martedì 02 Settembre 2025
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Giuseppe Lavazza nominato presidente del Centro Luigi Einaudi di Torino

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giuseppe lavazza
Giuseppe Lavazza è il presidente del Gruppo Lavazza e del Comitato italiano del caffè in Union Food (immagine concessa)

Giuseppe Lavazza nominato presidente del Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi di Torino, subentrando a Beppe Facchetti. L’elezione è avvenuta nel pomeriggio del 19 giugno. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Pietro Mella Bitti per il portale Torino Cronaca.

Giuseppe Lavazza alla guida del Centro Luigi Einaudi

TORINO – Il mondo della cultura economica e politica italiana ha da oggi un nuovo punto di riferimento: Giuseppe Lavazza è stato nominato presidente del Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi di Torino, subentrando a Beppe Facchetti, che ha guidato l’istituzione per sei anni, durante un periodo segnato da pandemia e crisi geopolitiche globali.

L’elezione è avvenuta nel pomeriggio del 19 giugno, al termine dell’assemblea dei soci che ha approvato il bilancio 2024 e proceduto al rinnovo delle cariche. La nomina di Lavazza è stata proposta dallo stesso presidente uscente ed è stata accolta dal nuovo Comitato direttivo, anch’esso rinnovato.

Classe 1965, Giuseppe Lavazza è entrato nel gruppo familiare nel 1991, dopo un’esperienza lavorativa a Londra. Dal 2005 al 2011 ha ricoperto il ruolo di Strategic Marketing Director, assumendo nel 2008 anche la carica di Vicepresidente del CdA, mantenuta fino al 2023, quando è stato nominato Presidente della Luigi Lavazza S.p.A.

È inoltre membro del CDA della Fondazione Lavazza Onlus, della Finlav S.p.A. (la holding di famiglia), e dello Steering Committee di International Coffee Partners, rete impegnata nel supporto ai coltivatori di caffè. È anche Presidente del Comitato Italiano del Caffè. Nel 2019 è stato insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come fu per suo padre Emilio Lavazza nel 1991.

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Dersut Caffè ospita le semifinali e la finale italiana di Espresso Italiano Champion

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La famiglia Caballini di Sassoferrato (immagine concessa)

CONEGLIANO (Treviso) – Una sfida a regola d’arte: 4 cappuccini e 4 espressi da preparare in 11 minuti. A fare da cornice l’Auditorium Vincenzo Caballini di Sassoferrato che accoglie il talento dei migliori baristi.La storica torrefazione di Conegliano, che a maggio ha inaugurato la nuova sede aziendale, apre le porte alla semifinale e alla finale dell’Espresso italiano champion, la prestigiosa competizione firmata Istituto espresso italiano (Iei) che vede sfidarsi i migliori baristi nella preparazione dell’Espresso Italiano Certificato.

“Promuovere e difendere l’autenticità dell’espresso italiano certificato e valorizzare la professionalità dei baristi sono due obiettivi che ci stanno particolarmente a cuore perché fondano il rito del caffè e ne custodiscono l’identità, fatta di gesti, passione e competenza” queste le parole di Lara e Giulia Caballini di Sassoferrato – rispettivamente amministratore delegato e marketing manager Dersut Caffè – che si dicono liete di ospitare un contest che premia l’eccellenza nel mondo del caffè.

La sede di Dersut (immagine concessa)

Martedì 24 e mercoledì 25 nel nuovissimo auditorium collocato all’ultimo piano della torrefazione, con i suoi 200 mq e rooftop panoramico all’aperto, 12 concorrenti si sfideranno sotto gli occhi dei giudici tecnici, sensoriali e marketing chiamati a decretare il miglior barista italiano 2025.

Nicolas Mosco, il vincitore dell’edizione scorsa (immagine concessa)

Daniele Bitto, fondatore dell’Accademia Baristi Caffè Dersut (ABCD) – il centro di formazione creato dall’azienda con l’intento di divulgare l’eccellenza dell’Espresso Italiano – sottolinea l’importanza del contest in chiave formativa “partecipare significa anche crescere professionalmente: i baristi si confrontano con esperti, giudici e altri professionisti del settore, acquisendo nuove competenze”. Bitto evidenzia poi con orgoglio il legame tra Dersut e il concorso: “Oltretutto la precedente edizione è stata vinta da Nicolas Mosco, mio collega e coffee trainer di Dersut, e ci fa quindi molto piacere che il testimone venga passato proprio qui nella nostra azienda.”

Espresso Italiano Champion, la finale a Conegliano Veneto, 24-25/06

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Alessandro Borea, presidente Iei (immagine concessa)

BRESCIA –  Saranno 12 i finalisti che il 24 e 25 giugno si sfideranno a suon di tazzine di caffè e cappuccino per la finalissima dell’Espresso Italiano Champion, il concorso promosso dall’Istituto Espresso Italiano che ogni anno premia il miglior professionista alla macchina. Le selezioni intermedie che si sono svolte tra maggio e giugno in diverse aziende socie di IEI hanno infatti decretato i vincitori di tappa che avranno accesso diretto alla fase finale in programma a Conegliano Veneto (Treviso) presso la sede di Dersut.

“L’Espresso Italiano Champion rappresenta per tutti i partecipanti, e in particolare per i finalisti, la possibilità di vivere un’esperienza sia professionale che umana, fatta di confronto tra colleghi con esperienze spesso internazionali, oltre a una forte crescita personale e professionale – spiega il presidente dell’Istituto Espresso Italiano (IEI), Alessandro Borea – di solito, chi intraprende questo percorso tende a proseguire questa attività fondamentale per raccontare il caffè al consumatore finale, con maggiore entusiasmo, grazie alla formazione ricevuta e al confronto con gli esperti della giuria”.

Un premio alla professionalità e all’arte italiana dell’espresso e del cappuccino

I dodici finalisti saranno giudicati da una giuria composta da giudici tecnici, sensoriali e marketing. Questi ultimi valuteranno la capacità dei concorrenti di comunicare e valorizzare il prodotto, i giudici tecnici la capacità di lavorare in modo professionale e quelli sensoriali valuteranno gli espressi e i cappuccini prodotti alla cieca, cioè senza sapere chi li preparerà, con il metodo IIAC – International Institute of Coffee Tasters.

“Promuovere e difendere l’autenticità dell’Espresso Italiano Certificato e valorizzare la professionalità dei baristi sono due obiettivi che ci stanno particolarmente a cuore perché fondano il rito del caffè e ne custodiscono l’identità, fatta di gesti, passione e competenza” queste le parole di Lara e Giulia Caballini di Sassoferrato – rispettivamente AD e Marketing Manager Dersut Caffè che si dicono liete di ospitare un contest che premia la qualità nel mondo del caffè.

L’Espresso Italiano Champion da diversi anni è la gara per i baristi che desiderano mettersi alla prova con i simboli della caffetteria italiana: espresso e cappuccino.

Negli anni ha coinvolto centinaia di professionisti da una decina di paesi, sia quelli con una lunga tradizione nel caffè sia i cosiddetti nuovi mercati. La gara è aperta a tutti e si svolge con un meccanismo di selezione locale per arrivare alle semifinali e alle finali nazionali e internazionali. I sette finalisti saranno Tianyu Wang, Eric Venturi, Johnatan D’Auria, Luca Cellizza, Carla Fozzi, Matteo Colzani e Giulia Ruscelli. A questi si aggiungeranno anche alcuni dei secondi classificati delle tappe intermedie: Silvia Verlicchi, Irina Xhelaj, Stefano Mirimich, Davide Zambrano, Tiziano Tarani.

La scheda sintetica dell’Istituto espresso italiano

L’Istituto espresso italiano (Iei), di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 36 aziende aderenti con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro. Per maggiori info basta cliccare qui.

Matcha: il Giappone fatica a soddisfare la domanda internazionale

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Il tè matcha

In Giappone le regioni tradizionalmente note per la produzione di matcha come Uji a Kyoto e Nishio ad Aichi, stanno facendo fatica a mantenere il passo con l’aumento delle richieste provenienti da Stati Uniti, Europa e Cina. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Carlo Antonio Di Vece per il portale d’informazione Torino Cronaca.

Le esportazioni di matcha giapponese

MILANO – Il Giappone, patria del tè matcha, sta affrontando una crisi legata alla crescente domanda globale, che non riesce più a soddisfare. Con un aumento delle richieste provenienti da Stati Uniti, Europa e Cina, il paese sta vivendo una carenza di matcha, come confermato dalle cooperative agricole e dai produttori di tè giapponesi.

Regioni tradizionalmente note per la produzione di matcha premium, come Uji a Kyoto e Nishio ad Aichi, stanno facendo fatica a mantenere il passo con le esigenze di esportazione, visto che il processo produttivo richiede tempo e una grande quantità di manodopera.

Le esportazioni di matcha giapponese sono più che raddoppiate negli ultimi dieci anni, ma la fornitura di foglie di tè coltivate all’ombra e raccolte a mano, che è alla base della qualità del prodotto, non riesce a tenere il ritmo con la crescente domanda internazionale.

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Australia: ecco il bar notturno su quattro ruote per chi lavora tardi

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Australia
La bandiera dell'Australia

SIDNEY – A Sidney, in Australia, Gerome Creencia, un ex infermiere di terapia intensiva, ha avviato un’attività singolare che consiste in un piccolo bar notturno allestito in un van. Secondo Creencia anche i lavoratori notturni australiani hanno diritto a gustare un’ottima tazza di caffè.

L’iniziativa di Gerome Creencia a Sidney

Come riportato dal The Sidney Morning Herald, quasi 900.000 persone lavorano in oltre 53.000 attività principali di lavoro notturno nello stato australiano del Nuovo Galles del Sud.

Considerando che, generalmente, le caffetterie in Australia chiudono il tardo pomeriggio, c’è un’enorme opportunità per l’economia della notte.

Lo stesso Crencia afferma che i suoi clienti abituali risultano ben felici di sapere che esiste la possibilità di consumare un ottimo espresso durante le ore più piccole.

Anche Daria Illy ora fuori dalla holding familiare, ceduta la sua partecipazione (circa il 19%): il gruppo ai 2 fratelli Andrea e Anna

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Daria Illy
Daria Illy

Daria Illy, figlia di Riccardo Illy, cede una partecipazione di circa il 19% del gruppo che resta controllato dai fratelli Andrea e Anna, soci paritetici. Con l’uscita di Daria, il ramo della famiglia che fa capo a Riccardo è dunque fuori dalla holding. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale Il Nord Est.

L’uscita di Daria dalla holding di famiglia

TRIESTE – Daria Illy lascia la holding di famiglia. Dopo il padre Riccardo, oggi a capo del marchio Polo del gusto, anche la figlia esce dall’assetto societario del gruppo, cedendo una partecipazione pari a circa il 19% alla subholding Gruppo Illy S.p.A.. La holding che controlla illycaffè rimane così nelle mani dei fratelli Andrea e Anna Illy, soci paritetici.

“La famiglia Illy, come da programma, ha completato il processo di riorganizzazione del Gruppo con il mutamento dell’assetto proprietario di Holding Illy S.p.A., cioè della cassaforte di famiglia posta al vertice della catena di controllo di IllyCaffè S.p.A.”, si legge in un comunicato congiunto. “L’operazione rappresenta il completamento di un processo iniziato già nel 2021, che ha come obiettivo la migliore realizzazione degli interessi del Gruppo e di quelli individuali dei soci”.

Con l’uscita di Daria, il ramo della famiglia che fa capo a Riccardo è dunque fuori dalla holding. Daria lascia “dopo oltre 16 anni di impegno attivo nel gruppo“, precisa ancora la nota. La figlia di Riccardo aveva già lasciato in precedenza tutte le cariche operative nelle società del gruppo.

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Riportiamo inoltre qui di seguito il messaggio pubblicato sull’account ufficiale Linkedin di Daria Illy: “Oggi si apre un nuovo capitolo della mia vita. Dopo oltre 16 anni di impegno attivo all’interno dell’azienda di famiglia, ho scelto di cedere le mie quote nella Holding Illy e proseguire la mia strada di advisor, tra Italia e Medio Oriente, nei campi che più mi appassionano: governance, ESG, leadership rigenerativa e coesione sociale.

Un passaggio che segna un’evoluzione naturale del mio percorso. Prima di entrare in Illy, ho vissuto per molti anni il mondo dell’impresa da fuori, da imprenditrice, da consulente, da docente. Poi è arrivato lui, mio nonno Ernesto. Un uomo che ho conosciuto tardi, ma che ho amato profondamente. Quando ho compreso la visione che aveva tracciato sulla governance e sui valori d’impresa, ne sono rimasta incantata. È stato lui a convincermi a far diventare l’azienda creata da suo padre parte integrante anche della mia storia.

Quella presa oggi è una scelta maturata nel tempo, con consapevolezza e profonda gratitudine. Quella di chi ha avuto il privilegio di contribuire allo sviluppo di un’impresa che rappresenta un’eccellenza italiana nel mondo, e che ha saputo coniugare innovazione, sostenibilità e bellezza.

Illy mi ha dato moltissimo: responsabilità, visione internazionale, sfide complesse e meravigliose opportunità. In questo viaggio ho portato con me la mia attitudine imprenditoriale, la passione per l’inclusione, e la convinzione che le organizzazioni vadano accompagnate – e non solo guidate – nel cambiamento.

Ora sento che è tempo di restituire ciò che ho appreso, di mettermi a servizio di realtà che vogliono evolvere con senso e coraggio. ESG, trasformazione culturale e governance saranno il cuore dei miei progetti futuri. Continuerò a insegnare, scrivere, raccontare. Perché condividere conoscenza è il modo migliore che conosco per costruire futuro”.

Il racconto del Palermo Coffee Festival passa dal confronto tra le generazioni siciliane di Morettino

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Il Palermo Coffee Festival, un'immagine (foto concessa)
Il Palermo Coffee Festival, un'immagine (foto concessa)

PALERMO – Si è da poco concluso a Palermo proprio davanti il ‘mare nostrum’ il Palermo Coffee Festival, manifestazione che rappresenta un unicum in Italia e che si pone l’obiettivo di divulgare la cultura del caffè, stimolando quella necessaria maggiore curiosità e sensibilità intorno alla bevanda che merita un valore ed una sensibilità maggiore.

Andrea Morettino, quarta generazione della storica famiglia di torrefattori siciliani, che cosa rappresenta il Palermo Coffee Festival per voi e per la città?

“Il festival giunto alla terza edizione rappresenta una significativa tappa di un graduale percorso di ‘rinascimento culturale’ che stanno vivendo la nostra città e anche il mondo del caffè. Si tratta di un cambiamento di approccio difficile e ambizioso che parte da lontano e mira ad aumentare il livello di attrattività turistica da un lato e di consapevolezza sulla materia prima dall’altro.

Andrea Morettino al Palermo Coffee Festival 2025 (foto concessa)

L’evento continua a crescere di anno in anno in attrattività e partecipazione. Abbiamo sempre pensato a questo festival come un momento di condivisione aperto a tutti, e la risposta degli ospiti locali ed internazionali accorsi è stata curiosa, partecipata, divertita. Siamo orgogliosi della crescente sensibilità intorno al mondo del caffè anche in Sicilia, alla sostenibilità e alle sue contaminazioni.

Il tema “Panormos: viaggio tra filiere, popoli e culture” e la scelta della location del Palermo Marina Yatching è stata fortemente condivisa con l’organizzazione e le istituzioni per valorizzare e raccontare l’anima storica e portuale di Palermo e l’ambizioso progetto di rigenerazione urbana che ha restituito alla città il waterfront e quel contatto perduto con l’acqua, abbracciando cittadini, turisti, ospiti della città provenienti da tutto il mondo, ed invitandoli alla condivisione di una bevanda come il caffè, icona di socialità, accoglienza ed amicizia, e alla riscoperta del giusto tempo.

Questo successo ci motiva a continuare sulla strada della divulgazione della cultura del caffè, guardando con rispetto a tutta la filiera e offrendo sempre nuove occasioni di confronto su una materia prima tanto diffusa, quanto ancora poco conosciuta e valorizzata. Occorre però costruire una differente narrazione: il mondo del vino è stato sempre per noi un punto di riferimento e fonte di ispirazione, espressione identitaria e culturale di un territorio.

Amiamo ricordare che il caffè è un frutto, che offre l’opportunità di conoscere e raccontare le peculiarità dei territori di origine, la distintività dei terroir, le scelte delle pratiche e tecniche agricole delle comunità che stanno alla base dell’intera filiera e che si traducono nei profili sensoriali di ogni caffè: una visione condivisa con la Slow Food Coffee Coalition di cui siamo fieri di far parte, che è stata in prima linea con noi grazie al supporto degli amici Emanuele ed Erminia, e che ha messo in luce lo straordinario lavoro dei coltivatori e l’unicità dei loro caffè lavorati con una visione etica, nel rispetto della naturale biodiversità.”

Quali sono stati i momenti salienti e chi sono stati i compagni di avventura di questo evento?

“Lo specialty coffee è stato assoluto protagonista della scena, ma la chiave di lettura come ogni anno è stata una divulgazione corale del caffè, con un linguaggio semplice, accessibile, democratico: abbiamo pensato ad un breve viaggio che potesse prendere per mano appassionati, viaggiatori, curiosi o semplici visitatori durante l’intero arco della giornata e guidarli ad una maggiore consapevolezza verso il caffè.

E in linea con la nostra visione abbiamo scelto di farlo attraverso degustazioni guidate di esclusive monorigini specialty di tanti amici roasters italiani e il racconto delle tante similitudini con i mondi affini del vino, dell’olio, del cioccolato e della birra artigianale, a cui va il merito di aver creato nel tempo contenuti e curiosità tra i consumatori.

Una delle masterclass (foto concessa)

Il programma di masterclass, talk, workshop e sessioni di degustazione di specialty coffee pensato e condiviso con Sca Italy e con la regia di Gambero Rosso è stato fitto ed intenso, la volontà comune era quella di offrire un’occasione di dialogo, di confronto, ma anche di formazione e di svago.

Il festival rappresenta oggi un appuntamento che mira ad allargare la comunità dei coffee lovers, prendendoli per mano attraverso l’entusiasmo e la passione dei tanti roasters, baristi, esperti del settore e professionisti accorsi in Sicilia e che ringrazio di cuore per la loro presenza.

E’ grazie alla loro quotidiana dedizione, che possiamo oggi coltivare il sogno di perseguire insieme un cambiamento epocale che possa donare il giusto valore al caffè, esplorando nuove opportunità e prospettive per l’intera filiera.

Nonostante l’ondata anomala di caldo e le temperature proibitive oltre i 30° che hanno di fatto anticipato l’arrivo dell’estate già alla prima settimana di giugno, il festival ha aperto le porte ai primi coffee lovers già dalle 8 del mattino, accompagnando gli ospiti lungo l’intero arco della giornata con interessanti esperienze di degustazione di specialty coffee dei più rappresentativi roasters specialty del panorama nazionale, worhshop di latte art e gare ‘amatoriali’ di roasting ‘Link’ aperte presso il piccolo ‘roasting village’ allestito proprio sul mare.

L’accademia di Gambero Rosso si è riempita di un aroma unico ospitando i nuovi formati di competizione Sca Italy dedicati ai migliori baristi della città e organizzati grazie alla professionalità e disponibilità del team SCA (Alberto, Antonella, Andrea, Filippo, Giuseppe, Alessio, Federico per citare qualcuno dei protagonisti).

Tra i momenti più significativi, oggi simbolo del nostro festival, di certo le masterclass condotte nella ‘coffee arena’ allestita davanti le antiche mura della città, con la maestria di alcuni compagni di viaggio come Mauro, Andrej, Marzio, Emanuele, Maria Antonietta, Simone, Arturo con cui abbiamo intrattenuto ed incuriosito i partecipanti, condiviso tante degustazioni guidate, raccontando loro i parallelismi tra terroir e processi di lavorazione e scoprendo insieme le interessanti sfumature e la complessità sensoriale del caffè, attraverso inediti abbinamenti tra esclusivi caffè specialty estratti a filtro o in espresso, e i mondi affini.

Tra le novità più apprezzate alcuni format di approfondimento mirati e snelli organizzati all’interno della nostra caffetteria specialty Morettino Lab, come i workshop sul processo di tostatura ed i cupping dei caffè tostati da Paolo Scimone, i talk che sono risultati essere partecipati, divertenti e coinvolgenti, in compagnia di alcuni ospiti.

Con noi alcuni produttori siciliani di frutti tropicali e di antiche colture come la canna da zucchero e il tabacco con cui abbiamo raccontato una ‘Sicilia inedita’, e l’amica Valentina Palange che ha presentato il suo libro ‘In Italia il caffè fa schifo’.

E per i più temerari che sono rimasti con noi ad osservare uno straordinario tramonto sul mare, il festival si è protratto con alcuni live show: dalla preparazione della granita al caffè secondo l’antico metodo delle Neviere con il Maestro Cappadonia, alla proposta di inedite ricette di coffee mixology fino alla proposta di alcune trame musicali delle terre di origini del caffè con giovani musicisti locali ed internazionali che ci hanno accompagnato fino a tarda sera.”

Se volesse fare un bilancio del coffee festival allargando la prospettiva al settore del caffè, quali sono le sue sensazioni? E quali le prospettive del festival?

“Il settore del caffè sta attraversando un momento di grande criticità a livello strutturale, guardando all’intera filiera sono tante le sfide a cui assistiamo e a cui dobbiamo far fronte quotidianamente sotto il profilo finanziario, commerciale, climatico e culturale. E credo che in questo contesto che rimane davvero molto complicato, riuscire a dedicare tempo e risorse, per l’organizzazione di un festival di questo genere, possa essere un segnale positivo per l’intera comunità e per il territorio.

Una volontà di voler guardare oltre le difficoltà che ci circondano e di decidere di far parte attiva del percorso di cambiamento sociale, culturale tanto auspicato. Il programma sul quale abbiamo lavorato diversi mesi, era davvero ricco di contenuti e di persone di riferimento del mondo del caffè, un team allargato che ringrazio per la passione e l’entusiasmo messo in campo.

Abbinamenti con altri prodotti (foto concessa)

Siamo stati in grado di accompagnare e stimolare un pubblico trasversale, che in Sicilia come in Italia, è ancora fortemente ancorato alle tradizioni e ai falsi miti, e che può guardare al caffè con una differente prospettiva: il caffè può e deve tornare ad essere un piacere da scoprire e gustare con il giusto tempo e la giusta consapevolezza, aldilà dei noti aspetti funzionali legati alla caffeina.

Abbiamo in questi ultimi giorni raccolto tantissimi feedback positivi da professionisti e addetti ai lavori qualificati, e dai partecipanti al programma di degustazioni, masterclass e talk, per cui poter essere fieri e soddisfatti. Nelle riunioni di debrief che hanno seguito il festival abbiamo condiviso una valutazione anche di tutti gli aspetti tecnici ed organizzativi migliorabili, in vista della prossima edizione già fissata in calendario.

Un festival che vuole allargare la platea ad un pubblico sempre più sensibile, consapevole ed evoluto e che vuole coinvolgere sempre più giovani che devono guardare al Sud con una prospettiva positiva, scegliendo di restare o di tornare e soprattutto di investire sul proprio bagaglio di conoscenze e di esperienze. Appuntamento a Palermo il 16-17 Maggio 2026.”

Arturo Morettino, voi tramandate una tradizione di famiglia dal 1920, e avete sempre investito sulla cultura del caffè, come si inserisce il festival in questa visione e come osserva l’attuale contesto del caffè?

“Si per noi Morettino la divulgazione della cultura del caffè è sempre stata l’anima della nostra attività imprenditoriale, dalle attività socio-culturali del museo del caffè, ai programmi formativi della scuola del caffè fino alle visite didattiche nella piantagione sperimentale del caffè e la recente apertura delle nostre caffetterie.

L’unicità e la trasversalità di questo festival sono collegate all’essenza stessa del mondo del caffè: espressione di identità, territori e popoli. Siamo negli anni riusciti a creare un’armonia unica mettendo insieme e a confronto mondi e spartiti apparentemente diversi, come quelle dello Specialty Coffee, del vino, dell’olio, del cioccolato, ma protagonisti di uno straordinario ensable musicale.

Il caffè servito come il vino (foto concessa)

Un evento che potremmo definire come un caleidoscopio culturale, in cui gli spunti per fare informazione sulla filiera si sono alternati a momenti di svago e spensieratezza a pochi passi dal mare, unendo idealmente l’Italia del caffè da Trieste fino a Palermo. E proprio qui davanti le antiche mura della città, abbiamo costruito una sapiente integrazione non solo di territori, profumi e gusti, ma di culture, anime e visioni.

Il festival oggi è un unicum nella visione, nei contenuti e nel format e crediamo che possa essere una delle strade di divulgazione da continuare a percorrere con entusiasmo e dedizione, con la speranza di poter dare seguito a quella rivoluzione culturale, stimolata dai caffè specialty che sembra solo agli inizi.

Nel mondo del chicco c’è ancora poca consapevolezza e così noi torrefattori – che preferisco definire ‘caffecultori’, in quanto attori di una filiera che dovrebbero sempre costruire cultura attorno al caffè – dobbiamo perseguire nel cambiamento degli storici paradigmi linguistici legati al caffè, con differenti linguaggi in grado di attrarre i giovani e le nuove generazioni di amanti della bevanda che hanno l’opportunità di viaggiare, sperimentare differenti modalità di consumo e di apprezzare nuovi profili esperienziali legati al caffè.

Crediamo che non ci possa essere sapore senza sapere, ed è con questo credo che continuiamo a tramandare la nostra passione di famiglia. Siamo consapevoli che in Italia c’è ancora tanto da fare, perché l’approccio del consumatore e di tanti stakeholders del settore caffeicolo a questa bevanda è molto superficiale. Occorre perseverare sulla strada della divulgazione e della condivisione, per coltivare una maggiore consapevolezza di ciò che si beve (e che si mangia), tenendo a mente che il caffè è un meraviglioso frutto della terra.”

Crede che la Sicilia, terra simbolo di integrazione tra popoli e culture, possa essere un centro di diffusione anche per la cultura del caffè?

“La nostra è una terra straordinaria che gode di un patrimonio unico di ricchezze artistiche, culturali ed enogastronomiche. E storicamente ha sempre rappresentato un centro di accoglienza, integrazione e diffusione culturale.

Ogni dominazione, popolo e cultura che è passato dalla Sicilia l’ha in qualche modo arricchita, donandole un’impronta e un’identità unica: dai fenici ai greci, dai romani ai bizantini, passando dalla dominazione araba, fino ai normanni, agli aragonesi ed agli spagnoli, prima di essere annessa al Regno d’Italia: tutti hanno lasciato qualcosa.

Il nostro carattere, i nostri colori, le nostre ricette, le nostre espressioni linguistiche sono un mosaico di stili e culture cosi come il caffè, miscela unica di sapori ed espressioni delle terre di origine. Il caffè in Sicilia è un antico rituale, un caloroso benvenuto, e un profumato arrivederci. Amiamo accogliere gli ospiti della nostra terra con un caffè e valorizzare i loro saperi, è questo è stato anche lo spirito di questo festival.

Federico II, pur essendo imperatore del Sacro Romano Impero, era anche re di Sicilia e cercò di mantenere un difficile equilibrio tra le diverse componenti della sua società e non cacciò gli arabi, ma li integrò nel suo regno, sfruttando la loro conoscenza in campo amministrativo e culturale, come per esempio nella corte di Palermo. Riteniamo che durante la loro dominazione, gli arabi abbiano introdotto il caffè qui in Sicilia e contribuito alla diffusione del rito del caffè, della sua lentezza e sacralità e da loro abbiamo ereditato nei secoli un rapporto quasi spirituale con la bevanda.

Oggi a distanza di secoli il caffè è ancora un forte simbolo di amicizia e condivisione, ma di certo per tramandare e valorizzare la nostra antica tradizione, occorre un maggior rispetto verso la materia prima ed una maggiore consapevolezza verso la bevanda, che proviamo a trasmettere alle nuove generazioni. Negli ultimi anni abbiamo osservato come l’approccio al caffè in città stia gradualmente cambiando grazie alla curiosità di tanti giovani e alla maggiore attrattività della nostra città e dei luoghi dove bere un buon caffè.

Tutti i recenti progetti socio-culturali pensati con e per la città, le numerose attività della Comunità emblematica di Palermo del Rito del caffè espresso italiano per il sostegno della candidatura Unesco, da me coordinata, e le nuove sfide portate avanti negli ultimi anni, sono un esempio virtuoso della costante opera di diffusione e le nuove sfide imprenditoriali portate avanti negli ultimi anni, sono un esempio virtuoso della costante opera di diffusione che portiamo avanti con dedizione e un po’ di sana follia, in una città difficile e controversa come Palermo che amiamo profondamente.

Continuiamo a convivere con un’avversità storica e gattopardiana al cambiamento, ma ritengo che nulla arrivi per caso, ed ogni risultato e successo sia conseguenza di amore, passione e voglia di cambiare. La rivoluzione culturale del caffè passa anche dalla Sicilia e da Palermo.”

Futures degli arabica sempre più in giù, anche Nestlé prevede prezzi in discesa

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Il logo dell'Ice

MILANO – Continua la corsa al ribasso dei futures degli Arabica. Nelle prime tre sedute della settimana, il contratto per scadenza settembre dell‘Ice Arabica ha perso il 6,8% chiudendo a 322,30 centesimi nella seduta di mercoledì 18 gennaio. Il mercato newyorchese era chiuso ieri per il Juneteenth, festività che commemora l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti. Dopo le forti perdite di mercoledì, Londra è oscillata entro un range molto ristretto terminando con perdite minime.

Il contratto per scadenza settembre ha concluso infatti la giornata in ribasso di $4, a un nuovo minimo di 3.887 dollari.

Il mercato del caffè si sta muovendo verso una stabilizzazione al ribasso dei prezzi, dopo un periodo di forti rialzi esacerbati dalla speculazione. Così Marcelo Melchior, ceo di Nestlé Brasil.

Il trend di mercato è a una diminuzione dei prezzi, a patto che non ci siano gelate nelle aree brasiliane degli arabica, ha detto Melchior in un’intervista a Reuters aggiungendo che il rischio è attualmente molto basso.

Questo scenario spiega i prezzi dei futures in calo e i diminuiti appetiti speculativi

Gli speculatori esterni che erano entrati nel mercato comprando contratti futures sul caffè si stanno ora ritirando o si sono già ritirati, ha aggiunto.

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Unione italiana food: nel 2024 esportacaffè per 56 miliardi di tazzine di espresso

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Il logo Unione Italiana Food

POLLENZO (Cuneo) – “Viviamo tempi complessi ma non dobbiamo perdere di vista fiducia e visione per il futuro. Negli ultimi tre anni la perdita di potere d’acquisto e la pressione inflattiva hanno colpito anche i consumi alimentari, spingendo il consumatore a scelte di risparmio e riducendo il valore aggiunto. Come industria alimentare, abbiamo un compito che va oltre il produrre cibo: sosteniamo territori e comunità, nutriamo le persone ma anche le loro emozioni e le relazioni che un pasto condiviso accende. Non a caso, qualche anno fa, in un altro momento particolarmente difficile gli italiani sono ripartiti dalla qualità dei prodotti industriali per ricostruire la normalità perduta” ha dichiarato Paolo Barilla, presidente di Unione Italiana Food, in occasione della VII assemblea annuale di Unione Italiana Food, che si è svolta a Pollenzo.

“Siamo orgogliosi del nostro essere ‘industria’ e vogliamo far conoscere a tutti cosa c’è dietro questo termine che alcuni considerano in modo riduttivo. Il nostro saper fare che si traduce in operosità, impegno quotidiano, miglioramento continuo, innovazione. Il mondo riconosce e apprezza questa vocazione alla qualità che traduciamo in prodotti ad alto valore di servizio, sicuri, sostenibili ed accessibili”, conclude Barilla.

La scelta dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo per presentare i risultati e visione del futuro di Unione Italiana Food è fortemente simbolica: qui si incontrano impresa e cultura, tradizione e ricerca, industria e formazione.

Dell’“università del gusto” Unione Italiana Food è partner Sstrategico per sostenere una serie di iniziative che promuovono l’identità e la qualità del cibo italiano nel mondo e rimarcare l’impegno a coltivare un’industria alimentare consapevole, radicata nel territorio e determinata a proiettare anche nel futuro il saper fare degli imprenditori italiani del food.

I risultati del 2024 dimostrano questa fiducia: il fatturato ha avuto una crescita toccando i 58 miliardi di euro (+2,6%) di cui 23 miliardi (il 40%) derivanti dall’export (+11,4 sul 2023); oltre 500 aziende che danno lavoro a 100mila persone e investono ogni anno 3 miliardi di euro per innovare, migliorare e rendere più sostenibili filiere, processi e prodotti, rispondere alle esigenze del consumatore, anticipare nuove tendenze di mercato.

Anche in un momento storico segnato a livello globale da instabilità, sfide economico-sociali inedite e, a livello nazionale, dalla riduzione del potere d’acquisto degli italiani, la “fetta” di industria alimentare rappresentata da Unione Italiana Food continua a rappresentare una delle forze più vitali del Made in Italy. È quanto emerge dal Rapporto Annuale dell’Associazione, che racconta il proprio impegno per portare sulle tavole degli italiani cibo di qualità, sicuro, ad alto valore aggiunto, sostenibile e accessibile.

La fotografia scattata da Unione Italiana Food racconta lo stato di salute di 24 categorie merceologiche e 900 marchi simbolo del Made in Italy.

Solo per citarne alcuni, pasta, dolci, caffè, salse e sughi pronti, surgelati, sottoli e sottaceti, verdure e minestre pronte, con un’impronta distintiva fatta di gusto, sicurezza, innovazione e sostenibilità.

Sono prodotti che rappresentano quel mix tra identità e innovazione che caratterizza, da sempre, l’alimentare italiano i cui trend costituiscono oggi uno spaccato fedele della spesa degli italiani.

Il paniere di prodotti rappresentati da Unionfood è costituito da prodotti “tradizionali” (pasta, lievitati da ricorrenza, cioccolato, caffè, tè e infusi, ecc.) restano una “fetta” significativa, circa il 50%, sul fatturato totale, mentre il cosiddetto “tradizionale evoluto” (caffè in cialde, surgelati, verdure pronte di IV gamma, sughi e piatti pronti, nuovi prodotti dolciari, ecc.) rappresenta ormai il 30% a valore. E pesano il 20% i ed i “prodotti innovativi”, cibi e bevande dall’alto livello di servizio che soddisfano le richieste di consumatori sempre più esigenti per quanto riguarda la conservazione e la preparazione dei piatti e gli aspetti nutrizionali e salutistici (cibi light, integratori alimentari, prodotti per particolari categorie come celiaci o diabetici, ecc.).

Le categorie del food italiano più performanti

Nel dettaglio, pur in un clima incerto, l’anno scorso i comparti di Unionfood hanno mostrato segnali di crescita moderata, con l’export vero e proprio motore di sviluppo. La pasta, con oltre 4 milioni di tonnellate prodotte (+5% nei volumi) e una quota export del 58% conferma la leadership mondiale italiana.

Il comparto dolciario vale quasi 19 miliardi di euro (+2,5% rispetto all’anno precedente) e compensa con l’export la contrazione dei consumi interni. Crescono surgelati (5,7 miliardi di euro, +1,8 sul 2023) e caffè per un valore 4,7 miliardi di euro (+,8,5% sul precedente).

Stabili i prodotti vegetali (valgono 4,8 miliardi di euro) con un picco per la IV gamma, e cioè frutta e ortaggi freschi lavati e pronti al consumo, o vellutate, minestre e zuppe pronte, che riflettono le attuali abitudini alimentari, orientate a praticità, freschezza e riduzione degli sprechi.

Anche la crescita del settore delle preparazioni alimentari (5,3 miliardi di euro, +5,1% sul 2023) mostra la predilezione degli italiani per prodotti premium (brodi, minestre, salse e sughi pronti) che coniugano praticità e gusto.

A proposito di innovazione, anche il settore degli integratori registra ottimi valori (4,9 miliardi di euro) ma con una crescita più marcata (+5,9%, con picchi per probiotici, sali minerali e integratori per l’insonnia e il benessere mentale.

Il futuro del cibo italiano

Il Presidente di Unione Italiana Food, Paolo Barilla, ha inoltre dichiarato: “La nostra è un’industria che unisce tradizione e innovazione, che ha portato verso il futuro il sapere artigianale italiano e che investe in tecnologia, export, salute e sostenibilità.” – per poi concludere – “Il nostro domani si gioca sulla capacità di produrre valore per il consumatore italiano e globale, per le imprese e per l’Italia. E questo valore si chiama qualità che il consumatore ci riconosce negli acquisti”.

30 miliardi di piatti di pasta, 56 miliardi di tazzine di caffè, quasi 1 miliardo di kg tra biscotti, fette biscottate, crackers e dolci come pandori, panettoni e colombe.  E 4 miliardi di prodotti a base di cioccolato.

L’export 2024 dei settori rappresentati dall’Associazione ha registrato risultati straordinari: sfiorando i 23 miliardi di euro (+11% in valore) rappresenta il 40% del totale export 2024 di tutto il settore alimentare. Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Spagna e Polonia, attratti dalla qualità e autenticità della tradizione gastronomica italiana, si confermano i principali mercati di destinazione. Mentre Asia, Nord Europa e Medio Oriente rappresentano nuove opportunità per referenze salutistiche e plant-based.

Resta aperto il nodo USA con i dazi che potrebbero frenare l’export verso il primo mercato extra-UE.

“Per il 2025 ci aspettiamo un rimbalzo, ma non torneremo ai valori del 2023, quando la crescita è stata superiore al 6%” – afferma Carmine Garzia, Professore di Management e responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Industry Monitor dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “Le prospettive per il 2025 sono positive, ma andranno sicuramente riviste al ribasso in caso di attivazione dei dazi doganali. Quanto sta accadendo deve farci riflettere seriamente sull’opportunità per le imprese italiane del settore food di dare una forte accelerazione alle strategie d’internazionalizzazione, con investimenti diretti esteri che richiedono sia risorse finanziarie sia competenze manageriali” aggiunge Garzia.

La scheda sintetica dell’Unione Italiana Food

Unione Italiana Food è la “casa” associativa di ben 530 eccellenze dell’industria italiana, che producono oltre 900 marchi che finiscono sulle tavole degli italiani e degli amanti del cibo italiano di tutto il mondo.

Le aziende che fanno parte di Unione Italiana Food sono grandi marchi e PMI radicate sul territorio, che rappresentano tanti simboli del Made in Italy: solo per citarne alcuni, caffè, pasta, cioccolato, gelati, prodotti da forno, confetteria e chewing gum, surgelati, sottoli e sottaceti, salse, sughi e condimenti, minestre, confetture e miele, alimenti per la prima l’infanzia, integratori alimentari, ortofrutta fresca confezionata, nettari di frutta e ortaggi, tè, infusi e tisane, spezie ed erbe aromatiche.

Un panorama eterogeneo che spazia dalla tradizione all’innovazione e risponde alle esigenze – piacere, benessere, praticità, accessibilità – che cerchiamo tra gli scaffali e i banchi frigo del supermercato.

Nestlé Food Bank Alliance: al via la nuova alleanza per ridurre lo spreco alimentare

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Nestlé Food Bank Alliance (image provided)

ASSAGO (Milano) – Dall’unione delle partnership di lunga data di Nestlé con il Global FoodBanking Network (GFN), la Feeding America (FA) e la European Food Banks Federation (FEBA), è stata lanciata la Nestlé Food Bank Alliance, l’iniziativa globale nata per ampliare l’accesso al cibo e ridurre gli sprechi alimentari in tutto il mondo.

Attraverso questo progetto, Nestlé e i suoi partner collaborano per contribuire a rafforzare le attività di food banking.

Queste reti operano in oltre 80 Paesi, raggiungendo più di 100 milioni di persone a livello globale con un’assistenza alimentare fondamentale. Il lavoro di questa alleanza comprenderà la condivisione delle migliori pratiche per sostenere le iniziative locali di food banking sul campo, la collaborazione su iniziative per la riduzione dello spreco alimentare e per migliorare le opportunità di donazione per i dipendenti.

Approfondendo le relazioni e promuovendo la collaborazione tra Nestlé e i banchi alimentari in diverse aree geografiche, l’Alleanza mira a migliorare la qualità, la coerenza e la portata dell’assistenza alimentare dove è più necessaria.

La Nestlé Food Bank Alliance riflette il costante impegno di Nestlé nei confronti delle comunità, con un focus particolare sull’accesso al cibo. Nel 2024, l’azienda ha contribuito con 152 milioni di franchi svizzeri a cause benefiche, di cui 110 milioni in donazioni di prodotti[1], sostenendo sia le partnership a lungo termine con i banchi alimentari sia gli interventi di soccorso a breve termine in caso di calamità in tutto il mondo.

Il lancio della Nestlé Food Banking Alliance si basa su decenni di collaborazione locale. In Italia, infatti, da anni Nestlé supporta le attività di Banco Alimentare e nel solo 2024 ha donato all’associazione più di 1.500 tonnellate di prodotti, pari a 31mila carrelli della spesa, mentre nei primi cinque mesi del 2025 le donazioni ammontano già a circa 560 tonnellate.

Nel nostro Paese, inoltre, l’impegno di Nestlé in questo campo si concretizza anche in una serie di iniziative per contrastare lo spreco di cibo, promuovendo pratiche di economia circolare. Emblematico in questo senso è il progetto sperimentale “Live Haze”, che, attraverso la partnership con cinque università italiane e diverse aziende del settore food, ha permesso di utilizzare 6 tonnellate di bucce di nocciole scartate dai processi industriali come mangime per gli animali. In questo contesto si inserisce anche l’iniziativa “Nescafé From Waste to Taste”, con cui Nestlé Professional ha promosso il recupero di fondi di caffè esausto, i quali hanno contribuito a creare nuove tazzine personalizzate, trasformando quindi uno scarto in una preziosa risorsa.

“Siamo orgogliosi del lancio della Nestlé Food Bank Alliance, che rappresenta un passo significativo del nostro impegno globale per contrastare lo spreco alimentare e ampliare l’accesso al cibo. Crediamo fermamente che ogni azione conti e che, unendo le forze con i nostri partner, possiamo fare la differenza nelle comunità e fornire il nostro contributo per costruire un futuro migliore e più equo per tutti” ha affermato Marta Schiraldi, head of sustainability Nestlé Italia.

Per ulteriori informazioni sulle iniziative di Nestlé per l’impatto sulla comunità basta cliccare qui.

La scheda sintetica del Gruppo Nestlé

ll Gruppo Nestlé opera in 187 Paesi con più di 2000 marche tra globali e locali, è l’azienda alimentare leader nel mondo, attiva dal 1866 nella produzione e distribuzione di prodotti per la Nutrizione, la Salute e il Benessere delle persone. Good food, Good life è la nostra firma e il nostro mondo. Nel nido che condividiamo – simbolo di protezione, crescita e identità – lavoriamo ogni giorno per sostenere il benessere delle persone di tutto il mondo, con un impegno concreto verso la nutrizione, il pianeta, le persone e le comunità in cui operiamo.

Presente da oltre 110 anni in Italia, Nestlé rinnova ogni giorno il suo impegno attraverso azioni concrete, esprimendo con i propri prodotti e marchi tutto il buono dell’alimentazione. L’azienda opera nel Paese in 9 categorie merceologiche, con un portafoglio di oltre 90 marche, tra cui: Meritene, Pure Encapsulations, Vital Proteins, Optifibre, Modulen, S.Pellegrino, Acqua Panna, Levissima, Bibite e aperitivi Sanpellegrino, Purina Pro Plan, Purina One, Gourmet, Friskies, Felix, Nidina, Nestlé Mio, Nespresso, Nescafé, Nescafé Dolce Gusto, Starbucks, Orzoro, Nesquik, Garden Gourmet, Buitoni, Maggi, Perugina, Baci Perugina, KitKat, Galak, Smarties, Cereali Fitness.