lunedì 01 Dicembre 2025
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Caffè Vergnano presenta i prossimi capitoli di Women in Coffee: “Far viaggiare l’Accademia alle origini”

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Carolina Vergnano e Federica Pellegrini (foto concessa) Caffè Vergnano
Carolina Vergnano e Federica Pellegrini (foto concessa)

MILANO – Nella cornice internazionale di Host, il rosa colora le macchine per espresso e le tazzine, sotto il nome di Caffè Vergnano: il progetto Women in Coffee colpisce già l’occhio di chi è di passaggio per bersi un buon espresso. A presentarne gli sviluppi due donne che hanno bisogno di poche introduzioni, in prima fila l’amministratore delegato Carolina Vergnano insieme a Federica Pellegrini.

Unite dalla stessa missione: l‘empowerment femminile, attraverso formazione e cultura. L’azienda piemontese attraverso un’azione di supporto alle coltivatrici e la campionessa nel ruolo di fondatrice della Fede Academy, dedicata ai giovani talenti del nuoto.

Il rosa dello stand

Alcuni numeri per capire il contesto da cui partire per comprendere i punti critici alle origini della filiera: il 70% della forza lavoro nelle zone di coltivazione è femminile, mentre il 25% delle stesse farm è gestita da delle donne.

Women in Coffee, progetto di sostenibilità sociale partito nel 2018, in collaborazione con l’organizzazione no profit IWCA (International Women’s Coffee Alliance) si è posto l’obiettivo condiviso di sostenere le farmer donne in un percorso di emancipazione sociale ed economica.

I primi due capitoli di questa iniziativa si sono svolti nel 2019 nella Repubblica Dominicana con l’acquisto di una tostatrice e l’avvio di un laboratorio di roasting gestito da 20 donne; e tra il 2021 e il 2022 in Honduras con l’apertura di una biblioteca a disposizione dei bambini e l’apprendimento.

Caffè Vergnano continua nel segno delle Women in Coffee

Quali sono dunque i prossimi step di questo percorso di sostenibilità sociale?
Le novità pianificate sono tante: si parte con lo sviluppo di un network tra Accademie posizionate in tutti i Paesi delle piantagioni, per mettere in contatto Chieri e le zone d’origine del chicco.

“Far viaggiare” l’Accademia” di Chieri portavoce del credo aziendale, costituirà quindi un
punto di partenza per creare dei veri e propri centri di formazione che possano dare alle donne la possibilità di migliorare le proprie competenze, acquisire maggiore consapevolezza e arricchirsi professionalmente, con l’aiuto dei Coffee Expert dell’Accademia Vergnano.

Federica Pellegrini – Women in Coffee (foto concessa)

Parallelamente, anche la strada intrapresa tra Caffè Vergnano e la campionessa olimpica di nuoto proseguirà nei prossimi mesi, con la missione di continuare a supportare il mondo femminile e dar vita insieme ad iniziative concrete.

Caffè Vergnano

Caffè Vergnano è una delle più antiche torrefazioni italiane a livello nazionale.

Fondata nel 1882 e ancora oggi guidata dalla famiglia, da oltre 140 anni racconta il rito dell’autentico espresso italiano portando in una tazzina profumi e aromi di tutto il mondo. Il segreto delle miscele è la tostatura, lenta e tradizionale che valorizza ogni singola origine, nel rispetto della materia prima.

Le miscele Caffè Vergnano si trovano nella grande distribuzione, nei migliori bar e negli oltre 180 Caffè Vergnano 1882, la catena di caffetterie all’italiana presente in tutto il mondo.

IWCA Italia a Host da Trismoka, Uberti: “Ai colleghi torrefattori: cogliete l’occasione di fare qualcosa per gli altri”

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IWCA Italia
Miss Moka a Host

MILANO – Nell’area Trismoka di Host si parla di emancipazione femminile e di caffè di qualità: impatto sociale e gusto, si uniscono in Miss Moka, prodotto nato dalla torrefazione Trismoka, associato di IWCA Italia, a sostegno dei progetti portati avanti dall’Associazione nelle piantagioni in cui operano le donne.

Al lancio, la Presidentessa di IWCA Italia Eleonora Pirovano, Simona Tironi, Assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro e, ovviamente Paolo Uberti, ceo Trismoka.

IWCA Italia e Trismoka per lo sviluppo e l’empowerment femminile su tutta la filiera del caffè

A livello internazionale IWCA conta su una rete di 33 capitoli, 33 paesi diversi, all’interno della quale nel 2020 l’Italia è entrata a fare parte.

Elonora Pirovano, Presidentessa IWCA Italia

Racconta gli obiettivi dell’Organizzazione, Eleonora Pirovano: “Importare qualità e sostenibilità attraverso l’acquisto di caffè crudo proveniente da coffee farm coltivate da donne (il 70% della forza lavoro nelle piantagioni è formata da donne, mentre il 25% sono a capo delle stesse aziende).

Il nostro sostegno attraverso l’acquisto di caffè è dare loro un’indipendenza a livello economico e sociale per continuare a produrre un caffè di qualità e sostenibile.

Sguardo rivolto anche alle donne sul territorio nazionale. Quest’anno grazie anche a Fondazione Pangea, abbiamo sviluppato un corso professionale con 10 donne rifugiate politiche da Kabul per ripartire con una professione barista.”

Silvia Redigolo, Fondazione Pangea

E a questo punto completa il racconto Silvia Redigolo, Fondazione Pangea: “Vi porto qui l’emozione delle 10 ragazze afghane che hanno seguito il corso che hanno ricevuto i complimenti dei formatori.

Sono affamate di vita, hanno voglia di lavorare in Italia e avere un riscatto economico e sociale. Nella tazzina di caffè, nel cappuccino, nella caffetteria, hanno visto il loro passaporto verso la libertà.

Questi tre giorni hanno cambiato la loro vita: ai momenti di saluti, con le lacrime agli occhi ci hanno ringraziato perché per la prima volta, si sono sentite in famiglia.”

La speranza è quella di replicare questi progetti, con il sostegno di tutti per poter diventare una comunità sempre più grande.

Da associato a IWCA Italia, presenta il prodotto Miss Moka, Paolo Uberti:

Paolo Uberti, Trismoka

“Il mio lavoro sarebbe quello di selezionare i migliori caffè al mondo, metterli insieme e venderli. Nella realtà io e Trismoka siamo armati dalla voglia di esser utili agli altri, da oltre vent’anni. Investendo tantissimo nella formazione professionale.

Nel 2002/2003 siamo stati i primi a dar vita ai campionati baristi.

Di fronte alla possibilità di sostenere il prossimo, lontano da noi, non ho potuto far altro che aderire all’iniziativa.

Come azienda abbiamo fatto ricerca e voluto dare un carattere unico a questo nuovo prodotto, che abbiamo chiamato Miss Moka per dare onore a questo progetto.

Suggerirei ai miei colleghi, di cogliere anche loro questa opportunità. Abbiamo il dovere di ridare al territorio un po’ di quello che abbiamo ricevuto.

Parliamo di caffè speciali, di altissimo livello, raccolti spesso oltre i 1500 metri con un carattere organolettico straordinario. Tutto quello poi che c’è dietro la materia prima, ha un valore in più. Per questo sono felice di ospitare l’Associazione in un contesto internazionale.”

Simona Tironi, Assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro

L’assessore regionale all’istruzione e al lavoro, tutti i giorni si occupa del sociale: “Per me questa è un’occasione straordinaria, nel conoscere un progetto che può aiutarci a fare la differenza. Trismoka va oltre i confini della provincia di Brescia con i suoi progetti.

Essere qui oggi per presentare e fare da apripista per altri torrefattori in modo che possa crescere il progetto, è straordinario.

Aggiungo una riflessione: come regione Lombardia ci onoriamo di rappresentare quelle percentuali e risultati più alti sulla nazione per quanto riguarda il tema e il messaggio dell’uguaglianza di genere, investendo molto per la certificazione in merito delle nostre aziende.

Il tema dell’indipendenza che parte dai due punti cardine del mio assessorato: l’istruzione e poi il riconoscimento e l’inserimento nel mondo del lavoro delle donne, che oggi ancora fanno fatica e si scontrano con una realtà difficile, come quello delle donne nelle piantagioni.

Ringrazio Pangea per le attività che portano avanti a sostegno delle nostre donne.”

Guido Castagna: “Il nostro cacao segue i tempi della natura e non prevede bambini sfruttati”

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guido castagna metodo naturale
Monica Meschini, chocolate e tea taster insieme a Guido Castagna, maestro cioccolatiere Apei

MILANO – Il progetto di formazione e cultura Chocolate Culture, lo spazio della fiera di Host dedicato al cioccolato è stato caratterizzato da momenti di approfondimento, masterclass, focus e talk con i protagonisti italiani e internazionali del settore guidati dal maître chocolatier Davide Comaschi.

Il 14 ottobre, il secondo giorno della manifestazione horeca di Milano, il palco di Chocolate Culture ha visto la partecipazione di Guido Castagna, maestro cioccolatiere Apei, Ambasciatori pasticceri dell’eccellenza italiana, e Monica Meschini, chocolate e tea taster nonché una delle maggiori esperte di cacao, cioccolato e tè, con la masterclass intitolata “Cocoa Belt e cioccolato di qualità”. Fulcro del talk è stata la sostenibilità nella filiera del cacao con il Metodo naturale Guido Castagna utilizzato per la produzione del cioccolato.

La sostenibilità nel Metodo naturale Guido Castagna

Monica Meschini prende la parola: “Iniziamo il talk di oggi con un cioccolato d’eccezione: il Madagascar Sanbirano Raw 70% del maestro Guido Castagna. Cosa si intende con il termine “raw”? Alcuni credono si tratti di cacao completamente crudo ma ciò non deve trarre in inganno: se si vuole fare un buon prodotto, quest’ultimo non può assolutamente essere crudo”.

Meschini aggiunge: “Durante la fermentazione del cacao la temperatura va oltre i 50°: ovviamente il prodotto sviluppa precursori aromatici solo se è prevista la cottura. Raw significa, in realtà, cacao minimamente processato. È giusto che il consumatore sappia che cosa sta consumando e perché certi prodotti vengano pagati più di altri”.

Un rapporto diretto tra i due estremi della filiera del cacao

Meschini aggiunge: “Tra Guido Castagna e i coltivatori di cacao c’è un rapporto diretto che non prevede la presenza di terze parti: il maestro va direttamente a comprare il cacao da loro e ciò fa sì che ci siano migliorie sia nel prodotto finale ma anche a livello economico per i coltivatori che rappresentano la prima parte della catena della filiera e senza i quali, ricordiamo, non ci sarebbe il cioccolato. È importante permettere che essi possano non solo sopravvivere ma vivere con dignità ed elargire loro un compenso adeguato”.

guido castagna metodo naturale
La presentazione del Metodo naturale di Guido Castagna (immagine concessa)

Meschini continua: “Quando si produce un cacao raw, perciò minimamente processato, si raccoglie maturo, si mette a fermentare ma non troppo pesantemente in modo tale che non si rischi una sovra-fermentazione: è importante perciò non eccedere nel processo. Altro elemento di grande importanza è la tostatura che è nelle mani del chocolate maker. Avere un rapporto diretto tra la prima e l’ultima parte della catena è un qualcosa di indispensabile per ottenere un prodotto di qualità. Guido ha deciso però di non far intendere il suo cacao raw semplicemente come poco processato ma di spingersi più in là: ecco quindi la nascita del Metodo naturale Guido Castagna”.

Valore economico, sociale e sostenibile del cacao

Guido Castagna spiega nei minimi dettaglio il processo: “Il nostro cacao è preso da cooperative in cui non avviene lo sfruttamento minorile, un dato per noi fondamentale. Dietro il lato dolce del cioccolato c’è una controparte amara: soprattutto in Costa d’Avorio, Paese con il 40% di produzione mondiale del cacao, che ha un grande problema in questo senso.

Una problematica di questa filiera è presente anche in Italia: tante industrie e cioccolaterie hanno dal 30 al 50% di lavoro stagionale mentre la nostra realtà prevede che si assuma personale tutto l’anno: il primo motivo è perché servono sempre professionisti e, infine, perché impieghiamo il processo del cacao nel periodo tra primavera e estate che prevede il metodo naturale.

Come avviene ciò? Per prima cosa c’è la selezione del cacao più pregiato: siamo dell’idea che se l’ingrediente di base è buono il 50% della ricetta è fatta, il resto sta a noi nel non rovinarlo. Facciamo una selezione manuale delle fave per rimuovere tutte le impurità e le parti più piccole”.

Dalla selezione della materia prima alla maturazione

Castagna aggiunge: “In questa fase si toglie perciò la carica batterica della buccia della fava ed entra in gioco la reazione di Maillard, una serie di fenomeni che avvengono a seguito dell’interazione di zuccheri e proteine durante la cottura (ne abbiamo parlato qui in merito al caffè). Avviene perciò una lavorazione a bassa temperatura per la durata di 60 minuti per valorizzare la base aromatica presente nel cacao.

“Entrando nel sistema un po’ più caldo del metodo naturale, il cacao viene rotto e le bucce vengono date ad una cascina, chiamata Cascina Bramante, che le dà come parte integrante del pasto alle vacche: il latte del loro prodotto viene venduto ad una ditta che la trasforma in latte in polvere che noi, infine, compriamo. Un passaggio che da alcuni viene definito economia circolare”.

Il prossimo passaggio prevede la pre-raffinazione e il concaggio. Il cioccolato temperato viene modellato in blocchi, matura sei mesi a temperatura controllata per regolare il gusto acerbo dei prodotti naturali.

Un metodo lento che segue i ritmi della natura

Meschini aggiunge: “Si tratta di un prodotto ideato nel rispetto del seme del cacao acquistato a valle della catena con un grande lavoro dietro. Guido paga, in media, il doppio rispetto al prezzo di un seme comune. Non solo: il cacao è sporco e si deve pulire per bene e questo prevede un ulteriore costo”.

Castagna riflette: “Il nostro cacao selezionato subisce il 30% di perdita di peso. Il metodo naturale prevede una lavorazione con tempi lenti. Il cacao viene lasciato maturare per 6 mesi: questo fa sì che si preservino i profili aromatici in un metodo che, sotto diversi punti di vista, non è diverso da quello del vino”.

A conferma di ciò, il cioccolato della presentazione, il Madagascar Sanbirano Raw 70% è stato ottenuto tramite un lungo processo di maturazione per ottenere note cremose, burro, melassa, miele di fiori selvatici e fichi secchi.

È arrivato poi il turno dell’assaggio del classico gianduiotto, della crema 68% di Nocciola Piemontese IGP vincitrice degli International Chocolate Award e del cioccolatino in vecchio stile con una placca tagliata tagliata a cubetti e rivestita di cioccolato con cardamom (spezia che deriva da una pianta cella famiglia delle Zingiberaceae) verde del Guatemala.

Guido Castagna afferma: “Il gianduiotto è composto da una nocciola fresca del 2023 del raccolto di quest’anno: la lavorazione del prodotto deve essere più fresca possibile per le nostre creazioni. La crema proposta è composta da una pasta nocciola selezionate e creata a mano con cacao proveniente dal Perù. Per il cioccolatino abbiamo lavorato ancora con una base nocciola con il cardamom verde del Guatemala caratterizzato da una granulosità raffinata che dona note decise. Il cioccolato utilizzato è un Riva del Madagascar 64% con un gusto rotondo e armonico che mette d’accordo tutti”.

Matteo Beluffi con il tiramisù vegetale nel Chocolate Culture di Host, con gli specialty

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matteo beluffi host
Matteo Beluffi al lavoro

MILANO – Il cioccolato diventa protagonista di Host Milano grazie al progetto Chocolate Culture, lo spazio dedicato ad uno dei dolci più amati del mondo caratterizzato da momenti di formazione, masterclass e talk di approfondimento con i protagonisti italiani e internazionali del settore, guidati dal maître chocolatier Davide Comaschi.

Sin dal primo giorno della Fiera, il palco di Chocolate Culture ha visto come co-protagonista il caffè con la masterclass “Tiramisù senza esagerare” tenuto da Matteo Beluffi, campione latte art italiano 2017 e sesto al mondo nel campionato mondiale svolto a Budapest nello stesso anno.

Matteo Beluffi afferma: “A Host portiamo un prodotto goloso preparato in maniera sostenibile che non significa far mancare la gioia nel palato bensì utilizzare ingredienti di ottima qualità che rispettano l’ambiente”.

Il tiramisù vegetale di Matteo Beluffi

La sostenibilità è un vero aspetto valoriale nonché una delle parole chiave del settore del cacao e cioccolato insieme al tema dell’inclusione alimentare.

L’obiettivo di Matteo Beluffi è quello di creare nuove ricette utilizzando ingredienti sostenibili che possano essere gustate da tutti, soprattutto dalle persone con intolleranze alimentari.

tiramisù vegetale
Il campione di degustazione del tiramisù vegetale

Beluffi spiega: “Rappresento oggi l’azienda Alpro che può vantare una vasta e completa gamma di bevande vegetali. Per il tiramisù di questa masterclass andrò a realizzare una cioccolata 100% vegetale che può essere consumata anche dagli intolleranti al lattosio e all’uovo. Si tratta nello specifico di una cioccolata rivisitata composta da una bevanda al gusto d’avena che è paritetica a quella che è il prodotto vaccino con il 3% di grassi senza glutine e nessuno zucchero aggiunto.

La bevanda verrà abbinata poi ad un mix di cacao con una profumazione elegante che ricorda note di caramello. Il risultato è un miscuglio di amido di mais, zucchero e cacao che si va ad inserire perciò nella bevanda all’avena”.

Beluffi continua: “Il prossimo passo vede la realizzazione della mousse simile a quella di un classico tiramisù andando ad utilizzare prodotti tuttavia sostenibili: cominciamo con l’utilizzo di un’alga che deriva dalla clorella.

L’alga che utilizzo, la quale ha la stessa funzione del tuorlo d’uovo in un tiramisù classico, viene fermentata per tre giorni e arriva ad avere fino all’80% di proteine. Nel processo, l’alga viene essiccata, polverizzata e utilizzata per la realizzazione di una crema pasticcera ricca di vaniglia che viene abbinata ad un cremoso di anacardi. Come è stato ottenuto? Mettendo gli anacardi in ammollo per 24 ore in sottovuoto, frullandoli e dolcificandoli per controbilanciare la parte di zucchero”.

Un dolce all’insegna della sostenibilità e dell’inclusività

“Tutto questo viene poi abbinato a perle di caviale di caffè, composto dalla miscela specialty Unordinary Coffee di Lot Zero con note di caramello, cacao e frutta secca che ha base in Brasile, Perù e Honduras. Lo specialty coffee ha diversi punti in comune con il cacao per quanto riguarda il tema della sostenibilità. Con l’acquisto di questa miscela si supporta la fazenda e le popolazioni che producono il caffè: esattamente come avviene con l’acquisto di alcuni prodotti certificati del cacao”.

Beluffi aggiunge un ulteriore passo alla realizzazione del dolce: “Ho utilizzato un’alternativa alla bevanda d’avena classica chiamata “Non è latte” di Alpro al gusto d’avena per richiamare il sapore tradizionale del tiramisù. Il cremoso anacardi funge invece da mascarpone che vado ad alleggerire con l’aggiunta di panna montata e, infine, del caffè.

Questo è un dolce perfetto per chiunque sia intollerante all’uovo o al lattosio o per chi, come me, segue una dieta completamente vegetale: si tratta ad tutti gli effetti di un dessert 100% vegetale che può essere gustato da tutti.

Il campione latte art conclude la masterclass: “Il numero delle persone vegetariane e vegane, ma anche coloro che risultano intolleranti al lattosio, sta diventando maggiore nel mondo. Il consumo pro capite di bevande vegetali è sempre più in crescita ed è importante creare ricette più inclusive che portano ad una maggiore consapevolezza dei settori del caffè e del  cacao e, soprattutto, della sostenibilità, la quale è ormai parte integrante delle due filiere”.

Milano Latte Art Challenge: Manuela Fensore è la vincitrice della gara Trismoka

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Manuela Fensore trionfa alla competizione (immagine concessa)

MILANO – Si è conclusa con grande successo la quarta edizione della Milano Latte Art Challenge, la prestigiosa competizione internazionale ideata e organizzata da Trismoka, che ha visto sfidarsi i migliori baristi e professionisti del settore provenienti da tutto il mondo. L’evento, all’interno della cornice della Fiera Host di Milano, è stato un trionfo di talento, creatività e passione per il caffè, culminato con la vittoria di Manuela Fensore (già insignita del titolo di World Latte Art Champion nel 2019), che ha rappresentato l’Italia nella finale contro Neora Schwarts, per la Francia.

La competizione Milano Latte Art Challenge

Nella giornata di lunedì 16 ottobre, all’interno del Padiglione 14 Stand N23, si sono tenute le semifinali di Latte Art che hanno visto sfidarsi Neora Schwarts e Gregory Raymond da un lato e Manuela Fensore e Ali Vogel dall’altro, con tutte le performance dei partecipanti che hanno fatto brillare la competizione.

Il verdetto della giuria, composta da Chiara Bergonzi, Anita Nagy-Bertok e Matteo Beluffi, è stato frutto di una decisione difficile, ma che dichiarato Manuela Fensore campionessa indiscussa di questa edizione della Milano Latte Art Challenge. Manuela è stata premiata con una prestigiosa macchina da caffè Invicta, firmata Rancilio Specialty, dal valore di 10.000 euro, consegnata da Luca Creti, responsabile vendite Italia di Rancilio Group, insieme al Patron di Trismoka, Paolo Uberti.

L’evento è stato un grande successo grazie al sostegno dei principali sponsor, tra cui Rancilio Group e Clubhouse, che hanno condiviso la passione per l’arte del caffè. Ma anche grazie alle aziende come Brambati, BWT, Fancygents, PulyCaff, ReCappuccio, Eureka e Spiga Trading che hanno reso possibile offrire ai concorrenti provenienti da tutto il mondo un’opportunità unica per esprimere la propria creatività e dedizione.

Durante la competizione, oltre al pubblico, presenti la stampa e le scuole, tra cui l’Istituto Galdus di Milano, che ha reso l’atmosfera ancora più avvincente.

L’impegno formativo e sociale di Trismoka

Trismoka, oltre a essere fiera sostenitrice dell’arte del caffè, è promotrice dell’istruzione e della formazione. Grazie ai suoi corsi e alla scuola interna, ha formato più di 5.000 baristi in tutto il mondo, contribuendo a creare le competenze delle future generazioni di professionisti del settore.

Non solo: la torrefazione bresciana ha dato vita a Miss Moka, un progetto importante dedicato all’impegno sociale, sottolineando il ruolo fondamentale delle donne nel settore, presentato ieri, all’interno della conferenza stampa, in collaborazione con IWCA Italia.

“Abbiamo voluto dare vita a un prodotto di valore, come di valore sono le vite delle donne coltivatrici del caffè nel mondo, che stanno guidando una rivoluzione silenziosa” ha dichiarato Paolo Uberti, Trismoka.

Alla conferenza di presentazione hanno partecipato la Presidentessa di IWCA, Eleonora Pirovano, e l’Assessora regionale all’Istruzione, Formazione e Lavoro, Simona Tironi.
Il progetto contribuisce al quinto Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda Globale 2030: l’uguaglianza di genere.

Fiera Host e Trismoka promotrici di importanti valori

Questi giorni in Fiera sono stati per Trismoka un concentrato straordinario di passione, tecnica e creatività, ma anche di condivisione e impegno sociale. Oltre a celebrare l’arte del latte e del caffè, l’evento ha promosso la sana competizione tra talenti internazionali in un contesto frizzante e di alto livello. In particolare, ha offerto una vetrina preziosa per progetti significativi, con un forte focus sull’empowerment delle donne.

Ogni tazza di caffè racconta una storia, e noi non vediamo l’ora di continuare a condividerle con il mondo, alla prossima edizione.

Per ulteriori informazioni su Trismoka basta cliccare qui. Per ulteriori informazioni su Miss Moka basta cliccare qui.

nurri.coffee presenta la macchina da caffè ispirata al mondo dei motori con il bicilindrico a Host

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macchina caffè motore boxer nurri.coffee
La macchina da caffè ottenuta dalla conversione del motore boxer motociclistico (immagine concessa)

MILANO – Trovare il punto d’incontro tra il mondo dei motori e quello del caffè è sempre stata una forte fonte d’ispirazione per l’azienda con sede a Napoli nurri.coffee. Ciò si riflette già nei nomi della loro gamma di macchine L-Type, GTO e R-Type e nel motto “Drive your coffee”.

nurri.coffee e la conversione del motore boxer motociclistico

Con l’esercizio della conversione del motore boxer motociclistico, l’azienda ha voluto dare ulteriore conferma della sua passione per questi due ambiti.

Perfettamente funzionate, di facile utilizzo e manutenzione come macchina da caffè, il famoso bicilindrico si può adattare in disparati locali.

macchina
Il retro della macchina (immagine concessa)

La macchina è stata presentata in anteprima a Host 2023 ed ha avuto un successo immediato: vista la grande richiesta, nurri.coffee ha in programma di ripetere l’esperienza di questo one off in futuro.

Il brand nurri.coffee è stato presente all’appuntamento di Host 2023 (Pavilion 14 Stand C13) con molte novità: prima tra tutte l’innovativa L-Type SA che è diventare multi-gruppo e multi-boiler con un risparmio energetico di oltre il 35%.

Fipe a Host: “Tre ristoranti su quattro sono già adesso attenti all’efficienza energetica”

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fipe efficienza energetica
Il talk Fipe sull'efficienza energetica (immagine concessa)

MILANO – L’attenzione e la sensibilità dei pubblici esercizi verso il risparmio energetico cresce sempre di più. Secondo un’indagine condotta da Fipe-Confcommercio, quasi il 76% dei titolari di ristoranti utilizza all’interno dei propri locali una o più apparecchiature ad alta efficienza energetica e tecnologia, mentre oltre il 18% le ha sostituite tutte con macchinari di ultima generazione. Solo il 5% ancora non si è ancora adattato alle nuove tecnologie.

Fipe-Confcommercio sull’efficienza energetica

Sono questi alcuni dei dati emersi durante la tavola rotonda “Digitalizzazione e risparmio energetico: come cambia la cucina del ristorante” organizzata dalla Federazione in occasione di Host, la fiera mondiale dedicata al mondo dell’accoglienza e della ristorazione in corso a Milano.

Al dibattito, coordinato dal Direttore Generale Fipe-Confcommercio, Roberto Calugi, hanno partecipato Glauca Vesperini (brand & marketing manager Angelo Po), Giacomo Di Raimondo (business developer CO2Save), Marco Stabile (chef patron ristorante Ora d’Aria) e Antonio De Luca (ceo Habble a TeamSystem Company).

Nel 2022 il comparto ha dovuto sostenere bollette più che triplicate, con bar e ristoranti che hanno speso in media circa 9 miliardi di euro per luce e gas, 6 miliardi in più rispetto all’anno precedente.

Nello specifico, la spesa per i bar è triplicata, passando dai 5.500 euro del 2021 ai 16.000 euro del 2022. Stesso discorso per i ristoranti, che l’anno scorso hanno speso mediamente 34.000 mila euro, a fronte degli 11.000 del 2021.

Per contrastare più efficacemente i rincari delle bollette, contenere i consumi e favorire il risparmio energetico, i ristoratori oltre ad interventi strutturali e spesso costosi (il 72% degli imprenditori ha in programma di effettuare da qui ai prossimi tre anni la sostituzione delle apparecchiature), possono adottare anche alcune piccole e semplici misure.

L’utilizzo della lavastoviglie solo a pieno carico e l’attenzione a tenere chiuse porte e finestre quando gli impianti di raffreddamento o riscaldamento sono in funzione sembrano essere gli accorgimenti più seguiti. Nel primo caso, infatti, si tratta di una best practice seguita da otto ristoratori su dieci, mentre nel secondo caso parliamo della quasi totalità dei Pubblici Esercizi, circa il 93%.

“Quello del risparmio energetico nelle cucine e nelle sale dei nostri pubblici esercizi è un tema verso cui gli imprenditori si dimostrano sempre più sensibili. Complice l’impennata delle bollette di luce e gas, negli ultimi mesi abbiamo assistito a una rinnovata consapevolezza di quanto le risorse a nostra disposizione siano preziose e, come tali, vadano gestite con cura e attenzione”, ha commentato il vice presidente di Fipe-Confcommercio, Aldo Mario Cursano.

Il vice presidente aggiunge: “Il risparmio energetico, però, non è una responsabilità dei soli titolari, ma passa anche per la sensibilizzazione del personale, al quale devono essere dedicati specifici momenti di formazione per contribuire in modo concreto all’obiettivo di una maggiore efficienza energetica delle nostre aziende”.

Dal 2017 hanno chiuso 20.000 bar, Igor Nuzzi, Lavazza, nel talk Fipe: “Necessario trovare una soluzione valida per tutti”

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talk fipe bar
Da sinistra: Luciano Sbraga (vicedirettore generale Fipe-Confcommercio), Barbara Mutti (project manager industry AFH TradeLab), Igor Nuzzi (regional director Italy & Iberia Lavazza Group), Sergio Paolantoni (presidente Gruppo Palombini e presidente di Fipe Confcommercio Roma), Enrico Leandro (direttore commerciale Forno D’Asolo) e Marina Porotto (owner Biggie cocktail & bistrot) (immagine concessa)

MILANO – Host Milano ha ospitato, tra le altre, la tavola rotonda “Rilanciamo il bar” organizzata da Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei pubblici esercizi. Cuore del dibattito la delicata situazione che la figura imprenditoriale e commerciale del barista in Italia sta affrontando dall’inizio della pandemia Covid.

Al talk, coordinato dal vicedirettore generale Fipe-Confcommercio, Luciano Sbraga, hanno partecipato Igor Nuzzi (regional director Italy & Iberia Lavazza Group), Barbara Mutti (project manager industry AFH TradeLab), Sergio Paolantoni (presidente Gruppo Palombini e presidente di Fipe Confcommercio Roma), Marina Porotto (owner Biggie cocktail & bistrot), Enrico Leandro (direttore commerciale Forno D’Asolo) e Josep Feixa (direttore vendite Italia Gruppo Cimbali).

La situazione dei bar in Italia

Barbara Mutti, AFH TradeLab, prende la parola e analizza da un punto di vista prettamente statistico la precaria condizione dei bar in Italia con numeri tutt’altro che incoraggianti: “Il canale bar ricopre un ruolo di estrema importanza nel mercato del fuori casa. Comprende circa 146.000 punti di consumo: un numero enorme che ingloba il 43% delle reti di punti di consumo del fuori casa in Italia. L’altra rete che completa la percentuale è rappresentata dal mondo dei ristoranti. Il valore del mercato dei bar è di 23 miliardi di euro”.

“Un altro aspetto importante legato al bar è l’assortimento: si tratta forse del canale del fuori casa con l’assortimento più ampio che si possa trovare. Almeno in 7 bar su 10 sono trattate 20 categorie di prodotto se non di più. Ma il bar può ingrandirsi e specializzarsi arrivando a trattare ben 60 categorie di prodotto”.

“Molto importante perciò anche quel che riguarda la copertura dell’assortimento tuttavia,” prosegue Mutti, “c’è più di un elemento di criticità nei bar. Il primo si nota a livello di rete: 146.000 punti di consumo sembrano molti ma il settore ha subito un’importante razionalizzazione. Nel 2017 c’erano all’incirca 165.000 bar in Italia e ora siamo arrivati a 146.000. Sono usciti dal mercato circa 20.000 attività. È una delle reti che ha subito più perdite nel fuori casa”.

“I motivi sono due: come prima osservazione, lo scontrino medio del bar è di quattro euro. Ci vogliono molti clienti per generare un fatturato importante. Un altro punto di criticità viene riscontrato nel campo della professionalità: 3 gestori su 10 dichiarano di essere in difficoltà a trovare personale adeguato; gli aspetti più ostici sono legati al tipo di impiego duro e considerato come poco attraente e remunerativo rispetto alle ore di lavoro proposte”.

Continua perciò a rimanere basso il tasso di sopravvivenza dei bar in Italia: dopo cinque anni, solo uno su due riesce a restare sul mercato.

Si tratta di un trend che non accenna ad attenuarsi come dimostrano anche i numeri rilevati durante il primo semestre del 2023, quando le imprese che hanno avviato l’attività sono state 1.132 e quelle che l’hanno cessata 1.838, con un saldo negativo di 706 unità.

Tuttavia i dati dimostrano che c’è ancora spazio per la speranza:

Mutti aggiunge in tal proposito: “Il bar però ha anche punti di forza. Si tratta di un canale resiliente, il quale ha avuto modo di mantenere le sue visite dopo il Covid. C’è di più: il 73% degli italiani considera il fuori casa, soprattutto il bar, un momento di micro felicità che non richiede un costo esagerato ma che di sicuro può migliorare la giornata di tutti. Il 72% dei gestori dei bar si tiene fiducioso mentre la percentuale rimasta dichiara che avrà di sicuro qualche difficoltà. Questi dati vengono da una ricerca svolta recentemente in collaborazione con il Censis”.

Mutti continua: “I gestori elencano alcuni comportamenti da adottare per risollevare le sorti dei bar: il 76% di loro dichiara di volere presentare i prodotti in maniera più chiara; il 72% è decisa nello stabilire un buon rapporto qualità/prezzo”.

La figura del bar in Italia continua a rappresentare un tassello di fondamentale importanza dal punto di vista economico e sociale. E, parlando di bar, è difficile non citare il prodotto che rappresenta la sua essenza più profonda: il caffè.

E proprio su questo argomento, il caffè, è intervenuto Igor Nuzzi, regional director Italy & Iberia Lavazza Group: “Dobbiamo ricordarci che siamo usciti dalla pandemia e alcuni effetti sono strutturali nel mondo del fuori casa e, in particolar modo, nel diurno. Per esempio, ci sono all’incirca 4 milioni di persone a settimana che lavorano in modalità smart working e ciò non può non avere degli effetti negativi nel fuori casa: bisogna trovare delle soluzioni”.

Nuzzi aggiunge: “Per quanto riguarda la questione della chiusura dei punti vendita, facciamo un rapido confronto con altri Paesi: la Germania ha più di 80 milioni di abitanti e 193.000 punti di consumo tra bar e ristoranti; in Francia ci sono, invece, più o meno 60 milioni di abitanti e 176.000 punti di consumo; in Italia siamo 60 milioni di abitanti e abbiamo 310.000 punti di consumo: già questo è un dato molto eloquente”.

Nuzzi conclude: “Se andiamo in una direzione in cui aumenta lo smart working e abbiamo già una media di densità di bar per abitante più elevato rispetto agli altri Paesi, è evidente che qualcosa non quadra: non dobbiamo stupirci di fronte a questi numeri ma trovare una soluzione per tutti”.

Arriva il turno di Sergio Paolantoni, presidente Gruppo Palombini e presidente di Fipe Confcommercio Roma: “Oggi il classico bar non funziona più e bisogna sapersi rinnovare. Il bar deve essere un misto tra ristorante, caffetteria e aperitivo per offrire un’offerta più ampia. Gestire un bar oggi non è semplice. Lo studio e lo stare al passo con i tempi è fondamentale. Molte persone lavorano in smart working ma sono convinto che tutti noi possiamo ripartire reinventandoci continuamente”.

Josep Feixa, direttore vendite Italia Gruppo Cimbali, aggiunge: “Chi ha migliorato l’offerta del proprio prodotto e si è specializzato focalizzandosi sul lato umano ha resistito. Mi viene in mente Howard Schultz che, una volta arrivato in Italia, ha capito l’ingrediente che mancava al suo marchio: il sorriso delle persone e il senso di comunità, elementi che ha saputo mescolare con l’efficienza e l’eccellenza. Bisogna aumentare la qualità e alzare l’asticella. Ognuno nel nostro ruolo deve contribuire alla continua specializzazione del nostro settore”.

Enrico Leandro, direttore commerciale Forno D’Asolo, riflette: “Per vent’anni, dall’avvento dell’euro, i bar hanno mantenuto il prezzo del caffè e del cornetto a 1 euro. Non sono stupito dai numeri dei bar in decadenza. Un addetto che lavora 20 ore al giorno come al bar è necessario che venga pagata per lavorare così tanto tempo e per mantenere il sorriso. L’aspetto sociale dei bar in Italia fa la differenza. Le catene di caffetterie stanno registrando una grande crescita ma lenta: curare l’aspetto sociale diventa così un asso nella manica”.

Marina Porotto, owner Biggie cocktail & bistrot, afferma: “La formazione è la parola chiave: non solo per i dipendenti ma anche, e soprattutto, per gli imprenditori. Ormai non ci si può più improvvisare imprenditori. Non ci sono più margini di errori e bisogna formarsi a livello organizzativo e ottimizzare tempi e costi. Non è facile ma neanche impossibile”.

“Quello dei bar è un settore che ben si presta a una duplice chiave di lettura: è al tempo stesso dinamico, grazie alla sua vitalità imprenditoriale, ma anche fragile, per via della forte pressione competitiva a cui è esposto. Fare fatturato con uno scontrino medio di appena 4 euro è sempre più difficile mentre i costi continuano a correre.” ha commentato infine Sergio Paolantoni.

C’è di più: “L’iniziativa di oggi è stata l’occasione per discutere delle sfide che attendono il comparto tra mancanza di personale qualificato, orari di servizio, impennata dei costi e difficoltà di adeguamento dei listini come le cronache di questi ultimi mesi hanno ampiamente dimostrato. Oggi più che mai è urgente ripensare i modelli organizzativi per assicurarci da qui in avanti una maggiore sostenibilità del business e maggiori prospettive di sopravvivenza del format icona dello stile di vita italiano”.

Host Milano in chiusura: ecco che cosa resta ancora da visitare a Rho Fiera

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Il logo di Host Milano

MILANO – Sono le ultime ore per poter godersi il ritmo da Fiera a Rho: Host Milano sta per concludere la cinque giorni di manifestazione che dal 13 ottobre ha animato gli oltre 2100 espositori sino al 17. Nell’ultima giornata della 43esima edizione, non mancano gli eventi da seguire e gli stand da visitare.

Dopo aver vissuto già 4 giorni intorno alle 3 macro aree di Host, si chiude in bellezza con un programma che vede ad esempio Ucimac discutere del tema caldo del risparmio dei consumi energetici, un’entusiasmante Moka Challenge e momenti di degustazione con professionisti del calibro di Davide Comaschi.

Host: l’ultima giornata di appuntamenti

Regolamento UE contro la deforestazione: perché preoccupa tutta la filiera

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Il logo del Parlamento Europeo

MILANO — Il nuovo Regolamento europeo anti deforestazione entrerà in vigore nel 2025, ma i suo effetti si stanno già facendo sentire in molte filiere industriali, tra le prime quella del caffè. E i torrefattori del vecchio continente non nascondono la loro preoccupazione per una norma, in sé lodevole, che rischia però di generare conseguenze perverse.

Come abbiamo già scritto, il Regolamento impone a tutti gli operatori che importano, esportano e commercializzano nell’UE bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia, legno e prodotti derivati di verificare, con dovuta diligenza (‘due diligence‘), che tali prodotti provengano da Stati/regioni in cui non si siano verificati fenomeni di deforestazione o degrado forestale, a partire dal 31 dicembre 2020.

Come richiesto dal Parlamento europeo, le imprese dovranno inoltre verificare che tali prodotti siano conformi alla legislazione pertinente del paese di produzione, anche in materia di diritti umani, e che i diritti delle popolazioni indigene interessate siano stati rispettati.

Il regolamento è stato approvato dall’emiciclo di Strasburgo ad ampissima maggioranza (552 voti favorevoli, 44 voti contrari e 43 astensioni).

Per adempiere a questa serie di obblighi, gli operatori responsabili dovranno implementare un adeguato sistema di valutazione e gestione del rischio e di garanzia della conformità (‘compliance‘).

Per le piccole e medie imprese sono previsti oneri semplificati. Una normativa dunque destinata a mutare in modo sostanziale flussi, modelli e schemi commerciali tra paesi produttori e importatori.

E che richiederà, per molte aziende, investimenti importanti per realizzare la necessaria transizione verso catene di approvvigionamento sostenibili.

Molte quindi le incognite per imprese e consumatori. Tutti vogliono sapere cosa succederà e chi controllerà.

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