venerdì 16 Maggio 2025
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Altroconsumo: prezzi delle colombe più alti del 20% con una media di 11,96 euro al chilo, uova di Pasqua a +5,4%

MILANO – L’indagine Altroconsumo nei punti vendita fisici e online rivela rincari, forti differenze di prezzo a parità di prodotto e strategie commerciali a volte poco chiare. Rispetto a un anno fa, si alzano i prezzi delle colombe a +20%: ciò significa che al chilo sono aumentate mediamente di 2 euro, passando dai 9,98 euro dello scorso anno agli 11,96 euro di oggi.

Meno vistosi, ma comunque consistenti, gli aumenti delle uova di cioccolato, in media +5,4%, ma con picchi anche del 30%. Il prezzo medio al chilo delle uova di cioccolato è di 56,10 euro, ma si trovano uova che costano anche 131 euro al kg. A parità di marchio, il tipo di cioccolato non fa la differenza: a incidere sul portafoglio sono perlopiù il formato, la sorpresa contenuta e le licenze legate all’utilizzo di testimonial o personaggi di cartoni e serie tv. Leggiamo di seguito l’analisi di Altroconsumo.

Il prezzo dei dolci di Pasqua: numeri alla mano

MILANO – Tra uova di cioccolato e colombe la Pasqua alle porte si preannuncia dolce solo nel gusto. La sorpresa, purtroppo amara, è nel prezzo. Tra rincari a doppia cifra, differenze abissali tra un formato e l’altro, e strategie commerciali (che puntano su personaggi di serie tv e cartoni animati), deliziarsi con i dolci pasquali diventa un piccolo esercizio di equilibrismo tra desiderio e portafoglio.

Altroconsumo ha rilevato i prezzi in trenta punti vendita (dieci shop online e venti negozi fisici tra Milano e Roma) e il verdetto è netto. Più delle uova, quest’anno sono le colombe le maggiori protagoniste dei rincari. I prezzi lievitano – come riporta Altroconsumo – considerevolmente, tanto da far registrare aumenti a doppia cifra. Nel 2024 invece accadeva il contrario, stabili i prezzi delle colombe, mentre ad essere colpite dai rialzi erano state le uova di cioccolato.

Colombe, i prezzi prendono il volo

Cominciamo dai cartellini con il prezzo delle colombe nelle tre diverse tipologie che offre il mercato: classica (con ricetta tradizionale), speciale (con variazioni, come la farcitura con creme, gocce di cioccolato…) e artigianale. Se guardiamo ai dati in percentuale, sono i prezzi delle colombe classiche a prendere il volo: +20% rispetto al 2024. In pratica, al chilo sono aumentate mediamente di 2 euro, passando dai 9,98 euro dello scorso anno agli 11,96 euro di oggi.

Sono prezzi medi, perché se andiamo a vedere nelle pieghe dei risultati dell’indagine, scopriamo che la forchetta è amplissima: una colomba classica la può portare a casa spendendo solo 3,99 euro al kg, ma si può arrivare a 31,90 euro.

Più contenuto, si fa per dire, l’aumento delle colombe speciali, quelle con ingredienti alternativi o formati particolari: +10%, con un prezzo medio di 14,06 euro al kg.

Occhio però alle confezioni: spesso sono più piccole, ma costano quanto quelle delle colombe classiche. Risultato? Il prezzo al chilo si gonfia. È il caso delle colombe Tre Marie: quella tradizionale da 1 kg costa 14 euro, mentre il prezzo di quella al cioccolato e pere (il cui formato è da 880 g) sale a 18 euro al kg.

E le colombe artigianali? Restano un prodotto di nicchia e di lusso: il prezzo medio è 38,40 euro al kg, con picchi fino a 50 euro. Però, almeno, qui i rincari si sono fermati all’1% rispetto allo scorso anno.

Alcuni marchi hanno scelto di alzare l’asticella. Motta, per esempio, ha tolto dal mercato le colombe di fascia economica, sostituendole con varianti firmate dallo chef-testimonial Bruno Barbieri, in vendita tra 13,90 e 16,99 euro.

Infine, attenzione alle promozioni: molte colombe sono già a scaffale con prezzi ribassati, ma spesso si tratta solo di strategie commerciali della catena o di politiche di prezzo del marchio, non di sconti veri e propri. L’affare, come sempre, si farà dopo che sarà passata la festa, quando i negozi avranno bisogno di liberare spazio.

Prezzi al chilo Variazione rispetto al 2024
Prodotto  minimo massimo  media 
Colomba classica  3,99€ 31,90€ 11,96€ 20%
Colomba speciale  5,41€ 31,90€ 14,06€ 10%
Colomba artigianale  20€ 50€ 38,40€ 1%

 

Uova di Pasqua: costano in media 56 euro al kg

Si ferma al 5,4% l’aumento annuo delle uova di Pasqua, lo scorso anno era stato 7,4%. Ma non c’è da gioire dato che i due rincari si cumulano: fatti due conti, le uova sono quindi aumentate del 13,1% in un biennio.

Le percentuali, poi, evidenziano solo le variazioni proporzionali e non quanto effettivamente l’acquisto pesa nelle tasche dei consumatori. Il prezzo medio al chilo delle uova di cioccolato è di 56,10 euro, ma si trovano uova che costano anche 131 euro al kg. E no, non sono uova di Fabergé.

La differenza non la fa tanto il tipo di cioccolato: al latte o fondente, restando alla stessa marca, il prezzo delle uova è quasi lo stesso.  Ciò che più incide è il tipo di sorpresa che si nasconde sotto il guscio di cioccolato e i costi di licenza sostenuti dalle aziende dolciarie per poter usare immagini e gadget ispirati ai personaggi di cartoni animatiserie televisive e simili, che attirano come calamite, soprattutto i più piccoli.

L’uovo può contenere Spider-Man, Masha e Orso, i protagonisti della serie tv “Mare Fuori” o semplici sorpresine senza nome. E i prezzi cambiano parecchio. Un esempio? Il prezzo di Bauli Uovo Latte Bimbo è di 52,67 al kg, mentre quello del Bauli Uovo Latte Animaccord Masha e Orso balza a 73,16 euro al kg (una differenza di oltre 20 euro).

Gli aumenti possono dipendere anche da qualche ritocco nei prezzi di alcuni formati. Per esempio, il leader di mercato Kinder GranSorpresa ha tenuto invariati dallo scorso anno i prezzi delle uova da 220 g e da 320 g, mentre quelle da 150 g hanno subito un aumento importante (+8,3%), passando da 11,99 a 12,99 euro. In pratica quest’ultimo formato costa al chilo il 39% in più rispetto a quello più grande (da 320 g), vale a dire 86,60 euro contro 62,47 euro.

Neppure i discount restano al riparo dai rincari. L’uovo Favorina da 250 g (Lidl) aumenta del 37,6% al kg, mentre quello di Eurospin da 600 g costa il 20% in più rispetto al 2024.

Il consiglio di Altroconsumo è sempre lo stesso: guardare il prezzo al chiloconfrontare i formati e non lasciarsi incantare da personaggi, confezioni speciali e offerte “imperdibili”.

Prezzi al chilo Variazione rispetto al 2024
Prodotto  minimo massimo  media 
Uovo di cioccolato al latte o fondente 8,29€ 131,31€ 56,10€ 5,40%

 

Altroconsumo: i consumatori non intendono spendere più dell’anno scorso

Che i rincari non siano passati inosservati lo confermano le risposte di oltre mille ACmakers, la community di consumatori che partecipa ai test e alle indagini di Altroconsumo. Intervistati all’inizio di aprile, sono più di trecento quelli che prevedono di aumentare il proprio budget per i dolci pasquali. E non sempre per scelta: i prezzi salgono, e per molti adeguarsi è inevitabile.

Tuttavia, la maggior parte del campione ha dichiarato che intende spendere più o meno come l’anno scorso. Quanto? Le cifre parlano chiaro: il tetto di spesa più citato è 20 euro, ma non mancano famiglie che indicano 10 euro come limite, o al contrario si spingono fino a 30 o anche 50 euro complessivi, specie quando si acquistano più prodotti per figli e nipoti. In generale, la spesa oscilla in base al numero di destinatari e alle abitudini familiari, ma la sensazione di dover spendere di più per avere lo stesso è piuttosto diffusa.

Quale sarebbe il prezzo giusto delle uova di Pasqua?

Se si guarda alle singole categorie, per le uova di cioccolato il prezzo giusto a confezione si colloca intorno ai 10 euro, una cifra che molti intervistati indicano come soglia ideale. Il problema, però, è che quella soglia viene ormai spesso superata, soprattutto nei prodotti con sorpresa e delle marche più note. E infatti non pochi consumatori confessano di attendere strategicamente il dopo-Pasqua, per approfittare degli sconti.

E delle colombe?

Per le colombe il prezzo più citato è ancora una volta 10 euro, ma qui la fascia di spesa si amplia: c’è una quota consistente di consumatori disposti a spendere anche oltre i 25 euro, soprattutto se si tratta di prodotti artigianali o acquistati in pasticceria. La scelta, anche in questo caso, è influenzata non solo dal gusto personale, ma dalla percezione di valore: chi sceglie una colomba artigianale lo fa spesso perché sente di pagare di più per una qualità superiore, ingredienti selezionati o una lavorazione più curata. Insommai, ciò che emerge con forza è una crescente attenzione dei consumatori al rapporto qualità-prezzo. Come non essere d’accordo?

Gruppo Franke, produttore anche di macchine per il caffè, investe 80 milioni in Italia nel sito di acciaio inox a Peschiera del Garda

MILANO – Il Gruppo Franke, multinazionale svizzera leader nella produzione di elettrodomestici e sistemi per la cucina, sia domestica che professionale, nota anche per la realizzazione di macchine superautomatiche di caffè di alta qualità ha investito in Italia 80 milioni euro per il sito situato a Peschiera del Garda.

Corrado Mura, hs vice president EMEA di Franke Group, parla dei progetti dell’azienda nel Bel Paese nell’intervista di Paola Gervasio per il portale d’informazione Pambianconews di cui riportiamo di seguito un estratto.

Da 60 anni in Italia, a quanto ammonta oggi il fatturato di Franke in Italia e nel mondo?

“Il Gruppo Franke, con sede ad Aarburg in Svizzera, ha superato nel 2023 i 2,4 miliardi di franchi svizzeri di vendite nette consolidate (circa 2,5 miliardi di euro). Questa performance, in linea con l’andamento positivo registrato negli ultimi anni, riflette l’azione sinergica delle tre divisioni: Franke Home Solutions, Franke Coffee Systems e Franke Foodservice Systems.

In particolare, Franke Home Solutions, dedicata allo sviluppo di soluzioni complete per la cucina domestica, ha raggiunto un fatturato di circa 1 miliardo di franchi svizzeri, confermandosi un pilastro strategico per il Gruppo. Nell’ambito di queste cifre globali, l’Italia riveste un ruolo di primaria importanza grazie alla concentrazione di risorse produttive e competenze tecniche, in primis presso gli stabilimenti di Peschiera del Garda e Sassoferrato, dove si sviluppano processi industriali all’avanguardia e soluzioni ad alto valore aggiunto.

La solidità della domanda interna, unita alla vocazione all’export verso i mercati europei e internazionali, fa dell’Italia uno dei principali poli di ricerca, sviluppo, produzione e distribuzione per Franke Home Solutions. L’azienda prosegue la propria strategia di crescita facendo leva su continui investimenti in innovazione di prodotto, sostenibilità, formazione del personale e nuove soluzioni per la casa, con un’attenzione particolare al benessere quotidiano”.

Avete avviato un piano di investimento di 80 milioni di euro in Italia, che durata ha? E quali sono gli obiettivi?

“Si estende su un orizzonte di circa quattro-cinque anni e interessa principalmente il sito di Peschiera del Garda, ma non solo. Questa iniziativa rientra in una visione di lungo periodo finalizzata ad accrescere la competitività del Gruppo, migliorando l’efficienza operativa, la digitalizzazione dei processi e il livello di sostenibilità ambientale di tutte le attività produttive.

In particolare, gli investimenti comprendono l’adozione di sistemi di automazione avanzati, la formazione specializzata delle maestranze e l’impiego di tecnologie che riducono i consumi e promuovono l’economia circolare, in linea con gli obiettivi globali di responsabilità sociale e tutela delle risorse”.

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Barry Callebaut aumenta la produzione di cioccolato negli Stati Uniti per contrastare il mercato

Barry Callebaut, la multinazionale svizzera del cioccolato, vuole aumentare la produzione negli Stati Uniti. Dopo un semestre in crisi l’azienda tenta di riprendersi per contrastare gli effetti del mercato nord americano. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Efa News.

Il piano di Barry Callebaut per gli Stati Uniti

ZURIGO – Barry Callebaut sta pensando di aumentare la produzione di cioccolato negli Stati Uniti. La mossa andrebbe a contrastare gli effetti del “contesto dirompente” in Nord America e sarebbe un modo, secondo la multinazionale, per “rimanere vicino ai suoi clienti”.

“Abbiamo un impianto che scaleremo a circa 100.000 tonnellate negli Stati Uniti e che ci permetterà di servire meglio i clienti anche negli Stati Uniti”, ha detto agli analisti l’amministratore delegato Peter Feld come riportato da Efa News.

Secondo l’ad, l’azienda di lavorazione del cacao, che fornisce il cioccolato per i gelati Magnum di Unilever e per le barrette KitKat di Nestlé sta raddoppiando gli investimenti nel suo stabilimento di Brantford, in Canada.

Il Nord America, nell’esercizio finanziario 2023-2024 ha rappresentato più di un decimo del volume di vendite globali di Barry Callebaut. “Riteniamo -dice Feld– di esserci lasciati alle spalle il trimestre peggiore”. La dichiarazione non è servita a raffreddare gli animi in Borsa: il titolo, infatti, oggi perde quasi il 6% dopo che l’azienda ha abbassato la sua previsione di volume annuale nell’ambito dell’aggiornamento semestrale.

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Gran Caffé Gambrinus di Napoli: quasi conclusi i lavori di restauro della Sala degli specchi

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I lavori di restauro della Sala degli specchi del Gran Caffè Gambrinus sono quasi giunti alla conclusione. Arturo Sergio e il fratello Antonio, che portano avanti il lavoro avviato dal padre Michele, contano di poter aprire al più presto lo spazio al pubblico. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Mattia Bufi per il quotidiano Il Mattino.

La Sala degli specchi del Gran Caffè Gambrinus

NAPOLI – Il Gambrinus recupera gli antichi spazi e torna alla dimensione originaria del 1890, quando fu ristrutturato dopo la fondazione avvenuta trent’anni prima. Sono ancora in corso, ma volgono al termine, i lavori di restauro della Sala degli Specchi e di tutta quella parte del locale che dà su via Chiaia, dove negli anni scorsi hanno avuto sede prima gli uffici di un istituto bancario e poi negozi di abbigliamento.

Arturo Sergio e il fratello Antonio, che portano avanti il lavoro avviato dal padre Michele intorno alla metà degli anni 70, contano di poter aprire al più presto alla clientela il nuovo spazio per il quale hanno già ideato un utilizzo dedicato prevalentemente agli incontri artistici e culturali che al Gambrinus rappresentano ormai una prestigiosa tradizione.

“Mio padre ha sempre sognato di restituire a questi luoghi lo splendore che ebbero a cavallo tra l’ottocento e il secolo scorso – dice Arturo Sergio come riportato da Il Mattino. Il fascismo ne aveva segnato una brusca frenata, chiudendo il locale perché ritenuto un luogo di incontro di oppositori del regime e quando la mia famiglia ha cominciato l’avventura della gestione era un bar di dimensioni assai ridotte rispetto a quelle di cui oggi possono godere i napoletani e i turisti”.

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Firenze: al festival CiokoFlò svelato il David creato con 800 chili di cioccolato fondente

Durante l’inaugurazione della prima edizione di CiokoFlò, il festival del cioccolato artigianale di Firenze, è stata svelata la statua del David di Michelangelo in versione fondente creata dal maestro Mirco della Vecchia. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata su Firenze Today.

Il festival CiokoFlò di Firenze e il David di cioccolato

FIRENZE – Giovedì 10 aprile  è stata inaugurata la prima edizione di CiokoFlò, il festival del cioccolato artigianale che si è concluso il 13 aprile 2025 in Piazza Santa Croce. Durante la mattinata è stata svelata anche la statua in cioccolato del David di Michelangelo, un’opera di oltre due metri creata dal maestro cioccolatiere Mirco della Vecchia.

“Una bella iniziativa per la promozione delle eccellenze delle cioccolaterie italiane – dice l’assessore allo Sviluppo economico Jacopo Vicini come riportato su Firenze Today – animerà per tre giorni la nostra città, sarà un appuntamento per tante famiglie e per tanti buongustai appassionati del cioccolato e un’occasione per apprezzare l’opera dei maestri cioccolatieri”.

“Ciokoflò sbarca in Piazza Santa Croce a Firenze per una grande manifestazione dedicata al cioccolato artigianale con oltre 60 produttori di cioccolato. Immancabile il cioccolato toscano ma anche produttori provenienti da tutto il territorio nazionale, tra cui i distretti più rappresentativi del cioccolato Torino, Perugia e Modica. Abbiamo deciso di omaggiare uno degli artisti italiani più importanti. Quest’anno ricorrono i 550 anni di Michelangelo – spiega Stefano Pelliciardi, Amministratore SGP Grandi Eventi – e la maxi-scultura presentata oggi riproduce il David di Michelangelo realizzata interamente in cioccolato fondente”.

L’omaggio al David

“Realizzare quest’opera è stato un lavoro complesso, che ha richiesto 160 ore di impegno e l’utilizzo di 800 chili di cioccolato fondente – spiega Mirco della Vecchia, scultore e maestro cioccolatiere, come riportato da Firenze Today – Dal punto di vista estetico, le parti più difficili da realizzare sono state le proporzioni generali, i muscoli e i tratti del viso. Una vera sfida ma che siamo orgogliosi di aver colto, in questo caso non estraiamo un pezzo di marmo dalla montagna ma fondiamo una grande quantità di cioccolato per crearne un blocco e poi si inizia la scultura così come si farebbe sul legno”.

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Il cantante Tommy Cash: “Per la canzone Espresso Macchiato mi sono ispirato a Luciano Pavarotti”

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Tommy Cash, il cantante nato in Estonia, dopo aver conquistato l’Italia con la celebre canzone Espresso Macchiato (ne abbiamo parlato qui), punta a vincere l’Eurovision. Cash spiega che l’ispirazione per il testo è partita da Luciano Pavarotti. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Giordano Brega per il portale d’informazione Affari Italiani.

L’ispirazione dietro Espresso Macchiato

MILANO – “Tony Effe? Ci siamo semplicemente incrociati, abbiamo preso un caffè, tutto qui”, Tommy Cash parla a Affari Italiani del video pubblicato su TikTok assieme al rapper italiano – con in sottofondo ‘Damme ‘na mano’, il brano portato a Sanremo 2025 – che ha fatto sognare i fans dei due cantanti su una possibile collaborazione futura.
Nulla di tutto questo al momento stando alle parole della star di Espresso Macchiato la canzone al vertice della classifica Viral 50 italiana di Spotify e della Top 50 dell’Airplay radiofonico italiano, da settimane in trend su TikTok (macinando milioni di stream).

Tommy Cash è entrato nel cuore degli italiani, ma chi sono i cantanti e le canzoni del nostro Paese nel cuore del 33enne artista nato a Tallin? “Ci sono stati tanti cantanti italiani che mi hanno ispirato, in particolare Luciano Pavarotti“, spiega rispondendo a una domanda di Affaritaliani.it nel corso di una round table nel quartier generale di Sony Music a Milano.

“A lui mi sono ispirato molto anche nella scrittura di Espresso Macchiato, mi immaginavo questa figura che in un certo senso mi ricordava lui”, sottolinea Tommy Cash sempre ad Affari Italiani. “Mi ricorda quando ero un bambino e tutti nella mia famiglia ascoltavamo Pavarotti. Penso che sia davvero una grande figura di riferimento e forse un giorno Thomas (lui, ndr) potrà essere almeno il 5% di quello che era Pavarotti”.

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Latte art: presso l’istituto alberghiero di Orbetello il corso per i cappuccini artistici

ORBETELLO (Grosseto) – Presso l’istituto alberghiero di Orbetello a Grosseto, l’Ip “Del Rosso – Da Verrazzano”, si è svolto il corso di Latte art con la Rete degli alberghieri a Aibm Project. L’evento si è tenuto venerdì 11 aprile e ha visto la partecipazione di dieci studenti della scuola.

Il corso di Latte art

Aibm Project è stata portavoce del progetto con l’Istituto ormai da diversi anni con l’aiuto dei docenti di sala Tommaso Di Maio e Gabriele Borri.

Gli organizzatori affermano, come riportato dal portale d’informazione Il Giunco: “Il tema del corso era la corretta montatura della crema, la manutenzione della macchina e naturalmente la creazione di cappuccini artistici”.

C’è di più: “Gli allievi hanno ricevuto in regalo anche il volume due del Corso per Barman di Luigi Manzo. Per l’occasione firmato dall’autore presente. Un ringraziamento speciale va alla professoressa Luisa Filippini, dirigente scolastico dell’Istituto”.

Luca Montagna, ArtCafé di Parma, torna sul tema etichette del caffè: “Tutti sanno tutto dei commestibili ingeriti, tranne che per questo prodotto. È un grande errore della nostra categoria”

MILANO – Il tema delle etichette sul packaging del caffè è stato sollevato di recente in un episodio di Report. In televisione, su Rai 3, si è visto come, nella maggioranza dei casi al supermercato, i pacchetti di macinato o i sacchetti dei chicchi non portano indicazioni approfondite sul loro contenuto. Questo perché, come è noto, sulla base di un decreto ministeriale del 1973 non esiste un obbligo di legge che porti i torrefattori a specificare dettagli come origine, percentuali, descrizioni aromatiche.

Ci sono tuttavia degli esempi che, al contrario, fanno della trasparenza il loro cavallo di battaglia anche se non spinti dalle norme: ce ne parla Luca Montagna, titolare dell’Art Cafè di Parma.

Etichette complete sì, oppure no? Che cosa ne pensa?

“Sono perfettamente d’accordo con il principio che oggi li consumatore vada informato su cosa sta acquistando e poi bevendo, nel caso specifico del caffè. È innegabile che lungo tutta la storia passata di questa materia prima, non ci siano mai state sulle etichette, le indicazioni di cosa si trovasse all’interno del pacchetto del supermercato, nelle capsule o nelle miscele dei bar. Penso invece che dovrebbe essere un obbligo mettere in chiaro cosa viene messo in vendita, così come per tutti gli altri prodotti commestibili.

Perché nel caffè non si fa?

Una prima spiegazione potrebbe essere collegata al fatto che esistono degli interessi per non fornire troppe indicazioni a riguardo. In secondo luogo credo che molto sia dovuto ad un vuoto storico nella legislazione: oggi c’è bisogno di riempire questo gap normativo.

Attualmente si trovano dei caffè tostati che costano meno di un crudo acquistato all’origine: com’è possibile? Nel vino al contrario ormai nelle etichette sono messe a disposizione tutte le caratteristiche della bevanda: questo stesso paradigma va applicato anche al caffè.

Questo non comporta necessariamente che tutti debbano poi acquistare solo specialty, ma che si facciano degli acquisti consapevoli. Con gli aumenti del caffè ora stiamo vedendo che il consumatore rifiuta a priori i rincari e allo stesso tempo, il barista è il primo a non saper spiegare cosa sta servendo e quindi manca alla base una comunicazione chiara ed efficace, così come la cultura attorno alla bevanda.

Al contrario questo è un passaggio fondamentale per la crescita del settore anche rispetto alle nuove generazioni che prestano maggiore attenzione a ciò che consumano. Parlo di un circolo virtuoso che dovrebbe partire proprio dai torrefattori, senza però attendere l’obbligo di una legge.

All’estero aggiungo, è più facile trovare descrizioni e prodotti corredati da informazioni maggiori nelle caffetterie e questo dovrebbe accadere anche in quella che tutti riconoscono come la patria dell’espresso”.

Montagna: “Ho sempre cavalcato la trasparenza assoluta nelle nostre etichette”

“E la nostra ultima iniziativa lo dimostra: abbiamo realizzato dei cartellini da banco e li abbiamo distribuiti ai nostri clienti, ciascuno con la descrizione delle origini del caffè per tutte le miscele. Dal nostro blend base a quella specialty, dichiariamo al consumatore del bar le origini contenute. Siamo partiti da pochissimo con questa pratica e stiamo già raccogliendo dei buoni riscontri.

Questa è la prova che anche senza scendere troppo nei tecnicismi, è possibile dare spiegazioni chiare ai clienti finali, passando dall’apertura e dalla preparazione dei baristi. Lasciando così il foglietto o la tabella con le indicazioni, il codiddetto bugiardino, a disposizione della lettura, il barista si può occupare del servizio intanto che il consumatore si informa autonomamente. Prossimamente aggiungeremo anche un QrCode per rendere tutto digitalizzato e a portata di smartphone”.

Cosa si trova quindi oggi nella maggior parte delle etichette?

“I dati fiscali, il caffè torrefatto in grani, in macinato, il peso, le modalità di conservazione e il lotto di produzione, la dicitura “data da consumarsi entro il” e chiaramente chi l’ha realizzato. Per il resto ci si deve affidare all’azienda produttrice.

Adesso è incredibile che per il caffè non ci sia la possibilità di analizzare ogni dettaglio: se pensiamo alla diffusione di diverse applicazioni come Yuka, che tramite la semplice scansione di un’etichetta, indica la composizione, provenienza, e molto altro di qualsiasi prodotto, risulta paradossale che non si possano trovare le stesse specifiche per una bevanda che ogni giorno viene così tanto consumata dagli italiani.

Tutti sanno tutto dei commestibili ingeriti, tranne che per il caffè. Questo è un grande errore della nostra categoria, che si accontenta di allinearsi con le disposizioni di legge: oggi non può più bastare. “

Qual è l’etichetta ideale del caffè secondo lei?

“Quella che racconta le origini della miscela. Si potrebbero addirittura rendere note anche le percentuali senza timore, perché sono convinto che alla fine sia il tostatore a rendere unico il blend, attraverso il suo stile di lavoro. Per le etichette? In ogni caso penso che indicare la composizione sia essenziale. E noi lo stiamo facendo per tutti i locali che riforniamo. La curiosità dovrebbe essere quella di andare nei bar concorrenti e iniziare a pretendere le stesse condizioni.”

I torrefattori si stanno orientando verso questa opzione?

“Credo di no. Con l’aumento dei prezzi dell’Arabica e della Robusta, al contrario la tendenza è quella di abbassare ulteriormente la qualità delle miscele. Oggi passa in secondo piano il livello della materia prima offerta. Così si crea un sistema per cui non è il consumatore finale a scegliere che cosa comprare, ma è la torrefazione insieme al broker e al barista.

Che cosa c’è dentro… a chi importa?

Dall’altra dovrebbero agire in maniera più incisiva le associazioni di categoria come la Fipe, o gli organi a protezione del consumatore, per spingere verso etichette più chiare e dettagliate. I Gruppi dei torrefattori? Sono deboli, anche perché ci sono tanti interessi in ballo”.

Antonio Baravalle, Lavazza: “Prezzo del caffè raggiunge il limite: vendite diminuiranno ancora nel 2025”

Antonio Baravalle, amministratore delegato di Lavazza, analizza la situazione riguardante il rincaro del prezzo della tazzina. In particolare, Baravalle si aspetta che le vendite di caffè diminuiranno ancora nel 2025 ma che, in ogni caso, la società non ha ridotto la “forza lavoro e gli sforzi di marketing e ricerca per tagliare i costi” come riportato da Il Sole 24 Ore.

C’è di più: per quanto riguarda i dazi del presidente Donald Trump, l’amministratore delegato ha sottolineato che si dovranno attendere due anni per creare produzione aggiuntiva negli Stati Uniti per la crescita nel mercato a stelle e strisce.

Leggiamo di seguito parte dell’articolo del Sole 24 Ore riportata dal portale Msn.

Antonio Baravalle analizza il prezzo del caffè

MILANO – “Quando vedo tre, quattro sterline per un espresso a Londra, o otto per un cappuccino a New York vedo il limite”, ha detto Antonio Baravalle come riportato da Il Sole 24 Ore . “È come quando vedi la Borsa di New York salire, salire, salire, salire e pensi che prima o poi crollerà”.

I prezzi dei futures sul caffè sono saliti alle stelle dall’inizio dell’anno scorso, con i chicchi di Arabica di qualità superiore che hanno raggiunto il record di 4,39 dollari alla libbra a febbraio.

Ad aprile sono invece crollati sotto i 3,45 dollari, a causa del timore che i dazi di Donald Trump possano frenare la domanda.

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Mercati del caffè in rally, Fitch prevede i futures degli arabica a una media di 340 centesimi per libbra nel corso del 2025

MILANO – Il giorno dopo la messa in pausa dei dazi americani, il dollaro in caduta libera catalizza la ripresa dei mercati del caffè. Venerdì 11 aprile, il contratto per scadenza luglio dell’Ice Arabica ha chiuso a 353,60 centesimi, in ripresa del 3,5% (+12 centesimi) sulla giornata, ma in calo del 2,7% sulla settimana. Il benchmark aveva raggiunto, a metà settimana, i suoi minimi da quasi tre mesi a questa parte.

Evoluzione analoga a Londra, dove luglio guadagna il 3,1% (+$153), ma chiude l’ottava in calo del 2%.

Il momentaneo, parziale allentamento delle tensioni sul fronte tariffario ha favorito il recupero delle quotazioni, che è stato ulteriormente alimentato dal venerdì nero del dollaro.

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