La chiusura dei pubblici esercizi è una vera e propria realtà critica italiana
Dieci anni fa erano un migliaio i bar a Padova e provincia: oggi sono scesi a ottocento, e spesso non arrivano a spegnere la quinta candelina. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Agnese Capoccia per il portale Prima Padova.
I bar a Padova: numeri alla mano
PADOVA – A Padova e provincia i bar non sono mai stati semplici punti di ristoro: per decenni hanno rappresentato luoghi di incontro, di scambio, di piccole comunità quotidiane. Oggi però questo modello è sotto pressione come mai prima.
L’Appe, l’associazione dei pubblici esercizi, osserva che la categoria sta attraversando una crisi profonda, al punto che molti locali devono cambiare pelle se vogliono sopravvivere.
Crisi dei bar a Padova, in dieci anni chiusi 200 locali
I numeri raccontano un fenomeno evidente. Dieci anni fa erano un migliaio, oggi sono scesi a ottocento, e spesso non arrivano a spegnere la quinta candelina. Le ragioni, spiegano dall’associazione, sono molte e intrecciate.
I costi di gestione continuano a crescere, dalle bollette alla formazione del personale, mentre il covid ha modificato gli orari e i flussi delle città, cancellando una fetta importante degli incassi legati alla pausa pranzo.
Anche la reputazione digitale pesa più di quanto molti immaginino: una serie di recensioni negative può cambiare nel giro di poche settimane il destino economico di un locale, incidendo sensibilmente sulla sua redditività.
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Il Caffè Svizzero di Cagliari, locale storico aperto nel 1901, rappresenta uno dei luoghi più evocativi del centro città. Alla base di questo luogo simbolico si trovava il lavoro dell’architetto Dionigi Scano, figura centrale nell’evoluzione dell’architettura sarda tra Ottocento e Novecento.
Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale Unica Radio.
La storia del Caffè Svizzero di Cagliari
CAGLIARI – Il Caffè Svizzero riemergeva come uno dei punti più affascinanti del centro di Cagliari, un locale aperto nel 1901 e capace di raccontare oltre un secolo di storia cittadina. Situato al pianterreno del maestoso Palazzo Accardo, il caffè rappresentava un autentico salotto urbano, frequentato nel tempo da professionisti, artisti, studenti e viaggiatori che cercavano un angolo raffinato in cui fermarsi.
Alla sua riapertura, l’atmosfera originale tornava a respirare grazie alla conservazione degli arredi storici, che includevano lampadari d’epoca, banconi in legno scolpito e dettagli dell’inizio Novecento rimasti intatti nel corso delle generazioni.
La nuova gestione puntava a recuperare la qualità del passato, rendendo il locale un luogo vivo e contemporaneo. L’ambiente interno, curato nei colori e nelle luci, offriva un percorso che univa la memoria architettonica alla comodità moderna.
L’obiettivo principale era restituire ai cittadini uno spazio elegante e identitario, capace di evocare la Cagliari della Belle Époque pur mantenendo una forte apertura verso il presente. Per chi visitava il centro cittadino, il Caffè Svizzero tornava così a rappresentare un punto di riferimento, anche grazie alla sua posizione nel cuore del Largo Carlo Felice.
Alla base di questo luogo simbolico si trovava il lavoro dell’architetto Dionigi Scano, figura centrale nell’evoluzione dell’architettura sarda tra Ottocento e Novecento.
Scano progettava il Palazzo Accardo con uno stile eclettico e armonioso, caratterizzato da linee eleganti, facciate scolpite e un equilibrio architettonico che ancora oggi definisce uno dei tratti più riconoscibili del centro cittadino.
La sua visione si fondava su una profonda attenzione per la storia, accompagnata da una volontà di innovazione che permetteva di coniugare le forme classiche con le esigenze della modernità.
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Tra i lavoratori ricollocati, molti hanno trovato un’occupazione lontano e sono costretti a lunghe trasferte. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Rai News.
Il futuro dei lavoratori Barry Callebaut
VERBANIA INTRA (Verbano-Cusio-Ossola) – Sono ancora una trentina i lavoratori della Barry Callebaut, la fabbrica di cioccolato di Verbania che ha chiuso i battenti a fine giugno, ancora in cassa integrazione. E chi ha trovato lavoro spesso si trova in condizione di difficoltà, con sedi lontane difficili da conciliare, ad esempio, con i turni notturni: sono i dati che emergono dalla risposta all’interpellanza presentata dai consiglieri comunali del Partito Democratico in merito al ricollocamento delle maestranze.
Ancora incerto il destino dei lavoratori rimasti a casa dopo la chiusura dello stabilimento
“Una percentuale importante – spiega una nota dell’opposizione consigliare – il cui destino appare al momento incerto, appeso alla scadenza dei termini dell’ammortizzatore sociale”.
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Il Girevole logo, bar solidale (Immagine: Il Girevole)
Nel cuore di Milano, “Il Girevole” accoglie tutti, offrendo uno spazio di socialità dove chiunque può sentirsi cliente. Alcuni prodotti hanno un contributo simbolico, mentre acqua, tè e caffè restano gratuiti. Leggiamo in seguito alcune parti dell’articolo pubblicato su L’Espresso.
“Girevole” e solidale: il bar nel cuore di Milano che apre le sue porte a tutti. Non per lucro, ma per libertà
MILANO – Cinquanta centesimi. Tanto basta, a volte, per restituire a qualcuno il diritto di sentirsi parte integrante della società. Nel cuore patinato di Milano, in una via semi-nascosta poco distante dal lusso della Galleria Vittorio Emanuele, c’è “Il Girevole”, «un bar sociale, aperto a tutti, ma che si rivolge soprattutto alle persone senza fissa dimora», come spiega Guido Fasano, uno dei volontari dietro il bancone.
Il locale, progetto dell’Associazione San Fedele, era nato nel 2022 con l’idea di mettere a disposizione diversi prodotti alimentari gratuitamente, per soddisfare il desiderio di una vita normale e i bisogni di socialità di chi pensava di non poterne avere. Da circa metà settembre, però, ai clienti del bar – aperto ogni mercoledì e venerdì dalle 18:30 alle 22:30 – è stato chiesto di pagare, con un contributo simbolico, patatine, brioche o cocktail analcolici, mentre acqua, tè e caffè restano gratuiti. Una decisione che può suonare come un paradosso, ma che in realtà vuole essere un’occasione: concedere a chi non ha nulla la possibilità di pagare.
Non per lucro, ma per libertà. «La scelta è data da due motivi. Il primo è quello di dare dignità alla persona che viene: in questo modo, si sente più “cliente”, sfuggendo dall’ottica assistenzialista. L’altra ragione è quella di prevenire abusi da parte di chi potrebbe approfittare del fatto che tutto all’interno del bar è gratis».
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ROMA – Un piatto del proprio menu dedicato alla candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’umanità Unesco. Il gesto collettivo di orgoglio e identità che unirà migliaia di ristoranti italiani e all’estero è la nuova iniziativa che Fipe-Confcommercio – la Federazione italiana pubblici esercizi – ha organizzato per sostenere il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio universale.
Fino al 10 dicembre, in concomitanza con il periodo in cui la commissione Unesco valuterà le candidature 2025 e renderà nota la decisione finale, i ristoratori italiani e i locali aderenti alla rete RIAE (Ristoranti Italiani Autentici all’Estero) proporranno un piatto simbolo della tradizione italiana, accompagnato da un messaggio di sostegno alla candidatura.
“La cucina italiana è molto più di un insieme di ricette: è un modo di vivere, un patrimonio di conoscenze, di gesti e di relazioni che unisce territori, generazioni e persone”, afferma Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe. “In ogni piatto c’è la memoria di chi lo prepara, la storia dei nostri produttori, la biodiversità che ci rende unici al mondo. Con questa iniziativa vogliamo dimostrare che la candidatura all’Unesco non appartiene solo alle istituzioni, ma a tutta la comunità della ristorazione italiana, in patria e nel mondo”.
Un’iniziativa, promossa da Fipe con il sostegno del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e del Ministero della Cultura, che attraverserà le tavole di tutto il mondo per raccontare la cucina italiana come linguaggio universale di cultura, creatività e condivisione, interpretata ogni giorno da migliaia di professionisti che custodiscono e rinnovano le nostre radici gastronomiche.
Dal Nord al Sud, dai piccoli borghi alle grandi città, i ristoranti italiani proporranno piatti dedicati alla candidatura, trasformando il menu in un racconto del territorio e della cultura gastronomica italiana. Lo stesso accadrà all’estero, nei locali della rete RIAE, dove la cucina italiana autentica è da sempre un simbolo di qualità, convivialità e tradizione.
MILANO – Sir Winston Tea presenta la sua nuova collezione in edizione limitata dedicata al mondo di Bridgerton, la serie di Shondaland e Netflix che ha riportato sotto i riflettori l’estetica e il fascino dell’epoca Regency.
Il brand italiano, marchio storico dell’infusione appartenente a Pompadour, firma una linea che unisce tradizione britannica, innovazione aromatica e una cura per i dettagli che richiama l’eleganza dei salotti londinesi.
Una reinterpretazione contemporanea dell’ora del tè
L’azienda propone una selezione di miscele pensate per valorizzare il rito dell’afternoon tea, consolidata tradizione inglese che negli ultimi anni sta riscuotendo crescente interesse anche in Italia.
La limited edition si ispira all’atmosfera raffinata della serie, con l’obiettivo di offrire un’esperienza immersiva a chi desidera ricreare, anche a casa, l’eleganza dei ricevimenti in stile Regency.
Il risultato è una gamma di tè neri e aromatizzati, frutto della competenza e della selezione che da sempre contraddistinguono la produzione Sir Winston Tea.
Le miscele: una selezione che racconta aromi e suggestioni
La linea si sviluppa attraverso quattro proposte che dialogano con l’immaginario di Bridgerton mantenendo al centro l’identità del tè.
La prima miscela introduce un profilo più goloso, grazie all’incontro tra note di cookies, lampone e vaniglia. Il risultato è un tè nero che conserva la sua struttura, arricchito però da una componente morbida e fruttata.
A questa segue una variante più vellutata, in cui caramello e panna offrono un sorso avvolgente, capace di richiamare l’atmosfera calorosa e ricercata dei ricevimenti dell’epoca. Le note dolci si integrano al carattere del tè nero, creando un equilibrio che privilegia rotondità e armonia.
Per chi predilige profili più freschi e dinamici, la collezione propone una miscela che combina il limone con il calore speziato dello zenzero. Qui il tè nero diventa una base versatile che sostiene un aroma più immediato, ideale per un consumo quotidiano.
La selezione si completa con l’English Breakfast, la miscela più tradizionale della linea, pensata per richiamare il gusto pieno e corposo tipico delle mattine britanniche.
Un riferimento diretto alla classicità del tè, senza aromi aggiunti, che mantiene un legame forte con il rituale più autentico dell’afternoon tea.
MILANO – Il Consiglio UE ha adottato il mandato negoziale su una revisione mirata dell’EUDR. L’obiettivo? Rinviare l’attuazione della discussa norma per consentire agli operatori, ai commercianti e alle autorità di prepararsi adeguatamente. Se ne parlerà a Strasburgo in una delle due prossime sessioni plenarie che sono in programma dal 24 al 27 novembre o dal 15 al 18 dicembre.
A seguito delle preoccupazioni degli Stati membri e delle parti interessate riguardo alla preparazione delle imprese e delle amministrazioni, nonché di questioni tecniche legate al nuovo sistema informativo che ha già dato segni di non essere all’altezza, il Consiglio sostiene inoltre la semplificazione mirata del processo di due diligence proposta dalla Commissione.
C’è di più: è stato proposto di introdurre un rinvio uniforme di un anno dell’applicazione del regolamento per tutti gli operatori, fino al 30 dicembre 2026, con un ulteriore margine di sei mesi per gli operatori di micro e piccole dimensioni.
Il periodo di grazia, inizialmente proposto per le imprese grandi e medie, è stato perciò eliminato, optando invece per una estensione della data di applicazione per tutti gli operatori, indipendentemente dalle loro dimensioni.
Perciò, secondo la posizione del Consiglio:
Le disposizioni dell’EUDR si applicherebbero dal 30 dicembre 2026 per gli operatori medi e grandi e dal 30 giugno 2027 per gli operatori piccoli e micro.
L’obbligo e la responsabilità di presentare lo statuto di due diligence richiesta ricadrebbe esclusivamente sugli operatori che immettono per primi il prodotto sul mercato.
Gli operatori e commercianti a valle non dovrebbero più presentare dichiarazioni di due diligence separate, ma solo i primi operatori a valle dovrebbero conservare e trasmettere il numero di riferimento della dichiarazione iniziale
Gli operatori primari micro e piccoli presenterebbero solo una dichiarazione semplificata
Il Consiglio ha perciò incaricato la Commissione europea di effettuare, entro il 30 aprile 2026, una revisione di semplificazione per valutare l’impatto dell’EUDR e il peso amministrativo sugli operatori, in particolare micro e piccoli operatori. Se necessario, la revisione dovrebbe essere accompagnata da una proposta legislativa.
Sulla base di questo mandato e della procedura di urgenza si andrà in plenaria già mercoledì 26 novembre, con l’obiettivo di raggiungere un accordo finaleprima che l’EUDR vigente diventi applicabile il 30 dicembre 2025.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (fonte: Wikimedia Commons - https://audiovisual.ec.europa.eu/en/reportage/P-052484)
MILANO – Con il mandato negoziale approvato dal Consiglio Europeo si prefigura un’ulteriore proroga di un anno e una semplificazione delle norme della legge UE anti-deforestazione (Eudr). Quali sono a questo punto gli scenari? Grazie alla procedura d’urgenza, i tempi saranno notevolmente accelerati. Dobbiamo tenere a mente una serie di date.
La prima è quella di oggi, venerdì 21 novembre, termine ultimo per la presentazione di eventuali emendamenti da parte dei partiti.
Si tratta comunque di un passaggio cruciale, poiché alcuni gruppi politici (in particolare il Ppe, secondo alcuni osservatori) potrebbero decidere di presentare degli emendamenti sulle scadenze o su altri punti.
Si andrà in plenaria mercoledì 26 novembre (12:00–13:00 CET). Due gli esiti possibili:
Il Parlamento approva il testo del Consiglio, senza aggiungere ulteriori emendamenti. In tal caso, la proposta del Consiglio passa e il rinvio, nonché le semplificazioni, sono cosa fatta.
Il Parlamento approva, ma recepisce anche degli emendamenti. A questo punto – come è accaduto l’anno scorso – si dovrebbe procedere a un trilogo (riunione tripartita informale alla quale partecipano i rappresentanti del Parlamento, del Consiglio e della Commissione il cui] obiettivo è cercare rapidamente un accordo su un insieme di emendamenti accettabili per il Parlamento e il Consiglio, che successivamente deve ancora essere approvato da ciascuna delle tre istituzioni conformemente alle rispettive procedure interne, ndr.). In tal caso si tornerebbe poi in plenaria a metà dicembre, per approvare in extremis il nuovo testo.
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Il barista robot di Cofe+ Robot Café in azione a Hostmilano
MILANO – HostMilano si è confermata anche per l’edizione 2025 come la piattaforma internazionale di riferimento per l’intera filiera dell’ospitalità con 2.050 espositori provenienti da 52 Paesi e oltre 700 hosted buyer altamente profilati da tutto il mondo hanno partecipato all’evento.
Tra le nazionalità presenti impossibile non notare la Cina con una presenza di 77 aziende, di cui 34 nel settore del caffè, tè e vending machine.
Da tempo la Cina, che fornisce componenti non soltanto elettronici a tutto il mondo, è diventata sinonimo di tecnologia e innovazione. Non sorprende che un’azienda cinese sia stata la prima al mondo a proporre l’originale caffè robotico Cofe+.
Il Cofe+ Robot Café di Shanghai Hi-Dolphin Robot Technology Company opera 24 ore su 24, può preparare un caffè in 50 secondi ma anche categorie di bevande differenti con 70 gusti.
C’è di più: può produrre stabilmente oltre 1.000 tazze di caffè al giorno e un singolo operatore può gestire fino a 10 macchine senza problemi e con poco sforzo. Le possibilità sembrano davvero infinite: il caffè per ogni estrazione è macinato al momento ed è presente l’opzione della stampa in 3D per immagini e testi sulla crema del cappuccino.
L’intelligenza artificiale a HostMilano
Il costo oscilla tra i 40.000 e i 50.000 dollari a seconda delle diverse soluzioni. È progettato per ogni tipo di scenario: dai parchi, alle stazioni della metro fino ad arrivare alle attrazioni turistiche.
In molti Paesi, come la Nuova Zelanda (ne abbiamo parlato qui), il bar robotico Cofe+ di ultima generazione è già una realtà.
Anche i costi d’uso sono azzerati: basti pensare che, in media, basta soltanto una persona per gestire fino 10 coffee shop automatizzati con soli 30 minuti di manutenzione giornaliera, secondo il costruttore.
Inoltre, il sistema di gestione COFE+ ha un software evoluto che consente l’accesso remoto per manutenzione o altro. Infatti integrandosi con un sistema IoT, si può ottenere l’accesso online completo a statistiche complete in tempo reale su flusso di cassa, ricavi e inventario dei materiali.
E per rimanere in tema intelligenza artificiale, a pochi passi dallo stand Cofe+, la Tailandia ha proposto l’innovativa vending machine self-service robotizzata sotto il marchio Tao Bin.
Sempre nella zona degli espositori asiatici grande enfasi è stata data alla scelta degli ingredienti premium per la creazione delle bevande. Per quanto riguarda i caffè specialty, vengono usati principalmente le miscele Geisha Colombia El Diviso, Mandarin Colombia e Brazil Lao Blend.
Iced Cappuccino preparato dal robot barista Tao Bin
Anche il tè gioca un ruolo decisivo con il matcha Uji, Nishio e Shizuoka. Con oltre 70 bevande disponibili, tra smoothie, protein shake, tè e caffè, sempre Tao Bin offre una grande esperienza di personalizzazione: il cliente può scegliere temperatura, dolcezza, origine dei chicchi di caffè, latte, dolcificare con stevia o miele per creare la propria bevanda preferita.
Oggi Tao Bin è già presente in Tailandia, Hong Kong e Singapore.
Ma la Cina e l’Asia non sono soltanto sinonimo di robotica e intelligenza artificiale. Cafeva, fornitore leader di soluzioni di pulizia ecocompatibili specificamente progettate per le macchine da caffè con oltre 20 anni di esperienza, ne è la prova.
L’azienda con sede a Guangzhou in Cina offre prodotti eco-friendly come le innovative Grinder Cleaning Tablets composte al 90% da mais e completamente biodegradbili, vincitrici del premio 2025 SMART Label destinato ai prodotti più innovativi in mostra a HostMilano2025.
Ma c’era anche Moins Coffee che si occupa dell’industrializzazione di caffè specialty liofilizzato. Semplicemente sciogliendo la confezione in acqua è possibile gustare il proprio caffè premium senza aggiunta di zucchero.
L’azienda gestiste l’intera filiera produttiva a partire dalla coltivazione e fino ad arrivare alla consegna al consumatore finale.
Il brand produce annualmente all’incirca 10.000 tonnellate di chicchi di caffè tostati e 200 milioni di porzioni di caffè liofilizzato con cinque fabbriche attive in Cina con la sede principale a Qingdao.
La qualità rimane una costante in tutto il portfolio di prodotto di Moins Coffee: tutte le ricette, come afferma la stessa azienda, sono controllate meticolosamente da team composto da Q-grader.
La vending machine Tao Bin
La Cina da sempre è stata il simbolo della millenaria cultura del tè. Tuttavia la coltivazione del caffè è diventata con il tempo una realtà sempre più presente.
La regione dello Yunnan produce oltre il 95% del caffè di tutta la Cina grazie alla geografia del territorio: altipiani di 2000 metri, terreno fertile e un clima subtropicale.
Il caffè in Cina è sempre più popolare anche grazie alle nuove generazioni. La domanda di chicchi di alta qualità aumenta di anno in anno del 15%. Ed è proprio da questa necessità che nasce YD Selects, trader di caffè verde situato nel Regno Unito.
In particolare, YD Selects si occupa di specialty coffee. Nelle regioni dello Yunnan, secondo l’azienda, la quota di caffè specialty è salita da poco meno del 10% nel 2020 a oltre il 30% nel 2024. L’obiettivo principale è ovviamente quello di collegare Cina e Europa.
Nicola Mulè è l’autore del romanzo di La mia metà del chicco, presentato alla fabbrica museale del caffè Morettino di Palermo (ne abbiamo parlato qui). Il romanzo narra la storia di Nicola che per anni ha cercato di proteggersi dal dolore causato dalla prematura scomparsa della madre, allontanandone il ricordo. L’inaspettato ritrovamento di alcuni chicchi di caffè nei luoghi più impensati della casa di famiglia dà avvio a un viaggio nei ricordi della sua vita, dall’infanzia fino alle soglie della maturità, per mezzo di un racconto corale delle tradizioni e dei valori che guidano la sua famiglia.
Un viaggio che lo conduce ad elaborare il lutto.
Per saperne di più abbiamo parlato direttamente con l’autore.
Mulè, da quale esigenza è nato questo romanzo?
“Il libro non vuole essere l’ennesima autobiografia autocelebrativa ma è il tentativo di esplorare il mio passato. La storia parte dalla morte di mia madre, un evento da cui mi sono protetto da adolescente nascondendomi. Facevo finta di non sapere cosa fosse accaduto nonostante i segnali della malattia fossero piuttosto evidenti a casa.
Ho eretto quindi un muro protettivo senza lasciar trapelare miei sentimenti. Dopo i 40 anni capisco che era il momento di andare avanti e affrontare il trauma della morte. Soprattutto volevo dare a mia figlia un’immagine caratteriale ed emozionale della nonna. Questo romanzo è, infine, il mio modo per cercare di capire come reagire al meglio ad un lutto e affrontare la realtà”.
Mulè, che sensazione ha avuto quando ha completato la storia del romanzo?
“Sicuramente è stato catartico e ho ritrovato il coraggio di affrontare determinate emozioni. Ora sono un adulto più sereno e in pace. Il giuramento che ho fatto da bambino quando morì mia madre fu non piangere più: così è stato per molto tempo fino a quando ho riacquisito la capacità di provare di nuovo le emozioni.
A chiunque stia cercando di superare un lutto consiglierei di raschiare il fondo del barile: è necessario fare i conti con la realtà e non fuggire. È importante affrontare il dolore per poi uscirne più forti di prima.
Esattamente come un soldato in guerra che perde un arto e la cui vita sarà completamente diversa, bisogna riorganizzarsi e vivere la propria esistenza al meglio nonostante le perdite”.
Nel romanzo il caffè gioca un ruolo importante ai fini della trama. Qual è il suo rapporto personale con l’espresso?
“Ho un legame molto stretto con il chicco. Mia madre mi cantava una ninna nanna da bambino per farmi addormentare che si chiamava “Il chicco di caffè”. La mamma aveva inoltre organizzato una piccola caccia al tesoro facendomi trovare diversi chicchi nascosti in casa”.
Che cos’altro c’è nel suo libro?
“Vorrei precisare che il ricavato delle vendite del libro verrà devoluto all’Associazione Milano Taxi 25 della Zia Caterina che si occupa di dare sostegno ai bambini malati, una realtà importante il cui impegno va sostenuto. È uno spazio di ascolto, un rifugio dove ragazzi, adulti e anziani possono trovare qualcuno disposto a tendere l’orecchio e il cuore.
Vorrei inoltre aggiungere che non mi sarei mai aspettato il successo che ha avuto questo libro. Giro in Italia nelle scuole e nelle Università e da chiunque voglia accogliermi. A volte, nelle giornate più piene, mi sono ritrovato ad affrontare due presentazioni nella stessa mattinata. Nel mio profilo Instagram racconto il viaggio del progetto, le donazioni e le presentazioni. Se potete, seguite il profilo, aderite al progetto, aiutateci a portare un po’ di luce dove serve di più.”
Progetti per il futuro?
“Mi ero ripromesso di smettere dopo questo romanzo ma le regole sono fatte per essere infrante. Per ora non posso rivelare altro”.
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