lunedì 15 Settembre 2025
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Cimbali Group celebra la Giornata nazionale del made in Italy con un’iniziativa speciale

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L'evento al MUMAC (immagine concessa)

BINASCO (Milano) In occasione delle celebrazioni dedicate alla Giornata nazionale del Made in Italy, Cimbali Group – azienda riconosciuta come impresa storica nel Registro Imprese Storiche di Unioncamere e detentrice di tre marchi iscritti nel Registro speciale dei Marchi Storici d’interesse nazionale del MIMIT – attraverso il suo museo d’impresa MUMAC, organizza un’iniziativa speciale dedicata all’eccellenza italiana nel mondo del caffè.

Cimbali Group per la Giornata nazionale del Made in Italy

Da oltre un secolo, Cimbali Group è simbolo del Made in Italy a livello internazionale. La scelta di partecipare ai festeggiamenti dedicati alla Giornata nazionale del Made in Italy, si inserisce in un percorso di valorizzazione della cultura d’impresa che, da sempre, il Gruppo porta avanti raccontando la storia e l’innovazione delle macchine per caffè espresso, e con la partecipazione ad associazioni come Museimpresa e, da oggi, anche attraverso l’adesione all’Associazione Marchi Storici d’Italia.

“Per noi è motivo di orgoglio e soddisfazione che tre dei nostri marchi siano stati riconosciuti tra quelli storici d’interesse nazionale. Da sempre la nostra identità aziendale ci porta alla ricerca continua della qualità in tazza non dimenticando mai di valorizzare e promuovere i valori legati alla cultura d’impresa e al Made in Italy che sono un elemento distintivo nel mondo.Celebrare questa giornata è per noi un’occasione per ribadire questo impegno e per sottolineare quanto sia importante raccontare l’italianità anche attraverso la storia delle nostre imprese”, ha commentato Fabrizia Cimbali, amministratore delegato Cimbali Group.

Cimbali Group con MUMAC apre quindi le sue porte con un evento speciale – in programma il 6 aprile dalle 16.30 alle 21.00 -, che racconta il valore del Made in Italy attraverso le storie, i marchi storici, le fondazioni culturali, i musei d’impresa, le loro collezioni e gli archivi, riconoscendone il ruolo sociale e il contributo allo sviluppo economico e culturale del Paese.

L’appuntamento si sviluppa attraverso una tavola rotonda d’eccezione e l’esposizione fotografica “Donne motori? Gioie e basta”. L’obiettivo? Dare voce ad un sistema che, attraverso la cultura, l’arte e la bellezza, dà valore alle eredità culturali che si celano dietro al “saper fare italiano”, anche in relazione ai patrimoni identitari rappresentati, custoditi e valorizzati dalle collezioni aziendali.

Al centro dell’evento, la tavola rotonda “Imprese tra storia, design, identità e innovazione”, moderata da Barbara Foglia, MUMAC Director, che riunirà esperti di rilievo nel panorama culturale e imprenditoriale italiano:

  • Antonio Calabrò, Presidente Museimpresa
  • Giovanna Castiglioni, Fondazione Achille Castiglioni
  • Fabrizia Cimbali, Amministratore delegato Cimbali Group
  • Elisabetta Cozzi, Presidente Museo Fratelli Cozzi
  • Armando de Nigris, Vicepresidente dell’Associazione Marchi Storici e Presidente Gruppo Giovani dei Marchi Storici
  • Cinzia Pagni, Presidente ADI Lombardia

La mostra fotografica “Donne e Motori? Gioie e basta”

In collaborazione con il Museo Fratelli Cozzi, il MUMAC ospiterà la mostra fotografica “Donne e Motori? Gioie e basta”, un progetto dell’Associazione Friends of Museo Fratelli Cozzi, con scatti della fotografa Camilla Albertini. Attraverso le immagini di 40 donne scelte per il loro impegno professionale, sociale, politico

e culturale, a bordo delle storiche auto Alfa Romeo conservate al Museo Fratelli Cozzi, l’esposizione racconta il superamento di luoghi comuni e stereotipi di genere, permettendo all’osservatore di cogliere l’elemento narrativo di rispetto e considerazione, in un’ottica di responsabilità sociale d’impresa che si fa attenta promotrice dei valori legati alla vera parità di genere, attraverso la bellezza e l’eleganza delle persone e delle auto ritratte.

Dopo il successo alla Camera dei Deputati, al Consiglio Regionale della Lombardia e in altre sedi culturali italiane e internazionali, la mostra approda al MUMAC con un inedito scatto speciale, ad opera della fotografa Camilla Albertini. Barbara Foglia ed Elisabetta Cozzi, insieme a Fabrizia Cimbali, condividono l’obiettivo con un’iconica Alfa Romeo Giulia SS e testimoniano ancora una volta l’importanza della collaborazione tra musei d’impresa che fanno della loro identità un marchio distintivo.

La scheda sintetica di Cimbali Group

Cimbali Group è tra i principali produttori di macchine professionali per caffè e bevande a base di latte e di attrezzature dedicate alla caffetteria. Il Gruppo, di cui fanno parte i brand La Cimbali, Faema, Slayer e Casadio, opera attraverso tre stabilimenti produttivi in Italia e uno negli Stati Uniti (a Seattle, dove vengono prodotte le macchine a marchio Slayer), impiegando complessivamente oltre 800 addetti.

L’impegno del Gruppo per la diffusione della cultura del caffè espresso e per la valorizzazione del territorio si è concretizzato nel 2012 con la fondazione del MUMAC – Museo della Macchina per Caffè, la prima e più grande esposizione permanente dedicata alla storia, al mondo e alla cultura delle macchine per il caffè espresso situata all’interno dell’headquarter di Cimbali Group a Binasco. MUMAC ospita MUMAC Academy, l’accademia della macchina per caffè di Cimbali Group, centro di formazione, divulgazione e ricerca.

La scheda sintetica di MUMAC – Museo della macchina per caffè di Cimbali Group

Nato nel 2012 in occasione del centenario della fondazione dell’impresa da parte di Giuseppe Cimbali a Milano, il museo, grazie alle collezioni Cimbali e Maltoni, è la più grande esposizione permanente dedicata alla storia, al mondo e alla cultura delle macchine professionali per il caffè espresso; con oltre 100 pezzi esposti all’interno dell’headquarter di Cimbali Group situato a Binasco (Milano) racconta più di 100 anni di storia e dell’evoluzione di un intero settore del Made in Italy, non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche del design e dello stile dei prodotti e dei costumi legati al consumo della bevanda.

Oltre alle macchine esposte, MUMAC è dotato di altri 250 pezzi a disposizione per rotazioni all’interno del museo o prestiti worldwide, di un fondo librario con circa 1.300 volumi tematici e di un archivio con decine di migliaia di documenti tra foto, brevetti, lettere, cataloghi, utili a ricostruire la storia della macchina per caffè espresso. MUMAC produce contenuti culturali originali quali mostre, tavole rotonde e volumi divulgativi (tra cui il libro SENSO ESPRESSO. Coffee. Style. Emotions), organizza iniziative educational dedicate a scuole, università e famiglie e, attraverso MUMAC Academy, propone corsi rivolti ai professionisti del settore e ai coffee lover.

Andrea Bazzara racconta Trieste Coffee Experts: “Divulgare la cultura del chicco è una responsabilità e un dovere”

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Andrea Bazzara (immagine concessa)

Andrea Bazzara ci racconta come nasce l’idea del Trieste Coffee Experts e le grandi novità previste per l’ottava edizione che si terrà il 6 e 7 dicembre all’hotel Savoia Excelsior  Palace di Trieste. Un’edizione importante, intitolata “Coffee Megatrends”, la cui ambizione è quella di compattare ancor di più il settore caffè con l’obiettivo di trovare soluzioni collettive al momento caotico che sta avvolgendo l’intero comparto.

Bazzara, perché organizzare il Trieste Coffee Experts?

La risposta è abbastanza semplice: il Trieste Coffee Experts nasce dall’esigenza di creare un punto d’incontro per un gruppo di persone che ha a cuore le sorti del caffè.

Un’esigenza che abbiamo percepito nel corso degli anni, e che ci ha spinto a pensare a un format dedicato alla riflessione e al dialogo. Il TCE è un evento capace di radunare il comparto con l’obiettivo di fare rete.

E più il mondo del caffè riuscirà a stringere le maglie di questa rete, più si dimostrerà impermeabile e resiliente di fronte alla mole di critiche e all’abbandono generalizzato che spesso aleggia su una filiera così importante per il nostro Paese”.

Esigenza che porta all’ideazione degli Stati Generali?

“Certo. In un momento molto caotico per il comparto, il Trieste Coffee Experts diventa una manifestazione ancora più strategica e gli Stati Generali del Caffè, che si terranno durante l’edizione “Coffe Megatrends” del 6 e 7 dicembre, nascono non da una trovata individuale, ma da un’esigenza collettiva, espressa a gran voce proprio dai partecipanti della settima edizione.

Al Trieste Coffee Experts, non ci sarà lo spazio per la parola “paura”, ma ci sarà sempre posto per la voce di chi vuole trovare una strada comune, perché oggi fare rete non è una possibilità, fare rete è l’unica via. E gli Stati Generali rappresentano in questo la massima espressione del confronto, che deve necessariamente portare il comparto a soluzioni corali e durature nel tempo”.

Bazzara, si prevedono altre importanti novità?

“L’ottava edizione del TCE si amplia con l’apertura dell’evento al mondo delle torrefazioni. E quando parliamo di torrefattori, bisogna sicuramente sottolineare il sostegno che ci stanno dando realtà importanti come l’Associazione Caffè Trieste con Presidente Arianna Mingardi, il Gruppo Italiano Torrefattori Caffè con Presidente Omar Zidarich, il Consorzio di tutela del Caffè Espresso Italiano Tradizionale con Presidente Giorgio Caballini e l’Istituto Nazionale Espresso Italiano (Inei) presieduto da Luigi Morello.

Non bisogna dimenticare che i torrefattori sono tra i più importanti ambasciatori dell’espresso italiano nel mondo e la loro presenza è cruciale per elevare il livello della rassegna e tracciare una strada comune”.

Obiettivo fare rete, ma anche divulgare…

Sì, divulgare è una responsabilità, un dovere. Sono anni che indirizziamo gran parte dei nostri sforzi verso una diffusione e condivisione della cultura del caffè di qualità, sia a livello nazionale che internazionale. Lo facciamo attraverso l’Academy, attraverso la creazione di libri, attraverso la realizzazione di collane video, attraverso la pubblicazione di numerosi articoli su riviste del settore e ovviamente attraverso anche l’organizzazione di eventi come il Trieste Coffee Experts.

Ci impegniamo affinché il TCE rappresenti anche uno spazio in grado di appassionare il pubblico esterno e avvicinare i non addetti ai lavori al magico mondo del caffè.

Per questa ragione la conferenza sarà disponibile in diretta streaming, sia in italiano che in inglese. Viviamo un periodo storico in cui non ci possiamo permettere di stare tra le mura del castello, ma dobbiamo uscire e fare chiarezza, discutere, raccontare. Insomma divulgare”.

Con quali aspettative prepararsi all’ottava edizione?

Non bisogna vivere di aspettative, ma di fatti. Tuttavia sicuramente la risposta di media e partner di caratura internazionale mi ha fatto pensare ancora una volta quanto noi italiani abbiamo tutte le potenzialità per diffondere la cultura del caffè di qualità. Se questa bevanda viene sempre più apprezzata in tutto il mondo, specie nei mercati emergenti di India e Cina, questo lo si deve anche al saper fare italiano. Ambasciatori di un elisir che scandisce la quotidianità di oltre un miliardo e mezzo di persone in tutto il mondo.

Noi Bazzara siamo orgogliosi di quanto fatto per il comparto in questi lunghi anni, ma se il Trieste Coffee Experts è riuscito a concretizzarsi, passando da sogno a realtà duratura – siamo all’ottava edizione – bisogna ringraziare anche i nostri sponsor.

Stiamo parlando di grandi nomi quali: Clubhouse, IMF, Alkaff, Brita, Demus, Ima Petroncini, Opem, Colombini, Pulycaff, e molti altri… tanti amici che ci hanno sempre sostenuto, iniziando il percorso con noi senza mai abbandonarlo in tutti questi anni. L’attenzione e la dedizione che hanno sempre messo anche nel diffondere e comunicare il nostro evento è l’energia che fa splendere rassegne tra le quali il Trieste Coffee Experts”.

Alberto Polojac all’Honduras Coffee Fest: “Fondamentale puntare su metodi più efficaci di produzione, formazione sul campo e soluzioni tecnologiche all’avanguardia”

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La platea dell'Honduras Coffee Fest 2025 (immagine concessa)

SANTA ROSA DE COPAN – “Siamo in un periodo di grande incertezza e instabilità dei prezzi: un contesto che non si è mai visto prima nel nostro settore”. Con queste parole Alberto Polojac ha aperto il suo intervento durante l’Honduras Coffee Fest 2025, uno degli eventi più attesi del panorama internazionale del caffè, tenutosi nel capoluogo del dipartimento di Copàn.

Davanti a una platea composta da produttori ed esportatori locali, Polojac, di Imperator S.r.l. di Trieste (importatore di caffè crudo) ha analizzato la drammatica situazione dei mercati globali del caffè, con i prezzi che hanno raggiunto livelli record sia per l’Arabica ( vicine a 4$ per libbra nella Borsa di New York) che per il Robusta (che ha toccato i 5.400 dollari per tonnellata a Londra).

I visitatori all’evento (immagine concessa)

I cambiamenti climatici hanno avuto un impatto devastante sui raccolti“, ha sottolineato Polojac, “particolarmente nell’ultimo trimestre in Brasile, Vietnam, Colombia e America Centrale. In Honduras, le recenti alluvioni hanno compromesso circa il 15% della produzione nazionale, aggravando ulteriormente la situazione dell’offerta globale mentre la domanda continua a crescere”.

Durante il suo intervento, Polojac ha anche affrontato il tema della European Union Deforestation Regulation (EUDR), la normativa europea che entrerà in vigore a dicembre 2025 e che imporrà nuove regole per i prodotti importati nell’UE, tra cui il caffè.

“Questa regolamentazione rappresenta una sfida ma anche un’enorme opportunità per i produttori honduregni”, ha spiegato. “Chi investirà in tracciabilità e pratiche sostenibili avrà un vantaggio competitivo fondamentale nel mercato europeo”.

Secondo i dati presentati, l’Honduras, quinto produttore mondiale di caffè, potrebbe beneficiare particolarmente di questa transizione grazie ai suoi programmi di sostenibilità già avviati nelle regioni di Santa Bárbara e Copán, dove diverse cooperative stanno implementando sistemi di tracciabilità basati su blockchain.

Il relatore ha concluso il suo intervento con un appello all’innovazione: “Per affrontare al meglio queste sfide, è fondamentale puntare su metodi più efficaci di produzione, formazione sul campo e soluzioni tecnologiche all’avanguardia, creando un mercato del caffè più resiliente e pronto a fronteggiare le difficoltà future.”

L’intervento di Polojac è stato seguito da un workshop pratico sulla tracciabilità del caffè con oltre 200 partecipanti, confermando l’interesse crescente del settore verso queste tematiche di cruciale importanza per il futuro dell’industria caffeicola.

Fipe si congratula con i vincitori del premio Maestro dell’arte della cucina italiana, da Massari a Bottura, assegnato da Giorgia Meloni e Francesco Lollobrigida

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I vincitori del Premio Maestro dell’arte della cucina italiana (immagine concessa)

ROMA – Fipe-Confcommercio esprime le più vive congratulazioni ai vincitori del Premio Maestro dell’arte della cucina italiana, assegnato il 2 aprile dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida.

Il premio rappresenta un simbolo di valorizzazione e tutela della nostra tradizione gastronomica, riconoscendo il talento e l’impegno di coloro che quotidianamente contribuiscono a preservare e innovare la cultura culinaria del nostro Paese.

Per questo motivo la Federazione Fipe, presente alla cerimonia con il Presidente Lino Enrico Stoppani, sottolinea l’importanza di questo riconoscimento per la promozione della cucina italiana a livello globale.

I premi sono stati conferiti a figure che si sono distinte per il loro contributo alla valorizzazione delle eccellenze italiane.

Tra i vincitori di quest’anno figurano: Iginio Massari, premiato per l’arte della pasticceria italiana; Carlotta Fabbri, per l’arte della gelateria; Franco Pepe, per l’arte della pizza; Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, per l’arte della gastronomia; Piercristiano Brazzale, per l’arte casearia; Maria Francesca Di Martino, per l’arte olivicola italiana; Riccardo Cotarella, per l’arte vitivinicola, e infine Massimo Bottura, che ha ricevuto il Premio maestro dell’arte della cucina italiana.

L’importanza di questo premio non risiede solo nel suo valore simbolico, ma anche nel suo ruolo fondamentale nel rafforzare la presenza della cucina italiana nel mondo. La cucina italiana non è solo una questione di piatti e ingredienti, ma è una vera e propria espressione di cultura che riesce a raccontare la storia e le radici del nostro Paese. Il Premio, pertanto, non solo celebra i singoli talenti, ma diventa un formidabile strumento di soft power per promuovere l’eccellenza della cucina italiana a livello internazionale, consolidando il nostro Paese come punto di riferimento gastronomico globale.

Quarta Caffè si rinnova tra specialty e nuove caffetterie

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Il logo di Quarta Caffè (immagine concessa)

Da una piccola bottega di Lecce a un marchio inconfondibile del caffè in Puglia: la storia della famiglia Quarta attraversa quattro generazioni. Oggi, Edoardo Quarta si fa portavoce di una nuova sfida con un’attenzione particolare per lo specialty. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Vivian Petrini per il portale d’informazione Cibo Today.

La storia di Quarta Caffè

LECCE – Nel cuore del Salento, dove il caffè è un rituale quotidiano, tra il profumo intenso della tostatura e la passione tramandata di padre in figlio, nasce la storia della torrefazione Quarta Caffè. Un nome che oggi è sinonimo di eccellenza, ma che affonda le radici in una piccola bottega familiare nel centro di Lecce, dove tutto ebbe inizio più di 70 anni fa. Sotto la guida di Antonio Quarta e dei figli Gaetano ed Edoardo, l’azienda continua a crescere e a distinguersi per la ricerca della qualità, la sostenibilità e l’innovazione.

Nel primissimo dopoguerra, Antonio Quarta non si occupava solo di caffè: nella sua bottega produceva e vendeva anche gazzose e ghiaccio, un bene prezioso in un’epoca in cui i frigoriferi erano un lusso per pochi.

“Mio bisnonno Antonio aveva questa bottega dove, oltre a tostare il caffè, vendeva anche ghiaccio. Era l’unico a produrlo a Lecce e lo consegnava con una carrozza nelle case della città”, ci racconta Edoardo Quarta, la quarta generazione ora al timone dell’azienda di famiglia.

La storia del ghiaccio e del caffè si intreccia con quella del famoso caffè in ghiaccio – chiamato anche caffè leccese seppur non tutti sono d’accordo su questa dicitura – una tradizione salentina ormai esportata ovunque e di cui i Quarta rivendicano la paternità.

Edoardo Quarta da qualche anno ha avviato un progetto nel mondo del caffè specialty. Dopo esperienze nelle cucine stellate, ha deciso di portare la sua passione per la qualità all’interno dell’azienda di famiglia. “Ho intrapreso un percorso di formazione ottenendo certificazioni di alto livello, tra cui la Q-Grader, la più prestigiosa nel mondo del caffè”, racconta a Cibo Today.

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Gelateria La Romana e H-Farm insieme per ridisegnare il futuro del cono artigianale

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Il logo della gelateria La Romana

L’iniziativa del brand La Romana è nata con l’idea di reinventare la gelateria a pochi passi da piazza Duomo di Treviso attraverso gli occhi della Generazione Z e Alpha, che fin da giovanissimi hanno familiarità con tecnologie e dispositivi mobili. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Treviso Today.

H-Farm e La Romana per le generazioni più giovani

MILANO – H-Farm e gelateria La Romana hanno unito le forze per ridisegnare il futuro dell’esperienza del gelato artigianale. Partendo da un brief che identificava alcune sfide reali del retail tradizionale, dalla collaborazione tra le due realtà è scaturito un processo creativo che ha coinvolto diverse generazioni e competenze per dare forma alla gelateria del domani.

L’obiettivo era reinventare l’experience de La Romana attraverso gli occhi della Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012) e della Generazione Alpha, i veri nativi digitali nati tra il 2010 e il 2025, che fin da giovanissimi hanno familiarità con tecnologie e dispositivi mobili.

Il percorso ha preso il via con una sfida della durata di due mesi, una challenge, rivolta agli studenti di H-Farm College. Il Career Service ha supportato La Romana nella stesura di un brief, invitando gli studenti a sviluppare progetti originali in linea con le richieste dell’azienda.

Tra i team finalisti, “Stracciatella alle More” si è distinto presentando un concept rivoluzionario basato sulle tecnologie Nfc e AI, capace di trasformare ogni gusto di gelato in un’esperienza narrativa immersiva.

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Il consumo di caffeina aiuta a contrastare l’alcolismo: il nuovo studio

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La struttura della caffeina (immagine: Wikimedia Commons)

Il consumo della caffeina interferisce nell’organismo bloccando la dopamina e può essere d’aiuto per contrastare il fenomeno dell’alcolismo. I ricercatori hanno scoperto che la caffeina ha un impatto significativo sul percorso mesolimbico della dopamina, una parte molto importante del sistema di ricompensa del cervello, attraverso il quale viene rilasciata la dopamina. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione msn.

La caffeina contro l’alcolismo

MILANO – La caffeina interferisce sulla nostra salute psico-fisica e questa non è di certo una novità. Ad ogni modo, non tutti sanno che il caffè potrebbe aiutare a contrastare alcuni effetti dell’alcol sul cervello e limitare, seppur potenzialmente, il rischio di dipendenza.

E’ questo quanto è emerso da un recente studio che spiega come la caffeina vada ad interagire con la produzione della dopamina, che poi è proprio quella sostanza chimici che ci fa stare bene.

Precedenti studi hanno posto in evidenza il fatto che la caffeina possa interagire con alcuni dei modi in cui l’alcol modifica il comportamento. A condurre questo ultimo studio sono stati alcuni scienziati provenienti dall’Italia e altri dagli Stati Uniti che hanno esaminato questa relazione.

Sono stati effettuati degli studi ed esperimenti sui ratti, che hanno portato ad un risultato. I ricercatori hanno scoperto che la caffeina ha un impatto abbastanza significativo sul percorso mesolimbico della dopamina ovvero una parte molto importante del sistema di ricompensa del cervello, attraverso il quale viene rilasciata la dopamina.

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Giubbe Rosse di Firenze: Massimo Mori presenta il libro dedicato alla storia del locale

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L'insegna del caffè Le Giubbe Rosse

Massimo Mori racconta nel suo nuovo libro la storia dietro Giubbe Rosse, il locale fiorentino di piazza della Repubblica, e il periodo di passaggio caratterizzato tra il vecchio secolo e il nuovo millennio. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione La Nazione.

Assolo corale: il libro di Massimo Mori sul locale Giubbe Rosse di Firenze

FIRENZE – Massimo Mori, l’autore, definisce la stagione 1989 – 2013 del caffè letterario delle Giubbe Rosse, quella della “intermedialità” (la trasformazione di un contenuto da un medium all’altro). “Assolo corale” ne è il titolo (Florence Art Edizioni), chiarendone il proprio ruolo (di ideologo e conduttore) ma sottolineandone ad un tempo la rilevanza di quanti hanno concorso a caratterizzare quegli anni.

Libro/diario interessante, storicamente importante, ma destinato forse anche e suscitare qualche reazione da parte di chi operò altrove, dubitando della primazia delle operazioni culturali che si confezionavano in quei locali, nella stagione della gestione Smalzi o poco più. Del resto, nulla di nuovo; anche nei gloriosi anni ’30 al gruppo delle Giubbe facevan da contraltare quelli di Gilli, dall’altra parte dell’allora piazza Vittorio. Ma ora che la statua equestre di Vittorio Emanuele II è alle Cascine e la piazza è intitolata alla Repubblica, le cose son cambiate.

Di fatto, dopo la gloriosa stagione di Montale, Luzi, Rosai, Macrì, Bonsanti ed altri, il dopoguerra alle Giubbe, soprattutto fra gli anni ’70 e ’80, ebbe a soffrire di silenzi e incertezze (se pur con la presenza del movimento di “Ottovolante”), declinando quel prestigioso profilo che le aveva caratterizzate.

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Mauro Bassini, autore di Non c’è più gusto, il libro-critica alla cucina italiana

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non c'è più gusto mauro bassini
La copertina del libro Non c'è più gusto (immagine presa dal sito Minerva Edizioni)

Il giornalista bolognese Mauro Bassini ha pubblicato e presentato il nuovo libro Non c’è più gusto, una critica diretta alla cucina italiana che, secondo l’autore, dà molta più importanza a inutili raffinatezze che alla qualità vera e propria. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Daniela Utili per La Gazzetta del Gusto.

Il libro Non c’è più gusto

MILANO – Il volume è una critica diretta, precisa e documentata, in cui emerge la moda del momento, alimentata dalle tante, troppe trasmissioni di cucina in tv. A tutte le ore e in tutte le salse. Bassini scrive dei motivi per cui siamo particolarmente vicini al suicidio: poco talento, inutili raffinatezze, eleganti banalità e ostinate follie.

“I piselli ripieni sono stati importanti per decidere di scrivere questo libro” – ha raccontato Bassini come riportato da La Gazzetta del Gusto. “In un ottimo e celeberrimo ristorante di Bologna trovai nel menu questo piatto che arrivò con 10-12 piselli tutti belli verdi (un po’ spartano). Quindi chiesi di fare due chiacchiere col cuoco e gli chiesi che differenza ci fosse tra un pisello ripieno di crema di calamari e 12 piselli appoggiati su un letto di crema di calamari. La risposta?…’Eh vabbè però bisogna anche stupire…”.

Secondo Bassini lo stupore è diventato l’obiettivo numero uno.

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Origini Caffè, l’espresso come il vino: “Vogliamo trovare e fare ritrovare il volto del produttore bevendo una tazzina di caffè”

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Origini Caffè, il lavoro di filiera equa e sostenibile (foto concessa)
Origini Caffè, il lavoro di filiera equa e sostenibile (foto concessa)

LA MORRA (Cuneo) – Nella zona produttiva nota per il vino Barolo, si trova Origini Caffè, attività avviata da Gianfranco insieme a Gianni, specializzati in viticoltura ed enologia – e Roberto, che ha sviluppato la sua esperienza proprio nel mondo del caffè. La mission del gruppo è “Trovare e far ritrovare il volto del produttore nella tazzina di caffè”.

Questa è la mission di Origini Caffè

Un’iniziativa, anzi, una storia di passione e amicizia: “Iniziata – specifica Gianfranco – perché vogliamo raggiungere l’obiettivo di far conoscere l’origine del chicco, che è innanzitutto una pianta: l’atto finale del bere una tazzina di caffè racchiude una filiera fatta di colori, profumi, mani, persone ed espressioni”

Origini Caffè inizia a farsi strada per via di un incontro avvenuto casualmente con un produttore di caffè durante il Salone di Terra Madre, intorno al 2003-4, proveniente dalla zona di Huehuetenango in Guatemala.

L’agricoltore disse una frase che rimase impressa nelle menti del gruppo: “Noi abbiamo il
caffè più buono del mondo.. ma non riusciamo a venderlo”. Così, dopo un anno, a seguito della visita nella sua azienda, nell’ambito del programma Slow Food, si fece chiara l’idea della collaborazione.

Origini Caffè parte così: far arrivare il caffè del Guatemala dall’altra parte del mondo

“Vivere in prima persona il “cafetal”, per gente come noi appassionate dell’agricoltura, ci ha regalato emozioni spettacolari. L’importazione è stato l’atto finale, a seguito della conoscenza delle comunità locali, delle varietà/cloni, dei metodi di processamento.”

Origini Caffè sposa prima di tutto la causa dei contadini: si dialoga con loro, si sostengono tecnicamente sul campo acquistando le attrezzature necessarie e pagando degli agronomi a loro supporto.

“Tutto questo è stato possibile attraverso i progetti di cooperazione: con pochi mezzi e tanta volontà, siamo entrati in questo circuito virtuoso e da lì abbiamo continuato fino ad oggi”.

Tutt’ora importiamo caffè dal Guatemala, principalmente coltivato dalle donne che noi cerchiamo di sostenere per dar loro valore come figure fondamentali all’interno delle piantagioni. È importante per noi raccontare questi contesti difficili: spesso sono storie di madri, mogli, sorelle intrecciate nelle vicende storiche nazionali.

Il termine “feminino” per il caffè da loro coltivato, è stato possibile utilizzarlo solo un anno fa, dopo l’impegno di un grande movimento femminista partito dal Sud America. Il nostro aiuto vuole intendersi come un rapporto di ascolto e sostegno, senza imposizioni sui locali.”

Vino e caffè: Origini Caffè ne è l’esempio concreto nei suoi fondatori

“Stiamo portando avanti un progetto su questo parallelismo che inizierà a breve, nella Guinea Conakri, insieme alla ONG ‘A proposito di altri mondi’ (APDAM), lavorando con i produttori per lo sviluppo di una filiera di qualità. Vogliamo sfruttare e approfondire la certificazione geografica al fine di dare un’origine precisa, lavorando poi sulle tecniche di processamento. Cooperazione e tecnici di filiera sono impegnati nel delimitare e valorizzare i territori sotto profili agronomici e varietali che si evolveranno in vere e proprie menzioni.

Accostare il caffè al vino, ma anche alla nocciola, è importante perché sono storie di successo che nelle Langhe conosciamo. Origini caffè cerca di “traslare” la filiera del mondo del vino in quella del caffè facendo propri i termini di territorialità, menzioni geografiche aggiuntive, sottozone… dove torrefattore, importatore e barista devono impegnarsi per divulgare la conoscenza della materia prima che viene coltivata, in questo caso a 7000 chilometri di distanza.

Per questo motivo ci siamo dedicati anche alla tostatura, aprendo la nostra torrefazione nel centro di La Morra e trasferendo le nostre competenze dal vino al caffè: la comunicazione resta però fondamentale.

Spiegare l’esistenza di tanti tipi di caffè può aiutare ad una maggiore comprensione del prodotto: così come non si chiede al ristoratore un bicchiere di vino e basta, altrettanto non si dovrebbe fare con il caffè al bancone. Ogni operatore, secondo la mia visione, dovrebbe essere “sommelier del caffè”, andare al di là della somministrazione. Tutto ciò è possibile fornendo in primis la formazione”.

Caffè e vino (foto concessa)

Caffè dei Piccoli Produttori è il nostro brand, termine richiesto proprio dai produttori per evidenziare la loro presenza.

Nel mondo del vino è successo.

La gente ha iniziato a richiedere una certa tipologia di vino e di conseguenza, somministratore e produttore, per rispondere alle richieste dei consumatori finali si sono aperti al confronto ed alla divulgazione. Così è iniziato il racconto del valore dietro al processo di produzione. Il caffè dovrebbe essere valorizzato alla stessa maniera. L’idea è quella di educare tutti gli attori della filiera: dai produttori al barista, sino al consumatore finale.”

Ma quindi un modo di impostare la filiera in maniera equa e giusta è sostenibile anche oggi, con il mercato impazzito?

“Continuiamo a svolgere le nostre attività esattamente come abbiamo iniziato; il prezzo globale del caffè effettivamente è un punto che fa discutere, come anche il tema del cambiamento climatico che porta ad un calo di produzione ed a fenomeni di speculazione, ma si può dire questo: se i cafetalero hanno le capacità di valutare il costo di produzione potranno ottenere il giusto prezzo per il loro caffè.

Da parte nostra, ci impegniamo a dialogare con loro per supportarli in queste valutazioni. Anche se l’azione individuale non è sufficiente, quella collettiva di tutti i torrefattori diventa essenziale. Ad esempio, per quanto riguarda il caffè che lavoriamo con la Coffee Coalition di Slow Food in Messico, abbiamo evidenziato come la tecnologia alla portata di tutti faciliti le comunicazioni al fine di ottenere un dialogo continuo.”

Origini caffè: quanto caffè specialty importa all’anno

“Dipende dalla disponibilità dei piccoli produttori. Più che di ‘specialty’, userei il termine di ‘caffè di filiera’.

La materia prima implica il dialogo con i piccoli produttori: in Messico siamo in contatto con tre comunità diverse, che raccolgono e vendono il loro prodotto in base alle quantità disponibili. Anche quando la produzione o la qualità non sono ottimali, per svariati motivi, ci viene fatto sapere con totale trasparenza. Queste relazioni, queste dinamiche, dovrebbero essere trasmesse anche al consumatore finale. Ritornando al mondo del vino non tutte le annate sono uguali “.

Barista e consumatore: qualcosa è cambiato?

“Sì, confidiamo molto nel lavoro e nella comunicazione. Quando si parla di caffè è sempre qualcosa di positivo.

Sia discutendo di specialty, di filiera o di etichette oltre che della pulizia delle attrezzature, è fondamentale continuare a discutere e a smuovere la coscienza delle persone, facendo nascere domande in chi beve l’espresso. Slow Food ha dato una grande svolta al mondo del vino ed ora sta lavorando con il progetto Coffee Coalition con l’obiettivo di instillare la stessa curiosità nel caffè. C’è ancora tanta strada da fare.”

E alle origini?

La drupa in piantagione (foto concessa)

“Bisogna ragionare in base alle varie aree geografiche in cui si opera e si collabora. La tecnologia è fondamentale, senza però trascurare le tradizioni: la tecnica deve sostenere il lavoro del coltivatore e non sovrastarlo.

Noi di Origini Caffè ci impegniamo a riconoscere il valore del prodotto già al momento della raccolta. Una modalità dettata dagli stessi cafficultori, che stabiliscono la percentuale di anticipo (alcuni scelgono di non averlo, per destinarlo ad altri che ne hanno più bisogno). Il rischio ovviamente esiste per noi, ma è presente come per qualsiasi altro prodotto agricolo. Il produttore sa cosa rischia e così l’importatore e il torrefattore.

In questo momento – salvo variazioni – ciò che paghiamo ai coltivatori, deriva da una contrattazione con gli stessi cafetaleri. L’idea è spingere verso la consapevolezza dei costi di produzione: nel momento in cui sapranno valutare il valore del loro caffè, sarà possibile stabilire delle cifre adeguate”.

“Ci siamo mossi verso il mercato europeo con il verde, il tostato invece è ancora un target locale”

“La nostra torrefazione è gestita in modo da esprimere al massimo le caratteristiche organolettiche, con tempi di lavorazione adatti alla singola materia prima. Non siamo legati a programmazioni particolari, ma secondo il calendario agricolo. Si può acquistare sul sito, in torrefazione o in locali della zona.

Naturalmente vorremmo riuscire ad espanderci per implementare i nostri progetti. Fare rete è fondamentale: cerchiamo sempre nuove collaborazioni in giro per il mondo, con istituzioni, tecnici di filiera, cooperative, torrefattori“.

Quanto deve costare una tazzina di caffè in espresso?

“Ci sono prezzi di vario tipo, in tutto questo però si discute poco di qualità. Fondamentale è la tracciabilità: si deve sapere il più possibile della tazzina e poi essere liberi di selezionare in base alle proprie preferenze. Nelle nostre etichette è indicato tutto, sino al nome del produttore“.

E con l’Eudr?

“E’ una questione complessa. Naturalmente il processo su larga scala, come principio, è intelligente: i produttori con cui collaboriamo tuttavia, non sono tutti in grado di certificare il caffè di foresta. Bisognerebbe attendere un pochino per far in modo che la maggior parte dei contadini possano attrezzarsi.

Dall’oggi al domani si crea soltanto una gran confusione. In Amazzonia, in Etiopia, non c’è neppure il concetto della proprietà privata. Se ne discute molto, ma non è tutto chiaro, soprattutto quando si ha a che fare con zone molto remote. Si devono muovere gli enti, le varie Nazioni. Con i nostri coltivatori abbiamo un rapporto di amicizia e parliamo a carte scoperte: l’idea è quella di migliorare tutti, ma serve ancora tempo”.

Quali sono i prossimi obiettivi di Origini Caffè

“Il goal sarebbe collaborare di più con i produttori, esplorare nuovi mercati e origini. Con Slow Food ci sono tanti progetti nel cassetto e tante comunità da far evolvere. Le prospettive non mancano in più nazioni. Siamo patiti di foreste.”