domenica 23 Novembre 2025
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Vending h24/7 spenti di notte a Barletta “per motivi di ordine pubblico”

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Il progetto RiVending

Il portale internet pugliese La politica locale ha diffuso un’importante notizia relativa ai distributori automatici attivi nella città di Barletta, in particolare quei negozi con distributori automatici aperti 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. Il motivo addotto dalle autorità locali? Ordine pubblico. Riportiamo la prima parte dell’articolo. Per leggere l’intera storia basta cliccare QUI .

Gli esercenti di distribuzione automatica h24 della città di Barletta saranno chiusi dalle ore 00.00 alle ore 07.00 per motivi di ordine pubblico. È quanto annunciato dal Sindaco di Barletta nel corso della riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica in Prefettura, convocata proprio per esaminare i diffusi fenomeni di disturbo della quiete pubblica verificatisi in città durante i giorni scorsi.

L’iniziativa sarà formalizzata nei prossimi giorni con apposita ordinanza del Sindaco di Barletta.

All’incontro odierno, presieduto dal Prefetto Silvana D’Agostino, hanno preso parte il Presidente della Provincia, i Sindaci dei Comuni capoluogo, i vertici provinciali delle Forze di Polizia ed i rappresentanti delle Associazioni di categoria, Confcommercio e Confesercenti.

La riunione è stata altresì l’occasione per esaminare l’andamento della stagione estiva ancora in corso, alla luce della decisione di uniformare, in tutti i Comuni, gli orari di interruzione della somministrazione di alcolici e delle emissioni sonore negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico spettacolo.

“La proposta del Sindaco di Barletta di chiudere i distributori h24 da mezzanotte alle sette del mattino ha trovato piena condivisione da parte di Forze di Polizia e delle stesse associazioni di categoria – ha spiegato il Prefetto D’Agostino -. D’altronde, i dati in nostro possesso testimoniano come la stragrande maggioranza dei reati che si consumano in prossimità di tali esercizi avvengano proprio dopo la mezzanotte. Come sempre è nostra intenzione quella di contemperare i legittimi interessi economici del tessuto imprenditoriale ed economico del territorio con il rispetto dell’ordine, della sicurezza e della quiete pubblica”.

Per leggere l’intera storia basta cliccare QUI .

Il gelato artigianale scopre a Reggio Calabria il bergamotto: la sfida

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Il manifesto sulla sfida tra artigiani gelatieri con base il bergamotto in programma a Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA – Un’interessante anticipazione sul fronte del gelato artigianale arriva da Reggio Calabria. Ne abbiamo trovato traccia sul sito di Reggio TV. Per leggere l’intero articolo basta cliccare qui.

Scirubetta e Bergarè, due grandi manifestazioni e tante cose in comune. Un binomio perfetto, tra l’altro, per esaltare ancora di più l’unicità del bergamotto di Reggio Calabria. Ecco perché si è pensato ed ideato una sorta di contest, quello che Conpait – insieme alla Camera di Commercio – ha poi proposto ai gelatieri partecipanti a Scirubetta, Il festival del gelato artigianale a Reggio Calabria previsto dal 14 al 17 settembre.

Il bergamotto di Reggio Calabria, vero ingrediente della giornata dedicata al frutto identitario di questa terra, può essere valorizzato, abbinato ed esaltato con i migliori prodotti? La risposta spetta ai 34 gelatieri ed alla loro capacità di estrapolare il meglio dal bergamotto e dai prodotti che le aziende hanno messo a disposizione.

Chi riuscirà ad esaltare, appunto, il gusto del gelato al Bergamotto di Reggio Calabria? E come? “Durante l’evento Scirubetta, nella giornata dedicata a Bergarè insieme alla Camera di Commercio ed ai tanti ospiti presenti, vorremmo dare la possibilità ai gelatieri in gara di esprimere la propria fantasia, creando un gusto gelato che abbini al nostro agrume identitario i diversi prodotti del territorio. Per evitare disparità con chi non è del territorio, il succo di bergamotto sarà fornito dall’organizzazione”, ha precisato il maestro Musolino.

Per leggere l’intero articolo basta cliccare qui.

Coca-Cola un ever green che conquista la Borsa con un record da oltre 300 miliardi di dollari

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Il logo della Coca-Cola

MILANO – Coca-Cola supera i 300 miliardi di dollari di capitalizzazione: come è riuscito ad ottenere un aumento tale dei prezzi da segnare il massimo storico toccato a Wall Street? Un traguardo che ha battuto anche il competitor principale, Pepsi, di 70 volte, superando i già impressionanti 310 miliardi di capitalizzazione precedenti.

Il record in Borsa deriva anche dai dividendi: i margini di profitto si sono ampliati in maniera costante, con una cedola cresciuta nell’arco di 50 anni che lo ha portato a diventare un ottimo titolo da cassettista.

Sempre per lasciare parlare le cifre: esclusi i dividendi, una persona che ha deciso di investire anche solo un dollaro nella quotazione di Coca-Cola in Borsa nel 1919, attualmente avrebbe guadagnato oltre 600mila dollari.

Un andamento insolito se si considera il contesto più ampio in cui si deve muovere Coca-Cola, caratterizzato dall’inflazione e da una flessione generale nei consumi, oltre che dall’ultimo trend che vede le bevande healthy con meno zucchero preferite dagli acquirenti.

Un 2024 che è iniziato con il piede giusto, con le azioni Coca-Cola che hanno portato ad un guadagno superiore al 20%, una storia molto diversa dalle altre aziende produttrici dello stesso settore.

Tornando ai numeri, tutte le bibite che appartengono all’azienda, quindi anche Sprite, Fanta, acque minerali e altre bevande, hanno segnato vendite quotidiane per 2,2 miliardi di bottiglie.

E quindi qual è il segreto dietro Coca-Cola?

Si parte da un investimento strategico nella comunicazione pubblicitaria, che da sempre ha rappresentato un punto di forza per Coca-Cola e che lo ha portato a stabilirsi nella top ten dei brand più conosciuti al mondo.

Un’ascesa che continua quest’anno in mercati rilevanti, in primis Corea del Sud, i Paesi asiatici, l’India, il Giappone e le Filippine.

Il fatto di essere entrati nella mente e nel cuore di molti consumatori a livello globale ha aiutato notevolmente a non traumatizzare con i rincari (del 10% sulle bevande in media solo lo scorso anno, e fino al 19% in Europa). Coca-Cola non è rimasta immune dall’aumento dei prezzi, in quanto ha dovuto aggiungere un 10% al prezzo finale ma, buone notizie, questo non ha influenzato le vendite.

Prezzi del caffè alle stelle? C’è chi è disposto a pagare 980,64 $ per un chilogrammo d’arabica etiope

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Basha Bekele Butusha, vincitore del concorso etiope di Cup of Excellence (credits: blog di Angelino's Coffee)

MILANO – Ieri, giovedì 29 agosto, i mercati del caffè hanno chiuso con prezzi al ribasso, dopo avere raggiunto, nella seduta di metà settimana, i massimi storici del contratto, a Londra, e quelli degli ultimi 2 anni e mezzo, a New York. La libbra di arabica è stata quotata, a fine giornata, a 247,60 centesimi; quella di robusta a 222,31 centesimi (4.901 dollari alla tonnellata). Ma se vi dicessimo – mentre stiamo a fare i conti dei centesimi in più o in meno sui terminali delle borse – che, in questi giorni, c’è chi ha pagato un lotto di pregiatissimo caffè etiope a 445 dollari alla libbra, 980,64 dollari al chilo? Vale a dire quasi 180 volte tanto l’ultima chiusura dell’Ice Arabica!

È successo alla più recente asta di Cup of Excellence (CoE), il prestigioso concorso organizzato da Alliance for Coffee Excellence, che premia le produzioni di eccellenza di una decina di paesi produttori di 3 continenti e offre ai vincitori un’impareggiabile ribalta globale, attraverso un ormai collaudatissimo sistema di aste online.

Il prezzo è eccezionale anche per questa competizione, dove pure non è insolito vedere prezzi d’asta decine di volte superiori a quelli delle quotazioni delle borse. Il lotto – per la cronaca e per la storia – arriva dalla farm Basha, che sorge nel distretto di Bensa, nella regione di Sidama, a un’altitudine di 2.360 metri slm.

Il proprietario è Basha Bekele Butusha, che ha imparato dal padre le tecniche di coltivazione tradizionali.

Il caffè – varietà 74158 – è lavorato con metodo naturale. Lo contraddistinguono un profilo dolce e delicato con corpo pieno, aromi brillanti, puliti e ricchi e note di floreale, fruttato, vaniglia, caramello e granella di cacao, con un’acidità vivace e citrica.

Ben due i lotti provenienti da Basha, entrambi valutati con un punteggio di 90.5. Ad aggiudicarsi quello più costoso è stata Angelino’s Coffee, una torrefazione di Los Angeles, che per 198,42 libbre di preziosi chicchi etiopi ha sborsato la bellezza di 88.296,90 dollari. Pari esattamente a un prezzo di 445 dollari alla libbra.

Kirk Bedrossian, fondatore della torrefazione californiana, si è aggiudicato il lotto alla fine di un’asta epica, che ha visto oltre 3 mila rilanci.

L’altro lotto è stato appannaggio del torrefattore taiwanese Orsir International, che ha messo sul piatto 81.044,65 dollari, per 231,49 libbre di prodotto, pari un prezzo di 350,10 dollari alla libbra.

A titolo di raffronto, il caffè della farm seconda classificata – Mate, punteggio di 90.13 – è stato aggiudicato a 90,10 dollari alla libbra. Angelino’s non è nuova a questo genere di exploit. Di recente si è assicurata i migliori lotti dei concorsi CoE di Tailandia, Messico e Guatemala.

“Apprezziamo particolarmente il supporto dato da Angelino’s al vincitore del concorso etiope di CoE pagando un prezzo da record” ha dichiarato Erwin Mierisch, direttore esecutivo di Cup of Excellence e Alliance for Coffee Excellence.

“Prezzi di questo genere sostengono non soltanto il singolo produttore, bensì l’intera comunità e contribuiscono alla qualità delle infrastrutture e alla sostenibilità agricola dell’intera regione”.

“Questo traguardo storico celebra la straordinaria maestria dei produttori e l’incredibile lavoro del team di CoE” gli fa eco Bedrossian.

“L’esserci aggiudicati, per l’undicesima volta quest’anno, il primo lotto assoluto di un concorso di CoE ed essere parte di questo momento storico va al di là di ogni emozione. Non vediamo l’ora di condividere questi caffè eccezionali con i nostri clienti e rendere onore alle persone straordinarie e ai percorsi che li hanno portati a noi”.

Una notizia come questa – al di là delle curiosità – apre un ragionamento sul valore commerciale e simbolico dei prodotti di eccellenza. Ci sono caffè che hanno ottenuto, negli altri concorsi di CoE, punteggi anche superiori al 92, che sono stati aggiudicati a prezzi più di 10 volte inferiori.

A quanto pare, il meccanismo delle aste premia – oltre che l’indiscutibile qualità intrinseca – anche le caratteristiche peculiari di questo o quel lotto od origine.

Una considerazione, questa, che si può applicare, del resto, a molte altre filiere alimentari di eccellenza, dove si guarda sempre più anche alla storia del prodotto e una serie di valori che investono la sfera socioculturale, etica e ambientale.

La storia entra però in contrasto stridente con le polemiche di queste ultime settimane, sui modesti rincari introdotti o ipotizzati sul prezzo della tazzina, a fronte delle consistenti maggiorazioni nei costi di materia prima, energia, logistica ecc.

Ci chiediamo a questo proposito a quanto sarà venduto al pubblico, il caffè di Basha, che farà parte di una collezione esclusiva assieme a tutti gli altri caffè #1 di CoE, che Angelino’s Coffee si è aggiudicata.

E che sarà verosimilmente servito in degustazioni rivolte a un pubblico ristretto di Coffee Enthusiasts, disposti a mettere la mano al portafoglio, senza tenere conto dei prezzi, per un’esperienza sensoriale memorabile.

Considerando un costo (per il solo caffè esclusa la logistica) di 98 centesimi al grammo, il costo vivo della sola materia prima per 7 grammi di caffè, necessari a preparare un espresso, sarà di oltre 6 euro.

Ma il ricarico sarà quasi certamente adeguato a coprire tutte le voci di spesa, senza contare il ritorno in termini di immagine.

D’altronde, il marketing insegna che non si vende soltanto il prodotto, ma anche il suo vissuto e la sua esperienza di consumo. Meditate gente, meditate.

Prezzo della tazzina al bar: “Rifletta soltanto la qualità dell’espresso” dice l’Iei, no a strumentalizzazioni del settore e speculazioni

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Luigi Morello (foto concessa)

BRESCIA – Luigi Morello, presidente di IEI, l’istituto espresso italiano, interviene nella discussione in atto sull’aumento dei prezzi dell’espresso nei pubblici esercizi (+13% secondo i dati Fipe). «No deciso alla strumentalizzazione del settore: il prezzo del caffè al bar deve riflettere esclusivamente la qualità del prodotto in tazza e il livello del servizio offerto e non può più essere il risultato di speculazioni politiche o legato a un prezzo fisso, storicamente troppo basso».

Per Luigi Morello, presidente dell’Istituto Espresso Italiano (IEI), realtà che rappresenta tutta la filiera italiana, non ci sono dubbi sul valore di un espresso, soprattutto alla luce della recente discussione dell’aumento del costo della tazzina al bar.

«Il barista – continua Morello – rappresenta l’ultimo miglio nella trasformazione della materia prima, quindi il prezzo della tazzina di caffè rappresenta a sua volta l’ultimo passaggio nella catena del valore: entrambi costituiscono elementi critici su cui si regge l’intera filiera».

Ecco perché l’invito dell’Istituto Espresso Italiano è quello di riflettere con attenzione, evitando conclusioni affrettate, e a considerare il fatto che l’Italia è l’unico Paese che non riesce a valorizzare adeguatamente la figura del barista e a riconoscere il giusto valore del caffè.

Aumento del prezzo della tazzina al di sotto dell’inflazione. L’intervento del presidente di IEI si unisce al commento del presidente di Fipe Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, «perché è importante sottolineare che, in questo momento storico per il settore del caffè, il senso di responsabilità è condiviso non solo dagli esercenti, ma da tutta la filiera», continua il presidente Morello. Come ha rilevato Fipe, a fronte di un tasso di inflazione del +16% tra luglio 2021 e luglio 2024, i prezzi nei bar sono cresciuti del 13%. Anche sulla tazzina di espresso gli aumenti sono al di sotto dell’inflazione, continuando a mantenerne il prezzo tra i più bassi d’Europa.

Aumentano costi e materie prime. «Negli anni passati, i produttori di attrezzature hanno affrontato una grave crisi, causata dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dalla scarsità di componenti elettronici. Ancora più drammatici sono stati gli ultimi 18 mesi per i torrefattori, che si sono trovati ad affrontare una difficile reperibilità del caffè, il costante aumento dei prezzi e ulteriori problematiche logistiche», sostiene ancora il presidente dell’Istituto Espresso Italiano.

Sempre più difficile fare il barista. Per l’Istituto Espresso Italiano è fondamentale ricordare che l’intero settore sta attraversando momenti difficili, anche a causa della mancanza di personale qualificato. La bassa redditività non solo ha ridotto il numero degli esercenti, ma ha anche reso difficile offrire stipendi adeguati, facendo sì che la professione del barista sia meno attrattiva.

Secondo Fipe Confcommercio, infatti negli ultimi 10 anni il numero delle imprese che svolgono attività esclusivamente di bar è diminuito di oltre 22mila unità.

La scheda sintetica. L’Istituto Espresso Italiano. L’Istituto Espresso Italiano (IEI), di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 36 aziende aderenti con un fatturato aggregato di più di 700 milioni di euro.

Maggiori info: www.iei.coffee .

Giulio Trombetta, l’amministratore delegato di Costadoro: “Non si arriverà ai 2 euro per l’espresso, ma ad 1 euro e 50 sarebbe auspicabile”

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Giulio Trombetta, ceo di Costadoro (foto concessa da glebb-metzger)

MILANO – Il problema degli aumenti della tazzina che a monte derivano da quelli del verde, è ancora molto presente tra consumatori e operatori: a pronunciarsi stavolta sul tema, l’amministratore delegato Costadoro, Giulio Trombetta, intervistato da Christian Benna su torino.corriere.it.

Riportiamo le sue dichiarazioni che ovviamente fanno riferimento a due fenomeni importanti che hanno portato al contesto attuale: speculazione, cambiamento climatico, tensioni internazionali.

E rispondono in parte anche all’allarme lanciato in queste ultime settimane da un altro torrefattore italiano, illycaffè: due euro per l’espresso? A Torino – dove il costo medio attualmente è di 1,20 euro – non si arriverà a tanto e, secondo l’amministratore delegato, neppure sul piano nazionale.

Tuttavia, conclude il ceo, i prezzi si dovranno ricalcolare, adattandoli ai tempi odierni.

Trombetta, Torino, i prezzi al bar del caffè

Da lunedì il caffè di Torino avrà un retrogusto salatissimo. Le torrefazioni del territorio stanno inviando ai bar della città gli adeguamenti di prezzi, fino al 10-15%, scatenati dal rally delle materie prime: arabica e robusta, le due principali varietà, hanno superato abbondantemente i 5 mila dollari a tonnellate con aumenti del 55%, la prima, e del 100% la seconda.

«L’espresso al banco non arriverà a 2 euro come sostiene qualcuno, ma 1,50 euro a tazzina sarebbe auspicabile se non necessario, almeno in centro città. La filiera è sotto tensione», spiega Giulio Trombetta, ad di Costadoro, storica torrefazione piemontese.

«Nei nostri punti vendita abbiamo già portato da tempo i prezzi a 1,50 euro a tazzina. La qualità si paga.

E i clienti ci stanno dando ragione. Infatti nel bar davanti la Rinascente vendiamo duemila caffè al giorno», afferma l’imprenditore torinese che ora si prepara a inviare un «inevitabile» aumento dei prezzi ai bar serviti dalla sua torrefazione.

«Pensiamo di aggiustare i prezzi intorno al 6-7%. Un rialzo che non compensa l’aumento dei prezzi delle materie prime ma almeno rende sostenibile la nostra attività».

Qui l’articolo completo.

Lavazza ancora più forte nel vending: da Bankitalia il via libera per l’Opa su IVS Group

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Il logo di Lavazza Group

MILANO – Ad aprile risale la notizia del lancio di un’Opa (Offerta pubblica di acquisto) a 7,15 euro da parte di Lavazza per controllare IVS Group che ha la sede societaria in Lussemburgo, ma ramificazioni in tutta Europa a cominciare naturalmente dell’Italia, IVS è dunque un’azienda strategica, seconda per dimensione in Europa dopo la svizzera Selecta, per la sua rilevanza nella distribuzione automatica. L’operazione, di cui abbiamo già riferito in dettaglio, adesso si conclude con il necessario via libera di Bankitalia. Si tratta di un’importante diversificazione e di un fondamentale passo avanti per l’impresa torinese nel canale vending, di cui hanno parlato Alimentando.info e Milanofinanza.it sui rispettivi portali.

In realtà Lavazza era già in possesso di circa il 20% del capitale sociale di IVS, in seguito ad un’operazione d’acquisto – per una cifra pari a circa 75 milioni di euro – che risale alla fine del 2019 tramite la controllata Torino 1895 Investments.

Lavazza procede con l’Opa su IVS

Come ha riferito Milano Finanza, la Banca d’Italia ha infine autorizzato l’acquisizione portata avanti da Grey, veicolata dal Gruppo Lavazza, per una partecipazione qualificata di controllo indiretto nell’istituto di pagamento di proprietà IVS Group, Moneynet.

Qui il link dell’articolo completo su alimentando.info. Qui a Milanofinanza.it.

Starbucks apre il 5° store a Firenze, nello storico Palazzo Portinari, forse a novembre

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Il logo Starbucks

MILANO – Starbucks, catena di caffetterie nato dal sogno di Howard Shultz continua la sua espansione sul territorio italiano, per la precisione aprendo il quinto store a Firenze, in Via del Corso con la licenza del Caffè Salvemini, nonché il quarantunesimo nel Bel Paese. Una conquista del nuovo modo di intendere e consumare il caffè, in una città già presidiata dallo specialty e le estrazioni alternative: primo tra tutti Ditta Artigianale, un apripista per tutte le altre attività legate alla Third Wave – i nomi sono davvero tanti ormai a Firenze, che è considerabile con Milano e Roma, uno dei punti di riferimento per lo specialty -.

Leggiamo la notizia di Edoardo Semmola su questa nuova apertura da corrierefiorentino.corriere.it.

Starbucks presidia ancora Firenze

Un bar in piazza Salvemini chiude, uno Starbucks in via del Corso apre. Non in un punto qualsiasi della centralissima via dei negozi, ma all’interno di Palazzo Portinari, la storica sede della Banca Toscana.

Sono appena apparse le insegne dell’imminente apertura della catena di caffè americana e, «dopo circa tre mesi di lavori», come assicura la proprietà dell’immobile, ci sarà l’inaugurazione. Presumibilmente a novembre.

Sarà un negozio relativamente piccolo: 100 metri quadrati. Il quinto Starbucks a Firenze quello nato all’interno del centro commerciale I Gigli, i 200 metri inaugurati 14 mesi fa in via Cerretani, e il più piccolo store nella stazione Santa Maria Novella aperto sei mesi prima. L’ultimo in ordine di tempo, ma anche il più grande con quasi 300 metri quadrarti, ha aperto in via Canova a luglio scorso.

A fare «spazio» a Starbucks è stata la licenza del Caffè Salvemini

Che un anno fa chiuse all’improvviso, avvisando (e ringraziando) i clienti inconsapevoli con un biglietto apposto sulla vetrina all’ultimo minuto: la Curia, proprietaria del palazzo, aveva deciso di non proseguire con l’affitto del fondo per aprire lì la sede dell’Mcl.

E così Starbucks ha potuto evitare le restrizioni che Palazzo Vecchio sta provando a inserire nelle sue normative pensate per frenare la corsa del centro Unesco verso il proliferare inarrestabile del mangificio: non potendo aggiungere una nuova licenza, ma comprandone una già esistente.

Il gruppo Percassi, per conto di Starbucks, ha infatti acquisito la licenza di piazza Salvemini per trasferirla in via del Corso.

Qui l’articolo completo. 

Locali, nel cremonese calano le chiusure: sono oltre 2500 i bar e ristoranti

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Il settore del bar e della ristorazione (immagine: pixabay)

Gli esercizi pubblici nel cremonese sono stabilmente sopra i 2500: a renderlo noto è Fipe Confcommercio. Per aiutare gli esercenti arrivano misure di sostegno come il riordino e la semplificazione delle procedure per l’autorizzazione dei dehors. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione La Provincia Cremona.

Significativa riduzione delle chiusure negli esercizi pubblici nel cremonese

CREMONA – Dati positivi per i pubblici esercizi cremonesi, in particolare sul fronte delle chiusure che calano significativamente nell’ultimo anno. Lo rende noto l’osservatorio Fipe Confcommercio che ha analizzato l’andamento delle imprese attive nel secondo trimestre del 2024. Per quanto riguarda la provincia “al 30 giugno, il numero totale delle imprese registrate è di 2.554, un dato stabile rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.

Se sulle aperture la tendenza si mantiene stabile, i dati sulle chiusure confermano una maggior resilienza del comparto del commercio: “Le cessazioni delle imprese sono state 26, mostrando una riduzione significativa del 36,6% rispetto al primo semestre del 2023. Più nello specifico il saldo tra nuove iscrizioni e cessazioni è negativo, con un decremento netto di 8 unità, ma comunque in miglioramento rispetto all’anno precedente quando le chiusure erano state 20”.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Treviso, i commercianti dei pubblici esercizi contro la Soprintendenza: “Servono regole chiare”

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Il settore del bar e della ristorazione (immagine: pixabay)

Sono almeno una decina i locali che saranno costretti con le nuove indicazioni della Soprintendenza ad apportare dei cambiamenti nella città di Treviso: i titolari dei pubblici esercizi chiedono regole chiare. In molti casi ad essere contestata è l’occupazione degli spazi. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Anna De Roberto per Antenna Tre.

L’occupazione degli spazi dei pubblici esercizi a Treviso

TREVISO – Dai colori degli ombrelloni ai materiali dei tavolini, fino alla modalità di accatastamento delle sedie: i gestori dei locali chiedono regole certe e tempo per adeguarsi, ma soprattutto un regolamento accessibile per non dovrei buttare via gli investimenti fatti.

All’ombra di porta San Tomasso le sterlizie non possono stare, a Neps, locale hamburgheria il Comune ha intimato di rimuoverle, il Bottegon, locale dirimpettaio ha dovuto eliminare le botti usate come tavolini. Pino, ha dovuto cambiare gli ombrelloni, la rifinitura che ricalcava quella delle tende da sole non andava bene.

In altri casi la Soprintendentza ha contestato la modalità di accatastamento delle sedie a locale è chiuso, altri , come il Cos 51 si sono già adeguati. Sono almeno una decina i locali che saranno costretti con le nuove indicazioni della Soprintendeza a apportare dei cambiamenti, ma dal canto loro i titolari di pubblici esercizi chiedono regole chiare. In molti casi ad essere contestata è l’occupazione degli spazi.

C’è chi come le ragazze del bar teatro Dolfin quest’anno ha rinunciato ad allargare il plateatico esterno, tre mesi estivi per 2 metri quadrati costano 2000 euro. Ai Buranelli il locale Turbo Ragazzi deve spegnere la musica alle 22, ritirare il plateatico alle 2230: è il risultato – raccontano – del braccio di ferro con i residenti. Il malumore in città è evidente.

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