mercoledì 03 Dicembre 2025
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Netcomm: “ecommerce B2C in Italia raggiungerà €54 miliardi nel 2023, +13%”

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Gli acquisti eCommerce B2c in Italia (immagine concessa)

MILANO – Nel 2023 gli acquisti online degli italiani crescono del +13% e raggiungeranno 54 miliardi di euro. I prodotti segnano un +8% rispetto al 2022 e a fine anno varranno 35,2 miliardi, mentre i servizi toccheranno quota 18,8 miliardi (+22%). Nei prodotti, dopo il rallentamento generalizzato della crescita nel 2022, sono l’abbigliamento, il beauty e l’informatica i comparti oggi più dinamici (con incrementi di circa il +10%), mentre frena la progressione del food & grocery (+1% rispetto a dodici mesi fa). Tra i servizi, continua la crescita del settore turismo e trasporti (+27% rispetto al 2022) e ticketing per eventi.

Gli acquisti online degli italiani

La penetrazione dell’online sul totale acquisti Retail è pari al 12%, stabile rispetto al 2022.
Questi sono alcuni dei dati aggiornati sul mercato eCommerce in Italia, secondo l’ultima indagine dellOsservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, che è stata presentata questa mattina in occasione della plenaria di apertura di Netcomm Forum – l’evento di riferimento per il mondo digitale sui temi dell’evoluzione dell’eCommerce, del digital retail e della business innovation a livello nazionale e globale -, che quest’anno indaga le frontiere della shopping experience, come suggerisce il titolo “The Extended Retail: dai Metaversi allo Space Commerce” di questa diciottesima edizione.

“Fornire una fotografia dell’Italia del commercio digitale è quantomai un’attività complessa. Bisogna innanzitutto tenere conto delle nuove abitudini di acquisto dei consumatori, per i quali – soprattutto nel caso della Generazione Z – il confine tra online e offline non ha più senso di esistere. L’altra faccia del mercato è costituita dalle imprese, le quali si trovano ad affrontare una situazione economica instabile, anche a causa di fattori geopolitici, e l’urgenza di acquisire quelle competenze digitali e tecnologiche fondamentali per restare competitive sul mercato”, commenta Roberto Liscia, presidente di Netcomm.

Il commercio digitale in Italia

Liscia continua: “Da una parte, l’inflazione ha generato un’attenzione crescente per il prezzo da parte dei consumatori, mentre il reshoring e la ridefinizione della produzione hanno ridotto i margini delle filiere tecnologiche e dell’eCommerce. Intelligenza artificiale, blockchain, realtà aumentata, metaversi e NFT stanno aprendo nuovi orizzonti e potenzialità nell’Extended Retail, ma portano con sé anche nuove sfide che le imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, non possono affrontare da sole”.

Liscia conclude: “Per questo, è essenziale che il Governo, anche attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sostenga questa evoluzione 4.0 del settore, si faccia carico della formazione digitale e supporti l’aggregazione delle Pmi in consorzi per aiutarle a diventare competitive anche a livello internazionale. La valorizzazione del Made in Italy passa anche da questo”.

Valentina Pontiggia, direttrice dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – Politecnico di Milano: “Gli acquisti eCommerce degli italiani registrano un trend di crescita a doppia cifra anche nel 2023: da un lato i servizi vivono una ‘seconda giovinezza’, mentre i prodotti attraversano una fase di incremento più controllato e in parte dovuto all’inflazione”.

Pontiggia continua: “In particolare l’eCommerce di prodotto, nonostante sia ormai percepito come centrale e indispensabile per lo sviluppo futuro del Retail, sta affrontando diverse sfide, come le tensioni tra innovazione e sostenibilità (economica, sociale e ambientale) e la scarsità di risorse e competenze, logistiche e non solo. Di certo, i retailer hanno compreso un punto fondamentale: l’eCommerce e, più in generale, l’innovazione tecnologica (tra cui Metaverso, Realtà Aumentata/Virtuale e Intelligenza Artificiale) possono aiutare ad estendere il concetto di ‘spazio-tempo’ nella relazione tra brand e consumatore”.

Il profilo degli acquirenti online secondo la ricerca “Netcomm NetRetail”

Sebbene non sia prevista una crescita nel 2023 del numero degli acquirenti online, stabilizzatosi intorno ai 33 milioni, il trend di crescita degli ultimi 10 anni porta ad interpretare questo dato più come un riassorbimento del boom della pandemia che come un arresto nel percorso di digitalizzazione dei consumatori in Italia.

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L’offline aiuta l’acquisto online (immagine concessa)

Inoltre, negli ultimi tre anni, la crescita degli acquirenti online abituali (persone che acquistano in media almeno una volta al mese) è stata 5,5 volte quella degli sporadici (persone che dichiarano meno di tre acquisti nel trimestre): gli abituali hanno raggiunto quest’anno 24,4 milioni, a testimonianza del fatto che l’eCommerce è ormai entrato nelle abitudini di acquisto dei consumatori italiani.

Gli abituali, effettuando il 90% delle transazioni online e con scontrini di valore generalmente superiore alla media, generano la maggior parte del valore totale degli acquisti online (93%).

Mentre nelle prime fasi dell’avvento dell’eCommerce l’età media degli acquirenti era di 36 anni, oggi si è notevolmente alzata (46 anni in media) e la quota degli acquirenti nei grandi centri urbani si è attenuata: in poche parole, il profilo degli acquirenti online si sta progressivamente avvicinando a quello dell’intera popolazione.

L’esperienza di acquisto omnicanale

Sempre secondo l’indagine Netcomm NetRetail, l’esperienza di acquisto degli italiani è sempre più omnicanale: il digitale diventa anche una risorsa per orientare la decisione di acquisto, anche nel caso si concluda poi in un punto vendita fisico.

Infatti, nel 40% dei casi, i consumatori italiani si informano online prima di acquistare in negozio, prevalentemente attraverso la consultazione del sito web di un online retailer o del prodotto/servizio, l’utilizzo di un motore di ricerca o di un comparatore (di offerte o caratteristiche) e i suggerimenti reperibili via social (commenti e valutazioni).

L’incidenza media della consultazione dei servizi online è molto variabile per categoria e raggiunge la frequenza di tre acquisti su quattro per i prodotti di Elettronica, seguiti dal 70% dell’attrezzatura sportiva.

Al tempo stesso, anche lo store ha un ruolo nell’aiutare il consumatore a finalizzare l’acquisto online: in un caso su quattro, infatti, l’acquisto online è stato preceduto da una visita presso un punto di vendita fisico.

L’acquisto tramite smartphone e app

Secondo Netcomm NetRetail, più della metà degli acquisti online sono effettuati tramite un dispositivo mobile (Smartphone o Tablet), il restante da PC. L’incremento dell’utilizzo dello Smartphone negli acquisti eCommerce rispetto al pre-pandemia – passato dal 34% nel 2019 all’attuale 48% – è stato dovuto principalmente all’aumento degli acquisti via App e sembra aver raggiunto un equilibrio nel 2023.

Sebbene lo smartphone e le app non sembrino destinate a diventare l’unica modalità di acquisto online, hanno assunto un ruolo fondamentale per la gestione “smart” degli acquisti – basti pensare alle modalità di autenticazione necessarie nella fase di pagamento, spesso gestibili tramite riconoscimento facciale o fingerprinting.

Oltre a questo, lo smartphone è diventato l’anello di congiunzione tra il retail fisico e il digitale, arricchendo anche l’esperienza di acquisto nel punto di vendita: non solo è il touchpoint digitale più frequentemente attivato prima di concludere un acquisto in negozio, ma consente anche ai consumatori di essere riconosciuti, avere un profilo e vantaggi personalizzati, rendere l’esperienza di acquisto “sociale”, pagare con un “tap” e ricevere assistenza nella fase di post-vendita.

Tutte le informazioni sull’evento sono disponibili sul sito ufficiale di Netcomm Forum cliccando qui

A Shanghai concluso il Festival West Bund International Coffe and Lifestyle

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Lo skyline di Shanghai

SHANGHAI – Il 18 maggio ha avuto inizio a Shanghai la prima edizione del West Bund International Coffee and Lifestyle Festival che ha ospitato come protagonisti più di 100 aziende appartenenti al mondo del caffè, tra cui: Lavazza, Starbucks, McCafé, Costa, Peet’s Coffee e Luckin Coffee.

Il West Bund International Coffee and Lifestyle Festival a Shanghai

I consumatori hanno avuto modo di sperimentare durante il Festival la cultura del caffè della città di Shanghai che sta acquisendo sempre più popolarità di anno in anno. L’evento si è concluso il 21 maggio.

Il West Bund, un nuovo punto di riferimento a Shanghai, è famoso per le sue attività culturali e le gallerie d’arte. Ospita diversi luoghi culturali tra cui il West Bund Museum, il Long Museum, il Tank Shanghai e lo Shanghai Center of Photography.

La relazione nel mondo del caffè tra Africa e Italia in un talk con Mario Cerutti, Lavazza, a Milano presso l’Università Cattolica

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La rivista Africa e Affari e la Fondazione E4Impact, con la partecipazione di Ethiopian Airlines a di AICS, hanno deciso di organizzare per martedì 16 maggio presso ALTIS dell’Università Cattolica via San Vittore 18 a Milano una conferenza dedicata al rapporto tra Italia e Africa  in merito ad una delle bevande più apprezzata al mondo: il caffè. A parlare di questi temi alcuni dei protagonisti assoluti del settore come Mario Cerutti, chief institutional relations & sustainability officer presso Lavazza Group.

Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata sulla rivista Africa e Affari.

Il rapporto tra Italia e Africa in merito al caffè

MILANO – Il caffè è il primo prodotto agricolo commerciato al mondo, anche prima del grano, e la seconda materia prima, superata solo dal petrolio, negli scambi globali. Basterebbero questi due dati a spiegare perché Africa e Affari e la Fondazione E4Impact, insieme ad Ethiopian Airlines a all’AICS, hanno deciso di organizzare per il 16 maggio alle ore 15 presso ALTIS dell’Università Cattolica via San Vittore 18 a Milano una conferenza dedicata al rapporto tra Italia e Africa proprio in merito al caffè.

La produzione di caffè impiega circa 100 milioni di famiglie nel mondo per un giro d’affari di quasi 200 miliardi di dollari. La metà dei 54 Paesi che producono questo prodotto si trovano in Africa e due di loro, Etiopia ed Uganda, figurano tra i primi 10 produttori al mondo.

L’Italia, che conta due grandi gruppi (Lavazza e Segafredo) tra le prime 10 aziende al mondo del caffè, è spesso uno dei principali partner dei Paesi africani in materia di caffè. Ma sono ancora moltissimi i margini perché questa relazione speciale possa crescere e migliorare, grazie alla necessità di accorciare la filiera e alla richiesta dei consumatori di caffè certificati e sostenibili.

A parlare di questi temi alcuni dei protagonisti assoluti del settore. A cominciare da Mario Cerutti, chief institutional relations & sustainability officer presso Lavazza Group (ma anche con importanti ruoli dirigenziali nelle principali associazioni del caffè mondiali), che ha raccontato l’esperienza di un grande gruppo.

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Mario Cerutti chief institutional relations & sustainability officer presso Lavazza Group è pure presidente del Comitato Italiano del caffè ed ha anche importanti ruoli dirigenziali nelle principali associazioni del caffè mondiali

A fianco a uno dei colossi mondiali ci sarà poi la storia di Joseph Nkandu, che, con la sua associazione NUCAFE, coordina il lavoro di 1,5 milioni di produttori di caffè in Uganda, e la relazione speciale costruita con Marco Dalla Ragione dell’azienda Caffè River SpA.

Dopo il focus dedicato al settore privato, l’incontro affronterà i temi di sostenibilità sociale e ambientale del caffè, un aspetto fondamentale considerando che, soprattutto in Africa, la produzione è in mano a piccoli proprietari a cui arriva meno del 5% del valore del caffè prodotto e che spesso restano schiacciati tra intermediari e istituzioni da migliorare.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Julius Meinl, le nuove miscele The Originals Bio Fairtrade, Andreas Hosp: “Dal 1862 siamo sinonimo di innovazione, qualità e ricerca”

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La linea The Originals Bio Fairtrade (immagine concessa)

ALTAVILLA VICENTINA (Vicenza) – La sostenibilità è un impegno che non può più definirsi facoltativo. Sempre più aziende della filiera del caffè si stanno impegnando per garantire prodotti e servizi eco-friendly volti a salvaguardare il pianeta e, ovviamente, a preservare la comunità a valle della filiera sostenendo progetti sociali e inclusivi. Julius Meinl, storica torrefazione viennese con cuore produttivo in Italia, ha deciso di rinnovare il suo impegno nella sostenibilità introducendo tre nuove miscele per la sua linea di prodotti The Originals Bio Fairtrade ispirata a Vienna e dedicata al settore dell’ospitalità.

Julius Meinl presenta le nuove aggiunte alla linea di caffè The Originals Bio Fairtrade

I nuovi prodotti, tutti sinonimo di alta qualità e competenza, sono doppiamente certificati, il che significa che sono sia Bio, che prevede che ogni chicco di caffè sia coltivato attraverso processi agricoli biologici responsabili, sia Fairtrade, implicando che i coltivatori locali ricevano un compenso equo.

I programmi previsti da queste certificazioni hanno un impatto duraturo sui mezzi di sussistenza degli agricoltori locali e consentono loro di investire in maniera continuativa in coltivazioni di qualità superiore.

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Andreas Hosp, managing director Italy di Julius Meinl (immagine concessa)

Andreas Hosp, managing director Italy, fa gli onori di casa: “La giornata di oggi è un ulteriore stimolo al continuo miglioramento dell’azienda. La nostra filosofia è quella che ci caratterizza sin dal 1862 ed è basata su innovazione, ricerca e qualità. Presentiamo tre nuove miscele che fanno parte della linea The Original. Dietro questi prodotti traspare molta passione che, generazione dopo generazione, i coltivatori tramandano nelle loro coltivazioni con l’unico scopo di creare una vera e propria magia all’interno di ogni tazzina. Queste miscele, oltre ad essere di altissima qualità, sono bio: ogni chicco viene coltivato tramite processi agricoli biologici responsabili. In più sono certificate Fairtrade”.

L’impegno sociale

Andreea Postolache, global marketing product director & marketing-sales regional manager Italy di Julius Meinl, specifica: “Per la nostra azienda il marchio Fairtrade è importante poiché garantisce che ai coltivatori dei Paesi d’origine venga garantito un compenso equo per il loro duro lavoro. Crediamo molto nel nostro impegno sociale che favorisce un sostegno permanente ai coltivatori nei Paesi produttori e permette loro di continuare a investire in maniera continuativa in coltivazioni di caffè di qualità sempre superiore”

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Andreea Postolache, global marketing product director (immagine concessa)

Postolache aggiunge: “Nel 2018 Julius Meinl ha lanciato un progetto sociale chiamato Colombian Heritage Project e che ora è stato ribattezzato Generations Program. Sappiamo quante sfide debbano affrontare oggi i coltivatori dei Paesi d’origine: per questo il nostro progetto è mirato al loro sostegno. Cerchiamo di capire quali sono le loro esigenze e i loro bisogni e, insieme ad essi, lavoriamo in maniera tale affinché la loro attività prosperi e venga tramandata di generazione in generazione con orgoglio. Il progetto comprendeva solo la Colombia ma ora anche l’Uganda ne è entrata a far parte. Inoltre, annunciamo oggi, che da 50 piccoli produttori che supportavamo dal 2018, oggi il numero è arrivato a 200”.

L’aggiunta delle certificazioni Bio e Fairtrade è quindi rivolta ai clienti horeca desiderosi di differenziarsi attraverso la qualità sostenibile e il gusto intenso del caffè premium che servono, e che vogliono agire per rendere la sostenibilità un aspetto più preponderante della loro gestione aziendale.

Un omaggio alla cultura viennese

Come per tutte le miscele The Originals, queste tre nuove referenze si ispirano alla cultura e al patrimonio delle caffetterie viennesi, che deriva dal concetto unico che ‘ogni chicco ha una storia’. Dietro alla linea The Originals, vi è il lavoro e la passione di piccoli coltivatori locali che, generazione dopo generazione, tramandano la dedizione per le loro coltivazioni per creare la vera magia all’interno della tazzina.

The Originals Bio Fairtrade è frutto del lavoro di ricerca dei territori e delle migliori coltivazioni unito all’esperienza nella lavorazione di Julius Meinl, torrefazione che vanta 160 anni di storia nella preparazione del chicco.

Nello stabilimento di Vicenza viene lavorato circa l’87% del caffè del marchio grazie all’innovativa tecnologia per la pulizia e la tostatura dei chicchi provenienti da tutto il mondo. Come il lavoro in cantina per il vino, il lavoro svolto in torrefazione è di altrettanta importanza per poter consentire alle diverse miscele di caffè di sprigionare un gusto corposo e distintivo apprezzato nelle caffetterie, ristoranti e hotel di tutto il mondo consacrandolo a brand premium.

Lo stretto legame tra il patrimonio di Vienna e questi nuovi prodotti si riflette attraverso i nomi unici dati alle nuove miscele della linea The Originals Bio Fairtrade. L’ispirazione viene da tre luoghi iconici in cui la cultura viennese incontra la natura, la caratteristica chiave di tutti i prodotti The Originals Bio Fairtrade, e dove oggi le persone si riuniscono per condividere momenti significativi davanti a una tazza di caffè.

Belvedere Blend

Belvedere Blend, come spiega Postolache, è ispirata al Museo Belvedere di Vienna, patrimonio dell’umanità, uno dei musei più antichi del mondo che si trova accanto ad uno dei giardini in stile francese fra i più rilevanti da un punto di vista storico Europeo. Jacopo Indelicato, brand ambassador di Julius Meinl, spiega che Belvedere Blend riunisce i chicchi 100% Arabica del Nicaragua e dell’Honduras per creare una dolcezza al caramello, che perfettamente completa la base di nocciole. Miscela cremosa ed elegantemente bilanciata, ha un ricco retrogusto di cioccolato fondente ravvivato da un pizzico di croccante mela rossa.

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La miscela Belvedere (immagine concessa)

Gloriette Gold

Gloriette Gold celebra Gloriette, un edificio monumentale barocco del 1775 voluto da Francesco Giuseppe, che offre una vista unica sulla città e sul circostante Bosco Viennese.  La Princepssa Sissi lo usava per organizzare feste e colazioni. Oggi Gloriette rimane un caffè viennese di fama mondiale, ricco di storia e significato culturale.

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La miscela Gloriette Gold (immagine concessa)

La miscela stessa evoca un’immagine della pasticceria viennese con i suoi dessert spolverati di cacao e pasticcini glassati e cosparsi di nocciole. Vanta una sensazione piacevole e vellutata in bocca, che si sposa perfettamente con l’intenso aroma di puro cacao.

Danube Delight

Danube Delight celebra il fiume che attraversa la città di Vienna e che unisce le persone e le culture di dieci Paesi, a cui è dedicato il famoso valzer di Strauss, “Il bel Danubio blu”. Una miscela ricca e intensa, bilanciata da note di cioccolato fondente con sentori di noce moscata e un tocco di pepe nero, che riempie il palato e lascia dietro di sé un retrogusto di arachidi delicatamente tostate.

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La miscela Danube Delight (immagine concessa)

Queste ultime due miscele sono uniche in quanto realizzate con i migliori chicchi di Arabica e Robusta che si trovano nella regione dell’America Latina centrale in Nicaragua, Honduras e Messico.

Lo styling dei pack di The Originals Bio Fairtrade assieme anche al restyling di altre linee premium del brand è stato affidato a Locanda Design.

Le etichette che rivestono il packaging sono realizzate da Steven Noble, famoso illustratore americano, celebre per la sua tecnica artigianale che prevede l’uso dell’incisione nel legno a mano. Una manualità che ritrae i momenti più significativi del processo di raccolta del caffè e che celebra la fatica fisica dei coltivatori.

A fianco alle etichette vi sono i loghi delle certificazioni Bio e Fairtrade con un QRcode che consente di accedere a ulteriori informazioni: vendita e sui vantaggi di servire caffè Julius Meinl premium con doppia certificazione, insieme a maggiori dettagli su ciascuna delle ricette e del gusto delle nuove miscele.

Il sistema di certificazione Fairtrade

È il turno di Angelo Tortorella di Fairtrade Italia per approfondire il tema della sostenibilità, vera protagonista della giornata insieme al caffè: “La mission della nostra organizzazione è quella di cambiare le regole del commercio tradizionale per migliorare le condizioni di vita degli agricoltori più svantaggiati. Lo facciamo mettendoli in connessione con imprese responsabili e consumatori consapevoli. C’è di più: sette consumatori su dieci riconoscono il nostro marchio nel mondo. Di questi, otto consumatori su dieci associano il simbolo a prodotti rispettosi per l’ambiente e di alta qualità”.

Il sistema di certificazione Fairtrade nasce perciò con l’idea di ridurre le ingiustizie del commercio internazionale attraverso pratiche di scambio più eque nei confronti di contadini e dei lavoratori in Asia, Africa e America Latina.

Fairtrade mette i coltivatori della filiera in contatto con aziende interessate a sviluppare filiere agricole più sostenibili e lavora per supportare varie organizzazioni a contrastare il cambiamento climatico, il lavoro minorile e per favorire un reddito socialmente giusto.

Le organizzazioni che lavorano con Fairtrade devono rispettare determinati standard elaborati dal marchio e accettano di sottoporsi a periodici controlli sul loro rispetto. In questo modo i consumatori che acquistano i prodotti sono sicuri di un investimento all’insegna della sostenibilità ambientale e sociale.

La condivisione dei valori

Nel mondo ci sono più di 2.000 città Fairtrade, centinaia di gruppi di volontari, ma anche scuole e Università che condividono questi valori. Grazie al supporto di tutti, Fairtrade lavora per promuovere presso i  governi nazionali e l’Unione Europea pratiche più rispettose dei diritti dei lavoratori nei Paesi in via di sviluppo.

In Asia, Africa e America Latina ci sono 1.880 organizzazioni di produttori certificate in 71 Paesi, che raccolgono complessivamente 1,9 milioni di agricoltori e lavoratori. Il marchio si occupa di diversi prodotti: dalla frutta fresca, al tè per poi arrivare allo zucchero

Tortorella continua: “Veniamo all’identikit dei cafficoltori Fairtrade specificamente attivi dell’industria del chicco: ci sono più di 870.000 piccoli agricoltori coinvolti. I cafficoltori familiari sono organizzati in 672 cooperative, le quali nel 2021 hanno ricevuto un premio pari a 82 milioni di euro e, sempre nello stesso periodo, hanno prodotto circa 900.000 tonnellate di caffè”.

“Garantiamo anche un prezzo minimo, un costo base al di sotto del quale non si può andare. Ogni materia prima ha il suo prezzo minimo: questa è una rete di salvataggio per i produttori qualora il prezzo di borsa dovesse risultare troppo basso. Fairtrade garantisce anche un Premio, una quota aggiuntiva al prezzo minimo che il produttore decide di investire a seconda delle proprie necessità. Questo porta inevitabilmente a relazioni a lungo termine”.

Tortorella conclude: “In tutto il mondo 2568 aziende, di cui 294 in Italia, hanno scelto il nostro marchio come certificazione di sostenibilità. 37.600 referenze certificate Fairtrade vengono vendute in 143 Paesi. 2500 referenze vengono distribuite solamente in Italia in 16.000 punti vendita. Il Premio Fairtrade generato nel mondo è di 190 milioni di euro, di cui 3,8 milioni provengono dai consumi nel Bel Paese”.

L’azienda Julius Meinl, ormai giunta alla 5° generazione, si impegna a rendere ogni tazzina del suo caffè più sostenibile, per il pianeta e per i suoi abitanti

Alessandro Rettore, direttore della produzione Italia e Vienna Julius Meinl, prende la parola: “La nostra azienda ha fatto già da tempo scelte che hanno impattato l’ambiente e l’aspetto sociale della filiera del caffè: abbiamo lavorato molto per restringere il gap tra donne e uomini nell’industria. Ci siamo battuti nella lotta contro il razzismo e abbiamo favorito l’inclusione sociale. Inoltre, abbiamo iniziato molto tempo fa un percorso di certificazione nell’ambito della sicurezza, dell’ambiente, e della social responsability. Quest’anno stiamo muovendo i primi passi nel percorso per diventare B-Corp, certificazione assegnata alle società che si impegnano a osservare i più alti standard di performance sociale e ambientale”.

“Lavoriamo ogni anno 17.000 tonnellate di caffè e, per il momento, solo il 20% del totale è certificato. Entro il 2025, l’azienda si impegna a garantire il 100% dell’approvvigionamento di caffè selezionato in modo responsabile e sta lavorando al fianco dei fornitori per continuare a migliorare le loro pratiche socio-ambientali e gli standard di sostenibilità”.

Tecnologia e sostenibilità in Julius Meinl

Rettore aggiunge: “Un altro aspetto importante è il prodotto in sé: stiamo avviando lo sviluppo di una capsula professionale compostabile. Sul packaging abbiamo fatto grossi lavori di alleggerimento e siamo pronti al passaggio del riciclabile”

“Per quanto riguarda gli impianti di produzione abbiamo investito in molti sistemi di riduzione di emissione di consumi energetici. Abbiamo iniziato l’installazione dell’impianto fotovoltaico che produrrà 740.000 kW e coprirà il 30% del consumo della fabbrica. Abbiamo inoltre avviato un sistema di recupero energetico del calore dal camino e usiamo il suo valore di emissione per riscaldare gli stabilimenti d’inverno. Tutte le nuove macchine che abbiamo acquistato sono di nuova generazione e garantiscono un minore dispendio energetico: ciò viene applicato sia nello stabilimento italiano sia in quello a Vienna”.

Questo sforzo collaborativo garantisce una maggiore tracciabilità nella filiera del caffè, supportando gli agricoltori e le comunità locali a crescere e a valorizzare un’industria sempre più all’insegna della sostenibilità.

Per l’occasione del lancio delle miscele, i pasticceri Ampi (Accademia maestri pasticceri italiani) Roberto Cosmo, Riccardo Ferracina e Lucca Cantarin hanno creato dei dolci personalizzati con l’utilizzo delle tre nuove entrate della linea di miscele The Originals Bio Fairtrade.

pasticceria
Da sinistra: Lucca Cantarin, Riccardo Ferracina e Roberto Cosmo

Roberto Cosmo ha presentato il Danube Mignon con strati di crema profumata alla miscela Danube Delight e strati al cioccolato fondente mono-origine Messico 68%.

Ferracina ha creato una ganache al cioccolato bianco con il Belvedere. Cantarin, invece, ha ideato un biscuit al cioccolato senza farina con infusione al freddo con mousse e glasse al caramello con la miscela Gloriette Golde.

di Federico Adacher

Crosta serve pizza e filter coffee specialty: “Focus sulle estrazioni alternative a 5 €”

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Da Crosta a Milano (foto concessa)
Da Crosta a Milano (foto concessa)

MILANO – Nel cuore di Porta Venezia a Milano, nel 2018 apre le porte Crosta: il locale ideato dalle due menti di Simone Lombardi e Giovanni Mineo, che hanno unito le forze e anche due prodotti apparentemente distanti, pizza e caffè, ritrovando il loro legame nella ricerca e nel servizio di qualità. Qui lo specialty, il filtered coffee, dalla colazione alla sera, accompagnano i pasti.

Crosta: come nasce quest’avventura milanese?

Simone Lombardi: “Ci siamo conosciuti in un momento della nostra vita in cui avevamo in comune la volontà di aprire qualcosa di nostro. Così è nato Crosta, in un pomeriggio passato di fronte a una tovaglietta ad un tavolo. Il 70% di quello che si vede oggi è partito in questo modo. Collaboravamo insieme come docenti presso un Istituto di alta formazione e abbiamo deciso di unire le forze per completare le nostre reciproche competenze.

Già durante la fase iniziale, il caffè aveva attirato la nostra attenzione e per questo abbiamo visitato qualche azienda con l’obiettivo di realizzare il menù di Crosta, dov’è inserito ancora oggi con una cura particolare.”

Ma come mai pizza e caffè? È un abbinamento particolare, una scommessa per un locale.

Giovanni Mineo: “Ci sono due binari principali su cui ci siamo mossi. Il primo deriva dal fatto che tutto ciò che facciamo è curato nel dettaglio, approfondendo sia le tecniche sia la materia prima. Questa è una filosofia concreta, non soltanto delle parole. Per anni personalmente, ho girato esplorando diversi artigiani in Italia ed è sempre stato per me un punto fondamentale. Per entrambi rappresenta uno dei pilastri di Crosta.

Il secondo aspetto è più legato ad una questione personale: ho sofferto spesso di gastrite e per questo ho sempre evitato il caffè. Nel 2017 avevo sentito parlare già di specialty e mi stavo informando: è stato allora che ho conosciuto Massimo Bonini di Lady Caffè. Sono andato nella loro sede prima ancora che inserissero il concetto di bed and breakfast. Ho sperimentato una verticale di 15 espressi: mi sono fidato e devo dire
che, nonostante soffrissi molto di gastrite, mi sono goduto l’esperienza senza troppi problemi.

Ho avvertito sentori differenti e per la prima volta ho vissuto un approccio alla bevanda diverso: nessun retrogusto di bruciato, tanto per cominciare. La seconda volta ho coinvolto anche Simone e abbiamo provato dei caffè filtro abbinati con materie grasse come il salame. In quel momento abbiamo scoperto un mondo che lega il caffè e il cibo: per entrambi è stato amore. Per quanto Simone sia sempre più legato all’espresso per gusto, io sono stato colpito da una sorta di epifania e ho smesso quasi di bere qualsiasi cosa sia diverso dal filtro.

Il focus da Crosta è stato questo metodo di estrazione. Abbiamo iniziato quindi servendo le proposte di Lady Caffè, che è stato un precursore dello specialty.

In seguito abbiamo iniziato a sperimentare con altre torrefazioni e non soltanto italiane. Finché un giorno, organizzando da Crosta un evento per baristi che hanno portato ciascuno il proprio caffè, abbiamo estratto un prodotto di Colonna Coffee, un Kenya che descriveva nella dicitura tra gli aromi, quello di bergamotto: lì ho capito di amare profondamente i lavati rispetto ai fermentati, e gli africani in generale.

Ho pensato: voglio bere tutta la vita un caffè così. Ho seguito gli studi condotti dal proprietario di Colonna Coffee anche sull’acqua e abbiamo iniziato a testare altri torrefattori italiani con l’obiettivo di aiutarli a farli emergere. C’era bisogno innanzitutto di confrontarsi sull’assaggio tra me e Simone, che predilige molto gli anaerobici più cioccolatosi: in questo processo di ricerca, tra tutti quelli che abbiamo provato, abbiamo riscontrato un problema comune relativo alla stabilità tra un caffè e un altro.

Spesso infatti capita che tracciando una curva, tra un lotto e l’altro si abbiano risultati diversi pur trattando lo stesso verde in partenza: mancava quindi omogeneità. E questo per noi era un punto critico: tutto quello che serviamo deve piacere innanzitutto a noi e poi agli altri, ma portare una costante qualità in tazza era difficile. Abbiamo riscontrato questa carenza finché, tra tutte le torrefazioni italiane che abbiamo assaggiato, non abbiamo trovato quella più stabile: quella di Rubens Gardelli, che si è dimostrato all’altezza della sua reputazione. Bevo il suo caffè tutti i giorni. “

Ora cosa servite da Crosta?

Il caffè misurato da Crosta (foto concessa)

“Sia il caffè di Rubens per il filtro, prima un kenyano Gatugi e un El Eucalipto peruviano. Ovviamente cambiamo di continuo, trattandosi di specialty, ma di solito prendiamo soltanto lavati. L’ultimo ordine che abbiamo acquistato è un anaerobico. Abbiamo comunque scelto di servire soltanto monorigine e non miscele. Il motivo è abbastanza chiaro: nel momento in cui decidiamo di percorrere una strada, non ha senso fare solo pochi passi. Se vuoi veramente avvertire quel sapore e lavorare sull’estrazione, la monorigine è la soluzione migliore.

Serviamo un espresso, un filtro con Moka master e il dripper, oppure l’Aeropress – uno dei metodi che mi piace di più in questo periodo -. “

Le reazioni dei clienti come sono stati?

“Vengono da noi anche a fare colazione. Le discussioni sono avvenute più che altro all’inizio: da noi mediamente con Gardelli siamo arrivati a 32/35 euro al chilo, mentre con Cafezal siamo a 23 euro al chilo, e quindi lo abbiamo proposto in espresso già nel 2018 con un costo provocatorio di 1 e 20 e ancora siamo attorno a questo prezzo. Comprendiamo non sia adeguato alla qualità della materia prima e lo alzeremo probabilmente presto per dare maggiore valore alla tazzina. Ma quello su cui puntiamo da sempre è il filtro che vendiamo a 5 euro per una tazza da circa 200 ml.

Cerchiamo di fare attenzione su questa bevanda anche dal punto di vista del prezzo: è comprensibile da parte dei clienti, pagare di più qualcosa che percepisce come diverso dall’espresso, una novità. Non essendo soltanto un bar, per noi diventa complesso e anche dispersivo riuscire a veicolare un determinato messaggio sulla riscoperta dell’espresso.”

Avete pensato a degli abbinamenti da Crosta con il caffè?

Simone interviene: “Giovanni è stato colui che mi ha fatto assaggiare lo specialty e mi ha fatto accedere a questo mondo. Quello che ho percepito diverse volte, sono delle sensazioni che mi hanno intrigato: il salame abbinato a un caffè estratto a filtro, mi ha fatto scoprire una realtà che non conoscevo. Accostare materie grasse con una bevanda così estratta, mi ha fatto pensare a nuove strade. Ho provato allora a realizzare un pairing con un toast fatto di pane in cassetta con farina integrale, materie prime di livello e prodotti di filiera curati.

Messi assieme, la grassezza della panna cotta del burro e dello stracchino stagionato
con gli specialty, ci ha entusiasmato. Questa è stata la prima idea. Dopo abbiamo continuato, consigliando una pizza a pala con gli specialty e il pastrami ai clienti, senza
metterlo in carta. Abbiamo rivisitato con la cipolla caramellata e una maionese alla senape, l’accostamento a questo salume, sposandolo con un caffè più acido e dalle note fruttate.

Siamo riusciti a far uscire il caffè dalla semplice colazione, portandolo a pranzo e a merenda. È un lavoro complesso che bisogna spingere dalla mattina alla sera. Il nostro locale è aperto dalle otto del mattino alle undici di sera. Dopo 4 anni abbiamo capito dove puntare, per valorizzare quello che funziona maggiormente, orientando in maniera più efficiente le nostre energie.”

Il filtro da Crosta (foto concessa)

Quindi se ci si siede a cena e si ordina una pizza da Crosta, è possibile anche bere un filtro?
“Perché no? Certamente.”

Ma la formazione per valorizzare lo specialty, come lo avete gestita?

“Da questo punto di vista per l’espresso siamo supportati da Carlos Bitencourt che si occupa circa ogni tre mesi di formare il personale. Sui filtri mi occupo di formazione io stesso, ma abbiamo assestato questo aspetto semplificando il modo di estrarre lavorando con la Moka master.

Per l’espresso abbiamo cambiato una Faema a leva manuale che richiedeva però una mano esperta, con una professionale Eagle One Victoria Arduino: macchina straordinaria che una volta impostata è semplice da gestire. Questo ci permette di avere, nonostante un personale non perfettamente professionista del caffè, delle estrazioni all’altezza dei profili aromatici che vogliamo ottenere.

Per i macinini: per il filtro un Comandante. Estraiamo circa 60 grammi in una giornata. I clienti in effetti ordinano di più l’espresso, per ovvie ragioni. Bisognerebbe ancora fare comunicazione ed educazione per far conoscere il mondo complesso dietro la bevanda.”

Avete pensato di usare il caffè come ingrediente di una ricetta?

“Con la pizza è difficile da abbinare, perché il caffè macinato ha una masticazione che non è piacevolissima. Abbiamo quindi sempre avuto dei problemi ad utilizzarlo, per la sua astringenza. Lo abbiamo utilizzato come ingrediente puro soltanto in un gelato, che una volta abbiamo sperimentato: lo abbiamo tostato in forno per liberare gli oli essenziali con cui abbiamo aromatizzato il latte. Il risultato è stato il caffè bianco, lasciato in infusione una notte. Ci ha lasciato un buon ricordo, ma ha dei costi insostenibili: la quantità di caffè necessario per ottenere il gusto finale era eccessiva, ma un esperimento lo abbiamo fatto.

Sicuramente potremmo riutilizzarlo: è una sfida che ci lanciamo, magari trovando un modo di usare il caffè come ingrediente nella pizza. Magari utilizzandolo con una base grassa come i latticini.”

Quindi siete convinti della scelta fatta per Crosta e che cosa ci aspettiamo nel prossimo futuro?

Simone conclude: “E’ stata sicuramente una scelta corretta: era il momento in cui secondo noi si doveva essere anche precursori rispetto al caffè. Per quanto riguarda il futuro, sicuramente dovremo ridisegnare alcuni aspetti, ma certo sarà sempre presente il caffè, magari valorizzandolo ancora di più. Dovremmo spingere sulla formazione, anche iniziando noi per primi a seguire i corsi di Sca.”

Giovanni chiude: “Sicuramente siamo soddisfatti. Nel caffè intravediamo un grande futuro, in quanto è uno di quegli elementi che non si è ancora potuto esprimere e che ha tanto potenziale. C’è molto da fare. Da un altro punto di vista posso dire: al di fuori dello specialty, per me non esiste alcun caffè, quindi va affrontato così questo argomento. Una volta che si assaggia questo prodotto, non si torna indietro. Quando ci sarà una maggiore sensibilità, lo specialty sarà la normalità.”

Così l’Italia rimane il primo mercato per il caffè indiano

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Usda Brasile
Il logo del dipartimento dell'agricoltura di Washington

MILANO – Produzione in calo, ma export in ripresa per l’India, che il prossimo anno accrescerà i volumi venduti sui mercati internazionali dando fondo alle scorte. Queste le previsioni della rete informativa estera (Gain) del dipartimento Usa dell’agricoltura (Usda), contenute nel nuovo report annuale diffuso in questi giorni, che è stato redatto dagli esperti dell’ufficio agricolo di Mumbai.

Il report prevede per il 2023/24 una produzione di 5,81 milioni di sacchi, contro 6,25 milioni nel 2022/23 (-7,2%). Per gli arabica, il calo sarà del 7,5%, a 1,23 milioni.

Per i robusta del 6,9%, a 4,58 milioni. Le minori aspettative produttive sono motivate dall’andamento sfavorevole della stagione delle piogge e, per quanto riguarda gli arabica, anche da fattori ciclici.

Le piogge premonsoniche (marzo-maggio 2023) sono state infatti insufficienti e hanno fatto seguito a un periodo di prolungata siccità intercorso da dicembre a marzo.

Molto bassa la produttività: si stimano appena 6 sacchi/ha per gli arabica (-7%) e 20 sacchi/ha per i robusta (-11%).

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L’Oms sconsiglia l’utilizzo dei dolcificanti per il controllo del peso: “Possibile aumento del rischio di diabete e mortalità”

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Compresse di dolcificante

Il consumo di dolcificanti non zuccherini come, ad esempio, aspartame, acesulfame K, advantame, ciclamati, neotame, saccarina, potrebbe portare, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ad alcuni potenziali effetti indesiderati come diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari negli adulti. Al contrario, la raccomandazione non si applica ai prodotti per la cura e l’igiene personale che contengono Nss, come dentifrici, creme per la pelle e farmaci. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione adnkronos.

L’Oms contro l’utilizzo dei dolcificanti

MILANO – “Non utilizzare dolcificanti non zuccherini per il controllo del peso”. E’ il messaggio lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità in una nuova linea guida pubblicata oggi sui cosiddetti Nss (Non-sugar sweeteners), una categoria che include aspartame, acesulfame K, advantame, ciclamati, neotame, saccarina, sucralosio, stevia e derivati ​​della stevia.

Nel documento l’Oms ne sconsiglia l’uso per controllare il peso o ridurre il rischio di malattie non trasmissibili. La raccomandazione si basa su una revisione sistematica delle evidenze disponibili, che suggerisce che “l’uso di Nss non conferisce alcun beneficio a lungo termine nella riduzione del grasso corporeo negli adulti o nei bambini“.

I risultati della review suggeriscono anche che “potrebbero esserci potenziali effetti indesiderati con l’uso a lungo termine di Nss”. Effetti come “un aumento del rischio di diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e mortalità negli adulti“.

 

Sostituire gli zuccheri liberi con dolcificanti non zuccherini “non aiuta a controllare il peso a lungo termine – evidenzia Francesco Branca, direttore Oms per l’area Nutrizione e sicurezza alimentare – Le persone devono prendere in considerazione altri modi per ridurre l’assunzione di zuccheri liberi, come consumare alimenti con zuccheri naturali, tipo la frutta, o cibi e bevande non zuccherati. Gli Nss non sono fattori dietetici essenziali e non hanno valore nutrizionale. Per migliorare la salute le persone dovrebbero ridurre del tutto il livello di dolce della dieta, iniziando a farlo presto nella vita”.

La raccomandazione si applica a tutte le persone eccetto quelle già con diabete e include tutti i dolcificanti non nutritivi sintetici, presenti in natura o modificati che non sono classificati come zuccheri presenti negli alimenti e nelle bevande lavorati, o venduti da soli per essere aggiunti ad alimenti e bevande da parte dei consumatori. Al contrario, la raccomandazione non si applica ai prodotti per la cura e l’igiene personale che contengono Nss, come dentifrici, creme per la pelle e farmaci, o agli zuccheri a basso contenuto calorico e agli alcoli di zucchero (polioli), che sono zuccheri o derivati ​​dello zucchero contenenti calorie e pertanto non sono considerati Nss.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Ivs Italia: concluso l’accordo integrativo con benefici per i dipendenti

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Ivs Group coffeecapp
Il logo Ivs group

Chiuso l’accordo integrativo tra la UILTuCS – sindacato di categoria della UIL che rappresenta i lavoratori di terziario, turismo, commercio e servizi – e Ivs Italia. Tra tutti i 4.500 dipendenti del Gruppo, coloro che riusciranno a raggiungere gli obiettivi prefissati, riceveranno un’integrazione al salario di 500 euro. Leggiamo di seguito l’articolo pubblicato sulla rivista Vending News.

Concluso accordo tra UILTuCS e Ivs Italia

MILANO – La UILTuCS – sindacato di categoria della UIL che rappresenta i lavoratori di terziario, turismo, commercio e servizi – e Ivs Italia hanno chiuso l’accordo integrativo che riguarda tutti i 4.500 dipendenti del Gruppo distribuiti nelle diverse filiali in Italia.
Particolarmente interessante l’accordo relativo al premio di produzione: i collaboratori che riusciranno a raggiungere gli obiettivi prefissati riceveranno un’integrazione al salario di 500 euro, per un ammontare complessivo di circa 2 milioni di euro.

“Parliamo di un importante accordo di secondo livello che implementa quello esistente, il quale riguardava solo la figura professionale dei caricatori addetti al rifornimento dei distributori automatici del gruppo IVS Italia – spiega Eugenio Iaquinandi, funzionario Uiltucs e coordinatore regionale per la Liguria di IVS Italia Spa – Quella di oggi è una giornata storica per i lavoratori del comparto Vending della società per azioni IVS Italia e di tutte le società del gruppo”.

Locali storici: Fipe incontra Centinaio, il vicepresidente del Senato: via al confronto

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fipe cursano
Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio insieme al vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio (immagine concessa)

ROMA – Il vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio, Aldo Cursano, ha incontrato il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio per discutere del disegno di legge, da lui proposto lo scorso aprile, che contiene norme per tutelare, promuovere e valorizzare i locali storici d’Italia come alberghi, ristoranti, pasticcerie, caffè e fiaschetterie.

La tutela dei locali storici d’Italia secondo Fipe

Durante l’incontro è emersa la necessità di dare vita a un tavolo di lavoro che favorisca il confronto tra tutte le parti coinvolte: le aziende del settore, da un lato, e le forze politiche, dall’altro.  Dopo la pandemia si è diffusa la consapevolezza che i locali storici hanno un valore fondamentale per il Sistema Paese, sia come simboli del made in Italy sia come depositari di valori e principi tutti italiani.

Dopo i tentativi del passato, il tavolo sarà il luogo per favorire il confronto sul provvedimento e approfondire i diversi aspetti toccati dal disegno di legge. Ma non solo. Sarà l’occasione per le imprese storiche di avanzare proposte concrete per rendere il DDL il più coerente possibile con le necessità del comparto.

“Da oggi nasce un percorso condiviso di consapevolezza che ha l’obiettivo di mettere i locali storici, luoghi e testimonianze vive che hanno fatto la storia delle nostre città, nelle condizioni di poter aver un futuro, una tutela e una sostenibilità economica”, ha dichiarato il vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio Aldo Cursano. “Tutelare questi luoghi vuol dire salvaguardare l’identità del nostro Paese. L’impegno della Federazione è, dunque, quello di fare in modo che questo obiettivo sia condiviso da tutte le forze politiche”.

illy Cold Brew protagonista dell’estate con Cocomint a Monte Napoleone Milano e Giardini Reali

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illy caffè cocomint
Cocomint (immagine concessa)

TRIESTE – illycaffè, leader globale del caffè di alta qualità sostenibile, rinfresca l’estate 2023 con una nuova ricetta a base di cold brew, il soft drink naturale a base caffè preparato con il sistema di estrazione a freddo che esalta l’unico blend illy 100% Arabica. Cocomint, l’ultima novità realizzata dall’Università del Caffè in collaborazione con gli esperti illy e proposta in esclusiva per i monomarca illy in Italia e nel mondo, rappresenta una nuova esperienza di gusto capace di immergere piacevolmente in atmosfere esotiche e tropicali. La nuova ricetta, preparata con l’originale cold brew flat o Aria – caratterizzato da una schiuma naturale, morbida e persistente – è arricchita dalla dolcezza del latte di cocco e dalla freschezza della menta.

L’esperienza illy cold brew

Una ricetta creativa, a cui ogni consumatore potrà dare il proprio tocco, versando il latte di cocco e menta e mescolandolo al cold brew, per dar vita alla propria esplosione di freschezza dall’effetto vivace e scenografico: la menta conferirà infatti alla ricetta un acceso colore verde.

Un’esperienza unica sarà vivibile unicamente nei punti vendita illy di Monte Napoleone Milano e Giardini Reali: la ricetta sarà infatti presentata in una nuvola di vapore sorprendente, una modalità esclusiva studiata dai docenti di Università del Caffè e accompagnata da due macarons e foglie di menta fresca ad arricchirla ulteriormente.

Cocomint è molto più di un semplice caffè: è un modo alternativo ed esperienziale per degustare il ricco profilo aromatico del blend illy abbinato alla delicatezza e freschezza tipica di una ricetta estiva a base di cold brew illy.

La scheda sintetica di illycaffè

illycaffè è un’azienda familiare italiana fondata a Trieste nel 1933, che da sempre si prefigge la missione di offrire il miglior caffè al mondo. Produce un unico blend 100% Arabica composto da 9 ingredienti diversi. L’azienda seleziona solo l’1% dei migliori chicchi di Arabica al mondo.

Ogni giorno vengono gustate 8 milioni di tazzine di caffè illy nei bar, ristoranti, alberghi, caffè monomarca, case e uffici di oltre 140 paesi, in cui l’azienda è presente attraverso filiali e distributori. Fin dalla nascita illycaffè ha orientato le proprie strategie verso un modello di business sostenibile, impegno che ha rafforzato nel 2019 adottando lo status di Società Benefit e nel 2021 diventando la prima azienda italiana del caffè ad ottenere la certificazione internazionale B Corp.

Dal 2013 illycaffè è inoltre una delle World Most Ethical Companies. Tutto ciò che è ‘made in illy’ viene arricchito di bellezza e arte, a cominciare dal logo, disegnato da James Rosenquist, le illy Art Collection, le tazzine decorate da più di 125 artisti internazionali o le macchine da caffè disegnate da designer di fama internazionale.

Con l’obiettivo di diffonderne la cultura della qualità ai coltivatori, baristi e amanti del caffè, l’azienda ha sviluppato la sua Università del Caffè che ad oggi svolge corsi in 25 paesi del mondo. Nel 2021 Rhône Capital è entrato nel capitale di illycaffè con una quota di minoranza per accompagnare l’azienda nella crescita internazionale. Nel 2022 illycaffè ha impiegato 1230 persone e ha generato un fatturato consolidato pari a €567,7 milioni. La rete monomarca illy conta 190 punti vendita in 34 Paesi.