mercoledì 10 Aprile 2024
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Export mondiale in calo del 5,6% a 123 milioni di sacchi, minimo dall’annata 2017/18

In calo generalizzato gli imbarchi di arabica, che scendono a 73,658 milioni, da 81,402 milioni un anno fa: un calo secco del 9,5%. Le esportazioni di colombiani dolci, altri dolci e brasiliani naturali subiscono una flessione, nell’ordine, del 11%, 10,8% e 8,1% attestandosi rispettivamente a 11,85, 24,894 e 36,914 milioni. L’export di caffè verde per l’annata 2022/23 segna analogamente una flessione del 5,5% scivolando a 110,81 milioni, dai 117,28 del 2021/22

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MILANO – Crolla l’export mondiale di caffè nel 2022/23. Secondo i dati contenuti nel report mensile Ico, le esportazioni di caffè in tutte le forme hanno segnato, nell’annata caffearia trascorsa (ottobre 2022 – settembre 2023), una flessione del 5,6% – pari a 7,3 milioni di sacchi in meno – fermandosi a 122,988 milioni. Dalle serie storiche, questo dato ci risulta essere il più basso dal 2017/18.

In calo generalizzato gli imbarchi di arabica, che scendono a 73,658 milioni, da 81,402 milioni un anno fa: un calo secco del 9,5%.

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Le esportazioni di colombiani dolci, altri dolci e brasiliani naturali subiscono una flessione, nell’ordine, del 11%, 10,8% e 8,1% attestandosi rispettivamente a 11,85, 24,894 e 36,914 milioni.

La maggiore domanda, legata anche alla crisi economica, ha portato invece a una ripresa delle esportazioni di robusta, che risalgono a 49,329 milioni, con un incremento dello 0,9%.

L’andamento negativo si è accentuato a settembre, con un calo a doppia cifra dell’export mondiale (-13,4%), a 8,608 milioni. Volumi in caduta libero sia per gli arabica (-12%) che per i robusta (-15,8%). In controtendenza i soli colombiani dolci (+4,9%), mentre i volumi di altri dolci e brasiliani naturali sono diminuiti rispettivamente del 17,1% e del 13,5%.

Export mondiale di caffè in tutte le forme (fonte: Ico)

L’export di caffè verde per l’annata 2022/23 segna analogamente una flessione del 5,5% scivolando a 110,81 milioni, dai 117,28 del 2021/22. Su questa evoluzione negativa ha indubbiamente influito la debolezza del quadro macroeconomico generale, il caro vita e il calo della fiducia dei consumatori.

Ma a giudizio dell’Ico, le motivazioni principali vanno ricercate altrove, ossia nei problemi logistici e nelle consistenti scorte costituite dai paesi consumatori sin dalla metà del decennio scorso, alle quali si è dato fondo nei 12 mesi trascorsi limitando gli acquisti.

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