venerdì 16 Maggio 2025
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Packaging nel caffè: un studio spiega come il colore della confezione faccia la differenza nell’attrarre i consumatori

MILANO – Una nuova ricerca ha dimostrato un aspetti interessante della vendita che riguarda direttamente il caffè. Sì perché il colore e l’estetica del packaging del caffè hanno un ruolo fondamentale nell’attrarre l’attenzione dei consumatori e nel creare precise aspettative sensoriali.

Uno studio pubblicato sul portale Esevier Journal Food Research International e supportato da Coffee Science Foundation, condotto da Fabiana Carvalho, ha esaminato di preciso l’impatto di sedici colori di packaging del caffè, tenendo conto di vari elementi come tonalità e colore, sulle aspettative di consumatori particolarmente esigenti in materia del chicco attraverso un sondaggio online.

Per leggere lo studio completo basta cliccare qui.

Lo studio sul packaging

La ricerca ha perciò valutato le aspettative di 238 partecipanti negli Stati Uniti riguardo all’aroma, al sapore, all’acidità, alla dolcezza, all’amarezza, al corpo, al livello di tostatura e al giudizio complessivo del prodotto.

Sempre in relazione allo studio sono state controllate le associazioni tra i colori e i profili di sapore, nonché concetti affettivi (ad esempio, moderno, sofisticato) e utilitari (biologico, decaffeinato).

Lo studio proposto ha identificato chiare tendenze su come i colori influenzano le aspettative dei consumatori.

I risultati finali della ricerca hanno rivelato che il rosa suscitava aspettative di dolcezza e note di sapore di frutti di bosco o floreali, mentre il marrone era associato all’amarezza, alla tostatura scura, a un aroma intenso e a note di sapore di cacao.

Questi risultati dimostrano il potenziale di utilizzare i colori del packaging in modo strategico per allineare le aspettative sensoriali e concettuali con le caratteristiche del prodotto.

Gli approfondimenti sono particolarmente rilevanti per il settore del caffè di alta qualità che mira a differenziarsi anche grazie al design del packaging, contribuendo sia ai produttori nei Paesi d’origine del chicco, rendendo i loro prodotti più attraenti per i consumatori, sia aiutando  gli importatori di specialty coffee a navigare in un mercato sempre più competitivo.

Nel complesso, i risultati di questo studio suggeriscono che il colore del packaging del caffè influenza fortemente le aspettative sensoriali, edonistiche e concettuali dei consumatori sul prodotto.

Lo studio condotto da Fabiana Carvalho riporta che: “Come implicazione pratica, i caffè di alta qualità dovrebbero essere commercializzati utilizzando design delle etichette con colori che generano aspettative di sapore allineate con il profilo gustativo effettivo del caffè (cioè, note di aroma/sapore intrinseche) e aspettative concettuali coerenti con il tipo di prodotto”.

Il colore può aiutare i consumatori a orientarsi nelle loro scelte affrontando sia gli aspetti affettivi che quelli funzionali del caffè, così come le proprie caratteristiche intrinseche. Questo allineamento può inoltre guidare la selezione del prodotto.

Lo studio supportato da Coffee Science Foundation è stato condotto tramite un sondaggio online in cui sono state mostrate immagini di sacchetti di caffè ai consumatori, perciò i ricercatori hanno concluso che i risultati presenti potrebbero influenzare anche le strategie di comunicazione digitale.

La ricerca condotta da Fabiana Carvalho afferma inoltre che nei negozi online, la rappresentazione virtuale del packaging di un prodotto, spesso, rappresenta il principale punto di contatto con i consumatori durante il processo decisionale. Risulta perciò ancora più importante curare anche l’aspetto dedicato all’e-commerce.

Questo studio ha volutamente mirato i consumatori americani poiché gli Stati Uniti rappresentano un mercato importante per il caffè di alta qualità e offrono utili spunti sulle associazioni culturali tra colori, aspettative sensoriali e significati concettuali.

Mondelez International investe più di 70 milioni di euro nello stabilimento svizzero del cioccolato Toblerone

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Sulla confezione del celebre cioccolato triangolare Toblerone tornerà a sventolare presto la bandierina rossocrociata per sottolineare lo stretto legame con la Confederazione: questo l’annuncio di Mondelez International, la multinazionale a cui fa capo il marchio che ha investito oltre 70 milioni di euro nello stabilimento svizzero del marchio a Berna. Leggiamo di seguito l’articolo pubblicato sul portale d’informazione Rsi.

L’investimento di Mondelez International per Toblerone

BERNA – Il celebre cioccolato a forma di triangolo potrà presto sfoggiare la croce svizzera sulla sua confezione. Lo ha annunciato Mondelez International, la multinazionale che detiene il marchio Toblerone.

Questa decisione – che vuole sottolineare il legame tra il cioccolato triangolare e la Confederazione – giunge dopo le polemiche degli scorsi anni, quando la produzione di parte del Toblerone fu spostata in Slovacchia. A causa di tale trasferimento il Cervino scomparve dalla confezione della celebre barretta di cioccolato: il prodotto non rispettava più le condizioni introdotte nel 2017 per tutelare il marchio “Swiss”.

Per consolidare questo nuovo corso, Mondelez ha annunciato un investimento di 65 milioni di franchi svizzeri (oltre 70 milioni di euro) nello stabilimento bernese. Il sito verrà potenziato con una nuova linea di produzione e l’ampliamento delle strutture dedicate alla lavorazione, diventando così il centro di competenza per Toblerone in Svizzera.

Cioccolato: La Svizzera ne compra sempre di più in Italia, quello scudocrociato piace meno

L’Italia perde interesse per il cioccolato della Svizzera, la quale ne compra sempre di più dal Bel Paese. In confronto all’anno precedente, il volume di dolce svizzero acquistato dall’Italia italiana è diminuito del 17% (nel 2023 era di quasi 5 tonnellate). Considerando l’aumento dei prezzi, la spesa è rimasta però pressoché la stessa: attorno ai 28 milioni di franchi (più di 30 milioni di euro). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale tvsvizzera.it.

Il cioccolato tra Italia e Svizzera

BERNA – L’associazione dei produttori di cioccolato svizzeri Chocosuisse ha diffuso negli scorsi giorni i dati relativi al 2024 del mercato del dolce elvetico per eccellenza.

Ne risulta che, nel complesso, le vendite sono praticamente rimaste stabili al netto di un aumento del prezzo. Quest’ultimo è lievitato principalmente a causa dell’incremento del costo delle materie prime, cacao in primis. E la tendenza non sembra volersi arrestare nel 2025.

Guardando in particolare al commercio di cioccolato svizzero verso Italia, si nota come, a partire dal 2019, si verifichi una diminuzione delle esportazioni. Dopo che nel 2017 si sono sfiorate le 6 tonnellate di cioccolato rossocrociato venduto nel Belpaese, si è passati a poco più di 4 tonnellate nel 2024.

In confronto all’anno precedente, il volume di dolce svizzero acquistato dall’Italia è diminuito del 17% (nel 2023 era di quasi 5 tonnellate). Ma, considerando l’aumento dei prezzi, la spesa è rimasta pressoché la stessa: attorno ai 28 milioni di franchi (più di 30 milioni di euro).

C’è però anche un’altra tendenza in atto. Come conferma Chocosuisse, continua ad aumentare la quantità di cioccolato italiano importato nella Confederazione.

Nel 2024, per la prima volta, questi due valori sono diventati quasi equivalenti: la Svizzera ha cioè esportato 4’113’207 chilogrammi di cioccolato in Italia e ne ha allo stesso tempo importati 4’037’431 chili.

Nel caso dell’Italia, il prodotto ha subito un’oscillazione di prezzo molto minore rispetto alla Svizzera. Si nota quindi come sia proprio la quantità di soldi sborsati dalle svizzere e dagli svizzeri ad aumentare di anno in anno per procacciarsi il cioccolato italiano, quasi raddoppiando in un decennio (21,9 milioni nel 2015 contro i 37,5 nel 2024).

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Perugia: il laboratorio di Luisa Spagnoli, ideatrice del Bacio Perugina, diventa il polo didattico del progetto Città del cioccolato

Lo storico laboratorio di via Alessi a Perugia diventa il polo didattico del progetto Città del cioccolato, iniziativa che prevede la creazione del più grande museo esperienziale dedicato al cacao in Italia (ne abbiamo parlato qui). Il dedalo di stanze nei sotterranei di Palazzo Ansidei sono destinati a diventare un vero hub esperienziale con le statuine di Luisa e Annibale Spagnoli, creatori della prima sede storica della Perugina. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Sofia Coletti per La Nazione.

Il laboratorio di Luisa Spagnoli parte del progetto Città del cioccolato

PERUGIA – La Città del cioccolato che sta nascendo all’ex Mercato Coperto si arricchisce di un preziosissimo tassello che unisce storia, memoria e identità: gli antichi spazi che dal 1907, prima come confetteria e poi cioccolateria, furono la prima sede storica della Perugina, grazie all’intuizione di Luisa e Annibale Spagnoli.

Un intrigante e misterioso dedalo di stanze nei sotterranei di Palazzo Ansidei, in via Alessi, che diventeranno un vero e proprio hub esperienziale connesso alla Città del Cioccolato grazie all’accordo con Luisa Spagnoli Spa che sosterrà gli importanti costi di rifunzionalizzazione e restauro degli spazi, di proprietà della famiglia Ansidei, che li ha concessi in locazione.

LAB sarà il nome del polo didattico, in omaggio a Luisa e Annibale Spagnoli che individuarono nel palazzo Ansidei la base di partenza per la loro grandiosa avventura nel mondo dolciario.

E proprio le statuine di Luisa e Annibale sono state la “sorpresa“ del grande uovo di Pasqua aperto ieri, nella presentazione del progetto, da Nicoletta Spagnoli, Ad e direttore creativo di Luisa Spagnoli Spa, e dalla sindaca Vittoria Ferdinandi. “Sosteniamo con entusiasmo questa importante progettualità – ha detto Nicoletta Spagnoli insieme al figlio Nicola – volta a restituire a cittadini e turisti una memoria storica ricca di valori, alla quale la nostra famiglia è molto legata”.

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Caffè Cagliari, storica torrefazione di Modena, apre al pubblico per la Giornata nazionale del made in Italy, 15/04

MODENA – Nell’ambito delle iniziative per la Giornata nazionale del made in Italy promossa dal Ministero delle Imprese e del made in Italy, Caffè Cagliari aprirà le proprie porte a tutti gli appassionati e curiosi che vogliono conoscere il viaggio del caffè dal chicco alla tazzina.

Caffè Cagliari per la Giornata nazionale del made in Italy

Martedì 15 aprile 2025, dalle 9 alle 14, sarà possibile visitare lo storico stabilimento produttivo modenese, dove viene prodotto il caffè Cagliari che da oltre 115 anni è apprezzato nei bar e nelle case degli italiani.

L’ingresso all’azienda sarà libero e permetterà al pubblico di scoprire come viene lavorato il caffè, dalla tostatura fino al confezionamento. Un racconto appassionante e coinvolgente che ruota attorno ad una realtà storica fatta di tradizione, passione e cultura.

caffè cagliari
Caffè Cagliari per la Giornata internazionale del Made in Italy (immagine concessa)

Per l’occasione i visitatori avranno l’opportunità di partecipare ad un’esperienza sensoriale unica all’interno del Centro di Formazione “Scuola del Caffè Cagliari”, cimentandosi nell’estrazione di un vero espresso italiano. Gli esperti e trainer di caffetteria Caffè Cagliari saranno a disposizione per rispondere a qualsiasi domanda e curiosità sul mondo del caffè.
L’iniziativa è gratuita e non è richiesta la prenotazione.

Info Caffè Cagliari open day: scopri il caffè di Modena dal 1909

Martedì 15 Aprile 2025 / Dalle 09:00 alle 14:00 Via Umberto Giordano 127, Modena

Per informazioni Tel: 059 367 811 – Email: info@caffecagliari.it

La scheda sintetica dell’azienda

La storia dell’azienda inizia nel 1909 quando Ambrogio Cagliari, di ritorno dal Brasile, inaugura a Modena la prima bottega per la tostatura e la degustazione del caffè. Da quel momento inizia una lunga storia di imprenditoria italiana e di passione per il caffè, che attraversa i continenti e prosegue per quattro generazioni di famiglia.

Una lunga tradizione premiata dall’iscrizione di Caffè Cagliari nel registro dei Marchi storici di Interesse Nazionale, creato dal Ministero dello Sviluppo Economico per tutelare la proprietà industriale delle aziende storiche italiane e celebrare le eccellenze del Bel Paese.

Firenze: anche un’ora di fila per l’affogato al caffè della gelateria Vivoli, un successo grazie a post virali

La gelateria Vivoli di Firenze (ne avevamo parlato in dettaglio qui nel 2023) ha accolto negli ultimi due anni innumerevoli turisti americani attirati per l’affogato al caffè reso celebre da un post virale del fotografo e regista Sam Youkilis del 2023. La gelateria ha inaugurato un nuovo locale lunedì 7 aprile dedicato esclusivamente alla gran crema al caffè e subito è stato preso d’assalto dai turisti. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata sul Corriere della Sera e riportata dal portale d’informazione msn.

L’affogato al caffè della gelateria Vivoli di Firenze

FIRENZE – Tutti pazzi per l’affogato al caffè della gelateria Vivoli. Talmente pazzi, che la coda dura quasi un’ora. Inizia in via Isola delle Stinche, all’ingresso del locale, e si dilunga fino a via Torta. In coda ci sono soltanto turisti stranieri. Vogliono tutti la stessa cosa: la Gran crema al caffè, ovvero un caffè espresso servito in tazza di ceramica con marchio Vivoli, ai cui bordi ci sono quattro strisce gialle di gelato alla crema.

“Amazing”, dice una ragazza americana che lo degusta seduta sul marciapiede di fronte alla chiesa dei Santi Simone e Giuda. Accanto a lei, decine di turisti seduti per terra che fanno la stessa cosa. “L’ho scoperto su TikTok”, racconta entusiasta una turista giapponese in coda. “Io l’ho scoperto su Instagram”, dice un ragazzo americano.

Un’invenzione della storica gelateria Vivoli che risale al 2023, quando l’affogato al caffè fu inserito nel listino accanto ai tradizionali gelati in cono e coppette. Inizialmente non sbancò, finché a Firenze non arrivò il fotografo e regista americano Sam Youkilis, che si occupò della campagna di comunicazione per la sfilata Pucci Resort 2024. Per raccontare la città, aveva catturato in brevi video alcuni flash del luogo: il Duomo, una canoa sull’Arno, le buchette del vino e l’affogato al caffè.

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Venezia: il Gran Caffè Quadri compie 250 anni e presenta la miscela speciale di monorigine arabica dell’Indonesia firmata dalla torrefazione Giamaica di Verona

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Lo storico locale Gran Caffè Quadri di Venezia ha compiuto 250 anni. Per l’occasione, il laboratorio di torrefazione Giamaica Caffè di Verona fondata da Gianni Frasi, che collabora con la famiglia Alajmo di Gran Caffè Quadri, ha creato una miscela speciale in esclusiva, prodotta da monorigine arabica dell’Arcipelago Indonesiano. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo del portale d’informazione Alto Adige.

I 250 anni del Gran Caffè Quadri

VENEZIA – Il Gran Caffè Quadri di Venezia compie 250 anni e la famiglia Alajmo, che ora lo gestisce, si prepara a questo importante appuntamento per onorarne il fondatore Giorgio Quadri che lo aprì il 28 maggio 1775. L’origine del Quadri risale al 1638, quando nasce come Il Rimedio, un locale noto per la vendita di vino Malvasia che si riteneva “rinvigorisse le membra e risvegliasse lo spirito”.

La svolta avviene appunto il 28 maggio 1775, quando Giorgio Quadri e la moglie Naxina, arrivati da Corfù, decidono di investire gli averi di famiglia in un locale che vendesse “l’acqua negra bollente”, il caffè alla turca.

I due acquistano, quindi, l’allora ‘Rimedio’, sotto le Procuratie Vecchie, dando inizio alla storia del locale. Nel 1830 subentrano i fratelli Vaerini che ristrutturano gli interni e aggiungono il ristorante al piano superiore, in quelle che un tempo erano le stanze dei procuratori della Serenissima.

Rilevato nel 2011 dalla Famiglia Alajmo, 7 anni dopo i fratelli Massimiliano e Raffaele fanno loro il motto “ciò che diventa era” del torrefattore veronese Gianni Frasi e con un importante restauro ‘rispolverano’ l’originaria bellezza di questo luogo storico. Dettagli sorprendenti appaiono in ogni angolo, a partire dall’insegna in ottone al tessuto che riveste le pareti del ristorante, al grande specchio all’ingresso e agli specchi nei bagni al lampadario Rezzonico in chiave moderna, al restauro sui decori al piano terra.

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World of Coffee Panama ospiterà la competizione Barista Championship 2026, San Diego accoglierà la gara Latte Art

MILANO – L’Associazione Specialty Coffee (SCA) ha annunciato le sedi delle principali competizioni globali di caffè di per il 2026. Il World of Coffee Panama ospiterà il World Barista Championship 2026, mentre la manifestazione a San Diego accoglierà il  World Latte Art Championship 2026 sulla costa occidentale degli Stati Uniti.

Ospitare il World Barista Championship a Panama City sottolinea la crescita fiorente dell’industria del caffè specialty in America Centrale e posiziona la città come un hub accessibile per produttori, commercianti e professionisti di tutto il mondo.

Il World of Coffee Panama, che si terrà dal 23 al 25 ottobre 2026 presso il Panama Convention Center, segnerà la prima fiera commerciale World of Coffee mai tenuta in America Centrale.

Questo evento storico riflette il profondo legame tra le regioni produttrici di caffè e la comunità globale del caffè specialty.

“Panama è la location ideale per il World Barista Championship, trovandosi nel cuore della regione produttrice di caffè dell’America Latina, casa di alcune delle miscele più premiate al mondo. Vi invitiamo a unirvi a noi per questo evento eccezionale, che non solo metterà in mostra il talento dei migliori baristi del pianeta, ma celebrerà anche i migliori produttori di caffè del mondo”, ha dichiarato Ricardo Koyner McIntyre, presidente della Specialty Coffee Association of Panama.

Sulla scia del recente rebranding da parte della SCA del suo evento di punta in Nord America, lo Specialty Coffee Expo debutterà come World of Coffee San Diego dal 10 al 12 aprile 2026 presso il San Diego Convention Center. La fiera ospiterà il World Latte Art Championship 2026  (WLAC), una competizione che rappresenta il massimo della creatività, abilità e precisione da parte dei baristi. Considerato uno degli spettacoli più affascinanti del mondo del caffè, il WLAC porterà energia e un tocco artistico sul palco dell’evento.

Questo World Barista Championship 2026 segnerà il 26° anno di questa competizione, riunendo campioni di oltre 50 organismi competenti da tutto il mondo per presentare il loro servizio di bevande a base di espresso a una giuria di esperti, evidenziando innovazione, precisione e storytelling.

Il World Latte Art Championship 2026  celebra l’arte e la maestria tecnica dei baristi nella creazione di design intricati con latte e espresso, valutati per qualità visiva, simmetria e originalità. Dalla sua creazione nel 2005, la gara di San Diego segnerà la 20ª edizione di questa competizione.

Questi eventi rappresentano momenti importanti nella continua evoluzione dei Campionati mondiali nel 2026, attirando l’attenzione globale sia sulle comunità emergenti che su quelle affermate del caffè.

San Diego World Coffee Championships

10–12 aprile 2026 al World of Coffee San Diego, San Diego, CA, USA

In evidenza: World Latte Art Championship

Panama City World Coffee Championships

23–25 ottobre 2026 al World of Coffee Panama, Panama City, Panama

In evidenza: World Barista Championship

Le sedi rimanenti dei World Coffee Championships saranno annunciate presto. Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

L’Espresso Martini in spina con il cold brew: l’idea di Luca Di Carmine, fondatore di Moon Ray

ROMA – Luca Di Carmine ha fatto il barman per tantissimi anni, cercando di usare ingredienti di qualità e fare ricerca: un obiettivo ambizioso, in un settore come quello dei cocktail, che spesso segue i trend – così racconta Di Carmine –. Dopo un periodo a Londra, dove l’Espresso Martini era sempre presente, (5-6 litri già pronti per la preparazione, con lo shaker insieme al Kalhua, la vodka, lo zucchero e uno shot di espresso) ha avuto l’intuizione di recuperare questa ricetta classica.

Di Carmine: “Volevo fare un lavoro differente proprio sul caffè. La vodka è inodore e insapore e influenza poco il gusto finale. Così la ricerca si è focalizzata sull’altro ingrediente principale e per questo ho scelto lo specialty coffee: le monorigini hanno dei sentori particolari rispetto all’espresso tipico del bar.

All’estero c’è più curiosità e richiesta di questo prodotto rispetto a quello che ancora viene chiesto in Italia. Sono un visionary drink strategist, e ho voluto puntare sull’Espresso Martini con lo specialty coffe di Cafè 124.”

La produzione avviene attraverso il marchio Moon Ray, azienda produttrice di cocktail alla spina nata nel 2018, che ha superato anche la prova del Covid grazie agli sforzi di Di Carmine, che oggi è qui a raccontare la forza e la visione di un bartender che sa cosa significa proporre qualità e innovazione (senza rinunciare alla praticità): “Sapevo che questa era la mia missione. Facendo sacrifici enormi, sono riuscito a crescere da un laboratorio di 60 metri quadri, ad un’azienda di 400 metri quadri già nel 2023.”

Ma l’Espresso Martini di Luca di Carmine non finisce qui

“Per conferirgli la sua foam caratteristica, ho impiegato diversi mesi di studio. Usare il cold brew deriva dal fatto che l’Espresso Martini si serve freddo: faccio fusti da 20 litri e mi interessava avere uno specialty brew coffee, più allungato che desse una persistenza importante al drink.

Sono produttore con il marchio Moon Ray, di drink alla spina artigianali, dallo Spritz al Gin Tonic, dalle sode alla ginger beer: seguendo molto le mode, ho capito che l’Espresso Martini avrebbe potuto facilmente ritrovare il suo mercato. Dopo aver realizzato la ricetta, l’abbiamo pensata per posizionarla all’interno di quei locali che raggiungono un certo volume di cocktail. Abbiamo un mercato aperto anche in Francia dove c’è stato richiesto, e sarà lanciato a Cannes e a Saint Tropez questa estate.”

Perché questa nuova versione dell’Espresso Martini?

“Preparare live l’Espresso Martini è complicato: è un drink che richiede tempo. Invece erogarlo alla spina, con la stessa identica schiuma, se non addirittura migliore, è l’ideale per il bartender. Il primo locale in cui l’abbiamo sperimentato è stato il The Sanctuary di Roma, un luogo frequentato specialmente da molta clientela estera che ha apprezzato tantissimo sia il cocktail che la sua preparazione.

Con un fusto da 20 litri si possono preparare 133 porzioni da 15 cl servite in coppa, e può durare fino ai sette-otto mesi.”

Quali sono le difficoltà tecniche maggiori affrontate e come le hai risolte?

“La prima cosa su cui abbiamo lavorato è la rotondità del gusto. Vogliamo prodotti buoni, di qualità, con ingredienti premium che portano le persone a ordinarne un secondo o un terzo. Le difficoltà maggiori sono state quelle di ridare la stessa consistenza di quando viene shackerato, ricreando l’effetto schiumoso del drink. È una tecnica che abbiamo messo a punto dopo tanti mesi di prove.

Abbiamo appurato che c’era da risolvere un problema legato al tipo di gas scelto. Il caffè ci aiuta molto, l’Etiopia 124, perché è un sapore che ci ha conquistato fin da subito e si sposa bene con la nostra vodka, la miscela di aromi naturali e lo zucchero.“

È qualcosa di ripetibile nei bar? A che prezzo?

“Assolutamente sì. Il bartender è entusiasta di questa soluzione perché è una novità ma non troppo eccessiva: chi usa oggi lo specialty per preparare un Espresso Martini?

Con il nostro metodo alla spina, riusciamo ad inserire questa materia prima pregiata innanzitutto all’interno di un cocktail, e allo stesso tempo ad ottimizzare i tempi di preparazione e dare qualità negli ingredienti.

La ricetta dell’Espresso Martini nasce a Londra nell’83, chiamata precedentemente “Vodka Espresso” dal suo creatore Dick Bradsell, ma tecnicamente in ogni bar del mondo viene un po’ modificata, perché ciascun bartender rivisita la sua ricetta. Il nostro Espresso Martini invece ha il pregio di restare sempre uguale e la qualità del prodotto viene stabilizzata con una certa consistency.

Dopo sedici anni di lavoro dietro al bancone, ho capito che era fondamentale: i più grandi cocktail bar di oggi hanno un menù molto complicato, come può essere per un ristorante stellato. Quindi chi propone qualità deve prima contare su ore di preparazione anticipata: spesso la maggior parte dei drink nel menù sono già pronti dentro bottiglie da un litro (prebatch) per limitare l’errore durante il servizio vero e proprio.

La nostra azienda dà la possibilità di averne 20 litri di livello premium e questo è un vantaggio innanzitutto per il gestore, perché si risparmia sul personale e sulle tempistiche.
Ci stiamo specializzando su questo e puntiamo ad entrare nei grandi locali.”

La qualità quindi non rischia di deperire durante la produzione e lo stoccaggio

“Quando produciamo il nostro Espresso Martini, acquistiamo il caffè specialty , preparato due giorni prima della spedizione che poi viene lavorato immediatamente una volta arrivato nel nostro laboratorio. In questo modo lo preserviamo: la qualità non è mai messa in discussione, siamo molto sicuri.”

Ma quindi la mixology a base caffè è un trend?

“Nel panorama dei cocktail, in Italia i drink al caffè stanno iniziando a vedersi. Se il nostro Espresso Martini si dimostrerà all’altezza delle nostre aspettative come pensiamo che accadrà, magari penseremo ad altre ricette a base caffè. Per ora abbiamo già molti appuntamenti su Roma, al centro Italia e in Francia. Abbiamo in mente poi di fare un salto a Milano per farlo assaggiare in qualche locale.”

E il tè?

“Ho provato a sperimentarlo come ingrediente circa 14 anni fa, a Londra, durante una gara di cocktail in cui ho creato un drink facendo un’infusione di Earl Gray nel Gin. Ma la realtà è che nel mondo dei drink è già stato inventato di tutto e molti cocktail sono stati codificati a livello internazionale. È entusiasmante visitare locali in cui un barman investe in sviluppo e ricerca e in quel preciso momento crea una ricetta apposita. Ma è qualcosa di estemporaneo.

Ora è difficilissimo che venga codificato un nuovo drink su scala globale. Il tè all’interno di questo discorso, ancora non risulta un ingrediente codificato nei cocktail internazionali. Rimane qualcosa di speciale legato all’evento, al particolare momento. Ma magari è solo questione di tempo.

Ricette tradizionali come l’Espresso Martini, possono soltanto essere riscritte e portate su un livello superiore: nel settore cocktail ormai spesso è una questione di riprendere ricette già rodate, e migliorarle. Il nostro supporto è dato dall’entrare nei locali per capire quali sono i drink più richiesti e aiutare a prepararli più semplicemente.

L’italiano ancora oggi è più settato per il caffè espresso, con la tazzina bollente e la bustina di zucchero. Invece gli stranieri, soprattutto in una città come Roma che è frequentatissima dai turisti, entrano nei locali e ordinano un Espresso Martini.”

Il tasso alcolico zero alla guida è un problema per il consumo di cocktail?

“Tutti i nostri drink sono low-alcol: un drink a 8,5 gradi, con il ghiaccio e aggiungendo del cibo è meno alcolico di un bicchiere di vino bianco che si può aggirare tra i 12-13 e mezzo gradi.”

Mercati del caffè ancora in preda all’incertezza, ecco le previsioni dell’Ico sulla loro possibile evoluzione a breve

MILANO – In una giornata segnata nuovamente da forti e opposti sommovimenti sui mercati finanziari, con Tokyo e le borse europee in rally e Wall Street in profondo rosso, le borse del caffè hanno chiuso ieri, giovedì 10 aprile 2025, con variazioni modeste. A New York, il contratto per scadenza maggio dell’Ice Arabica ha oscillato, ancora una volta, all’interno di un range abbastanza ampio, per chiudere poi con un rialzo contenuto (+115 punti), a 342,85 centesimi.

A Londra, il contratto per scadenza luglio ha conseguito guadagni più consistenti (+2%) terminando a 4.896 dollari.

In un clima di grande incertezza – rispetto alla situazione economica generale, ma anche ai fondamentali specifici – si naviga a vista, in attesa che le nebbie si diradino, almeno un po’, consentendo di avere indicazioni più precise sulle prospettive dei mercati.

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