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sabato 03 Maggio 2025
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Il caffè, anche decaffeinato, riduce il rischio di cancro: il nuovo studio

Lo studio dell’Inhance Consortium afferma che un consumo pari o superiore a quattro tazzine diminuisce le probabilità di cancro. Stesso discorso vale per il tè, ma non più di una tazza al giorno  poiché troppo aumenterebbe il rischio di cancro alla laringe. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Wine News.

Il caffè valido alleato contro il cancro

MILANO – Il caffè è cosa sacra in Italia: è rito, cultura, storia, costume, e per la gioia di tutti gli amanti della bevanda, con un consumo pari o superiore a 4 tazzine al giorno sembra essere in grado di diminuire le probabilità di sviluppare tumori alla bocca, alla faringe, alla laringe ed ai seni paranasali.

E se quest’ultima affermazione può essere letta già in uno studio di 13 anni fa, la novità è che, secondo un’analisi più recente sul tema, pubblicata a fine 2024, queste proprietà vengono condivise anche con la sua versione decaffeinata ed il tè. A dirlo, grazie ad un campione più esteso e a dati aggiornati, i ricercatori dell’Inhance Consortium.

Se la dose giornaliera di caffè con caffeina che, se assunta, risulta inversamente correlata ai tumori del cavo orale, è rimasta invariata, per quanto riguarda il decaffeinato, questa corrisponde ad un bicchiere al giorno o meno (in entrambi i casi non è stata trovata alcuna correlazione con il rischio di tumori faringei).

Anche per il tè, la dose giornaliera che ha prodotto i migliori risultati è di un bicchiere al giorno o inferiore, ed è inversamente associata al cancro a testa e collo e cancro ipofaringeo. Un consumo superiore ad una tazza al giorno, però, aumenta il rischio di cancro alla laringe (probabilmente per via della teofillina, che può ridurre la pressione dello sfintere esofageo inferiore e può indurre reflusso acido e malattia da reflusso gastroesofageo).

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Aspartame: alcune ricerche suggeriscono effetti nocivi per la salute

Il risultato di una rilevazione compiuta da alcuni esperti pone in cattiva luce l’aspartame, uno dei più famosi e diffusi dolcificanti in circolazione. Alcune ricerche hanno suggerito potenziali legami tra il consumo di aspartame e problemi di salute come mal di testa, disturbi neurologici e persino effetti cancerogeni. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Salvatore Lavino per il portale d’informazione Butta la pasta.

I possibili effetti nocivi dell’aspartame

MILANO – L’aspartame è un dolcificante artificiale ampiamente utilizzato in una vasta gamma di prodotti alimentari e bevande, noto per il suo potere dolcificante, che è circa 200 volte superiore a quello dello zucchero. Introdotto negli anni ’80 come alternativa a basso contenuto calorico, l’aspartame è diventato un ingrediente chiave in numerosi alimenti dietetici e bevande, attirando l’attenzione di consumatori in cerca di opzioni più sane.

Nel corso degli anni, la sua sicurezza è stata oggetto di ampi dibattiti e controversie. Ci sono specialisti rinomati in ambito medico come il professor Franco Berrino che mettono in guardia sempre dal fare uso sia di aspartame che di altri dolcificanti.

La questione principale riguardo l’aspartame è se possa presentare rischi per la salute umana. Diverse ricerche scientifiche sono state condotte per valutare i suoi effetti, ma i risultati sono stati spesso contraddittori. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), la Food and Drug Administration (FDA) e altre agenzie di regolamentazione in tutto il mondo hanno stabilito che è sicuro per il consumo umano.

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Tirreno C.T. si prepara all’apertura: dal 23 al 26 febbraio a Carrarafiere appuntamento con l’hospitality

MASSA – Torna dal 23 al 26 febbraio 2025, nei padiglioni di Carrarafiere, Tirreno C.T., appuntamento imperdibile per gli operatori della ristorazione e dell’ospitalità che con il nuovo anno raggiunge la sua 45° edizione. Un evento che nel panorama delle mostre italiane è riconosciuto come uno dei più importanti di incontro e confronto dell’ospitalità e anche l’edizione 2025 sarà caratterizzata dalla presenza dei principali player del settore. A rendere importante il salone apuano sono sicuramente i numeri.

Nei padiglioni di Carrarafiere sono attesi circa 500 espositori in rappresentanza di più di quasi mille marchi commerciali. Punto di forza di Tirreno C.T. sarà naturalmente la grande affluenza di operatori del settore tra ristoratori, titolari di bar e strutture ricettive di vario genere che ogni anno affollano i padiglioni della fiera.

La manifestazione di Carrara è indubbiamente un evento dove non possono non trovare spazio i grandi marchi del food&beverage italiano ed estero e non solo come vetrina di novità e prodotti di punta. Ma anche e soprattutto come momento di presentazione, degustazione, approfondimento.

Si va dal pane alla pizza, dai prodotti lavorati e semilavorati per la cucina alle forniture alberghiere, passando per la gelateria e la pasticceria. Un’intera area è dedicata al caffè e alle innovazioni del settore grandi impianti. E ci sono anche le attrezzature per la tavola, bar, gelateria e pasticceria fino all’arredo contract per interni ed esterni, compresi tappezzerie e arredo bagno.

Spazio a anche a birre, specialmente le artigianali, ai vini che trovano sempre maggiore consenso tanto che oramai da qualche anno hanno preso sempre più piede anche gli operatori del settore wine and beverage che trovano in Tirreno C.T. un valido alleato e uno spazio professionale di rilievo.

Cuochi, nasce la Confederazione (presentata in fiera) che organizzerà anche le sfide tra professionisti del settore: Pentathlon e Triathlon e poi pasticceria e formazione. Tra le novità di questa edizione, durante il primo giorno di fiera, il 23 febbraio, verrà battezzata per la prima volta in Italia la Confederazione Italiana Cuochi e Artigiani per l’Enogastronomia (CICA-E), una realtà unica nata per unire e valorizzare cuochi, artigiani, imprenditori e professionisti del settore enogastronomico italiano.

La stessa Confederazione darà vita per il terzo anno consecutivo saranno due le gare nelle quali si cimenteranno i cuochi di tutto il mondo. In anteprima assoluta in Italia, il Pentathlon della cucina nasce per valorizzare le capacità professionali dei cuochi e dei commis di cucina nel lavoro di tutti i giorni. Ma che al tempo stesso vuole fare anche formazione tanto che fornisce in anticipo tutte le informazioni e il materiale necessario per allenarsi.

Ideato dai professionisti del settore Fabio Tacchella, Giorgio Nardelli e dal patron della fiera, Paolo Caldana, il Pentathlon prevede cinque prove, tra cui l’ultima nella quale gli sfidanti dovranno fare le spesa e acquistare almeno 5 ingredienti presso un droghiere messo a disposizione dall’organizzazione. Ogni ingrediente avrà un valore e il concorrente dovrà realizzare 3 piatti per la giuria tecnica. Verrà valutato il tempo di realizzazione, la cura dell’impiattamento, il gusto e la pulizia della postazione.

Per quanto riguarda il Triathlon, invece, è una gara che nasce su idea del Maestro siciliano Domenico Privitera per valorizzare le capacità professionali dei cuochi nel lavoro di tutti i giorni utilizzando la tecnica della cottura con il forno a microonde che deve prevalere nella preparazione della pietanza senza tradire la tradizione del gusto. In calendario lunedì la giornata dedicata agli Istituti Alberghieri, mentre gli chef internazionali si alterneranno nei giorni successivi fino alle finalissime di mercoledì 26 febbraio.

La cucina per i bambini: Tirreno C.T. dedica un focus sul tema. Domenica 23 febbraio i cuochi presenti in fiera daranno vita a un momento di riflessione, seguito da dimostrazioni in cucina, dedicato alla cucina per i più piccoli.

A partire da una tavola rotonda e confronto dal titolo “Baby menù 4.0: un problema o un’opportunità?”. Tutto nasce dal protocollo Slurp Kids che ha come obiettivo quello di trasformare la ristorazione di target familiare (e non solo), da esempio scadente a modello virtuoso. Gli chef e i maître saranno i protagonisti di questa rivoluzione culinaria e sociale.

Formazione e spettacolo a Tirreno C.T. Sarà di nuovo presente in fiera anche la Scuola Tessieri con tante iniziative portate avanti dai più famosi professionisti del settore. La scuola per aspiranti cuochi avrà uno spazio dedicato animato da tanti momenti dimostrativi. Ampio spazio poi al mondo della pasticceria con la presenza sempre più forte della Federazione italiana pasticceri (FIP) che anche quest’anno porterà i principali concorsi internazionali.

Incontri B2B per il Centro Italia: ecco il cuore di Tirreno C.T. La manifestazione ha il suo vero cuore nell’incontro qualificato fra domanda e offerta, un importante scambio business-to-business tra gli operatori del Centro e Nord Italia.

Grazie anche a questo, Tirreno C.T. in questi anni è diventata un vero e proprio punto di riferimento con una continua crescita di consensi, sia in termini di offerta commerciale, sia in termini di pubblico con 62mila presenze di media nelle ultime edizioni.

Balnearia, il meglio per l’ospitalità in spiaggia. Prosegue il legame con Balnearia, il salone professionale dell’outdoor design, benessere ed attrezzature balneari che fanno di Tirreno CT un unico grande evento di riferimento per il segmento dell’accoglienza, dalla ristorazione al wellness, dallo street food all’hotellerie per arrivare all’ospitalità in spiaggia. Giunta alla ventiquattresima edizione, Balnearia, vede nei propri spazi rappresentato il meglio dei settori merceologici, oltre ad essere da sempre anche un importante momento di incontro per tutti gli operatori. Grazie al coinvolgimento delle associazioni e delle organizzazioni sindacali di categoria, ci saranno anche in questa edizione numerose opportunità di informazione e confronto sulle più sentite tematiche del settore.

Tirreno C.T. e Balnearia sono organizzate da TirrenoTrade Srl con la collaborazione di enti regionali, provinciali e associazioni di categoria. Per informazioni sulla fiera e per poter partecipare come espositori o visitatori basta cliccare qui.

A Torino torna il gelato di latte Biraghi: ora in vendita anche d’inverno

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Il celebre gelato di latte Biraghi sarà di nuovo disponibile nel negozio di Torino in Piazza San Carlo 188. Questa volta sarà possibile gustare il dolce anche per l’inverno a partire da venerdì 31 gennaio. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Agen Food.

Il ritorno del gelato di latte Biraghi a Torino

TORINO – A partire da venerdì 31 gennaio, il celebre gelato di latte Biraghi sarà nuovamente a disposizione di torinesi e turisti nel negozio di Piazza San Carlo 188. Anche se, per le sue caratteristiche, il gelato di latte Biraghi viene tipicamente associato all’estate e ai mesi caldi, sono sempre di più i consumatori che negli ultimi anni hanno dimostrato di amarlo tutto l’anno, anche durante la stagione autunnale e invernale.

Per questo motivo, sarà possibile gustare di nuovo tutta la sua freschezza – e scattare l’immancabile foto che lo immortala con lo sfondo della piazza, usanza social che sta diventando ormai virale – già a partire dalla fine di gennaio.

“È tutto pronto per il ritorno del nostro storico gelato di latte in Piazza San Carlo” dichiara Fabio Benvenuti, responsabile del Negozio Biraghi di Torino, come riportato da Agen Food. “Andare incontro alle richieste dei nostri consumatori, che ce lo chiedono tutti i giorni, è del resto uno dei nostri obiettivi principali. Se nel 2024 abbiamo servito più di 250 mila gelati, raggiungendo così un vero e proprio record, nel 2025 ci auguriamo di ottenere risultati ancora più sorprendenti”.

Con una storia che inizia negli anni Cinquanta presso lo storico Negozio dell’azienda a Cavallermaggiore, di fianco allo stabilimento produttivo, il Gelato di Latte Biraghi è realizzato con soli tre ingredienti – latte, panna e zucchero – e prodotto fresco ogni ora, con latte proveniente esclusivamente dalle province di Cuneo e Torino, senza emulsionanti, aromi né stabilizzanti.

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New York: ecco Blank Street Coffee, la catena rivale di Starbucks che vale 180 mln di dollari

NEW YORK – La catena di caffetterie Blank Street Coffee di Williamsburg di Brooklyn a New York vale 180 milioni di dollari. Il marchio è nato nel 2020 dai libanesi Vinay Menda & Issam Freiha che si sono ritrovati a New York per studiare rispettivamente alla NUY e alla Columbia University.

Le origini di Blank Street Coffee

Inizialmente vendevano solo caffè e cappuccini in un furgoncino ma, come riporta il profilo Instagram di MicheloneUSA, a prezzi più bassi del 25% rispetto a Starbucks.

L’iniziativa riscuote un successo immediato e la presenza di Blank Street Coffee si propaga in diverse aree della Grande Mela.

A Manhattan finalmente i due aprono il primo negozio fisico di soli 45 metri quadrati. L’idea di business che contraddistingue il marchio è composto da negozi piccoli e minimal che permettono di massimizzare gli spazi e avere al tempo stesso affitti bassi.

Al tempo stesso lo staff di ogni store è composto solo da 1 o 2 dipendenti e la presenza di un menù completamente digitale che permette pagamenti veloci.

Londra: gli shop Yolk offre caffè gratis ai genitori durante la pausa scolastica

La catena londinese di ristorazione Yolk offre caffè gratis ai genitori durante la pausa scolastica con qualsiasi acquisto per far fronte alla pressione derivante dal lavoro e dagli impegni familiari. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di George Mortimer per il portale d’informazione Secret London.

L’offerta della catena di caffetteria Yolk

LONDRA – È ufficialmente metà trimestre, il che significa che le strade di Londra stanno per essere saccheggiate da più bambini del solito. E probabilmente anche i genitori hanno bisogno di più caffeina del solito. Yolk, gli appassionati di caffè e panini che troverete in giro per il centro di Londra, hanno anticipato il loro bisogno di caffeina e offrono un caffè gratuito con qualsiasi acquisto in negozio durante la pausa scolastica.

Il semestre può essere un’occasione meravigliosa per trascorrere del tempo di qualità con i bambini, ma spesso i genitori sentono la pressione di dover riempire la settimana di attività divertenti, oltre a doversi destreggiare con il proprio lavoro e, naturalmente, con il resto del carico mentale che un genitore si porta dietro. Yolk ha deciso di rendere le cose un po’ più semplici per i genitori.

Quindi, se vi trovate nel centro di Londra durante il semestre, fate un salto in una filiale Yolk, prendete un panino o un brownie, o una bevanda per il vostro piccolo, e avrete un caffè offerto dalla casa. L’offerta è valida per qualsiasi acquisto, quindi potreste anche ottenere due caffè al prezzo di uno se è davvero uno di quei giorni.

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Londra: gli autobus a due piani alimentati dal caffè

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I celebri bus rossi a due piani tipici della capitale del Regno Unito girano la città (anche) grazie a un liquido ricavato dagli scarti di caffè dei bar che viene poi mischiato al classico diesel. Leggiamo di seguito parte dell’articolo di Leonardo Ciccarelli per il portale d’informazione Cookist.

Il caffè come carburante dei bus di Londra

Possiamo usare il caffè come carburante per le auto? Sì e no ma è sicuramente uno dei biocarburanti più interessanti che ci siano al mondo. Questa innovazione è già molto presente, almeno nelle vite degli inglesi. Fin dal 2017 la maggior parte degli autobus di Londra circolano grazie a un biocarburante ricavato dai fondi di caffè, riducendo così l’impatto ambientale senza necessità di modifiche ai motori. L’idea è frutto della startup britannica Bio-bean, che in collaborazione con Shell e Argent Energy ha sviluppato un combustibile innovativo capace di integrare gli scarti della filiera del caffè nella produzione di biodiesel. Il risultato? Un’alternativa più ecologica al diesel tradizionale, capace di ridurre le emissioni di CO₂ e dare nuova vita a un rifiuto spesso sottovalutato.

Dalla tazzina al serbatoio: come nasce il carburante al caffè

Il processo è tanto semplice quanto rivoluzionario: Bio-bean raccoglie i fondi di caffè da bar, ristoranti e aziende alimentari, li essicca e ne estrae l’olio, che viene poi miscelato con altri biocarburanti e infine combinato con il diesel tradizionale. Ogni lotto di produzione genera circa 6.000 litri di carburante, sufficienti per alimentare un autobus per un anno intero.

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Ecco il primo ristorante al mondo gestito dall’intelligenza artificiale all’aeroporto di Barcellona

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BARCELLONA – All’aeroporto di Barcellona è stato inaugurato il primo ristorante al mondo gestito dall’intelligenza artificiale. Il progetto è stato supervisionato da Areas, la multinazionale spagnola specializzata in food&beverage e retail di viaggio.
SELF è un ristorante di 137 metri quadrati situato nel Terminal 1 presso il gate B24.

All’interno del locale è possibile trovare tecnologie d’avanguardia sviluppate da IJRRobótica e AEV con grandi marchi come Coca-Cola, Lavazza e Danone.

SELF offre un’esperienza innovativa e completamente automatizzata, grazie a un braccio robotico avanzato in grado di gestire fino a sei ordini contemporaneamente.

I clienti possono effettuare l’ordine e il pagamento tramite un touchscreen, ricevere un biglietto con un codice QR per poi venire avvisati quando l’ordine è pronto.

Grazie alla visione con intelligenza artificiale, il sistema è in grado di ottimizzare le decisioni in tempo reale.

Marco Tesconi, Keber: “Le macine dei macinadosatori sempre al centro del mondo del caffè anche nel futuro”

La macinatura, e di conseguenza le macine dei macinadosatori, sono un passaggio fondamentale per arrivare all’espresso perfetto o alle preparazioni alternative eccellenti.  Alcuni esperti sostengono che la macinatura sia il passaggio più delicato e importante di tutta la vita del chicco di caffè. Un tema tecnico complesso, molto importante e delicato che va affrontato di petto.

Per questo ne abbiamo parlato con Marco Tesconi, global business development manager di Keber a SIGEP. In questa occasione Keber, che fa parte di Cimbali Group, ha annunciato l’apertura del sito di e-commerce a febbraio, per il mercato italiano.

Tesconi, siamo davanti a un componente fondamentale per il caffè perfetto: qual è esattamente l’importanza della macina nel processo di estrazione?

“La prima attrezzatura che incontra un chicco di caffè tostato è il macinatore e il suo cuore è costituito dalla macina.

Tutti i macinatori nascono partendo proprio dalla macina perché è questa che determina la velocità di produzione, e la qualità del macinato. Quindi è fondamentale lo studio della corretta geometria della macina stessa per arrivare al risultato desiderato. Se viene sottovalutato questo aspetto il rischio è proprio quello di avere un risultato in tazza qualitativamente negativo.

Uso la lente di ingrandimento per chiarire che, se il macinatore oltre a macinare bene, non riesce a espellere ciò che la macina produce, le particelle di caffè si scontrano tra loro e creano un attrito molto elevato. In questa condizione la temperatura della polvere di caffè diventa troppo elevata (si può alterare addirittura il colore del caffè) e ciò porta ad un’alterazione del gusto finale che risulterà sbilanciato verso l’amaro”.

Quindi per estrarre un caffè dolce ci vuole una macina adeguata?

“Sì, ma attenzione. Perché non sempre si vuole trovare la dolcezza in tazza. Oggi il mondo del caffè sta vivendo un’evoluzione molto marcata anche grazie a ciò che sta succedendo nel mondo degli specialty, l’obiettivo è poter ottenere un risultato allineato alle aspettative e ai desiderata. A tal proposito mi permetto di generalizzare.

Da un lato c’è una maggiore consapevolezza sul prodotto in tazza da parte del consumatore, che comincia a chiedere prodotti peculiari con dei gusti e delle note aromatiche alternative, non per forza specialty coffee, ma sempre caffè di altissima qualità. Dall’altro inevitabilmente i torrefattori devono adeguarsi e sempre più scelgono dove indirizzare le loro proposte in base alle richieste delle diverse tipologie di clientela.

Quindi per un caffè dolce, tratteremo il chicco in maniera specifica e useremo un materiale che enfatizzerà la dolcezza. Lo stesso discorso vale per far emergere l’acidità o un profilo aromatico fruttato piuttosto che uno molto più intenso. A parole sembra tutto estremamente complesso, ma dal materiale e dal taglio della macina riusciamo a guidare il risultato finale.

Per questo motivo noi di Keber vogliamo sapere innanzitutto quello che il nostro cliente, che è il costruttore dell’attrezzatura, vuole ottenere. Ecco che, se la macina non tiene conto dell’obiettivo del nostro cliente – che può essere produttore di attrezzatura, torrefattore o utente finale – difficilmente si ritroverà in tazza il gusto che desidera”.

Mi conferma che partendo dallo stesso caffè si può ricavare una bevanda fruttata, più dolce o più amara, semplicemente cambiando la macina?

“Assolutamente sì. E’ come un sogno che si sta realizzando, per questo sono convinto che l’argomento macine sarà il tema centrale dei prossimi anni riguardo al caffè.

Ad esempio proviamo a spostarci sulla tematica della ricetta, che è più di facile comprensione per tutti: partiamo da una macro suddivisione: caffè filtro o espresso, oppure café creme più lunghi e alti.

Già per queste ricette dovremmo essere certi di avere la macina giusta poiché quella da espresso deve riuscire a restituire una parte impalpabile che creerà un ostacolo quando l’acqua calda passa attraverso il pannello del caffè per preparare l’espresso perfetto.

Se parliamo di un filtro invece, la macina non dovrà generare polvere troppo sottile ma dovrà garantire una certa omogeneità per permettere all’acqua di restituire dei profili aromatici un po’ più acidi, facendo meno resistenza al passaggio del liquido caldo. Quindi, già come ricetta di base, dovremmo appoggiarci a due macine differenti con geometrie differenti.

Per questo motivo l’approccio di Keber è sartoriale: con il cliente degustiamo e capiamo come arrivare al gusto desiderato e in seguito si applicheranno modifiche, si svolgeranno diversi test finché non troveremo il giusto equilibrio desiderato dal committente”.

Passiamo ad un argomento didattico, nel vostro stabilimento fate macine piane e coniche, può raccontarmi di più?

“Sono due concetti tecnicamente diversi: la macina piana nasce ed è in continua evoluzione in funzione dei macinadosatori on demand perché la forza centrifuga riesce a far fuoriuscire rapidamente il caffè dalla camera di macinatura.

Mentre la macina conica è ancora molto diffusa sui macinatori con dosatore oppure dove il caffè per gravità scende verticalmente: macinatori manuali, oppure i macinatori delle macchine superautomatiche: Siamo orgogliosi di essere riconosciuti per questa tipologia come assoluti leader di mercato.

Mentre per le macine piano stiamo svolgendo attività di ricerca in modo da poter proporre soluzioni sempre più distintive”.

Cosa succede con una macina usurata sia essa conica o piana? Quanto tempo si mette ad usurarsi?

“Innanzitutto dipende dalla quantità di caffè utilizzato. Quanti chili di caffè si fanno. Quindi quanti chili può durare una macina? Ecco che la risposta dipende dal materiale che si usa, se più morbido o più duro. Più è duro più è resistente. Tra questi il più diffuso in questo momento è l’acciaio K110, materiale che permette anche di essere trattato, di avere una copertura, un coating, garantendo un’ulteriore durezza.

Specifico inoltre che in base al coating scelto è possibile caratterizzare il risultato in base ai desideri del committente. Ad esempio prendiamo una macina da 64mm a più diffusa in commercio: il cui range di costo può variare tra i 30 e i 300 euro: oltre alla qualità del macinato erogato, la differenza è data anche dalla sua durata.

Ad esempio la versione standard può resistere fino a circa 400kg, la stessa macina nella versione in acciaio K110 supera i 1000 kg, può infine un coating aggiuntivo portare fino a 2000 di macinato prima di arrivare al deterioramento.

Per accorgersi che una macina è finita ci sono due indizi principali: si nota un abbassamento della produttività e, di conseguenza si ha un minor rendimento. Inoltre, il gusto finale virerà completamente verso l’amaro, proprio perché la macina, non riuscendo a tagliare, mantiene il particolato all’interno della camera di macinatura e opera schiacciando il chicco.  Le temperature saranno per questo più elevate e si avvertirà anche che la parte superiore del macinatore surriscaldata: risultato, una crema evanescente in espresso, che scomparirà molto rapidamente in superficie”.

Tanta tecnica, un pochino di magia e tanta storia che confluirà a febbraio in un e-commerce. Che cosa vuol dire vendere in e-commerce degli oggetti apparentemente semplici ma così sofisticati?

“Tutto nasce dalla passione di Keber per un prodotto e per il mondo del caffè. È questa che fa sì che il nostro lavoro non rimanga fine a se stesso. Desideriamo portare la nostra competenza il più possibile a produttori di equipment, a torrefattori ed anche agli utenti finali.

All’inizio ho parlato di una maggiore consapevolezza da parte del consumatore. Abbiamo clienti che nei bar scelgono il caffè perché vedono delle proposte nuove e sono disposti a pagare un po’ di più, per trovare qualcosa di diverso. Alcuni di loro sono anche gli appassionati che a casa hanno i macinadosatori (anche se sono ancora una nicchia, soprattutto in Italia) e ciò ci fa pensare che ci sia l’interesse ad un miglioramento di ciò che sta già utilizzando, come una sorta di upgrade. È un po’ come le gomme dell’auto: quando si usurano posso ricomprare le stesse che mi ha fornito la casa madre, oppure posso scegliere delle soluzioni dalle performance migliorative”.

Tesconi, vuole aggiungere ancora qualcosa?

“Aggiungo una frase che racconto a tutti che siano colleghi o clienti: il momento fondamentale per un chicco di caffè è quando incontra una macina, se non se ne tiene conto tutti i passaggi successi potrebbero perdere in qualità del risultato: quindi la trasformazione attraverso una macchina espresso, sarà difficile anche con le migliori attrezzature che ci sono oggi sul mercato”.

Covim, bilancio 2024, perdita sì ma contenuta: Luca Solari, “Obiettivo 2° semestre 2025 il riequilibrio tra costi e ricavi”

La parola a Luca Solari, amministratore delegato Covim e già Presidente del Comitato Italiano del caffè, che commenta l’attuale contesto che vede il settore caffeicolo in estrema difficoltà: come la sua azienda ha affrontato questi anni di messa alla prova e che hanno segnato un ultimo bilancio in rosso, anche se in maniera limitata.

Luca Solari, ceo Covim insieme ad uno dei soci Claudio Picci, spiega senza giri di parole: “Non è una notizia che ci ha colto impreparati. Difatti si tratta di una perdita molto contenuta rispetto ai rumors che si sentono riguardo altre aziende del settore che hanno avuto maggiori difficoltà. Bisogna essere coerenti, senza nascondersi dietro a un dito.

Covim è un’azienda che si è presente sia in Italia sia all’estero. E in tutte e tre le classi merceologiche dove il caffè viene venduto: horeca, vending, GDO con marchio proprio e quello del distributore. Per questo teniamo molto in considerazione il mantenimento degli standard qualitativi, delle schede tecniche concordate per la creazione dei nostri prodotti. Volevamo segnalare con molta preoccupazione le problematiche per tutta la filiera a tutti gli operatori lungo di essa.

Abbiamo bisogno di coinvolgere tutta la supply chain, a partire dai fornitori, dai nostri clienti B2B e B2C affinché ci si renda conto della crisi che sta colpendo tutto il comparto. “

Una perdita contenuta, quella di Covim

“Per quanto riguarda le perdite di Covim, i bilanci ancora non sono stati resi ufficiali e per ora si parla soltanto di dati tendenziali. Abbiamo avuto comunque un incremento notevole di fatturato e di volumi di vendita.

Tuttavia, il vero problema è trovare l’equilibrio tra le marginalità e le spese sostenute per la materia prima. Pensiamo solo che sono più di tre anni che il prezzo del caffè sta aumentando senza sosta. Un andamento mai successo negli anni precedenti, a partire dagli anni ’70 quendo i picchi si esaurivano nell’arco di un massimo di sei mesi, un anno.

Questa volta non è stato così: Oltre ai soliti fattori climatici che possono influenzare certamente ma che alla lunga possono però essere riassorbiti perché riguardano specifici Paesi d’origine, esiste il problema dell’aumento della domanda di caffè, contro l’offerta dei Paesi esportatori non sufficiente per sostenerla.

Le scorte di riferimento nei porti di imbarco (indicatori per le Borse di Londra e New York) si sono assottigliate e hanno determinato le impennate.

All’inizio di questo periodo di tre anni l’Arabica avevamo una quotazione intorno ai 120-150 cent per libbra e ora, a mese di gennaio 2025 ha sforato i 400 cent per libbra. Invece, per quanto riguarda la Borsa di Londra sulla Robusta, si è passati dai 1.500-2.000 dollari per tonnellata, ai 6.000 dollari per tonnellata.

Vanno inoltre considerati i differenziali sui valori di borsa relativi alle diverse origini/qualità che si intendono acquistare, anch’essi in alcuni casi quintuplicati

Se a tutto ciò si aggiunge che il dollaro, la valuta di riferimento per entrambe le nostre Borse, si è prezzato di un ulteriore 15-20% rispetto all’euro, il quadro si complica ulteriormente. Non solo: esistono tutti gli altri fattori che hanno inciso nel penalizzare il comparto delle torrefazioni, come i noli – e non solo per la chiusura del Canale di Suez ma anche per motivi congeniti al settore – gli aumenti su tutte le materie come plastiche, alluminio e non ultime, le tensioni sugli acquisti di energia elettrica e di gas.

Per cui, il messaggio che vogliamo dare è che abbiamo bisogno di una maggiore condivisione in tutta la filiera degli operatori del caffè, per far sì che questo comparto così importante per la tradizione del mercato italiano e non solo, venga preservato. Sia in termini di tutela delle stesse aziende e per rispettare gli standard qualitativi.”

Solari: “Confidiamo che l’esercizio 2025 abbia un andamento opposto”

“Il 2024 era partito per le torrefazioni con i primi sei mesi relativamente stabili e gli altri sei, in particolare il quarto trimestre, con un’ulteriore impennata delle condizioni d’acquisto. Prevediamo per il 2025 un primo trimestre e probabilmente anche il primo semestre ancora caratterizzato da forti tensioni, con un trend di aumenti dei prezzi ancora in crescita. Nel corso del 2025 cercheremo di allineare i listini di vendita e con l’obiettivo nel secondo semestre 2025 di riequilibrio tra le voci di costo e di ricavo, ristabilendo una parità.

Confidiamo che il trend dei rincari possa addirittura ripiegare di un 10-20%, come avanzano le ultime analisi Reuters, e questo ci permetterebbe di prendere una boccata di ossigeno.”

Covim nel vending

“Sicuramente i prezzi di questo canale sono marginali ed è necessario un interscambio continuo con i responsabili agli acquisti per trovare un equilibrio. Ci sono grosse difficoltà per riuscire ad assorbire da parte dei grandi gruppi nostri clienti, questi aumenti. Ma l’aumento dei prezzi fa parte di un processo inevitabile anche in questo canale.”

Quali sono le strategie che state mettendo in campo per superare la crisi?

“Covim sta cercando di efficientare innanzitutto la procedura di lavoro e di assetto. Abbiamo da gennaio 2024, accorpato la sede commerciale nella sede in cui esisteva l’unità produttiva storica nell’entroterra di Genoa, nel comune di Tribogna. Abbiamo aperto i nostri nuovi uffici e ora possediamo uno spazio unico per migliorare l’efficienza sotto ogni punto di vista.

Abbiamo investito in questi due anni di lavori, sul nostro nuovo polo logistico con 6.400 posti pallet, gestito da navette laser guidate con un intervento degli operatori sempre più limitato. Questo, insieme al nostro sforzo, di mantenere elevati standard qualitativi senza compromessi, ci auguriamo ci faccia attraversare questi periodi di tempesta. Continuiamo a puntare ugualmente su tutti e tre i canali.”

“Una presa di coscienza del consumatore finale è necessaria”

“Al fine di comprendere che il caffè è un prodotto, seppur popolare, che va valorizzato soprattutto quando si acquista di un certo pregio.

Il primo problema è avere la capacità di acquistare sul mercato, riuscendo a reperire il caffè e a farne maggiore scorta, in modo da non alterare la composizione delle miscele.

L’approvvigionamento e la disponibilità di crudo sul mercato mondiale sono due punti critici. Molte aziende meno strutturate non riescono più a mantenere le percentuali abituali della proprie miscele di vendita. Per realizzare il prodotto finito bisogna avere delle risorse per sostenere il costo della materia prima, e giocare un po’ in anticipo.

Dall’altra parte, il comparto del canale bar, qualora riuscisse a proporre almeno una tazzina media almeno intorno all’euro e 50, potrebbe garantire una remunerazione migliore anche per i gestori. “