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sabato 03 Maggio 2025
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Esselunga presenta il progetto per il riciclo delle capsule di caffè esauste

LIMITO DI PIOLTELLO (Milano) – Raccogliere e riciclare tutte le capsule di caffè esauste, di qualsiasi materiale non compostabile, marchio o sistema: è questo l’obiettivo della nuova iniziativa promossa da Esselunga a Milano e che l’azienda punta a estendere anche in altre città.

A seguito dei risultati positivi ottenuti dopo un periodo di test avviato a fine 2023, oggi in 22 supermercati di Milano è possibile conferire questo rifiuto domestico, sempre più diffuso nelle case.

Il progetto di Esselunga

Tale progetto, sviluppato in collaborazione con Amsa e A2A Ambiente, propone una soluzione al momento non presente sul mercato, per dare nuova vita a tutti i materiali ottenuti dalla separazione dei diversi componenti del rifiuto, dal caffè residuo alla capsula, che può essere in plastica oppure in alluminio.

I clienti, ritirando presso il servizio Assistenza dei negozi i sacchetti da utilizzare, possono dividere direttamente a casa le capsule a seconda del materiale dell’involucro, di qualsiasi marca e acquistate ovunque per poi conferirle nei contenitori presenti nei punti vendita. Sia i sacchetti che i contenitori riportano colori specifici per facilitare la distinzione tra i diversi elementi. A2A Ambiente, con un automezzo full electric, effettua successivamente il ritiro e avvia il processo di separazione e riciclo presso i propri impianti di trattamento.

Dopo aver sviluppato capsule di caffè a marchio privato interamente compostabili, con questa nuova iniziativa Esselunga offre ai propri clienti la possibilità di smaltire le capsule in plastica e alluminio, invece di gettarle nella raccolta indifferenziata.

Questo progetto è una delle azioni concrete per favorire un’economia circolare, che si colloca tra gli ambiti di intervento in cui Esselunga ha deciso di declinare il proprio impegno verso il Pianeta. Proprio “il Pianeta”, infatti, rappresenta una delle tre aree prioritarie, assieme a “la Persona e la Collettività” e a “il nostro Mestiere”, sulle quali si basano gli impegni, gli obiettivi e la strategia di Esselunga per costruire un futuro inclusivo e sostenibile per tutti.

La scheda sintetica di Esselunga

Esselunga è una delle principali realtà italiane del settore della grande distribuzione che opera attraverso una rete di 190 negozi tra superstore, supermarket e il nuovo format laEsse. Esselunga si avvale di centri produttivi e di lavorazione che servono tutti i negozi della catena.

Fondata nel 1957 con l’apertura a Milano del primo supermercato in Italia, Esselunga occupa 28.000 dipendenti e ha un fatturato di 9,3 miliardi di euro. Con 5,5 milioni di clienti fidelizzati è da sempre un esempio di qualità e innovazione, con un impegno quotidiano per la sostenibilità.

Gelato artigianale: Casa Optima presenta il primo bilancio di sostenibilità: nel 2023 emissioni di gas serra a -45% rispetto al 2021

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SAN CLEMENTE (Rimini) – “Un cammino verso un presente e un futuro migliori”, è questa la filosofia alla base del primo Bilancio di Sostenibilità presentato in questi giorni da Casa Optima, gruppo italiano titolare di otto marchi tra i più diffusi e apprezzati nel mercato del gelato artigianale, della pasticceria di alta qualità e del bere miscelato.

Un documento chiave che dettaglia i risultati ottenuti nel periodo compreso tra il 2021 ed il 2023 e che delinea il percorso che il gruppo intende seguire nei prossimi anni, in sintonia con l’Agenda 2030 e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

Il primo bilancio di sostenibilità di Casa Optima è il risultato di un imponente lavoro di squadra che è stato possibile grazie al contributo di diversi team dell’azienda e all’ottimo coordinamento del Group HSE & Engineering Manager, Alessio Broggi e della Group Digital Marketing Manager, Valentina Porcile. Il Gruppo ha infatti scelto di non avvalersi di partner esterni, contando sulla professionalità dei collaboratori, ciascuno dei quali ha potuto offrire il proprio contributo per la relativa area di competenza, verso un futuro più sostenibile e responsabile.

Il documento, progettato per essere di facile comprensione e lettura, affinché tutti possano accedere alle informazioni in modo chiaro e immediato, evidenzia lo sviluppo del percorso intrapreso dalle aziende del gruppo nel 2023, con un mercato di oltre 150 Paesi, 5 stabilimenti produttivi (tre in Italia, uno in Brasile ed uno in Francia), oltre 30mila clienti serviti e oltre 1000 collaboratori.

Attraverso un approfondito percorso di analisi interna ed esterna volto a mappare tutti i principali rischi, megatrend trasformativi e scenari di riferimento, il piano di sostenibilità di Casa Optima ruota attorno ad aree tematiche importanti per la sostenibilità aziendale, con obiettivi qualitativi-quantitativi che l’azienda ha scelto di porsi per il prossimo futuro.

Ambiente

Nel corso del 2023, le emissioni in atmosfera di gas ad effetto serra derivanti da consumi diretti (SCOPE 1) e indiretti (SCOPE 2) hanno registrato una diminuzione di oltre il 45% rispetto al 2021.

Nell’ultimo triennio, i BU R&D Manager, con i loro rispettivi team, hanno contribuito notevolmente alla scelta di andare in una direzione di sostenibilità anche sul pack finale: secchi e taniche sono composti da PP 100% riciclabili e le latte sono in acciaio totalmente riciclabile. Nel pack di pasticceria è stato eliminato il 99% delle spugne in materiale plastico.

Per quanto concerne i rifiuti prodotti negli stabilimenti, nel 2023 si è avuta una riduzione del 7% della produzione di rifiuti normalizzata sui kg prodotti rispetto al 2022 ed il 99% dei rifiuti è stato destinato al recupero.

Anche dal punto di vista energetico, nell’ultimo triennio il Gruppo Casa Optima ha ottenuto una significativa riduzione del 7% sui consumi normalizzati sui kg prodotti.

Prodotti

Il Gruppo Casa Optima garantisce la qualità dei propri prodotti grazie alla scelta di materie prime fresche e di alta qualità, coltivate e trattate con cura, distribuite da fornitori fidati e certificati ed esperti nel settore.

I fornitori di materie prime sono localizzati per il 98% all’interno dell’Unione Europea e più di 2/3 hanno sede in Italia. Per un totale di circa 20.000 tonnellate di materie prime acquistate nel 2023.

Welfare

La formazione si configura come un investimento strategico che riflette la visione a lungo termine dell’azienda e il suo impegno nei confronti del capitale umano. All’interno del gruppo sono in corso diverse iniziative di retention, sviluppo personale, professionale e organizzativo: nel 2023 sono state dedicate 20,4 ore di formazione media per dipendente, 31 assunzioni a tempo indeterminato, delle quali 9 sono trasformazioni da contratto a tempo determinato. 20 stage inseriti di cui 11 confermati.

La “Diversity & Inclusion Policy” promuove una cultura aziendale inclusiva e valorizza le diversità sul luogo di lavoro: 1.000 collaboratori, di cui 708 dipendenti, e il 32% di donne nell’organizzazione responsabili di una o più unità organizzative rispetto al totale della popolazione di riferimento.

Road Map ESG 2030

Raggiungere la carbon neutrality attraverso l’impiego di energia rinnovabile e la riduzione progressiva del 5% annuo nei consumi energetici. Per realizzare questo obiettivo, l’azienda investirà sempre più nell’autoproduzione energetica nei propri stabilimenti, preferendo un approccio diretto e sostenibile rispetto a soluzioni alternative, come l’acquisto di crediti da terzi.

La mobilità aziendale ha già integrato una specifica policy legata all’adozione di veicoli elettrici e ibridi, con l’obiettivo di convertire il 75% della flotta entro il 2030.

La creazione della “Foresta Casa Optima”, con 5.500 alberi piantati entro il 2025, testimonia poi l’impegno per la compensazione delle emissioni, con un assorbimento stimato di oltre 1500 tonnellate di CO₂ in dieci anni

“La politica di sostenibilità̀ di Casa Optima è un elemento naturalmente intrinseco nella nostra “mission” di gruppo e rispecchia il nostro impegno quotidiano per la creazione di valori e risultati che tutti gli stakeholder possano apprezzare e condividere, dai nostri dipendenti e collaboratori alle comunità in cui operiamo, ai nostri clienti in tutto il mondo, alle istituzioni – afferma Francesco Fattori, ceo Casa Optima Group – Siamo convinti che ogni nostro prodotto, ogni attività o servizio aziendale e ognuno di noi oggi possa contribuire a creare le condizioni per migliorare e “coesistere” in equilibrio con tutto quello che verrà domani. Per me e per tutta la mia squadra è un grande orgoglio e piacere poter condividere tutto questo nel nostro 1° Bilancio di Sostenibilità, un documento importante che sintetizza il percorso che abbiamo intrapreso e che testimonia in modo concreto il nostro impegno, i risultati raggiunti oggi e i nostri obiettivi futuri”.

Il Bilancio di Sostenibilità 2023 di Casa Optima è disponibile integralmente qui

Ristorazione: 100mila euro per promuovere il gelato artigianale, detassazione mance per i camerieri

La commissione Bilancio della Camera ha approvato un emendamento alla manovra firmato da Paolo Trancassini di Fratelli d’Italia, che aumenta di 5 punti percentuali, dal 25 al 30% del limite di detassazione delle mance che il personale riceve dai clienti al termine del servizio. Approvato inoltre un approvato un emendamento che prevede l’assegnazione di 100mila euro per un’associazione mirata a promuovere le gelaterie artigianali. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Today.

La nuova manovra

MILANO – Grande novità in arrivo per chi lavora nel campo della ristorazione, in particolare per i camerieri di bar e ristoranti, e per i proprietari di gelaterie artigianali. La commissione Bilancio della Camera ha infatti approvato un emendamento alla manovra firmato da Paolo Trancassini di Fratelli d’Italia, che aumenta di 5 punti percentuali, dal 25 al 30% del limite di detassazione delle mance che il personale riceve dai clienti al termine del servizio.

Invece, per quanto riguarda le gelaterie artigianali, è stato approvato un emendamento che prevede l’assegnazione di 100mila euro per un’associazione mirata a promuovere queste attività.

Via libera alla detassazione delle mance nella ristorazione

L’approvazione dell’emendamento di FdI si traduce in meno tasse sulle mance. Oltre al passaggio dal 25% al 30% per quanto riguarda la soglia di reddito, il testo prevede anche un innalzamento da 50mila a 75mila del tetto di reddito sotto la quale si applica.

Infatti, fino a oggi il limite massimo era di 50mila euro, una “paletto” forse troppo restrittivo se consideriamo le problematiche economiche che riguardano in particolar modo chi lavora nel settore della ristorazione, uno dei più colpiti dalla recente crisi.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Andrej Godina dopo Report: “Perché in Italia si è arrivati a questo punto? Il torrefattore è il primo tra i vari responsabili”

MILANO – Freschissimi dalla messa in onda della puntata di Report con focus sul caffè in Italia, Andrej Godina lascia il suo commento dopo essere apparso sugli schermi delle televisioni italiane descrivendo l’aroma della tazzina del Caffè degli Specchi, come un copertone dell’automobile. E non soltanto questo: per chi ha seguito l’episodio, di cose se ne sono dette.

Godina: prime reazioni da questo appuntamento su Rai 3?

“Personalmente sono molto contento di com’è andata. Per quanto riguarda le condizioni che si trovano nei bar, restando più orientati sulla figura del barista che dovrebbe assicurare un caffè di qualità con delle operazioni necessarie, devo dire che siamo ancora al punto di partenza della puntata di 6 anni fa: tanti baristi ancora non sanno nulla della materia prima che trasformano e non puliscono la macchina.

Certo si deve sempre considerare che sono andati in onda quasi solamente i casi poco virtuosi. Ma sono sicuro che rispetto alla prima inchiesta di Report, se si va anche solo
negli Autogrill sulle autostrade la situazione è migliorata.

A Napoli, in alcuni caffè effettivamente sono stati ripresi dei casi che sono restati alla preistoria. È stato come entrare nel mondo del vino di 40 anni fa, con l’unica distinzione tra vino rosso e bianco della casa.

Il tema della tostatura scura affrontato da Bernardo Iovene è spinoso, bisogna sottolineare che se questo colore di tostatura viene fatto con la motivazione di nascondere i difetti della materia prima è un qualcosa da condannare, se invece è fatto per creare un determinato flavore finale, più intenso e corposo allora è un qualcosa da valorizzare.

Questa tostatura scura virtuosa, ovvero quella di un torrefattore che la usa su qualità di caffè verde di qualità e per conferire dei flavori più intensi, andrebbe maggiormente comunicata e spiegata.

Le tostature scure sono semplicemente una possibile declinazione di come il chicco può essere tostato ed è naturale che in questi casi gli oli contenuti nei chicchi fuoriescano in superficie.

Sul tema della tostatura ci sono due estremi che andrebbero mediati: da un lato la tostatura troppo chiara tipica delle micro roastery Specialty, spesso chiamate della “terza onda” che produce una bevanda molto acida, povera di corpo e di complessità aromatica e che risulta spesso imbevibile preparata in espresso. E poi c’è quella scura troppo spinta che brucia i chicchi e che conferisce solamente un gusto amaro con aroma di bruciato e un corpo astringente.”

Entriamo invece virtualmente di nuovo al Caffè degli Specchi: lei ha avuto una reazione molto dura di fronte all’affermazione del gestore quando ha detto “Qua in tutti questi anni nessuno si è mai lamentato

“Per commentare è necessario partire da una premessa, ovvero dalla dichiarazione che il gestore del Caffè degli Specchi fa sul caffè che pensa di servire: 99% di Arabica. È bastato osservare insieme al suo barista i chicchi, per scoprire che invece si tratta di una miscela composta da 70% di Arabica e 30% di Robusta. Questa semplice premessa fin da subito evidenzia di come non ci sia conoscenza di prodotto.

Un altro aspetto importante da non trascurare è che al Caffè degli Specchi l’espresso si vende a un euro: la strategia della gestione è di mantenere basso il costo della tazzina per attirare i clienti che acquistano poi altro. Quindi l’espresso è un prodotto gestito in modalità “sotto costo”. Questo dimostra come il gestore di un locale così importante, non ha alcuna considerazione di valore e alcuna idea di quello che sta servendo.

Questo è un tipico caso un cui è possibile affermare che siamo a zero sulla cultura di prodotto e non c’è alcuna intenzione di fare cultura al consumatore.

L’idea del “facciamo molti volumi, milioni di tazzine ogni anno, allora che c’è grande qualità”, non è più valida nel nostro settore: nel corso degli anni non è mai stata proposta la cultura di prodotto e quindi il consumatore italiano medio non è in grado di fare la giusta distinzione tra vari livelli qualitativi.

Oggi invece con i caffè Specialty e tanti baristi che lavorano bene c’è maggiore varietà e possibilità di bere caffè di alta qualità. Il consumatore si affeziona a un bar, ad un ambiente, ad un’esperienza. Il caffè di bassa qualità proposto per tanto tempo, diventa un’abitudine che prescinda dalla sua qualità. Oggi è giunto il momento di cambiare!

Perché in Italia si è arrivati a questo punto? Parlando di responsabilità partirei proprio dal torrefattore, perché lui trasforma e seleziona la materia prima, sceglie il grado di tostatura e ne determina i flavori finali in tazza. Ci sono i dovuti esempi virtuosi, ma in media si è fatto poco in termini di cultura di prodotto.

Questa poca cultura ricade sul gestore che spesso non ha idea di quello che serve ai propri clienti e di conseguenza non può trasmettere conoscenze al consumatore finale. E poi il prezzo della tazzina è troppo basso e onestamente non ho ancora capito perché il caffè deve costare sempre lo stesso prezzo indipendentemente dalla qualità che ci sta dietro.”

Questa puntata Godina, secondo lei arriva alle orecchie dei consumatori?

“L’episodio di Report, a mio parere, ha fatto cultura, in particolare mettendo in luce quello che il barista dovrebbe fare dietro al bancone, con una serie di passaggi che in genere non avvengono perché manca la formazione formale. La mancata formazione comporta non solo che l’operatore non sa scegliere il caffè da servire, ma non si occupa di pulire la doccetta, la campana del macinino, di fare la macinatura sul momento.

E alla fine tutto questo è a danno del consumatore che si vede servire caffè di bassa qualità dove è costretto ad aggiungere il latte e lo zucchero. Report ha dichiarato ancora una volta ciò che il barista fa di sbagliato e questo dovrebbe portare da oggi in poi il consumatore a controllare quello che viene fatto al bar e quello che non dovrebbe trovarsi. D’altro canto questo dovrebbe indurre i baristi a farsi delle domande su ciò che fanno quotidianamente e spingerli a fare un percorso di formazione.

Nel 2024 non è più possibile che il barista non abbia alcuna idea di quello che sta estraendo, Arabica, Robusta, tostatura chiara, media, quali origini.”

L’appello di Godina

“Mi rivolgo alle associazioni di categoria come per esempio la Fipe: perché ancora non si è fatta una campagna di diversificazione di prezzi sul caffè, considerando che in media rappresenta un terzo di fatturato del bar italiano? Sarebbe necessario spingere queste associazioni a organizzare corsi di formazione ai soci in modo che divengano sempre più esperti di caffè e eventi di coinvolgimento della stampa per sdoganare alcuni punti critici attorno alla tazzina.

Ci sarebbe bisogno che le torrefazioni iniziassero a fare più filiera, copiando quello che hanno fatto i produttori di vino che si sono uniti per esempio per consorziarsi e per creare le denominazioni di origine, oppure come i produttori di parmigiano reggiano hanno fatto con la creazione del consorzio.

Sfortunatamente nel mondo del caffè italiano ciascuno procede secondo i propri interessi aziendali, c’è poco dialogo, la filiera è ancora frammentata e non si riesce a fare fronte comune per gli aspetti positivi dell’espresso.”

Un altro punto da approfondire sono gli Istituti Alberghieri.

Godina: “Ci sono alcune scuole virtuose, ma purtroppo la maggior parte hanno un’offerta formativa non all’altezza, non possono contare su un budget necessario per dotarsi di macchinari all’avanguardia né per acquistare del buon caffè. Report ha fatto vedere i baristi che si formano da soli dietro al bancone, ma è vero che gran parte dei baristi provengono dagli istituti alberghieri all’interno dei quali non è garantito che imparino le nozioni e le pratiche corrette.

I docenti spesso non sono formati adeguatamente, non fanno corsi di aggiornamento sulla materia caffè e non sanno riconoscere i flavori. Anche in questo caso i torrefattori, dovrebbero fare fronte comune a livello regionale o provinciale e offrire un sostegno agli
istituti del territorio per garantire una formazione di base migliore agli studenti.”

Godina poi conclude sulla questione del prezzo al bar

“L’aumento del prezzo della tazzina in realtà è a vantaggio per tutti gli operatori: il consumatore pagherà di più come però ha dovuto fare con molti altri prodotti. Perché per il caffè non dovrebbe essere altrettanto?

Infatti rispetto alla dichiarazione di Antonio Quarta mi trovo in forte disaccordo. Chi ha deciso che il caffè deve essere un prodotto popolare a prezzi calmierati? Il caffè non è un alimento di base, le persone per la sopravvivenza hanno bisogno di calorie e di acqua. L’espresso ha solamente 2 calorie e la quantità di acqua non è utile per dissetarsi. Al bar assistiamo al paradosso che la bottiglietta d’acqua costa più dell’espresso, si parte da 1,5 fino ai 4 euro in qualche aeroporto. L’acqua è un bene di prima necessità, è proprio su
questo che bisognerebbe battersi per ottenere un prezzo calmierato!

Come si può dichiarare che l’espresso deve restare a un prezzo di base basso, politico, pensando che ci mette un anno a maturare sulla pianta, che cresce a decine di migliaia di chilometri, che contiene più di 1.500 aromi volatili, che contiene la dose di caffeina, che dev’essere tostato e infine preparato al momento?

Che messaggio si lascia trasparire al consumatore finale?

Di banalizzazione, di svalorizzazione del prodotto e di tutta la filiera che ci sta alle spalle, a mio parare dovrebbe essere tutto il contrario.

In questo ultimo caso lancio una sfida: dare in gestione a un torrefattore, magari proprio a Caffè Quarta, un bar classico, quello che paga l’affitto e che paga regolarmente i dipendenti, insomma ha una gestione in media con quella che è la realtà del bar, togliendoli tutti i prodotti che non sono caffè, insomma una vera e propria caffetteria.

Sono curioso di sapere se questo locale è in grado di mantenersi economicamente vendendo il caffè al “prezzo politico” dichiarato da Antonio Quarta, sono curioso di verificare se nella pratica e con il margine di guadagno del solo espresso, è possibile restare attivi.”

Francesca Bieker sull’episodio di Report: “In Italia manca una vera cultura del caffè: profondo vuoto di consapevolezza nei consumatori”

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Francesca Bieker, assaggiatrice di caffè, titolare di Grip – la scuola online dedicata al consumatore, giudice internazionale SCA e coordinatrice education SCA Italy, ha commentato la puntata di REPORT di Rai 3. Secondo l’esperta nell’inchiesta è stata messa in evidenza una mancanza di una vera cultura del caffè in Italia. Leggiamo di seguito la sua opinione.

Lo stato del caffè in Italia

di Francesca Bieker

MILANO – “La puntata di REPORT andata in onda il 15 dicembre ha portato alla luce una verità scomoda: in Italia manca una vera e propria cultura del caffè. Questo problema si manifesta non solo nella scarsa professionalità di molti baristi, ma anche in una generale trascuratezza sul fronte dell’igiene e, soprattutto, in un profondo vuoto di consapevolezza da parte dei consumatori.

Il problema: professionalità e igiene

Spesso tendiamo a idealizzare l’esperienza del caffè al bar come un momento sacro della giornata. Tuttavia, la realtà dietro il bancone è talvolta meno poetica. Molti operatori del settore non hanno ricevuto una formazione adeguata e non conoscono le tecniche fondamentali per preparare un espresso di qualità. A questo si aggiungono pratiche igieniche discutibili, come macchine per il caffè non pulite regolarmente e filtri trascurati, che compromettono non solo il gusto, ma anche la salubrità della bevanda che consumiamo. Per non parlare del macinino…

Senza contare la problematica innescata dall’utilizzo di un caffè bruciato in tostatura che elimina completamente le sostanze aromatiche generando un unico gusto riconosciuto, ovvero un amaro intensissimo e astringente, ma con una lunghissima persistenza.

Questo genere di tostatura avvilisce le qualità migliori ma spesso viene utilizzato per mascherare e disperdere dei difetti presenti nella materia prima utilizzata.

In conclusione, un caffè buono risulterà cattivo mentre un caffè scadente e difettato rischierà di migliorare in quanto il bruciato dell’amaro maschererà tutto.

Il ruolo del consumatore: una mancanza di educazione critica

Il problema più grande però, a mio avviso, è che noi come consumatori non siamo stati educati a distinguere un caffè scadente e con difetti da uno buono. Non ci è mai stato insegnato a riconoscere i difetti oggettivi in tazza, come la presenza di aromi bruciati, rancidi, legnosi o astringenti, ma nel tempo si sono radicate false credenze legate alla tazzina dell’espresso che ci portano piuttosto a valutare la persistenza della crema o “l’intensità”.

Di conseguenza, accettiamo quasi tutto ciò che ci viene servito, privandoci della possibilità di fare scelte consapevoli.

La cultura porta alla scelta

La cultura del caffè, infatti, è fondamentale per costruire un consumatore consapevole, capace di scegliere ciò che gli piace davvero. Conoscere il caffè significa saper apprezzare le differenze tra un’arabica e una robusta, tra una tostatura chiara e una scura, e saper riconoscere il valore di un’estrazione eseguita a regola d’arte. Senza queste conoscenze, il consumatore resta in balia dell’offerta, accettando passivamente anche caffè di qualità mediocre o, peggio, scadente.

Un altro fattore che porta a tutto ciò è la quasi totale impossibilità di scelta in un bar, avendo disponibile una solo tipologia, senza neanche sapere quale specie, miscela, varietà, lavorazione, provenienza ha quel caffè.

Teniamo presente, inoltre, che si inserisce un ulteriore tassello che è quello di non valorizzare e distinguere economicamente con prezzi diversi il valore del prodotto, come avviene invece nel vino, nelle birre e persino nell’acqua minerale.

Da anni mi occupo di consulenza e formazione per aziende e consumatori, con l’obiettivo di colmare questa lacuna culturale.

Ho avuto la possibilità di visitare piantagioni, partecipare come giudice internazionale ai campionati mondiali, tutti i giorni assaggio caffè per lavoro, scontrandomi spesso e volentieri con l’ignoranza e la presunzione che “sono 30 anni che lavoro così” oppure “nessuno si lamenta del caffè”, senza che mai nessuno faccia riferimento a dati oggettivi e tecnici riguardanti il caffè dalla pianta, al fiore, al frutto, alla raccolta, alle lavorazioni, alla logistica, alla tostatura, alla scelta, al mantenimento, alla shelf life, ai corretti utilizzi dei sistemi di estrazione e alla spiegazione di quello che si sta offrendo al consumatore finale, con tutte le problematiche che si creano e affrontano nel corso della filiera.

Solo attraverso un’educazione mirata possiamo rendere il consumatore italiano protagonista delle proprie scelte, spingendo anche i professionisti del settore a migliorare la qualità del servizio.

Un futuro di consapevolezza

Aggiunge Bieker: “Il caffè, simbolo dell’identità italiana, merita di più. Merita professionisti preparati e consumatori consapevoli. Investire nella cultura del caffè significa valorizzare un prodotto e può fare la differenza non solo al palato, ma anche nel nostro modo di vivere un’esperienza quotidiana così importante.

Se facciamo un conto veloce una persona che inizia a bere caffè a 20 anni, con una media di 3 al giorno berrà nella sua vita 54.750 espressi: è ora che iniziamo a sapere se quel prodotto è oggettivamente cattivo o buono.

È il momento di trasformare l’abitudine in cultura, l’ignoranza in consapevolezza e il caffè in una scelta autentica e consapevole”.

                                                                                                     Francesca Bieker

Caffè Passalacqua in risposta alla puntata su Rai 3: “La vera amarezza è l’invidia”

L’azienda Caffè Passalacqua con sede a Casavatore, Napoli, ha commentato l’inchiesta di Report in cui è stato analizzato ampliamente lo stato del mondo del bar e del caffè nei confini del Bel Paese. Leggiamo di seguito le considerazioni dell’azienda sullo spinoso argomento nel comunicato da loro rilasciato.

Caffè Passalacqua sulle conclusioni tratte dal programma Report

NAPOLI – Ogni volta che posa gli occhi sul mondo del bar e del caffè, Report sa sollevare il classico polverone, andando a scovare baristi che non svolgono al meglio il loro compito, caffè discutibili o mostrati come tali.

Lo fa in tutta Italia, trovando analoghe mancanze sia a livello di produzione sia di trasformazione, ma come già con la prima puntata, l’attenzione – un vero accanimento – si posa soprattutto su Napoli e sulla sua tradizione della tostatura napoletana di cui Biagio Passalacqua fu l’ideatore negli anni ’50.

La mano del conduttore prende una manciata del nostro caffè tostato scuro, fa mente locale a uno tostato chiaro e la conclusione è che il secondo è migliore, perché gli esperti intervistati (tra cui non c’è alcun napoletano) dicono così, pur senza averne colto le caratteristiche.

Tuttavia si sa da sempre che, al pari dell’arte culinaria, che cambia via via che ci si sposta di regione in regione e anche di comune in comune, influenzata dalle varietà climatiche, territoriali e storiche, così avviene anche per il caffè.

Il Centro Studi Assaggiatori ha identificato cinque stili che si incontrano nell’Italia dell’espresso, che vanno dall’alpino, che si manifesta con una freschezza acida ben percepibile, che enfatizza le note di fiori e frutta fresca, a quelle più speziate e cioccolatose dei caffè meridionali.

Nelle pagine che raccontano le differenze tra le diverse zone d’Italia, arrivati alla Campania, l’Autore ringrazia Biagio Passalacqua, riconosciuto come un’autorità in materia, per la preziosa testimonianza riguardo la storia e la cultura del caffè della nostra Regione, che viene così presentato: si presenta intenso, aromatico, scuro, pastoso, persistente.

Al suo interno può contenere una buona percentuale di caffè Robusta e in tazza dà un espresso che presenta una crema spessa di colore bruno. La bevanda è corposa e al gusto si presenta poco acida, con maggiori note amare. L’aroma intenso all’olfatto torna anche al retrolfatto ricco di sentori tostati e speziati, che terminano nella frutta secca ed essiccata.

Un caffè tostato scuro non è rancido

Non è il colore del caffè a determinare la sua qualità. A monte di un buon caffè c’è un sistema di selezione e di controllo qualità attento, che in Passalacqua è assicurato da un panel di assaggiatori certificato SCA (Specialty Coffee Association) che seleziona le partite di caffè da acquistare seguendo i più rigidi parametri globali per la selezione dei migliori caffè crudi esistenti al mondo.

A questo proposito, da pochi giorni ha ricevuto l’Award “Torrefazione Tradizione”, ovvero è stata decretata l’emblema della tradizione nella torrefazione italiana nella terza edizione della Guida dei caffè e delle torrefazioni d’Italia, ideata e curata da Andrej Godina, caffesperto e Phd in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, e Mauro Illiano, caffesperto e recensore gastronomico. La motivazione: “Per la sua capacità di innovare l’azienda nel pieno rispetto della tradizione, che traspare dalla linea dei prodotti e dai profili sensoriali in tazza”.

Ma torniamo al caffè e alla sua trasformazione. Un suo passaggio centrale è senza dubbio la tostatura, che porta nel chicco, dapprima verde, duro e pressoché insapore, cambiamenti radicali, che gli fanno aumentare il volume, il colore, e la consistenza.

Nel corso della puntata si è sentito parlare di crack, che è un po’ il rumore che fa il mais quando si trasforma in popcorn: questo suono è dato dall’alta pressione generata dal vapore acqueo e dall’anidride carbonica che si trovano nelle cellule del chicco; la loro pressione genera il rumore e cambia i connotati del chicco, per colore, volume e aromi.

Da questo momento comincia, infatti, la fase dello sviluppo in cui si caratterizzano la parte aromatica e il gusto in tazza. Quella più corta, pressoché a ridosso del primo crack, dà un chicco chiaro, poco solubile, che per questo è indicato esclusivamente per estrazioni a filtro, dove il maggiore tempo di contatto con l’acqua permette di estrarre gli aromi. I chicchi più scuri si prestano all’estrazione in espresso e la colorazione varia in base al momento del processo in cui il caffè viene scaricato.

Il caffè napoletano – di cui Passalacqua è tra gli inventori – viene scaricato prima che si abbia il secondo crack (un altro scoppiettio dovuto nuovamente soprattutto all’anidride carbonica). Sulla superficie dei chicchi si possono vedere poche goccioline di oli essenziali, “spinti” in superficie dall’anidride carbonica. In “Tostatura in un libro” di Andrej Godina e Massimo Barnabà si legge: “il colore del tostato è un indicatore di quanto le reazioni chimiche sono state in grado di creare nuovi aromi e determina una maggiore o minore complessità aromatica. Una tostatura scura aumenta il corpo della bevanda, la dolcezza, l’intensità dell’amaro, diminuisce l’intensità dell’acidità e nell’espresso aumenta lo spessore e la persistenza”.

“La tostatura scura è a manto di monaco e così sono i nostri caffè – afferma Francesco Lo Vasto, chief financial officer & strategy director di Passalacqua -. Questo per il torrefattore rappresenta solo uno svantaggio, perché con questa lavorazione il caffè raggiunge il massimo del suo calo di peso (circa il 20% contro un 15-16% della tostatura chiara), ma lo facciamo per aiutare il barista ad avere il migliore prodotto in tazza. La tostatura scura, infatti, facilita la generazione di polveri sottili in macinatura, che sono maggiormente idrosolubili in espresso. Ribadisco: un caffè tostato molto chiaro va bene principalmente per estrazioni in filtro e un torrefattore non può tostare non tenendo conto del metodo di estrazione utilizzato dalla maggioranza dei suoi clienti, considerato che in Italia il 99% avviene con metodo espresso”.

La bevanda in tazza offre le note di cui abbiamo parlato sopra: ha una grandissima persistenza e un corpo elevato, il processo di caramellizzazione degli zuccheri è completamente avvenuto e l’acidità è molto bassa. Proseguire con la tostatura oltre il secondo crack significa ottenere un caffè bruciato e con una forte astringenza… da servire coprendo questi sentori con creme, latte o zucchero. Espedienti di cui i caffè Passalacqua non hanno bisogno.

Formazione sul campo

“La formazione è un grosso problema per il mondo del bar in tutta Italia – riprende Francesco Lo Vasto -. Le scuole alberghiere non formano i futuri baristi, nessun ente si prende carico di questa formazione che viene riversata, quasi fosse un dovere, sulle torrefazioni”-

Lo Vasto aggiunge: “Perché? Le case vinicole si preoccupano forse di formare i sommelier che operano nelle varie enoteche? Per il mondo della formazione, per le associazioni di categoria ed anche per molte scuole baristi, estrarre un espresso significa semplicemente mettere il macinato nel filtro, pressare (se ne ha il tempo) e schiacciare un bottone o tirare una leva; meglio dedicarsi alla mixology che rende di più e fa più scena… Chi parla di qualità? Chi parla di manutenzione? Nessuno! Ma quando il barista non lavora bene, la colpa è della torrefazione. Così da 8 anni abbiamo una nostra Accademia interna in cui formiamo i nuovi clienti e un nostro formatore visita i diversi locali nelle città d’Italia al fine di aiutare i baristi a soddisfare al meglio la clientela”.

Passalacqua ha locali in cui ogni giorno vengono venduti più di 10 chili di caffè, fino ai 20 del bar Ciro a Mergellina e Bar Mexico su cui si è accanito il giornalista di Report. Quel quantitativo equivale a circa 2000 tazzine, che nelle giornate di punta arrivano a 2500-2800, richieste soprattutto la mattina a colazione e dopo pranzo: in questi periodi si formano code di decine di persone al banco ed essere rapidi e precisi è la cosa più importante.

Sono stati provati più macinadosatori, ma non riuscivano a soddisfare la richiesta dei picchi di lavoro. Ci si è quindi affidati a un macinino semi-industriale in grado di macinare grandi quantitativi di caffè molto rapidamente; il macinato viene riversato in un contenitore e quindi in un secondo, da cui un cucchiaio dosatore volumetrico da 8 grammi lo preleva con precisione, per versarlo nel filtro, per poi passare alla pressatura e dare il via all’erogazione.

Possiamo garantire che in quei contenitori il caffè non ha il tempo di sostare che pochissimi minuti, dunque il rischio che irrancidisca (un problema che si ha quando il caffè sosta a lungo nel macinacaffè o nel dosatore) non rientra nei rischi dei locali Passalacqua.

“E sottolineo il fatto che nei locali interessati dall’inchiesta, si beve una miscela di 9 origini di altissima qualità 100% arabica – riprende Francesco Lo Vasto -. Tante torrefazioni del Nord provano ad imitare il caffè napoletano tostando scuro anche miscele che in origine erano più chiare. Disturba forse il fatto che il gusto napoletano piaccia sempre più sia in Italia sia all’estero? Da parte nostra ne siamo fieri”.

Lo Vasto continua: “Ringraziamo il nonno Samuele che fondò la torrefazione, Biagio, Yor Armando ed Emilio che hanno proseguito l’attività, Paola e Laura Passalacqua che la conducono oggi con attenzione e grande serietà e Serena Montini che ad oggi rappresenta la quarta generazione alla guida della Torrefazione, di cui abbiamo abbracciato la tradizione portandola nel corso degli anni a una grande evoluzione”.

“Quindi questa tostatura scura piace e la controprova di ciò – afferma Pasquale Iazzetta, direttore commerciale – è proprio nei risultati di vendita fuori la regione Campania e all’estero. Passalacqua fieramente fedele al culto del vero caffè partenopeo, piace a tutte le latitudini e, ne siamo certi, piacerà sempre più”.

Istituto espresso italiano: “Per il 73,9% la qualità del caffè è il principale driver di scelta di un bar”

BRESCIA – Il caffè al bar ha una forte componente di socialità. Questo è il valore preponderante, oltre a vivere il piacere di gustare un prodotto di qualità. Di caffè, cultura e consumi in Italia se ne è occupata la survey voluta dall’Istituto espresso italiano e condotta da Furio Camillo con Sylla che ha coinvolto consumatori (adulti e GenZ) e baristi, con l’obiettivo di comprendere le loro preferenze e motivazioni.

La ricerca ha permesso di indagare le dinamiche di consumo di tre gruppi distinti: i consumatori adulti, gli adolescenti e i baristi, ciascuno con specifiche abitudini e percezioni. Quello che è emerso è la conferma che Il caffè non è solo una bevanda, ma è un’esperienza che coinvolge i sensi, rappresenta un momento di connessione sociale e riflessione personale ed è profondamente radicato nella cultura italiana.

“Da circa 30 anni IEI investe sulla certificazione di prodotto, un modello che a sua volta nasce da oltre 70mila test in tutto il mondo – spiega Luigi Morello, presidente dell’Istituto espresso italiano – l’indagine conferma che qualità si traduce nel piacere sensoriale per il 73% degli intervistati, ecco dunque una conferma all’impegno di Iei nel cercare di migliorare sempre di più la qualità di prodotto offerta dalle aziende italiane dell’espresso e di promuovere l’analisi sensoriale anche ai baristi”.

L’espresso al bar vale 8,6 voti su 10. Se non è una notizia l’apprezzamento tra gli adulti che si è rivelato altissimo, 8,6, il dato che è emerso rappresenta un ottimo risultato anche tra giovani della GenZ under 18 che valutano l’importanza a 6,9.

Risultato significativo e incoraggiante considerando che del segmento dei teenager, pur frequentando poco il bar, il 7% ci va tutti i giorni e quasi ii 15% almeno una volta a settimana. Cosa cercano? Locali confortevoli per relazionarsi, prodotti sostenibili e un prezzo accessibile.

“I giovani italiani, in particolare, non cercano più solo un caffè che li svegli al mattino, ma desiderano un caffè che li faccia sentire parte di qualcosa di autentico, che trasmetta passione e tradizione. Questo è il caffè che fa la differenza,” aggiunge Alfonso Brunetti, direttore di ricerca di Sylla.

Fattori decisivi nella scelta. Per entrambi i target, adulti e adolescenti, la qualità del caffè è il principale driver di scelta di un bar, 73,9%. Tuttavia, gli adulti attribuiscono maggiore importanza alla professionalità del barista (7 su 10), mentre i GenZ under18 preferiscono locali comodi dove trascorrere del tempo. Nelle scelte, tuttavia, sia adulti che under18 si lasciano influenzare più dai consigli di parenti e amici che da pubblicità o influencer.

La relazione con il barista, pur importante, ha un impatto basso sugli adulti (8%) come fattore di influenza dell’acquisto di caffè ma di sicuro il barista resta una leva potenziale da sfruttare visto il voto di importanza, 7,08, di questa figura nell’esperienza che si vive al bar.

Chi sono i consumatori di espresso. La ricerca ha evidenziato e diviso in sette cluster i vari tipi di consumatori:

  • Gli esteti solitari – Persone che apprezzano la qualità e l’atmosfera del bar ma senza un forte coinvolgimento sociale.
  • I frequentatori disinteressati – Individui che frequentano il bar come parte della routine ma senza particolari legami con l’esperienza.
  • I socializzatori pratici – Persone che vedono il bar come un luogo di socializzazione, senza dare troppa importanza alla qualità del caffè.
  • Gli esploratori di gusto – Individui che amano sperimentare nuove varietà di caffè e attribuiscono grande importanza alla qualità
  • Gli amanti della qualità riflessivi – Persone che apprezzano la qualità del caffè ma senza associarlo a energia o concentrazione
  • Gli energici individualisti – Persone che vedono il caffè come parte del proprio stile di vita, associato a energia e piacere personale
  • Gli addicted del caffè – Individui con una forte passione per il caffè, considerato parte integrante della loro cultura e stile di vita

Gli Esploratori di gusto possono essere i clienti ideali per i Puristi della Qualità, mentre gli Energici Individualisti potrebbero apprezzare l’approccio innovativo e responsabile dei Sostenibili. “Il caffè è molto più di una semplice bevanda. È un ingrediente che alimenta i concetti e i momenti di convivialità, ma anche un pilastro della qualità che i consumatori giovani cercano in tutto ciò che scelgono”, afferma Furio Camillo, il responsabile scientifico di Sylla, l’Istituito di ricerca che ha realizzato per conto di IEI la ricerca in questione. “Non si tratta solo di caffeina, ma di un’emozione che nasce dal sapore ricco e intenso, dalla qualità del chicco che ti dà quella spinta ‘buona’ che rende ogni sorso un’esperienza unica.”

La sostenibilità, valore gradito dal consumatore

Uno degli aspetti che derivano dai cluster è legato alla valorizzazione della sostenibilità che ebbene sia un criterio primario per una minoranza, la sostenibilità è una tematica in crescita. Questa tendenza può essere sfruttata non solo per attrarre consumatori già sensibili al tema, ma anche per educare e ispirare cluster meno attenti, come i Socializzatori Pratici. Fra i giovani under18 è un fattore importante. Importante è anche il vedere il bar come esperienza sociale e individuale: I consumatori del cluster socializzatori pratici vedono il bar come uno spazio di interazione sociale più che un luogo di degustazione.

Ma c’è anche da dire che da non sottovalutare sono la sfida del prezzo e della varietà. Come cruciale è il ruolo del barista nell’esperienza del caffè per alcuni cluster, come gli addicted del caffè, che valorizzano la relazione personale e l’interazione. In estrema sintesi, questa ricerca ha dimostrato come i consumatori siano sensibili e interessati all’argomento e abbiano idee chiare in proposito.

La ricerca ha inoltre chiarito le caratteristiche del bar ideale per il consumatore e che saranno considerate e implementate nella certificazione dei locali che IEI intraprende da 27 anni.

La scheda sintetica dell’Istituto espresso italiano

L’Istituto espresso italiano (Iei), di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 37 aziende aderenti con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro. Per maggiori info basta cliccare qui.

Mercati del caffè in ripresa aspettando il voto del Parlamento europeo sull’Eudr che è previsto nel pomeriggio

MILANO – La settimana si apre al rialzo in entrambe i mercati del caffè, con un trend più marcato, questa volta, a New York. Nella seduta di ieri, lunedì 16 dicembre, il contratto per scadenza marzo dell’Ice Arabica si è rivalutato del 2,5% (+790 punti) chiudendo a 327,40 centesimi. Guadagni più modesti per l’Ice Robusta: il contratto per scadenza marzo ha terminato la giornata a 5.203 dollari, 19 in più rispetto a venerdì.

Attesa per il voto di oggi, martedì 17 dicembre, del Parlamento europeo chiamato ad approvare in via definitiva il rinvio di un anno dell’entrata in applicazione dell’Eudr. Riferiremo sull’esito della votazione, che appare comunque scontato, nel numero di domani.

Disponiamo ora di ulteriori dettagli relativi alla stima preliminare sul raccolto brasiliano 2025/26 realizzata da StoneX, l’influente società americana di servizi finanziari, che ha da poco costituito una nuova divisione specializzata nel commercio dei caffè speciali (StoneX Specialty Coffee).

Gli specialisti di StoneX hanno viaggiato attraverso la cintura del caffè del Brasile per oltre 2 mesi percorrendo circa 20 mila chilometri

Attraverso l’osservazione delle colture e la raccolta di informazioni critiche essi sono addivenuti alla redazione di una prima stima sul potenziale produttivo per l’annata 2025/26 (luglio-giugno).

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Fuori casa: i prodotti di alto livello influenzano sempre di più la scelta dei consumi

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MILANO – Secondo l’Italy On Premise Consumer Pulse Report redatto da CGA by NIQ – rapporto che fornisce un’istantanea del canale e dei consumatori che frequentano bar e ristoranti nel Bel Paese – i consumi italiani stanno virando verso prodotti di qualità superiore.

Guardando al contesto generale, nel mese di settembre le visite degli italiani ai locali sono rimaste invariate sia rispetto ad agosto sia se confrontate all’anno precedente. Nell’arco della settimana, il sabato continua ad essere il giorno che registra l’affluenza maggiore, mentre le fasce orarie di punta coincidono con il momento dell’aperitivo e il dopocena.

In merito ai prodotti consumati, la birra, i drink da aperitivo, il vino, insieme a bevande calde e analcoliche, restano le scelte più popolari. Diversamente, i cocktail sono ora ordinati in quantità minori rispetto al passato, mentre i RTD (Ready-To-Drink, le bevande pronte da bere) continuano a riscuotere successo dovuto soprattutto alla loro qualità.

(dati concessi)

A causa del recente spostamento delle scelte dei consumatori italiani, oggi più propensi ad acquistare prodotti di qualità, CGA by NIQ ha analizzato questo elemento cruciale, focalizzandosi sui comportamenti dei consumatori e le tendenze alla premiumizzazione.

Nello specifico, alla domanda su quali caratteristiche permettano a un drink di essere definito premium, oltre la metà dei consumatori ha citato la qualità, un terzo ha parlato di preparazione esperta e quasi un terzo ha fatto riferimento all’unicità dell’offerta del locale, data per esempio dai cocktail d’autore.

Inoltre, quasi la metà dei consumatori è più incline a scegliere bevande di qualità superiore nei bar notturni (48%) e nei ristoranti (43%). In particolare le occasioni speciali (46%) e l’aperitivo (31%) sono ritenuti momenti in cui i consumatori sono più propensi a scegliere prodotti di qualità superiore.

(dati concessi)

Ciò che rende un posizionamento premium è dato da un’attenta elaborazione di strategie per attirare l’attenzione sulla bevanda e per proporre allettanti esperienze di abbinamento al cibo: i consumatori cercano prove tangibili dello status attraverso la qualità, l’innovazione e la narrazione.

I dati contenuti all’interno del report di CGA by NIQ suggeriscono agli operatori del settore di perfezionare la loro strategia concentrandosi sull’educazione dei consumatori al valore dei prodotti premium sia per rispondere alla domanda emergente sia per incrementare le vendite.

“L’On Premise continua a essere un terreno fertile per costruire la brand equity e fidelizzare i consumatori. È fondamentale tenere presente che la premiumizzazione non riguarda esclusivamente il prezzo, ma implica anche la creazione di esperienze eccezionali che giustifichino l’investimento da parte dei consumatori. In un contesto in cui gli italiani mostrano un crescente interesse per nuove categorie di bevande e offerte distintive, si presenta un’enorme opportunità di innovazione e, di conseguenza, di massimizzazione delle vendite.” ha dichiarato Valeria Bosisio, client success & insights manager Italia.

La scheda sintetica di CGA by NIQ

CGA by NIQ (NielsenIQ) è la principale società di consulenza per la misurazione, l’analisi e la ricerca nel settore On Premise che favorisce la crescita dei brand di cibo e bevande di maggior successo al mondo.

Con oltre 30 anni di esperienza e i migliori risultati di ricerca, dati e analisi, CGA by NIQ è in una posizione unica per aiutare le aziende del settore On Premise a sviluppare strategie vincenti per la crescita. CGA by NIQ collabora con fornitori di alimenti e bevande, proprietari di brand di consumo, grossisti, enti governativi e distributori per pub, bar e ristoranti proteggendo e plasmando il futuro dell’esperienza On Premise.

La sua missione è analizzare dati sui comportamenti del settore e offrire insight di esperti per offrire ai brand un vantaggio competitivo e garantire che il mercato che amiamo sia il più vivace possibile.

Fipe: “Nel 2022/23 l’inflazione è costata più di 237 mld, circa il 10% della spesa per consumi nei due anni”

ROMA – I dati congiunturali pubblicati sul sito del Centro Studi Fipe tratteggiano una situazione nel nostro paese in cui coesistono luci (la dinamicità degli occupati e la risalita delle retribuzioni) e qualche ombra come, ad esempio, la faticosa ripresa dei consumi delle famiglie, al netto di una dinamica dei prezzi che nel 2024 è tornata su livelli contenuti (nei primi 9 mesi dell’anno l’indice generale segna +0,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).

Ma dal punto di vista delle famiglie il rallentamento dell’inflazione non si traduce in una riduzione dei prezzi, perché gli aumenti dovuti ai rincari dei due anni precedenti sono oramai incorporati nei prezzi di beni e servizi.

Inoltre, al netto del trend contenuto dell’indice generale, occorre anche valutare la dinamica dei prezzi nei singoli comparti e il loro peso nel paniere di prodotti e servizi acquistati dalle famiglie. In tal senso, a fronte di una diminuzione dei prezzi delle spese per abitazione e utilities, nel corso del 2024 si registrano aumenti superiori alla media per beni e servizi (da quelli alimentari ai trasporti) che hanno un impatto significativo sui budget familiari.

Se dunque è senz’altro una buona notizia che l’inflazione si stia assestando su livelli più sostenibili, è altrettanto vero che il fardello fin qui accumulato continua a pesare sui bilanci delle famiglie.

L’aumento dei prezzi nel biennio 2022-2023

Nel biennio 2022-2023, la dinamica dei prezzi ha toccato livelli che mai erano stati raggiunti in un lungo arco temporale, con l’inflazione generale che su base annua ha segnato nel 2022 un incremento del +8,1%, mentre nel 2023 l’incremento è stato del
+5,7%.

Dopo anni di bassa inflazione, in qualche caso addirittura negativa, era nelle attese che i prezzi riprendessero a salire ma non certamente con l’intensità registrata.

Delle cause si è ampiamente parlato, tuttavia ancora non è chiaro quale sia stato il mix di fattori – dalle difficoltà registrate nelle catene globali del valore, alle strozzature nella logistica, alla speculazione – all’origine dei rialzi.

(dati: Centro Studi Fipe)

Con riferimento ai singoli beni e servizi l’inflazione è stata trainata, soprattutto nel 2022, dal rialzo dei prodotti energetici, i cui prezzi sono aumentati nel biennio del +40,2% sul 2021 (come combinazione del +35% osservato nel 2022 e del +3,9% del 2023).
Significativo è anche l’incremento osservato nel comparto dei beni alimentari (+20,1% nel 2023 sul 2021).

Tra i servizi, si registra un aumento superiore alla media negli alloggi (+24,5%), mentre nei trasporti i rincari sono stati del +13,7%. Nello stesso periodo la ristorazione ha mosso i listini al di sotto del tasso di inflazione generale (+11,1%).

(dati: Centro Studi Fipe)

L’impatto sulle famiglie

Qual è stato il costo sulle famiglie italiane della sola componente prezzi negli ultimi due anni? L’analisi mostra che l’inflazione è costata complessivamente più di 237 miliardi di euro, cifra che rappresenta circa il 10% della spesa per consumi nei due anni. Ciò significa circa 9.000 euro a famiglia.

A pesare è stato soprattutto il rincaro dei beni energetici e delle spese per l’abitazione che nei due anni hanno determinato un surplus di spesa che vale da solo 156 miliardi di euro, ovvero circa il 27,4% della spesa delle famiglie (circa 6.100 euro a nucleo familiare). Non è così difficile capire da dove sono arrivati i cd. extra profitti che le grandi compagnie energetiche hanno realizzato nel corso di questi ultimi anni.

Anche i rincari dei prodotti alimentari hanno pesato significativamente sulle tasche delle famiglie: si tratta di circa 45 miliardi di euro, pari al 12,9% della spesa delle famiglie nel biennio (quasi 1.800 euro per nucleo familiare) per questa tipologia di beni. Supera i mille euro a famiglia il costo dei soli rincari del comparto dei trasporti, quantificabile in valore assoluto in oltre 30 miliardi di euro.

Per quanto riguarda la ristorazione, l’aumento dei prezzi è costato 472 euro per famiglia (circa 12 miliardi di euro la cifra complessiva). In termini di incidenza, l’incremento vale il 6,9% della spesa, valore ben al di sotto della media riferita al complesso dei consumi. Nell’ambito della spesa per servizi turistici non è stato così per l’alloggio dove l’incidenza del costo dovuto al solo aumento dei prezzi sul totale della spesa arriva al 13,1%.

La tabella riporta in dettaglio il costo dell’inflazione per singola voce di spesa evidenziando l’importanza della tenuta del potere d’acquisto delle famiglie per sostenere i consumi nell’anno in corso e in quelli che seguiranno.

(dati: Centro Studi Fipe)