mercoledì 10 Aprile 2024
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Massimiliano Fabian, Demus SpA e presidente del Consiglio Ico 22/23 al Trieste Coffee Experts: “Ecco le nostre azioni per una filiera più sostenbile”

"Durante la mia presidenza è risaltata l’estrema importanza del dialogo pubblico/privato su tutto ciò che riguarda le normative e l'implementazione delle stesse, con una dinamica fra Paesi Produttori e i Paesi Consumatori non sempre semplice. Prendo, ad esempio, la regolamentazione europea sulla deforestazione che è stato, forse, l'argomento principe (ma ce ne saranno altri quali, ad esempio, la Due Diligence, anche se con aspetti e caratteristiche diverse). L'obiettivo della normativa UE sulla deforestazione è assolutamente condivisibile e ci fa onore. Io sono stato, infatti, espressione italiana ed europea come presidente e sono fiero dell'attività che l'Italia e l'Europa fanno in tale sede; va però tenuto conto anche di come eventuali iniziative europee, per quanto sicuramente di molto positiva intenzione, vadano poi a impattare sul lavoro pratico di noi operatori. Quindi, la volontà di ridurre al minimo il contributo dell'Unione Europea alla deforestazione, al degrado forestale, all'emissione di gas serra e alla perdita di biodiversità a livello globale è sicuramente qualcosa con la quale tutti siamo d'accordo e riguarda non solo il caffè ma tanti altri prodotti, che qui vedete citati (caffè, bovini, cacao, olio di palma, gomma e soia); il controllo principale viene attuato al momento dell'importazione e della verifica doganale, impattando poi a livello di produzione e messa al consumo all'interno dell’Unione Europea o all’esportazione dall'Unione Europea stessa"

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Massimiliano Fabian, presidente e amministratore delegato della Demus SpA e presidente del Consiglio dell’Ico per l’anno 2022/23, è intervenuto in occasione del Trieste Coffee Experts organizzato da Bazzara a Trieste per spiegare gli obiettivi e le linee di guida che muovono le ambizioni dell’organizzazione caffeicola. Fabian, in particolare, ha posto enfasi sulla promozione del consumo del caffè, la diversificazione e il miglioramento della produzione, inteso generalmente come buone pratiche agricole. Leggiamo di seguito il suo intervento.

L’azione dell’Ico per un mondo sostenibile del caffè

di Massimiliano Fabian

TRIESTE – “Sono Massimiliano Fabian, presidente e amministratore delegato della Demus SpA, una piccola industria innovativa che fa decaffeinizzazione del caffè verde, e ho avuto l’onore di presiedere (primo privato a farlo, perché finora si è trattato sempre di espressioni del pubblico) il Consiglio della International Coffee Organization per l’anno caffeicolo 2022-2023. Insieme a me è arrivata anche Vanusia Nogueira, che è la direttrice esecutiva attuale, anch’essa espressione del privato: è un segnale estremamente interessante che dà l’organizzazione d’inclusione e maggior collaborazione pubblico-privato, nell’interesse del mondo del caffè.

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Nel 2022-2023 abbiamo tenuto due riunioni del Consiglio dell’International Coffee Organization. La prima online, la seconda, invece, si è svolta in occasione della World Coffee Conference, che c’è stata a Bangalore lo scorso settembre e ci ha visti ospiti del Board del caffè indiano”.

Fabian aggiunge: “È stata una cosa emozionante, anche per il numero di persone presenti perché eravamo in India, il maggior paese al mondo come popolazione, avendo superato anche la Cina; c’era veramente una partecipazione importante ed entusiastica da parte dei rappresentanti del pubblico e di tantissimi privati, a cominciare dagli indiani stessi.

Nelle slides potete vedere la quantità di persone che ha assistito agli eventi della quinta World Coffee Conference, che aveva come focus l’economia circolare e la sostenibilità, onnipresente, ormai, non solo nel caffè.

Ci sono i tre pilastri che tutti conosciamo: quello economico, quello ambientale e quello sociale. Tuttavia, come citato recentemente da Andrea Illy, è interessante riflettere anche su di un quarto aspetto trasversale di sostenibilità tecnologica, piuttosto stimolante.

L’argomento della quinta conferenza mondiale del caffè era tendenze di mercato, tecnologie e buone pratiche per costruire un’economia circolare del caffè, agricoltura rigenerativa, sostenibilità attraverso consumo e accesso alla finanza: capite bene come in queste parole ci siano tutti i concetti correlati alla sostenibilità”.

Fabian: “Parlando di maggior coinvolgimento dei privati nell’Ico, è interessante notare come questo sia stato istituzionalizzato da parte dell’organizzazione: il 9 giugno 2022, sotto la presidenza di Ivàn Romero, Ambasciatore a Londra dell’Honduras, con me vicepresidente, il Consiglio ha approvato, dopo lunga discussione, l’International Coffee Agreement, cioè il nuovo Accordo Istitutivo dell’International Coffee Organization (quello attualmente in vigore è del 2007)”.

Fabian continua: “La grande novità introdotta è il Board of Affiliated Members, dove ci saranno il settore privato e la società civile, che avranno anche due espressioni “ufficiali”, cioè due rappresentanti, il presidente e il vicepresidente, che siederanno all’interno dell’International Coffee Council e avranno titolo sia a parlare che a votare.

Quindi, quello che è stato espresso, soprattutto con la direzione esecutiva, ancor più importante, ma anche con la mia presidenza, dal significato non marginale, è l’inclusione sempre maggiore dei privati nelle attività dell’Ico. In realtà è necessario ancora un po’ di tempo perché, per l’entrata in vigore dell’Accordo 2022, ci devono essere la firma e la ratifica dell’accordo da parte di due terzi dei Paesi Esportatori e due terzi dei Paesi Importatori”.

Fabian: “Quali sono le attività strategiche principali dell’Ico? Sicuramente fra le attività principali strategiche vi sono quelle di promuovere i progetti di cooperazione e sviluppo nell’ambito del caffè”.

Fabian aggiunge: “L’Ico è nata nel ’63, 60 anni fa, e in 60 anni ha fatto oltre 60 progetti strategici nel settore, che hanno riguardato fondamentalmente tre linee guida: la promozione del consumo; la diversificazione (in particolare quando c’era la crisi dei prezzi bassi e, quindi, la necessità di aiutare i produttori a diversificare la loro produzione per riuscire a ridurre i rischi in termini di sostenibilità economica prima di tutto); il miglioramento della produzione, inteso generalmente come buone pratiche agricole, ma ottimizzando pure la parte di commercializzazione.

Come vedete dai grafici, s’è trattato soprattutto di promozione del consumo, anche nei paesi produttori, con 44% dei progetti dedicati a questo, 32% sulla parte di miglioramento della produzione stessa (buone pratiche agricole) e la sua commercializzazione, 24% di diversificazione, soprattutto (come detto) nel periodo in cui i prezzi erano molto bassi e si cercava di sostenerli.

Durante la mia presidenza è risaltata l’estrema importanza del dialogo pubblico/privato su tutto ciò che riguarda le normative e l’implementazione delle stesse, con una dinamica fra Paesi Produttori e i Paesi Consumatori non sempre semplice.

Prendo, ad esempio, la regolamentazione europea sulla deforestazione che è stato, forse, l’argomento principe (ma ce ne saranno altri quali, ad esempio, la Due Diligence, anche se con aspetti e caratteristiche diverse).

L’obiettivo della normativa UE sulla deforestazione è assolutamente condivisibile e ci fa onore. Io sono stato, infatti, espressione italiana ed europea come presidente e sono fiero dell’attività che l’Italia e l’Europa fanno in tale sede; va però tenuto conto anche di come eventuali iniziative europee, per quanto sicuramente di molto positiva intenzione, vadano poi a impattare sul lavoro pratico di noi operatori.

Quindi, la volontà di ridurre al minimo il contributo dell’Unione Europea alla deforestazione, al degrado forestale, all’emissione di gas serra e alla perdita di biodiversità a livello globale è sicuramente qualcosa con la quale tutti siamo d’accordo e riguarda non solo il caffè ma tanti altri prodotti, che qui vedete citati (caffè, bovini, cacao, olio di palma, gomma e soia); il controllo principale viene attuato al momento dell’importazione e della verifica doganale, impattando poi a livello di produzione e messa al consumo all’interno dell’Unione Europea o all’esportazione dall’Unione Europea stessa.

Nelle slide presentate potete vedete anche i tempi della norma: il 29 giugno l’entrata in vigore (ormai decorso); il 30 dicembre del 2024, fine della fase di transizione per i grandi operatori e, 6 mesi dopo, la fine della fase di transizione per i piccoli operatori.

Tutto questo è bello e giusto e ci sono dei paesi produttori che sono già abbastanza pronti direi, come Costa Rica, Colombia e Brasile; ma ci sono tanti altri paesi più in difficoltà, che devono costruire capacità e conoscenza per poter affrontare le problematiche e avere un prodotto che soddisfi quelle che sono le richieste da parte dell’Unione Europea.

In più, la stessa Unione Europea dovrà emettere delle linee guida per chiarire diversi aspetti. Ad esempio, il concetto della verifica all’atto dell’importazione: cosa succederà il primo gennaio 2025 di tutto quello che è stato importato fino al 30/12/2024 (termine per le grandi imprese), che non ha obblighi di controllo sulla deforestazione?

Dal 01/01/2025 invece sì; ma se, ad esempio io, grande torrefazione, tosto e vendo dal primo gennaio 2025, devo già vendere caffè esente da deforestazione o è a posto tutto ciò che è stato importato fino al 30/12/2024? Resta quindi anche questo dubbio e sono necessari chiarimenti.

Quindi l’Ico ha un’estrema importanza nel promuovere il dialogo, prima multilaterale e, poi, bilaterale fra paesi, per permettere che si chiariscano e includendo in questo anche tutta la parte privata, con la Coffee Public Private Task Force e, in futuro, anche con il Board of Affiliated Members.

I privati potranno esprimere, essendo quelli che poi praticamente operano, tutte i loro dubbi e le loro perplessità concrete, incentivando il dialogo fra i nostri legislatori e i paesi produttori affinché le problematiche vengano risolte nell’interesse del caffè e anche nel giusto interesse di evitare la deforestazione.

Questa tavola è rilevante, come lo è il dialogo fra paesi o fra istituzioni come l’Unione europea (primo consumatore mondiale); ma anche fra privati e pubblici, per permettere di affrontare le problematiche in maniera costruttiva e positiva, cercando di fare il nostro meglio.

L’Ico opera anche con dei partenariati, con diverse intese con organizzazioni internazionali e settoriali. Sono partenariati importanti perché permettono poi di attuare quel dialogo per implementare progettualità, che aiuti poi ad affrontare tutte quelle problematiche, come ad esempio la deforestazione, piuttosto che il lavoro minorile o il lavoro delle donne.

L’International Trade Center, ad esempio, ha fatto un progetto molto stimolante, andando a mappare tutti i progetti sul caffè, mettendoli online: se uno volesse andare a curiosare su determinati progetti o se volesse replicare determinate esperienze, avrà modo di esplorare e verificare tutto quello che è già stato fatto e, per esempio, estenderlo anche in altre zone dove non sia stato ancora attuato. C’è poi tutta la parte di partnership private, come ad esempio quella recente con la Speciality Coffee Association.

Un’altra iniziativa rilevante, sempre nel contesto della sostenibilità, è quella del Centro per l’economia circolare, cui è stato dato l’inizio a Torino con l’aiuto della fondazione Lavazza, che si è resa disponibile a tenerne la segreteria, ma ovviamente aperto a tutti. Ha come obiettivi quello di una partnership pubblico-privata che includa anche i produttori, così come le agenzie di sviluppo oppure le ONG e le università, per andare ad affrontare le problematiche correlate a un discorso, appunto, di economia circolare nel settore del caffè.

L’economia circolare è qualcosa di tutt’altro che distante perché, ad esempio, anche nella mia azienda andiamo ad applicare per un discorso pratico di sostenibilità, anche economica. Qui vedete poi i fondatori del Centro, coloro che devono essere confermati come partner strategici e altri eventuali partecipanti, cui è stata aperta l’adesione con l’evento di Bangalore.

Un altro argomento estremamente rilevante in corso attualmente all’Ico è quello della Coffee Resilience Facility, che nasceva originalmente come Coffee Resilience Fund, ma che, successivamente, è stato cambiato in facility, perché non necessariamente dev‘essere un fondo che nasca dal nulla, con costi aggiuntivi; si vuole invece ottimizzare quanto già esistente, per cercare di andare ad affrontare in collaborazione virtuosa quelle che sono le problematiche principali del settore del caffè; ad esempio, investendo nella sostenibilità e nella prosperità dei piccoli coltivatori attraverso un miglioramento della produttività delle piantagioni (Good Agricultural Practices perlopiù, ma non solo) e della loro redditività.

Noi in questo momento siamo di fronte a un deficit produttivo di caffè: questo deficit produttivo dovrebbe andare peggiorando, a prescindere da quello che fa il mercato nel breve; perché il mercato è molto influenzato da entrate e uscite finanziarie, ma i fondamentali di mercato parlano di deficit.

Il produttore numero uno, il Brasile, ha una produttività elevata, anche grazie all’orografia del suo terreno: se noi fossimo in grado di “tradurre” quella stessa produttività anche negli altri paesi, soprattutto in Africa, non avremmo il problema della produzione (offerta) di caffè.

Ovviamente vanno affrontati anche molte altre questioni: il cambiamento climatico; l’espansione delle città e dell’uomo stesso, che riduce sempre più i terreni dedicati alla coltivazione; la mitigazione della volatilità dei prezzi; il finanziamento della resilienza ai cambi climatici (che ho citato prima); l’ampliamento dell’accesso ai finanziamenti per il ringiovanimento delle piantagioni e, infine, l’introduzione di nuove piantagioni”.

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