Enrico Sala di Service Vending con Lara Caballini di Dersut Caffè (immagine concessa)
CONEGLIANO (Treviso) – Dersut Caffè, storica torrefazione di Conegliano e Service Vending, società benefit del settore food e beverage hanno unito le forze per donare 300 nuovi alberi ai cittadini del territorio attraverso il progetto Beleafing. Attraverso la piattaforma Beleafing.com è stata offerta la possibilità ai cittadini del territorio di prenotare un albero da far crescere all’interno del proprio giardino.
Dersut Caffè e il progetto Beleafing
La consegna degli alberi inizialmente prevista per sabato 21 ottobre, causa maltempo è stata rinviata a sabato 28 ottobre sempre negli spazi di Piazza Giovanni Battista Cima.
Si stima che complessivamente le 300 piante donate ai cittadini di Conegliano contribuiranno, una volta a maturità, a catturare 32.000 kg di CO2 pari alle emissioni annue di quasi 27 auto.
Oltre all’aspetto ambientale, inoltre, l’iniziativa mira a creare un momento di incontro tra cittadini, aziende e istituzioni del territorio costituendo un’opportunità di confronto e dialogo.
Tutti sono invitati a prendere parte all’evento di distribuzione. Per conoscere gli altri progetti di Beleafing basta cliccare qui.
Consegnato il progetto esecutivo della "Città del cioccolato" (immagine concessa)
PERUGIA – Continua il percorso intrapreso dalla Società Destinazione Cioccolato Srl S.B. aggiudicataria dell’avviso per la concessione di valorizzazione del Mercato Coperto di Perugia. Nei giorni scorsi è stato infatti consegnato il progetto esecutivo rispettando la scadenza – fissata dallo stesso avviso – dei 60 giorni dalla data di comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione.
Il progetto esecutivo “Città del cioccolato” e il Comune di Perugia
Il progetto esecutivo non ha subito particolari cambiamenti rispetto a quello iniziale, presentato in fase di bando, mantenendo il format originale dedicato a un coinvolgente storytelling immersivo nella storia del cacao e del cioccolato.
Nel frattempo, è arrivato il parere favorevole del Comando VV.FF della città di Perugia ed è stato avviato un primo positivo confronto con i funzionari della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria che hanno effettuato due recenti sopralluoghi svolti alla presenza dei progettisti della “Città del cioccolato”.
“Nonostante la pausa estiva – dichiara Vasco Gargaglia, presidente di Destinazione Cioccolato Srl S.B. – siamo riusciti a rispettare questa importante scadenza, indicata dall’avviso per la concessione del Mercato Coperto che ha richiesto ai nostri tecnici anche un nuovo rilievo di tutto l’immobile oggetto, come noto, di precedenti interventi di ristrutturazione che ne hanno determinato alcune modifiche rispetto allo stato originario”.
Gli elaborati presentati non si sono limitati alla progettazione architettonica ma hanno affrontato anche i temi impiantistici, quelli afferenti alle normative antincendio e quelli legati ad alcuni interventi strutturali. Il tutto corredato da numerose relazioni, computi metrici e valutazioni in tema di sicurezza.
Altro importante traguardo è stata la recente asseverazione del Piano Economico e Finanziario della “Città del Cioccolato” anche da parte di Nomisma che, con una relazione di ben 51 pagine, ha ritenuto di approvare le scelte indicate dalla compagine di imprenditori e associazioni di categoria protagoniste di Destinazione Cioccolato Srl S.B.
In particolare, Nomisma si è espressa sul contesto di riferimento, sull’asseverazione del numero dei visitatori e sulla politica relativa al ticketing d’ingresso, passando poi a un’attenta analisi dei costi.
Passaggi che hanno portato gli analisti di Nomisma alla seguente conclusione: “Nomisma ritiene quindi che la struttura dei costi di Destinazione Cioccolato – in relazione ai ricavi asseverati nella prima fase di analisi – restituisca una notevole solidità all’impianto del Piano Economico Finanziario, anche in un ipotetico scenario di stress”.
“Questo risultato – conclude Gargaglia – ci permette di traguardare con rinnovata fiducia le nostre previsioni iniziali, garantendo maggiore robustezza e solidità alla nostra idea imprenditoriale”.
Gargaglia aggiunge: “Siamo inoltre convinti che questa asseverazione potrà giocare un ruolo importante a favore di quel coinvolgimento ancora più esteso di imprese e singoli cittadini che vorranno unirsi a noi attraverso una proposta di azionariato diffuso già annunciato all’inizio del nostro percorso. Il tutto finalizzato a portare velocemente a compimento questo importante progetto per la Città di Perugia”.
Mangiare una merendina non è solo questione di gusto: i risultati dello studio Unione Italiana Food - AstraRicerche (immagine concessa)
MILANO – Che fossero buone, pratiche e porzionate erano dei plus abbastanza noti. Meno conosciuto il fatto che le merendine italiane sono un prodotto apprezzato dai nostri connazionali anche per gli aspetti legati al “food design”. È quanto emerge dall’indagine “Il lato estetico delle merendine italiane” commissionata da Unione Italiana Food ad Astra Ricerche, attraverso un sondaggio online sottoposto agli italiani dai 18 ai 65 anni.
La ricerca “Il lato estetico delle merendine italiane”
Prodotti che rimandano, in miniatura, alle forme dei dolci fatti in casa o di ricorrenza. E nei quali la collocazione degli ingredienti e le decorazioni in superficie hanno un ruolo non solo estetico ma possono dare anche indicazioni di consumo.
Mangiare una merendina, quindi, non è solo una questione di gusto. E in particolare dallo studio emerge come tra gli altri sensi coinvolti nell’esperienza di consumo di un prodotto da forno dolce monodose i nostri connazionali indicano l’olfatto (48%) e la vista (45%) mentre più indietro si posiziona il tatto (7%)
È un dato di fatto, afferma la dottoressa Paola Medde, psicologa dei comportamenti alimentari, che non si mangia solo attraverso il gusto, ma anche gli altri sensi hanno una loro importanza ed in particolare la vista: basti pensare che nel nostro cervello il 50% delle cellule sono direttamente o indirettamente coinvolte nella visione.
Per questa ragione, il lato estetico di una merendina, a partire dalla forma, ha una sua rilevanza nella percezione dei sapori e nell’esperienza gustativa. In generale e questo vale non solo per le merendine, gli alimenti arrotondati vengono associati a un’esperienza piacevole, di coccola e di morbidezza, mentre quelli spigolosi, vengono associati ad esperienze energizzanti, di forza e dinamismo.”
Ingredienti e decorazioni in superficie hanno un valore estetico per 7 italiani su 10
Per i nostri connazionali il principale elemento di “food design” di una merendina sono gli elementi decorativi sulla superficie del prodotto (72%). Segue un altro aspetto come “la forma” della merendina: che sia arrotondata, a trancio rettangolare, intrecciata o a mezzaluna è un elemento estetico apprezzato da 3 italiani su 10 (29%). Poco più indietro nel gradimento si collocano il colore (26%) e la dimensione (25%) della merendina.
Modalità di consumo: il 60% degli italiani ama mangiarle appena scartate
Infine, dall’indagine emerge come la modalità più amata dai nostri connazionali per gustarsi una merendina è, per distacco, morderla direttamente appena scartata (60%).
C’è poi chi preferisce dividerla in due, prenderla con le mani e poi consumarla (20%). Più indietro gli italiani indicano di apprezzarla maggiormente se immersa nel latte o nel succo (15%) e infine una piccola parte di nostri connazionali preferisce consumare prima la farcitura e poi il resto (5%).
“Il modo in cui si sceglie di mangiare la merendina, prosegue la dottoressa Medde, può darci indicazione dell’esperienza che le persone vogliono provare. Chi preferisce inzupparla nel latte cerca di ottenere un’esperienza che coinvolga diversi sapori e consistenze, in grado di aumentare il piacere”.
Medde aggiunge: “Mordere la merendina appena scartata è tipico di chi non vuole procrastinare la soddisfazione ma probabilmente vuole ottenere “tutto e subito”.
Chi invece si sceglie di mangiare prima la farcitura desidera trarre il massimo del piacere dal consumo, selezionando proprio ciò che viene percepito come la parte più preziosa.
Dividere l’intero in due parti, infine potrebbe far pensare di prolungare la soddisfazione poiché gli occhi si confrontano con un’immagine doppia e doppio è il piacere.”
70 anni di merendine: un viaggio nel food design di tre prodotti iconici
In occasione del compleanno delle merendine italiane, che proprio quest’anno spengono 70 candeline, tre prodotti iconici della merenda si raccontano attraverso le caratteristiche di “food design”.
Partiamo da una merendina storica come Kinder Brioss. In questa referenza il decoro a righe sulla superficie, simile a un righello disegnato a mano libera, permette di misurare quanto intingerla nel latte per un inzuppo perfetto, oppure per scegliere dove mordere o dividere la merendina.
La forma a trancino e il doppio taglio del pan di spagna sono altri due elementi di food design che, unendosi ad accorgimenti tecnologici, consentono alla crema di spalmarsi e abbracciare il pane in maniera appagante e uniforme dall’inizio alla fine del trancino, dal primo all’ultimo morso, grazie a cui nessun assaggio resta con poca o troppa farcitura.
In questa merendina forma, dimensioni e porzionatura sono le caratteristiche che la rendono pratica per favorire l’inzuppo in ogni tipo di tazza – anche la più stretta.
Passiamo poi ad un’altra merendina entrata nei cuori degli italiani, come i Flauti Latte. Una merenda che conquista i bambini per essere buona e semplice, e soddisfa i grandi per la qualità dei suoi ingredienti caratterizzanti: la crema con 100% Latte fresco italiano di alta qualità.
A livello estetico, il tratto distintivo risiede nell’inconfondibile forma che ricrea un filoncino di pane con farcitura di crema al latte, a riproporre la merenda fatta in casa di una volta. La consistenza della crema al latte è come una sorta di “nuvola”, lo strato di crema è presente su tutta lunghezza del trancio.
Non c’è un modo unico per consumare i flauti: c’è chi lo divide a metà e lo condivide, chi lo mangia solco dopo solco e infine chi lo apre, gusta prima la crema prima e poi il soffice impasto.
Concludiamo con l’antesignano dei prodotti da forno dolci monodose: il Buondì Motta. All’inizio il prodotto si chiamava Mottino, a seguire venne cambiato il nome in Buondì proprio per evocare il momento della giornata per cui era stato creato: la colazione.
La sua caratteristica distintiva a livello di food design è data dalla forma arrotondata che rimanda a un piccolo panettone.
Una proposta che ne ricorda in tutto e per tutto il soffice impasto a lievitazione naturale, la glassa e la forma arrotondata della cupola tipica del dolce tipico delle festività natalizie.
Nutrizionalmente equilibrate
Quando parliamo di merendine ci riferiamo a un prodotto di derivazione diretta della nostra tradizione dolciaria: sono infatti la riduzione in formato monodose dei dolci da forno fatti in casa, soprattutto quelli a base di pan di spagna e pasta frolla.
Oggi vanno dalle 110 kcal delle più semplici fino alle 180 kcal circa delle più ricche e coprono in media tra il 6 e il 7% della quantità di energia raccomandata ogni giorno a bambini e ragazzi, rappresentando, anche a detta dei nutrizionisti, una delle alternative valide nutrizionalmente per la merenda degli italiani.
Un prodotto che ha saputo evolversi nel tempo, anche grazie al miglioramento nutrizionale, che negli ultimi 15 anni ha portato risultati importanti. Porzioni più piccole – appena 35 g in media – ma anche riduzione dei grassi saturi (-20%), degli zuccheri (-30%) e delle calorie (-21%).
Il momento della degustazione del caffè (immagine concessa)
ROMA – Si è tenuto il 5 ottobre 2023, presso Palazzo Pamphilj, sede dell’Ambasciata del Brasile a Roma, il seminario internazionale “Qui si beve il caffè brasiliano!” promosso dall’Ambasciata del Brasile a Roma, in collaborazione con il Museo del caffè di Santos e il Consiglio degli esportatori di caffè del Brasile – Cecafé.
L’evento per la Giornata internazionale del caffè all’Ambasciata del Brasile a Roma
Nel suo discorso di apertura, l’ambasciatore del Brasile in Italia, Renato Mosca, ha ricordato che il Brasile è il più grande produttore ed esportatore di caffè al mondo. Ogni tre tazzine consumate al mondo, una proviene dalle aziende agricole brasiliane.
All’evento sono intervenuti esponenti del settore come Vanusia Nogueira, direttrice esecutiva dell’Organizzazione internazionale del caffè, Marcos Matos del Consiglio degli esportatori di caffè del Brasile, Enrico Pacorini del gruppo Pacorini, Alessandro Bucci di illycaffè, Massimo Battaglia dell’Accademia del caffè espresso. Durante l’incontro, Alessandra Almeida, del Museu do Café e Tommaso Salvatori, di Isia Roma Design, hanno presentato la partnership tra le due istituzioni.
Inoltre, i partecipanti hanno potuto degustare diversi tipi di caffè offerti da Lavazza. L’incontro si è concluso con l’inaugurazione della mostra del Museu do Café intitolata: “Cafés do Brasil: Patrimônio Mundial”, aperta al pubblico presso l’Instituto Guimarães Rosa fino al prossimo 3 novembre.
A completare l’iniziativa promozionale la degustazione di caffè brasiliano aperta al pubblico durante l’intera giornata del 6 ottobre, percorso di visita alla mostra e per concludere la proiezione del cortometraggio “Un caffè caldo (nel mio nuovo indirizzo)”, diretto da Edoardo Mariani.
BASTIA UMBRA (Perugia) – Utilizzo di materie prime eccellenti, in grado di promuovere il km 0 e raccontare la tradizione di un territorio attraverso piatti tipici e di qualità, per un’esperienza gastronomica unica. Questa la filosofia che accompagna lo chef Giuliano Viaggi al quale l’evento Eurochocolate ha affidato quest’anno la preparazione della sua ormai popolarissima pasta al cacao, cucinata in evento per imperdibili degustazioni pronte a deliziare anche i chocolover più esigenti.
Giuliano Viaggi presente a Eurochocolate
Tutti i giorni, da venerdì 13 a domenica 22 ottobre, dalle ore 12 presso l’Area ChocoPasta al padiglione 9 di Umbriafiere a Bastia Umbra (Perugia) sarà possibile gustare le esclusive ricette pensate per esaltare l’originale abbinamento con la pasta al cacao.
In particolare, sono all’insegna della croccantezza le pennette al cacao con salsa al brasato, crumble di cipolla di Cannara e pane alle erbe spontanee. Imperdibili e 100% vegane le pennette al cacao con salsa al topepo – Presidio Slow Food del Trasimeno – farina di mandorle al posto del formaggio grattugiato e portulaca.
La pasta al cioccolato (immagine concessa)
Pronti a stupire anche i baffi di pasta al cacao e fagioli con emulsione acetica a base di olio extravergine umbro, prezzemolo e basilico, dove la crema di borlotti incontra il guanciale di maiale Cinturello autoctono.
E ancora, i baffi con salsa al pecorino montonese, pepe, erbette e centrifugato di pomodoro all’olio extravergine e aceto, frutto della stretta collaborazione con un pastore sardo residente in Umbria. Irresistibili le pennette con pesto di erbette lavorato al mortaio suribachi ed erbette fresche spontanee.
La biografia dello chef Giuliano Viaggi
Nato il 9 Agosto 1982 a La Spezia, si diploma in Hotel Management presso l’Istituto “G. Casini”. Seguono varie esperienze in ristoranti importanti tra cui il ristorante di Joel Robuchon’s Atelier (3 stelle Michelin) e la specializzazione presso l’accademia “Boscolo Etoile”. Nel 2004, dopo anni trascorsi in vari ristoranti tra Italia, Principato di Monaco, Francia e Spagna, si sposta in Inghilterra cimentandosi in noti locali.
Dal 2008, grazie alle sue doti di flessibilità e organizzazione, inizia la sua carriera come chef in imbarcazioni private di lusso, ville e isole private in giro per il mondo.
Nel 2020 apre un suo ristorante “La barca”, a Tellaro (SP), premiato dopo soli due mesi come una delle migliori novità degli ultimi tre anni in Italia, facendo parlare molto di sé per la Grande Cucina fatta di territorio e amore per le migliori materie prime sul mercato.
Da ottobre 2022 si trasferisce in Umbria dove attualmente lavora come Executive Chef a L’Antica Osteria di Montone, uno dei Borghi più belli d’Italia. Collabora, inoltre, con l’Università dei Sapori di Perugia. È specializzato in cucina italiana, internazionale, francese, giapponese, thailandese, indonesiana, regionale e molecolare. L’energia di Eurochocolate vi aspetta dal 13 al 22 ottobre.
Marco Cremonese nei panni del giudice credits Sca Italy
MILANO – Marco Cremonese non ha segreti quando si tratta di torrefazione e lo ha dimostrato su queste pagine: non solo sa tostare e fa formazione, ma sa anche valutare chi tosta quando è il momento di gareggiare. Con il nuovo protocollo d’assaggio introdotto recentemente da Sca Italy, il compito e la sfida sono cambiati anche per i giudici: condividiamo l’esperienza di un maestro sul tema.
Cremonese, che cosa serve per essere il capo della giuria di roasting? Come ci si prepara e come si guida tutta la squadra?
“Sono stato scelto per competenze maturate negli scorsi anni, esperienza iniziata dal primo campionato italiano roasting del 2014, continuando negli appuntamenti degli anni successivi e nel campionato roasting tedesco.
È fondamentale conoscere il regolamento (regolamento ufficiale WCRC) per poter applicare correttamente la disciplina di gara.
Il grembiule della giuria credits Sca Italy
Guidare poi la squadra di giudici è stato relativamente semplice, la loro (Deborah Righeschi, Jessica Lussana e Carmelo Andeloro) competenza e capacità di coordinarsi insieme ha permesso di svolgere un lavoro fluido ed efficace.”
In che modo vi siete calibrati rispetto alle nuove schede di assaggio di Sca? Come vi siete trovati?
“Per applicare le nuove schede di SCA, secondo il “coffee value-assessment”, abbiamo fatto assaggi di calibrazione con l’utilizzo delle nuove schede prima di procedere con giudicare i caffè dei concorrenti che sono stati presentati con un codice a “doppio cieco”.
Le nuove schede d’assaggio richiedono all’inizio molta attenzione, ma risultano essere più oggettive negli specifici descrittori rispetto al form attuale della SCA.”
Quali sono le principali novità inserite?
“Il riferimento specifico alle nove principali categorie di flavor presenti nella flavor wheel e la scala di intensità da 0 a 15 (anche per la dolcezza). Nella stessa scheda “production cupping scoresheet”, oltre alla sezione descrittiva, viene inoltre valutata la qualità dei descrittori con una scala da 0 a 9.”
Cremonese, qual è l’elemento che sicuramente fa spiccare un concorrente rispetto ad un altro (nel bene e nel male)
“La capacità di interpretare le caratteristiche del caffè verde, la corretta gestione della macchina tostatrice utilizzata in quel momento per il miglior potenziale risultato desiderato in tazza.”
Stessa macchina tostatrice, stesso caffè e stesse quantità: dove si giocano le effettive differenze nel roasting plan presentato dagli sfidanti?
Cremonese: “Oltre al punteggio ottenuto da una corretta stima del colore finale, temperature e calo peso, nel “roast plan”, con le novità introdotte assume decisiva importanza l’accuratezza dei descrittori in tazza dichiarati dal concorrente; diventa quindi fondamentale interpretare e descrivere accuratamente le caratteristiche sensoriali che i giudici andranno a riscontrare in tazza al momento dell’assaggio, in modo che queste corrispondano a quanto dichiarato dal concorrente stesso.”
Spesso molti roaster che concorrono, temono, soprattutto quando si tratta di confrontarsi con giudici internazionali, che possa incidere nella valutazione anche un fattore culturale, la tradizione della località di origine ed è un elemento non prevedibile: lei cosa ne pensa?
In fase di valutazione credits Sca Italy
Cremonese: “Tra le maggiori difficoltà di un giudice il pregiudizio ed il personale fattore culturale incidono nella valutazione finale dell’assaggio.
Una buona calibrazione e l’introduzione delle nuove schede nella sezione descrittiva rappresentano un modo per contribuire ad una maggiore oggettività delle valutazioni, utile anche a superare il fattore culturale.”
Per concludere: Cremonese, lei vorrebbe dare un consiglio ai roaster che partecipano e parteciperanno e anche a chi vuole diventare giudice di questa categoria?
“Ai roasters consiglio di esercitarsi con un’accurata preparazione tecnica nei dettagli unita ad un costante esercizio; oltre a ciò suggerisco di seguire strettamente il regolamento. Per i giudici, la loro primaria responsabilità è quella di fare in modo che i concorrenti ottengano il loro miglior risultato in una corretta ed equa competizione.
Per entrambi è necessario maturare una buona esperienza.“
Adolfo Vallini con in mano il suo caffè tostato (foto concessa)
MILANO – Si scende a sud dello Stivale, dove Adolfo Vallini ha aperto la sua roastery a Torre del Greco in provincia di Napoli: in Corso Avezzana,31, avviene la magia della tostatura, e soprattutto si fa formazione ed educazione attorno alla bevanda, a stretto contatto con i clienti.
Questa è la via tracciata da Vallini, diplomato in Istituto alberghiero, opera in qualità di capo barman Aibes e agente di commercio per importanti torrefazioni italiane, nonché trainer per lo IIAC, Istituto internazionale assaggiatori caffè.
Insomma, il background professionale non manca e ora vuole trasmettere queste sue competenze acquisite con il tempo, alle aziende e a chi aspira svolgere il ruolo del barista più consapevolmente.
La sua esperienza sul campo lo ha portato a comprendere quali sono le vere esigenze di chi ha voglia di avvicinarsi ad un prodotto come il caffè.
Vallini inizia con una premessa importante: “Nella nostra zona abbiamo un’abitudine: il barista si affida al torrefattore per il comodato delle attrezzature, tralasciando altre cose più importanti.”
E allora la prima domanda arriva spontanea: come mai un Capo Barman vuole diventare torrefattore?
“Lavorando come capo barman e come agente di commercio per 18 anni, è scattato qualcosa: con il tempo sono riuscito ad entrare in contatto con un’azienda che produceva macchine, la Ing. Napoli & C. Industrie Riunite, con cui collaboro ancora oggi.
Il mio percorso è partito da lì, luogo in cui ho lavorato in qualità di agente e dove ho sviluppato contemporaneamente una serie di conoscenze legate al mondo del tostato.
Con loro ho fatto tanta esperienza pratica e teorica: lavoriamo con i profili e dei programmi come Artisan, con un approccio tecnico, tostando il chicco attraverso una gestione controllata.
Con lo IIAC sono invece cresciuto sulla parte sensoriale, che serve tantissimo alla valutazione dei profili in fase di tostatura. Sarebbe stato impossibile procedere senza questa competenza.”
Come ha costruito il suo laboratorio?
“Lo spazio che ora è la roastery Adolfo Vallini, era già un laboratorio in precedenza, ma di un orefice. Pian piano ho sviluppato un progetto legando i vari ambienti: in un ambiente di una cinquantina di metri quadri, sono riuscito a creare degli angoli dedicati solo alla roastery e all’analisi, uno al deposito per lo stoccaggio e uno allo sviluppo e alla formazione.
Il cliente, quando entra da me, sa che può anche contare sulla formazione nell’utilizzo di tutte le tipologie di macchine espresso così da estrarre il prodotto al meglio. Voglio andare oltre la fase di tostatura, per seguire il cliente che ha bisogno di una guida.
E questo perché, di fronte ad un’ottima miscela, spesso ho notato che non sono molti in grado di valorizzarla in fase di estrazione, perché hanno difficoltà a gestire le macchine e i macinini o avvicinarsi ad altri metodi alternativi. Insieme alla vendita del prodotto si sviluppa un percorso da fare insieme, che per me è indispensabile.”
Quali macchine ha scelto?
Le macchine Tostabar (foto concessa)
“Ho due tostatrici, entrambi della Ing.Napoli, una Tostabar Genius k1 e una Tostabar Genius k3, installate e funzionanti, collegate agli impianti. Una è utile per produrre un chilo per ogni tostata, l’altra invece regge i 4 chili.
Ho scelto di averne due perché se devo ad esempio tostare un campione di specialty, con una quantità dedicata, è più funzionale. Riesco ad esser preciso con le curve e tostare una determinata varietà.
Ad esempio dovendo cuocere soltanto un chilo di Blue Mountain o uno specialty, con la K1 posso cuocerne piccoli lotti in modo certosino.
Poi in laboratorio sono presenti due macchine espresso (una Regina sempre della Ing. Napoli a leva a due gruppi, e una macchina Didattica che ha la peculiarità di avere ogni singolo gruppo diverso, uno a leva, uno a pulsante e uno a levetta, che mi sono fatto costruire personalmente da un artigiano della zona di Napoli, (che si è basato sulla mia idea per le modifiche). Per la trasformazione dei caffè speciali ho una work station dove creo ed elaboro i menu e le ricette a base caffè. Per i macinini ho due modelli: Mazzer conico e un Quamar on demand.
Il menù è molto personalizzabile in base a ciò che il cliente richiede, generalmente sono soluzioni a base latte, panna o succhi e sciroppi di frutta o topping alle creme.
In questo modo realizziamo un’offerta customizzata in base al caffè scelto dal cliente. Si potrebbe pensare di spingersi in avanti con il discorso del food pairing e ricette al caffè: con un cliente stiamo discutendo di usare il macinato come spezia su di un risotto.
Ma questa è ancora la prima prova, siamo in fase di sperimentazione. Anche con il pergamino siamo riusciti a fare una pastella, che è uscita buona con un leggero gusto di caffè con note di cacao e di liquirizia.”
Qual è il suo target di riferimento? Entrare nei bar senza il comodato d’uso, è difficile, così come lei ha subito anticipato
“Sono tre le leve: una è la qualità, l’altra è l’assistenza e infine la formazione. Questi sono i tre punti per scardinare la dinamica della concessione delle attrezzature, alcune che non fanno neppure parte del mondo caffè, come macchine da ghiaccio e le lavastoviglie.
Se si trova il cliente giusto, con un prodotto particolare tostato per lui, con una sua ricetta personalizzata, anche questo fenomeno consolidato si supera.
Aiuta il fatto che io opero sul territorio già da oltre di una ventina d’anni e quindi conosco bene le zone e i clienti che potenzialmente sono interessati.
La roastery è aperta soltanto da qualche mese e per il momento va bene, sto raccogliendo molti contatti. In più, nella mia città una torrefazione mancava da oltre 30 anni. Io sono il primo dopo tanto tempo ad avviare questo tipo di attività.
Si sentiva la mancanza di avere un punto in cui trovare un prodotto fresco, da macinare o da trovare in grani.
Il caffè nella grande distribuzione viene proposto con una shelf life lunga ma potrebbe essere già vecchio: nel mio caso, poter avere una materia prima fresca tostata, sia in chicchi che in polvere, ha un plus in più pazzesco e restituisce degli aromi che si sono dimenticati negli anni.
Così stimolo tutti i sensi, offrendo un’esperienza completa.”
Quale caffè tosta, da dove si rifornisce e che grado di tostatura applica?
“Dato chela nostra tradizione prevede una tostatura scura, senza però superare determinati limiti che possono creare dei difetti, è così che lavoro il caffè nella mia roastery.
Vallini crea le ricette (foto concessa)
Ci riforniamo attraverso la ing. Napoli e scegliamo varietà tra Arabiche e Robuste sia lavate che naturali da miscelare in base a ciò che si desidera.
Un paio di giorni alla settimana li dedico alla tostatura, producendo miscele di alta qualità.
Ho avuto richieste per una tostatura diversa, un po’ più chiara per l’utilizzo in sistemi alternativi di estrazione ma resta almeno nella mia zona una piccolissima nicchia di mercato.
Voglio a tal proposito sfatare un mito: non si utilizza sempre tantissima Robusta nelle miscele per la “Tostatura alla Napoletana”.
Ormai la tendenza è di usare il 70% 80% di Arabica nella composizione se non addirittura il 100%.
Di queste Arabiche poi bisogna capire come sono lavorate, e questo determina ulteriormente l’innalzamento della qualità e la resa in tazza. La buona notizia è che i consumatori in primis si stanno orientando su questo tipo di prodotto.
C’è anche l’interesse per formarsi, assolutamente. Per me è il fondamento della mia stessa attività: non si può comprare l’auto senza avere la patente. Il mio background di formatore mi permette di trasmettere le mie competenze.“
Prossimi passi per la torrefazione?
“Devo lavorare sulla comunicazione del mio brand e grazie alla formazione, voglio far sì che le persone capiscano che con la conoscenza si può avere una marcia in più nella propria attività.
Seguo al massimo due-tre persone alla volta, proprio per garantire una didattica dedicata, in base alle esigenze specifiche.
Credo che nel confronto tra le due parti, si possa creare insieme un’offerta diversa per il proprio locale, magari proponendo anche una particolare estrazione come l’ibrik che in alcuni aspetti somiglia molto ad un espresso “alla napoletana”.
MILANO – La quarta onda del caffè? Secondo Mintel è quella mossa dalla Gen Z, ossia della generazione dei nati tra la seconda metà degli anni novanta e i tardi anni duemila. La prima generazione di nativi digitali, abituati sin dalla più tenera età a utilizzare internet e i social.
“La generazione del cambiamento senza precedenti – come la descrive un report della società di ricerche di mercato globali Gwi – che boccia come obsolete molte delle abitudini radicate nelle generazioni precedenti.”.
Una generazione che compra soprattutto online, mangia vegano, è particolarmente sensibile alle problematiche ambientali e si batte per un mondo più green e più pacifico.
E in fatto di caffè? Pur non disdegnando i coffee shop e i drive thru, la Gen Z ama prepararsi il caffè in casa, magari seguendo i consigli di youtuber e tiktoker.
Il tutto utilizzando macchine e attrezzature professionali o semiprofessionali. Tali elementi la rendono un target più complesso e difficile da intercettare per il marketing tradizionale.
Se le caffetterie sono state il luogo d’elezione della seconda e della terza onda, la quarta onda – quando si parla di Gen Z – ama il caffè anche tra le mura domestiche. Si tratta, in parte, di un retaggio della pandemia.
Lock down e lavoro da casa hanno indotto molti consumatori a crearsi una specie di bar casalingo, per ovviare all’impossibilità di recarsi nei coffee shop.
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Bustine di zucchero (da commons.wikimedia, autore Paulata)
La bustina di zucchero potrebbe scomparire dalla quotidianità entro il 31 dicembre 2027 nel caso in cui il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi (Ppwr), uscito dalla Commissione ambiente del Parlamento Europeo il 24 ottobre scorso, entrasse in vigore. Inoltre, saranno proibiti gli imballaggi monouso in plastica per prodotti ortofrutticoli freschi che pesano meno di 1,5 kg, come reti, sacchetti, vassoi e contenitori. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Giorgio Pirani pubblicato sul portale d’informazione Qui Finanza.
Il possibile addio alle bustine di zucchero
MILANO – La bustina di zucchero, la busta dell’insalata, la monoporzione di ketchup e persino il flaconcino di shampoo negli hotel potrebbero scomparire dal nostro quotidiano entro il 31 dicembre 2027. Inoltre, i consumatori di cibi e bevande da asporto dovranno abituarsi a portare con sé borracce e contenitori personali da lavare e riutilizzare.
Le stoviglie riutilizzabili diventeranno la norma per i consumi di cibi e bevande in hotel, ristoranti e servizi di catering.
Questi cambiamenti sono alcune delle conseguenze che i consumatori potrebbero affrontare se il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi (Ppwr), uscito dalla Commissione Ambiente del Parlamento Europeo il 24 ottobre scorso, entrasse immediatamente in vigore.
Quali sono gli imballaggi banditi
Nel settore alberghiero, della ristorazione e del catering, l’uso di imballaggi monouso per condimenti, conserve, salse, panna da caffè e zucchero, compresi bustine, vaschette, vassoi e scatole, sarà vietato.
Inoltre, saranno proibiti gli imballaggi monouso in plastica per prodotti ortofrutticoli freschi che pesano meno di 1,5 kg, come reti, sacchetti, vassoi e contenitori.
Sarà messo fine all’uso di packaging monouso negli alberghi per cosmetici e prodotti per l’igiene che pesano meno di 50 ml per i prodotti liquidi e meno di 100 g per i prodotti non liquidi, come flaconi di shampoo, flaconi per lozioni per mani e corpo e piccoli sacchetti per saponette.
Inoltre, sarà vietato l’uso di imballaggi monouso per alimenti e bevande destinati al consumo nei locali del settore alberghiero, della ristorazione e del catering, tra cui vassoi, piatti e bicchieri usa e getta, sacchetti, lamine e scatole.
Potrebbe anche essere messo fine al formato famiglia, con il divieto di utilizzare imballaggi di plastica nel commercio al dettaglio per raggruppare prodotti venduti in lattine, vasi, vaschette e confezioni per l’acquisto di più di un prodotto o per incoraggiare i consumatori a farlo.
Per quanto riguarda il riutilizzo, il testo attuale stabilisce che a partire dal 1° gennaio 2030, il 20% delle bevande vendute confezionate (in bottiglia o lattina) dovrà essere confezionato in imballaggi destinati al riutilizzo. Quindi, su ogni scaffale con 100 bottiglie, 20 di esse dovranno essere parte di un sistema di riutilizzo.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
Liomatic, azienda simbolo della distribuzione automatica, ha festeggiato il 50° anniversario con un incontro allo stabilimento aziendale di Balanzano, Perugia, il luogo ideale per ripercorrere gli eventi principali che hanno segnato la storia della realtà. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Umbria Notizie Web.
Liomatic celebra 50 anni
PERUGIA – Traguardo importante per Liomatic S.p.A., azienda specializzata nella distribuzione automatica di alimenti e bevande, che ha celebrato i 50 anni di attività con un incontro nella propria sede a cui hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni, delle imprese e collaboratori.
L’iniziativa, cominciata con la visita allo stabilimento aziendale di Balanzano, a Perugia, è stata l’occasione per ripercorrere le tappe principali della storia di Liomatic, caratterizzata da un percorso di crescita costante basato su innovazione e sostenibilità.
Fondata nel 1973 da Paolo Caporali assieme alla moglie Bruna Lepri e poi gestita con le figlie Ilaria e Camilla, attuali Ceo, l’azienda umbra conta oggi circa 600 collaboratori e gestisce oltre 40mila vending machine. Recentemente Liomatic è entrata a far parte di IVS Group SA, primo player del settore in Italia e secondo a livello europeo con 87 filiali in Italia, Spagna, Francia, Svizzera e Germania.
All’incontro hanno partecipato il sindaco di Perugia Andrea Romizi, l’assessore regionale allo sviluppo economico Michele Fioroni, l’amministratore unico di Sviluppumbria Michela Sciurpa e il presidente della Sezione Territoriale Perugia di Confindustria Umbria Federico Malizia.
A tracciare le fasi di sviluppo dell’azienda sono stati Paolo Caporali, fondatore di Liomatic, Ilaria Caporali, ceo & brand ambassador di Liomatic e Antonio Tartaro, co-ceo di IVS Group SA.
“Questo anniversario – ha sottolineato Paolo Caporali – rappresenta un traguardo significativo e di grande soddisfazione, che premia l’impegno e la passione di tutte le persone che in questi cinquant’anni hanno contribuito a rendere l’azienda un punto di riferimento solido per il nostro territorio, con cui abbiamo da sempre un legame speciale”.
Caporali aggiunge: “La storia umana e imprenditoriale di Liomatic si fonda sulla realizzazione di un sogno, quello cioè di mettere in contatto le persone attraverso la pausa caffè. Una sfida che abbiamo colto e affrontato con tenace dedizione, investendo in ricerca e sviluppo, innovazione e nuove tecnologie”.
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