Stefano, un ragazzo down di 29 anni, ha frequentato per oltre un mese il corso di barman con la sezione di Bari dell’Aipd, associazione italiana persone down. Come ultimo atto gli è stata consegnata una targa di riconoscimento: voto 10 su 10. Un’iniziativa simile è stata proposta al bar del Centro Borsalino di Alessandria (ne abbiamo parlato qui). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Daniele Leuzzi pubblicata sul quotidiano La Repubblica.
Il percorso formativo di Stefano con la sezione di Bari dell’Aipd
BARI – Caffè, cappuccino e cocktail analcolici shakerati. Sono ormai le specialità di Stefano, un ragazzo down di 29 anni che per oltre un mese ha frequentato il corso di avvicinamento al mondo del beverage in collaborazione con la sezione di Bari dell’Aipd, associazione italiana persone down.
Il progetto fa parte del bando comunale “Un negozio non è solo un negozio” a cui ha aderito il Tickety Boo, un coffee, cocktail e tapas bar a Torre a Mare sulla costa a sud del capoluogo pugliese.
L’idea di sviluppo commerciale prevede la creazione della prima forma di cocktail bar su due ruote, una bicicletta elettrica a pedalata assistita, con il massimo della tecnologia applicata al bar, “ready to drink” dal vano predisposto.
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La sede di Caffè Milani a Lipomo (immagine concessa)
LIPOMO (Como) – Seguire la via della seta, e dunque espandere le attività verso l’Oriente: Caffè Milani da 15 anni a questa parte si impegna per portare l’aroma del suo caffè nel mondo, affiancando nuovi mercati a quello italiano, in cui ha le sue solide radici. Da questo lavoro costante nasce un’espansione che guarda ad Est, sia per quanto riguarda l’Europa (dove è presente in particolare in Repubblica Ceca, Grecia, Bulgaria e Croazia), sia i territori asiatici, con un focus in Giappone, Hong Kong, la Corea e Taiwan.
L’espansione e i piani di Caffè Milani
In tutti questi casi, la forza trainante sono soprattutto i giovani abituati a viaggiare che, di ritorno dagli studi o da viaggi d’affari all’estero, portano con sé la nuova abitudine di bere caffè al bar; una consuetudine che si sta diffondendo nella classe media. Nel mondo del caffè dei Paesi orientali il made in Italy è particolarmente ricercato e la scelta ricade su brand con una forte tradizione, serietà e qualità dei prodotti come Caffè Milani.
Nello specifico del mercato asiatico, e di quello mediorientale, i locali dove si trova Caffè Milani sono posti esteticamente molto belli in cui il caffè è il focus primario.
Nell’arredamento queste caffetterie si ispirano alle caffetterie italiane tradizionali, dallo stile classico ed elegante.
Per quanto riguarda le attrezzature c’è grande predominanza e interesse per le macchine da caffè a leva che riprendono i modelli brevettati da Achille Gaggia degli anni ’40 del Novecento.
Una grande attenzione c’è per la latte art e per la preparazione del cappuccino, ma anche per drink al caffè ma in abbinamento ad altri ingredienti come thè matcha, frutta e gelato.
Il prossimo obiettivo a medio termine di Caffè Milani è di puntare in modo maggiore sull’export, che oggi copre il 10-15% circa del fatturato annuo, per portare fuori dai confini nazionali i valori che contraddistinguono da sempre l’azienda: la storicità, la tradizione familiare, e un prodotto di alta qualità.
Per il 2024 il piano commerciale e marketing prevede infatti una maggiore presenza nelle fiere di settore soprattutto per quanto concerne il mercato horeca.
L’obiettivo è di implementare i contatti nel nord Europa, dove c’è un’ottima cultura del caffè filtro ma non dell’espresso, con un focus specifico su Amsterdam e Amburgo, e il mercato degli Emirati (in particolare Dubai) e dell’Arabia Saudita, per poter raddoppiare la percentuale di fatturato dato dall’export nel corso dei prossimi anni.
Tra gli appuntamenti in programma ci sono:
• Saudi horeca: Riyadh, novembre 2023
• Horecava: Amsterdam, gennaio 2024
• Sigep: Rimini, gennaio 2024
“Caffè Milani vuole espandersi e portare i propri prodotti in mercati più ampi, e internazionali” dichiara Elisabetta Milani, terza generazione della famiglia e direttrice del marketing. “Vogliamo però incrementare l’export tenendo fede alla nostra tradizione familiare e aziendale, sempre avendo in mente i nostri valori e i nostri obiettivi, primo tra tutti la qualità, la storia, la cura di ogni dettaglio. È quello che ci contraddistingue da tre generazioni, ed è come vogliamo che ci conoscano anche fuori dall’Italia.”
In poche parole, Caffè Milani vuole portare le sue 7 note di aroma nel mondo:
Storia – la storia è famiglia, sapienza e cultura di una professione che con gli anni e l’esperienza si è evoluta e si è sviluppata in uno stile di torrefazione unico e speciale;
Cuore – il cuore è amore puro per il prodotto. Una passione che nasce spontanea nelle persone e che non è in vendita: il cuore che Milani ha sempre avuto per il caffè.
Forza – è l’energia usata in questi anni per raggiungere gli obiettivi ed è quella che servirà per continuare negli anni a venire. Il coraggio di andare avanti.
Anima – l’anima del caffè è la sua essenza, qualche cosa che va oltre il chicco. É l’emozione che evoca, l’aroma che rapisce, è quell’elemento che trasforma la tazzina in un’esperienza particolare.
Idee – non abbiamo mai avuto paura delle nuove idee. Idee per seguire e anticipare i gusti dei nostri clienti, per cavalcare le nuove tecnologie, rispettando il passato e scegliendo il meglio del futuro.
Carattere – un caffè di carattere ha una personalità spiccata che si distingue dagli altri. Ogni nostra miscela ha un suo carattere differente.
Armonia – è il connubio perfetto tra forza e morbidezza. Bilanciare è un’arte difficile che Caffè Milani è riuscita ad apprendere e che ha saputo amministrare con saggezza.
La scheda sintetica dell’azienda
1937, Como: Celestino Milani, diventa Mastro tostatore e decide di acquistare una piccola torrefazione locale, lasciandosi alle spalle la vita da barista, senza mai dimenticarla. Nasce così Caffè Milani, che da tre generazioni vede la famiglia, ora nelle persone di Pierluigi, il figlio di Celestino, e dei suoi due figli Elisabetta e Mattia, operare nel mondo della torrefazione del caffè e soprattutto dare vita a progetti, iniziative e prodotti che si esprimono nella passione di una vita.
Negli anni ’70 Caffè Milani si è spostato da Como a Lipomo, e nel 2017, in occasione degli 80 anni, ha inaugurato all’interno della sede, Esposizione Caffè Milani, uno spazio poli-funzionale in cui conoscere il caffè a 360° gradi.
Qui al profumo di caffè si unisce una location pensata per la formazione, alle visite in azienda, con un percorso dedicato alla storia aziendale, e uno spazio museale in cui si può visitare una micro-piantagione di caffè e ritrovare pezzi unici di design che aiutano a spiegare l’evoluzione del rito dell’espresso nel corso del tempo.
Una tazzina di caffè non è mai solo una tazzina di caffè: dietro i chicchi che sono stati macinati per produrla c’è un mondo intero, fatto di geografia, di luoghi, di storie di persone che si intrecciano, mani che compiono gesti sapienti, di porti, di ricerca, di design, di studio.
Le coltivazioni di caffè e cacao a Cuba (immagine concessa)
FIRENZE – Le viti allevate in nicchie ricavate nel terreno vulcanico di Lanzarote, ma anche il Prosecco le cui uve vengono raccolte a mano su ciglioni vitati con pendenza del 70% nell’area riconosciuta come Patrimonio Unesco; i vigneti terrazzati di Lamole nel Chianti Classico e quelli della Valtellina; i pistacchi coltivati sulle pendici dell’Etna e l’olio di Vallecorsa, prodotto su superfici rocciose nel Lazio.
I modelli di agricoltura tradizionale contro il climate change: il dibattito a Firenze
E ancora: la coltivazione combinata di caffè e cacao lungo il massiccio della Sierra Maestra a Cuba; la produzione di datteri in Tunisia, dove le palme ombreggiano i frutteti e gli ortaggi sottostanti; le rose per la realizzazione di tè e acqua di rose in Iran; gli isolotti semoventi coltivati sul Lago Inle in Myanmar.
Sono alcuni dei modelli di agricoltura tradizionale in grado di sfidare il climate change e ridisegnare la geografia del mondo, individuati in 4 anni di progetto internazionale co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e coordinato dall’Università di Firenze.
Agricoltura a Cuba (foto: Mauro Agnoletti)
Se ne parlerà mercoledì 8 novembre all’Auditorium Sant’Apollonia (via San Gallo 25, Firenze) dalle ore 10, in occasione di “Tradizione per la Transizione: l’Agricoltura della Resilienza”, giornata di studi che vedrà gli interventi dei rappresentanti di FAO, Unesco, università, Ministero dell’Agricoltura, delle Foreste e della Sovranità alimentare, Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Regione Toscana e territori.
Al centro del dibattito una riflessione sui modelli di agricoltura tradizionali che possono contrastare gli effetti del cambiamento climatico (adattandosi e riducendo i consumi energetici), fornire sostentamento economico e in termini di cibo alle popolazioni locali e contribuire pertanto a ridurre i flussi migratori di natura economica e climatica.
Ma anche contrastare gli effetti dei conflitti, come nel caso della guerra in Ucraina, dove a pagare il prezzo maggiore della carenza di grano sono stati i Paesi del sud del mondo.
Il programma
Apre i lavori alle ore 10 Mauro Agnoletti, titolare della Cattedra Unesco Paesaggi del patrimonio agricolo (UNI FI) e Coordinatore scientifico del progetto.
Previsti gli interventi di Stefania Saccardi, vice-presidente della Regione Toscana, Luca De Carlo, presidente commissione Agricoltura del Senato, Sergio Marchi, capo segreteria tecnica ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), Maurizio Martina, vice-direttore aggiunto FAO, Bruno Archi, rappresentante permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite a Roma, Simone Orlandini, direttore dipartimento Dagri Università degli Studi di Firenze, Daniela Toccafondi, presidente PIN – Polo Universitario Città di Prato.
Tra gli speaker Cristian Giardina – USDA Research Center Hawaii, USA, Angelo Barone, presidente Consulta Nazionale dei Distretti del Cibo, Carlo Francini, Coordinatore rete italiana siti Unesco, Canio Alfieri Sabia, direttore generale sviluppo economico, lavoro e i servizi alla comunità della Regione Calabria.
Il pomeriggio sarà dedicato alle best practices individuate in Italia, per conoscere come la riscoperta dei modelli agricoli tradizionali ha impattato sul territorio rurale, sia dal punto di vista della qualità della vita che di attrazione turistica e di ritorno in termini economici.
Un viaggio tra prodotti enogastronomici d’eccellenza e paesaggi del Paese iscritti nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici del Masaf, guidati dalla voce di sindaci, consorzi e imprenditori agricoli: dalle colline del Prosecco, recentemente riconosciute anche patrimonio Unesco, all’area dove nasce il vino Soave, sito iscritto nel Programma FAO GIAHS in Veneto, dalla Valdichiana, che ancora porta le tracce della bonifica promossa dal Granduca Leopoldo di Lorena, alle pendici terrazzate della Valtellina, dal paesaggio storico di Lamole ai vigneti recuperati sull’Isola del Giglio, passando per i castagneti plurisecolari di Moscheta, sull’Appennino Tosco-Emiliano, e i paesaggi policolturali di Fibbianello, Trequanda, Pienza e Montepulciano.
Il progetto
L’appuntamento nasce come giornata di studi conclusiva del progetto “Building capacity: corso internazionale avanzato applicativo su GIAHS (Globally Important Agricultural Heritage Systems) per la valutazione della resilienza in tre diversi contesti socio-ambientali e bioculturali: Africa, Asia e America Latina”, iniziativa collegata al Programma FAO GIAHS e co-finanziata dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) che vede come soggetto attuatore il Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze e il Polo universitario città di Prato (PIN) in qualità di partner.
In quattro anni di progetto sono state sviluppate 4 edizioni di un Master Internazionale diretto a formare veri e propri manager del territorio rurale, provenienti da Asia, Africa, Centro e Sud America, ma anche dall’Europa, in grado di identificare e gestire siti caratterizzati dalla presenza di sistemi agro-silvo-pastorali di tipo tradizionale che continuano ad assicurare il mantenimento delle conoscenze ancestrali, dell’agro-biodiversità, dei valori culturali e del paesaggio.
In quattro anni di master sono stati formati oltre 60 studenti, di cui 29 donne, provenienti da 25 Paesi diversi, tra cui Kenya, Etiopia, Tunisia, Cuba, Colombia, El Salvador, Pakistan, Somalia e Myanmar e sono stati individuati 40 paesaggi agricoli potenzialmente iscrivibili al Programma GIAHS della FAO: i risultati del progetto sono stati oggetto di 12 articoli e 4 monografie scientifiche.
La mostra
Proprio questi luoghi sono al centro della mostra fotografica “Patrimonio agricolo mondiale: alla scoperta dell’agricoltura della resilienza” che sarà presentata in anteprima all’Auditorium Sant’Apollonia durante la giornata dell’8 novembre.
La mostra, destinata a diventare itinerante, è organizzata da Horizons s.r.l. spin-off dell’Università di Firenze nell’ambito delle attività del progetto “GIAHS Building Capacity”.
Estathé, marchio appartenente al Gruppo Ferrero, raggiunge il terzo posto tra tutte le bevande soft drink e raggiunge il podio per il drink più venduto senza bollicine. L’azienda ha fatto registrare un più 20% nei primi sei mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022 con un valore di vendite complessivo di 472 milioni di euro. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su La Voce di Alba.
Estathé
MILANO – Secondo Assobibe, Estathé è la bevanda senza bollicine più venduta nella grande distribuzione in Italia e la terza in assoluto tra tutti i soft drink, dietro colossi inarrivabili come Coca-Cola e Coca-Cola Zero.
Estathé ha fatto registrare un più 20% nei primi sei mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022.
Numeri clamorosi, come le 8 milioni di famiglie italiane nelle quali sarebbe presente, con un valore di vendite di 472 milioni di euro, (fonte NielsenIQ).
A rendere il quadro più sorprendente anche la costanza del mercato: il 58% delle vendite è realizzato fuori dal periodo estivo.
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MILANO – I maxi schermi video della diretta e le luci che illuminano il palco delle competizioni iridate organizzate dalla Specialty coffee Association (SCA), spesso hanno incorniciato diversi nomi di giovani italiani: sono in tanti che si sono distinti per passione, competenze e impegno prima a livello nazionale e poi mondiale.
Il loro duro lavoro è poi diventato fonte di ispirazione per altre nuove leve del settore, anche al di fuori dell’ambiente dei campionati, mettendo in moto un circolo virtuoso di formazione ed educazione attorno all’espresso italiano e al caffè in generale.
Ma il circuito SCA non è il solo ad esistere tra le opzioni a disposizione di chi vuole mettersi in gioco: Aicaf, Iei, Trismoka e Maestri dell’espresso junior, sono le principali tra le altre occasioni per affinare le proprie skills.
La prima domanda che ci si potrebbe fare dunque di fronte a così tante scelte è: qual è la differenza e perché partecipare ad una di queste sfide rispetto che ad un’altra?
E un’ulteriore questione da porsi è: a che punto siamo arrivati nel parco gare?
Da sempre specchio di quello che accade più in generale nell’intero settore caffetteria-ospitalità, oggi rappresentano ancora un momento di grande attrattività per i giovani interessati a fare questo mestiere ad alti livelli?
In un momento complesso come quello che sta affrontando qualsiasi ristorante, locale, bar, in cui il personale formato o ancora più in generale lo spazio per la formazione stanno venendo a mancare, la Specialty Coffee Association ha ancora la capacità di esser l’alternativa propositiva per tutti i suoi soci di trainer, imprenditori, baristi, torrefattori e tanti altri attori del settore?
Per affrontare tutti questi temi appena citati, abbiamo cercato un punto di vista informato e trasversale, e lo abbiamo individuato in Cristina Caroli, già Coordinatrice Sca Italy, da sempre sostenitrice delle competizioni e dell’associazionismo, sempre in chiave della valorizzazione della figura del barista e della qualità del caffè, anche attraverso gli incontri, la comunicazione, la competizione.
Ecco l’intervista che ci ha rilasciato:
SCA non è più l’unica a proporre un modo per gareggiare da baristi: come ci si può orientare tra i diversi circuiti?
“Ci sono tante correnti e altrettante scuole e non soltanto di pensiero ma proprio di formazione, all’interno delle quali si sviluppano le competenze di un barista: tutte naturalmente poi confluiscono nella competizione, che è un’espressione della preparazione che lo stesso professionista ha potuto acquisire.
Al netto di questa premessa, c’è anche da dire che il mood delle gare innanzitutto è qualcosa che un individuo sente dentro: è possibile quindi essere un grande barista senza aver partecipato ad un campionato e, viceversa. Sarebbe troppo facile pensare che soltanto con l’iscrizione, si diventi un professionista.
I ragazzi che trovano la spinta e hanno possibilità di inserirsi in queste competizioni, sono assorbiti da varie correnti.
Tra le diverse tipologie di gare, effettivamente può non esserci un interscambio: chi frequenta un circuito, lo fa perché è entrato già a far parte di quel determinato mondo, magari proprio a partire dalla formazione o dall’utilizzo di prodotti specifici.
So bene che chi gareggia fuori dalla SCA, spesso afferma che questo campionato sia elitario e non inclusivo. Ma il vero dato di fatto è che il campionato SCA è stato il primo ed è tutt’ora unico per complessità e diversificazione delle numerose discipline in cui un barista può esprimersi ed eccellere.
L’unico veramente strutturato e rappresentativo a livello mondiale, con presenza capillare e significativa di decine e decine concorrenti di tutti i Paesi: ricordo che a questo circuito partecipano, nella fase mondiale, una settantina di Paesi, davvero una grande sfida per i concorrenti su di un palco che non ha confronti.
Un sistema gare che può contare su di un’organizzazione pazzesca, la WCC (World Coffee Competitions) e i suoi giudici, con regolamenti applicati globalmente ed estremamente specifici, che vengono aggiornati e migliorati anche attraverso i feedbacks dei partecipanti o a seguito di casi significativi; regolamenti che definiscono gare multi sfaccettate e skills molto elevate, che mettono alla prova già nella fase nazionale in cui vengono adottati.
Quelle di SCA sono gare nelle quali la qualità del caffè ha una grande importanza, è vero
Ma questo è coerente perché già la filosofia dello Specialty a monte dà molto valore a questa materia prima, ma è interessante notare che, negli ultimi regolamenti e schede di valutazione, la figura professionale del barista è stata messa in evidenza ancora di più, in antitesi con il pregiudizio diffuso che queste gare si basino prevalentemente sulla scelta di un caffè costoso (che non garantisce assolutamente la vittoria… come ampiamente dimostrato).
Ora c’è un ancora maggiore focus sulla capacità descrittiva dei flavours, sulla capacità di coinvolgimento da parte del barista, sulle sue stesse skills tecnico-professionali.
Un discorso a parte è quello dei circuiti organizzati da Trismoka o da Illycaffè-Cimbali Group, in quanto rivolti a ragazzi delle scuole e in questo hanno un grande merito: rivolgersi ai giovanissimi e coprire quella fascia di età che sfugge a SCA, che non ammette i minorenni alle gare, e che può rappresentare un prezioso vivaio di talenti.
Come dicevo, quello di SCA ha una immeritata nomea di essere un campionato snob, di nicchia, a causa di alcuni che lo denigrano in quanto non vogliono misurarsi con la sua complessità e cercano altre vie “semplificate” (è un po’ la favola della volpe e l’uva), ma il suo prestigio non è in discussione perché deriva dalla sua grande tradizione, organizzazione, struttura, che si basa su professionisti fortissimi, competenti, di livello internazionale.
È semplicemente il massimo campionato che piaccia o meno.”
Detto questo, oggi le gare SCA sono ancora una realtà molto seguita dai giovani?
“Ma certo che lo sono, però di lì a diventarne parte ce ne corre. Un motivo è la crisi in generale che ha tolto i margini.
La vita costa tantissimo, l’offerta lavorativa a volte è mal remunerata, i ragazzi hanno già dimostrato di andare verso scelte di vita diverse: il week end libero, orari meno impegnativi, scarsa propensione alla gavetta formativa quando viene seriamente offerta. Figuriamoci l’idea di sacrificare week end interi oppure ore serali per allenamenti.
D’altro lato i datori di lavoro, anch’essi toccati dalla crisi hanno meno propensione a sostenere i dipendenti che si vogliono presentare, sia sponsorizzandoli, che coprendo le ore di allenamento con altri dipendenti, visto che i locali lavorano sotto organico… Da qui la carenza di nuovi volti e di iniziative, proprio a causa della crisi strisciante che sta colpendo il settore.
Quindi la flessione di adesioni di cui a volte si parla non è una disaffezione. Nasce da una difficoltà comune, perché la crisi colpisce tutti e da una offerta anche di altre competizioni che assorbono partecipanti.
C’è un altro fatto: una problematica di tipo sociale o per meglio dire social
Secondo la mia visione, i ragazzi si proiettano molto sui social e in essi si vogliono vedere come vincenti, campioni, o addirittura essere desiderabili come brand ambassador. Quindi è necessario un tipo di successo immediato, che però quasi nessuno riesce a ottenere al primo tentativo.
Ecco che il mondo dei campionati SCA, con la sua selettività, comporta l’incertezza di passare le selezioni o l’esposizione mediatica di un eventuale mancato primo posto, il che rende meno invitante il mettersi in gioco.
Ci vuole la capacità di credere in sé stessi e di lasciarsi alle spalle gli attacchi dei leoni da tastiera. Molti preferiscono saturare i propri profili di foto accattivanti dietro il bancone, magari con il proprio cappuccino decorato dopo chissà quanti tentativi, per avere likes e la fama di essere “personaggi di successo”.
La verità è che tre anni di Covid hanno scavato un solco che si fa fatica a recuperare. È cambiato il mondo e insieme ad esso, il settore. Lo dico con franchezza, si è spostata la soglia del sacrificio e molti oggi non hanno più voglia di investire così tanto di sé stessi nel lavoro necessario alla preparazione delle gare.
Ora i ragazzi non vogliono fare il barista come professione e allo stesso modo non vogliono neppure competere. Ci sono dei grossi compromessi di vita da superare, delle gavette da fare, situazioni in cui non si riesce a esprimere ciò che si sa fare. Sono cambiati i valori: un tempo i ragazzi che partecipavano alle competizioni SCA sognavano di aprire il proprio locale. Ora non è più cosi, perché è troppo difficile farlo.
Tutti questi fattori hanno inciso sullo stato attuale delle gare.
Non mi stupisco che ci siano meno iscritti di un tempo, è una conseguenza di molteplici cause. Di sicuro è un circuito che richiede tempo, investimenti, l’acquisto di un caffè che sia all’altezza dell’Associazione che ci sta dietro e che parla di qualità: ricordiamoci che SCA non agisce come un’azienda commerciale che promuove il proprio caffè.
Certo, anche SCA ha degli sponsor, senza i quali non vi sarebbe il circuito, ma resta la Specialty Coffee Association, che desidera puntare i riflettori sulla materia prima e sulla sua filiera.
E per chi è spaventato dal costo del caffè, porto la esperienza della prima gara di brewing nazionale che mio marito Alessandro Galtieri ha vinto, quando ha portato un caffè di Rubens Gardelli, di un lotto acquistato normalmente in pacchetti da 250 g., lo stesso che poteva acquistare on line qualunque coffee lover.
La leggenda dei caffè che devono costare cifre iperboliche si può sfatare.
Si possono acquistare caffè interessanti e di qualità senza svenarsi: è sufficiente prendere contatti con un micro torrefattore, con il quale è possibile raggiungere un accordo di visibilità conveniente per entrambi.
Non si compete soltanto con un’origine da 1.000 euro al chilo, anzi sarebbe ora di partecipare con caffè anche meno complicati ma di cui si è in grado di valorizzare le caratteristiche e descrivere con precisione i veri flavour.”
Ma quanto può costare affrontare un campionato Italiano SCA?
L’esultanza di Alessandro Galtieri campione italiano Brewers Cup
“Non esiste un tetto massimo di spesa e ci sono delle differenze da considerare. Nella esperienza legata a mio marito Alessandro Galtieri nel campionato italiano 2018, posso affermare di aver acquistato circa due chili di caffè da competizione, per poco più di 100 euro al chilo.
Poi ovviamente si devono considerare, i caffè di allenamento, le attrezzature e gli accessori per l’estrazione, i viaggi – ogni gara ha costi diversificati – e così dalle selezioni ai nazionali si raggiunge diciamo un minimo di circa 1.500 euro di budget spalmato su vari mesi, ma ripeto è veramente difficile quantificare, ci sono troppe variabili e non voglio dare informazioni errate.
Il problema vero però è anche il tempo.
Dal momento che si decide di investire danaro in una gara, c’è un’aspetto di sacrificio, di ore, di giorni, di serate, la consapevolezza di quello che si va a fare, la serietà e l’abnegazione: tutti i grandi campioni hanno messo tantissimo sul piatto, non c’è stato nessun successo regalato, ma guadagnato.“
Essere i vincitori di questi campionati fa poi davvero la differenza? C’è un ritorno dell’investimento economico e delle energie spese?
“SCA ha creato un sistema di gare che ha nobilitato una professione che prima era considerata come di poco valore. Ha fatto evolvere il settore e l’industria stessa del caffè. È il circuito più importante, la differenza c’è: essere Campioni italiani o del mondo del circuito SCA fa la differenza, proprio per la selettività e struttura del circuito, è prestigioso.
Una volta che si vince poi, come accade ovunque, bisogna lavorare, o i premi stanno sullo scaffale a prendere polvere.
Quindi chi compete per diventare famoso sui social per essere il numero uno o per esibire una coppa, sta inseguendo un traguardo effimero, il mondo corre veloce, tutto viene dimenticato.
Per contro ci sono concorrenti che non hanno mai vinto un campionato, pur avendo partecipato diverse volte, che sono dei grandi professionisti e si muovono anche all’interno di aziende prestigiose; ci sono invece baristi vittoriosi che non sembrano avere avuto lo stesso successo.
Si tratta di una opportunità, una di quelle famose Sliding Doors, porte che si aprono, opportunità che si presentano e che possono essere colte o create: di sicuro vi posso dire che è molto più difficile crearle senza avere mai partecipato a questo circuito, una esperienza che resta sempre una bella carta da giocare quando ci si presenta.”
SCA Italy invece sta attraversando la stessa crisi del mondo delle gare?
“Come potrebbe essere diversamente?
Prima del Covid c’era un volano che si stava sviluppando in un modo quasi esaltante, lo Specialty era esploso in Italia.
Le aziende ritenevano che l’iscrizione a SCA dimostrasse qualcosa, una direzione orientata su un percorso di qualità, mi creda, per molte SCA ITALY è stata una concreta opportunità di visibilità e di business.
Con la pandemia e l’impossibilità di fare corsi di formazione in presenza, fiere, manifestazioni come le gare, il problema si è fatto importante, perché bisogna sempre considerare che le persone e le aziende sono coloro che compongono le Associazioni, e se la crisi morde loro, di riflesso SCA ITALY ne è vittima.
Ora che le aziende sono in ripresa come pure eventi e manifestazioni, si può nuovamente ricreare il circuito virtuoso che è mancato a tutti.
Siamo una Associazione molto autorevole che può e deve dire la sua, non dobbiamo mai smettere di farci sentire e di prendere posizione: la pandemia è alle spalle ed è indispensabile guardare al futuro, recuperare contatti e idee, è il momento per proporsi ancora con maggiore forza quale punto di riferimento aggregativo di un mondo del caffè basato su qualità, principi e professionalità ed in cui trovare reciproche opportunità.”
BINASCO (Milano) – Cimbali Group, tra i principali produttori di macchine professionali per caffè e bevande a base di latte e di attrezzature dedicate alla caffetteria, ha sostenuto per il quinto anno consecutivo Elle Active!, il prestigioso forum di Elle che promuove l’empowerment femminile, supportando le donne nel raggiungimento dei propri obiettivi professionali e incoraggiando la parità di genere.
Cimbali Group insieme a Elle Active! per la parità di genere
L’evento, che si è svolto il 4 e 5 novembre 2023 presso l’Università Cattolica, ha visto susseguirsi sessioni in plenaria, masterclass, sedute di mentoring, allenamenti e momenti di pausa caffè, a cui hanno partecipato numerosi ospiti.
Cimbali Group ha riaffermato il suo costante impegno a sostenere progetti volti a promuovere l’empowerment femminile nel contesto lavorativo, con l’obiettivo di esplorare e narrare le nuove professioni del futuro.
Questo impegno si integra in modo sinergico con il percorso di sviluppo delle politiche di sostenibilità avviato dall’azienda negli ultimi anni, che va oltre la mera ottimizzazione dei processi produttivi, abbracciando una visione più ampia e inclusiva.
In particolare, il tema di Elle Active! 2023 è stato quello della leadership al femminile, introdotta in particolare dopo alla pandemia e incentrato su valori come fiducia, libertà, cura e benessere.
Un tipo di leadership trasformativa ed empatica, che ripropone l’importanza delle soft skills più che di titoli predefiniti.
All’interno di questo macrotema si è inserita la masterclass di cui è stato protagonista Cimbali Group sabato 4 novembre, dal titolo “la tecnologia e l’empatia per creare valore”.
La masterclass è stata tenuta da Manuela di Fiore, digital solutions manager, e Andrea Crocilla, group talent manager.
Il momento dedicato al percorso professionale e personale di Manuela di Fiore è stato un’opportunità unica per esplorare una serie di temi cruciali per lo sviluppo individuale e professionale.
Questi temi hanno incluso la tecnologia, la ricerca e l’acquisizione di competenze allineate alle passioni personali, l’importanza dell’ascolto e dell’empatia nella creazione di valore per gli stakeholder e l’azienda.
Manuela di Fiore ha condiviso la propria esperienza in questi ambiti, offrendo preziosi insights su come navigare nel mondo in continua evoluzione della tecnologia.
Ha esplorato l’importanza di identificare e coltivare competenze che riflettano le passioni individuali, incoraggiando i partecipanti a perseguire i propri interessi con determinazione. Inoltre, ha messo in evidenza come l’ascolto e l’empatia siano fondamentali per costruire relazioni positive con gli stakeholder e per contribuire al successo dell’azienda.
Gli argomenti affrontati durante questa masterclass hanno fornito una solida base per la crescita personale e professionale, aiutando i partecipanti a sviluppare competenze chiave e a creare valore sia per sé stessi che per le organizzazioni in cui operano.
Nella stessa giornata, Andrea Crocilla si è impegnato attivamente nel supporto alle donne nel mondo del lavoro attraverso la conduzione di sessioni di orientamento e mentoring pratico.
Durante questi incontri, l’obiettivo principale è stato quello di promuovere l’empowerment delle donne, fornendo loro strumenti e conoscenze fondamentali per crescere professionalmente.
Andrea Crocilla ha condiviso preziosi consigli, aiutando le partecipanti a definire e perseguire un percorso di successo nella propria carriera. È stata un’opportunità unica per le donne di ricevere supporto pratico e ispirazione per raggiungere i propri obiettivi professionali.
LaCimbali S60 (immagine concessa)
I partecipanti all’evento Elle Active! hanno anche avuto l’opportunità di godersi un momento di pausa caffè presso i due Coffee Corner allestiti all’interno dell’Università Cattolica.
Qui, le partecipanti hanno avuto la possibilità di assaporare una tazza di caffè di alta qualità, preparata con le macchine LaCimbali S60 e LaCimbali S30, che garantiscono sempre una straordinaria esperienza di gusto.
La scheda sintetica di Cimbali Group
Cimbali Group è tra i principali produttori di macchine professionali per caffè e bevande a base di latte e di attrezzature dedicate alla caffetteria.
Il Gruppo, di cui fanno parte i brand La Cimbali, Faema, Slayer e Casadio, opera attraverso tre stabilimenti produttivi in Italia e uno negli Stati Uniti (a Seattle, dove vengono prodotte le macchine a marchio Slayer), impiegando complessivamente circa 850 addetti.
L’impegno del Gruppo per la diffusione della cultura del caffè espresso e per la valorizzazione del territorio si è concretizzato nel 2012 con la fondazione del MUMAC – Museo della Macchina per Caffè, la prima e più grande esposizione permanente dedicata alla storia, al mondo e alla cultura delle macchine per il caffè espresso situata all’interno dell’headquarter di Cimbali Group a Binasco.
MUMAC ospita MUMAC Academy, l’accademia della macchina per caffè di Cimbali Group, centro di formazione, divulgazione e ricerca.
MILANO – Crolla l’export mondiale di caffè nel 2022/23. Secondo i dati contenuti nel report mensile Ico, le esportazioni di caffè in tutte le forme hanno segnato, nell’annata caffearia trascorsa (ottobre 2022 – settembre 2023), una flessione del 5,6% – pari a 7,3 milioni di sacchi in meno – fermandosi a 122,988 milioni. Dalle serie storiche, questo dato ci risulta essere il più basso dal 2017/18.
In calo generalizzato gli imbarchi di arabica, che scendono a 73,658 milioni, da 81,402 milioni un anno fa: un calo secco del 9,5%.
Le esportazioni di colombiani dolci, altri dolci e brasiliani naturali subiscono una flessione, nell’ordine, del 11%, 10,8% e 8,1% attestandosi rispettivamente a 11,85, 24,894 e 36,914 milioni.
La maggiore domanda, legata anche alla crisi economica, ha portato invece a una ripresa delle esportazioni di robusta, che risalgono a 49,329 milioni, con un incremento dello 0,9%.
L’andamento negativo si è accentuato a settembre, con un calo a doppia cifra dell’export mondiale (-13,4%), a 8,608 milioni. Volumi in caduta libero sia per gli arabica (-12%) che per i robusta (-15,8%). In controtendenza i soli colombiani dolci (+4,9%), mentre i volumi di altri dolci e brasiliani naturali sono diminuiti rispettivamente del 17,1% e del 13,5%.
Export mondiale di caffè in tutte le forme (fonte: Ico)
L’export di caffè verde per l’annata 2022/23 segna analogamente una flessione del 5,5% scivolando a 110,81 milioni, dai 117,28 del 2021/22. Su questa evoluzione negativa ha indubbiamente influito la debolezza del quadro macroeconomico generale, il caro vita e il calo della fiducia dei consumatori.
Ma a giudizio dell’Ico, le motivazioni principali vanno ricercate altrove, ossia nei problemi logistici e nelle consistenti scorte costituite dai paesi consumatori sin dalla metà del decennio scorso, alle quali si è dato fondo nei 12 mesi trascorsi limitando gli acquisti.
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Il premio Best Managed Companies a Simonelli Group (immagine concessa)
MILANO – Simonelli Group è tra le vincitrici della sesta edizione del Best Managed Companies Award, il premio per le eccellenze imprenditoriali del made in Italy promosso da Deloitte Private, con la partecipazione di Altis – Graduate School of Sustainable Management dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Elite-Gruppo Euronext e Piccola Industria di Confindustria.
Simonelli Group premiata con il Best Managed Companies Award
Sono 79 le realtà imprenditoriali italiane premiate in questa sesta edizione, valutate sui parametri di “strategia”, “competenze e innovazione”, “impegno e cultura aziendale”, “governance e misurazione delle performance”, “corporate social responsibility”, “internazionalizzazione e filiera”.
Nelle parole di Ernesto Lanzillo, partner Deloitte e leader di Deloitte Private dell’area Central Mediterranean (Italia, Grecia e Malta): “Il premio non rappresenta solo un riconoscimento per le eccellenze dell’imprenditoria italiana per quanto già realizzato, ma è un vero e proprio programma di crescita pluriennale in cui le realtà partecipanti vengono affiancate da esperti di Deloitte in un percorso che ne stimola iterativamente lo sviluppo e potenziamento rispetto a parametri fondamentali di successo dell’Award e che sono cruciali per la gestione di un’impresa”.
Per la prima volta quest’anno Simonelli Group si aggiudica il prestigioso premio che testimonia il suo impegno verso una crescita economica competitiva e sostenibile, che fa leva sul talento delle sue risorse e su una leadership preparata e ispirata da valori e visioni di lungo periodo.
“Siamo orgogliosi di questo traguardo che rappresenta per noi tutti un importante riconoscimento del lavoro fatto e, ancora di più, uno stimolo a continuare nella direzione di una crescita basata su innovazione, sostenibilità, servizio e formazione continua”, afferma Marco Feliziani, ceo di Simonelli Group.
Le catene distributive e i mercati di sbocco delle produzioni food&beverage sono stati i temi trattati nel dibattito agli Stati Generali del mercato Food & Beverage organizzati dalla Federazione Italgrob a Roma. Sono stati coinvolti tutti i principali player del mercato, dai produttori (Centromarca) ai ristoratori (Fipe), fino ad arrivare al canale dei consumi domestici (Federdistribuzione) e al canale horeca rappresentato dalla Federazione Italgrob. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul quotidiano Il Messaggero.
Il valore del mercato del food&beverage
MILANO – Fra consumi domestici e consumi extradomestici, il valore del mercato del food&beverage è di oltre 200 miliardi di euro. Si tratta di un asset fondamentale per l’economia del Paese che partendo dalle produzioni agricole, passando per le industrie di trasformazione, distribuzione, punti vendita e punti di consumo occupa circa 2 milioni di persone.
Secondo lo studio realizzato dalla società di ricerche e analisi di mercato Circana, presentata da Marco Colombo, che ha analizzato i dati e trend in atto, sia nel canale retail sia nel canale horeca, dopo aver recuperato le gravi perdite accusate nel periodo pandemico, il comparto della distribuzione alimentare e bevande è tornato ai livelli di volume del 2019.
Tuttavia, sotto la pressione delle dinamiche inflattive degli ultimi dodici mesi, che hanno generato un aumento dei prezzi di oltre il 7%, la tendenza positiva che ancora si leggeva ad inizio anno si sta progressivamente esaurendo proiettando una chiusura d’anno in parità con il 2022.
Prospettive di mercato per il 2024
Le prospettive per l’anno a venire sui consumi fuori casa rimangono poco ottimistiche. In misura più rilevante, la distribuzione moderna, toccata da una crescita dei prezzi media dell’11,2% nell’anno, ha subito una riduzione degli acquisti di oltre il 2%.
Nello specifico, per quanto i fattori climatici siano stati favorevoli ai consumi di settore, la distribuzione di bevande all’ingrosso ha visto nei primi nove mesi dell’anno un effetto inflazione pari al 6,9% e vendite verso i canali di sbocco ancora poco sopra la parità in confronto ad incrementi prezzo del 10,5% nella Grande Distribuzione con un rispettivo -4% di sell-out.
All’evento hanno preso parte, tra gli altri: Dino Di Marino, direttore generale di Italgrob. Fra i presenti, le più importanti aziende di produzione e distribuzione del comparto Horeca e i massimi dirigenti delle associazioni di categoria: Vittorio Cino direttore generale Centromarca, Giorgio Santambrogio vicepresidente Federdistribuzione; Luciano Sbraga direttore Centro studi Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe), Francesco Maietta responsabile dell’area Politiche sociali del Censis.
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Lo stipendio base di un barista Starbucks negli Stati Uniti può oscillare da $8 a $12 l’ora. Questa cifra è destinata a crescere di almeno il 3% stando alla dichiarazione dell’azienda con sede a Seattle. Questo però accadrà solo negli Stati Uniti. La situazione nel Bel Paese invece non accenna a cambiare. Secondo Indeed, un barista di Starbucks può arrivare a guadagnare circa 940 euro mensili: uno stipendio che viene considerato del 17% inferiore rispetto alla media nazionale.
Ma in Italia, al contrario degli Stati Uniti, non sono previsti ancora aumenti per i lavoratori della catena. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Market Screener.
L’aumento di stipendio dei lavoratori Starbucks negli Stati Uniti
SEATTLE – Starbucks aumenterà la paga oraria dei suoi lavoratori al dettaglio negli Stati Uniti di almeno il 3% a partire dal 2024, ha dichiarato lunedì, mentre progetta di espandere il numero dei suoi negozi grazie alla forte domanda dei suoi caffè da parte di una clientela più giovane e più ricca.
La settimana scorsa l’azienda aveva dichiarato che avrebbe aumentato il numero di negozi a livello globale a 55.000 entro il 2030, rispetto a 38.000, puntando a raddoppiare il reddito orario dei baristi nei prossimi due anni rispetto ai livelli del 2020, grazie a un aumento delle ore di lavoro e a una retribuzione più elevata.
L’azienda ha dichiarato che i dipendenti con un’anzianità di servizio compresa tra i due e i cinque anni avrebbero diritto ad un aumento di almeno il 4%, mentre quelli con cinque o più anni potrebbero ottenere un aumento di stipendio di almeno il 5%.
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