lunedì 01 Dicembre 2025
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Bazzara celebra l’eccellenza nel mondo del caffè con gli Ambassador Awards

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foto targhe bazzara
Gli Ambassador Awards (immagine concessa)

TRIESTE – Bazzara, punto di riferimento nel settore del caffè di qualità, ha sfruttato l’importante palcoscenico offerto da Host Milano per annunciare l’attesa sesta edizione del Trieste Coffee Experts: summit biennale che quest’anno si terrà il 25 e 26 novembre presso il lussuoso Savoia Excelsior Palace Trieste e che, come di consueto, riunirà alcuni dei più importanti protagonisti del settore caffeicolo per dialogare e individuare le migliori strategia per affrontare il mercato.

L’evento Trieste Coffee Experts di Bazzara

L’azienda ha colto l’opportunità offerta dalla kermesse milanese per onorare amici, sponsor e relatori che hanno contribuito in modo significativo al successo delle edizioni precedenti dell’evento.

Un’iniziativa che dimostra l’impegno costante della famiglia Bazzara nel promuovere la collaborazione e la necessità di fare rete nel settore del caffè e a mettere in luce chi è già in grado di farlo.

Gli Ambassador Awards

A consegnare gli Ambassador Awards a più di 50 personalità chiave del mondo del caffè sono stati Andrea e Marco Bazzara, rispettivamente sales manager e quality manager & academy director della torrefazione triestina.

Un prestigioso riconoscimento che consistente in una raffinata targa con base in legno di faggio massiccio recante l’incisione “Ambassador committed to spreading the culture of quality coffee,” sormontata da un blocco di cristallo con il logo del Trieste Coffee Experts inciso tramite tecnica laser. A questo link il video con il momento della consegna.

Il premio è stato assegnato a chi, come la famiglia Bazzara, si è distinto per l’impegno nella diffusione della cultura del caffè di alta qualità.

Tra coloro che si sono fatti immortalare con la targa in mano spiccano nomi come Rudi Albert, Carlo Barbi, il conte Giorgio Caballini di Sassoferrato, Cristina Caroli, Luigi Morello, Luigi Odello, Gianfranco Carubelli, Marco Colombini, Luca Gilberti e molti altri ancora.

Sono imprenditori, formatori e consulenti che hanno contribuito in modo significativo alla trasformazione del caffè italiano, rendendolo una delle grandi bellezze del patrimonio italiano attraverso l’incarnazione del concetto di “bello, buono e ben fatto.”

Ha così commentato Carlos Gonzalez di Rancilio Group: “Ho ricevuto un riconoscimento da Marco e Andrea Bazzara di Trieste Coffee Experts, per il mio contributo alla diffusione della cultura del caffè di qualità. Grazie mille. Non so se potrò esprimere abbastanza la mia gratitudine. Credo fermamente che la qualità consista nel curare con la massima attenzione tutti i passaggi della catena del valore. Con tutto ciò, la soddisfazione che una tazzina può dare al consumatore di caffè è una ricompensa poiché il caffè viene bevuto solo per piacere”.

Club House ha affermato: “E’ stato un onore per il Dottor Carlo Barbi ricevere un riconoscimento come Trieste Coffee Experts Ambassador durante la fiera HostMilano per il suo impegno di divulgazione della cultura del caffè di qualità da Bazzara”.

Durante il summit di novembre, a Trieste, verrà consegnato anche il premio “Personaggio del caffè”, un’onorificenza – ideata anni fa dai fratelli Bazzara per colmare un vuoto istituzionale – che si propone di gratificare e motivare ulteriormente coloro che si distinguono nell’industria del caffè, contribuendo costantemente al suo miglioramento.

Inoltre, presso le eleganti sale del Savoia Excelsior Palace Trieste, verrà consegnato un secondo premio, particolarmente speciale: il volume “Dante Guarneriano”, uno dei codici più antichi e unici dell’Inferno di Dante Alighieri, realizzato tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400, impreziosito da miniature attribuibili a Bartolomeo di Fruosino. Un riconoscimento unico per un individuo altrettanto straordinario.

Il “Trieste Coffee Experts” è diventato un appuntamento imperdibile per gli amanti del caffè di tutto il mondo e rappresenta un momento chiave per l’industria del caffè.

Quest’anno sarà possibile seguire la diretta streaming collegandosi al sito sul quale è dedicata un’apposita sezione.

Le migliori aziende al mondo per le donne secondo Forbes: Ferrero e Starbucks in classifica

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Il logo di Starbucks

MILANO – Forbes, in collaborazione con la società di ricerche di mercato Statista, ha stilato la classifica delle migliori imprese al mondo per le donne nel 2023. La graduatoria è il frutto di interviste rivolte a circa 70.000 donne che lavorano in multinazionali sparse in 37 diversi Paesi del mondo. Leggiamo di seguito parte dell’articolo pubblicato sul portale inItalia magazine.

La classifica delle migliori imprese al mondo per le donne di Forbes

Ogni azienda presa in esame è stata valutata sulla base della percentuale di donne che occupano posizioni di leadership: i dati sono stati poi combinati per produrre i punteggi che hanno determinato il ranking finale delle migliori aziende.

Ferrero

Nella graduatoria di Forbes dedicata alle migliori aziende del mondo per le donne ce ne sono quattro italiane: una di queste è la Ferrero che occupa la posizione numero 275 della graduatoria globale.

Ferrero salmonella
Il logo della Ferrero

Nel corso del 2023 la Ferrero aveva già trovato posto nella classifica delle aziende con la migliore reputazione in Italia.

Starbucks

L’azienda Starbucks è quattordicesima nella classifica delle migliori imprese al mondo per le donne nel 2023: la graduatoria è il frutto delle interviste rivolte a circa 70.000 donne impiegate in multinazionali di 37 diversi Paesi.

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Torrefazione multata con 70mila euro per telemarketing senza consenso degli utenti

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La sanzione per telemarketing (immagine: Pixabay)

Con l’acquisto del caffè arrivava anche la telefonata di disturbo. Il Garante privacy ha dato una sanzione di 70mila euro ad una torrefazione per aver promosso il proprio marchio attraverso telefonate indesiderate. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Federprivacy.

La sanzione contro il telemarketing

MILANO – L’Autorità per la privacy si è attivata a seguito di numerose segnalazioni e reclami di utenti che lamentavano di aver ricevuto le chiamate anche da numerazioni telefoniche contraffatte. In molti casi le telefonate indesiderate seguivano l’acquisto del caffè.

Alla richiesta di informazioni da parte del Garante, la società ha risposto che l’attività di marketing telefonico riguardava dati personali degli utenti acquisiti con diverse modalità: tramite il form presente nel proprio sito internet, mediante il passaparola dei clienti, il programma “Presenta un amico” e liste di contatti raccolti da società terze.

Dalle verifiche effettuate dall’Autorità sono emerse diverse violazioni, a partire dall’uso dei dati per finalità di marketing senza aver acquisito il consenso degli utenti e senza aver loro fornito una apposita informativa (assente nel corso delle telefonate e insufficiente quella presente sul sito internet poiché l’attività promozionale non era indicata tra le finalità perseguite dalla società).

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Bar e ristoranti a Venezia, il Comune: “Stop a nuove aperture a Murano e Burano”

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Venezia (immagine: PIxabay)

L’assessorato al commercio guidato da Sebastiano Costalonga prevede una replica di quanto già pensato nel 2018 per Venezia: stabilire una data oltre la quale non è più possibile presentare domanda di nuove aperture. Nel caso di Murano e Burano, non solo le domande non potranno più essere presentate dopo l’approvazione della delibera, ma si punta a stabilire un limite di tempo entro il quale portare a compimento i lavori all’interno dei locali per poi inaugurarli definitivamente.

L’iniziativa ricorda quella ideata per preservare l’area Unesco del centro di Napoli con la sospensione di tre anni per quanto riguarda l’apertura di nuovi ristoranti e bar (ne abbiamo parlato qui).

Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Eugenio Pendolini per il quotidiano La Nuova di Venezia e Mestre.

Il possibile stop ai nuovi ristoranti bar del Comune di Venezia

VENEZIA – Il Comune di Venezia sta seriamente pensando di mettere uno stop definitivo alle nuove aperture di bar, ristoranti e pubblici esercizi nelle isole di Murano e Burano. Decine e decine le nuove attività inaugurate negli ultimi anni.

Se da un lato a comandare è il libero mercato – tanto più in una città che del turismo ha fatto la sua prima economia – dall’altro lo stravolgimento del tessuto sociale ed economico è sotto gli occhi di tutti.

Tanto più in realtà piccole come quelle delle due isole della laguna nord, meno di 7 mila abitanti nel complesso, dove il numero di pubblici esercizi (inclusi quelli del Lido di Venezia) ha raggiunto quota 261 locali.

Che fare, dunque? Lo strumento a cui sta lavorando l’assessorato al commercio guidato da Sebastiano Costalonga è, di fatto, una replica di quanto già previsto nel 2018 per la città d’acqua: stabilire cioè una data oltre la quale non è più possibile presentare domanda di nuove aperture.

Da cinque anni a questa parte, infatti, nei sestieri cittadini e nell’isola della Giudecca sono consentiti solo i trasferimenti di licenza da un’area all’altra della città. Le aperture ex novo, invece, sono dovute solo e soltanto a domande presentate prima dell’entrata in vigore della norma.

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Ristoranti insieme a Telethon con le gift card per le persone con malattie genetiche rare

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Il logo TheFork

MILANO – Natale si avvicina ed è già tempo di pensare ai regali. TheFork ha deciso quest’anno di inaugurare una partnership con Telethon perché i doni natalizi siano ancora più buoni. Come? Per ogni gift card di TheFork, acquistata tra il 6 e il 12 novembre, TheFork donerà il 10% del valore alla Fondazione Telethon.

Le gift card di TheFork in collaborazione con Telethon

Le gift card di TheFork hanno validità di 18 mesi e possono essere spese in più di 15.000 ristoranti in tutta Italia.

Grazie a questa iniziativa, chi acquista o riceve un’esperienza gourmet aiuterà anche la Fondazione Telethon a trasformare i progressi scientifici in impatto per la vita di tante persone con una malattia genetica rara.

Effettuare l’acquisto è semplicissimo, basta recarsi sul sito dedicato, selezionare l’importo della gift card desiderato, inserire i propri dati, quelli del destinatario e un messaggio di auguri personalizzato.

Oltre che ai singoli utenti, questa stessa possibilità sarà offerta alle aziende partner di Telethon che potranno scegliere le carte regalo di TheFork. In questo caso la campagna avrà validità fino al 31/12/2023.

“Siamo molto felici di supportare la Fondazione Telethon con le nostre gift cards. Abbiamo già invitato tutti i partecipanti dei TheFork Awards a dare il proprio contributo alla ricerca e ci auguriamo che con questa iniziativa milioni di utenti – e perché no – di decisori d’azienda, si mobilitino per sostenere una causa così importante. Quando mangiamo fuori con TheFork viviamo esperienze indimenticabili, in questo modo lo saranno ancora di più perché non c’è niente di più bello di donare qualcosa di valore a qualcuno che ne ha bisogno”, ha commentato Carlo Carollo, country manager di TheFork Italia.

“La partnership con TheFork è preziosa sia perché ci permetterà di raccogliere fondi a supporto della ricerca contro le malattie genetiche rare, sia perché ci consente di raggiungere un pubblico nuovo attraverso il canale digitale, sempre più centrale nella nostra strategia di comunicazione e di raccolta fondi. Siamo quindi molto grati a TheFork per aver dimostrato fiducia nel nostro lavoro e vicinanza alla nostra Missione”, ha dichiarato Alessandro Betti, direttore raccolta fondi di Fondazione Telethon.

Fondazione Telethon ETS è una delle principali charity biomediche italiane, nata nel 1990 per iniziativa di un gruppo di pazienti affetti da distrofia muscolare. La sua missione è di arrivare alla cura delle malattie genetiche rare grazie a una ricerca scientifica di eccellenza, selezionata secondo le migliori prassi condivise a livello internazionale.

Attraverso un metodo unico nel panorama italiano, segue l’intera “filiera della ricerca” occupandosi della raccolta fondi, della selezione e del finanziamento dei progetti e dell’attività stessa di ricerca portata avanti nei centri e nei laboratori della Fondazione.

Telethon inoltre sviluppa collaborazioni con istituzioni sanitarie pubbliche e industrie farmaceutiche per tradurre i risultati della ricerca in terapie accessibili ai pazienti. Dalla sua fondazione ha investito in ricerca oltre 592,5 milioni di euro, ha finanziato 2.720 progetti con 1.630 ricercatori coinvolti e più di 580 malattie studiate.

Ad oggi, grazie a Fondazione Telethon è stata resa disponibile la prima terapia genica con cellule staminali al mondo, nata grazie alla collaborazione con l’industria farmaceutica. Strimvelis, questo il nome commerciale della terapia, è destinata al trattamento dell’ADA-SCID, una grave immunodeficienza che compromette le difese dell’organismo fin dalla nascita. Un’altra terapia genica frutto della ricerca Telethon resa disponibile è quella per una grave malattia neurodegenerativa, la leucodistrofia metacromatica, dal nome commerciale di Libmeldy.

Questo approccio terapeutico è in fase avanzata di sperimentazione clinica per un’altra immunodeficienza, la sindrome di Wiskott-Aldrich. Altre malattie su cui la terapia genica messa a punto dai ricercatori Telethon è stata valutata nei pazienti sono la beta talassemia e due malattie metaboliche dell’infanzia, la mucopolisaccaridosi di tipo 6 e di tipo 1.

Inoltre, all’interno degli istituti Telethon, è in fase avanzata di studio o di sviluppo una strategia terapeutica mirata anche per altre malattie genetiche, come per esempio l’emofilia o diversi difetti ereditari della vista. Parallelamente, continua in tutti i laboratori finanziati da Telethon lo studio dei meccanismi di base e di potenziali approcci terapeutici per patologie ancora senza risposta

La scheda sintetica di TheFork

TheFork, brand di Tripadvisor è la principale piattaforma per le prenotazioni online di ristoranti in Europa e Australia. In prima linea nel sostenere e promuovere la cultura della ristorazione, TheFork utilizza la tecnologia per favorire le connessioni reali tra clienti e ristoratori e per avviare questi ultimi al successo.

Con una rete di circa 55.000 ristoranti partner in 12 Paesi, quasi 40 milioni di download dell’app e più di 20 milioni di recensioni verificate, TheFork è la piattaforma di riferimento per tutti gli appassionati di food che vogliono vivere esperienze indimenticabili al ristorante. Attraverso TheFork (sito e app) gli utenti possono facilmente selezionare un ristorante in base alle loro preferenze, consultare le recensioni degli utenti, controllare la disponibilità in tempo reale, prenotare immediatamente online 24 ore su 24, 7 giorni su 7, beneficiare di offerte speciali e pagare direttamente sull’app.

Per i ristoranti, TheFork fornisce un software, TheFork Manager, che consente di ottimizzare la gestione delle prenotazioni e il tasso di occupazione, aumentare le prenotazioni e la visibilità, combattere i no-show, gestire i pagamenti e semplificare le operazioni, connettendosi alla più ampia community di appassionati di ristorazione.

Regno Unito: il prezzo di una tazza di tè arriva a 2,25 sterline, la protesta: “Il costo dovrebbe rimanere a £1”

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La bandiera del Regno Unito

La polemica del costo della tazzina di caffè che dovrebbe essere fermo a 1 euro dilaga in tutto il Bel Paese ormai da anni. Non desta particolare sorpresa che lo stesso dibattito è presente nel Regno Unito con la tazza di tè al posto dell’espresso. Il prezzo del tè è salito vertiginosamente negli anni e in alcune istituzioni culturali come la British Library il costo arriva alle 2,25 sterline (circa 2,60 euro).

Leggiamo di seguito l’opinione di Luke Turner nella prima parte dell’articolo pubblicato sul quotidiano The Guardian di cui riportiamo la traduzione.

Il prezzo del tè nel Regno Unito

LONDRA – È strano essere derisi dai prodotti da forno, ma è esattamente quello che mi è successo di recente quando mi sono preso una pausa dal lavoro nelle sale di lettura della British Library per uno snack pomeridiano a base di zucchero e caffeina.

Lì, sbirciando dal bancone del bar della biblioteca, c’era un biscotto beige a due piani con denti di marzapane e occhi stralunati chiamato “Biscotto mostruoso – raawrr”. Il prezzo era di 5,95 sterline.

Una semplice tazza di tè da accompagnare al biscotto costava 2,25 sterline, il che significa che per entrambi si pagherebbero più o meno dieci sterline.

Questi prezzi esorbitanti non riguardano solo la British Library. Ho portato mio figlio al Museo Marittimo Nazionale e ho finito per spendere 7,80 sterline per il tè e un po’ di torta per allentare la tensione derivante dall’essermi alzato alle 6 del mattino.

Le torte sono un lusso di cui possiamo fare a meno, ma i prezzi delle bevande calde nelle nostre principali istituzioni culturali sembrano particolarmente scandalosi, essendo saliti alle stelle (come tutto il resto) nell’ultimo anno.

La British Library sembra persino ragionevole rispetto alla maggior parte delle altre, e non è nemmeno un caso isolato alla sola Londra: il Museo di Liverpool fa pagare 2,60 sterline per un tè; la tazza costa £ 2,50 all’Imperial War Museum North e al National Museum of Scotland il prezzo arriva a £ 2,70.

Non è necessario essere un analista di vendita al dettaglio per capire che una bustina di tè, una tazza e uno spruzzo di acqua calda acquistati all’ingrosso costano quasi nulla.

Con un tè al Costa o al Caffè Nero che costa £ 2,65, questi prezzi si avvicinano al tasso di mercato.

Il dolore è tanto nel principio quanto nel portafoglio e nella sensazione di essere presi in giro dai capi aziendali – e dai biscotti – che ridono della nostra impotenza.

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La gelateria La Romana lancia il gelato Scoops Ahoy della serie Netflix Stranger Things

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Il logo della gelateria La Romana

Il marchio dedicato al mondo dei gelati La Romana si unisce a Netflix per la promozione del brand del mondo di Stranger Things: Scoops Ahoy. I punti vendita delle gelaterie di Milano, Torino, Roma e Rimini si trasformeranno diventando parte del mondo di Stranger Things. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo del quotidiano Rimini Today.

Scoops Ahoy di Stranger Things nasce nei punti vendita La Romana

MILANO – Una nuova collaborazione tra la gelateria La Romana e Netflix con lo storico marchio riminese che è pronto a promuovere l’iconico brand di gelateria della celebre serie televisiva Stranger Things: Scoops Ahoy.

La partnership unisce il mondo di maestria e bontà artigianale della gelateria con il fascino rétro e, dal primo novembre, sono 10 i punti vendita in Italia ad accogliere i clienti facendo vivere all’interno degli store elementi identitari ispirati alla famosa serie.

La Romana si è messa “Sottosopra” per trasformare i punti vendita di Milano, Torino, Roma e Rimini in Scoops Ahoy, la gelateria della celebre serie tv Stranger Things una delle serie Netflix più iconiche Il 5 novembre, poi, presso lo stand Netflix a Lucca Comics & Games, i fan della serie potranno gustare il gelato Scoops Ahoy alla postazione La Romana dal 1947.

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Nestlé porta il caffè espresso in Cina partecipando all’evento Ciie

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Nestlé Nespresso
Il logo Nestlé

VEVEY (Svizzera) – L’azienda Nestlé partecipa per la sesta volta alla manifestazione China International Import Export, Ciee, in qualità di membro del Consiglio degli espositori. L’evento si terrà a novembre, occasione in cui l’azienda continuerà gli scambi industriali e comunicherà con i clienti.

Nestlé in Cina in occasione della Ciee

La notizia proviene direttamente da Zhang Xiqiang, vice presidente esecutivo della multinazionale svizzera.

L’azienda porterà alla China International Import Export prodotti da 10 attività tra cui: alimentazione per l’infanzia, caffè espresso e cibo per animali.

Il vicepresidente Zhang, come riportato da Il Giornale d’Italia, ha aggiunto che la Ciie è “una misura importante per la Cina per aprire il suo mercato al mondo e promuovere gli scambi economici e commerciali e la cooperazione con altri Paesi”.

La partecipazione alla manifestazione sarà quindi un’occasione per Nestlé per consolidare il mercato estero.

Si ricorda che il colosso elvetico ha chiuso i primi 9 mesi dell’anno con un giro d’affari di 68,8 miliardi di franchi svizzeri (72,49 miliardi di euro), in flessione dello 0,4% rispetto al pari periodo dell’esercizio trascorso (ne abbiamo parlato qui).

Nel Laboratorio Espresso a Bolzano il racconto specialty: “Il muro del prezzo è il primo da valicare inevitabilmente”

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Luca Pintimalli dentro Laboratorio Espresso (foto concessa)
Luca Pintimalli dentro Laboratorio Espresso (foto concessa)

MILANO – Laboratorio Espresso non nasce subito come caffetteria specialty: è un’azienda di famiglia che trova le sue radici tempo fa nella prima micro-roastery di Bolzano. Ci racconta come si è evoluta questa realtà fino alla sua forma attuale, Luca Pintimalli, che ha portato la Third Wave nella sua città.

“Laboratorio Espresso è nato come Tropical Caffè nel lontano 1959, fu la prima micro-torrefazione di Bolzano, quando ancora non esisteva il concetto di specialty coffee”

“La mia famiglia lo rilevò nel 1981, quando mia madre si innamorò di questo negozio e decise che sarebbe stato il suo lavoro. I miei genitori smisero di tostare verso la fine degli anni ’90; il cambiamento delle regolamentazioni e i pochi spazi a disposizione li portarono ad appoggiarsi a torrefazioni più grandi e strutturate. Io ho iniziato a lavorare con continuità in negozio nel 2007, quando mia madre si ammalò per la prima volta.

Dovetti accantonare gli studi universitari e dedicarmi completamente a quella che poi è diventata la mia passione e oggi, ormai da 16 anni, il mio lavoro. Dopo la scomparsa di mia madre avevo fame di studio e di formazione, quindi ho iniziato ad approfondire seriamente la filiera del caffè.  La continua ricerca della qualità e della purezza del gusto mi hanno guidato verso i caffè tracciabili e gli specialty, è stato inevitabile e naturale.

L’evoluzione è cambiamento: le nuove conoscenze e il mondo che mi si è aperto grazie allo studio e ai corsi mi hanno spinto sempre di più verso un nuovo nome e un’immagine che rispecchiasse al meglio la filosofia che si era radicata dentro di me.

Abbiamo avuto, soprattutto, la sfrontatezza – e forse un po’ l’incoscienza –  di ristrutturare durante il periodo peggiore del Covid, ma questa scelta rischiosa ci ha poi fatto superare quel periodo e ci ha ripagato. Oggi siamo Laboratorio Espresso, lavoriamo con alcune delle migliori torrefazioni artigianali italiane ed europee e cerchiamo di diffondere, attraverso la trasparenza e la filosofia delle nostre scelte, l’idea che il caffè sia cultura e consapevolezza.”

A Bolzano, com’è la scena specialty? Sono più conosciuti dato che siete molto prossimi al mercato tedesco, oppure continua ad essere una sfida quotidiana?

“La scena specialty nella zona di Bolzano è abbastanza desolante e ancora molto arretrata. In tutto l’Alto Adige siamo l’unica caffetteria specialty che, oltre a servire questa tipologia di caffè, effettua anche estrazioni alternative. Purtroppo siamo ancora una regione dalla mentalità piuttosto chiusa e troppe volte fossilizzata: pur avendo il mercato tedesco vicino, non condividiamo con loro la voglia di novità, probabilmente perché abbiamo una tradizione molto radicata e spesso un pizzico di paura.

Gli specialty e la qualità in generale sono sempre una sfida, ma anche un lavoro bellissimo che ripaga i sacrifici con una soddisfazione rara. Il nostro Laboratorio è lontano dal centro città e questo, che a tratti è uno svantaggio, ci rende una nicchia ancora più ricercata ed è molto gratificante sapere che numerosi turisti scendono in “periferia” apposta per venire a gustare un espresso o un filtro da noi.”

Come raccontate questi prodotti, soprattutto per superare magari le due barriere del prezzo e delle estrazioni alternative con i consumatori più tradizionali?

Raccontare uno specialty è come raccontare una storia, abbiamo una miriade di informazioni da condividere con il cliente, sempre diverse. Il muro del prezzo è inevitabilmente il primo da valicare, ma ci può dare anche l’opportunità di spiegare all’avventore più tradizionale perché un caffè DEVE costare di più, cosa c’è davvero dietro quella tazzina.

Da Laboratorio Espresso (foto concessa)

Abbiamo impostato la nostra caffetteria sul concetto di condivisione e diffusione della cultura della filiera. Oltre ad avere inserito, in giro per il negozio, diversi punti di interesse e approfondimenti sulle varie fasi della vita di un caffè, abbiamo impostato la parte di servizio bar in modo che sia spesso e volentieri uno scambio tra il barista e il cliente.

Ci piace l’idea che quest’ultimo possa partecipare il più possibile all’estrazione della bevanda.

Inoltre, la degustazione degli specialty è sempre accompagnata dalle informazioni principali sul caffè che il cliente andrà a bere, le stesse che si trovano anche sui nostri caffè e blend non specialty, perché crediamo che la trasparenza (anche nella composizione) sia un valore aggiunto e non qualcosa da temere.

I compromessi in un mondo come la caffetteria italiana sono inevitabili, soprattutto dal punto di vista del prezzo, ma abbiamo costruito, nei nostri clienti affezionati, una buona consapevolezza del lavoro che c’è dietro ogni singolo chicco.

Il nostro espresso base parte da 1,40€, che con i costi che abbiamo a Bolzano è ancora molto lontano dal prezzo che dovrebbe avere, in una realtà “giusta”, per permetterci di ricavarne un guadagno meritevole, equiparato alla qualità del prodotto e alla professionalità che offriamo.

Noi non serviamo alcolici e non facciamo panini, abbiamo le brioches solo per la colazione, abbiamo poche bevande oltre al caffè, vogliamo essere una caffetteria non convenzionale. Cerchiamo di tenere più bassi i prezzi delle degustazioni in modo che anche il cliente che non conosce gli specialty possa approcciarsi e magari aver voglia poi di scoprirne la filosofia differente. Di fatto c’è chi non torna più indietro.”

Quali caffè servite, in che modalità e quali sono i prezzi sul vostro menù?

“Da Laboratorio Espresso inevitabilmente l’estrazione in espresso è la più richiesta, ma serviamo anche diversi caffè filtro, sia con V-60, con aeropress, chemex, cold-brew e anche syphon.

Ci piace proporre torrefazioni diverse ogni volta che cambiamo il menù, quindi, all’incirca con cadenza mensile, abbiamo quattro espressi differenti per le degustazioni, tre dei quali sono specialty, cui si aggiunge un tostato per filtro e una degustazione speciale che cambia ogni settimana.

Il prezzo medio si aggira fra i 3€ e gli 8€ al massimo, in base ovviamente al varietale e al tipo di estrazione.

Il lavoro di condivisione e diversificazione sta portando i suoi frutti, e questa è forse la gratificazione e soddisfazione più grande: nel tempo non solo i turisti o i puristi dello specialty, ma anche i nostri clienti più tradizionalisti, vogliono provare nuovi metodi di estrazione e nuove tipologie di caffè.

Il nostro Blend “classico” è composto da:

– Brasil Cerrado Naturale

– Ethiopia Jasmine Naturale

– Colombia S. Alberto (specialty).

Per le degustazioni di questo mese invece ho scelto:
– Colombia Panela (metodo washed con doppia ferment. anaerobica) di Manhattan Coffee Roaster

– Rwanda Cyato (naturale con fermentazione anaerobica) di Carrow Coffee Roaster

– Ethiopia Telila (con lavorazione honey) di New Ground Coffee

Per la degustazione speciale infine abbiamo un Rwanda (naturale) della “Women Coffee Project” di Spazio Caffè Firenze, dal quale ci riforniamo anche per il Nitro cold brew, che usiamo come alternativa costante al nostro cold brew di base.”

Quali sono le macchine che avete scelto per l’espresso, per macinare il caffè?

“Per il nostro Laboratorio abbiamo scelto una Astoria Storm: domina il bancone, ci permette di controllare ogni fase dell’estrazione e di memorizzare diversi profili per ogni monorigine in modo istantaneo.

Luca Pintimalli dietro la sua macchina (foto concessa)

Siamo collezionisti di macinini: per la parte degustazione utilizziamo due Ceado, un Quamar, un Eureka mignon e un Mahlkoenig con bilancia istantanea.   Per la parte vendita, invece, abbiamo un Mazzer e il cugino grande del Mahlkoenig, uno splendido EK.”

Quanto filtro riuscite a vendere mediamente al mese? Le cose si sono evolute rispetto a quando avete iniziato a proporli o ancora c’è lavoro da fare? Qual è la fase della giornata o della settimana che aiutano maggiormente a vendere i filtri?

“Il filtro è ancora molto lontano dall’essere considerato un’alternativa all’espresso in Italia. Noi mediamente riusciamo a vendere al massimo una decina di degustazioni filter coffee al mese, per ora. Ma bisogna anche pensare che il filtro qui è spesso confuso con l’americano o con molti caffè brodosi che servono in alcune zone dell’Austria.

Parte del nostro lavoro è, infatti, stimolare l’interesse e spiegare molto bene al cliente che in realtà è una estrazione manuale più elaborata e delicata. Il filtro non ha mezze misure, o ci si innamora o non lo si prende minimamente in considerazione.

Potrà sembrare strano, ma la vendita per consumo casalingo è più sviluppata rispetto alla degustazione, anche se si aggira solo intorno ai massimo 2 Kg al mese. Ad ogni modo, rispetto al nostro ingresso nel mondo degli specialty, è un risultato soddisfacente e in continua crescita ed evoluzione.”

L’acquisto di caffè per consumo domestico ha conosciuto un aumento dopo la lezione del Covid?

“Non saprei se il Covid ci ha veramente insegnato qualcosa. Durante le varie quarantene il consumo domestico era aumentato inevitabilmente, ora sta tornando a ritmi più simili al passato, forse in forme diverse.

Dipende molto anche dalle mode, dal tempo che abbiamo, dalle abitudini, dal piacere personale e dalle tradizioni legate al caffè come bevanda. Quello che abbiamo notato è sicuramente una scelta più consapevole delle strumentazioni casalinghe, che sia una espresso semi-automatica, oppure una v-60, o una moka della E&B, c’è più ricerca e voglia di sperimentare.”

Avete pensato anche a degli abbinamenti tra cibo e caffé?

“Noi siamo più negozio che caffetteria per certi versi, quindi il caffè non si abbina tantissimo a piatti, perché non abbiamo la cucina.

Ci piace però giocare con abbinamenti legati al biscotto o al cioccolatino, magari fondente artigianale, sia nella degustazione e nelle molte idee o confezioni regalo personalizzate che proponiamo.”

Questione del personale: altra nota dolente degli ultimi tempi in particolare. Voi avete riscontrato dei problemi per formare il vostro team? Oppure no? In quanti siete?

“Io gestisco l’attività con mia moglie Valentina, non abbiamo altro personale. Io mi occupo di tutta la parte di servizio attivo legato alla gestione del negozio e al mondo del caffè, mentre mia moglie cura maggiormente la parte grafica, di selezione e ricerca dei prodotti non legati al caffè.

Noi crediamo fermamente nella formazione di chi sta dietro alla macchina, sia egli barista, tostatore o “semplice” addetto ai lavori. Io per primo ho investito  e investo tuttora tanto nella mia formazione e non mi sento mai arrivato. ”

A proposito di personale, vi occupate anche di organizzare di formazione: quando e perché avete deciso di offrire anche questo servizio e come si strutturano i corsi?

“Offrire corsi di formazione a professionisti del settore e semplici appassionati è un mio desiderio. La gestione del negozio occupa molto tempo e ad oggi il progetto della formazione è ancora in divenire, rimane un piccolo sogno nel cassetto su cui sto lavorando. Ma, come recita uno dei quadri che abbiamo in negozio, “i sogni sono fatti per le persone coraggiose, per tutte le altre ci sono i cassetti”…chissà, quindi, che prima o poi non esca da quel cassetto.”

Guido Cattolica racconta il suo borgo delle Camellie in lucchesia: 2500 piante di tè, resistenti a meno 12°

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Guido Cattolica nella sua piantagione (foto concessa)
Guido Cattolica nella sua piantagione (foto concessa)

MILANO – Guido Cattolica, il primo botanico che ha creato una piccola piantagione di tè in Italia in lucchesia nel 1988, è praticamente un’istituzione del settore. Il suo esperimento della Camellia Sinensis in Italia è partito all’orto botanico di Lucca, presso il quale erano custodite due piante piuttosto grandi.

Nell’85, con una grande gelata, erano riuscite a sopravvivere rispetto ad altre. Allora l’idea: provare ad acclimatare la CamelliaSinensis a quella località.

Oggi Cattolica ha già raggiunto un buon numero di piante, 2500, idonee a sopravvivere all’inverno (che è il problema principale per una pianta subtropicale) resistendo fino a 12 gradi sotto zero.

Cattolica, da dove arrivavano i primi semi da cui è partito l’esperimento?

“Il tutto è partito dalla collaborazione con l’orto botanico di Lucca. Negli anni ’70 stavo già scrivendo un libro sul tema e lì c’erano due piante di Camellia Sinensis acquistate da Londra che sono sopravvissute alla gelata dell’88: questo mi ha spinto a iniziare una selezione di soggetti che potesse sopravvivere al freddo.

Questo mi è riuscito soltanto dopo vari anni: da agronomo ho proceduto prendendo le piante più grandi che poi ho chiamato linea Sant’Andrea.

Il risultato è stato talmente interessante, che da un istituto specializzato del tè del Cina, sono venuti varie volte da me in visita a prelevare la foglia.

In realtà ho sfruttato quello che in natura si usa fare: la sopravvivenza degli individui più robusti.

I miei colleghi botanici con cui collaboravo all’epoca, mi hanno dato un po’ del folle, anche perché la letteratura scientifica fino ad allora dicevano che non era possibile coltivare il tè in Italia.”

In lucchesia ci sono condizioni favorevoli?

Cattolica: “Ci sono per l’attecchimento del genere Camellia – sono stato io l’iniziatore del borgo della Camellia – e naturalmente la situazione del terreno è adatta. Bisognava comunque provarci e insistere nell’esperimento selettivo.”

Come ha organizzato il terreno su cui stanno crescendo le sue piante?

“All’inizio della coltivazione ho arato i 5 appezzamenti di cui sono in possesso, ubicati in una sorta di anfiteatro che degrada su cui queste 2500 piante di tè sono suddivise. Sono un ibridatore di Camellie e ho ottenuto quasi 200 nuovi ibridi di Camellia ornamentale.”

L’appezzamento dell’azienda Fabrica de Cha Porto Formoso situata nella costa nord di ilha de São Miguel nelle Azzorre (foto concessa)

Cattolica, lei come lavora poi il tè che ha coltivato? Quali sono i vari step prima di raggiungere il risultato finale?

“Premetto che faccio tutto da solo insieme a mia sorella, ma ci tengo molto a lavorare così e rigorosamente a mano, a partire dalla raccolta. Non applico trattamenti chimici, nonostante non sia iscritto al biologico.

Infatti definisco il mio tè, naturale.

Faccio tre raccolti annuali, quando va bene: uno primaverile tra aprile e i primi di maggio che destino alla produzione del tè bianco e del verde, i due più delicati. Il secondo passo all’Oolong, intermedio tra i primi due e i neri.

Il terzo raccolto lo uso per il nero, quando anche il germoglio nuovo prodotto diventa più coriaceo e meno acquoso.

Nella lavorazione del tè bianco e verde si lotta per non farli ossidare: si sottopone subito dopo la raccolta il prodotto a un innalzamento termico fino a 100 gradi, fatta velocemente, in tre minuti.

Per bloccare l’ossidazione si applica questo trattamento e dopodiché si passa all’essicazione.

In quello Oolong, si deve fare il contrario e facilitare l’ossidazione con la rollatura: si agisce energicamente sulle foglie, si rompono le nervature fogliari.

La bravura consiste nel bloccare il processo al momento giusto. Il tè nero invece vede l’ossidazione spinta fino all’estremo.

Questo ha dei pro e dei contro: rispetto al tè verde e bianco, contiene meno principi attivi buoni per la salute che con l’ossidazione vanno via. Mentre il tè Oolong e quello nero assumono un gusto più accentuato che a qualcuno piace.

Quasi tutti i miei tè contengono un livello più o meno costante di caffeina, la sola cosa che cambia è la teina nell’organismo: i polifenoli attenuano l’effetto negativo della caffeina.

Poi c’è la fase del packaging finale, pensando alla shelf life.

Ho progettato una scatolina che confeziono, con i filtri fatti fare in Germania, asettici che non disturbano i sapori, di due grammi e mezzo per scatola, adatti ad un’infusione per 200ml di acqua. Il bilancio tra tè e acqua è fondamentale.”

Cattolica, lei distribuisce il suo tè in negozi specializzati o vende online?

“Lo distribuisco direttamente soltanto alle persone che mi vengono a trovare presso la mia piantagione.

A loro spiego il prodotto e in questo modo sono diventati miei clienti affezionati. La maggioranza arriva in occasione di una mostra che ho organizzato sulle Camellie a marzo.

Qui abbiamo organizzato una valle intera di Camelie di origine antica e abbiamo ospitato un congresso mondiale a riguardo.

Abbiamo persino cambiato il nome del luogo: è vero che siamo A Sant’Andrea di Compito, ma è riconosciuto ormai come il borgo delle Camelie.

Produco circa 1200-1300 tè all’anno. Ma è il quantitativo sufficiente per evadere la richiesta dei miei clienti affezionati.

Un altro aspetto che mi convince molto di questo progetto è che incuriosisce: la mia piantagione è diventata meta di diversi personaggi particolarissimi, come Gerard Depardieu, Alain Delon e di un romanziere che ho ispirato per il suo romanzo “Assam” – perché ho dei parenti inglesi che negli anni ‘30 erano responsabili di 4 piantagioni in India di tè in Assam -.

E da questo, ne hanno tratto un film.”

Cattolica, ha vissuto esperienze in altre piantagioni?

“Quella che conosco bene è nelle isole Azzorre, in cui c’è l’unica piantagione vera e propria come grandezza a livello europeo: si distingue dalla mia che è micro, di mezzo ettaro, contro quella che è di varie decine di ettari.

Mi piacerebbe molto vedere quelle giapponesi: i miei amici coltivatori di lì vengono spesso da noi per fare degustazioni e mi hanno sempre invitato.

Ho partecipato a vari concorsi internazionali, uno ad Amburgo in cui il mio Oolong è arrivato dodicesimo tra i 60 migliori del mondo.

Poi ho aiutato altre persone a realizzare la propria piantagione in Europa: a Nantes, in Galizia, in Olanda e una in Inghilterra in Cornovaglia, in Scozia. Abbiamo proceduto con la stessa linea di selezione per arrivare a piante resistenti. Il terreno, ovviamente, dev’essere favorevole.”

È diventato d’interesse anche per la Cina il suo ecotipo: un viaggio al contrario. Ce lo racconta?

“Addirittura quando ci fu il disastro di Fukushima, mi hanno chiesto del tè verde da vendere incontaminato.

Dal Giappone vengono a trovarmi almeno una volta all’anno, i membri del Tea Japan Exporter, l’associazione più importante per l’esportazione del mondo.

Il mio mondo quindi attualmente si alterna tra l’Italia e le Azzorre, dove ho acquistato un terreno per replicare l’esperimento soprattutto con il tè Oolong.”

Secondo lei ci sarebbero condizioni per replicare il suo modello altrove in Italia?

“Sì ci sono. Tant’è vero che sto seguendo un piccolo impianto di tè alle pendici dell’Etna.

È una zona molto diversa rispetto a quella che hanno provato ad avviare gli inglesi nei primi dell’800 nella zona di Caltanissetta.

Nel terreno ricco di sostanze fertilizzanti dotato di irrigazione, invece, ci sono prospettive: finora, 150-200 piante di tè sono attecchite.”

E ora come procederà questo esperimento, che ormai sembra più che riuscito?

Cattoilca: “Sto cercando nel tempo di passare da 5 ripiani a 6, aumentando leggermente la produzione. Vista la richiesta, ce n’è bisogno.

La speranza è che l’organizzazione culturale che gestisce la mostra della Camellia si interessi un domani ad annettere questo mio progetto.

Attualmente sto portando avanti un esperimento per non addetti ai lavori, di coltivazione de tè sott’acqua a largo di Livorno.

Abbiamo posizionato alla base di una secca, una bolla di plexiglass abbastanza alta. Ci
può entrare una persona.

In situazione idroponica, abbastanza asettica, con un substrato con una soluzione
circolante al cui interno stanno le piantine di tè.

Questo perché ho la speranza di poter verificare che a una certa profondità, le piante mettano in atto dei sistemi per emettere alcune sostanze: un polifenolo, l’epigallio catechingallato, l’unico che veramente dal punto di vista scientifico protegge dal tumore del colon del retto.

Se ci concentrasse questa sostanza a 12 metri di profondità, lo studio potrebbe andare avanti.

Sono d’accordo con il Sant’Anna dell’Università di Pisa per sviluppare la ricerca, che è operativa da un anno e mezzo. Le giovani piantine stanno andando avanti e tra poco saranno in grado di ricevere i primi prelievi per constatare il parametro.

Hanno capito che il tè ha delle risorse importanti da studiare. Prova ne sia che la stazione spaziale ha lassù, proprio il tè delle Azzorre.”