giovedì 11 Settembre 2025
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Goglio vince il premio Best Packaging 2025 a Ipack-Ima con Fres-co System+

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La premiazione (immagine concessa)

MILANO – Goglio – realtà di riferimento a livello globale nel settore del packaging flessibile – vince il Best Packaging 2025, il premio promosso dall’Istituto italiano imballaggio che da oltre sessant’anni celebra le eccellenze del packaging italiano. Il riconoscimento è stato conferito in occasione di Ipack-Ima 2025, a conferma dell’impegno del Gruppo nell’innovazione sostenibile e nella digitalizzazione dei processi produttivi.

Goglio riceve il premio Best Packaging 2025

Protagonista è Fres-co System+, la soluzione integrata in grado di mettere in relazione materiali e linee di confezionamento per l’ottimizzazione dei parametri di lavorazione grazie alla piattaforma IIoT Goglio MIND.

Il cuore del sistema è il codice univoco inciso sull’anima della bobina, che consente la tracciabilità completa del laminato e lo mette in comunicazione diretta con la linea di confezionamento. Un’innovazione che migliora l’efficienza dell’intero ciclo produttivo.

Il premio conferma la centralità dell’approccio integrato di Goglio, che collega materiali, macchine e dati per accompagnare i propri clienti verso una produzione più sostenibile, efficiente e digitale.

Un risultato che rafforza ulteriormente la presenza del Gruppo tra i protagonisti dell’edizione di Ipack-Ima 2025, dove Goglio è presente sia con il proprio stand (Pad. 7 – A28) sia all’interno delle Smart Factory (Pad. 7 – C106 e Pad. 1 – C135), con due linee di confezionamento all’avanguardia.

 La scheda sintetica del Gruppo Goglio

Goglio S.p.A è uno dei principali player mondiali nel packaging flessibile. Fondato nel 1850, il Gruppo progetta, sviluppa e realizza sistemi completi per l’imballaggio fornendo laminati flessibili alta barriera, valvole, macchine e servizi avanzati per ogni esigenza di confezionamento, che trovano applicazione in molteplici settori industriali: caffè, alimentare, chimica, cosmetica, detergenza, beverage e pet food.

Il gruppo, che ha un raggio d’azione mondiale, è presente con stabilimenti produttivi in Italia, Olanda, Stati Uniti, Cina e Brasile, e uffici commerciali dislocati in vari paesi europei, in Sud America e nel sud-est asiatico. Ulteriori informazioni sono disponibili qui.

HostMilano sbarca in Arabia Saudita con il progetto Arabia, il 15-17/12 a Horeca Riyadh

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Il logo di Host Milano

DUBAI – Un nuovo mercato in pieno fermento, un’economia che investe miliardi nel turismo e nell’accoglienza, e un’occasione imperdibile per le aziende che vogliono internazionalizzare. Da queste opportunità nasce Host Arabia, momento di networking organizzato da Fiera Milano in partnership con Semark, che porterà il format vincente di HostMilano direttamente a Riyadh, nel cuore della Vision 2030 saudita.

Host Milano in Arabia Saudita

Per ottimizzare le agende di aziende e operatori, l’appuntamento si terrà dal 15 al 17 dicembre 2025 presso il Riyadh Front Exhibition & Conference Center, in concomitanza con la 14.ma edizione di Saudi HORECA Riyadh, la principale fiera dell’hospitality del Paese. Un’alleanza strategica per creare una piattaforma fieristica integrata, capace di attrarre buyer qualificati da tutta l’area del Golfo e offrire alle aziende italiane e internazionali un accesso diretto a uno dei mercati oggi più dinamici al mondo.

I numeri parlano chiaro: il solo mercato della ristorazione in Arabia Saudita è destinato a superare i 600 milioni di euro entro il 2027, con una crescita media del 35% tra il 2025 e il 2032. L’intero comparto food & beverage vale oltre 45 miliardi di dollari, mentre nel settore dell’hospitality sono previsti oltre 800 miliardi di dollari di investimenti, con l’obiettivo di accogliere 150 milioni di turisti nei prossimi anni e creare oltre 320 mila nuove camere d’albergo. Una rivoluzione infrastrutturale e culturale che trasforma la Penisola Arabica in un territorio fertile per chi opera nella ristorazione, nel foodservice e nell’ospitalità professionale.

Host Arabia offrirà visibilità e networking a espositori selezionati nei comparti core di HostMilano: dalla ristorazione al caffè, dalla panificazione al gelato, fino all’arredo, al design e al vending.

Un’occasione concreta per incontrare buyer, distributori, progettisti, chef e operatori locali, in un contesto fieristico che unisce il know-how internazionale di Fiera Milano alla profonda conoscenza del territorio apportata dal partner Semark.

Non una semplice replica, quindi, ma un’estensione strategica del brand Host, capace di valorizzare l’eccellenza del made in Italy e delle migliori tecnologie per il fuori casa nel cuore di una regione in espansione. Host Arabia è già realtà: per scoprirlo in anteprima basta visitare il nuovo sito. E, per le aziende che vogliono guardare al futuro, il momento di agire è adesso.

Blockchain e caffè: dall’Istituto sistemi informativi arriva l’integrazione della Self-Sovereign Identity

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Chicchi di caffè tostato (Image by Couleur from Pixabay)

È in via di sviluppo una piattaforma blockchain per aumentare l’equità, la sostenibilità e la fiducia della filiera del caffè. Grazie a strumenti innovativi come Self-Sovereign Identity e Smart Contract, sarà possibile garantire la tracciabilità del prodotto e assicurare una distribuzione più equa del valore tra produttori e consumatori.

Il progetto è portato avanti dal team di ricerca in Blockchain dell’ Istituto sistemi informativi e networking (ISIN) , in collaborazione con l’azienda Alcomex SA e con il sostegno di Innosuisse. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Supsi.

Il futuro della tecnologia blockchain nel caffè

MILANO –  Che sia gustato al bancone di un bar o con lo sbuffo della moka in sottofondo, il caffè è molto più di una semplice bevanda: è un rituale quotidiano che unisce aromi, culture e tradizioni. Con oltre due miliardi di tazze consumate al giorno, rappresenta anche il risultato di una filiera lunga e complessa, ma ancora poco conosciuta.

L’industria del caffè è infatti tra le più articolate al mondo, con una catena del valore che si estende dalla coltivazione nei paesi tropicali – in America Latina, Africa e Asia – fino alla sua distribuzione e al consumo, concentrati principalmente in Europa e negli Stati Uniti. Uno squilibrio geografico tra poli di produzione e di consumo che genera intrecci commerciali articolati e solleva questioni sul piano etico, ambientale e socio-economico.

In questo contesto, il team di ricerca in Blockchain dell’ Istituto sistemi informativi e networking (ISIN) , in collaborazione con l’azienda Alcomex SA e con il sostegno di Innosuisse , sta sviluppando un sistema blockchain innovativo per il commercio internazionale del caffè.

Il progetto Self Sovereign decentralized architecture applied to International Coffee Trading affronta tre problematiche chiave: la mancanza di fiducia tra gli attori della filiera, dovuta a scarsa trasparenza e cooperazione, l’eccesso di burocrazia e l’assenza di dati chiari e condivisi.

Oggi, la filiera di produzione del caffè è fortemente condizionata dalla presenza di intermediari commerciali, broker che gestiscono le trattative tra esportatori e importatori. Questi, sfruttando un accesso privilegiato alle informazioni, aumentano spesso i propri margini a scapito dei produttori.

“Attraverso le tecnologie Web3, vogliamo fornire informazioni affidabili e creare un ecosistema basato su fiducia, trasparenza e sicurezza tra tutti gli attori della filiera” spiegano Giuliano Gremlich e Tommaso Agnola , ricercatore e collaboratore scientifico ISIN, al portale My Science. “L’obiettivo è favorire connessioni dirette tra produttori e acquirenti, migliorando l’efficienza e promuovendo un sistema più equo e sostenibile”.

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Caffè Letterario Moak alla XXII edizione tra premiazioni e letture dal vivo, 21/06

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Il Caffè Letterario Moak (immagine concessa)

MODICA (Ragusa) – Da oltre vent’anni il Caffè Letterario Moak racconta l’Italia attraverso la scrittura, dando voce a centinaia di autori che hanno saputo trasformare il caffè in racconto, emozione e pretesto narrativo. Nato con l’obiettivo di valorizzare la cultura e il talento letterario, il concorso è diventato negli anni un punto di riferimento nel panorama nazionale, capace di coniugare arte, parola e gusto.

Torna ora uno degli appuntamenti culturali più attesi dell’anno: il Caffè Letterario Moak, giunto alla sua XXII edizione, celebra ancora una volta il connubio tra scrittura e caffè, ingredienti insostituibili per nutrire mente e spirito.

La serata di premiazione si terrà il 21 giugno nella suggestiva cornice della sede di Caffè Moak a Modica, trasformata ancora una volta in un palcoscenico di emozioni, racconti e grandi ospiti.

Ogni anno, il Caffè Letterario Moak rende omaggio a un grande protagonista del panorama letterario, quest’anno la scelta cade su Kafka, le cui opere continuano a ispirare generazioni di lettori e autori. Un tributo visivo che ben rappresenta lo spirito del concorso: un luogo dove la scrittura si fa racconto, simbolo, metamorfosi.

La grafica, filo conduttore di questa edizione, celebra l’autore giocando con la silhouette della sua figura e con l’inconfondibile simbologia dell’insetto, divenuto icona grazie a La metamorfosi. In questa reinterpretazione, l’insetto si fonde con la punta di una penna, creando un’immagine suggestiva che racchiude il potere trasformativo della scrittura.

A condurre l’evento sarà Manola Moslehi, amatissima voce della radiofonia italiana che ha conquistato il pubblico con la sua energia e sensibilità prima come speaker di Radio Italia e successivamente di Radio 105.

Accanto a lei, l’attrice e conduttrice Jane Alexander, presenza elegante e carismatica che
impreziosirà la serata con il suo racconto e la sua passione per l’arte.

La magia sarà completata dall’ospite musicale della serata: Dente, tra i più apprezzati cantautori della scena indie italiana.

Le sue canzoni, poetiche e malinconiche, sapranno regalare un’atmosfera intima e intensa, dove le note si fonderanno con l’aroma del caffè.

Il Caffè Letterario Moak è il concorso nazionale di narrativa che ogni anno premia i racconti inediti che hanno come protagonista il caffè. Una miscela di emozioni, cultura e creatività che coinvolge scrittori emergenti e appassionati da tutta Italia.

Tra premiazioni, letture e musica dal vivo, la serata sarà l’occasione per celebrare la scrittura, il talento e la passione. Il Caffè Moak rinnova così il suo impegno per la promozione culturale, offrendo uno spazio unico dove la parola scritta incontra il piacere del caffè.

Per partecipare bisogna registrarsi e scaricare il biglietto gratuito qui.

Firenze: la storia di Le Vespe Cafè, uno dei primi locali internazionali della città

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Firenze (immagine: Pixabay licensed)

Le Vespe Cafè di Firenze è uno specialty bar canadese aperto nel lontano 2013 aperto da tre socie: Gaia Tilli, Selena Cristo e Ilaria Bardi, due toscane e una canadese. Il menù, articolato in piatti che portano il nome dei principali quartieri di Toronto, parte dalle uova strapazzate: morbide, cremose e leggere. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Giacomo Iacobellis per il portale d’informazione Cibo Today.

Le Vespe Cafè di Firenze

FIRENZE – L’eusocialità è il livello più alto di organizzazione sociale che si realizza per alcune specie animali, a partire da api, vespe e formiche. Il motto “l’unione fa la forza” fatto scienza. È anche un modo per spiegare il principio che sta alla base di una delle caffetterie internazionali più rock’n’roll di Firenze: Le Vespe Cafè, proprio a due passi da Piazza Santa Croce.

Il nome di questo specialty bar canadese aperto nel lontano 2013 è un tributo alla cooperazione tra donne, o meglio tra vespe. Ad aprirlo sono state infatti le tre socie Gaia Tilli, Selena Cristo e Ilaria Bardi, due toscane e una canadese.

“Era il 2013 ed ero appena tornata da un viaggio di sette mesi in Canada, prima per vacanza e poi per lavoro” racconta Gaia Tilli, tra le fondatrici dell’attività, a Cibo Today. “Dopo aver scoperto quel panorama completamente nuovo per quanto riguarda le caffetterie e la ristorazione healthy, ho deciso di riproporre un locale sullo stesso modello anche nella mia Firenze. Venivo da diversi progetti imprenditoriali, ma era la prima volta che mi cimentavo in qualcosa di personale nella ristorazione”.

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DUG Foodtech lancia la prima bevanda al mondo a base di patate non zuccherata per il caffè – DUG Unsweetened Barista

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DUG Foodtech logo

LUND – Mentre sempre più consumatori cercano bevande senza zucchero e rispettose del clima, DUG Foodtech lancia DUG Unsweetened Barista – la prima bevanda al mondo a base di patate non zuccherata, appositamente sviluppata per i baristi. Le più recenti linee guida dietetiche dell’Agenzia Alimentare Svedese sottolineano l’importanza di ridurre l’assunzione di zucchero per prevenire l’obesità e i problemi di salute correlati.

DUG Unsweetened Barista non contiene zuccheri aggiunti ed è ideale per coloro che cercano un’opzione più sana nel loro caffè, per cucinare, nei frullati o semplicemente come bevanda.

“Osserviamo una crescente domanda di bevande a basso contenuto di zuccheri – prodotti che siano sani, gustosi e sostenibili. Con DUG Unsweetened Barista, soddisfiamo la richiesta di alternative senza zucchero che non compromettono il sapore o la qualità. Il nostro DUG Unsweetened Barista non è solo una scelta intelligente dal punto di vista climatico, ma anche perfetta per creare quella cremosa esperienza di caffè senza dolcificanti inutili,” afferma Helene Nielsen, ceo di DUG Foodtech.

DUG Unsweetened Barista sarà presto disponibile nei negozi di tutta Europa, offrendo ai consumatori un modo nuovo, più sano e sostenibile per gustare il loro caffè.

La scheda sintetica di DUG Foodtech

DUG Foodtech dovrebbe essere la scelta naturale per tutti gli attori nella transizione verso alimenti a base vegetale. Il concetto di business dell’azienda è utilizzare i propri metodi brevettati, soluzioni innovative e know-how per sviluppare e vendere prodotti richiesti dal mercato. Sono necessari cambiamenti affinché l’industria alimentare raggiunga i suoi obiettivi climatici prefissati.

L’azienda contribuisce investendo in alimenti a base vegetale con una bassa impronta climatica, materie prime facilmente coltivabili e disponibili, e benefici per la salute del consumatore finale. L’azienda e i suoi partner consolidati nei mercati e canali prioritari forniscono le condizioni per crescere in un mercato globale, valutato 100 miliardi di dollari. L’azione è quotata al Nasdaq First North ed è scambiata con il nome DUG. Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

Il frontman dei Red Hot Chili Peppers, Anthony Kiedis, lancia la lattina di caffè Jolene

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Jolene Coffee Cold Brew (immagine presa dal sito ufficiale)

MILANO – Anthony Kiedis, frontman dei Red Hot Chili Peppers, ha deciso di entrare nel mercato del chicco con il nuovo marchio di caffè in lattina chiamato Jolene, creato in collaborazione con l’attore Shane Powers. Al momento, il marchio offre due prodotti di cold brew in lattina: Jolene Black: Cold Brew e Jolene White: Oat Milk.

Anthony Kiedis presenta il marchio di caffè Jolene

La società Jolene, il cui nome è un mix delle espressioni “cup of Joe” e “lean latte” con un riferimento alla iconica canzone di Dolly Parton, utilizza chicchi provenienti da una cooperativa composta interamente da donne in Perù.

Per promuovere il prodotto, Kiedis e Powers hanno stretto una partnership con Live Nation, che sarà il distributore del prodotto durante festival e eventi.

Oltre ai festival musicali, le lattine di caffè sono disponibili sul sito ufficiale del marchio.

Per maggior informazioni basta cliccare qui.

Latte art: le competizioni Lags in Slovenia e Spagna per la sfida mondiale a HostMilano

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Le battaglie nazionali Lags in Slovenia e Spagna (immagine concessa)

MILANO – Il mondo della latte art si prepara a due eventi straordinari che celebreranno talento, passione e dedizione: le battaglie nazionali del Latte Art Grading System (LAGS) in Slovenia e Spagna, con l’obiettivo di determinare chi rappresenterà la propria nazione al mondiale WLAGS di HOST Milano il 20 ottobre 2025.

Slovenia: maestria e passione a Lubiana

30 maggio 2025 – Kavarna Barcaffe, Kolinska ulica 1, Lubiana

Baristi provenienti da tutto il paese si daranno battaglia nelle quattro categorie del sistema LAGS: verde, rosso, nero e oro. Questi livelli rappresentano la padronanza crescente nell’arte del latte.

• I quattro vincitori (uno per categoria) guadagneranno il diritto di rappresentare la Slovenia al Campionato Mondiale WLAGS a HOST Milano.

• Ogni partecipante porterà la propria creatività e dedizione, cercando di impressionare la giuria con tecniche impeccabili e disegni straordinari.

• Un evento che celebra non solo il talento individuale ma anche la forza della comunità del caffè slovena.

Spagna: Il Grande Show a Gijón

31 maggio 2025 – Hotel abba Playa Gijón

Anche in Spagna, i migliori baristi si sfideranno per il titolo nazionale in tre categorie: verde, rosso e nero.

Ogni categoria rappresenta una fase avanzata della maestria nella latte art.

• I tre vincitori (uno per categoria) voleranno a HOST Milano il 20 ottobre 2025 per portare la bandiera spagnola al Campionato Mondiale WLAGS.

• L’evento riunirà i più talentuosi artisti del latte del paese, in una competizione emozionante e coinvolgente.

Spoiler esclusivo: la Spagna avrà un ruolo da protagonista nel futuro! È stato appena annunciato che il Campionato Mondiale WLAGS 2026 si terrà proprio qui. Una ragione in più per supportare e celebrare i talenti nazionali in questa imperdibile edizione!

Verso HOST Milano: la sfida mondiale

I vincitori delle competizioni nazionali avranno l’onore di rappresentare le proprie nazioni al Mondiale WLAGS a HOST Milano il 20 ottobre 2025. Qui, baristi da tutto il mondo si sfideranno per il titolo di campione mondiale, celebrando l’eccellenza nella latte art.
Non perdete l’occasione di seguire questi incredibili eventi e supportare i vostri baristi preferiti.

Starbucks Reserve Roastery: ecco il dietro le quinte nell’impianto di produzione in Piazza Cordusio

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Starbucks Reserve Roastery
L'impianto produttivo visto dall'alto (foto concessa)

MILANO – Piazza Cordusio, dentro il ventre della Starbucks Reserve Roastery che ormai quasi 7 anni fa ha aperto la via della Sirena di Seattle nella patria dell’espresso, proprio in quella città che ha ispirato il creatore della catena di caffe Howard Schultz a sviluppare uno dei punti di riferimento mondiali quando si parla di questa bevanda. Oggi che si possono contare 46 store in tutta Italia, il cuore pulsante batte ancora all’interno della Roastery, la sola di tutta l’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa).

Ed è qui che si può toccare con mano il ciclo di produzione che rifornisce attraverso una Scolari che tosta circa una tonnellata al giorno (di cui circa 85 kg sono usati internamente): il 90% di caffè, poi va a rifornire i punti sparsi in tutta Europa, in Africa e in Medio Oriente.

Starbucks Reserve Roastery: parte il viaggio alla sua scoperta

Ci spiega Mattia Intorre, guida del tour esplorativo nel centro di produzione – anche se si fa fatica a interpretarlo così, quando tutto attorno ci sono i consumatori finali a fare colazione con lo sguardo addosso – “Qua cuociamo il verde che poi viene portato al centro di distribuzione, il magazzino di Siziano e da lì viene spedito.”

Sei silos per il chicco verde (dentro, 900 chili) che svettano in alto, in bella vista. Altri sei invece (dentro 300 chili di caffè tostato) conservati all’interno di quello scrigno che rende unica la Reserve Roastery milanese e che, raccontano gli operatori, hanno soprannominato “ballerina“, proprio per il suo modo tipico di aprirsi e chiudersi. Sembra uno scrigno, una conchiglia che ogni tanto lascia intravedere al pubblico il suo contenuto, ovvero, le origini stoccate e pronte per essere ritirate.

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Il caffè verde da caricare (foto concessa)

Ogni tre mesi si ruotano le origini

Il tour, a cui è possibile partecipare prenotando a questo link almeno 72 ore prima e per un massimo di 4 persone, è organizzato due volte alla settimana al costo di 90 euro. Soltanto in questa Roastery milanese, è possibile fare questa esperienza tutto l’anno, il martedì e il giovedì, o alle 10 o alle 14.

Nella Starbucks Reserve Roastery si tosta tutti i giorni, salvo intoppi

Vestiti con il camice da lavoro e la rete per capelli, si parte e subito ci si imbatte nei sacchi del verde (da 60, 69 e 70 chili), che vengono etichettati per poterne individuare immediatamente l’origine. Il primo step è quello appunto del crudo, che viene caricato attraverso un sistema di griglie che portano i chicchi dal pavimento, poi tramite il sistema di tubi che attraversano tutto il locale, nei sylos. Tutto è estremamente controllato per evitare contaminazioni della materia prima.

Accorgimenti che sono indispensabili, specialmente se si considera lo stretto contatto con i consumatori, che pasteggiano proprio sopra l’area di carico e tostatura.

Ci spiegano: “A volte può capitare che qualcosa finisca all’interno del caffè, oltre alle piccole pietre presenti spesso nei sacchi. Ma ci sono diversi step di controllo che abbiamo improntato per evitare in assoluto che dentro il pacchetto possano trovarsi corpi estranei.”

Prima un magnete da 25 chili, attira tutto ciò che è metallico, poi il destoner come punto di controllo e pulizia, la griglia viene ripulita ogni due bancali svuotati, infine un’analisi a raggi x individua eventuali irregolarità.

Niente è lasciato al caso: persino tra una tostata e l’altra, gli operatori dispongono un telo per coprire la griglia di caricamento: in questo modo anche se qualcuno si distrae, resta tutto a prova di sicurezza.

Ma, come suggerisce il suo nome, la Starbucks Reserve Roastery è soprattutto…roastery

E così ci si ritrova presto di fronte a sua maestà la Scolari – dalla capacità massima di 120 chili, impiegata però soltanto per cuocerne 60, avendo volutamente ridurre le dimensioni del tamburo -, che ha già settati i vari profili di tostatura per valorizzare al meglio origini e metodi di estrazione.

La Scolari (foto concessa)

Un organismo che ha bisogno dei suoi tempi, così come dice Elisa, la torrefattrice responsabile: “Si parte alle otto-nove del mattino per riscaldare la macchina. Il bruciatore che si trova al piano -1, impiega circa un’ora per raggiungere la temperatura ideale a tostare e superare i 200 gradi interni.”

Alla domanda che probabilmente in tanti si fanno entrando nella Starbucks Reserve Roastery, ovvero “come mai non si sente il profumo di caffè che di solito si sente nelle torrefazioni?”, la risposta arriva prontissima: l’area è stata dotata di un tubo di ottone che raccoglie sia i fumi che la silverskin.

I primi arrivano al piano -1, la seconda al -2 (ancora non è stato possibile impiegarla in iniziative di economia circolare, perché dopo diversi tentativi di collaborazione, nessuna azienda ancora ha proposto delle tempistiche di stoccaggio sostenibili per i volumi prodotti dalla Roastery).

L’interesse ad impiegare materiali di scarto nella Roastery c’è e ci sono già iniziative in corso come quella insieme alla comunità degli apicoltori della Lombardia, Apilombardia, donando i sacchi di caffè verde in tessuto naturale ricavato dalle fibre della pianta di juta, che vengono riciclati per essere utilizzati nel processo di raccolta del miele.

Dopo esser finiti nel post-bruciatore, o bruciafumi, i fumi passano a dei catalizzatori che funzionano con un sistema di filtri, le temperature più elevate si hanno del post-bruciatore/bruciafumi.

Un altro sistema di gestione dei fumi è dedicato a quelli sviluppati a freddo, quindi dai chicchi che raffreddano nella vasca e che vengono risucchiati verso il basso.

Una volta cotto, il caffè viene filtrato ulteriormente dalla macchina spietratrice, poi viene pesato da una bilancia apposita e infine, attraverso il sistema di tubi finisce nel cask, la famosa ballerina che custodisce l’oro nero di Starbucks.

Unica miscela sempre presente, sotto richiesta dello stesso consumatore che apprezza una tazzina in cui possa riconoscere proprio la Starbucks Reserve Roastery, il Milano Blend. Una logica che poi è stata riproposta per tutte le Roastery del mondo, ciascuna con la propria tazzina distintiva e identitaria.

Il passaggio al packaging

Il modello Goglio (foto concessa)

Una fase piuttosto delicata, senza la quale non sarebbe possibile la vendita del prodotto finito.

Intorre spiega bene: “Ci sono due tipi di produzione interna: uno diretto alle Sirene in tutta EMEA e poi quella destinata al consumo interno. I formati che produciamo qui sono ancora una volta due, quello da un chilo (indirizzato al rifornimento professionale degli altri Starbucks) e quello da 250 grammi destinato alla vendita per il consumo domestico. Realizziamo per la maggior parte i pacchi da un chilo, con una media di circa una settimana al mese per quelli da 250 grammi.”

In questo frangente, viene anche specificato che per il cambio tra uno e l’altro è necessario un lavoro di sostituzione di parti del macchinario che dura ben tre ore. Motivo per cui, l’imballaggio si suddivide in giornate dedicate ad uno o all’altro formato.

Il tour prosegue con l’arrivo davanti all’imponente Goglio G14C, anche questa ha un suo nome proprio dato con affetto dagli stessi operatori, Gertrude. Settata una bobina da un chilo, dotata di un eye mark che Intorre segnala subito come fondamentale per comprendere dove esattamente tagliare o stampare sul rotolo. I pacchi vengono chiusi in atmosfera modificata e per ogni bancale è previsto un test di controllo per verificare che tutto funzioni correttamente.

La catena del packaging

Tutto quello che non rientra negli standard, viene scartato, e riutilizzato: un pacchetto sottopeso ad esempio, viene reimmesso nei silos del tostato. Si evitano il più possibile gli sprechi e la compromissione della qualità.

Nota a margine importante: non tutte le Starbucks Reserve Roastery prevedono questo passaggio finale. Ad esempio, quella di New York non si occupa del confezionamento. A Chicago invece, tutto ciò che viene tostato viene usato soltanto per il consumo interno.

La chiusura in bellezza: degustazione

Esplorare il ciclo produttivo della Starbucks Reserve Roastery non poteva che concludersi in un modo: l’assaggio in tazza. In questo caso, servito con il V60, un Etiopia naturale che crea un ultimo momento di convivialità utile per scoprire, insieme a Valentina Pagano, responsabile brand & marketing della Starbucks Reserve Roastery Milano, l’essenza di questo spazio con una superficie di circa 2000 metri quadrati: alla domanda, se la Roastery ha finalmente recuperato l’ingente investimento che ha dovuto sostenere per il suo avvio, la risposta arriva chiara e semplice.

Starbucks Reserve Roastery esiste come cassa di risonanza per tutto il brand statunitense: è un bigliettino da visita che esiste per comunicare la realtà complessa e di alta qualità portata avanti dalla catena e che, in termini di ritorno economico si traduce in un’ottima ricaduta di immagine su tutti gli altri punti vendita in Italia e in Europa.

Starbucks Reserve Roastery è una vetrina che presenta l’immagine autentica del marchio. E questo, è il vero e unico obiettivo che, al di là della sua conversione in numeri di bilancio, è stato più che raggiunto.

Arriva il Passaporto dello specialty coffee italiano: l’idea sia cartacea che sul web

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Il passaporto dello specialty coffee italiano
Valentina Gallo e Mattia Borda Bossana (foto concessa)

TORINO – Due ragazzi che sono stati fulminati sulla via dello specialty: sono Mattia Borda Bossana e Valentina Gallo, lui odontoiatra che si è appassionato a questa bevanda durante la sua permanenza a Madrid, dal 2011 al 2018 a Madrid, lei ingegnere che lo supporta in questa nuova avventura. Mattia Borda Bossana ha dato via ad un nuovo progetto tutto italiano: il Passaporto dello Specialty coffee.

Qualcosa di simile si era già visto con l’italianspecialtycoffeeguide di Leonardo Santetti che però, come spiega Borda Bossana, non è esattamente la stessa cosa del Passaporto specialty coffee italiano:

“La nostra idea non era di fare solo una lista e una mappa, ma di fornire uno strumento di condivisione, di scoperta che potrebbe avvenire durante una vacanza. Il Passaporto dello specialty coffee italiano sarà un punto di riferimento innanzitutto materiale, fisico, che dà la possibilità di accedere anche a qualche sconto o offerta, da parte delle stesse torrefazioni e caffetterie che parteciperanno al progetto.”

E a proposito di questo, ecco com’è strutturato il sito:

Una parte dedicata ai video di varie proposte e differenti estrazioni per i neofiti e una invece che darà spazio alle collaborazioni con i locali che sviluppano ciascuna la propria ricetta.

Altra sezione è quella legata agli eventi, una cassa di risonanza per queste iniziative. Partiranno in seguito diversi workshop con la collaborazione di un formatore SCA di Torino Giuseppe Musiu della Scuola Barista Formato, che esploreranno i vari metodi di estrazione, dal brewing all’analisi sensoriale insieme ad una parte semplificata che porrà il focus sull’aspetto salutistico dello specialty sull’organismo.

Il Passaporto dello specialty italiano si è formato tramite il contatto diretto con alcune caffetterie, ovviamente dopo una selezione di chi condividesse tutti i requisiti di qualità e tracciabilità necessari ad essere considerati specialty.

Borda Bossana racconta: “Siamo arrivati a coinvolgere intorno ad una trentina da Nord a Sud dello Stivale.”

Il Passaporto dello specialty coffee italiano è stato ispirato da un sistema simile, sperimentato da entrambi durante un loro viaggio in Costa Rica.

Ed ecco le regole del gioco: innanzitutto, massima autonomia lasciata alle caffetterie e roastery che aderiscono: ogni visita all’interno dei locali mappati sblocca un timbrino e dopo un tot (da 0 a 10 timbri) il cliente riceve uno sconto, una promozione, un espresso in omaggio a discrezione delle realtà che sono parte del progetto. Ogni caffetteria iscritta avrà una pagina dedicata nel passaporto, con logo, QR code e spazio per i timbri.

Quando una persona completa una pagina sino a riempire il passaporto, può caricare il materiale sul sito e ottenere così qualche tipo di promozione.

I passaporti cartacei saranno in vendita direttamente sul sito e nelle attività aderenti che vorranno averli in stock (attualmente è ancora aperta la pre adesione sino al 15 di giugno per le attività interessate e da quel momento in poi partirà la prima tiratura di stampa. Nella seconda metà di luglio saranno disponibili all’acquisto).

Alla domanda sulla sostenibilità economica del progetto, Mattia parla chiaro” Questa è un’iniziativa nata per passione, non a scopo di lucro. Al massimo per conferire il giusto valore al progetto, chiediamo un contributo simbolico di 50 euro l’anno ai gestori, necessari per coprire le spese vive e dare un senso alla nostra attività”.

Dulcis in fundo, Borda Bossana:”Un grazie particolare va a tre realtà torinesi: Artifact, Dapper Coffee e Santa Romero, che ci hanno supportato nello sviluppo del Passaporto”.