giovedì 11 Aprile 2024
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Corrado Assenza: “Il Caffè Sicilia di Noto ritornerà ciò che era con il restauro”

La sua missione è forse racchiusa nel cognome. Una presenza talmente discreta, se rapportata alla chiassosa barbarie di questo tempo confuso, da risultare quasi assente: lontano dal glamour che avvolge buona parte dei suoi colleghi, fuori da logiche di palcoscenico, a distanze siderali dalla ribalta mediatica e telematica

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PALERMO – E’ ancora freschissima la notizia relativa all’uscita dall’Associazione maestri pasticceri italiani Ampi dal Maestro Iginio Massari. Oggi raccontiamo un altro fuori classe della categoria, scendendo nel sud Italia: la bravura, la passione, la tecnica che sta dietro il lavoro di Corrado Assenza. Dall’intervista condotta da Francesco Seminara su repubblica.it.

Assenza: la maestria dietro al dolce

Non inganni l’aria paciosa, il discreto incedere fra le mura del suo barocco e il sorriso rassicurante. Corrado Assenza ancora prima di diventare il pasticcere che tutto il mondo ci invidia è un uomo di profonda cultura, formatosi all’Università di Bologna. Lì, negli anni universitari, l’incontro con il suo mentore, Giorgio Celli, una delle figure più rilevanti del panorama culturale italiano, che ha contributo alla sua formazione ideologica e filosofica e che non smette mai di ricordare. “Pensate che il figlio Davide, dovette acquistare cinque grandi spazi per contenere la biblioteca del padre”.

Nel villaggio globale chiamato “Sicilia”, Corrado Assenza è uno dei grandi saggi, che hanno nel valore della parola un credo assoluto

Una sorta di “verba manent” col quale tramandare ai posteri i racconti della sua terra, frutto non solo di esperienza, ma anche di continua scoperta. La sua missione è forse racchiusa nel cognome. Una presenza talmente discreta, se rapportata alla chiassosa barbarie di questo tempo confuso, da risultare quasi assente: lontano dal glamour che avvolge buona parte dei suoi colleghi, fuori da logiche di palcoscenico, a distanze siderali dalla ribalta mediatica e telematica.

Ha sublimato la pasticceria in una forma d’arte, senza alcun confine tra dolce e salato, portando in cucina e in laboratorio quel brassage culturel, come lo chiamano i francesi, che spesso manca alla categoria. Tuttavia non si sente un accademico: “Le accademie le lascio alla Crusca – ci dice – , io l’unica crusca che conosco, è quella del grano”.

Posso quantomeno definirla un saggio, un cuciniere colto?

“Se ne assuma però la responsabilità. Potrebbe essere metaforicamente da chi questo non crede e non sostiene”.

Correrò questo rischio. Di cosa abbiamo bisogno adesso oltre che di cultura?

“Di speranza, che va però alimentata giornalmente, con attitudine e sforzo a guardare il bello che ci è rimasto. Senza questo sacrificio la sola speranza è inutile. Riflettevo sul fatto che, da inizio pandemia, abbiamo consegnato il nostro bene più prezioso, il tempo, nelle mani di chi ci governa. Noi stessi negli ultimi anni abbiamo totalmente distrutto quel senso di comunità che ci apparteneva e sarebbe stato fondamentale in una situazione del genere. Quando l’egoismo del singolo si antepone a quello della collettività, questi sono i risultati. Ed eccoci qua”.

Ci sta che anche il saggio, a volte, sia un po’ incazzato

“Non sono incazzato, vorrei solo ripartire evitando gli errori del passato, ma per evitare questi errori si dovrebbe ricostruire un tessuto che, agli effetti, non esiste. Quando entri in cabina elettorale e leggi una serie di nomi e cognomi ai quali non riconosci alcuna capacità, cosa fai? Ti ritrovi, come sempre, a votare il meno peggio. Ecco, si dovrebbe interrompere questa consuetudine del meno peggio che ha portato l’Italia in queste condizioni”.

E politica fu. Già che ci siamo, cosa le piace di quella attuale?
“Guardo con curiosità e interesse a Letta, perché leggo nel suo percorso personale di esiliato volontario in Franci, una prova di grande maturità, che penso abbia fatto fare al suo partito un notevole balzo di qualità. Quello che è rientrato in Italia per assumersi la guida del partito, non è più il Letta di sette anni fa. L’esperienza con i giovani universitari francesi lo ha sicuramente cambiato”.

Cosa sarebbe bello vedere nella politica del prossimo futuro?

Assenza: “Mi auguro che ci sia molta più coscienza ambientalista e naturalista, come mi auguro ci sia capacità di tornare ai grandi temi della sinistra: il lavoro, la terra, la fabbrica, la produzione di beni. Guardate quello è successo col canale di Suez. Sono bastati pochi giorni di stallo per fare entrare i mercati nel panico assoluto. Questo ci ha fatto capire che noi, abitanti della vecchia Europa, siamo oramai diventati tristemente una piazza che non produce e va mantenuta quotidianamente, perché altrimenti non ha quello che gli serve per campare. Tutto ci arriva da altrove, un altrove molto lontano.

Abbiamo spaiato, disarcionato, quella che era la struttura produttiva primaria e secondaria: l’agricoltura e la fabbrica. Siamo diventati dei consumatori in una piazza di mercato. Ci sono solo bancarelle dove si acquistano, spesso a caro prezzo, prodotti altrui. Rimane solo una piccola nicchia produttiva, quella agroalimentare, e va difesa con le unghie e con i denti”.

Un Corrado Assenza a trazione socialista…

“Non mi nascondo. Sono sempre stato un uomo di sinistra, ma non ho mai avuto alcuna tessera, non sono mai appartenuto a nessuno fuorché a me stesso”. Questo essere lontano dai giochi e dai palazzi è diventato un suo tratto distintivo. Si narra di un suo rifiuto come giurato ai “50 Best”.

“Confermo, è tutto vero! (ride) Successe nella prima edizione. Mi fecero la proposta e risposi che io potevo parlare di quattro trattorie siciliane sgangherate dove cucinano miei amici. Non ho la possibilità di girare il mondo collezionando insegne di ristoranti famosi. “Do la possibilità a qualcun altro sicuramente più titolato”, dissi. Mi risposero – “Magari fossero tutti come lei””.

Anche lei ha dovuto rimandare l’apertura della sua attività storica, il Caffè Sicilia di Noto, causa restrizioni. Non le chiedo quando avverrà, ma come sarà

“Non abbiamo stravolto nulla perché non dovevamo scappare da nulla, nello specifico abbiamo reso più confortevole l’ambiente, guidati da semplicità e tecnologia. Ci saranno delle piccole salette in più per gli ospiti e un dehor da utilizzare nella stagione estiva. Non è stato facile considerato che lo stabile è del ‘700. Abbiamo restaurato nel rispetto dei suoi 300 anni di storia, dandogli il lustro che aveva un tempo. Diventerà, quindi, ciò che era”.

Nella ricerca del passato c’è quindi l’essenza del futuro. E nel presente invece, cosa le piacerebbe, Assenza?

“Mi piacerebbe fare una grande festa per tutti gli affezionati di Caffè Sicilia in un luogo di campagna, per fare capire quanto sia importante la terra nella vita di tutti i giorni e ho anche identificato un luogo fisico. Un crocevia fra Castelluccio e Noto dove gli agricoltori si raccolgono col trattore e a fine giornata. Sono tutti giovani contadini, per la maggior parte miei fornitori. Il tramonto nella campagna, il racconto della fatica del lavoro dell’uomo, il suono delle risate vere davanti a una birra. Mi piacerebbe conclamare che questa comunità è quello di cui io ho bisogno, qui mi sento a casa. La campagna è il luogo da cui ripartire, la dimensione di una vita vera, a misura d’uomo. La natura nella sua essenza più profonda”.

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