mercoledì 10 Aprile 2024
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Quindici bar per quattromila abitanti: “Siamo troppi!”

Nel quartiere padovano un’altissima concentrazione della quale gli stessi esercenti si lamentano

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PONTE DI BRENTA (Padova) – Quindici bar per poco più di 4100 abitanti: a Ponte di Brenta non mancano esercizi commerciali dove consumare un caffè o un aperitivo. Da domani, poi, in via Bravi ci saranno addirittura due locali affiancati: aprirà infatti il Non solo caffè al civico 18, accanto alla storica (e assonante) latteria al civico 20, L’Insolito caffè.

Imbarazzo della scelta. «Non so come faremo a sostenere i costi», commenta amareggiata la titolare di quest’ultima Cristina Masiero, da 32 anni dietro il banco di un locale che gestisce con la madre Maria. Imbarazzo della scelta dunque per chi viva o passi per il sobborgo ad est di Padova: dal Born Cafè alle porte del quartiere, aperto a novembre dello scorso anno e gestito dal parigino naturalizzato estense Raph Poet, al Cogli l’attimo a gestione cinese al n. 167 di via San Marco, c’è una vera e propria costellazione di locali.

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L’Appe. «È il risultato dell’ondata di liberalizzazione delle licenze e dell’annullamento delle distanze minime stabiliti dal decreto Bersani del 1998», spiega il segretario dell’Appe Filippo Segato. «Così come già avviene nel centro storico di Padova, sarebbe più opportuno mettere un limite a queste aperture: spesso portano ad una dequalificazione e ad una depauperazione della categoria».

Il Caffè Candido. A dire la sua anche Fiorella Tracco, titolare di uno dei locali più antichi di Ponte di Brenta, il Caffè Candido: «Una volta le licenze venivano assegnate in base alla produttività del paese di riferimento e al numero di abitanti. Ora aprono molte attività dello stesso settore, credendo nel falso mito del guadagno facile. Poteva essere vero qualche decennio fa, ora non è più così».

E il sindaco. In occasione dell’ultima visita in quartiere del sindaco Massimo Bitonci, lo scorso 23 marzo, anche l’associazione dei commercianti Al Ponte si era fatta portavoce dell’esigenza di una regolamentazione più sana di bar e caffetterie. «Abbiamo premuto affinché si tutelassero le realtà esistenti, ma non c’è stato nulla da fare», ha commentato Isabella Trevisi, referente dell’ente che riunisce diversi esercizi pubblici del quartieredi

Annalisa Celeghin

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