesimi il prezzo del macchiato, usando esclusivamente latte nuovo. Certo se ne farebbero di meno, ma a quel punto il consumatore che lo chiederà lo farà perché lo vuole espressamente così. Con gli altri ordini milk-based è possibile avere meno sprechi perché si utilizza una quantità di latte superiore: per esempio è possibile preparare un cappuccino senza buttare via latte.

Per le comande più complesse invece l’operatore deve esser bravo a calcolare rapidamente la giusta quantità di latte da montare evitando così inutili sprechi e preservando la qualità delle bevande servite.

Si dovrebbe semplicemente conoscere e distinguere le bevande e le dosi.

L’espresso macchiato, il cappuccino, i beveroni come il caffellatte, il latte macchiato, il macchiatone, il cappuccino in double shot, ecc.

Per esempio il latte macchiato rispetto al caffellatte prevede una manodopera e un attenzione superiore per ottenere una crema lucida, questo potrebbe giustificare un surplus sul prezzo finale.

Non si possono non paragonare 50/70ml di latte tra il cappuccino e il latte macchiato; è una differenza troppo grande, manca proprio lo studio delle ricette della caffetteria italiana.”

E le bevande vegetali?

“Hanno un costo maggiore per i gestori e di conseguenza sul menù dovrebbero avere un costo più alto. Ma dev’esserci sempre la voce associata sul menù: il cliente deve sapere che l’utilizzo di una bevanda vegetale ha un costo superiore rispetto alla ricetta con il latte vaccino, sempre seguendo le linee delle capienze e della manodopera necessari alla realizzazione.

Bisogna però sempre partire dalla nostra tradizione, comunicando le bevande della caffetteria italiana e poi eventualmente pensare ad introdurre i vegan, il flat white, il cortado, i frappuccini, la caffetteria fredda. È tutto bellissimo, ma sempre dopo aver imparato le basi.

Per me è qualcosa da cui non si può prescindere. Il cambiamento della caffetteria in Italia deve avvenire dalla conoscenza delle cose fondamentali. Bisogna assumersi il rischio di vendere meno caffè macchiati per coinvolgere soltanto le persone che lo desiderano.

Il servizio si trasforma a seconda della clientela, invece che viceversa: si dovrebbe scegliere il bar perché piace un tipo di servizio e non il contrario. Manca questo concetto, soprattutto nelle realtà più piccole.

Forse così si giungerà a distinguere la caffetteria dal bar all’italiana.”

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