Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)
Una tazzina standard italiana di 30 ml contiene intorno ai 40 mg di caffeina. Una classica porzione di caffè lungo invece può vantare al suo interno dai 70 ai 120 mg di caffeina. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata sul portale d’informazione Mac Orared.
Quanta caffeina c’è all’interno dell’espresso?
MILANO – Partendo dal formato più diffuso in Italia, che è la classica tazzina da poco meno di 30 ml, la caffeina in un espresso si aggira intorno ai 40 mg. Questo calcolo è basato sul dosaggio del bar tradizionale senza requisiti specifici come la variazione ristretto o lungo, per cui la quantità indicativa può comunque dipendere da quella dell’espresso.
Quindi il caffè lungo si colloca nella parte alta del range con circa 70/120 mg di caffeina. Per quanto riguarda la moka, la caffeina può essere stimata tra 100 e 150 mg. Anche se in questo caso il sapore è meno intenso, il caffè preparato con la moka ha un rapporto di caffeina maggiore rispetto all’espresso.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
Una recente inchiesta di Consumers Report rivela la presenza di cadmio e piombo nella cioccolata fondente in vendita negli Stati Uniti. Sono le stesse fave di cacao ad accumulare questi metalli naturalmente presenti nell’ambiente. Chi mangia cioccolato nelle quantità raccomandate, però, non ha nulla da temere: per limitare l’assunzione di queste sostanze basta variare la dieta. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata sul portale Altroconsumo.
La presenza di metalli pesanti nel cioccolato
Il cioccolato, soprattutto nella sua versione fondente, può conteneremetalli pesanti come cadmio e piombo, sostanze che, se assunte in quantità elevate, possono causare danni alla salute. A dirlo è un’inchiesta condotta dalla rivista americana Consumers Report, che ha portato in laboratorio 28 tra le più amate tavolette di cioccolato amaro vendute negli Stati Uniti. Il motivo? Le fave di cacao, che accumulano queste sostanze dal terreno, dall’aria e dall’acqua.
La scoperta non deve però allarmare più del dovuto: i quantitativi rilevati nelle tavolette esaminate sono di gran lunga inferiori ai valori massimi consentiti dalla normativa europea e alla dose settimanale ritenuta tollerabile dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), anche per i bambini.
Via libera quindi (con moderazione) al consumo di cioccolata, con una consapevolezza in più: l’esposizione ai metalli pesanti è un rischio da non sottovalutare, perché queste sostanze sono presenti in tanti alimenti che consumiamo, dal caffè ai cereali, alle verdure, ai pesci ed è importante rispettare il principio secondo cui “meno è meglio”. Bandire il cioccolato dalla nostra tavola, però, non risolverebbe il problema. Meglio mantenere un’alimentazione il più possibile varia, cercando comunque di non consumare cioccolato tutti i giorni.
Metalli pesanti: da dove arrivano
I metalli pesanti come piombo, cadmio, nichel, arsenico, mercurio sono elementi naturalmente presenti nel suolo, nell’acqua e nell’atmosfera ma sono anche il risultato dell’inquinamento causato dalle attività industriali.
La fonte principale di esposizione a queste sostanze per la popolazione generale è l’alimentazione: mangiando alimenti che li contengono, i metalli pesanti si accumulano nell’organismo e a lungo termine possono dare problemi di salute, perché ad alte dosi sono tossici.
Per questo, le autorità regolatorie che si occupano di sicurezza degli alimenti (in Europa è Efsa) hanno individuato delle dosi massime considerate accettabili da cui sono derivati, per alcuni metalli e alcuni alimenti, precisi limiti di legge.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
La ricetta del pediatra (immagine presa da Facebook)
Il dottor Rocco Saldutti, un pediatra di Acquaviva delle Fonti (Bari), prescrive gelati e biscotti ai suoi piccoli pazienti senza gravi patologie, al fine di placare le ansie delle mamme e offrire un trattamento alternativo quando le medicine non sono necessarie. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato da Repubblica e riportata da La Gazzetta del Sud.
La prescrizione del pediatra
ACQUAVIVA DELLE FONTI (Bari) – Il pediatra Rocco Saldutti, con studio ad Acquaviva delle Fonti (Bari), ha iniziato a prescrivere ricette inusuali per alcuni dei suoi piccoli pazienti che non presentano gravi patologie. Invece di prescrivere farmaci, il dottor Saldutti suggerisce dolci come gelati e biscotti come trattamento alternativo. La notizia è riportata da Repubblica.
Una delle ricette recenti prevedeva due gelati al giorno per una piccola paziente: uno alla vaniglia alle 8 del mattino e uno al pistacchio alle 20, da consumare per tre giorni. Un’altra ricetta prescriveva tre biscotti ogni otto ore per cinque giorni, con la raccomandazione di sospendere il trattamento in caso di mal di pancia.
Queste prescrizioni non convenzionali, spiega il medico, sono state ideate “per placare le ansie delle mamme e fornire un approccio più leggero al trattamento dei bambini senza gravi patologie”. Il dottor Saldutti ritiene che, in alcuni casi, i benefici psicologici di questi “trattamenti” possano essere utili sia per i bambini che per le loro famiglie.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
MILANO – Mauro Cipolla, il titolare di Orlandi Passion, professionista ben noto agli addetti ai lavori per la sua esperienza e conoscenza della materia, parla della storia del chicco di caffè dal proprio punto di vista, analizzando passo dopo passo la sua evoluzione e il viaggio migratorio che lo conduce fin dentro le nostre tazzine. Leggiamo di seguito il suo intervento originale.
Il viaggio del chicco di caffè
di Mauro Cipolla
“Nessuno ha mai chiesto al chicco di caffè cosa è accaduto nel suo mondo nei decenni e di come la sua vita sia stata condizionata.
Onde evitare di essere di parte, visto che si parla tanto di comunicazione oggi nella filiera, vi parlerò come se fossimo tutti dei chicchi di caffè per comunicare meglio la nostra storia e esistenza in questo mondo.
Per farvi capire meglio il mio racconto, utilizzerò dei temi molto importanti oggi nella società: immigrazione e migrazione, intolleranza, consapevolezza, politically correct, incertezze e certezze.
Vi darò, infine, la mia personale conclusione su come vorremo procedere nel caffè nel futuro”.
Caffè. Immigrato o migrato?
“Il caffè immigrato è per me una necessità al fine di continuare ad esistere come specie e varietà, come essere botanico e per continuare a evolvermi e a esistere in un mondo nuovo; mi dispiacerebbe essere sostituito dal tabacco, dalle fave di cacao, dall’olio di palma e dalla gomma. Certo è che non vorrei vedere il mio consumo e il mio commercio come contribuente alla deforestazione e al degrado degli ecosistemi delle foreste.
Patrizio Roversi, ex conduttore di Linea Verde, insieme a Mauro Cipolla (immagine concessa)
Il mio essere commercializzato comporta che sono da sempre limitato da accordi politici, economici e commerciali; e comporta anche che il controllo sul mio destino sia quantitativo sia qualitativo, e sul come sarò visto e pensato dalle persone nei mercati, sarà in mano a terzi. Alcuni accordi aiutano tutti, me compreso, e altri non proprio.
Eppure sono io che rischio di essere ancora una volta sostituito dal ginseng, dall’orzo e dal tè da parte dei consumatori per loro scelta, forse perchè non li ho appagati, coinvolti e emozionati.
Mi sento più a mio agio pensandomi come migrato poiché questo pensiero, benchè utopico e retrograde, emotivamente per gusti e affinità sociali, culturali e piaceri dei diversi gusti, mi porta indietro alle mie origini, quando ero libero, selvatico, nativo di un territorio che ben conoscevo e al quale mi ero abituato, persone incluse.
Un territorio e delle persone che oramai mi conoscevano nei miei movimenti lenti e naturali, spontanei.
Avevo il grande piacere di vedere le diverse culture dei territori verso i quali mi spostavo casualmente.
Oggi invece vedo grandi cambiamenti in luoghi lontanissimi, come per esempio in Cina dove sostituiscono le loro tipiche piantagioni di tè con piantagione di caffè.
Il caffè in tazza però lì è molto diverso, così come è molto diversa la miscela prodotta nelle serre o nelle piccole piantagioni sperimentali e di ricerca in Sicilia.
Il caffè migrato sono io, con la mia nascita spontanea e un altrettanto spontaneo processo sociale e culturale.
Mi ricordo bene quando eravamo in 124 specie diverse native non domesticate con le specifiche origini in Etiopia nella regione Abissina di Kaffa.
Alcuni di noi, di queste vecchie specie, hanno resistito ai tempi e ai viaggi, altri sono morti o sono andati dimenticati, persi.
Le migrazioni naturali mi facevano conoscere persone nuove, luoghi nuovi; certo, realtà molto simili tra loro viste le distanze di piccola entità che costituivano i miei spostamenti; ma poi da lì iniziò il mio percorso migrativo che si trasformava in una prima immigrazione verso Yemen, Egitto, Arabia.
Furono proprio gli Arabi, i quali mi amavano così tanto, che decisero di farmi viaggiare sempre di più per mille ragioni. Ed è così che mi trovai nel Sud Est Asiatico e nelle Americhe.
Non fu facile climatizzarmi, capire come modificarmi per continuare a vivere e resistere, anche perché le malattie, i microbi, infezioni, ruggine, CLR, i funghi, i parassiti, gli insetti, gli acari di ragno e larve diverse, i diversi climi, le altitudini, il terroir topologico, culturale e sociale era molto diverso dalle mie origini.
Gli olandesi li conobbi quando mi portarono in giro per il mondo in forma di pianta, partendo dai giardini botanici di Amsterdam verso le loro colonie e dunque le Indie, i Caraibi e altre località a me all’epoca non conosciute, e le quali facevano parte dell’Impero Coloniale Olandese.
Ed ecco che nel tempo da migrante divenni immigrato”.
Caffè. Intolleranza selvaggia impermeabile?
“L’intolleranza si manifesta tra voi umani, tra il mondo degli animali in natura, e anche nel mio mondo botanico.
Il concetto dell’intolleranza è però trasversale poiché dove vi è vita e dove si dà vita al nuovo, si ha sempre a che fare con il concetto di territorialità, terroir botanico, sociale e culturale.
L’intolleranza può nascere sia perché si va contro la natura selvatica e si entra in quella addomesticata ibrida, sia per mille altre ragioni legate a nuove situazioni ambientali e sociali che mi sono state buttate addosso senza darmi il tempo di adeguarmi alle nuove condizioni di vita.
Mauro Cipolla
Pensate che una volta contai circa 90 specie di noi caffè create come ibridi dall’uomo. Questi ibridi li riconoscevo vagamente come parti di noi, un caffè di questa o quell’altra specie, ma le differenze, seppur condivisibili nel ragionamento pensato, erano di fatto incompatibili.
Alla fine dei conti solo 10 delle 90 specie sono sopravvissute. Oggi siamo rimasti solo in due specie importanti commercialmente: l’Arabica e la Robusta.
La sopravvivenza è andata dove vi è stata tolleranza nel sistema terroir, dei processi dati dall’umanità, dalla topologia e dal microclima.
Pensate agli ibridi di Arabica e Robusta. Questa sì che è immigrazione controllata. Il risultato di questa immigrazione controllata è la Arabusta ibrida.
Il fatto è che l’Arabusta esiste nel mondo selvatico naturale, ed è molto più resistente di quella ibrida, costruita e pensata, visto che la stessa è stata costruita modificando le barriere delle differenze cromatiche tra le specie dal sistema del raddoppio cromosomico.
Queste specie ibride di Arabusta hanno resistito poco però anche commercialmente.
E che dire della Liberica, “la terza specie” e della sua varietà Excelsa (una volta considerata una specie, oggi invece declinata come una varietà della Liberica ).
Oggi rappresenta solo l’1% dell’offerta globale.
Nel 14° secolo, però, la Liberica rappresentava la seconda specie più importante al mondo per gli scambi commerciali globali.
Perchè la Liberica oggi è quasi totalmente sparita?
La colpa della sua sparizione è stata l’intolleranza al suo sapore”.
La consapevolezza del caffè
“Se si è consapevoli però si capisce che l’intolleranza alla Liberica del passato era dovuta al concetto errato del “più grande, più bello, più buono”, nel quale il seme del caffè era coltivato per produrre drupa o ciliege molto grandi con una polpa esterna ai chicchi molto spessa e resistente. Questa polpa spessa andava ad influire negativamente sul ciclo di produzione e sulle note finali aromatiche e degustative.
La Liberica e la Excelsa oggi hanno drupa molto più piccola, le lavorazioni sono cambiate, e i risultati sono caffè dolci e aromatici, non aciduli e non amari.
Certo che per noi caffè la specie regina per aromi ed eleganza è l’Arabica.
Anche lì dipende, però, da quale fattoria, da quale micro lotto, da quale annata di raccolta e da come ti hanno “cresciuto i contadini”, dipende dai processi e procedure, e da quale dna si ha sia nelle varietà e nell’età, e nel dna del terroir topologico, culturale e sociale.
E’ normale che come in ogni famiglia se i soldi sono pochi, se socialmente non si è tranquilli, se la salute non è quella che dovrebbe essere, non si possono sfamare, educare, vestire, e crescere i figli come si avrebbe potuto fare con più soldi e più risorse e in buona salute.
La scelta è spesso quindi fare meno figli ( in questo caso meno caffè di qualità ad un prezzo molto più alto, o fare il contrario).
Pensate che alcuni di noi sono raccolti con molta cautela a mano sul punto corretto di maturazione tornando sul ramo 4 o 5 volte per cogliere la maturazione giusta mentre si lavora su pendii difficili da percorrere.
Altri caffè sono invece raccolti in modo dozzinale , con drupa sovra matura, o non maturata al punto giusto, oppure ancora non affatto pronta per essere colta o, al contrario, così matura che è colto da terra.
Alcuni sono essiccati al sole dove nessuna parte della drupa ( buccia, polpa, mucillagine ) è rimossa prima dell’esposizione ai raggi solari, e dove abbiamo una fermentazione spontanea naturale.
Altri ancora scelgono di proseguire con fermentazioni controllate, addirittura con fermentazioni tecnologiche anaerobiche in ambienti controllati.
Noi, come caffè, riconosciamo sempre il chicco vero naturale in merito alla fermentazione, poiché quello modificato e controllato nella sua fermentazione è senza dubbio innovazione e progresso ma è stato creato dalla volontà dell’uomo di avere un certo aspetto, gusto e aromaticità finale.
Nel mondo umano questo percorso sarebbe simile a quanto avviene con la chirurgia plastica, quando tutta l’essenza delle fattezze umane naturali si appiattiscono e si cancellano le rughe anche quelle belle e vere, modificandone gli elementi con la mano e la volontà controllata dell’uomo.
In sintesi è la stessa cosa che accade a noi caffè in natura e cioè modificandoci troppo ci appiattiscono, ci tolgono l’anima e ci danno volti, gusti e aromi perfetti per i loro obbiettivi individuali e specifici ma ben lontani dai nostri dna e diciamola tutta spesso non ci riconosciamo dopo essere stati non solo controllati ( il che sarebbe anche utile probabilmente ) ma addirittura altamente modificati.
E poi fatemelo dire: la raccolta che non è eseguita a mano ma, al contrario, con i macchinari, ci fa molto male (sia alle ciliegie raccolte, sia danneggiando la pianta e il futuro della stessa).
Una volta che siamo stati raccolti, c’è chi sceglie di svestirci della polpa, del cappotto naturale zuccherino, sdraiandoci su un telo rialzato da terra con i flussi di vento che ci accarezzano, o su un patio, e ci muovono spostandoci e massaggiandoci con amore avanti e indietro per tre, sei settimane, facendoci riscaldare al sole appunto con questa lavorazione chiamata naturale.
C’è invece chi sceglie un po’ il sole e di andare verso i corsi d’acqua a nuotare con quello che è definito il sistema “semi” dove una parte della polpa della drupa è rimossa e rasata meccanicamente a diverse rasature per i diversi gusti e aromi voluti, e l’altra parte viene tolta invece dal sole e dal movimento dell’acqua.
Infine, ci sono quei caffè che sono esposti solo all’acqua in generale; e in questo caso si opta per il sistema Lavado dove la buccia e la polpa sono eliminate da uno spolpatore e poi si è messi a fermentare per 12-24 ore nei corsi d’acqua, e lì vediamo subito chi nuota meglio e chi no poiché le ciliegie mature vanno verso il fondo e quelle che non lo sono galleggiano, salvandosi.
Alla fine dei conti, se i contadini ci hanno cresciuti bene e se abbiamo un ottimo dna, se siamo belli giovani e freschi, e se non abbiamo difetti primari e pochi difetti secondari, tutti saremo forti e pronti nel dare la migliore esperienza gustativa.
Alcuni di noi avranno un gusto più fruttato, acidulo; altri un gusto più rotondo, dolce e meno profumato, ma comunque sarà sempre presente una parte del nostro vicinato, per chi il gusto della pianta di banana o della pianta di cacao, della pianta di tabacco e così via.
Ci ricordiamo però che la nostra vita di adattamento ai cambiamenti non è mai stata semplice. Ci viene in mente un libro scritto dai bambini di un paesino in Italia “Io speriamo me la cavo”.
Questo è proprio il caso del caffè Arabica e Robusta.
Oggi, sembra essere sempre più importante sopravvivere ai cambiamenti climatici e non solo.
La specie Arabica per il futuro non è favorita. Chissà cosa avverrà nei decenni alla specie Canephora comunemente conosciuta come Robusta?
In crescente introduzione sono i nostri distanti cugini della specie Liberica e la varietà della Liberica, la Excelsa.
Queste due riescono a resistere con maggiore grinta ai cambi climatici, alle malattie e ai parassiti.
Sappiamo bene che l’economia e la finanza nei mercati vincono poiché pochi vi direbbero che la Liberica e la Excelsa sono più facili da coltivare dell’Arabica e della Robusta, sono più resistenti alle malattie e rendono 4 volte l’Arabica e 2 volte la Robusta ( circa 8 kg per anno per ogni pianta per la Liberica).
Caffè: politically correct
Un concetto umano nato in origine per promuovere la tolleranza e il riconoscimento di ogni differenza.
Nel caffè questa era la storia dello specialty negli anni 80 e poi nei decenni quest’ultimo ci ha cambiato, ma lui stesso non è più il medesimo.
Ci chiediamo se oggi i veri specialty sono davvero pochissimi, rispetto a ciò che è pubblicizzato da alcune caffetterie e bar come un’esperienza Specialty?
Non capiamo perché alcuni di noi sono caffè speciali e altri no, anche se abbiamo le medesime condizioni di specie o comunque condizioni molto simili, varietà, raccolta, essiccazione, lavorazione, selezione.
Forse è solo perché qualcuno decide chi è da considerarsi specialty e chi invece non lo è nel mondo botanico.
Oppure è perché alcuni abusano, e non dovrebbero, del nome specialty e dicono che lo è ma di fatto non lo è.
Comunque sia noi, come caffè, siamo in grado di capire se siamo specialty e che questa nuova forma di politically correct o politically connected è in alcuni caffè vera e in altri una farsa, dove le parole e le terminologie sono sfalsate o strumentalizzate portando fuori rotta chi legge e degusta.
Capiamo quando queste terminologie sono utilizzate male e dove siamo proposti in modo errato o in modo che esclude e non include, che crea divisione, che lavora forse troppo sulla comunicazione e, forse, troppo poco sulla sostanza come percepita da persone differenti con diverse voglie e aspettative anche culturali.
Come caffè ci riconosciamo come lavorati bene o male; e quando lavorati bene non capiamo perché per essere considerati speciali dovremmo avere un punteggio, un voto da parte di alcuni professionisti che sono pagati per dare il loro voto e che spesso fanno diversi lavori in conflitto tra di loro.
Non capiamo perché il nostro gusto così personale e vero nel nostro carattere dovrebbe appagare solo alcuni, solo quelli che cercano un gusto definito e avere gusti e aromi che rientrano nelle loro scelte e non in quelle di tutti.
Premesso che lo Specialty ha un valore enorme se utilizzato bene e non strumentalizzato, non capiamo perché, anche se lavorati benissimo ad origine e in tutta la filiera, dovremmo avere “un uniforme da indossare, un costume, un look personale” che ci fa rientrare in un certo movimento ideologico e non, invece, nel piacere di tutta l’umanità che vorrebbe capire meglio cosa diamo loro.
Ciò che è accaduto ai caffè è un po’ come il politically correct nel mondo umano, che ha lavorato molto per fare capire le differenze e ha fatto molto per creare un grande valore aggiunto ma, alla fine, il messaggio non arriva a tutti e il tempo ha invece cambiato rotta lavorando più sulla lettera, sulla comunicazione che sulla sostanza, di fatto portando spesso così solo confusione.
I caffè eletti sono pochi.
Concentrando il piacere delle persone sulla comunicazione, sulla neurolinguistica, sull’appartenenza a discapito dello spirito e della causa comune, dell’inclusione e protezione delle differenze, non si aiuta la nostra causa come caffè.
Caffè tra certezza e incertezza
I cambiamenti climatici, economici, politici e sociali, da sempre decidono il nostro destino. Alla fine noi siamo fiduciosi che si metta in atto della ricerca, delle politiche, degli associazionismi per salvarci e creare le migliori condizioni di vita per tutti.
Siamo caffè da centinaia di anni e sappiamo che le migliori prospettive in teoria possono essere sfavorite poiché, per esempio, la Liberica benchè teoricamente atta al salvarci come specie potrebbe essere eventualmente esclusa di fatto dai nuovi presupposti se non sponsorizzata da chi davvero poi decide.
L’incertezza è nella nostra natura, nel nostro dover reagire ogni giorno per sopravvivere, la certezza è che l’essere umano promette e si perde nella promessa, dando incertezze sul futuro”
Conclusione
“Ricordatevi da dove siamo nati e perchè.
Non svendeteci a nessuno per nessuna ragione.
Non svendete la nostra anima e il nostro spirito, dna e terroir.
Quando fate troppi esperimenti lontani dalla nostra natura, chiedetevi a cosa dobbiamo rinunciare per essere uguali, piatti, o per non farci riconoscere diversamente.
Chiedetevi, invece, se dovremmo capire meglio cosa ci rende unici naturalmente.
Siamo felici di vedere alcuni di noi rappresentati nelle competizioni di estrazione nei vari paesi del mondo ma ricordatevi che le competizioni non rappresentano tutto il nostro mondo e certamente non rappresentano i gusti e le affinità aromatiche di tutte le persone presenti nei mercati consapevoli.
Accettate le differenze e capite che armonia non significa uniformità, artigiano non significa industria, e che ogni artigiano non può e non dovrebbe utilizzare le stesse e medesime materie prime con profili di gusto tutte simili e piatti, perché un gusto umano globale semplicemente non esiste.
Non ci piace essere una copia l’un dell’altro in tutti i sensi, e francamente essere tutti uguali non equivale affatto ad essere aperti, inclusivi e democratici.
Come caffè, guardando al presente e alle prospettive del futuro, non siamo scontenti di essere oggi cresciuti anche in luoghi come la Cina; ricordiamoci però che i saggi cinesi scrivevano “l’armonia fa prosperare le cose mentre l’uniformità le fa deperire”.
Attenzione al piacere personale nel caffè
Non possiamo essere felici di vederci utilizzati come un mezzo per rendere a tutti i costi il gusto un piacere forzatamente universale tra i diversi vissuti antropologici e svenderci giocando con molta cura sulla scelta del linguaggio comune mentre, al contempo, troppo spesso non accontentiamo per davvero le persone bensì si vede ogni cultura del caffè svestita del suo nucleo centrale connesso al vissuto antropologico, e mentre neutralizziamo il corso della nostra storia e dei nostri piaceri passati come chicchi e miscele per generazioni in tutto il mondo”.
MILANO – Grani Farine e Caffè (un nome che gioca sul grano che è proprio sia della farina che del caffè) è uno degli avamposti dello specialty coffee a Roma, nel quartiere di Monteverde: qui, Giorgia Roscioli ha scelto di avviare un’attività impostata sull’unicità, dalle ricette e gli ingredienti usati, sino naturalmente al caffè. Sino alle 16, le porte sono aperte su questo mondo insolito per il consumatore italiano.
Ma com’è nato Grani Farine e Caffè?
“Nasco come pasticcera e l’idea di aprire il locale nasce dal desiderio di avere qualcosa di mio. Ho iniziato a fare questo mestiere nell’ambito della ristorazione, e quindi sono da subito entrata a contatto con le consistenze, la stagionalità degli ingredienti.
Così nasce Grani Farine e Caffè, un locale che mi rappresenta tantissimo anche nella scelta di ingredienti meno tipici dall’offerta che si trova in giro, per aiutare le persone a uscire dalla monotonia del cioccolato bianco e frutti rossi. Da noi serviamo un croissant farcito di cachi e un formaggio particolare, chantilly allo zafferano e confettura di pesca, cioccolato e melograno, arance e castagne.
Naturalmente non potevo in quest’ottica, non scegliere lo specialty quando ho pensato alla parte di caffetteria. Non volevo soltanto una teca di dolci, ma volevo servire un caffè che fosse particolare.
Come ha conosciuto lo specialty e che cosa ha scelto per Grani Farine e Caffè?
“Sono entrata in contatto con questo mondo attraverso Pergamino caffè, con cui siamo amici.
Come miscela abbiamo la Dolce Vita di Garage Coffee Bros per l’espresso e poi dei monorigine, Colombia, Costa Rica, Burundi, Guatemala ed Etiopia sia in filtro che in espresso in double shot. Proviamo con diversi torrefattori: Sumo, Hard Beans, Nudo e cambieremo sempre. C’è una clientela molto desiderosa di provare cose sempre nuove.
In ogni caso consiglio a tutti di partire da un blend di questo tipo che è già diverso dal solito, da assaggiare senza lo zucchero.
Il filtro da Grani Farine e Caffè (foto concessa)
La maggior parte dei clienti, una volta assaggiato quello poi spesso vogliono sperimentare qualcosa di ancora più particolare e a quel punto si può consigliare di assaggiare un Costa Rica, che è più dolce o un Burundi che è più morbido. Suggerisco spesso un V60 ed è l’occasione di raccontare queste estrazioni alternative.”
Il prezzo è un problema?
“Forse all’inizio alcuni storcevano il naso di fronte all’espresso singolo a 1.50 e ad un double a 3 euro.
Ma vendiamo anche pacchetti da 250 grammi a portarsi a casa e il prezzo, una volta spiegato, non è più un problema: c’è tanta gente che viene da noi anche solo per bere proprio il caffè. Su questo punto aiuta molto che Roma sia un punto di riferimento per lo specialty.
Il rapporto che si è creato con i colleghi è molto collaborativo: sono la prima a consigliare ai clienti di andare anche in altri coffee shop per trovare un caffè buono. Facciamo squadra: più comunichiamo uniti, più si farà cultura attorno alla bevanda. Non c’è concorrenza: ognuno fa il proprio prodotto ed ha una sua identità.”
L’idea della prenotazione della colazione: funziona, com’è nata?
“Penso di essere tra i pochi a non avere un bancone: il locale è piccolino (disegnato da me) con tre tavoli dentro e tre fuori, per un totale di 24 posti. Il banco è occupato dalla vetrina, dalla macchina del caffè La Marzocco PB e dai macinacaffè Eureka, Atom specialty 65 M80 e dalla cassa.
La Marzocco dietro al bancone (foto concessa)
Non volevo avere lo spazio in cui prendere al volo il caffè all’italiana: se da me si vuole beve un caffè, lo servo su un vassoio al tavolo, perché desidero che gustino la tazzina e le dedichino il tempo necessario.
La colazione spesso viene fatta in piedi e questo impedisce di far assaporare ciò che si ordina.
Per questo motivo, il sabato e la domenica preferisco far prenotare i tavoli in modo da gestire la tanta affluenza. È una modalità che ha scioccato, perché siamo abituati ad entrare in un bar e a bere in velocità il caffè. La gente si stupisce del fatto che debba prenotare, ma se il cliente va di corsa, semplicemente non rientra nel nostro mood. O altrimenti, fa la fila e si attende.
È un metodo che funziona e adesso c’è anche il servizio al tavolo. Prendiamo le prenotazioni tra il mercoledì e il venerdì per il weekend corrente. Questi fine settimana sono stati belli pieni ma dico sempre a tutti quelli che non ce l’hanno fatta a prenotare: passate comunque, perché la colazione ha un ricambio abbastanza veloce.
Lo slot riservato ai clienti, da quando vengono serviti, è di mezzora. Per ora di salato abbiamo croissant e pan brioche salati, focacce farcite che prepariamo noi. Poi la domenica, una volta al mese c’è un evento dedicato a fare cultura, il sunday lunch, in collaborazione con una realtà a noi affine che lavora come noi con la qualità.”
Il personale: quanti siete e come lo gestite da Grani Caffè e Farine?
“Ho aperto con dei contratti già in essere insieme ad una ragazza che lavora in pasticceria e che sta crescendo con me in laboratorio.
Dopo tre-quattro colloqui con dei baristi è arrivato Giacomo, con cui è nato subito un feeling lavorativo. Adesso si è aggiunta un’altra pasticcera. Sto ricevendo molti curriculum, anche se effettivamente più per il posto in pasticceria.
Offro condizioni favorevoli e coinvolgo molto il personale sulle decisioni legate al locale. Il martedì passo io in caffetteria per coprire il giorno di riposo di Giacomo e devo dire che mi fa piacere perché voglio occuparmi di tutti e due gli ambiti e parlare con i clienti. Quando serve invece torno in laboratorio per creare le ricette nuove, ma posso contare su una squadra valida anche tecnicamente.”
Avete pensato a degli abbinamenti tra dolci e caffè?
“Stiamo lavorando ad un progetto di questo tipo ed il caffè spesso è già presente all’interno dei dolci come ingrediente ad esempio in una crostata con mou e ganache al caffè e noci pecan. Sto pensando da qualche tempo di organizzare un evento di food pairing privato e su prenotazione, in cui caffè verrà abbinato come bevanda di accompagnamento. “
Cosa vede nel futuro prossimo di Grani Caffè e Farine?
“Ci sono dei progetti futuri che però non realizzerò a breve. L’idea ora è di sperare di allargarsi un po’ una volta rientrati dall’investimento iniziale.”
Una delle immagini tratte da little italy, lo yearbook 2023 de La Marzocco (immagine concessa)
SCARPERIA (Firenze) – È stato presentato il libro dell’anno “La Marzocco yearbook 2023” che è intitolato “Little Italy”. Si tratta di un bel libro fotografico che nasce quasi come un resoconto di un viaggio fatto negli Stati Uniti dal team diAccademia del caffè espresso e La Marzocco a inizio 2022. Un viaggio organizzato per cercare di riconnettere i punti dell’emigrazione italiana in America e comprendere meglio il profondo legame di questi emigranti con la madrepatria attraverso il caffè.
Lo yearbook 2023 “Little Italy” di Accademia del caffè espresso e La Marzocco
La riuscita ricerca fotografica ha viaggiato in parallelo rispetto alla ricerca di storie e testimonianze, per raccontare la cultura e il senso di comunità che si respirano intorno ai coffee shop rappresentanti nello yearbook 2023.
La statua della libertà nello yearbook (immagine concessa)
Lo yearbook de La marzocco non racconta soltanto il caffè, ma anche architettura, cultura e vita quotidiana di persone e quartieri di Boston, Chicago, New York, San Francisco, Seattle e Toronto.
Le foto che si alternano cercano di cogliere il parallelo tra interno ed esterno, con un intervallarsi di zoom-in e zoom-out, che ci portano ora dentro e ora fuori dal coffee shop, per raccontare cosa succede intorno alle caffetterie ritratte.
Si tratta di uno strumento per amplificare il filone di ricerca che La Marzocco sta sviluppando in Accademia con il progetto espositivo “Coffee Migrant Migrant Coffee”, andando ad anticipare il secondo capitolo della mostra, che si focalizzerà appunto sull’emigrazione italiana negli Stati Uniti tra i primi decenni del 900 e il 1970.
Il primo capitolo racconta i primordi, il primo rapporto tra italiani e caffè, e si concentra su origini e coltivazione, il secondo, che inaugurerà in Accademia nel 2025, si concentra su questa nuova ondata migratoria, che coincide con l’arrivo della macchina da caffè espresso in America, sulla nascita del bar come luogo di comunità e scambio.
La macchina da caffè espresso in America (immagine concessa)
L’intero volume presenta solo fotografie in bianco e nero, per richiamare la prima parte del racconto di Coffee Migrant, ed è fatto di fotografie che vogliono essere istantanee del momento, e non ricercano la perfezione dello scatto, proprio per essere così più rappresentative della vita quotidiana di quelle zone.
Dal libro “La Marzocco Yearbook 2023”:
Circa sei milioni di italiani sono entrati negli Stati Uniti e in Canada tra il 1850 e il 2000. Un segno distintivo dell’italianità è la forza della comunità: sin dai primi del ‘900 nel contesto di una migrazione analfabeta l’importanza della connessione tra immigrati era fondamentale.
Il bar e il rito dell’espresso diventano il punto di contatto, di riconnessione con le proprie origini, di frequente l’unico luogo dove poter parlare il dialetto e sentirsi ascoltati e finalmente compresi.
Su Coffee Migrant:
La mostra “Coffee Migrant Migrant Coffee, Chapter 1: Brazil”, che indaga il legame tra l’emigrazione italiana in Brasile a cavallo tra Ottocento e Novecento e lo sviluppo della cafficoltura brasiliana, partendo dalla volontà di immedesimarsi nei panni di chi partiva verso l’ignoto, in cerca di fortuna e condizioni di vita migliori, sarà visitabile per tutto il 2024.
Per accedere alla mostra, sarà necessario prenotarsi a una delle visite guidate di Accademia, in programma tutti i lunedì, mercoledì e venerdì.
La copertina di little italy, “La Marzocco yearbook 2023”
MILANO – Mercati del caffè in ripresa, dopo 3 sedute consecutive al ribasso, a cavallo della settimana. Nella giornata di ieri, martedì 27 febbraio, tanto New York quanto Londra sono tornate in territorio positivo rispecchiando le perduranti tensioni sui mercati. Il contratto per scadenza maggio dell’Ice Arabica è sceso inizialmente a un intraday di 177,50 centesimi, minimo delle ultime 5 settimane.
Un successivo rimbalzo lo ha però fatto risalire, a fine giornata, a 183,05 centesimi per libbra, in ripresa di quasi il 2% su lunedì.
La spinta verso l’alto è giunta principalmente dalle notizie meteo provenienti dal Brasile, dove le previsioni anticipano una decina di giorni di precipitazioni di entità più modesta nella cintura del caffè.
Va detto, comunque, che il Minas Gerais ha ricevuto, in media, durante la settimana trascorsa, 59,5 mm di pioggia: un dato superiore del 131% alle medie storiche.
La situazione delle scorte certificate continua intanto a migliorare, pur rimanendo sempre deficitaria.
Dall’inizio del mese, gli stock sono cresciuti di 83.942 sacchi raggiungendo ieri un volume di 333.771 sacchi. A ciò si aggiungono 166.027 sacchi in pendenza di certificazione provenienti, in massima parte (133.568 sacchi), dal Brasile.
Contenuto riservato agli abbonati.
Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.
Il team commerciale estero Essse Caffè (immagine concessa)
BOLOGNA – EmiratiArabi e Grecia: sono solo alcune delle ultime tappeinternazionali di EssseCaffè, la storica torrefazione bolognese – fondata da Francesco, Chiara e Cristina Segafredo – che sempre più rafforza la propria presenza sul mercato estero. Medio Oriente e Grecia sono scenari di punta per Essse Caffè, e proprio qui l’azienda ha recentemente partecipato, con grande successo di pubblico specializzato, a Gulfood Dubai e Horeca Atene: la prima, manifestazione dedicata al comparto food punto di riferimento per tutto il Medio Oriente, la seconda, fiera leader per il settore dell’ospitalità e della ristorazione della Grecia.
Essse Caffè a Gulfood Dubai e Horeca Atena
Appuntamenti che, insieme ai dati sull’export – con un peso che ormai ha raggiunto quasi il 25% sul fatturato totale – segnano positivamente la presenza di Essse Caffè nel mondo.
Uno degli stand 2024 di Essse Caffè (immagine concessa)
Lo conferma Pietro Buscaroli, direttore commerciale estero di Essse Caffè: “Portare l’espressione del miglior espresso italiano in nuovi territori ci apre a rinnovate sfide e opportunità. Stiamo sviluppando sempre di più incontri di training e formazione presso distributori e clienti, perché siamo convinti che attraverso queste azioni mirate passi il ‘far cultura’ di questa eccellenza italiana”.
Pietro Buscaroli aggiunge: “A Gulfood non a caso lo stand Essse Caffè è stato teatro di diverse masterclass molto seguite ed apprezzate, a dimostrazione del fatto che il nostro segno distintivo si esprime al meglio anche, e soprattutto, nella formazione e nel trasmettere al pubblico la passione che mettiamo nel nostro lavoro. Anche Atene è stato un palco di ampio respiro: la Grecia infatti è uno dei nostri mercati più importanti, e il primo a livello europeo”.
Oggi l’azienda è presente in oltre 60 Paesi con una posizione di rilievo, forte del “familyfeeling” che caratterizza le sue miscele. Un’espansione, quella nei cinque continenti, iniziata nei primi anni 2000 che restituisce ottimi risultati: la formula e i valori dell’Azienda risultano vincenti e si traducono in un crescente processo di internazionalizzazione che prosegue tutt’oggi, anche con un ampliamento del team commerciale.
“Inoltre – prosegue Buscaroli – sono in corso le selezioni per l’Espresso Italiano Champion organizzato in collaborazione con IEI, Istituto Espresso Italiano e a settembre sarà il nostro flagship store in centro a Bologna ad ospitarne la finale estera”.
Ambasciatore del miglior Made in Italy nel mondo, Essse Caffè si fa così portavoce della grande tradizione dell’espresso italiano attraverso i suoi pregiati blend, primo fra tutti MiscelaMasini. Prodotto premium, offre un risultato in tazzina delicato ma corposo, aromatico ed elegante, con un’acidità bilanciata e piacevoli fruttate e floreali.
Espansione per Essse Caffè significa non solo numeri, ma anche rinnovamento: l’immagine aziendale è fresca di restyling e va in una direzione di eleganza e attualità che incarna perfettamente il connubio tra tradizione e innovazione, in linea con le esigenze del mercato. Elementi che si riflettono nei nuovi materiali per il punto vendita, curati nel dettaglio.
L’evoluzione lato prodotto, infine, non si ferma al canale bar: recenti i lanci nel mondo SistemaEspresso con S20 e S20 Latte. La prima, con le sue alte performance e le linee eleganti, offre una perfetta estrazione del caffè grazie allo speciale beccuccio brevettato. La sua evoluzione, S20 Latte, rappresenta invece il top di gamma con milk box da 0,5 litri e la possibilità di preparare ben 8 diverse bevande a base latte personalizzabili. Entrambe, realizzate in collaborazione con Italdesign Giugiaro.
La scheda sintetica di Essse Caffè
Scienza, sapienza e specializzazione: tre “S” che riassumono perfettamente i valori e la filosofia di Essse Caffè, storica torrefazione bolognese fondata nel 1979 da Francesco Segafredo assieme alle sorelle Chiara e Cristina. Oggi Essse Caffè è un marchio di successo in tutta Italia e all’estero, sinonimo di autenticità ed eccellenza, contraddistinto dall’inconfondibile “family feeling” delle sue miscele.
L’obiettivo? Garantire un prodotto di massima qualità, tutti i giorni, tutto l’anno, realizzando con cura l’intero processo, a partire dall’accurata selezione della materia prima.
Grazie alle collaborazioni universitarie – Facoltà di Agraria delle Università di Bologna, Cesena e Foggia – l’Azienda ha acquisito elevato spessore scientifico nel proprio settore, con conoscenze su ogni tipologia di caffè, dalla torrefazione al confezionamento, fino al caffè in tazzina.
Ai fondatori, oggi si affianca la quarta generazione della famiglia: Pietro Buscaroli, Agata Segafredo, Riccardo e Ruggero Auteri che condividono la missione imprenditoriale con uno sguardo imprescindibile verso il futuro.
Il docente Raffaele Musolino, specialista di sala bar e caffetteria dell’IPSEOA Sigismondo Pandolfo Malatesta, ci ha inviato le sue riflessioni sul Graycano, il coffee dripper lanciato lo scorso anno da Nicole Chabot e Felix Brügmann, utilizzato dalla campionessa tedesca della Brewers Cup Nicole Battefeld-Montgomery e il campione austriaco della Brewers Cup Martin Wölfl per l’estrazione dei loro caffè alla World Brewers Cup 2022.
Nel suo utilizzo, Raffaele Musolino ha notato la forte stabilità il Graycano. Le cinque pareti che compongono la struttura a forma di V sono spesse e robuste, il che significa, secondo il docente, che il dripper non si ribalta facilmente, adattandosi perfettamente al server del vetro/ceramica. Leggiamo di seguito le sue considerazioni.
Il Graycano, un nuovo coffee dripper
di Raffaele Musolino
Progettato in Germania da Nicole Chabot e Felix Brügmann, il Graycano è stato lanciato nel febbraio 2022. Il coffee dripper ha viaggiato fino a Melbourne, in Australia. La campionessa tedesca della Brewers Cup Nicole Battefeld-Montgomery e il campione austriaco della Brewers Cup Martin Wölfl hanno utilizzato la Graycano per l’estrazione dei loro caffè alla World Brewers Cup 2022.
La struttura del Graycano (immagine concessa)
La mia curiosità è stata stuzzicata quando ho visto il design sorprendente con le caratteristiche uniche del Graycano, decidendo così di metterlo alla prova.
Caratteristiche principali del Graycano
In primo luogo, la struttura a forma di V è progettata per imitare le scanalature di lava che si trovano nei vulcani. La sua forma conica e la struttura interna sembrano effettivamente un vulcano; sicuramente lo scopo è quello di simboleggiare “l’eruzione”, in fase di estrazione del nostro caffè.
Le scanalature del Graycano (immagine concessa)
Il Graycano è realizzato con un’anima in alluminio ed un rivestimento tecnologico svizzero di fascia alta rinforzato in ceramica. È sicuro per gli alimenti, facile da pulire, resistente all’abrasione e ai graffi, offrendo allo stesso tempo un aspetto elegante.
L’esclusiva combinazione di materiali lo rende resistente-stabile alla temperatura senza influire sul gusto del caffè. Le dimensioni compatte lo rendono pratico da usare.
L’interno del Graycano (immagine concessa)
Le scanalature di “lava” di Graycano sono progettate per fornire un flusso d’acqua uniformemente distribuito. Aiutando così ad aerare il filtro di caffè, ottenendo un’estrazione uniforme.
Il Graycano viene fornito con un rivestimento di sughero fatto a mano per una manipolazione sicura, poiché il corpo in alluminio dello strumento si surriscalda durante la preparazione. È possibile scegliere diversi colori/rivestimenti (per maggiori informazioni cliccare qui).
Il rivestimento (immagine concessa)
La confezione viene fornita con un opuscolo dei dettagli sul produttore di Graycano illustrandone la filosofia alla base della sua creazione.
La guida alla preparazione inclusa indica le variabili da considerare quando si prepara il caffè come la temperatura dell’acqua, la dimensione della macinatura e il rapporto caffè/acqua. Non include un suggerimento di ricetta, che consente all’utente di sperimentare trovando la propria tazza perfetta fin dall’inizio.
La struttura in alluminio (immagine concessa)
Ho usato uno specialty coffee (azienda Pascucci) Fazenda Tijuco Brasile, processato con metodo naturale, profilo di tostatura chiara, il tutto macinato con il mio 1ZPRESSO.
Il rapporto è stato di 16 g di caffè con 250 g di acqua Panna, optando per 93°C estraendo il tutto in 2:30 minuti circa.
Una cosa da ricordare è che la combinazione di materiali del Graycano ha proprietà di ritenzione del calore. Ciò significa che se desideriamo ottenere una tazza uniforme, potrebbe essere meglio scegliere una temperatura che si trovi all’estremità inferiore dell’intervallo consigliato oppure preriscaldare il Graycano in maniera ottimale. Questo aiuterà ad estrarre tutti gli aromi e i sapori del caffè senza errori.
Durante la preparazione, ho notato quanto sia stabile il Graycano. Le cinque pareti che compongono la struttura a forma di V sono spesse e robuste, il che significa che il dripper non si ribalta facilmente, adattandosi perfettamente al server vetro/ceramica.
Durante il test ho prodotto una tazza di caffè dal profilo pulito. Il movimento naturale, controllato dal posizionamento a spirale delle scanalature all’interno di Graycano ha portato un’estrazione uniforme senza canalizzazione. L’estrazione finale risultata corposa dal sapore equilibrato, con note agrumate e frutti rossi. Il rivestimento di sughero non emana aromi indesiderati, mentre il Graycano è in funzione.
La guaina in sughero risulta ottima per proteggere le mani dal calore ed offre una buona presa. Nel complesso, sono rimasto soddisfatto del Graycano. Un coffee dripper manuale per caffè, facile da usare, ben progettato, resistente“.
di Raffaele Musolino
È possibile seguire il docente Raffaele Musolino su Facebook e Instagram
Per molte persone il borbottio della moka è la melodia più piacevole che ci sia in assoluto a colazione. Oltre al suono è anche il profumo del caffè che fa mettere d’accordo chiunque di prima mattina. Leggiamo di seguito la prima parte della notizia di Carlotta Nicoletti pubblicata sul portale d’informazioni Orizzonte Energia.
Il suono della moka a colazione
MILANO – Al mattino il suono della moka che fa mentre esce il caffè è molto piacevole per 8 italiani su 10. Il secondo suono più amato è invece il cornetto appena spezzato e il terzo è quello del coltello che taglia la torta. Inoltre alcune persone intervistate proprio ai suoni del mattino, hanno detto che il crunch dei biscotti al mattino li riporta all’infanzia, parliamo del 60% degli intervistati che ha dato questa risposta.
Per il 46% invece il suono dei succhi di frutta nel bicchiere è l’emblema della colazione. Insomma ognuno ha la sua preferenza, ma sicuramente il rumore del caffè che sta venendo su e il crunch dei biscotti sono i due suoni più popolari in assoluto.
Ma oltre al suono è anche il profumo del caffè che fa davvero impazzire tutti. Fa sentire in casa un’aria di allegria ed è un bel risveglio sicuramente. Insomma i suoni preferiti al mattino sono quelli del cibo e delle bevande in preparazione.
Tra i suoni più amati in assoluto al mattino c’è quello del caffè della moka, è talmente amato che è stata addirittura realizzata una suoneria scaricabile dal sito della Bialetti per dispositivi sia IOS che Andorid e si può impostare come allarme mattutino per riprodurre i suoni del risveglio più bello del mondo, secondo molti.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.