giovedì 04 Dicembre 2025
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Mirabilia: la box di aprile realizzata con Vannelli Coffee al FuoriSalone di Milano

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La box di aprile realizzata con Vannelli Coffee (immagine concessa)

MILANO – Mirabilia è l’innovativo servizio dedicato agli Specialty Coffee sostenibili ed etici, ogni mese realizza una nuova box tematica all’interno della quale inserisce due caffè di una torrefazione Specialty Italiana e li abbina a un accessorio per la preparazione, spunti e curiosità che esplorano il tema del mese. Oltre agli abbonamenti mensili sarà possibile acquistare e regalare le box anche singolarmente sul sito.

La box del mese di aprile è nata in collaborazione con una delle torrefazioni più talentuose in Italia. Fresca della vittoria del Roast Master al Milan Coffee Festival e alla vittoria al Campionato Italiano Brewers per la seconda volta consecutiva, la Vannelli Coffee sta dimostrando come l’impegno, la ricerca costante e il talento possono essere d’ispirazione a tutta la community del caffè.

La box di aprile di Mirabilia

Insieme ai fratelli Vannelli, Giacomo e Pietro, per questa box si sono scelti due caffè colombiani deliziosi ma molto diversi tra loro. La Colombia è uno dei maggiori paesi produttori di caffè, storicamente conosciuti per la qualità del prodotto, e Mirabilia ha deciso di stupire la propria community con due prodotti speciali, a rappresentare la grande varietà di questo Paese.

Dalla zona di Hiula sono stati selezionati El Rubi, un caffè splendido della rara varietà pink bourbon; grazie alla fermentazione naturale anaerobica è possibile gustare incredibili note di ciliegie mature come l’amarena e il mirtillo rosso, note molto intense e dolci. Un gioiello di nome e di fatto, Finca El Rubi è stata una dei regali di nozze donata dal signor Heiner alla futura moglie Johanna: il suo amore era così grande che regalare un rubino sarebbe stato limitante, quindi decise di regalare un’intera piantagione di caffè dalle drupe rosse come fossero rubini.

Invece dalla zona di Antioqia, in rappresentanza degli ottimi caffè lavati, c’è El Diviso. Un caffè dalle note agrumate dove la dolcezza dell’uva passa si sposa alla brillantezza dello zenzero e dell’arancia. Un caffè elegante frutto dell’impegno nel miglioramento dei processi produttivi della famiglia Vallejo Arenas che gestisce la coltivazione con grande attenzione al rispetto delle risorse naturali.

Questi preziosi caffè accompagnano alla scoperta del mondo, infatti questo mese per raccontare il tema “Fuori Casa” Mirabilia ha scelto l’accessorio iconico del consumo di caffè outdoor: la tazza da asporto. Coerentemente con l’animo sostenibile che caratterizza il progetto Mirabilia, la tazza scelta è prodotta con materiale vegetale, utilizzabile all’infinito ed è stata realizzata a basso impatto ambientale. Una compagna di avventure affidabile che aiuta a restare idratati, caffeinati e soddisfatti.

La box #18 sarà disponibile in abbonamento oppure per la singola vendita sul sito dal 1 aprile.

Durante il Fuorisalone, a Milano dal 17 al 23 aprile, sarà possibile scoprire dal vivo il progetto Mirabilia grazie a due Specialty Coffee Corner:

Il primo in collaborazione con Elmar e AEG che presentano “Unexpected Garden”, un luogo di condivisione, relax e incontro immersi nel verde di un giardino urbano realizzato grazie all’allestimento sperimentale e inaspettato di Clinica Botanica, vivaio sostenibile a filiera corta che promuove unicamente piante e fiori recuperati e autoctoni. Dal 17 al 23 aprile Casa.

Elmar e l’AEG Experience Area si trasformano, ampliando i propri confini in un dialogo con la città e ripensando i propri spazio per accogliere un temporary juice bar, uno specialty coffee corner e un pop-up restaurant.

Mirabilia sarà protagonista dell’esperienza di degustazione di Specialty Coffee che durante la settimana, grazie al coinvolgimento di 7 delle micro-torrefazioni italiane con cui ha collaborato nell’ultimo anno, potrà raccontarsi e promuovere un approccio al consumo di caffè artigianale, etico, di qualità e rispettoso del pianeta.

Il secondo appuntamento sarà presso Tempesta Gallery, galleria milanese d’arte contemporanea che per la prima volta durante il Fuorisalone apre le sue porte ad un progetto che coniuga arte, design e si trasforma in un pop up café. Le macchine sensoriali di Piero Fogliati della mostra City Poetry incontrano gli arredi iconici di Riva 1920, azienda italiana che da oltre cento anni produce mobili in legno in grado di sfidare il tempo nel pieno rispetto dell’ambiente.

Mirabilia completerà la sinergia grazie al suo corner d’assaggio di caffè speciali in coppia con la pluripremiata micro-torrefazione italiana Vannelli – protagonista della box del mese di aprile – e in collaborazione con Reading Room, spazio che promuove la diffusione delle riviste contemporanee, per gustare un caffè indimenticabile in un’oasi di cultura e realx.

Cosa trovare nella box #18

Colombia El Rubi – naturale con fermentazione anaerobica

Note gustative: ciliegia, amarena, mirtillo rosso

Regione: Acevedo, San Adolfo, Huila

Farm: El Rubi Varietà: Pink Bourbon Processo: Naturale

Altitudine: 1600-1800 mt

Head Roaster: Pietro Vannelli

Colombia El Diviso – lavato

Note gustative: Uvetta, zenzero, arancia

Regione: Andes, Antioquia

Farm: Finca El Diviso, producer Vidal Hernando Vallejo Arenas

Varietà: Yellow Bourbon Processo: Lavato Altitudine: 1850 mt

Head Roaster: Pietro Vannelli

Tazza riutilizzabile Mirabilia by ecoffee cup

Questo mese Mirabilia ha scelto di collaborare con ecoffee cup per creare la propria tazza. Ecoffee cup produce accessori in materiale vegetale a basso impatto dal 2014. In questi anni ha contribuito ad evitare il consumo di oltre 10 milioni di contenitori usa e getta, garantendo i migliori standard qualitativi di prodotto.

Sono una delle poche aziende i cui prodotti incontrano gli standard europei per la certificazione per il contatto alimentare e per l’utilizzo anche con bevande calde fino a 100°. Questa versione della tazza può anche essere utilizzata nel microonde ed è adatta alla lavastoviglie. Un prodotto bello, sicuro, amico dell’ambiente ed estremamente pratico, la scelta perfetta per la tazza Mirabilia.

Appuntamenti Fuorisalone dal 17 al 23 aprile

Casa.Elmar

Via Galileo Galilei, 12, 20122 Milano

Dalle ore xx:00 alle ore xx:00

Tempesta Gallery

Foro Bonaparte 68

20121 Milano

Dalle ore xx:00 alle ore xx:0

La scheda sintetica di Mirabilia

Mirabilia nasce nel 2020 per volere di Alice Monti che dopo anni nell’azienda di famiglia, produttori di filtri e doccette per macchine da caffè espresso, entra in contatto con la scena internazionale dello Specialty Coffee e trova la sua passione. Successivamente collabora come social media manager per una delle prime torrefazioni specialty nate in Italia “His Majesty the Coffee” di Paolo Scimone dove approfondisce la parte legata alla tostatura e alla selezione dei caffè.

Mirabilia, unisce la passione di Alice per il caffè specialty e il desiderio di comunicare e diffondere non solo la parte qualitativa di questi caffè, ma anche l’aspetto di sostenibilità ambientale e sociale.

Mirabilia nasce per dare la possibilità di assaporare caffè diversi e dalla voglia di condividere questo momento con gli altri valorizzando le eccellenze italiane.

Il concetto della box tematica rende possibile veicolare diversi messaggi e vivere un’esperienza completa alla scoperta dei diversi metodi e tradizioni nella preparazione del caffè contribuendo allo sviluppo delle aree produttive e delle comunità locali che vivono di caffè e devono essere in grado di farlo con dignità e con il giusto riconoscimento del loro valore.

Too Good To Go per il World water day: “Per risparmiare acqua un pasto alla volta”

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Pasta, pizza e cioccolato: Too Good To Go fa luce sull'impronta idrica di alcuni alimenti di uso quotidiano (immagine concessa)
MILANO – In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, il prossimo 22 marzo, Too Good To Go, B-Corp certificata e il più grande marketplace per le eccedenze alimentari, sottolinea l’impronta idrica degli alimenti che consumiamo quotidianamente, ovvero la quantità d’acqua necessaria per produrli, e sensibilizza l’opinione pubblica sull’impatto dello spreco alimentare anche su questa risorsa.
La giornata è stata scelta da Too Good To Go come occasione per sensibilizzare ulteriormente i consumatori e far luce su come anche un semplice gesto di risparmio alimentare possa svolgere un ruolo significativo nel massimizzare le nostre risorse limitate e ridurre le emissioni di gas serra.

Too Good To Go: ridurre lo spreco di cibo e quello dell’acqua

La crisi idrica è oggi un problema che tocca tutti: per questo motivo la Giornata mondiale dell’acqua istituita dalle Nazioni Unite è un’occasione per riflettere su come e dove utilizziamo le nostre risorse idriche quotidianamente. Secondo il rapporto FAO “Food wastage footprint” la produzione di cibo a livello globale consuma intorno al 70% delle risorse mondiali di acqua dolce. Inoltre, l’enorme quantità di spreco alimentare globale rappresenta il 24% di tutta l’acqua utilizzata per l’agricoltura.
Di conseguenza appare fondamentale come ridurre lo spreco di cibo significhi a sua volta ridurre lo spreco di acqua e quindi contribuire alla conservazione di questa preziosa risorsa. Per esempio, una singola mela richiede circa 125 litri d’acqua per crescere (fonte: Water Footprint) gettarla via significa sprecare con essa anche tutta l’acqua utilizzata per la sua produzione.
“Affrontare la connessione acqua-cibo richiederà uno sforzo di collaborazione da parte dei governi, delle organizzazioni della società civile e del settore privato, oltre a investimenti importanti nella ricerca e nello sviluppo di sistemi idrici e alimentari sostenibili” ha dichiarato Mirco Cerisola, country director Too Good To Go per l’Italia. “La riduzione degli sprechi alimentari e la promozione del consumo sostenibile sono al centro della missione di Too Good To Go e siamo consapevoli dell’impatto significativo che lo spreco di cibo ha su diverse risorse. Salvando il cibo dallo spreco, la comunità di Too Good To Go contribuisce non solo a ridurre le emissioni di gas serra associate alla produzione di cibo, ma dà anche dare un contributo significativo alla conservazione delle risorse idriche”.

L’acqua all’interno del cibo

Le impronte idriche possono variare a seconda del luogo di produzione e dei metodi utilizzati, ma danno un’indicazione delle notevoli quantità di acqua necessarie per la produzione di alimenti. Too Good To Go, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, ha scelto di evidenziare la quantità d’acqua necessaria per produrre alcuni degli alimenti consumati dagli italiani (fonte Water Footprint):
Pasta: l’impronta idrica media globale del grano è di 1.827 litri/kg, ovvero 913 litri per un pacchetto di 500 grammi Circa l’80% di questa quantità è utilizzato per la coltivazione del grano. Si tratta di una media globale, che varia a seconda dell’origine del grano. Ad esempio, nel caso dell’Italia, la pasta prodotta con grano locale ha un’impronta idrica di 1.410 litri/kg.
Pizza: l’impronta idrica media globale di una pizza margherita (circa 725 grammi di prodotto) è di 1.260 litri d’acqua. La produzione della mozzarella è responsabile di circa il 50% dell’utilizzo totale di acqua, la farina di grano tenero del 44% e la passata di pomodoro di circa il 6%.
Insalata: l’impronta idrica media globale della lattuga è di 240 litri/kg.
Cioccolato: la produzione di 1 kg di cioccolato richiede circa 17.000 litri di acqua, la maggior parte dei quali viene utilizzata per la coltivazione e la lavorazione dei semi di cacao. Una tavoletta di circa 100 grammi richiede quindi 1 700 litri d’acqua.
Carne (manzo): per chilogrammo di prodotto, i prodotti animali hanno generalmente un’impronta idrica maggiore rispetto ai prodotti vegetali. L’impronta idrica media globale della carne bovina è di 15.400 litri/kg.

Risparmiare risorse e massimizzare l’impatto positivo

Il recente traguardo di 200 milioni di pasti salvati da Too Good To Go dimostra come le aziende possano svolgere un ruolo vitale nell’affrontare i problemi più urgenti a livello mondiale e avere un impatto positivo sul pianeta. Infatti, lo spreco alimentare non solo si ripercuote negativamente su risorse preziose, come l’acqua, il terreno e l’energia, ma aggrava anche le emissioni di CO2.
Con il raggiungimento di questo traguardo, Too Good To Go ha contribuito a risparmiare l’equivalente di 500.000 tonnellate di CO2. Questa è la prova tangibile di come 134.000 partner commerciali attivi e 75 milioni di utenti registrati dell’app Too Good To Go in 17 Paesi abbiano contribuito a lasciare un impatto significativamente positivo sul pianeta.
In Italia i quasi 6 milioni di utenti dell’app Too Good To Go, insieme alle 24.168 aziende partner, hanno già risparmiato più di 12 milioni di pasti, oltre 5 milioni solo nel 2022.
Con il 40% di tutto il cibo che finisce sprecato, lo spreco alimentare ha un impatto enorme sull’ambiente.
Dando la possibilità ai singoli consumatori e alle aziende di combatterlo insieme, la comunità di Too Good To Go sta percorrendo una strada più veloce per avere un impatto positivo sul rallentamento del riscaldamento globale, dato che lo spreco di cibo è responsabile del 10% di tutte le emissioni di gas serra a livello mondiale; in un mondo in cui 828 milioni di persone soffrono la fame ogni giorno e lo spreco alimentare è valutato in oltre 1,3 trilioni di dollari all’anno a livello globale.
Ecco perché la riduzione ed eliminazione dello spreco alimentare è un impegno importante con impatti positivi su più livelli, tra cui l’ambiente, l’economia e la società.

La scheda sintetica di Too Good To Go

Nata nel 2015 in Danimarca con l’obiettivo di ridurre lo spreco alimentare, l’applicazione Too Good To Go è presente in 15 Paesi d’Europa, negli Stati Uniti e in Canada, contando ad oggi oltre 62 milioni di utenti. Nel 2021, secondo il Report App Annie, Too Good To Go è stata l’app più scaricata in Italia nel settore Food & Drink.

Too Good To Go permette a bar, ristoranti, forni, pasticcerie, supermercati ed hotel di recuperare e vendere online – a prezzi ribassati – il cibo invenduto “troppo buono per essere buttato” grazie alle Surprise Bags, delle “bag” con una selezione a sorpresa di prodotti e piatti freschi che non possono essere rimessi in vendita il giorno successivo. Gli utenti della app non devono far altro che geolocalizzarsi e cercare i locali aderenti, ordinare la propria Surprise Bag, pagarla tramite l’app e andarla a ritirare nella fascia oraria specificata per scoprire cosa c’è dentro.

In Italia Too Good To Go è stata lanciata in oltre 600 comuni, conta più di 7 milioni di utenti e ha permesso di salvare più di 12milioni di pasti, evitando così di vanificare l’emissione di oltre 22.500 tonnellate di CO2e impiegate per la produzione degli alimenti.

Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

Sangalli rieletto presidente di Confcommercio Milano: “La città è sempre più digitale”

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Carlo Sangalli

MILANO – Carlo Sangalli è stato rieletto dall’assemblea, per acclamazione, presidente di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, la più grande associazione territoriale d’imprese di Confcommercio (e fra le maggiori associazioni territoriali d’imprese d’Europa) con oltre 40 mila imprese per 352 mila occupati e 113 associazioni territoriali e di categoria aderenti, in rappresentanza di tutti i settori del terziario.

Terziario che l’Ufficio Studi di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza fotografa, all’inizio di questo nuovo mandato associativo, in un momento di transizione ed evoluzione dopo anni difficili con Covid, rincaro energia, conflitto in Ucraina e conseguenze sull’economia, inflazione e ricaduta sui consumi.

Terziario: più imprese e occupati

Le imprese del terziario a Milano, Monza Brianza Lodi, sono complessivamente in aumento: + 4%, 285.096 nel 2023 contro 274.346 del 2019. Nel terziario crescono di più gli addetti: +10% (da 1.804.526 del 2019 a 1.984.827 quest’anno).

Una tenuta del tessuto imprenditoriale con luci e ombre

E-commerce in forte aumento – Molto forte, dal 2019 ad oggi (seppur partendo da numeri più piccoli), è la crescita dell’e-commerce con un 101% in più di imprese (da 1.915 a 3.850) e un esponenziale aumento di occupati: + 483% (da 5.566 nel 2019 a 32.455 nel 2023 (ancora più alto + 536% l’aumento di occupati a Milano). Significativi sono anche gli incrementi di imprese nell’innovazione digitale (servizi Ict + 17% di imprese – da 47.019 a 54.819 – con anche un + 20% di addetti, da 600.467 a 720.179), nei servizi (+ 14%) e fra le attività turistico-ricettive (+13%).

Diminuisce il commercio al dettaglio

In calo, invece, le imprese del commercio al dettaglio: – 12% nel non alimentare (da 33.924 nel 2019 a 29.959 nel 2023), – 7% nell’alimentare (da 5.007 nel 2019 a 4.658 quest’anno – nell’alimentare crescono, invece, gli addetti: + 6%). A Milano il calo del numero di imprese del commercio al dettaglio è del 9% nel non food e dell’8% nell’alimentare.

Ristorazione: meno imprese ma a Milano la movida cresce

Tornando ai dati complessivi su Milano, Lodi, Monza e Brianza, si registra una diminuzione anche per l’ingrosso: – 5% (da 52.977 imprese del 2019 a 50.322 nel 2023). In leggero calo, inoltre, come numero di imprese, la ristorazione (-2%, da 22.490 nel 2019 a 21.904 nel 2023), ma, a Milano città, i pubblici esercizi sono viceversa in aumento come unità locali: le attività che compongono il comparto movida sono, infatti, cresciute del 5% (da 14.585 nel 2019 a 15.349 quest’anno).

A Milano, come le imprese, si conferma il calo anche nei punti vendita del commercio: – 4% (da 18.256 del 2019 a 17.581 nel 2023).

“Nella Grande Milano – commenta Carlo Sangalli – inflazione, caro energia e Covid hanno avuto importanti ripercussioni sul mondo del terziario. Crescono l’e-commerce e i servizi, ma diminuiscono gli esercizi commerciali. Un fenomeno, questo, che contribuisce a rendere meno vivibili le nostre città”.

“Serve certamente più innovazione – afferma Sangalli – ma occorrono anche più incentivi per le attività commerciali che danno valore al territorio e lo rendono più attrattivo”.

Per guardare i dati analizzati dall’Ufficio studio di Confcommercio Milano, Lodi, Brianza e Monza basta cliccare qui.

Corrado Assenza, Caffè Sicilia, in tournée a New York e Los Angeles

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Corrado Assenza

Lo chef Corrado Assenza, anima del laboratorio del Caffè Sicilia a Noto, si trova negli Stati Uniti per una tournée tra New York e Los Angeles. Da quando Assenza è stato protagonista di una puntata di Chef’s Table negli Stati Uniti (dove esporta il 60% della sua produzione) è diventato popolare anche oltreoceano. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata sul portale Linkiesta.

La trasferta di Corrado Assenza negli Stati Uniti

NEW YORK – Nell’era dei social nascondersi è praticamente impossibile. Così che Corrado Assenza arrivava a New York si è scoperto da un post su Intagram di Una Pizza Napoletana, la pizzeria di Anthony Mangeri in cima alla classifica di Top50 Pizza che tutti i sabati mattina prepara anche la prima colazione.

New York è meno sterminata di quello che si possa pensare, così Corrado Assenza è stato avvistato il giorno prima al Farmer Market di Union Square: il mercato dei piccoli produttori dello Stato, ma anche di New Jersey e Connecticut.

Ci sono poche persone speciali nel mondo della ristorazione italiana come Corrado Assenza, è speciale quando lavora nel laboratorio del Caffè Sicilia a Noto, è speciale umanamente.

Ma cosa ci fa Assenza a New York, cosa compra al mercato dove si riforniscono i ristoranti più importanti della citta, da Eleven Madison Park a Blue Hill, dove puoi incontrare chef stellati come Ruben Mosquero di Atomix o Stefano Secchi di Rezdora, dove fa regolarmente la spesa Riccardo Orfino per i suoi Osteria 57 e Alice.

“Sono in tournée”, racconta a Gastronomika, “Sono qui con chi mi rappresenta da vent’anni negli Stati Uniti, importa e distribuisce i miei prodotti: Beatrice Ughi con Gustiamo. Una settimana tra New York e Los Angeles, un tour de force con almeno due eventi al giorno”.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Godina: “Ecco perchè il caffè del Brasile non è sostenibile”

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andrej godina droga consapevolezza
Andrej Godina (immagine concessa)

Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè, esprime la sua opinione sulla sostenibilità della produzione del chicco nel Brasile. Secondo Godina, la produzione del caffè nel Paese è basata su grandi piantagioni latifondiarie che non sono in grado di produrre un caffè sostenibile per l’ambiente e, in molti casi, nemmeno socialmente responsabile per le comunità locali dei lavoratori. Leggiamo di seguito la sua opinione.

La produzione del caffè in Brasile

di Andrej Godina

MILANO – “La produzione del caffè verde è un’attività importantissima a livello internazionale per i numerosi paesi di produzione presenti nella fascia tropicale del pianeta. Le statistiche di produzione rilasciate dall’International Coffee Organization per l’anno 2020 riportano un ammontare di 175 milioni di sacchi che, moltiplicati per 60 kg per ciascun sacco, fanno poco più di 10 miliardi di chilogrammi di caffè verde prodotto globalmente.

La classifica dei paesi di produzione vede praticamente da sempre al primo posto il Brasile con 69 milioni di sacchi prodotti nel 2020. Questo primato importante attesta il paese Sud Americano non solamente al primo posto della classifica dei Paesi di produzione ma anche come il paese che produce circa il 40% di tutto il caffè prodotto al mondo.

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Piantagione del caffè in Brasile (immagine concessa)

Come tutte le persone che lavorano lungo la filiera del caffè sanno, la pianta è nativa dell’Africa e in particolare la specie Arabica nell’area delle foreste dell’odierna Etiopia, mentre la Canephora trae le sue origini nelle foreste dell’Africa centro occidentale.

La pianta del caffè è in natura un arbusto che cresce nel sottobosco delle foreste tropicali. Per questo motivo le migliori produzioni al mondo si devono non solamente alle buone pratiche agricole e alle varietà botaniche utilizzate ma anche all’ombreggiatura fatta da alberi ad alto fusto presenti nelle piantagioni.

L’ombra in piantagione è un fattore chiave che permette nelle produzioni intensive di simulare l’ambiente naturale dove la pianta di caffè nasce ancora oggi spontaneamente.

L’ombra nelle piantagioni ha numerosi aspetti positivi:

  • innanzitutto il caffè prodotto all’ombra, rispetto a quello a pieno sole, matura in un tempo più lungo e ciò permette al seme di immagazzinare maggiori quantità di elementi chimici che miglioreranno, dopo la tostatura, la qualità di tazza.
  • Come tutte le piante, anche quella del caffè se esposta al sole pieno aumenta il suo “metabolismo” costringendo a un maggiore consumo di elementi nutritivi e di acqua. L’aumento dell’attività basale della pianta e della fotosintesi costringe la pianta a consumare maggiori quantità di acqua e costringe l’agricoltore a fornire maggiori quantità di fertilizzanti per compensare questo extra lavoro della pianta dovuto alla prolungata esposizione al sole.
  • Le piante coltivate a pieno sole producono una quantità di caffè maggiore rispetto a quelle coltivate all’ombra ma con una qualità di tazza inferiore dovuta principalmente a una maturazione accelerata dei frutti.
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Piantagione in Brasile (immagine concessa)
  • La presenza di alberi ad alto fusto nelle piantagioni di caffè ha lo scopo principale di fare ombra ma al contempo portano altri vantaggi. Il primo è che spesso si tratta di alberi appartenenti alla famiglia delle leguminose che sono in grado, naturalmente, di fissare azoto nel terreno. Questa fertilizzazione naturale del terreno è particolarmente adatta alla maturazione del caffè considerando che l’azoto è uno degli elementi nutritivi tra i più importanti per questo genere botanico.
  • L’ombra degli alberi permette di diminuire l’esposizione al sole del terreno della piantagione, diminuendo in modo importante la disidratazione del suolo. Nelle piantagioni ombreggiate c’è una maggiore disponibilità di acqua nel sottosuolo, ci sono più sorgenti naturali di acqua rispetto a quanto succede nelle piantagioni a sole pieno, la maggiore umidità nel terreno giova alla pianta in particolare nei periodi prolungati di siccità e aiuta il corretto sviluppo delle radici superficiali.
  • La presenza di alberi ad alto fusto permette durante l’anno di accumulare sul terreno del materiale organico prodotto dalla caduta delle foglie. In questo modo si fornisce al terreno uno strato di nuovo materiale organico e una copertura extra del suolo che permette di trattenere ancora meglio l’umidità e agevola lo sviluppo naturale di colonie di insetti, muffe e micro organismi che rendono naturalmente il terreno più fertile.

La maggior parte delle piantagioni di caffè dislocate nella fascia tropicale del pianeta sono piccoli appezzamenti di terra di 3-4 ettari che sono gestiti a livello familiare e che per la maggior parte dei casi sono coltivazioni all’ombra. In questo contesto ci sono ovviamente anche piccole piantagioni al sole ma ne rappresentano la minoranza.

Nel 2018 i produttori di caffè a livello mondiale erano più di 12 milioni di cui il 95% rappresentato da piccole aziende con meno di 5 ettari di estensione. Il 73% della produzione mondiale è prodotto da questi piccoli agricoltori mentre il rimanente 27% è fatto dalle grandi piantagioni industriali la maggior parte delle quali è in Brasile.

Questa importante fetta di produttori rimane in gran parte inascoltata nelle discussioni sulla sostenibilità che sono fatte a livello internazionale. Il business del caffè presenta un divario importante tra quello che genera in termini di fatturato nei paesi di produzione rispetto a quello generato nei paesi di consumo.

In media il valore prodotto nei paesi di produzione con la vendita del caffè verde rappresenta meno del 10% rispetto ai 200 miliardi di dollari di fatturato dei mercati di vendita al dettaglio e ciò dimostra quanto sia necessario un cambio di passo per ribilanciare in modo più sostenibile la redistribuzione del valore generato dalla bevanda in tutto il mondo.

Il cambiamento climatico

Il cambiamento climatico che le zone equatoriali del pianeta stanno subendo mette ancora più in difficoltà un vecchio schema di produzione intensiva del caffè con un impatto negativo sulle quantità prodotte e sulla qualità del caffè.

La combinazione di temperature alte, di periodi sempre più lunghi di siccità, di piogge torrenziali e improvvise gelate mettono a rischio il settore determinando la diminuzione delle aree coltivabili e l’aumentata sensibilità delle piante alle malattie e all’attacco degli insetti.

Per entrare nel tema delle grandi piantagioni in Brasile è necessario ricordare che l’idea di intensificare la produzione di caffè è iniziata negli anni ’70 ed è diventata il modello dominante in alcuni paesi, in particolare in Brasile.

Questa agricoltura intensiva promuove la riduzione o l’eliminazione degli alberi da ombra, l’impianto agricolo ad alta densità con l’utilizzo di nuove varietà di caffè in monocoltura e l’utilizzo massiccio di fertilizzanti sintetici e pesticidi.

Conseguenza di questa nuova idea di coltivazione è che una grande quota dell’area di produzione del caffè in tutto il mondo si è trasformata in piantagioni senza ombra. Oggi siamo in una situazione in cui solamente meno di un quarto delle piantagioni di caffè ha un’ombra multistrato e diversificata.

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Tabella riassuntiva della produzione del caffè in Brasile (fonte Coffee Barometer 2018)

Il caso Brasile

Nel panorama delle piantagioni di caffè ci sono grandi piantagioni e mi riferisco in particolare ad appezzamenti di terra che superano i 20 ettari e che possono arrivare facilmente alle decine di migliaia di ettari, distese enormi coltivate in Brasile.

Infatti in Brasile la piantagione industrializzata più piccola ha di solito non meno di 100 ettari di estensione, misura che permette di rendere sostenibile gli investimenti necessari soprattutto per l’acquisto dei raccoglitori meccanici. Parliamo quindi del Brasile e di come vengono gestite le grandi produzioni.

Quando parliamo di piantagioni con migliaia di ettari di estensioni stiamo parlando di veri e propri latifondi dove lo scopo del raggiungimento della maggior quantità possibile di produzione è l’unico obiettivo.

Tutte le operazioni agricole che sono effettuate sul terreno e sulle piante sono esclusivamente fatte con macchine, più o meno grandi. Il terreno è tenuto pulito con l’uso abbondante di diserbanti per facilitare le operazioni agricole con macchine. La potatura è meccanica e viene fatta con l’ausilio di enormi lame rotanti installate su trattori.

La raccolta delle drupe mature avviene con l’utilizzo di enormi macchine raccoglitrici che, con l’ausilio di stecche rigide di plastica che vibrano a diverse velocità, sono in grado di far cadere e di strappare le drupe dalla pianta facendole cadere verso il basso dove sono raccolte da un nastro trasportatore.

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La macchina per la coltivazione meccanica in Brasile (immagine concessa)

In questa operazione le piante sono sottoposte a un forte stress meccanico che ne danneggia i rami e le foglie. Nel processo una piccola percentuale di drupe cadono sul terreno e rimangono lì a terra fino alla fine del raccolto, ovvero per 1-2 mesi.

Per permettere una raccolta meccanica efficiente in piantagione non ci sono altre colture e/o alberi ad alto fusto, ciò vuol dire che le piante sono completamente esposte al sole diretto così anche le porzioni di terreno tra un filare e l’altro.

L’assenza di alberi tra i filari e l’irraggiamento diretto del sole sul suolo comporta una fortissima disidratazione del terreno e un conseguente danneggiamento delle radici superficiali delle piante del caffè.

Per attenuare questi effetti negativi dell’esposizione al sole le piantagioni sono spesso dotate di impianti di irrigazione con i quali viene fornita acqua alle piante assieme, al caso, anche di abbondanti dosi di fertilizzanti chimici.

Il risultato di questa gestione agricola è quella che vede i terreni divenire secchi, sterili, senza un rinnovo organico della superficie, senza insetti e micro organismi vivi che avrebbero il ruolo naturale di rendere il suolo più fertile.

L’assenza di alberi ad alto fusto per chilometri non solamente preclude di avere un po’ di ombra sul terreno ma anche di non avere una fauna naturale come per esempio quella degli uccelli, scoiattoli e piccoli roditori: una totale assenza di animali per decine di migliaia di chilometri quadrati.

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I raccoglitori meccanici (immagine concessa)

Dopo aver elencato i motivi per i quali il caffè delle grandi piantagioni a cielo aperto in Brasile non possono essere sostenibili da un punto di vista ambientale c’è bisogno di considerare un secondo aspetto, quello delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori.

Spesso queste persone, accompagnate dalle loro famiglie, vivono in vere e proprie baracche al centro delle piantagioni, anche lì senza ombra e in condizioni davvero precarie. Spesso i bambini non possono frequentare le scuole in quanto troppo distanti da dove vivono e non essendoci un suolo fertile, in questi piccoli villaggi, gli abitanti non riescono a produrre frutta e verdura per l’autoconsumo e sono costretti a comprarli in città. Quindi eccoci di fronte a un doppio problema, una non sostenibilità ambientale e una irresponsabilità sociale.

E per concludere ecco anche un terzo aspetto, certamente secondario rispetto all’oggetto della sostenibilità, ma comunque che incide sulla salute dei consumatori di caffè.

E’ doveroso sapere che la raccolta meccanica del caffè non è in grado di raccogliere il 100% delle drupe dalle piante e che una certa quantità cade a terra. Queste drupe rimangono sul terreno per tutto il periodo della raccolta, cioè per almeno 1-2 mesi e a contatto con il terreno fermentano, ammuffiscono e vengono attaccate da funghi.

Quando la raccolta finisce queste drupe sono raccolte dal terreno utilizzando dei mezzi meccanici: il primo passa tra i filari con delle enormi spazzole rotanti che raccolgono le drupe cadute per terra al centro dei filari. Il secondo è un mezzo dotato di una bocchetta di aspirazione che dal centro dei filari aspira le drupe dal terreno.

Come accade in qualsiasi delle altre filiere produttive industriali dove nulla viene buttato via, così accade anche per la produzione del caffè.

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La raccolta meccanica (immagine concessa)

Queste drupe saranno processate e i semi ottenuti saranno tostati. Questo caffè, essendo stato per un lungo periodo a contatto con il terreno, avrà flavori fortemente difettati che non troveranno un acquirente sui mercati internazionali e saranno consumati nel mercato interno. Per cercare di attenuare i difetti del caffè verde la tostatura sarà extra scura e la bevanda sarà bruciata e molto amara.

I consumatori di questo caffè saranno costretti, per riuscire a berlo, ad aggiungere abbondanti quantità di zucchero bianco. Ecco perché spesso in Brasile quando si beve un caffè popolare è di così bassa qualità.

Per terminare ecco una panoramica delle problematiche che le grandi piantagioni di caffè vivono a livello sociale, economico e ambientale:

Problematiche ambientali

  • Deforestazione
  • Perdita di biodiversità e di distruzione degli habitat naturali
  • Degradazione e erosione del suolo
  • Utilizzo fertilizzanti chimici e pesticidi dannosi per la salute umana
  • Inquinamento delle fonti d’acqua e prosciugamento delle falde acquifere e delle acque superficiali
  • Gestione insufficiente di risanamento delle acque inquinate
  • Eutrofizzazione
  • Aumento della sensibilità delle piante ai parassiti e alle malattie
  • Mono colture intensiva a sole pieno, senza ombra

Problematiche sociali

  • Abusi lavorativi
  • Accesso limitato adacqua pulita e potabile
  • Condizioni di vita sotto il livello della povertà
  • Discriminazione
  • Ineguaglianza di genere
  • Abusi sessuali

Problematiche economiche

  • Alta volatilità dei prezzi del caffè verde sulle borse merci
  • Elevata incidenza del lavoro precario
  • Salari minimi troppo bassi
  • Salari sotto il livello minimo
  • Mancanza di altri redditi dati da una diversificazione della produzione
  • Per I lavoratori, soprattutto quelli stagionali, tassazione, parziale libertà di associazionismo, contrattazione collettiva limitata

Detto ciò, ovviamente, è necessario anche dire che esistono piantagioni in Brasile che hanno pratiche virtuose e che sono in grado di produrre un prodotto che può definirsi sostenibile da un punto di vista ambientale ma sono di certo una piccola minoranza.”

Bibliografia: www.ico.org, Coffee Barometer 2018, Coffee Barometer 2020

Monardo, da italiano a Brasilia: “Il punto su come sta lo specialty nel Paese 1° produttore al mondo”

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Antonello Monardo con la fedele moka (foto concessa)
Antonello Monardo con la fedele moka (foto concessa)

MILANO – Antonello Monardo attraversa le lunghe distanze e il fuso orario di 4 ore per parlare di caffè: bevanda che unisce l’Italia e il Brasile, esattamente i due luoghi che Antonello porta nel cuore. Da Reggio Calabria a Brasilia, in cui attualmente da oltre 30 anni vive, una storia che, come lui stesso ha raccontato, sa di destino.

Monardo, dal 1992 in Brasile nel settore caffeicolo: che cosa ha portato del rito italiano nel Paese che è il primo produttore?

“Quando mi chiedono perché sto in Brasile, penso ad una motivazione reale e ad una
surreale: innanzitutto mi viene in mente il legame di quando nel 1989 ho incontrato all’Università di italiano per stranieri di Reggio Calabria, quella che poi è diventata la mia prima moglie. Nel 1996 mi sono proposto a Segafredo Zanetti durante una Fiera per diventare il loro distributore autonomo a Brasilia.

In quel periodo in Brasile non c’era ancora un caffè legato ad un determinato marchio:
gestivo circa 100/120 macchine e a Brasilia vendevo il loro espresso che rappresentava il 30% di quanto vendevano in tutto il Paese.

Questa è stata la mia prima esperienza in questo mondo: poi da questa mi sono voluto
orientare su un prodotto diverso. Per me Segafredo Zanetti è stato un tramite per arrivare
a tostare il mio caffè, specialty, e a fare formazione sulla qualità.

Per quanto riguarda la parte surreale, devo andare indietro nel tempo, arrivando alla storia
di mio nonno Domenico, la cui mia attuale moglie Gabriela mi ha incentivato per andare alla sua ricerca: per chi ha letto il mio libro “Pazzo per il Caffè” Senac Editore, sa che la mia è diventata quasi una missione, perché mio nonno, nel 1926, tra le due guerre mondiali, è partito dall’interno della Calabria arrivando in Brasile da solo, proprio per lavorare nelle fazende di caffè dello stato di San Paolo. Purtroppo non ha avuto fortuna e dopo poco tempo è deceduto.

Per me quindi, incontrare la mia ex moglie brasiliana, arrivare in Brasile, lavorare proprio
con il caffè…mi è sembrato quasi come se fosse già scritto nel mio cammino. Un po’ come
se dovessi portare a compimento il percorso di mio nonno.

E poi, lo stesso profondo collegamento esiste tra l’Italia e Brasile, proprio attraverso il
settore caffeicolo. La colonia italiana in Brasile, si sa che è una tra le maggiori al mondo.
Ma nel caffè il rapporto diventa ancora più stretto. Dopo l’abolizione della schiavitù nel 1888, per diversi accordi tra i due governi è iniziata l’emigrazione dall’Italia verso il Brasile, per sostituire gli schiavi nelle piantagioni di caffè. “

Ci parla della sua esperienza professionale anche di formatore e di organizzatore di viaggi? Che cosa ha potuto vedere in tutti questi anni?

“Proprio in questi giorni si è concluso il mio 173º corso per baristi. Tempo fa pensavo che
un giorno si sarebbe esaurita la richiesta, ma con mia sorpresa, ancora oggi posso dire
che sempre più c’é la voglia di approfondire le proprie conoscenze, e la cosa più
interessante è che il 60/70% dei partecipanti sono degli appassionati, ovvero proprio
coloro che determinano il mercato dalla tazzina alla pianta.

Antonello e Gabriela (foto concessa)

Dal 2010, con Gabriela, che é insegnante d’italiano (nata a Brasilia ma ha vissuto e
studiano in Italia, prima che ci conoscessimo) abbiamo aperto la scuola “Parlando Italiano,…cantando, mangiando, viaggiando, …” facciamo conoscere la vera Italia. I nostri amici/clienti hanno modo di entrare in contatto con una parte del Paese, che gli stessi italiani non conoscono.

Una delle gite al MUMAC (foto concessa)

Non è mancato il caffè nei nostri itinerari: diverse volte ho inserito una visita al MUMAC di Gruppo Cimbali e dell’amico Enrico Maltoni. Il tema principale su cui costruisco i tragitti è l’eno-gastronomia, chiaramente senza dimenticare gli aspetti più prettamente turistici e culturali: rifaremo in maggio 2023 un “Tour nella Mitologia, Grecia & Magna Grecia”, ripercorrendo le vie dei greci di 2.500 anni verso la colonizzazione del sud italia.

Altro viaggio sarà “Tour delle Alpi Italiane”, dalla Val d’Ossola, Piemonte, Monte Bianco alle
Dolomiti. Per settembre un tour speciale in catamarano nell’Arcipelago delle Isole Eolie ed
ottobre Il “Tour del Mar Adriatico”, iniziando in Emilia Romagna, con Ravenna e Rimini,
chiaramente al Grand Hotel, le Marche per poter attraversare il Mare Adriatico da ovest ad
est e arrivare in Croazia per quattro giorni tra Spalato e Dubrovnick, per poi rientrare in
Italia da Bari, restando nella Puglia settentrionale e Gargano e poi risalire fino a Roma, dal
litorale abruzzese con esperienza nei “trabocchi”.

Quindi Monardo, lei non ha pensato di organizzare viaggi di italiani in Brasile al contrario?

“Ho un progetto in corso che si chiama “Il viaggio alle origini delle tre c” (cacao, caffè e
canna da zucchero). Il Club Brasil Cafè era nato per esser impiantato in Italia nel 2020, ma poi è scoppiato il Covid. In questo periodo abbiamo pensato di iniziare in Brasile.
Immaginiamo un giorno di organizzare un percorso che possa partire da San Paolo dove
vengono spediti milioni di sacchi di caffè, con il museo del caffè, poi si va nella zona di
Baia per vedere il riscatto del cacao e infine si va ad esplorare la canna da zucchero.”

Il Brasile è il primo produttore di caffè al mondo e secondo per consumi: in tutti questi anni che cosa ha visto cambiare? Come si è evoluta la materia prima e il mercato?

“Come dicevo prima, questa sete di conoscenza alla fine è quella che guida il mercato
dalla tazzina alla pianta. L’agricoltore che prima si accontentava di vendere il caffè inteso come una commodity, sa che alla base ci sono clienti alla ricerca di prodotti unici. Questa doppia spinta porterà ad un risultato migliore qualitativamente e anche economicamente. Considerando che i piccoli produttori a conduzione familiare rappresentano il 78% dei coltivatori del Paese.”

La scena degli specialty si è sviluppata? I farmers hanno modificato le loro pratiche agricole?

Gli Specialty e i Gourmet (quest’ultima categoria qui in Brasile non è solo una bella
parola, ma una norma di legge: il 100% Arabica è la classificazione minima con 80 punti
nell’analisi sensoriale, senza difetti, grado di torrefazione medio/chiaro e imballaggio
speciale con valvola), sono in grande crescita, non solo dal punto di vista di metodi
alternativi all’espresso, ma principalmente nell’offerta.

Come si sa il Brasile è il maggiore produttore al mondo di caffè, con diverse regioni con
caratteristiche differenti di terroir (Sul de Minas, Mata de Minas, Cerrado Mineiro, Baiha,
Espirito Santo, Cerrado Goiano, per citarne alcune) e con la maggiore quantità di varietà
della specie Arabica, più di 80.”

Da torrefattore, come tratta la materia prima? Come si beve lì l’espresso?

“Oltre a tostare il caffè con il nostro marchio “Antonello Monardo Caffé Espresso”,
ultimamente abbiamo creato il primo e-commerce di caffé speciali, che raccoglie varie
fazende che tostano il proprio verde con la loro marca, che provengono da tutte le regioni
caffeicole brasiliane, in pacchetti di 250gr in grani.

Si chiama il “Club Brasil Café” https://clubbrasilcafe.com. Associandosi i clienti ricevono a
casa, scegliendo il “piano basico” due caffè differenti, e così nell’arco di un anno avranno
provato almeno 24 prodotti distinti. Alla prima consegna offriamo gratuitamente un macinino elettrico con la spiegazione della granulometria adatta al metodo di estrazione desiderato.”

Le gelate, il cambiamento climatico: tutte problematiche che affliggono il Brasile in primis. Come stanno vivendo queste difficoltà i coltivatori locali?

“Il fenomeno delle gelate non è così raro in Brasile come si pensa. È abbastanza comune
nelle regioni più alte degli stati di San Paolo e del Minas Gerais, soprattutto durante
l’estate da voi, che essendo nell’emisfero sud, è l’inverno europeo.

Lo scenario dovrebbe avere un impatto sul mercato globale del caffè, non solo sul campo,
ma in tutti i segmenti della filiera produttiva. Da produttori, fornitori di materie prime e
macchinari, esportatori caffè verde, torrefattori, caffetterie e persino il consumatore hanno
subito e dovranno ulteriormente subire l’aumento dei prezzi per la diminuzione dell’offerta.

Nel caso della coltivazione del caffè, le gelate provocano delle perdite, poiché le
temperature molto basse danneggiano i tessuti delle foglie – da meno 2°C in poi -. Se scendono ulteriormente, vengono danneggiati i rami per poi raggiungere gli steli. Inoltre, le gelate colpiscono i boccioli dei fiori, provocando stress e ostacolando la fioritura e, di conseguenza, la produzione dell’anno successivo.

Di contro c’é il fatto che in Brasile ci sono più di 30 regioni produttrici. In un paese con
estensioni continentali, queste regioni differiscono profondamente in termini di clima,
topografia, altitudine, suolo, disponibilità di acqua, tra gli altri aspetti.

Pertanto, quando si verifica un fenomeno meteorologico, non tutte le regioni ne sono
colpite allo stesso modo. Il caffè è uno dei prodotti agroalimentari più commercializzati e consumati a livello globale.

E l’equazione è apparentemente semplice: se c’è una buona offerta, il prezzo scende, viceversa se c’è una carenza, il prezzo sale. La pianta del caffè è una pianta resistente, ma ha una particolarità: se un anno produce in abbondanza, l’anno successivo si verificherà il biennio cosiddetto basso (o negativo), cioè la produzione sarà inferiore. Il Brasile è una parte essenziale di questa equazione globale. Responsabile di quasi il 40% del caffè consumato in tutto il mondo, esporta i chicchi in quasi 130 paesi in tutti i continenti.”

Sappiamo come il Brasile è percepito in Italia, ma viceversa? Com’è vista il Paese dell’espresso dall’altra parte della filiera?

“La visione in generale dell’Italia dal Brasile è di ammirazione! Nel caso dell’espresso è di enorme rispetto. Perché, come si sa, l’Italia con l’espresso e anche la moka,
ha inventato un modo differente di bere il caffè. Ma si stanno sempre più imponendo i metodi nuovi. So che l’Italia, piano piano, si sta facendo trascinare da questa nuova tendenza, ma con un certo ritardo in confronto ad altri Paesi. “

Monardo, come vede il futuro della coltivazione in Brasile? Quali sono le prospettive per chi coltiva e, di conseguenza, per chi consuma?

“Per un periodo la coltivazione del caffè veniva disdegnata in favore della coltivazione
della canna da zucchero e della soia. Ma adesso, con la domanda di un prodotto di qualità
maggiore e valore aggiunto, in molti luoghi si sta tornando alle piantagioni di caffè e
conseguentemente le prospettive sia per chi coltiva che per chi consuma sono di
ottimismo.”

I giovani stanno tornando nei campi con questa riscoperta del settore produttivo?

“C’è stato un momento in cui veniva espinatato il caffè a favore della soia. Ora il
caffè viene piantato in nuove aree: il segreto di tutto resta la conoscenza. Quando
partecipo e organizzo i workshop, cerco sempre di provocare chi frequenta con me per
spostare l’attenzione sulla qualità del caffè.

Faccio spesso il paragone con la birra e il suo rito che qui è molto importante e chiedo: quanti caffè fate portare indietro se non è buono? Nessuno. Invece per la birra, se calda o non all’altezza delle loro aspettative, lo avrebbero fatto. 15 anni fa qui il caffè nel ristorante veniva offerto gratis, perché è un prodotto da regalare e quindi nessuno investiva nella qualità. Tutti perdevano in questo modo.

Questo ora è cambiato: molti hanno sviluppato una differente sensibilità anche nei
confronti del caffè. Gli imprenditori che vogliono entrare in questo mondo, si rivolgono a
me e dico loro: per poter bere meglio, ci si deve informare. E sono questi clienti che
smuovono il mercato, perché anche i coltivatori, di fronte ad una richiesta più esigente,
cambiano le cose nei campi, alzando la qualità, differenziando la produzione. “

Rhea Vendors Group porta alla Varese Design Week Monolite, realizzata con Livermore

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monolite rhea
Monolite, una macchina concept realizzata da Rhea in collaborazione con il regista d’opera Davide Livermore e la fotografa attivista per le donne e l’ambiente Simona Ghizzoni (immagine concessa)

MILANO – Rhea Vendors Group porta alla settima edizione della Varese Design Week un viaggio tra passato, presente e futuro della distribuzione automatica e propone un’esperienza di ospitalità con l’impegno di ispirare le persone ad un comportamento consapevole, per contribuire a generare un impatto positivo sull’ambiente.

Rhea Vendors Group alla Varese Design Week

Presso lo spazio Varese Vive, all’interno della mostra “Evergreen, il design di ieri e di domani” a cura del designer Cristian Visentin e con le opere di Fabio Castelli, il viaggio nel mondo Rhea inizia con l’iconica macchinetta delle cicche, capolavoro di design e meccanica con cui negli anni 60 iniziò la storia dell’azienda.

distributore gomme
Il distributore di gomme (immagine concessa)

Gli ospiti potranno poi creare la loro coffee experience, e gustare un ottimo caffè o una delle numerose varianti di bevande con cui le macchine Rhea soddisfano le diverse preferenze dei consumatori.

Sarà da subito percepibile attenzione dell’azienda al design, alla qualità, all’innovazione e alla sostenibilità, valori che guidano Rhea nella progettazione e realizzazione delle sue soluzioni, riconosciute come eccellenza del made in Italy ed esportate in tutto il mondo

Infine, il futuro della distribuzione automatica è rappresentato alla Varese Design Week da Monolite, una macchina concept realizzata da Rhea in collaborazione con il regista d’opera Davide Livermore e la fotografa attivista per le donne e l’ambiente Simona Ghizzoni.

Monolite, rivestita da vetri retroilluminati che esaltano le fotografie di Simona scattate nella riserva naturale del Tevere-Farfa, grazie alla realtà aumentata permette al consumatore, mentre gusta un caffè, o beve un bicchiere d’acqua, di animare un pavone ritratto in foto, partecipando all’esperienza e alle emozioni di quell’attimo che la fotografa ha catturato nello scatto.

Ma Monolite è anche uno dei progetti speciali con cui Rhea rende concreto il suo impegno di valorizzare la pausa caffè come un momento che migliora la vita delle persone non solo come esperienza di gusto, ma anche per la capacità di intrattenere l’utente in un percorso multisensoriale, di socialità e condivisione.

“Il mondo del design riveste ora più che mai un importante ruolo nel ridisegnare e trasformare il nostro stile di vita nel rispetto dell’ambiente e delle persone. Per Rhea il design è da sempre un impegno e una responsabilità quotidiana che decliniamo nella progettazione e realizzazione delle nostre soluzioni. La nostra partecipazione alla Varese Design Week è un piccolo ma entusiastico contributo alla Green Revolution in un territorio che da 63 anni ospita il nostro quartier generale.”  commenta Andrea Pozzolini, ceo di Rhea.

Sabato 25 marzo alle ore 16:00 ci sarà un evento con il noto food designer Paolo Barichella per vivere un’esperienza gourmet, create insieme a Rhea appositamente per spazi come coworking, hotel, uffici, retailer, sia business che residenziali.

La scheda sintetica di Rhea Vendors Group

Rhea Vendors Group, fondata da Aldo Doglioni Majer nel 1960, è tra i più importanti produttori al mondo di distributori automatici, ampiamente personalizzabili. Eccellenza del made in Italy, Rhea si contraddistingue per la forte impronta internazionale, design di altissimo livello e tecnologia all’avanguardia. Con headquarters e produzione in provincia di Varese e filiali in 9 paesi esteri, Rhea ha il vanto di diffondere la cultura del caffè in oltre 90 Paesi di tutto il mondo.

Negli ultimi vent’anni Rhea ha posto le basi per un’importante trasformazione: da player del mondo del vending a precursore nell’utilizzo della distribuzione automatica nei settori del new retail, hotellerie e out of home, confermando la propria vocazione a interpretare e anticipare un mercato in continua evoluzione. Posizionandosi tra il mondo digitale e quello fisico, le nuove proposte di Rhea rivoluzionano il concetto dell’ospitalità e l’offerta di consumo in contesti sia business che residenziali, contribuendo a migliorare la qualità della vita delle persone.

Confcommercio, primo trimestre in recessione: Pil stimato in calo dello 0,3%

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confcommercio usura
Il logo di Confcommercio

Per il mese in corso si stima una riduzione del Pil dello 0,3% su febbraio e dello 0,2% sullo stesso mese del 2022. Nel complesso del primo trimestre del 2023 si dovrebbe registrare una flessione dello 0,3% rispetto all’ultimo quarto del 2022, confermando l’ipotesi di una recessione molto contenuta. Queste sono le stime dell’analisi congiunturale di Confcommercio di marzo. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su Italia Informa.

Congiuntura Confcommercio

MILANO – Non si risolvono le incertezze ereditate dal 2022. Si conferma lento il rientro delle dinamiche inflazionistiche e si conferma altrettanto serio l’impatto di queste sui consumi. Il rallentamento dell’attività produttiva origina dalla contrazione della domanda delle famiglie. A ciò non si è associato, per il momento, un peggioramento del mercato del lavoro. E’ quanto emerge dall’analisi congiunturale di Confcommercio di marzo.

A gennaio la produzione industriale è tornata a registrare un ridimensionamento in termini congiunturali (-0,7%) con una crescita dell’1,7% su base annua.

Nello stesso mese il mercato del lavoro ha continuato a segnalare spunti di vivacità, con un incremento degli occupati di 35mila unità su dicembre e di 459mila unità sullo stesso mese del 2022.

Dopo il moderato recupero di gennaio, favorito dal confronto con un mese in cui lo scorso anno si registrò la peggiore ondata di Covid in termini di contagi, a febbraio i consumi, misurati nella metrica dell’ICC, avrebbero registrato una contenuta riduzione rispetto a febbraio 2022 (-0,1%).

Come per i mesi scorsi, questa stima riflette un andamento positivo dei servizi (+3,7%) e un’ulteriore riduzione della domanda di beni (-1,4%).

All’interno di quest’ultimo aggregato si confermano in flessione sia i consumi alimentari (-3,9% tendenziale), sia quelli per l’energia elettrica, segmenti per i quali l’accelerazione dei prezzi ha comportato atteggiamenti molto prudenti da parte delle famiglie. Permangono in una condizione di difficoltà il settore dei mobili (-1,7% su febbraio 2022) e degli elettrodomestici (-2,3%).

Al contempo, sembrano svanire gli indizi di recupero che si erano registrati a gennaio per l’automotive e per l’abbigliamento e le calzature. Nonostante le aspettative di un moderato miglioramento nei prossimi mesi da parte delle famiglie e di alcuni segmenti del sistema produttivo, elemento che consolida le attese di una seconda parte dell’anno più positiva, il quadro attuale prefigura anche nel mese di marzo una modesta contrazione dell’attività economica.

Per il mese in corso si stima una riduzione del Pil dello 0,3% su febbraio e dello 0,2% sullo stesso mese del 2022.

Nel complesso del primo trimestre del 2023 si dovrebbe, pertanto, registrare una flessione dello 0,3% rispetto all’ultimo quarto del 2022, confermando l’ipotesi di una recessione molto contenuta sia per intensità sia per durata (due trimestri).

Segnali positivi sono attesi a marzo sul versante inflazionistico, con un’accelerazione del processo di rientro iniziato a dicembre 2022. La nostra stima è di una variazione nulla dei prezzi al consumo su base congiunturale e di una crescita dell’8,1% nel confronto annuo, conseguenza della riduzione dei prezzi dell’energia e del gas.

Permangono, invece, elementi di tensione nell’alimentare. Non vanno, comunque, trascurate le difficoltà del percorso di rientro della dinamica dei prezzi, visto che anche a febbraio l’inflazione di fondo è stata in crescita.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Così la crisi bancaria aggiunge incertezza ai mercati del caffè

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Il logo dell'Ice

MILANO – I mercati del caffè tengono e cominciano la settimana in ripresa, dopo l’andamento altalenante dell’ottava trascorsa. Ma rimangono in tensione a fronte della difficile congiuntura internazionale, acuita dalla sempre più preoccupante crisi bancaria. L’Ice Arabica aveva toccato, mercoledì 15 marzo, i minimi delle ultime sei settimane, scivolando a 172,60 centesimi (intraday a 171.05 centesimi).

Tuttavia, un forte rimbalzo ha riportato la borsa newyorchese in territorio positivo sin dal giorno successivo. Il contratto principale ha guadagnato così 745 punti riassestandosi a 180,05 centesimi, a fine seduta di giovedì.

Venerdì, nuova correzione negativa di 345 punti, con il benchmark sotto la soglia del dollaro e ottanta centesimi. La settimana si è conclusa infatti a 176,60 centesimi.

Ieri, lunedì 20 marzo, il contratto è tornato a salire guadagnando 190 punti e terminando a 178,50 centesimi. Ha inciso, sull’esito finale, lo svalutarsi dell’indice del dollaro Usa, ai minimi dell’ultimo mese.

Andamento analogo, anche se con alti e bassi meno pronunciati, a Londra. L’Ice Robusta è sceso, mercoledì scorso, a 2.069 dollari, minimo da metà febbraio.

La risalita di giovedì è stata meno marcata, ma ha comunque riportato il benchmark sopra la soglia dei 2.100 dollari: chiusura a quota 2.104. Venerdì, un’altra virata in negativo, a 2.064 dollari.

Ieri, il mercato è andato su di 23 dollari, risalendo a 2.087. Ma non prima di avere toccato, in corso di contrattazione, un intraday di 2.026 dollari, livello minimo delle ultime cinque settimane.

Mercati del caffè: scorte certificate e Cot

L’entità delle scorte certificate di New York rimane sostanzialmente stabile: ieri a 776.073 sacchi. Un volume comunque basso. Gli stock di Londra sono ai loro massimi da oltre tre mesi a questa parte e ammontano a 75.910 tonnellate.

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Rapporto sulla felicità nel mondo, illycaffè: la Finlandia è al primo posto della classifica

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rapporto felicità mondo
Il rapporto sulla felicità nel mondo (immagine concessa)

TRIESTE – Dopo la pubblicazione del primo Rapporto sulla felicità nel mondo, nel 2012, è andata crescendo la convinzione che sia possibile promuovere la felicità grazie a politiche pubbliche e ad azioni del mondo imprenditoriale e della società civile. E vari sono i modi per misurare in modo proficuo la felicità e il benessere, ad esempio mediante sondaggi fra la popolazione sul grado di soddisfazione della vita.

La ricerca che sta alla base del Rapporto sulla felicità nel mondo applica sei fattori chiave per contribuire a spiegare le differenze tra i vari livelli di felicità delle persone intervistate in tutto il mondo: sostegno sociale, reddito, salute, libertà, generosità e assenza di corruzione. I governi ricorrono sempre più a questa analisi per orientare le proprie politiche in direzione della felicità.

Il Rapporto sulla felicità nel mondo

Il Rapporto sulla felicità di quest’anno rivela inoltre che, a dispetto del sovrapporsi di varie crisi, la maggior parte delle popolazioni a livello mondiale continua a dar prova di un notevole grado di resilienza; infatti, nel triennio 2020 – 2022 caratterizzato dal COVID-19, la soddisfazione per la propria vita a livello globale è stata mediamente pari a quella degli anni precedenti la pandemia.

La prima Giornata mondiale della felicità è stata celebrata dieci anni fa, il 20 marzo 2013. Da allora le persone in tutto il mondo hanno non solo riconosciuto l’importanza di misurare la felicità e il benessere personale, ma hanno anche sostenuto maggiormente le politiche pubbliche e private allo scopo di contribuire a promuovere la felicità e il benessere.

“Il fine ultimo della politica e dell’etica dovrebbe essere il benessere delle persone,” ha dichiarato Jeffrey Sachs. “Il movimento a favore della felicità dimostra che il benessere personale non è un’idea debole o vaga, bensì un concetto che attiene ad ambiti della vita di fondamentale importanza: le condizioni materiali, la salute mentale e fisica, le qualità personali e il senso civico. Dobbiamo tradurre questa saggezza in risultati concreti per realizzare maggiore pace, prosperità, fiducia, civiltà – e sì, anche felicità – nelle nostre società.”

La Finlandia si conferma al vertice della classifica per il sesto anno consecutivo. La Lituania è l’unico paese nuovo a entrare nei primi venti posti, conquistando più di trenta posizioni rispetto al 2017. L’Afghanistan e il Libano, devastati dalla guerra, restano i due paesi più infelici tra quelli oggetto del sondaggio: la media delle valutazioni della soddisfazione per la propria vita è inferiore di oltre cinque punti (su una scala compresa tra 0 e 10) rispetto ai dieci paesi più felici.

I dieci paesi più felici sono:

  • 1. Finlandia
  • 2. Danimarca
  • 3. Islanda
  • 4. Israele
  • 5. Paesi Bassi
  • 6. Svezia
  • 7. Norvegia
  • 8. Svizzera
  • 9. Lussemburgo
  • 10. Nuova Zelanda

“La felicità media e le posizioni di classifica medie del nostro paese nelle valutazioni sia delle emozioni sia della soddisfazione per la propria vita sono rimaste sorprendentemente stabili durante i tre anni del Covid-19,” ha osservato John Helliwell. “Le variazioni delle posizioni in classifica che sono state riscontrate rappresentano la continuazione di tendenze di più lungo respiro, come i balzi in avanti registrati dai tre paesi Baltici. Anche durante questi anni difficili, le emozioni positive sono state il doppio di quelle negative, così come le sensazioni positive di sostegno sociale sono state due volte più forti delle sensazioni di solitudine.”

Il rapporto analizza più in dettaglio le tendenze della distribuzione – in molti casi iniqua – della felicità tra le persone.

Nel considerare lo scarto di felicità tra la popolazione inclusa nella metà superiore della classifica e quella nella metà inferiore, si osserva che esso è piccolo nei paesi in cui quasi tutte le persone sono molto infelici e nei paesi al vertice della classifica, nei quali quasi nessuno è infelice. Più in generale, le persone sono più felici se vivono in paesi dove lo scarto di felicità è minore. Gli scarti di felicità a livello globale sono rimasti pressoché stabili, pur essendo cresciuti in molti paesi africani.

“Il rapporto di quest’anno propone molte considerazioni interessanti,” ha detto Lara Aknin, “ma la considerazione a mio parere più rilevante e rincuorante riguarda la socievolezza. Per il secondo anno osserviamo che varie forme di gentilezza quotidiana, come aiutare uno sconosciuto, fare donazioni per beneficenza e dedicarsi al volontariato, sono a livelli superiori a quelli degli anni precedenti la pandemia. È stato dimostrato che gli atti di gentilezza sono non solo la fonte ma anche la conseguenza di una maggiore felicità, come rivelano le considerazioni nel capitolo 4.”

I dati dei social media sono ormai un vero tesoro di informazioni sui comportamenti delle persone. Dal 2010 le modalità di utilizzo dei dati dei social media per valutare la felicità sono diventate molto più sofisticate che in passato.

Oggi è possibile ricavare dalle valutazioni misurazioni del benessere assai dettagliate, in termini sia cronologici sia geografici, che consentono di tenere traccia dei cambiamenti, valutare le politiche e garantire l’affidabilità. Insieme, questi progressi hanno accresciuto tanto l’accuratezza delle misurazioni quanto il potenziale di progettazione di ricerche sperimentali più avanzate.

Il rapporto di quest’anno analizza più da vicino anche i risultati del sondaggio disponibili per l’Ucraina. “L’impatto devastante prodotto dalla guerra è evidente a tutti, e anche noi abbiamo riscontrato che il benessere in Ucraina ha subito un duro colpo”, ha rilevato Jan-Emmanuel De Neve. “È sorprendente, tuttavia, che in quel paese il senso di benessere delle persone sia diminuito meno che nel 2014, all’epoca dell’annessione della Crimea da parte della Russia, e ciò è dovuto in parte allo straordinario aumento del senso di fratellanza in tutta l’Ucraina, come rivelano i dati sull’aiuto a sconosciuti e sulle donazioni: l’invasione russa ha trasformato l’Ucraina in una nazione,” ha aggiunto De Neve.

Sintesi dei capitoli del “Rapporto sulla felicità nel mondo”:

  • Capitolo 1. L’agenda della felicità. I prossimi dieci anni

John Helliwell, Richard Layard e Jeffrey Sachs

  • Capitolo 2. Felicità, generosità e fiducia durante il COVID-19 e oltre

John Helliwell, Haifang Huang, Max Norton, Leonard Goff e Shun Wang

  • Capitolo 3. Benessere ed efficacia dello Stato

Sir Timothy Besley, Joseph Marshall e Torsten Persson

  • Capitolo 4. Fare del bene e sentirsi bene: relazioni tra altruismo e benessere per altruisti, beneficiari e osservatori

Shawn A. Rhoads e Abigail A. Marsh

  • Capitolo 5. Per una previsione affidabile del benessere delle popolazioni mediante i social media: tre generazioni di progresso

Oscar Kjell, Salvatore Giorgi, H. Andrew Schwartz e Johannes C. Eichstaedt

“L’obiettivo generale è una società più felice,” ha affermato Richard Layard, “ma lo potremo conseguire soltanto se le persone si rendono felici reciprocamente (e non rendono felici solo sé stesse). È un obiettivo che rappresenta una fonte d’ispirazione per noi come individui, oltre a comprendere anche la felicità delle generazioni future – e la nostra salute mentale.”

Il Rapporto sulla felicità nel mondo è una pubblicazione della Sustainable Development Solutions Network e si basa sui dati del Gallup World Poll. Il rapporto è sostenuto da: Fondazione Ernesto Illy, illycaffè, Davines Group, Wall’s (il maggiore marchio di gelati di Unilever), The Blue Chip Foundation, The William, Jeff, and Jennifer Gross Family Foundation, The Happier Way Foundation e The Regeneration Society Foundation.

Il rapporto è stato redatto dal professor John F. Helliwell della University of British Columbia; dal professor Richard Layard, condirettore del Wellbeing Programme presso la London School of Economics; dal professor Jeffrey D. Sachs della Columbia University, presidente di SDSN e direttore dell’Earth Institute’s Center for Sustainable Development; dal professor Jan-Emmanuel De Neve, direttore del Wellbeing Research Centre della University of Oxford; dalla professoressa Lara B. Aknin, direttrice di Helping and Happiness Lab della Simon Fraser University; dal professor Shun Wang della International Business School Suzhou, Xi’an Jiaotong-Liverpool University.

La scheda sintetica di illycaffè

illycaffè è un’azienda familiare italiana fondata a Trieste nel 1933, che da sempre si prefigge la missione di offrire il miglior caffè al mondo. Produce un unico blend 100% Arabica, combinando 9 delle migliori qualità al mondo secondo illycaffè. Ogni giorno vengono gustate 8 milioni di tazzine di caffè illy in oltre 140 Paesi, nei bar, ristoranti e alberghi, nei caffè e negozi monomarca, a casa e in ufficio.

Grazie alle sue innovazioni, contribuisce all’avanzamento tecnologico nel mondo del caffè. Con la creazione in Brasile, nel 1991, del “Premio Ernesto Illy de qualidade sustentavel do cafè para espresso”, illy ha contribuito alla condivisione del know-how e al riconoscimento ai produttori di un premium price per la migliore qualità secondo illycaffè. Dal 2016 attraverso il premio “Ernesto Illy International Coffee Award” l’azienda celebra i coltivatori di caffè al mondo che secondo illy hanno prodotto il miglior lotto di caffè sostenibile. Dal 2013, l’azienda è regolarmente inserita nella lista delle World Most Ethical Companies.

Il modello di business dell’azienda

Nel 2019 illy ha rafforzato il proprio impegno a perseguire un modello di business sostenibile, che integra gli interessi delle persone e dell’ambiente, adottando lo status di Società Benefit e inserendo questo impegno all’interno del proprio statuto.

Nel 2021 illy è stata la prima azienda italiana del caffè ad avere ottenuto la certificazione internazionale B Corp grazie al suo impegno a rispettare i più alti standard di performance sociale e ambientale. Con l’obiettivo di diffonderne la cultura a tutti i livelli, offrire una preparazione completa e pratica a coltivatori, baristi e amanti del caffè, l’azienda ha fondato la sua Università del Caffè.

Tutto ciò che è ‘made in illy’ viene arricchito di bellezza e arte, valori fondanti del marchio a cominciare dal logo, disegnato dall’artista James Rosenquist, fino alle tazzine che compongono la illy Art Collection, decorate da oltre 120 artisti internazionali. Nel 2021 l’azienda ha impiegato 1305 persone e ha un fatturato consolidato pari a circa €500 milioni. Gli store e i negozi monomarca illy nel mondo sono 205 in più di 40 Paesi. Nel 2021 Rhone Capital è entrato nel capitale di illycaffè con una quota di minoranza per accompagnare l’azienda nella sua crescita internazionale.