venerdì 28 Novembre 2025
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Luigi Odello spiega gli stili storici dell’espresso in Italia

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Luigi Odello del Centro studi assaggiatori caffè carbonio artificiale espresso
Il professor Luigi Odello presidente Iiac

Luigi Odello, professore di analisi sensoriale in università italiane e straniere e presidente del Centro Studi Assaggiatori e dell’Istituto internazionale assaggiatori caffè, spiega nel libro Espresso Italiano Specialist gli stili storici che hanno contraddistinto nel tempo il tipo di caffè in Italia: alpino, padano, tirreno, centrale e meridionale. Leggiamo di seguito l’approfondimento sul tema pubblicato sul sito Coffee Taster.

Gli stili storici dell’espresso secondo Luigi Odello

MILANO – “Alpino, padano, tirreno, centrale e meridionale: ecco i cinque stili che si incontrano nell’Italia dell’espresso. Di primo acchito parrebbe che le differenze stiano solamente nel livello di tostatura, e in parte è così, ma sarebbe assai riduttivo pensare che la loro identificazione stia semplicemente nel più o meno tostato.

Inoltre, non è solamente un fatto di latitudine. Se gli alpini si manifestano con una freschezza acida ben percepibile che enfatizza le note di fiori e frutta fresca, i padani – che ci stanno poco sotto e qualche volta sopra, in termini di paralleli – sono più tostati dei tirreni che stanno a valle.

Come dicevamo non è solo una questione di livello di cottura, bensì di tutta una serie di scelte a livello di caffè verde che inducono differenze sensoriali complesse. I padani, per quanto riguarda gli aromi inclusi nella famiglia del tostato, prediligono il cacao alla brioche e al pan tostato tanto cari ai tirreni, ma non manca qualche sbuffo di acidità che si unisce a una timida astringenza.

I tirreni vivono quasi di un profilo rinascimentale fatto di simmetrie e armonie la cui focalità è data dalla frutta secca e dalla pasticceria. Con i centrali si torna al cacao, ma con note speziate, quasi sempre assenti nei tirreni e costituenti l’asse portante dei meridionali.

L’entità del corpo segue l’evoluzione aromatica crescendo dagli alpini ai tirreni, per farsi poi sempre più prestante con padani, centrali e meridionali.

Un tempo gli stili coincidevano con l’ubicazione della torrefazione, poi, con il passaggio di queste da una distribuzione locale a una distribuzione geograficamente sempre più ampia, il produttore ha dovuto adeguarsi presentando miscele diverse da quelle sue originarie: non è pensabile vendere uno stile alpino a Napoli.

Il fatto conferma che lo stile non è legato a una marca, bensì al gusto di una determinata zona. E allo spostarsi delle genti, si assiste a un parallelo spostarsi di stili di caffè.

Da questo punto di vista i fenomeni di migrazione interna che si sono verificati nell’ultima metà del ‘900 hanno generato una progressiva ibridazione dei gusti al Nord dove si possono trovare bar che servono espresso di stile meridionale, mentre è più difficile il contrario”.

Feltrinelli: la catena di caffetterie verrà gestita da Edit a Milano e Firenze

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feltrinelli edit
Il logo Feltrinelli

La società Edit con sede a Torino gestirà la catena di caffetterie e l’attività di ristorazione delle quattro librerie del gruppo editoriale Feltrinelli (quattro a Milano e una con sede a Firenze). Finora la gestione era controllata del gruppo di Viale Pasubio nel capoluogo lombardo, la società Red. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Vincenzo Chierchia per il quotidiano Il Sole 24 Ore.

La catena di caffetterie di Feltrinelli passa sotto la gestione di Edit

TORINO – La società Edit di Torino ha siglato un accordo con il gruppo editoriale Feltrinelli per la gestione delle attività di ristorazione che finora hanno fatto capo a una controllata del gruppo di Viale Pasubio a Milano, la società Red.

“È un affitto di ramo d’azienda per cinque anni – commenta Alberto Peroglio Longhin, amministratore delegato Edit – che riguarda cinque importanti librerie Feltrinelli in piazze di riferimento”.

Si tratta di quattro punti vendita di libri a Milano e uno a Firenze che integrano già l’attività libraria a quella di ristorazione e anche intrattenimento culturale: CityLife, Gae Aulenti, Piazza Piemonte e Viale Pasubio (nel palazzo di design sede della Fondazione Feltrinelli) accanto a quella di Firenze in Santa Maria Novella.

Come spiega Peroglio Longhin “la partnership con Feltrinelli Librerie rappresenta per Edit una tappa importante nel percorso di crescita. Il nostro piano di sviluppo prevede un’espansione a livello nazionale del modello integrato ed ibrido di ospitalità con una forte identità di luogo aperto alla socialità, al gusto, alla condivisione e alla cultura. Lo scatto in avanti di Edit, con l’avvio della nuova partnership, porterà i punti vendita da 3 a 8 e i dipendenti da 60 a 150”.

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Torino: ecco il bar dell’Edisu di San Salvario gestito dagli studenti delle superiori

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La Mole Antonelliana, simbolo di Torino (immagine: Pixabay)

Caffè, colazioni e piatti pronti: il servizio del bar caffetteria dell’Edisu (Ente regionale per il diritto allo studio universitario del Piemonte) a Torino sarà tutto in mano ai ragazzi delle terze e quarte dell’istituto enogastronomico J.B. Beccari con gli studenti delle superiori in cucina e al bancone in alternanza scuola lavoro. Una sinergia del tutto inedita per il Piemonte tra il mondo della scuola e l’Ente regionale per il diritto allo studio universitario. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Chiara Sandrucci per il quotidiano Il Corriere della Sera.

Il bar dell’Edisu a Torino gestito dagli studenti

TORINO – Non è soltanto il nuovo bar caffetteria aperto all’interno di Opera, una delle aule studio più frequentate dagli universitari torinesi.

Ma molto di più. Il punto ristoro inaugurato venerdì 4 aprile alla Michelangelo Buonarroti dell’Edisu, nota come Opera, sarà gestito dall’istituto enogastronomico J.B. Beccari, con gli studenti delle superiori in cucina e al bancone in alternanza scuola lavoro.

Una sinergia del tutto inedita per il Piemonte tra il mondo della scuola e l’Ente regionale per il diritto allo studio universitario.

L’aula studio di via Buonarroti 17, con i suoi 427 posti in San Salvario, è una delle più grandi in città ed è rimasta per anni senza bar interno.

L’intervento di ristrutturazione ha permesso di recuperare 190 metri quadri per il locale bar, zone di deposito, cottura e preparazione dei cibi, oltre a una nuova area di ingresso e reception.

“Anziché affidare il nuovo servizio ristorativo ad un soggetto privato come si è sempre fatto, abbiamo scelto di avviare una collaborazione con il sistema scolastico perché dal nostro punto di vista facciamo parte della stessa squadra”, ha dichiarato il padrone di casa Alessandro Ciro Sciretti, presidente di Edisu Piemonte, che ha tagliato il nastro insieme a Stefano Suraniti, direttore dell’Ufficio scolastico regionale, e Pietro Rapisarda, preside del Beccari. “Abbiamo bisogno di creare un rapporto sempre più forte tra la scuola e l’università e in particolare con il mondo del diritto allo studio”.

Secondo una ricerca svolta con Ires Piemonte che si sta per concludere, la stragrande maggioranza degli studenti degli ultimi anni delle superiori non conosce ancora le opportunità offerte dal diritto allo studio universitario.

Per Edisu, che ha in programma tre nuove residenze universitarie in via Vanchiglia, Grugliasco e Novara, il nuovo bar sarà un’occasione per far conoscere ai giovani dell’enogastronomico il mondo del diritto allo studio.

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In una scuola del Barese, ecco il locale gestito da studenti con disabilità

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Il tavolino di un bar (Foto di Julia da Pixabay)

Il bar Cooperà, inaugurato nell’istituto Dell’Aquila – Staffa a Trinitapoli, nel nord Barese ha baristi speciali: alunni con disabilità come Domenico, 19 anni, e tanta voglia di imparare. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione dell’ansa.

Il bar Cooperà nel nord Barese gestito da alunni con disabilità

TRINITAPOLI (Barletta-Andria-Trani) – Non un semplice bar ma un luogo in cui assieme al caffè si offre inclusione. Un bancone su cui sono a disposizione di studenti, studentesse e docenti cornetti alla crema e futuro.

“Ho scelto io il nome del bar che si chiama Cooperà che significa cooperare e fare le cose insieme. Le cose non si possono fare da soli perché non si riesce. Se invece le facciamo insieme possiamo farcela”, dice il 19enne con disturbi dello spettro autistico.

“Con questo progetto faccio qualcosa che mi servirà anche per per il futuro come preparare il caffè e lavare i piatti”, spiega.

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Andalusia: nei bar arriva il supplemento per i tavolini all’ombra

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Il settore del bar e della ristorazione (immagine: pixabay)

La Junta de Andalucia ha approvato una nuova norma per cui i locali potranno fissare prezzi diversi per i tavoli, a seconda di dove sono posizionati. Questa norma fa parte di un nuovo corpus di regole che riguardano il settore chiave dell’ospitalità spagnola. Le norme prevedono anche che i ristoranti non possano presentare il menu solo tramite un codice Qr, dal momento che non tutti hanno uno smartphone. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Monica Coviello pubblicato su Vanity Fair.

Il supplemento per i tavolino all’ombra in Andalusia

SIVIGLIA – Supplemento ombra. Durante le prossime vacanze in Andalusia, sulla costa meridionale della Spagna, potrà capitarvi di dover pagare un sovrapprezzo, se siete seduti al riparo dal sole. Lo ha stabilito la Junta de Andalucia, che ha approvato una nuova norma che farà sicuramene discutere. I locali, bar e ristoranti, potranno fissare prezzi diversi per i tavoli, a seconda di dove sono posizionati.

D’altra parte, il sud della Spagna raggiunge spesso temperature record: nel 2021, la città di Cordoba ha registrato un picco di 47,6°C, e un po’ di ombra può diventare davvero preziosa.

Ruben Sanchez, portavoce dell’associazione dei consumatori Facua, ha spiegato che bar, caffè e ristoranti potranno far pagare di più le consumazioni purché segnalino con chiarezza – e per iscritto – la maggiorazione: i clienti dovranno essere informati prima di ordinare. Ma ci saranno comunque limiti al sovrapprezzo: i costi non potranno mai diventare esorbitanti. Insomma, non si potranno chiedere 10 euro in più per un tavolo all’ombra. Se infrangono le regole, ristoranti e bar possono subire denunce e punizioni.

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Bialetti e Dolce&Gabbana presentano la collezione moka Blu Mediterraneo

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La Moka Express della collezione Blu Mediterraneo (immagine concessa)

MILANO – Dopo il successo della linea Carretto Siciliano e della Moka Oro in edizione speciale, Dolce&Gabbana e Bialetti proseguono la loro collaborazione presentando la nuova collezione Blu Mediterraneo. I motivi preziosi e ricercati della maiolica siciliana vestono alcune delle creazioni più rappresentative dell’universo Bialetti come Moka Express, Moka Induction e il caffè macinato Perfetto Moka.

Bialetti e Dolce&Gabbana per la collezione Blu Mediterraneo

La stampa maiolica blu – uno dei pattern iconici di Dolce&Gabbana – trae ispirazione dalla tradizionale arte della ceramica siciliana, famosa per i suoi colori vivaci e le sue decorazioni elaborate.

Il blu intenso e il bianco puro di questo motivo richiamano i colori del Mar Mediterraneo e le sfumature del cielo, donando ai prodotti della collezione un’estetica sofisticata, con quel tocco di vibrante mediterraneità che riflette lo stile italiano tipico dei due brand.

L’iconica silhouette della Moka Express, invenzione che – oltre 90 anni fa – rivoluzionò il gesto quotidiano di preparare un caffè a casa, si fonde così con i motivi raffinati d ella m aiolica, i n una perfetta armonia che celebra tradizione, artigianalità e creatività.

Ad accompagnare la Moka Express in questa inedita versione, anche la Moka Induction – la caffettiera pensata appositamente per i piani a induzione – e, da giugno, una nuova miscela di caffè macinato: Perfetto Moka Autentico. La pregiata composizione di 80% arabica e 20% robusta, rende Perfetto Moka Autentico un caffè dal gusto intenso e inebriante, in cui le eleganti note fruttate si fondono con quelle golose del caramello, conferendo al caffè un aroma inconfondibile.

Perfetto Moka Autentico si distingue inoltre per la peculiare macinatura e tostatura dei chicchi di caffè, studiate attentamente da Bialetti per esaltare il gusto del caffè preparato con la Moka.

Il risultato è un vero capolavoro di stile e sapore, un viaggio autentico e di gusto nel cuore del Mediterraneo. La confezione di Perfetto Moka Autentico è composta da un sacchetto morbido dotato di valvola salva aroma e da un esclusivo barattolo di latta da collezione.

La linea Blu Mediterraneo Dolce&Gabbana Bialetti è un viaggio sensoriale in cui colori, forme e profumi rimandano alla meraviglia e all’incanto dell’inestimabile e ricco patrimonio culturale di un territorio unico al mondo, la Sicilia, rinnovando uno dei momenti più cari della vita conviviale italiana: il rito del caffè.

Moka Express (nelle versioni da 3 e 6 tazze) e Moka Induction (nelle versioni da 4 e 6 tazze) saranno disponibili nei negozi Bialetti e qui, nelle boutique Dolce&Gabbana Casa e su dolcegabbana.com. Il caffè Perfetto Moka Autentico sarà in distribuzione, negli stessi punti vendita, da giugno 2024.

Q Graders messi a confronto: Francesca Bieker, Deborah Righeschi e Gianni Tratzi sul cup scores degli specialty

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I Q Graders a confronto

MILANO – Mentre all’estero alcuni micro roasters stanno optando per introdurre nell’etichetta dei loro caffè, il punteggio di riferimento per lo specialty, in Italia questa abitudine non ha preso piede, anzi: sembra un po’ strano prendere questo genere di iniziativa proprio nel momento in cui è stato lanciato il nuovo modello di valutazione del Coffee Value Assessment, secondo cui il classico sistema punti non funziona come prima. In questo caso la parola d’ordine è Q Graders: il confronto è tra tre professionisti certificati,

Francesca Bieker, Deborah Righeschi e Gianni Tratzi, che hanno risposto ad alcune domande in merito.

Bieker, il consumatore si orienterebbe meglio nel distinguere un caffè di alta qualità da uno più commerciale, se leggesse sull’etichetta del pacchetto un punteggio dagli 80 in su?

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Francesca Bieker (credits: Luca Rinaldi)

“Il punteggio non nasce con l’idea di far identificare al consumatore un caffè di qualità maggiore rispetto a un altro, ma è stato impropriamente utilizzato con questo fine.
Perché il consumatore quindi percepisca come caffè “qualitativamente superiore” uno punteggiato, per prima cosa è necessario che sappia dell’esistenza del punteggio e cosa indica.

In linea generale sicuramente possiamo dire che un caffè punteggiato potrebbe essere per il consumatore maggiormente appetibile e facilmente distinguibile rispetto ad uno commerciale, ma il solo numero, per come è strutturato ora, non necessariamente dà anche una percezione di maggior qualità del caffè al consumatore.”

Dal punto di vista sensoriale, tra un caffè valutato da un Q Grader 90 e uno da 85, il consumatore saprebbe apprezzare le sfumature gustative? Ha senso quindi indicare questa differenza avvertita dai più esperti, ad un palato meno allenato, o è invece più una strategia di marketing?

“È stato visto che la maggior parte dei caffè punteggiati risultano rientrare nel range 80-88 e pochi caffè risultano essere punteggiati sopra i 90. Ad oggi la qualità quindi che si trova tra questo primo grande gruppo e il secondo, per un palato già avvezzo allo specialty coffee, molto probabilmente la differenza si nota. Tuttavia non necessariamente il percepito del consumatore è concorde con il gusto dell’assaggiatore.”

Con il nuovo CVA di SCA, secondo lei che cosa si dovrebbe sottolineare nel pacchetto per raccontare lo specialty al consumatore finale?

“Il nuovo CVA, contrariamente al solo punteggio, ha l’obiettivo di fornire una descrizione oggettiva del caffè. Dal mio punto di vista, questo sistema diventa estremamente più interessante proprio per il consumatore, che potrebbe infatti trovare in etichetta una descrizione standard del prodotto e quindi avrebbe la possibilità di scegliere il caffè per le sue caratteristiche oggettive.

Inoltre in questo modo, le stesse caratteristiche estrinseche del prodotto hanno la possibilità di essere comunicate più facilmente al consumatore.

Le informazioni potrebbero essere molteplici: dall’origine, il produttore, la tipologia di caffè e la sua lavorazione a eventuali certificazioni.

Questi dati probabilmente già oggi possiamo trovarle nell’etichetta di un caffè specialty. La vera novità è proprio nella valutazione sensoriale perché se inserita – fatta ovviamente da assaggiatori certificati e che sanno utilizzare il nuovo protocollo – potranno aiutare il consumatore a distinguere per sapore e intensità un caffè da un altro e scegliere non in base a descrittori sempre diversi, ma in base a degli standard definiti.”

Bieker secondo lei, il valore di un caffè, la qualità percepita, è quantificabile oggettivamente?

“Il valore del caffè in senso ampio è dato dai suoi stessi attributi, che possono tuttavia non avere sempre lo stesso valore a seconda del mercato di riferimento.

L’idea stessa del CVA è quella quindi di identificare gli attributi, sensoriali e non, e riuscire a descrivere ogni caffè negli stessi termini, identificando anche quelli che sono difetti oggettivi.

A quel punto, in base alla percezione soggettiva, il consumatore, potrà scegliere con più consapevolezza.

Faccio un esempio, sono alla ricerca di una tazzina poco acida, se in etichetta trovo un caffè descritto con un’intensità dell’acidità alta, non avrà molto valore per me perché distante da ciò che cerco.”

Gianni Tratzi si inserisce nella discussione

Gianni Tratzi presenta Idealcup (foto concessa)
Gianni Tratzi presenta Idealcup (foto concessa)

Secondo lei, il sistema del punteggio ha mai aiutato i farmer a ottenere un prezzo migliore, o era tutto legato alla soggettività del Q Grader, che a sua volta spesso si riferiva ad un cliente torrefattore che aveva specifiche esigenze?

“Penso che dire che un Q grader determini il prezzo per uno specifico torrefattore, ovvero attraverso suoi report fuori dal contesto degli ICP (in country partners) determina il prezzo di lotti che non conosce, per gradimento di un torrefattore, sia un po’ come mescolare le pere con le mele”.

Più specifico è dire che i Q grader lavorano a supporto delle torrefazioni guidandole nel non prendere fregature da importatori e esportatori, e magari aiutare a trattare i prezzi dove richiesto, ma deformarli in quanto Q grader mi sembra poco verosimile.”

Il consumatore si orienterebbe meglio nel distinguere un caffè di alta qualità da uno più commerciale, se leggesse sull’etichetta del pacchetto un punteggio dagli 80 in su?

“I punteggi sono già da anni un volano di credibilità per le torrefazioni, anche se (fortunatamente sempre meno spesso) il punteggio dopo la tostatura è più basso di quello nominale: quando tosti male e non sviluppi al massimo il potenziale del caffè, succede questo. Resta il fatto che anche Nestlé oramai si accredita nel pubblico citando il Coffee Quality Institute per alcune capsule, Come per qualsiasi contenuto di potenziale valore, può diventare e diventa marketing.”

Con il nuovo CVA di SCA, che cosa si dovrebbe sottolineare nel pacchetto per raccontare lo specialty al consumatore finale?

“Si dovrebbe portare la narrazione su un altro livello: conoscere per davvero le caratteristiche estrinseche del prodotto può essere veramente prezioso per un pubblico sempre più attento agli acquisti che esegue, ed essendo la filiera del caffè sempre molto astratta nella narrazione dei baristi, il CVA può e deve arricchire l’esperienza del cliente rendendo onore alla filiera agricola ancora troppo nascosta da torrefattori poco sicuri di sé, e che pensano che la parte agricola non può coesistere con il proprio brand.”

Chiude il punto di vista di Deborah Righeschi

nkg caffè
Deborah Righeschi, Q Grader Arabica e Robusta, responsabile Qualità NKG Bero Italia (foto concessa da NKG Caffè)

Con l’introduzione del CVA per valutare lo specialty, cambia qualcosa nell’analisi per i Q Grader? Considerando per altro che sono certificati dal CQI e non da SCA e che quindi si appoggiano ancora a griglie differenti di analisi.

“Certamente occorre fare chiarezza in merito e, per farlo, bisogna fare necessariamente un passo indietro e capire il funzionamento di valutazione ufficiale del caffè specialty.

Il sistema ufficiale con il quale un caffè viene certificato specialty oppure no è sempre passato tramite il Coffee Quality Institute (CQI).

La procedura del CQI prevede che un campione di un caffè con determinati requisiti che si desidera certificare come caffè specialty venga inviato direttamente al CQI, il quale, a sua volta, invia il medesimo campione a tre Q-Graders certificati per effettuare la valutazione.

I tre Q-Graders designati devono garantire l’oggettività della valutazione e, pertanto, non devono essere i proprietari del lotto, né avere interessi di compravendita sullo stesso.

A questo punto possono effettuare la loro valutazione e per farlo si devono avvalere dell’utilizzo dello SCA cupping form, vale a dire il protocollo di assaggio che abbiamo sempre conosciuto.

Una volta che il caffè ottiene un punteggio ufficiale superiore agli 80 punti il caffè diventa un “Q-coffee” ed è certificato esclusivamente il lotto analizzato e per l’anno del raccolto (l’anno successivo perde la qualifica in quanto non è più caffè di fresco raccolto).

Il nuovo Coffee Value Assessment (CVA), che verrà lanciato nella sua versione beta da SCA in Aprile, non è stato ancora adottato nella procedura di certificazione appena descritta. Ciò significa che i Q-Graders selezionati da CQI per la valutazione del caffè continueranno ad utilizzare il precedente cupping form.

Ad oggi il CQI non ha modificato questa parte, né si è ancora ufficialmente pronunciato in merito.

Tuttavia, la confusione che l’introduzione del CVA ha generato è più che lecita e derivante da una situazione fumosa che ha visto il proliferare di punteggi del caffè nel sistema di compravendita lungo la catena di fornitura che, in realtà, non sono attribuiti nella maggior parte dei casi seguendo la procedura ufficiale.

È diventata prassi comune considerare un caffè come specialty se lo stesso ottiene più degli 80 punti in assaggio, a prescindere dal fatto che si sia seguito il protocollo ufficiale.

Ciò che in genere nel settore accade è che, (nel migliore dei casi), un Q-grader assaggi il caffè utilizzando lo SCA cupping form e assegni un punteggio. Questo punteggio non è un punteggio SCA ufficiale perché non segue le procedure spiegate sopra e, soprattutto, presta il fianco a un evidente potenziale conflitto d’interessi e difficoltà di oggettività nella valutazione.

La stessa è diventata, però, una pratica molto comune tra i vari operatori del settore in quanto mezzo molto rapido ed efficace di comunicazione del valore e, quindi, della qualità.

Quindi, ecco che allo SCA cupping score si è visto affiancare quello che in realtà è un internal cupping score; il quale poi, in realtà, altro non è che il punteggio che vediamo sul packaging del prodotto nel 99% dei casi.

Il vero nodo centrale sarà capire dove sarà applicato il nuovo CVA (a quale livello della catena di fornitura) e se, soprattutto, le aziende concretamente lo implementeranno nei propri processi di valutazione qualitativa.”

E il valore di un caffè, la qualità percepita, è quantificabile oggettivamente?

“Per capirlo dovremmo fare un passo indietro e chiederci, quali sono oggi gli attributi che definiscono la qualità di un caffè? Sono gli stessi per tutti gli attori in gioco del sistema?

La risposta non è così semplice e scontata e, soprattutto, evolve nel tempo.

Ciò che era percepito come qualità 10 anni fa oggi assume connotati diversi.

C’è una sempre maggiore attenzione non solo alla qualità gustativa della bevanda ma anche ad altre caratteristiche estrinseche che la definiscono. Ne sono un chiaro esempio tutti quei caffè che parlano di famiglie produttrici, di territorio, di processi di lavorazione, di certificazioni, etc.

La qualità organolettica, inoltre, fa sempre riferimento a un parametro del tutto soggettivo che rientra nella sfera delle preferenze personali.

Difficile, quindi, riuscire a racchiudere in un numero, quindi con un parametro quantitativo, il valore di una preferenza soggettiva che sia riconosciuta come universalmente valida per tutti.”

Mercati: robusta vicini ai 4 mila dollari, arabica oltre i 230 cents, preoccupazione per la siccità in Vietnam

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Il logo dell'Ice

MILANO — Mentre il mondo del caffè si dava appuntamento a Chicago per la Specialty Coffee Expo – massima vetrina Sca di oltreoceano, andata in scena da venerdì 12 a domenica 14 aprile – i mercati borsistici hanno archiviato una settimana di prezzi record, per quanto riguarda i robusta, e di forti rialzi sul fronte degli arabica. Nella giornata di venerdì, Londra ha toccato nuovi massimi storici. Maggio è volato, in corso di contrattazione, a un intraday 3.956 dollari.

Il trend si è successivamente ridimensionato: la chiusura a fine giornata è stata a 3.900 dollari, comunque in ulteriore ripresa di $57 su giovedì e a un nuovo, ennesimo massimo del contratto 10-T.

Luglio, che può essere ormai considerato il contratto principale attraendo esso volumi più che doppi rispetto a quelli della scadenza ravvicinata, ha guadagnato, a sua volta, $62 terminando la settimana a 3.852 dollari, in rialzo del 4,7% rispetto all’ottava precedente.

Venerdì di forti turbolenze a New York: la prima posizione (maggio) si è catapultata in area 2 dollari e 30, toccando un picco giornaliero di 236,20 centesimi.

Poi, lo svalutarsi del real brasiliano, ai minimi degli ultimi 6 mesi sul dollaro, ha fatto scattare le prese di beneficio.

La seduta si è conclusa comunque con il quarto rialzo consecutivo, a 224,65 centesimi, 430 punti sopra la chiusura di giovedì.

La seconda posizione (luglio), ormai scadenza principale, ha guadagnato 310 punti terminando a 220,45 centesimi.

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Starbucks Reserve Roastery e l’artista Matteo Cibic: le piantagioni di caffè diventano dei sogni appesi al miart

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Matteo Cibic con le sue piantagioni di caffè immaginifiche (foto concessa) starbucks
Matteo Cibic con le sue piantagioni di caffè immaginifiche (foto concessa)

MILANO – Cultura, arte, condivisione: anche questo è Starbucks, non solo caffè, che durante miart – fiera d’arte moderna e contemporanea organizzata da Fiera Milano – diventa la bevanda di contemplazione che completa l’esperienza di fronte a delle opere visive uniche come quelle di Matteo Cibic, che ha curato lo spazio miartalks sia all’Allianz MiCo che nella Starbucks Reserve Roastery di Piazza Cordusio.

Starbucks e Cibic fanno comunicare due mondi

Una partnership tra l’artista e designer con la catena di caffetterie di Seattle, iniziata proprio con la prima apertura della Roastery milanese con la creazione di 100 piccoli Ulisse e Sirene come edizione speciale e 10 più grandi in ceramica e oro 24k esposte proprio all’interno delle Roastery milanese, di Shanghai e Seattle.

E che continua tuttora rinnovandosi con l’esposizione della collezione al miart.

starbucks reserve
Matteo Cibic, artista e designer di fama internazionale (immagine concessa)

“Il mio mondo creativo è un luogo dove l’arte si fonde con la diversità e celebra l’unicità di ciascuno di noi. Vi invito a visitare lo spazio miart talks all’Allianz MiCo e alla Starbucks Reserve Roastery Milano, per immergervi nella profondità del nostro essere in un’esplorazione artistica che va oltre il visibile”, spiega Matteo Cibic, artista e designer eclettico.

“Un viaggio sensoriale profondo fatto di esperienze, emozioni e sogni, che combina l’arte visiva raffigurante paesaggi lisergici e creature fantastiche, con un dialogo in cui l’accoglienza è la lingua condivisa e l’arte il ponte che connette cuori e menti”.

Louise Mills, general manager di Starbucks Reserve Roastery Milano ha commentato: “Siamo orgogliosi di collaborare per la prima volta con miart sponsorizzando i talks. Il progetto si inserisce nell’impegno più ampio di Starbucks di celebrare e valorizzare l’arte. Attraverso il caffè come catalizzatore della creatività, Starbucks aspira a raggiungere originalità e cambiamento e dare vita a esperienze significative per i propri partner (dipendenti), i clienti e tutta la comunità”.

Cibic ritorna alle origini del chicco

E appende alle pareti la sua visione di una piantagione di caffè, inserendovi i suoi personaggi immaginifici – normalmente realizzati in statue antropomorfe – in degli arazzi di raso imbottito dai colori sgargianti. Illuminati a regola d’arte, queste rappresentazioni raccontano le farm in cui, tra le piante, le drupe, le foglie, si muovono i Domsai di Cibic trapuntati su questa superficie morbida al tocco.

Le opere al miart

Eh sì, perché all’interno della cornice moderna del miart, dove tutto sembra intoccabile come nei musei, i quadri di Cibic sono irresistibili e invitano ad assaporarli non solo attraverso gli occhi, ma anche con le mani. E così questi luoghi spesso così distanti geograficamente, che il consumatore finale non conosce minimamente, diventano accessibili in modo soft e onirico.

Tutto questo si inserisce all’interno di un programma con tre giornate dedicate ai talks del duo MASBEDO, David Horvitz e Francesco Arena, ospitati sia nello spazio miartalks realizzato dalla Roastery e allestito ad Allianz MiCo, sia all’Arriviamo Bar nella Starbucks Reserve Roastery Milano in piazza Cordusio.

E questa è solo una parte dell’esperienza immersiva pensata da Starbucks con Cibic.

Perché il programma continua con una piccola e gradevole al palato anticipazione di due miscele con la stessa composizione (60% Colombia Nariño e 40% Sumatra Aceh)  ma una tostata chiara e una più scura, servite agli avventori e che usciranno ufficialmente soltanto verso la seconda metà di maggio.

Lo spazio per il filtro allestito a miart (foto concessa)

Il filtro in tutte le sue espressioni, è presente sul bancone della sala del miart in modo tale che chi si riempie gli occhi con le piantagioni di Cibic, intanto possa degustare un buon V60.

Soltanto blend 100% Arabica, Starbucks celebra l’arte della torrefazione e di quella visiva.

E di quella uditiva: con la performance Dermophonic Cibic e Starbucks allestiscono un vero e proprio viaggio emozionale che miscela arte, musica e il gusto del caffè.

Un esperimento inserito nel Fuori Salone, dal 16 al 20 aprile, dalle 11 alle 12, dentro l’Arriviamo Bar della Starbucks Reserve Roastery.

All’interno di un nido insonorizzato e ricamato su misura dall’artista, l’ingegnosa musicista Elasi e Matteo Cibic sono all’opera per restituire dei piccoli ritratti sonori delle persone che si sono proposti a rispondere al quesito: “In che sogno vorresti essere?”.

La scheda sintetica della Starbucks Reserve Roastery Milano

La Starbucks Reserve Roastery Milano è l’omaggio alla cultura dell’espresso italiano che nel 1983 ha ispirato Howard Schultz nella creazione della Starbucks Experience. La Milano Roastery è uno spazio di 2.300 metri quadrati in cui il caffè è il vero protagonista della teatralità della torrefazione, dell’estrazione e della mixology di bevande e cocktail a base dei caffè Starbucks Reserve.

Un’esperienza immersiva che attiva tutti i sensi: la vista, il tatto, l’udito, l’olfatto e il gusto per apprendere e approfondire lo straordinario viaggio del caffè dalla piantagione alla tazzina.

La Starbucks Reserve Experience offre chicchi di caffè arabica da piccoli lotti provenienti da più di 30 Paesi produttori in tutto il mondo, tostati qui nell’unica Reserve Roastery in Europa, Medio Oriente e Africa, accompagnata dai prodotti di panetteria e pasticceria della Bakery di Milano Princi.

La Marzocco Store a Milano per la Design Week in via Palermo, 15-21/04

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La Marzocco Store alla Milano Design Week (immagine concessa)

MILANO – In occasione della Milano Design Week, La Marzoccoleader nella realizzazione artigianale di macchine e attrezzature per caffè di alta qualità dal design iconico – inaugura il temporary La Marzocco Store il 15 aprile. Il centro sarà aperto fino al 21 aprile in via Palermo 21, nel cuore del quartiere di Brera, dove l’azienda fiorentina dà vita a un luogo di incontro e condivisione dove partner, designer e appassionati possono partecipare a diverse masterclass esclusive curate dagli esperti di Accademia del caffè espresso, il centro culturale polifunzionale de La Marzocco.

La Marzocco Store per la Milan Design Week

Il ricco palinsesto di eventi in programma comprende diversi workshop per imparare a fare un espresso con l’estrazione ideale o per apprendere a riconoscere i vari aromi presenti nel caffè.

Ad arricchire il calendario nella settimana più dinamica dell’anno, una serie di appuntamenti legati al benessere e alla creatività culinaria: il giovedì mattina è infatti possibile partecipare a una rigenerante sessione di face yoga guidata da Anna Kostina, mentre il sabato è previsto un brunch firmato da Onest e due sessioni per imparare a realizzare il tiramisù perfetto.

La Marzocco Store a Milano (immagine concessa)

La Marzocco Store è anche un luogo dove poter gustare un buon caffè e, soprattutto, scoprire le ultime novità del brand con un focus particolare sulle macchine della linea Home, vere e proprie icone di design e artigianalità ideate da La Marzocco per l’ambiente domestico e non solo: la Linea Mini e la Linea Micra.

Proprio la Linea Mini – una macchina per caffè espresso compatta di livello professionale che si distingue per le prestazioni tecniche e il design distintivo – è protagonista di una special edition completamente personalizzata per Rimowa, iconica Maison tedesca di valigeria con sede a Colonia, e presentata durante la Milano Design Week 2024. Gli abili artigiani de La Marzocco hanno reinterpretato l’alluminio scanalato, elemento distintivo di Rimowa, e l’hanno tradotto in una macchina dal design ricercato.

Coffee tasting (immagine concessa)

Prodotta nello stabilimento di Firenze, ogni componente della limited edition richiede 40 ore di lavorazione artigianale dedicata.

La macchina presenta all’esterno gli iconici pannelli scanalati in alluminio provenienti dallo stabilimento Rimowa di Colonia, assemblati e installati interamente a mano.
L’alto livello di artigianalità si estende anche alle finiture, dal telaio alla base, che presenta i due loghi dei marchi per celebrarne l’unione.

Il design integra inoltre un rubinetto dell’acqua calda su misura e manopole realizzate in alluminio, decorate con gli iconici monogrammi Rimowa e La Marzocco. Infine, il portafiltro personalizzato è realizzato in alluminio anodizzato, così come i piedini.

Ingegno, artigianalità, design, ricerca continua, eccellenza, meticolosa attenzione ai dettagli: sono solo alcuni dei valori che accomunano le due aziende e che hanno portato alla nascita di questa evocativa collaborazione.

I segreti della moka svelato a La Marzocco Store (immagine concessa)

“Rimowa è sinonimo di viaggio” – dichiara Andrea Cobianchi, brand manager La Marzocco – “e La Marzocco Home è un invito alla scoperta della bellezza e della convivialità legate alla preparazione del caffè; quando questi aspetti si uniscono, si ottiene un’esperienza del caffè autentica, di classe ed eccezionale.”

A partire dal 15 aprile è possibile scoprire la limited edition realizzata in collaborazione con Rimowa presso il pop-up store firmato La Marzocco, insieme alle altre iconiche macchine della linea Home, tutte caratterizzate da un design ricercato e funzionale, e completamente customizzabili dagli esperti artigiani dello stabilimento di Firenze.

Il tiramisù (immagine concessa)

La speciale macchina creata in collaborazione sarà anche visibile presso il Rimowa Café presso lo Spazio Maiocchi, dallo stesso giorno.

Inoltre, a chi visita il pop-up store, viene regalato un gettone “caffè sospeso”, offerto da La Marzocco, fino ad esaurimento, da utilizzare presso alcuni dei suoi clienti finali, tra cui locali, bar e coffee shop in giro per la città.