mercoledì 31 Dicembre 2025
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Domori: piantumate 33mila piante in Ecuador per il progetto rigenerativo

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Il logo Domori

Domori, capogruppo del Polo del Gusto di Riccardo Illy, ha avviato l’anno scorso un progetto di agricoltura rigenerativa che mira a ricostituire un ecosistema in un’area di 90 ettari nella provincia di Guayas, in Ecuador. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale dell’Ansa.

Il progetto di agricoltura rigenerativa di Domori

NONE (Torino) – Le piante di cacao si esauriscono dunque occorre rianimarle e con esse la terra. E’ per questo che Domori, che produce cioccolato di pregiata qualità, capogruppo del Polo del Gusto di Riccardo Illy, ha avviato l’anno scorso un progetto di agricoltura rigenerativa che si concluderà entro l’anno e i cui risultati sono lusinghieri.

Il progetto mira a ricostituire un ecosistema in un’area di 90 ettari nella provincia di Guayas, in Ecuador, uno dei Paesi dove l’azienda di rifornisce di materia prima.

Qui sono state piantumate 21 mila piante di cacao della varietà Nacional Arriba, 10mila piante autoctone e 1.500 piante da frutta.

L’iniziativa è stata condotta grazie anche alla Unocace, cooperativa che raggruppa molti coltivatori. All’iniziativa di Domori nello specifico lavorano circa 99 famiglie di produttori delle varie province.

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La pasticceria Fabrizio Galla lancia la nuova colazione salata a San Sebastiano da Po

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fabrizio galla
Una delle novità di Fabrizio Galla (immagine concessa)

SAN SEBASTIANO DA PO (Torino) – La pasticceria Fabrizio Galla, punto di riferimento dolce del territorio piemontese, apre le porte a una nuova proposta di colazione salata. Disponibile negli orari di apertura ogni sabato e domenica nella pasticceria di San Sebastiano da Po, l’offerta è pensata per chi ama iniziare o proseguire la giornata con equilibrio e gusto, senza rinunciare alla qualità artigianale che da sempre contraddistingue la firma del Maestro Galla.

“In tanti ci chiedevano qualcosa di salato già dalle prime ore del mattino: volevamo rispondere con la nostra impronta, senza snaturare il linguaggio della pasticceria – spiega il Maestro Fabrizio Galla –. Abbiamo lavorato per mesi sulle basi perché volevamo che ogni boccone raccontasse la stessa cura che mettiamo nei dolci. E’ un’idea nata per ampliare l’esperienza mattutina in pasticceria, offrendo alternative sfiziose e leggere che combinano l’eleganza della sfoglia e delle focaccine artigianali con ingredienti freschi e selezionati”.

Le novità a la carte

Croissant con salmone, avocado e songino

Il grande classico della colazione francese diventa un piccolo piatto gourmet: burroso e fragrante, farcito con salmone affumicato, avocado cremoso con succo di limone e buccia di limoni di Sorrento, si completa con un tocco fresco di songino e mandarino candito.

Focaccina croccante ai semi di girasole e mais con salame di Varzi e olive taggiasche

Un incontro tra rusticità e morbidezza, arricchito dal profumo del salame di Varzi e dalla sapidità elegante delle olive taggiasche, con l’aggiunta di fichi.

Il Toast “Aperto”

Focaccina croccante con semi di girasole e mais, fontina filante, prosciutto cotto e grani di senape: un comfort food dal gusto deciso, servito con la leggerezza di un open sandwich.

Panino sfogliato con prosciutto crudo, burrata e pomodorini confit

La sfoglia fragrante abbraccia la cremosità della burrata e la dolcezza dei pomodorini confit, con la nota sapida del prosciutto crudo e la dolcezza della mela cotta al forno per chiudere il morso in equilibrio.

“Abbiamo ragionato sulle farciture come su piccole ricette: ogni elemento è calibrato per dare armonia e freschezza – racconta Federica Russo, capo laboratorio della pasticceria di San Sebastiano Po –. Non volevamo solo “riempire un cornetto”, ma proporre un vero modo nuovo di vivere la colazione qui da noi”.

Con questa novità, la pasticceria di San Sebastiano da Po conferma la sua vocazione alla ricerca e alla sperimentazione, rinnovando la tradizione con un tocco contemporaneo. La colazione salata è disponibile ogni sabato e domenica, a partire dalle prime ore del mattino, per accogliere chi ama cominciare la giornata o concedersi una merenda pomeridiana con gusto e qualità.

Pasticceria Fabrizio Galla

Via Chivasso 79, San Sebastiano Po (To)

Aperta dal martedì alla domenica, dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.30

info@fabriziogalla

fabriziogalla.it

Gruppo Montenegro inaugura un nuovo stabilimento green per la Bonomelli a Dolzago

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Il logo Bonomelli

Il gruppo bolognese noto per l’amaro ha inaugurato un nuovo stabilimento per la Bonomelli a Dolzago (Lecco) con una superficie di 2.500 mq, 7 linee produttive (di cui 1 nuova), fino a 55 dipendenti, energia proveniente al 100% da fonti rinnovabili. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale dell’Ansa.

Il nuovo stabilimento

BOLOGNA – Montenegro, lo storico gruppo bolognese noto per l’omonimo amaro ma che ha in portafoglio altri brand simboli del made in Italy, ha inaugurato un nuovo stabilimento per la Bonomelli a Dolzago (LC).

Una superficie di 2.500 mq, 7 linee produttive (di cui 1 nuova), fino a 55 dipendenti, energia proveniente al 100% da fonti rinnovabili.

Sono questi i numeri del nuovo sito produttivo del brand di punta della divisione food che comprende oltre alla camomilla, l’Olio Cuore, la Polenta Valsugana, Pizza Catarì, le spezie Cannamela e il The Infrè.

“Tengo personalmente e in modo particolare a questa nuova inaugurazione – dichiara all’Ansa Simonetta Seràgnoli, azionista e presidente di Gruppo Montenegro – non solo perché sono profondamente legata al marchio Bonomelli, ma anche perchè essa apre una nuova fase per Gruppo Montenegro e per il consolidamento dello storico legame di Bonomelli con il territorio”.

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Caffè Trucillo lancia l’Espresso Speaks Italian Gift Box Moka

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Caffè Trucillo

SALERNO – ESPRESSO SPEAKS ITALIAN GIFT BOX MOKA di Caffè Trucillo è la raffinata box contenente il Barattolo Espresso Speaks Italian di Trucillo, storica torrefazione salernitana, con una Moka iconica da 3 tazze.

La gestualità che decora il barattolo Espresso Speaks Italian di Caffè Trucillo è ispirata al “Supplemento al dizionario italiano” del designer Bruno Munari. È una gestualità che non ha bisogno di traduzioni, perché la lingua del caffè è universale. A ogni gesto corrisponde un significato, che supera le barriere linguistiche, perché il caffè unisce.

Il caffè selezionato direttamente in piantagione e poi macinato e confezionato nella torrefazione di Salerno, arriva a casa fresco come appena tostato.

Grazie alla speciale valvola unidirezionale, la confezione impedisce l’ingresso di ossigeno, e permette al tempo stesso la fuoriuscita naturale dei gas sprigionati dal caffè dopo la tostatura. In questo modo, il caffè mantiene intatti i suoi aromi, proseguendo il suo ciclo di vita ottimale. Il packaging è 100% riciclabile ed è pensato anche per una seconda vita: può essere riutilizzato come contenitore per il caffè o trasformato in un piccolo vaso. Un invito al refill o al riutilizzo.

L’eccellenza di Caffè Trucillo è scelta dai migliori locali, dalla Costiera Amalfitana a 40 Paesi nel mondo. Con la Moka il vero rito italiano di preparare un buon caffè è garantito.

La nuova Gift Box Moka, così come l’iconica Gift Box Espresso Speaks Italian saranno in vendita nei migliori negozi di specialità alimentari e su https://shop.trucillo.it/it/.

Campionato italiano roasting 2026: Emanuele Bernabei vince la prima tappa a Milano

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I partecipanti (immagine concessa)

MILANO – Si è svolta a Milano la prima tappa di selezione del Campionato italiano roasting, che ha riunito professionisti del caffè da tutta Italia il 24 e 25 ottobre scorso. Il centro JoinUs di Galdus ha ospitato due giornate dedicate alla tostatura con una prova dove si uniscono precisione tecnica e qualità sensoriale.

Organizzato da SCA Italy e IEG Italian Exhibition Group, il Campionato italiano roasting mette ogni anno alla prova le competenze dei migliori tostatori italiani, dalla valutazione del caffè verde alla definizione del profilo di tostatura, fino all’assaggio finale del caffè tostato.

A Milano, questi i risultati:

• Vincitore di tappa: Emanuele Bernabei
• 2° classificato: Cosimino D’Ambrosio
• 3° classificato: Francesco Masciullo

I tre concorrenti hanno conquistato l’accesso diretto alla finale nazionale al SIGEP di Rimini, in programma a gennaio 2026.

La tappa è stata resa possibile grazie alla collaborazione con DM Italia e al supporto di Esperanto Specialty Coffee come sponsor ufficiale, insieme a Galdus che ha messo a disposizione gli spazi del JoinUs.

“Siamo orgogliosi di sostenere il talento dei torrefattori italiani. L’Italian Roasting Championship rappresenta un’occasione preziosa per celebrare l’eccellenza, la dedizione e la passione che rendono il caffè specialty un’esperienza autentica e unica.” dichiara Marta Garibaldi QGrader di Esperanto Specialty Coffee.

Andrea Lattuada, Events Coordinator di SCA Italy, ha aggiunto: «Un ringraziamento speciale a Galdus e allo Spazio JoinUs per aver ospitato questo nuovo format di gara dedicato al roasting, e a tutti coloro che l’hanno reso possibile: gli sponsor Esperanto Specialty Coffee, DM Italia e il nostro head judge Paolo Scimone. Il loro contributo è stato fondamentale per l’organizzazione della tappa di selezione. I competitor si sono divertiti ed è stata una bella giornata di condivisione oltre che di competizione».

Il viaggio verso le finali di Sigep continua a novembre. La prossima tappa di selezione Roasting sarà a Roma, da Fratelli Milano, il 29 e 30 novembre. Prima, spazio alle altre discipline: le selezioni Nord e Sud di Barista, Latte Art e Brewers Cup si terranno rispettivamente il 5-6-7 novembre presso La San Marco e il 15-16-17 novembre al Salone DeGusto.

 

International Coffee Forum: a Napoli l’evento sulla cultura del chicco, 12-13/11

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Lo stemma di Napoli (foto presa da Pixabay)

Con circa 100 milioni di tazzine bevute ogni giorno in Italia (più di 1150 al secondo), l’International Coffee Forum, in programma al Centro Congressi Federico II, vuol promuovere il caffè come patrimonio culturale italiano e mondiale, valorizzando le eccellenze italiane. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato su AGR.

L’International Coffee Forum di Napoli

NAPOLI – Il 12 e 13 novembre 2025, il Centro Congressi dell’Università Federico II di Napoli in via Partenope diventerà il fulcro della cultura internazionale del caffè con l’International Coffee Forum, l’appuntamento con ingresso gratuito “a numero controllato” che mette insieme tradizione, innovazione, spettacolo e passione.

Con circa 100 milioni di tazzine di caffè bevute ogni giorno in Italia (più di 1150 al secondo), l’International Coffee Forum vuol promuovere il caffè come patrimonio culturale italiano e mondiale, valorizzando le eccellenze italiane, leader indiscusse nel settore. Più che un evento si tratterà di una piattaforma di dialogo e confronto tra protagonisti della filiera: produttori, torrefattori, baristi, ricercatori, artisti e appassionati.

Più di 30 format tra panel, workshop, demo live, degustazioni e tavole rotonde, il FORUM affronterà temi di grande attualità, analizzati dai più svariati punti di vista: innovazione agricola e sostenibilità ambientale, intelligenza artificiale e tecnologie di produzione, marketing esperienziale e nuove frontiere del consumo, ritmo dei mercati globali, economia circolare, benessere e salute, fino al valore culturale e sociale di una tazzina che unisce popoli e generazioni.

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Al Wine Revolution di Sestri Levante arrivano gli straordinari parallelismi fra il vino e il caffè di terroir

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Fratelli Bonacchi

SESTRI LEVANTE– L’ottava edizione di The Wine Revolution, l’evento dedicato al vino di filosofia naturale che torna al Convento dell’Annunziata domenica 26 e lunedì 27 ottobre, non ha come protagonisti solo i vignaioli rivoluzionari che hanno in comune il rispetto, la tutela e la valorizzazione del loro territorio ma anche alcuni farmer che producono caffè con il medesimo approccio rivoluzionario dei vignaioli più appassionati.

Stiamo parlando del caffè di terroir di Sandro e Samuele Bonacchi che grazie a degustazioni, laboratori, masterclass, seminari e performance accompagnano i propri ospiti alla scoperta dei parallelismi fra i due mondi agricoli del vino e del caffè attraverso il racconto della botanica, dei territori, delle tecniche di coltivazione e raccolta dei frutti, dei processi di lavorazione e trasformazione fino alla ricerca del flavore perfetto.

Al centro della filosofia di Fratelli Bonacchi ci sono il Paese, la regione, il produttore, la varietà, l’altitudine, il metodo di lavorazione, il rispetto per i lavoratori e l’ambiente. Tra caffè e vino le fasi della degustazione in fondo sono simili: esame visivo, olfattivo e gustativo ma sono ancora pochi i ristoranti, gli hotel e i locali di somministrazione che presentano carte dei caffè.

E nell’introdurre parole come terroir, bouquet aromatico o cru si crea un collegamento al mondo del vino. Per entrambe le realtà si può parlare di vitigno o varietà (nel caso del caffè), a cui si aggiunge il lavoro di trasformazione fatto dall’uomo: la vinificazione o la tostatura. Il processo di lavorazione resta una parte determinante del risultato in tazzina proprio come lo è per il calice del vino.

La filosofia di riferimento trova ispirazione in alcuni concetti chiave: approccio agricolo ecologico e socialmente responsabile. La mission è migliorare in modo costante la consapevolezza di baristi, ristoratori e consumatori attraverso proposte di caffè “buoni, puliti e giusti”.

Baristi e ristoratori diventano Aromateller, sommelier del caffè, e ne raccontano il flavore, ovvero le percezioni organolettiche di aromi, gusti e corpo. Ecco che l’analisi sensoriale si incrocia con il racconto delle ragioni profonde che hanno portato a ottenere un determinato caffè di cui si conoscono le vere origini.

È proprio l’innovativo progetto Ten, che adotta una cialda in carta da 10 grammi di caffè (il 40% in più di dose classica), a garantire la migliore espressione del terroir in tazza, ovvero una perfetta estrazione per godere al meglio della soluzione espresso. Il metodo brewing, o caffè filtro, è un’altra risorsa assoluta per la ristorazione e incontra un grande favore nell’abbinamento con cibi dolci o salati.

Giorgia Fiasconaro, Leonardo Maggiori e Roberto Moradei sono gli ambassador che guideranno i “rivoluzionari” ospiti che andranno alla scoperta dei parallelismi fra vino e caffè, attraverso racconti e degustazioni di espresso e filtro di terroir.

Italia e Uganda insieme per il nuovo progetto Unido

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Uganda vinci italia russia museveni
La bandiera dell'Uganda

Italia e Uganda cooperano insieme per il nuovo progetto dell’Unido. Questa iniziativa è allineata con il Piano Mattei del governo italiano, la strategia Global Gateway dell’Unione Europea, l’agenda di sviluppo nazionale dell’Uganda e supporta l’integrazione delle imprese ugandesi. Leggiamo di seguito parte dell’articolo di Enrico Casale per Africa&Affari.

Il progetto Unido di Italia e Uganda

MILANO – Uganda e Italia sosterranno un nuovo progetto triennale dell’Unido (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale) mirato a rafforzare la capacità del settore privato ugandese e a potenziare le partnership internazionali.

L’accordo per l’iniziativa, intitolata Strengthening the Private Sector through Capacity Building and International Partnerships in Uganda, è stato firmato martedì a Kampala, al ministero dell’Industria, del Commercio e delle Cooperative.

Il progetto è finanziato dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale italiano, attraverso l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), e sarà implementato da Unido Itpo Italy in collaborazione con Bergs&More.

Questa iniziativa è allineata con il Piano Mattei del governo italiano, la strategia Global Gateway dell’Unione Europea, l’agenda di sviluppo nazionale dell’Uganda e supporta l’integrazione delle imprese ugandesi nell’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA).

L’obiettivo principale è sostenere lo sviluppo delle imprese ugandesi fornendo loro gli strumenti, le competenze e le partnership necessarie per crescere, competere e contribuire allo sviluppo sostenibile del Paese. A tal fine, verrà istituito un centro dedicato al capacity building, in coordinamento con il Ministero locale.

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Il CVA nella pratica: a lezione del metodo rivoluzionario che riscriverà la parola specialty, forse abolendola nel futuro

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Davide Cobelli
Davide Cobelli osserva i chicchi tostati (foto concessa)

MILANO – Nella Scuola Galdus di Milano in via Giovanni Battista Piazzetta 2, Davide Cobelli, AST e primo CVA trainer in Europa, ha svolto il suo ruolo di docente e ambassador di una delle ultime rivoluzioni di SCA, il Coffee Value Assessment (CVA), per Comunicaffè.

In questa esperienza didattica presente all’appello anche una Q Grader già certificata, Antonia Trucillo, terza generazione della torrefazione di famiglia, pronta ad aggiornare le sue già ampie competenze e superare l’esame.

Si torna tra i banchi di scuola in due giornate, per comprendere non soltanto nella teoria (dell’argomento si è parlato a più riprese e attraverso diverse voci qui, qui e qui per iniziare) ma soprattutto nella pratica cosa comporta questo nuovo sistema.

E sì, perché l’assaggio è un’azione innanzitutto, che va allenata, con il palato e tutti gli altri sensi ben calibrati con i panelist e tra le mani il CVA, entrato in vigore, un sistema descritto da Davide Cobelli come in grado di portare il mondo del caffè verso il futuro.

La scienza è la sua colonna portante: la valutazione non è più affidata soltanto all’esperienza del professionista, ma si basa sulle ricerche in analisi sensoriale. Se prima la componente dell’expertise era preponderante quanto soggettiva, ora la base scientifica è il fondamento.

Questo cambio di paradigma, insieme all’altro terremoto che ha visto l’unione di forze tra SCA e CQI appena qualche mese fa, ha fatto sì che dal primo ottobre, i Q grader diventino Q grader evolved, con l’integrazione di un esame per chi è già certificato Q grader.

Altra informazione rilevante: una volta superati i test, al momento non sarà più obbligatorio poi ricalibrarsi periodicamente: SCA non ha previsto controlli per ora. “Una volta Q Grader evolved, Q grader per sempre” afferma Cobelli.

CVA, la rivoluzione? Provare per credere

Ed eccoci a lezione guidati da Davide Cobelli, anche uscendo dai confini caffeicoli, seguendo i principi più ampi dell’analisi sensoriale gastronomica, trasversale tra settori e prodotti.

Primo dato utile per chi vuole iniziare: come si supera l’esame? Basta totalizzare il 70% del passing rate sul test online, per un totale di due tentativi concessi, tutto in lingua inglese (e, nonostante questo apparente primo ostacolo, le richieste sono in aumento).  A questo, si aggiungono anche 3 esami pratici per chi deve conseguire il CVA.

In effetti, rispetto ad una partenza piuttosto burrascosa tra gli addetti ai lavori italiani, giunge la conferma dallo stesso docente: “A due anni dal suo inserimento, l’atteggiamento è migliorato: dallo scetticismo totale si è passati alla curiosità di molti assaggiatori professionisti. “

Nuova regola per chi vuole cimentarsi come Q Grader evolved: su 9 esami, uno scritto e 8 pratici, se si sbaglia oltre le due volte tollerate, non solo si è bocciati, ma si deve ricominciare tutto da capo (al contrario, prima, era possibile ripetere soltanto il test fallito).

L’impressione iniziale è quella di trovarsi davanti ad una vera e propria svolta nel sistema di valutazione per punteggi, per molti versi epocale: in un settore dove infatti la materia prima è cambiata in vent’anni, anche la metodologia per intendere la qualità andava ripensata. Con il CVA si circoscrive l’aspetto soggettivo, con un riequilibrio anche lungo la filiera, dove il consumatore finale ha l’ultima parola sulla piacevolezza della bevanda.

Il cupping form SCA del 2004: standard oggettivo?

Dal 2021, con l’uscita del Coffee Sensory and Cupping Handbook, redatto da scienziati sensorialisti (Dr. Mario R. Fernández-Alduenda e Peter Giuliano), prima edizione che amplia il Coffee Cupper’s Handbook, scritto da Ted R. Lingle e pubblicato nel 1986, finalmente si inizia a parlare un altro linguaggio.

Si ha a che fare con un testo più comprensivo della chimica applicata all’assaggio, si includono anche le nuove evoluzioni del mondo del caffè (ad esempio, per tanti anni SCAA ha inteso lo specialty come l’Arabica lavata, mentre il metodo naturale era considerato spesso meno pregiato e trovava i suoi acquirenti per il consumo interno alle origini. E così anche il cupping form era tarato su questo presupposto. Restavano quindi tagliati fuori tutti gli altri metodi di lavorazione e di sviluppo della materia prima, come i fermentati, che sfuggivano alla griglia di valutazione).

Con il CVA cambia proprio il paradigma e per questo viene da domandarsi: cos’è lo specialty oggi?

Sempre che di specialty si possa ancora parlare nei prossimi anni. Attualmente abbiamo a che fare con un concetto molto più legato ad un discorso di filiera, di storia della produzione. Il vecchio sistema, più “tazzocentrico”, ora dà il giusto rilievo al racconto dietro a ciò che si beve.

Specialty è il caffè che possiede determinate caratteristiche: tracciabilità su origine, lavorazione, varietà, altitudine, terroir, storie da raccontare che ne elevano la percezione valoriale. La farm, i suoi valori, il progetto, l’impatto sociale ed economico, vengono riscoperte: sono attributi estrinseci alla tazza (e si ritrovano nella scheda di valutazione).

Gli attributi sono misurabili andando oltre il gusto in tazza (più personale). E siccome la scienza sensoriale si è evoluta, con strumenti nuovi a disposizione, doveva seguire anche un aggiornamento di protocollo.

Tre modi di valutazione: discriminativo, affettivo e descrittivo

Tre binari su cui si era abituati a muoversi in contemporanea, operazione impossibile da portare avanti senza inficiarne la resa, così come invece avveniva nel cupping form del 2004.

Come si può notare da un rapido confronto, mentre la scala di valutazione dell’attuale CVA parte dall’1, nel precedente cupping form le schede iniziavano dal 6, una base che risultava quasi una forzatura per analizzare il caffè commerciale. Al contrario, appoggiandosi al CVA, si riesce ad includere con criterio tutti i livelli di materia prima.

Altra grande differenza tra i due metodi, l’individualità nel gusto, che è qualcosa che viene contemplata e accettata dal CVA: in effetti, fa notare Davide Cobelli – ricerche scientifiche alla mano – persino i Q grader non sono realmente calibrati.

La qualità non è altro che una definizione astratta, che è frutto di uno standard stabilito, certo, ma da chi? Adesso la definizione di specialty è data come risultato di una serie di attributi che ne afferiscono un valore più elevato: è un insieme che determina un percepito più alto.

Attributi intrinseci (sulla tazza) ed estrinseci (informativi sul prodotto)

Nel CVA si aprono le porte al contesto, all’esperienza, fuori dalla tazza. Pochi attributi descrivono un caffè commerciale e viceversa, tantissimi attributi corrispondono ad un valore più elevato.

Lo specialty quindi non è altro che un caffè o un’esperienza di caffè, riconosciuta per i suoi attributi distintivi, e di conseguenza, con un maggiore valore all’interno del mercato in cui è inserito (definizione dal 2021 di SCA). Non esiste più l’aspetto del punteggio di entry level (per gli specialty fin qui, dagli 80 punti in su).

E così tutto scricchiola.

Il verde era il solo prodotto alimentare che veniva definito come materia prima da un punteggio. Ora viene abolito, perché si trattava di un’analisi soggettiva. Quanti specialty coffee lo erano effettivamente? Il sistema determinato dal CQI non sempre era rispettato (la triangolazione dei Q grader calibrati). Innanzitutto perché anche i Q grader possono essere limitati e influenzati da fattori esterni.

Ne derivava una confusione altissima: milioni di lotti scambiati nei listini, sono stati definiti erroneamente come specialty, quando di certificati, solo nel 2024 dal CQI, erano circa 250. La discrepanza è evidente e segnava una falla nel sistema. Che era squilibrato verso l’acquirente, che stabilisce prezzo e valore (in quel caso legato al punteggio).

Da un’altra ricerca della Cup of excellence del 2021 di Scott Conary (instructor report: ACE – SET VC Results), che ha coinvolto 45 assaggiatori in 15 Paesi nel mondo, 24 sample di caffè spediti ciascuno già tostati, da analizzare in blind test con il protocollo particolare della COE, il risultato è stato impressionante: rispetto a quello registrato nel laboratorio COE, la differenza è stata di 35 punti con gli assaggiatori, a dimostrazione che persino tra i professionisti dell’assaggio non si è così calibrati perfettamente come si pensa.

Le schede del CVA

Tutto inizia con una valutazione fisica, in cui cambia il fatto che non è più sufficiente che ci sia un difetto primario per non essere inserito nella categoria specialty. Il verde, (pur senza punteggio di entrata) viene descritto con i suoi eventuali difetti, l’umidità, la densità, il colore.

Attenzione, si tratta di una fotografia imparziale, non di uno sbarramento.
Si passa alla scheda descrittiva (assaggio sensoriale, strutturato come il cupping precedente sulle caratteristiche del prodotto), poi a quella affettiva (gusto personale sulla piacevolezza che determina soggettivamente un determinato valore) e infine a quella estrinseca (tutte le informazioni attorno al prodotto che ne aumentano o meno il valore).

Importante da sottolineare ancora una volta: la descrittiva e l’affettiva, vengono svolte in due sessioni diverse.

Il form di assaggio, descrittivo.

Attraverso un modulo CATA (“Check-All-That-Apply” “seleziona tutto ciò che è applicabile”), si osservano 9 categorie principali. Le referenze sono aggiornate sul 2017, appoggiandosi ad uno standard scientifico sviluppato dal Sensory lexicon.

Prima i Q grader non usavano come base queste referenze, mentre con il CVA questo passaggio diventa una radiografia di un caffè nelle sue parti percepite, privata dalla connotazione di giudizio.

Di fronte al tavolo degli assaggiatori, diverse caraffe riempite di acqua calda e segnate da una targhetta corrispondente ciascuna ad un caffè differente e dei bicchieri con i rispettivi macinati per poterne in due prime fasi valutarne aroma e fragranza.

Resta importante definire l’obiettivo (il purpose) con cui si assaggia. Si stabilisce quindi l’intensità della fragranza (macinato standard a parte) e dell’aroma (bagnato e infuso in French Press o Batch Brew, non in espresso per garantire un’omogeneità e costanza per più assaggi e assaggiatori) e si procede con la descrizione delle note aromatiche percepite; stessa cosa poi con il Flavor e l’Aftertaste (con l’individuazione in più dei “main tastes” in questo caso, per un massimo di due). Poi si stabilisce l’intensità di acidità, dolcezza e infine la mouthfeel e di che tipo.

Il form affettivo, stavolta applicato su un cupping da 5 tazze per ogni caffè

 

Da uno a nove (non da 1 a 15, cifra volutamente dispari per avere un punto medio, il 5, che rappresenta un’esperienza percepita di qualità come neutrale) si compone una scala edonica che concorre a comporre il punteggio finale (che però ora non è obbligatorio calcolare, perché conta più che altro il valore conferito a ciascun attributo).

È uno strumento tra i più usati comunemente nell’industria alimentare per registrare la piacevolezza verso un prodotto come assaggiatori. Rispetto al gusto personale o ad un determinato mercato ma anche per vari tipi di estrazione: il purpose è fondamentale ed è trainato dall’esigenza, il target di riferimento.

Il concetto dell’impressione di qualità e di multi-persona (essere in grado di impersonare qualcun altro e qualcos’altro in base ai propri obiettivi) guida la compilazione delle schede di questo form e non è sindacabile.

La sola domanda da porsi è: la mia percezione dell’attributo è di qualità positiva o negativa? È l’opinione di un assaggiatore di distintività e desirabilità. Questa è una delle differenze principali tra la figura precedente del Q Grader e dell’attuale Q Grader Evolved.

In fondo, una parte dedicata a delle postille discriminatorie che abbassano il punteggio eventualmente: i difetti possono essere qui evidenziati. C’è la categoria disuniformità (2 punti di penalità, per qualcosa di diverso rispetto al lotto preso in considerazione) e difetto (anche 4 punti di penalità, per qualcosa ritenuto sgradevole per la comunità caffeicola) (cambiamento, inserita la voce “potato” e eliminato il “fermented”).

Il punteggio in questa scheda può essere segnato, ma manca lo spazio fisico per segnare il conteggio totale (che ormai non è il fine da cui in precedenza addirittura si partiva).

Se proprio si volesse fare il calcolo, spiega Cobelli, nel fondo della scheda c’è indicato il link al sito per misurarlo matematicamente. “Il 100 oggi esiste – svela Cobelli- ma lo score finale ora ha un valore diverso: se prima si è notato che tutti i cosiddetti specialty erano inclusi tra 82 e 87, adesso si è voluto allungare questo range.” Questa quindi, è una scheda usabile per valutare il caffè non solo specialty e non solo Arabica.

Il repetition coffee, la prova del nove

A sorpresa (soprattutto per i non esperti), durante il blind test, spesso è possibile che il trainer inserisca lo stesso caffè per verificare una certa costanza e una coerenza nell’assaggio, fattori che nel descriptive sono importanti, nell’affective sono gli unici che contano: quando si valuta la piacevolezza sul piano soggettivo, almeno si deve essere allineati con il gusto personale.

L’impressione della qualità soggettiva come misurazione e riflette le preferenze dell’assaggiatore o di quelle riconosciute in un market specifico.

Gran finale, la scheda estrinseca.

Memorizza i dati rispetto al caffè che includono l’identità (geografia, chi è il farmer, altitudine, varietà, certificazioni, riconoscimenti). Divisa in 4 categorie principali: farming, trading, processing e certifications. Obiettivo: fornire maggiori informazioni possibile lungo la filiera, per aumentare il valore del caffè messo sul mercato.

Ultima questione posta dalla Q Grader Antonia Trucillo: ma i futuri price list nei quali è ancora indicato lo score cambieranno?

Probabilmente.

In un futuro in cui, tutti d’accordo a conclusione delle due giornate di corso, la parola specialty sarà sempre più abbandonata, come per altro già avviene in Paesi come l’Australia dove questa bevanda è normalità da parecchio tempo, il punteggio un concetto più che superato.

Certo resta la sfida per le aziende e i professionisti, di modificare il loro approccio alla valutazione della qualità e, soprattutto, di riuscire a comunicare con dei mercati che tutt’oggi richiedono il punteggio per stabilire il prezzo e cosa acquistare.

Qua le schede delle tariffe e delle modalità stabilite per i corsi erogati da SCA Education: ciascun studente registrato paga all’Associazione una quota di iscrizione e, per ogni iscritto, sarà il formatore a pagare a SCA una commissione per lo svolgimento didattico.

Entrambe le commissioni sono calcolate in base al luogo di residenza dello studente (ovvero il Paese di fatturazione dello studente, come registrato nel sistema SCA).

A questo link, è possibile cercare e individuare i prossimi corsi CVA, tra cui quelli tenuti presso l’academy di Davide Cobelli ai quali è possibile partecipare. Per chiedere informazioni relativi ai prossimi appuntamenti formativi sul CVA, qui.

Ceado racconta la sua HostMilano 2025 nello stand aziendale fatto di scambi

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Ceado

MILANO- Si è chiusa la 44ª edizione di HostMilano, la fiera internazionale dell’ospitalità professionale che ha nuovamente confermato il suo ruolo di riferimento per il mondo del caffè e del food service.

Tra i protagonisti di questa edizione, Ceado ha presentato uno stand che ha incarnato appieno la sua nuova visione aziendale

Un concept espositivo che riunisce in un’unica narrazione i mondi delle attrezzature per la caffetteria e il brewing, dei macinacaffè professionali e domestici, e delle attrezzature beverage, sotto un unico posizionamento strategico: Designing Flavor, la gestione del sapore in tutte le sue forme.

Un concetto che rappresenta il punto di partenza e il cuore della filosofia Ceado: progettare tecnologie e innovazioni che nascono dall’intenzione di disegnare il sapore, valorizzando le materie prime e raccontando attraverso le macchine e i macinacaffè la loro storia e autenticità.

Lo stand Ceado, nel padiglione 20, si è sviluppato come un vero e proprio spazio esperienziale: 9 postazioni tematiche dedicate a far scoprire dal vivo il portfolio prodotti dell’azienda veneziana, ognuna pensata per creare un dialogo diretto tra tecnologia, gusto e performance.

Nel corso dei cinque giorni di fiera, Ceado ha ospitato alcuni tra i torrefattori più innovativi e riconosciuti al mondo, trasformando lo stand in un luogo di incontro e sperimentazione.

A inaugurare le sessioni di brewing e degustazione è stato Onyx Coffee Lab, che ha animato la postazione dedicata operando su Modbar in versione espresso e filter, insieme ai macinacaffè E37Z-Barista ed E37Z-Naked, entrambi in una versione custom realizzata a quattro mani con il team americano.

Tra i protagonisti anche Morgan Eckroth, Lance Hedrick e Niki Weegens, che hanno condiviso con il pubblico la loro visione di flavor clarity e precisione estrattiva.

Dalla prospettiva dei produttori, Hacienda la Esmeralda, Finca Lérida e Lamastus Family Estates hanno raccontato l’origine del caffè lavorando alla postazione multipurpose con E6C Chameleon, Life X Touch e Life WAM, utilizzando la macchina Synesso ES1 per proporre i propri caffè in versione espresso o filtro.

Anche 3FE Coffee, torrefazione irlandese e partner di lungo corso di Ceado, ha partecipato a più giornate, testimoniando una collaborazione che si estende anche all’ambito della ricerca e sviluppo prodotto.

Non sono mancati momenti di intensa condivisione con i torrefattori europei: la rumena Meron, con i suoi competition coffees; i greci Taf Coffee, rappresentati da Yannis Taloumis, che ha coinvolto sul banco anche i suoi due figli, simbolo di una passione che attraversa generazioni.

Ampio spazio anche ai protagonisti italiani: Ditta Artigianale, NoWhere Coffee, Aliena, Gear Box Coffee e Spirit of Coffee, che hanno portato allo stand Ceado il fermento e la creatività della scena nazionale dello specialty.

A fare da facilitatori di relazioni e a supporto dei tanti torrefattori che si sono alternati durante la fiera, Cristina Caroli e Alessandro Galtieri di Aroma Specialty Coffee, che hanno contribuito a rendere ogni incontro un’occasione di scambio e crescita condivisa.

Nell’area dedicata al beverage equipment, l’ospite d’eccezione è stato il barman Mattia Coppo

Che ha proposto un originale menù di ricette analcoliche e multivitaminiche, realizzate con frutta, verdura ed erbe aromatiche coltivate per l’occasione nell’orto indoor di Cultifutura.
A completare l’esperienza, gli aperitivi veneziani firmati da Leonardo Cisotto, barman di lungo corso, che hanno interpretato lo spirito dell’ospitalità Ceado in chiave autentica e conviviale, per un’esperienza a tutto tondo tra gusto, benessere e territorio.

“Questa edizione è stata molto importante per l’azienda — dichiara Michele Girardi, CEO e Presidente di Ceado — perché abbiamo presentato i nostri prodotti offrendo una piattaforma di esperienza e dialogo con le torrefazioni e con i migliori e più innovativi professionisti del mondo del caffè e del beverage.

Il tutto all’insegna dello spirito di community che lega la passione di chi opera in questo settore, con lo scopo comune di valorizzare l’eccellenza e costruire scambi, relazioni e condivisioni.”

Per Ceado, questa edizione di HostMilano ha rappresentato molto più di una vetrina commerciale: un laboratorio vivo di idee e persone, dove la tecnologia incontra la sensibilità del gusto e la cultura del caffè diventa un linguaggio condiviso.