sabato 22 Novembre 2025
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Bumble, app di dating online, apre la prima caffetteria a Parigi

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Una panoramica di Parigi (immagine: Pixabay)

Bumble, una delle app di online dating più famose insieme a Tinder, ha creato in collaborazione con GoodNews il suo primo coffee shop in occasione delle Olimpiadi. Bumble sta sperimentando il progetto già da tempo. Nel 2021 a New York aveva aperto il Bumble Brew, un ristorante pensato per la community dell’app. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Elisabetta Moro per Cosmopolitan.

La prima caffetteria di Bumble a Parigi

PARIGI – Pare che Parigi nel pieno delle Olimpiadi sia il posto migliore per il dating estivo e non è difficile da credere. “Non ho mai visto così tanti ragazzi bellissimi”, dice una ragazza su TikTok e pare che Bumble non si sia lasciato sfuggire l’occasione. Proprio in occasione dei Giochi 2024, il marchio della nota dating app ha lanciato il suo primo coffee shop in collaborazione con GoodNews. L’idea è quella di accogliere i visitatori da tutto il mondo arrivati nella capitale francese per assistere ai Giochi e dargli la possibilità di recarsi in un luogo adatto per fare amicizia o flirtare. Che i locali di dating siano il futuro?

Bumble sta sperimentando la cosa da un po’. Nel 2021, quando eravamo tutti ormai vaccinati per il Covid-19 e pronti per accantonare il sexting da lockdown, a New York aveva aperto il Bumble Brew, un ristorante pensato per la community dell’app.

“Abbiamo visto una risposta clamorosa ai pop-up Bumble Hive che abbiamo ospitato in tutto il mondo e abbiamo notato un chiaro desiderio di uno spazio permanente in cui le persone potessero connettersi”, aveva spiegato Julia Smith, responsabile delle partnership del brand. Il locale, però, ha chiuso per manutenzione nel gennaio 2022 e non ha più riaperto: qualcosa è andato storto?

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L’esperimento specialty della Cooperativa sociale La Fabbrica dei Segni a Milano con il caffè etico del progetto Orangutan

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cooperativa sociale
Dentro la pasticceria-caffetteria di Affori (foto concessa)

MILANO – Jordi, uno storico torrefattore di caffè spagnolo, che una decina di anni fa ha deciso di iniziare a produrre specialty coffee, incontra, circa un anno fa, la Cooperativa Sociale Fabbrica dei Segni e si propone di trasportarla e coinvolgerla in quello che è questo fantastico mondo in espansione.

La Cooperativa decide quindi di tuffarsi in questa avventura ed adottare un caffè etico e innovativo nei propri progetti di ristorazione.

Alessandro, l’attuale presidente della Cooperativa, spiega perché abbiano deciso di puntare su questo prodotto come Cooperativa Sociale: “Oltre all’ovvia qualità superiore di questa materia prima, c’è tanto altro, fra cui un’etica, che in qualche modo accomuna i nostri mondi.”

Eppure il prezzo non è alto, giusto?

Alessandro Moro con un buon espresso (foto concessa)

“Inizialmente lo abbiamo inserito allo stesso identico prezzo di un caffè classico, come manovra commerciale e per cercare di invogliare il pubblico. È vero che, come mi dice sempre Jordi, in questo modo non si dà il giusto valore a questo prodotto, ma io provo a mettermi al posto del consumatore medio e credo che aumentare il costo diventerebbe un ostacolo importante per l’intera categoria. Ho deciso di farmi carico io come gestore del costo un poco più alto del caffè, preferendo adottare una strategia che possa promuoverlo.

Piuttosto valutiamo di alzare leggermente i prezzi di ciò che fa da contorno alla tazzina, cercando di dare comunque la massima qualità in tutto, cosicché la gente possa tornare anche perché il caffè è buono e costa poco.”

In CGIL l’attività appena avviata, lo specialty è ancora sul menù, mentre nella pasticceria di Affori non è andata proprio come sperato

Alessandro: “Pensavamo sarebbe stato un po’ il contrario: ci aspettavamo che in una pasticceria, dati i flussi maggiori di clientela, lo specialty sarebbe stato testato ed approvato maggiormente, ma il sell out non ha funzionato come immaginavamo potesse andare. Non ci diamo comunque per vinti e, probabilmente, un giorno investiremo nuovamente su questo aspetto, insistendo sulla capacità di vendere e sperando di avere migliori risultati.

Il nostro espresso, sempre fornito da Jordi, per quanto non specialty, è ora una miscela 80% Arabica e 20% Robusta, tostata medio scura e se ne percepisce l’aroma: questo viene comunque riconosciuto dai nostri clienti. È un prodotto molto più vicino al gusto “classico”, che si differenzia comunque notevolmente per qualità dalla proposta media.

Non ci siamo però arresi del tutto in pasticceria e, ora come ora, abbiamo proposto un prodotto decaffeinato specialty, che vendiamo a un euro e venti: è un caffè importante, che molti apprezzano, io e Jordi inclusi.

Siamo passati al decaf perché crediamo che offrire un prodotto di questa gamma a chi solitamente è abituato a tazzine di basso livello, possa fidelizzare maggiormente. È sicuramente meno impattante inoltre lo scoglio del prezzo, poiché si sa, il decaf costa sempre un po’ di più.

Immaginiamo infine che anche chi non è bevitore usuale di decaffeinato, una volta assaggiato (per un motivo o per l’altro), possa rimanere piacevolmente sorpreso dalla qualità e dagli aromi.

È più immediato distinguersi sul decaffeinato, molto più facile che proporre un espresso classico ma specialty. In più questo ci consente di avere i volumi giusti perché la materia prima non perda le proprie caratteristiche organolettiche, cosa estremamente importante per questo genere di prodotto.

In CGIL invece abbiamo il decaffeinato e anche l’Orangutan per l’espresso normale: un progetto meraviglioso che abbiamo sposato non soltanto per la qualità, ma anche per il risvolto sociale che ha alle origini in Indonesia. Sarebbe bello riprendere il discorso anche ad Affori.

Stiamo ancora lavorando per portare al massimo la parte di pasticceria, poi più in là penseremo di reinserire lo specialty oltre al decaffeinato e magari anche le estrazioni alternative in abbinamento con dei dolci. Il problema è ancora trovare la figura giusta per riuscire a comunicare il valore dietro allo specialty, ma ci penseremo quando i tempi saranno maturi.

Per il momento purtroppo non possiamo incentrare il nostro business sullo specialty e per farlo diventare un plus bisogna ancora lavorarci: è sicuramente uno dei nostri obiettivi a lungo termine, anche se non è facile. Jordi poi produce anche le cialde, che noi usiamo nei catering con ottimi riscontri. Dobbiamo soltanto trovare il modo efficace di proporlo.”

Ma come ha fatto a conoscere gli specialty?

In realtà io bevevo specialty senza sapere che lo fosse. Avevo smesso di bere il caffè in giro nei bar e ho iniziato per mia ricerca personale ad acquistare online caffè di un certo livello.

Quindi quando Jordi, che si appoggia e lavora molto con Dalla Corte – il modello della macchina per la pasticceria è XT e nell’altro bar l’EVO2. Macchine bellissime che abbiamo imparato ad usare e n’è valsa davvero la pena – mi ha fatto assaggiare la sua proposta, ne sono rimasto completamente affascinato. Da quel momento abbiamo fatto formazione e siamo entrati in questo mondo.

Lo specialty infatti non è soltanto qualcosa di molto buono, ma anche di etico che porta avanti un discorso di filiera importante che ci ha molto coinvolto: hanno tirato fuori un prodotto eccezionale che si può bere in tanti momenti della giornata e a lungo, niente di estremo e oltre a questo, si insegna ai farmer indonesiani le buone pratiche agricole con l’obbiettivo per contrastare la deforestazione e mantenere quindi l’habitat degli Oranghi.

C’è un piano etico alle spalle che a noi come Cooperativa de La Fabbrica dei Segni non potevamo non abbracciare.”

Il turno del torrefattore Jordi, l’uomo dietro lo specialty della Cooperativa

Il torrefattore Jordi nel progetto alle origini (foto concessa)

“Rappresento la terza generazione di una torrefazione di Barcellona, aperta nel 1907 da mio nonno. Nel 1993 avevamo ormai tre caffetterie avviate e stavamo seguendo la second wave del caffè con dei 100% Arabica e mono-origini. Questa serie di locali esiste tutt’ora in Spagna e si chiama “Tostaderos Bon Mercat”.

All’epoca da noi non esisteva ancora lo specialty coffee e soltanto nel 2010 si è iniziato a parlarne. Nel 2016 abbiamo creato la marca 80 Plus con l’aiuto di una q grader della Lettonia e di un’altra professionista russa, seguendo un percorso di crescita sul campo e analizzando la materia prima per partire con questo nuovo progetto.

Con lo specialty sappiamo tutto in termini di tracciabilità, di varietà botanica: quando sono stato in Indonesia ad esempio, sempre nel 2015, è stato illuminante ed è stata l’occasione di partecipare al programma Orangutan.

Abbiamo aiutato i farmer a capire come selezionare il loro prodotto e di conseguenza alzare il prezzo per la qualità della materia prima.

Abbiamo creato le fabbriche per produrre eticamente. Con una parte dei soldi del progetto abbiamo fermato il fenomeno della deforestazione e ora siamo oltre 100 torrefattori in tutto il mondo, qualcuno anche in Italia, a portare avanti questa iniziativa. Stiamo parlando di un territorio in cui, anche solo 10 anni parlare di etica di lavoro era pioneristico e oggi abbiamo raggiunto dei grandi risultati.

Per quanto riguarda la collaborazione con Alessandro, naturalmente spero che il prezzo dell’espresso servito nella Cooperativa possa salire presto, perché sarebbe più corretto per valorizzare il prodotto.

E magari poi proporre un 100% Arabica.”

Dentro Babingtons, a Roma dal 1893, prima sala da tè in Italia: “Qualità ha retto anche alla dura prova del Covid”

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L'ingresso di Babingtons (foto concessa)
L'ingresso di Babingtons (foto concessa)

ROMA – Babingtons è un’istituzione romana per quanto riguarda il tè di qualità ed è rinomata in tutto lo Stivale. Dal 1893 nella scenografica Piazza di Spagna, ha segnato e osservato la storia sino ad oggi: un arco di tempo impressionante considerando cosa c’è stato di mezzo – tra gli ultimi grandi eventi, la pandemia – e per di più se si considera che ha affondato le sue radici nella patria dell’espresso.

Cosa rende Babingtons in grado di affrontare la prova del tempo e del cambio di abitudini?

A rispondere l’ultima generazione a capitanare questa storica impresa, Chiara Bedini.

“Innanzitutto siamo forti del legame con le nostre radici, cioè quelle dell’Inghilterra e del tea time. Oltre a questo ci ha distinti il non aver voluto correre dietro alle mode restando noi stessi, scegliendo la qualità dei prodotti. Se non servissimo dolci e piatti salati accompagnati da un tè di livello, non saremo ancora qui oggi.

La scelta degli ingredienti, la preparazione di ricette fresche direttamente da noi, ci hanno permesso di essere sempre attuali.

E questo nonostante la dura prova del Covid, che ci ha costretti a tagliare sul personale: ad oggi siamo tornati ad essere una ventina, ma quando abbiamo riaperto dopo il lockdown eravamo soltanto io, la cuoca, la pasticcera, la cameriera e mio cugino.

Certo sappiamo che il costo del personale è una voce da sostenere, ma diventa un problema e un torto in primis verso lo stesso lavoratore che deve versare molte tasse sopra lo stipendio che noi gli diamo.

Dall’altra parte è anche difficile per noi trovare persone oggi che abbiamo senso del dovere, orgoglio nel servizio. Già prima dell’arrivo della pandemia c’era questo atteggiamento, ma poi il Covid gli ha dato un’accelerata.

Molti ragazzi volevano lavorare in nero, senza contratto e le cose sono peggiorate: è molto preoccupante e triste perché se da un lato è vero che lavorare nella ristorazione è faticosissimo, dall’altra si parla di una professione molto stimolante e soddisfacente.”

Babingtons è un prodotto al femminile: essere imprenditrici è il fil rouge dalle origini con Isabel Cargil e Anna Maria Babingtons a oggi con lei e Rory Bruce. Cosa può raccontare di questo aspetto che vi ha accompagnato in tutti questi anni?

“In effetti loro sono state delle grandi pioniere. Due donne sole, arrivate a Roma alla fine del 1800, dove c’erano per lo più bevitori di espresso, con l’idea di aprire una sala da tè, che in Inghilterra erano piuttosto diffusi e in cui le donne potevano incontrarsi da sole, senza essere considerate delle “poco di buono” e confrontarsi con le altre, è stata un’impresa davvero coraggiosa.

La sala da tè era il solo business che le nostre fondatrici potevano esportare. È stato un po’ un caso: mia bisnonna Isabel era stata abbandonata all’altare ed aveva voglia di sfuggire dall’ambiente inglese. A Roma, insieme ad Anna Maria, durante uno dei gran tour turistici che all’epoca si facevano in Italia, si sono dette: qui non ci sono sale da tè, che era una bevanda addirittura acquistabile solo in farmacia.

Così sono rimaste nella capitale e hanno aperto la prima sala da tè in Italia. Su tutti i giornali dell’epoca si racconta non solo che era stata riempita questa lacuna, ma che era un locale dotato anche di un bagno dedicato alle signore: prima di Babingtons c’erano i vespasiani in giro per la città soltanto per gli uomini, ma non per le donne.”

A proposito di cambi di abitudini: chi frequenta Babingtons si è evoluto dalle bustine di tè al supermercato? Cosa chiedono e chi sono le persone che entrano da voi?

Uno dei tè di Babingtons (foto concessa)

“Siamo molto democratici. Ai nostri tavolini si sono seduti e continuano a sedersi reali e persone comuni, imprenditori, attori, registi, scrittori, poeti, artisti e turisti da tutto il mondo. Lavoriamo molto con clienti che venivano da piccoli prima con i nonni e che ora arrivano con i nipoti: di generazione in generazione si ritorna qui perché ormai è diventato il salotto di casa per tanti.

Poi c’è una parte incuriosita, non per forza composta da conoscitori di tè – anche se ce ne sono – e con loro è divertente perché riesco a chiacchierare sulle diverse preparazioni e teorie. Non sono in molti a cercare le bustine, anche se da quando sono state
inventate le bustine piramidali biodegradabili (senza colla e punti metallici) abbiamo inserito una piccola selezione di tè in bustine anche noi!

E poi tanti inglesi approdano qui perché disperatamente alla ricerca di una buona tazza di tè. Ancora oggi mi dicono che da quando sono a Roma non sono riusciti a trovare a “good cuppa”.

In Italia vedo che lentamente c’è più conoscenza attorno alla bevanda, ma siamo ancora molto indietro, soprattutto nei locali. Anche negli alberghi a 5 stelle che spesso lavorano con una clientela esigente e internazionale non sono assolutamente adeguati.

Mi sono chiesta il perché e credo sia una questione di conti e quando si vuole alzare il livello dei prodotti non si pensa ancora al tè, un po’ a causa dell’ignoranza attorno a questa bevanda che esiste ancora oggi nell’horeca italiano. Soltanto adesso si inizia a trovare altre realtà interessanti come La Via del tè, che funzionano perché hanno saputo posizionarsi bene come fascia di prezzo – sono meno cari di noi e offrono una qualità più elevata rispetto alle proposte commerciali più diffuse -.

Noi abbiamo scelto di lavorare solo con l’eccellenza, la paghiamo e la facciamo pagare di conseguenza: lavoriamo al 100% naturale, senza l’aggiunta di profumazioni artificiali. Stavamo cominciando a spingere la nostra filosofia prima del Covid. Attualmente collaboriamo con pochissimi clienti come Il Pellicano e la Posta Vecchia. Si tratta di piccole chicche, ma sono davvero poche.

In queste occasioni mi occupo io personalmente della formazione: di solito trovo un po’ di reticenza da parte del personale nel cambiare certe abitudini come il non usare l’acqua della macchina del caffè, ma quella dedicata al tè, o fare attenzione ai tempi e alle temperature di infusione. Tutto questo spaventa.

Per chi non è abituato alla preparazione della bevanda nel rispetto di certi standard, la prima reazione è quella di resistenza. Ci metto sempre tutto il mio impegno, anche se poi non so quanto venga recepito. Ma nei casi rari in cui siamo riusciti a coinvolgere il personale nella nostra filosofia, la collaborazione e lo scambio è continuo.”

Da chi vi rifornite e quali tè servite solitamente?

Il mio blender principale si trova in Inghilterra. Tutti i nostri blend vengono prodotti lì e con la Brexit tutto si è complicato: ho rinunciato a passare dalle dogane italiane e quindi importo il tè in Germania dove poi viene sdoganato per arrivare in Italia. Per i monorigine invece ho un contatto diretto in Cina.

Abbiamo fatto un grandissimo lavoro sui tè, sia per rendere le miscele tutte naturali e allo stesso tempo saporite – il rischio è che siano piatte– sia sulla selezione dei single origin. Comunque parliamo di una selezione in continua evoluzione: sino ai primi anni del 2000 avevamo pochissime miscele e oggi ne abbiamo almeno 70, ma l’offerta cresce continuamente perché ci piace creare sempre nuovi sapori.

Purtroppo in questo periodo le difficoltà per poter realizzare le miscele si sono moltiplicate – molti degli ingredienti arrivano dall’est Europa e ora è complicato reperirli con la guerra e con il blocco del Mar Rosso -.

Si deve considerare poi che nei paesi di produzione si succedono periodi di siccità e di grosse piogge. E anche questo ha un impatto sui nostri tè: ad esempio non abbiamo avuto la nostra proposta di Natale, perché quest’anno hanno bloccato il tè in dogana a settembre.”

Come fa a supplire alla mancanza di alcuni ingredienti dalla miscelazione del tè?

“A volte dobbiamo semplicemente avere pazienza e aspettare che gli ingredienti arrivino. Altre volte cerchiamo fornitori diversi per uno stesso. Fortunatamente le miscele best seller provengono da paesi in cui per il momento non ci sono problemi di rifornimento quindi il problema nasce con alcune miscele meno conosciute.”

La vostra identità è fortemente legata alla cerimonia del tè anglosassone – famosa è la vostra miscela dedicata alla Regina Elisabetta – ma è presente anche quella orientale?

“Serviamo i tè cinesi, giapponesi e oolong, che vengono dall’oriente: in questi casi però il rito ha un approccio più spirituale e filosofico che non celebriamo da noi, essendo la nostra un’anima anglosassone.

Quindi non serviamo il Gong Fu, anche se negli anni abbiamo organizzato degli eventi dedicati al Puerh con gli stessi produttori che spiegavano le giuste procedure da seguire. Da vent’anni mi occupo di corsi anche a tema e ci sono dei fedelissimi che mi seguono da tempo per cui devo sempre alzare l’asticella della proposta. “

Anche il caffè è nell’offerta di Babingtons: ci raccontate?

“Abbiamo una miscela tutta nostra, che abbiamo fatto fare dalla blender Melania Francis Lopez, con la torrefazione Buggella di Ferrara, composta da 100% Arabica provenienti da Guatemala, Colombia, Brasile, Ethiopia Yirgacheffe e India. La tostatura media dei chicchi pregiati lo rende un caffè davvero squisito, che serviamo come espresso e americano al tavolo – non abbiamo mai avuto il bancone – a 5.50 euro.

Avevamo anche degli splendidi caffè monorigine – Kenya, India e Etiopia – prima del Covid, ma per ora non ci sono più.”

Si riesce a proporre questa bevanda anche nella bella stagione con temperature più elevate?

“Ovviamente facciamo il tè freddo, con le nostre miscele in foglia e i clienti si accorgono subito della differenza rispetto al Estathè o ad altri tè freddi preparati con le polverine. Da noi funziona persino di inverno, gli americani ne bevono sempre in tutte le stagioni. Un’altra cosa importante è che la nostra clientela si sta lentamente abituando a pasteggiare con il tè. Non ci sono regole fisse sul nostro menù, ma a seconda di cosa si sceglie le ragazze consigliano l’abbinamento migliore.”

Qual è il tè che costa di più da voi ed è un problema per la clientela il prezzo in generale?

Un tè da Babingtons (foto concessa)

“Ci sono persone che dopo aver visto i prezzi sul menu si alzano e se ne vanno. Il prezzo sicuramente blocca un certo tipo di clientela ed è una prima scrematura. Altri vengono da noi perché non hanno problemi con i prezzi e anzi diventano clienti fissi perché amano ritagliarsi quel momento specifico per sé stessi e sanno che da noi trovano la qualità che altrove non c’è.

Siamo cari rispetto al classico bar che vende il tè a un euro e 50, ma rispetto ad altri posti a Roma che vendono una bustina Twinings a 12 euro, decisamente no. Un tè da noi servito in una teiera e acqua calda a parte per poter fare più infusioni, può costare al massimo 15,50 euro.

E restando sui costi: per voi, stare in Piazza di Spagna dev’essere una spesa incredibile

“Siamo in affitto, ma non è solo questa voce a pesare sul nostro bilancio. Al centro storico, con i camion che non possono scaricare se non a determinate ore, con il fatto che non abbiamo un magazzino, ci sono tanti altri costi non percepiti. Fortunatamente abbiamo un padrone di casa che è un nostro fedelissimo cliente e ci è venuto incontro nei momenti di difficoltà.”

Quali sono le prossime tendenze per questa bevanda e il vostro settore?

“Rimanere sicuramente in Piazza di Spagna. I tavoli fuori sono stati un regalo del Covid che spero restino anche in futuro. Il nostro sogno è la distribuzione del nostro tè a livello internazionale, magari anche aprendo dei Babingtons più light, nel mondo.

Dovrebbe essere nelle mani della quinta generazione. È un progetto costoso e stiamo ora cercando i fondi per realizzarlo. La difficoltà maggiore poi resta trovare la materia prima di qualità.”

Export brasiliano ancora in crescita, ma rallentano gli imbarchi di arabica

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export brasiliano Brasile Cecafé
Il logo di Cecafé

MILANO – Export brasiliano ancora in crescita il mese trascorso, ma con trend divergenti per le due varietà. Secondo i dati diffusi da Cecafé nella prima serata di ieri, martedì 10 settembre, le esportazioni hanno raggiunto un nuovo massimo storico, per il mese di agosto, di 3.732.707 sacchi: lo 0,7% in più rispetto ad agosto 2023. Da notare che, a fronte di un incremento a volume inferiore all’1%, si riscontra una crescita a valore del 31%, a 955,6 milioni di dollari, che riflette l’impennata subita dai prezzi.

Le esportazioni di caffè verde registrano un +1,4%, a 3.411.546 sacchi.

Ma i volumi di arabica sono in calo del 6,6%, a 2.486.871 sacchi, mentre continuano a volare (+31,4%) gli imbarchi di robusta, pari a 924.675 sacchi.

export brasilianoIn flessione le vendite di caffè trasformato (-6,3%), che si attestano a 321.161 sacchi, in massima parte di solubile.

Da record anche le esportazioni di caffè in tutte le forme dei primi 8 mesi dell’anno, che crescono del 39,2% arrivando a 31.892.160 sacchi.

export brasilianoL’export di caffè verde è maggiore di quasi 8,9 milioni di sacchi (+43,5%) a quello di un anno fa risultando pari a 29.259.468 sacchi, di cui 23.154.529 sacchi (+25,7%) di arabica e ben 6.104.939 sacchi (+212,2%) di robusta.

Le vendite di caffè trasformato registrano un incremento del 4%, a 2.632.692 sacchi.

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MUMAC Academy: aperte le iscrizioni per i nuovi corsi

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mumac academy
Il logo Mumac Academy

MILANO – MUMAC Academy, il centro di formazione dell’azienda Cimbali Group per i professionisti del caffè e non solo situato a Binasco, Milano, apre il calendario corsi dei prossimi due mesi, che include percorsi di formazione per appassionati, professionisti e non solo.

Corso sul caffè in presenza a Milano | 16 settembre 2024

Il corso è dedicato a tutti i coffee lovers ed appassionati di caffè che desiderano conoscere di più su questa bevanda dalle mille sfaccettature. Il modulo, progettato e tenuto da Trainer & Coffee Specialist MUMAC Academy prevede sia una parte di introduzione teorica che pratica, oltre che un approfondimento sull’analisi sensoriale. Il corso si terrà nel Training Centre di MUMAC Academy.

Corso “Un tè come si deve” – online | 28 settembre 2024

Primo modulo del percorso formativo, già avviato lo scorso anno, alla scoperta del tè in foglia assieme a Elisa Moratello, Tea Taster e Founder di Teatips. In questo corso, dopo un breve cenno teorico, l’esperta guiderà ciascun partecipante, grazie all’invio di un kit personalizzato direttamente a casa, nella corretta preparazione della propria tazza di tè oltre ad un’analisi di degustazione che consentirà di riconoscere gli aromi del tè prima e dopo l’infusione. L’appuntamento è online, dalle 10:30 alle 13.

Corso “Come riconoscere un buon tè” – online | 12 ottobre 2024

Secondo modulo del percorso formativo alla scoperta del tè in foglia interamente incentrato sulla degustazione del tè e la sua valutazione, con l’obiettivo di imparare a conoscere le caratteristiche di un buon tè e di un tè di scarsa qualità, utile sia nella vita di tutti i giorni come appassionati di tè ma anche per chi tratta questa bevanda in ambito professionale. Anche questo modulo prevede l’invio di un kit degustazione per ogni iscritto e l’appuntamento è online dalle 10:30 alle 13.

Brewing Foundation SCA in presenza a Milano | 15 ottobre 2024

Modulo formativo sui metodi di estrazione alternativi all’espresso, come V60, Chemex, French Press, Siphon, Aeropress. Il corso, tenuto da Davide Spinelli, Ambassador di MUMAC Academy, AST e Q-Grader, è dedicato a professionisti e appassionati ed è pensato per fornire le abilità di base e la conoscenza degli strumenti necessari per preparare un ottimo caffè integrando il proprio menù caffetteria con delle proposte di respiro internazionale.

Attraverso il superamento di un esame, si ottiene la certificazione riconosciuta a livello internazionale rilasciata della Speciality Coffee Association: una marcia in più che non può mancare sul curriculum di ogni barista.

Sensory Foundation SCA in presenza a Milano | 16 ottobre 2024

Il percorso è dedicato all’analisi sensoriale, strumento di misura fondamentale per la valutazione della qualità del caffè. Il caffè è una soluzione complessa composta da diversi gusti, aromi e sensazioni di corposità. Con la guida di Davide Spinelli, il corso indirizza nell’utilizzo dei sensi per percepire, distinguere e descrivere questi fattori nel caffè, con sessioni teoriche e pratiche. Il corso, attraverso il superamento di un esame, permette di ottenere la certificazione riconosciuta a livello internazionale rilasciata della Speciality Coffee Association.

Corso di Gestione Bar – online | 17 ottobre 2024

Il modulo formativo è un affondo sulle principali tematiche relative alla gestione di un’attività commerciale nell’ambito della caffetteria, scritto da Davide Roveto, Trainer e Ambassador di MUMAC Academy, proprietario di una microtorrefazione e due locali nel centro di Bari.

La formazione è consigliata a chi vuole aprire un locale o migliorarne la conduzione, approfondendo argomenti legati all’evoluzione del menù caffetteria con nuovi ingredienti, la scelta delle tecnologie e delle attrezzature, oltre a temi di natura economica. L’appuntamento è online, dalle 18:00 alle 21:00.

Corso di latte art con Carmen Clemente & Manuela Fensore in presenza a Milano | 18 ottobre 2024

Corso con le campionesse mondiali Carmen Clemente & Manuela Fensore che consentirà a tutti i partecipanti presenti, di apprendere le tecniche di decorazioni e i segreti fondamentali per realizzare delle vere opere d’arte. Il corso, della durata di un giorno, è accessibile sia a chi è alle prime armi sia a chi possiede già delle basi.

Sca Italia: i giudici al Campus Simonelli Group per una giornata di formazione

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sca italy giudici
La calibrazione giudici Sca Italy (immagine concessa)

MILANO – Negli spazi messi a disposizione da Simonelli Group – che includono un’area completamente dedicata al roasting, una per il cupping, oltre a sale tecniche e didattiche- gli oltre 20 giudici arrivati da tutta Italia il 5 settembre hanno potuto condividere esperienze e commenti sulle più recenti tecniche di calibrazione.

“Nello spirito di una formazione in continuo aggiornamento, che mira a mantenere standard elevati e costanti nel tempo, questa giornata ha rappresentato un’opportunità preziosa per i giudici italiani in preparazione delle prossime fasi regionali dei campionati Sca”, commenta Fabio Sipione, coordinatore dei giudici Sca Italy.

E’ anche grazie a momenti formativi come questo che il team di Sca Italy vanta giudici in grado di valutare i concorrenti nelle fasi finali delle nazionali con un livello di accuratezza senza precedenti, contribuendo in questo modo alla loro preparazione in vista dei campionati mondiali.

“Il livello delle competizioni internazionali è cresciuto esponenzialmente nel corso degli ultimi anni. I competitor italiani hanno dimostrato di poter competere in tutte le discipline ad altissimi livelli già a partire dalle selezioni nazionali. Questi risultati passano anche da un team di giudici altamente formato e insieme danno lustro e credibilità alla nostra community a livello internazionale” – commenta Alberto Polojac, nuovo coordinaore di Sca Italy.

Nel corso della giornata presso il Campus Simonelli Group i giudici si sono concentrati sulle nuovissime regole di calibrazione per la categoria Latte Art e sulla calibrazione CGIS (Coffee in Good Spirits).

“Siamo molto felici di aver ospitato per la prima volta il workshop organizzato da SCA Italia. In quanto partner di SCA da oltre un ventennio (prima di SCAA e SCAE, poi SCA) crediamo fermamente in occasioni di formazione e scambio come quella che si è tenuta presso il nostro Campus, a sottolineare l’impegno di Simonelli Group verso la condivisione di conoscenza e l’attenzione all’aggiornamento continuo”, chiosa Marco Feliziani, ceo Simonelli Group.

La scheda sintetica di Simonelli Group

Simonelli Group è un’azienda leader fondata nel 1936 operante nel settore della produzione di macchine per caffè espresso e macinacaffè professionali e per la casa attraverso due marchi: Nuova Simonelli e Victoria Arduino.

L’azienda ha un business globale, vantando collaborazioni con le più importanti catene e torrefazioni mondiali, con il supporto di una fitta rete di filiali, distributori e centri di assistenza in più di 110 paesi.

La scheda sintetica di Sca Italy

Sca Italy, delegazione italiana dell’Associazione Sca (Speciality Coffee Association), rappresenta in Italia migliaia di professionisti del caffè, dai baristi e torrefattori, e attraverso il suo patrimonio di autorevolezza e conoscenza condivisa agisce come forza unificante nel settore Specialty Coffee.

Repubblica Democratica del Congo, il caffè minacciato dai conflitti: in 40 anni, possibile calo produttivo del 75%

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Le donne della Repubblica Democratica del Congo, foto da PIXNIO, autore L. Werchick, USAID
Le donne della Repubblica Democratica del Congo, foto da PIXNIO, autore L. Werchick, USAID

MILANO – Già in precedenza si è parlato della situazione in cui vivono i coltivatori di caffè nella Repubblica Democratica del Congo, con uno sguardo particolare rivolto al ruolo ricoperto spesso e volentieri dalle donne in questa filiera. Adesso è il momento di riprendere l’argomento, considerando il contesto influenzato da conflitti, violenze, dinamiche politico-economiche che hanno creato diverse tensioni tra diverse etnie e religioni.

Condizioni che naturalmente hanno un grosso impatto sulla produzione caffeicola: il rischio è la perdita di quasi il 75% della coltivazione nell’arco di 40 anni. Dati che sono stati pubblicati su aljazeera.com

Repubblica Democratica del Congo: sulla carta, un luogo fertile per il chicco

In quanto il suo terreno è particolarmente produttivo e l’aerea più a est è stata a lungo una zona coltivata e piuttosto redditizia. Questo fino allo scoppio della guerra, che ha influenzato negativamente l’andamento delle regioni agricole.

Un altro effetto collaterale: attualmente è complicato poter contare i volumi esatti di caffè coltivato e molti farmers – soprattutto le donne che compongono l’80% della forza lavoro nelle piantagioni – si trovano ad affrontare sfide sempre più impossibili da sostenere.

Una possibile soluzione è appoggiarsi alle Associazioni locali, come l’Association Solidarite des Cooperations pour le Developpement et la Vulgarisation Agricole (SOCODEVA), nata nel 2014 proprio per supportare i piccoli proprietari e le donne coltivatrici a gestire al meglio le farms superando ogni ostacolo possibile (attualmente ha raggiunto e coinvolto 3000 contadini in una rete di mutuo soccorso in caso qualcuno dovesse attraversare momenti di particolare crisi).

Questo organismo aiuta anche ad inserirsi meglio nel mercato, che spesso risulta difficile da raggiungere per i farmers di piccole dimensioni e a trovare così una sorta di indipendenza economica. Fornisce anche materiali e attrezzature, con un sistema che premia coloro che riescono a portare un maggior volume di materia prima.

Tutto questo in cambio di una quota di 2000 franchi congolesi (0,65 euro) che appunto sono usati per fare cassa per coprire le esigenze critiche degli stessi membri.

Questa però può essere soltanto una soluzione temporanea ad un problema che sembra essere destinato a tormentare a lungo la Repubblica Democratica del Congo, determinando non solo un aumento dei prezzi, ma anche l’inasprimento del fenomeno del contrabbando di caffè al di fuori della nazione, che a sua volta porta allo sfruttamento produttori locali, soprattutto delle donne.

Tutti questi fattori spingono oggi molti farmers ad abbandonare i campi oppure a spostarsi verso altre colture, come il cacao.

L’iniziativa del Sant’Albino Cafè di Monza: “Portateci i vostri giochi in scatola e vi offriremo un caffè”

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monopoly monza
Monopoly (immagine: Pixabay)

A chiunque porterà giochi in scatola verrà offerto un caffè: questo è il singolare appello del Sant’Albino Cafè della città di Monza che ha lanciato su Facebook. L’obiettivo del bar è ricreare la magia della convivialità andata persa con gli anni anche a causa dell’uso eccessivo del cellulare. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Barbara Apicella per Monza Today.

Un tuffo nel passato

MONZA – A Monza c’è un bar speciale: un bar che ai suoi clienti fa fare un tuffo nel passato. Un bar dove prendere un caffè o fare la colazione prima di andare al lavoro, ma anche vivere la gioia di stare insieme ad amici e parenti qualche ora senza smartphone. Succede al Sant’Albino Cafè dove i gestori hanno lanciato un appello su Facebook: “Portateci i vostri giochi in scatola e vi offriremo un caffè”.

Un’occasione per rispolverare quei giochi in scatola, magari tanti datati anni Ottanta e Novanta, che hanno accompagnato le serate e i giorni di festa di intere generazioni. Quando, durante i compleanni o semplici sabati sera, dopo la pizza con gli amici o con i familiari si apriva la scatola e ci si sfidava a suon di dadi e di quiz. Quell’atmosfera che Irene Nisi – che insieme a Manuel, Roberto e Giusy gestisce il locale di via Mameli – ha deciso di ricreare al Sant’Albino Cafè.

“Non siamo nuovi a iniziative che vanno al di là della semplice ristorazione – ha spiegato Irene a MonzaToday -. Il nostro lo consideriamo un locale formato famiglia, dove le persone si ritrovano anche per socializzare, stare insieme, fare festa. È triste vedere persone sedute al tavolo a gustarsi un aperitivo con in mano il cellulare. Da qui l’idea di organizzare tornei o comunque momenti di ricreativi coi vecchi giochi in scatola”.

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Microplastica nell’acqua: ecco come rimuoverla con il filtro da caffè

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caffè filtro Photo by Najib Kalil on Unsplash kemex
caffè filtro Kemex Photo by Najib Kalil on Unsplash

Un team di ricerca cinese ha trovato un modo per ridurre significativamente il numero di microplastica nell’acqua potabile. Per fare ciò basterebbe bollire l’acqua e filtrarla dopo che si è raffreddata anche grazie all’aiuto del filtro da caffè. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Hanna Hoffman per ASB Zeitung.

Il filtro del caffè per rimuovere la microplastica nell’acqua

MILANO – Le persone che bevono solo acqua bollita e filtrata possono ridurre il rischio di assumere nano- e microplastiche, o NMP. Lo ha scoperto un team di ricerca dell’Università di Jinan a Guangzhou. In modo particolare, hanno ottenuto risultati impressionanti con l’acqua dura, che contiene alti livelli di calcio e magnesio.

Per il loro studio, i ricercatori hanno creato diversi tipi di acqua del rubinetto, aggiungendo diverse proporzioni di minerali, chimici e microplastiche, come si trovano in diverse regioni. Poi hanno bollito l’acqua per diversi minuti e rianalizzato i componenti di ogni campione d’acqua.

I risultati hanno mostrato che il contenuto di NMP nell’acqua dura (300 milligrammi di carbonato di calcio per litro) è stato ridotto fino al 90% dopo cinque minuti di bollitura. Nell’acqua morbida (60 milligrammi di carbonato di calcio per litro), fino al 25% di NMP potrebbe ancora essere rimosso attraverso la bollitura.

I ricercatori hanno scoperto che il carbonato di calcio formato durante la bollitura racchiude una grande parte delle nano- e micro-particelle. Consigliano di rimuovere le particelle galleggianti utilizzando un semplice filtro dopo che l’acqua si è raffreddata. Un filtro per caffè normale è sufficiente, poiché le NMP libere sono legate al carbonato di calcio e quindi di dimensioni maggiori.

Tuttavia, il team di ricerca riconosce che rimane incerto se questo metodo possa ridurre efficacemente i livelli di NMP nell’acqua potabile. Tuttavia, i loro risultati suggeriscono che ulteriori ricerche in questa direzione sono giustificate. Coloro che già bolliscono la loro acqua possono non solo ridurre i livelli di NMP, ma anche minimizzare il rischio di contaminazione batterica, virale o parassitaria.

Ulteriori indagini possono essere condotte per esaminare se la bollitura dell’acqua e l’uso di un filtro per caffè possono ridurre significativamente i livelli di NMP in diversi tipi di acqua potabile.

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Caffè Milani lancia il corso Barista sostenibile per la gestione nel rispetto dell’ambiente a Lipomo, 07/10

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barista milani
Il corso Barista sostenibile (immagine concessa)

LIPOMO (Como) – In qualsiasi attività imprenditoriale che voglia agire in modo virtuoso è imprescindibile la consapevolezza della sostenibilità. E vale lo stesso principio nella professione del barman, che deve avere la capacità di mantenere uno sguardo aperto all’orizzonte e al futuro del pianeta, nel senso più ampio.

Per questo, Caffè Milani ha deciso di dare il via al primo corso di formazione dedicato proprio alla sostenibilità, Barista sostenibile, che parte nella sua prima edizione lunedì 7 ottobre a Lipomo, sede dell’azienda.

Il corso Barista sostenibile di Caffè Milani

Un corso unico e il primo nel suo genere, incentrato sulla sostenibilità per rendere il proprio locale un luogo green e innovativo. Il corso, della durata di una giornata, propone un vademecum di buone pratiche di sostenibilità al bar, idee e proposte gastronomiche sostenibili e tecniche di comunicazione della sostenibilità.

Docenti del corso “Barista sostenibile: Zero sprechi dietro al bancone” sono professionisti del settore: Annalisa Renzi, formatrice ambientale e sensoriale; Claudio Di Dio, orto chef esperto di cucina vegana; Roberta Liberale e Massimo Giordani, esperti di comunicazione e marketing.

Gli argomenti trattati durante il corso mirano a dare consigli concreti e spunti pratici da applicare nel proprio locale: dall’analisi dell’impatto ambientale all’attività pratica da svolgere dietro al bancone, dalla realizzazione di un menù green alle modalità di comunicazione dei propri valori sui social media.

Al termine delle giornate i corsisti avranno sviluppato le competenze per iniziare a fare proprio il concetto di sostenibilità– e sviluppare una coscienza ecologica che permetta di applicare i concetti cardine e le best practice in tutti gli aspetti della vita quotidiana e lavorativa; implementare soluzioni responsabili nella propria attività; analizzare la filiera del caffè; strutturare un menu stagionale sostenibile, dalla colazione, al light lunch, agli aperitivi riutilizzando e dando nuova vita anche a ingredienti di uso quotidiano; apprendere concetti e strategie di comunicazione che consentano di promuovere e diffondere le attività e i valori sul web in modo diretto e chiaro.

Ad ispirare gli scopi del corso Barista sostenibile sono stati gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU.

L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è stata sottoscritta il 25 settembre 2015 da 193 Paesi delle Nazioni unite, tra cui l’Italia, per condividere l’impegno a garantire un futuro migliore al nostro Pianeta e alle persone che lo abitano, secondo alcuni precisi punti di azione.

Quelli che vengono trasmessi durante il corso di Caffè Milani sono l’istruzione di qualità, il lavoro dignitoso e la crescita economica, il consumo e la produzione responsabile.

Secondo le ricerche, inoltre, questi temi sono sempre più determinanti nelle scelte dei consumatori tanto che per il 62% dei consumatori la sostenibilità è un elemento fondamentale per le scelte d’acquisto (ricerca Nomisma e Largo Consumo, maggio 2024).

I docenti raccontano dal loro punto di vista la sostenibilità e cosa significa nel loro settore:

Annalisa Renzi, formatrice ambientale e sensoriale: “Sono laureata in Scienze Ambientali e da anni mi occupo di formazione legata a concetti quali la sostenibilità, l’impatto ambientale, la consapevolezza ambientale soprattutto legata al mondo dell’enogastronomia”:

Renzi: “Oltre all’approccio teorico, utilizzo attività pratiche e sensoriali per far comprendere a chi segue i miei corsi come l’utilizzo consapevole delle materie prime e delle fonti energetiche, come la conoscenza delle differenze dei prodotti da un punto di vista organolettico possano dipendere dalle diverse modalità di produzioni green, il tutto per permettere ai professionisti nel campo gastronomico (compreso ovviamente il mondo del bar) di aumentare la qualità della propria offerta a 360° gradi, riducendone anche alcuni costi e aumentandone sicuramente le caratteristiche positive e al contempo innovative.”

Roberta Liberale, esperta di comunicazione e marketing: “Prima di comunicare la sostenibilità, è cruciale essere sostenibili. Le parole devono poter riflettere azioni concrete e impegni reali. Il mio consiglio e mantra è: siate coerenti e chiari nelle vostre iniziative per comunicare in modo efficace, capace di attrarre ed ispirare. Essere “autenticamente” sostenibili significa sapersi differenziare, migliorare la propria reputazione ed essere un esempio di cambiamento per costruire un futuro migliore per tutti.”

Massimo Giordani, esperto di comunicazione e marketing: “Comunicare la sostenibilità, oggi, significa adottare un approccio trasparente e olistico che abbraccia l’intera filiera produttiva. È fondamentale evidenziare gli sforzi aziendali per ridurre l’impatto ambientale, dalle tecniche colturali all’uso di packaging eco-friendly, fino all’ottimizzazione dei processi produttivi”.

Giordani: “Le certificazioni di sostenibilità giocano un ruolo chiave, conferendo credibilità alle affermazioni dell’azienda. Altrettanto importante è l’educazione del cliente, sensibilizzandolo sull’importanza delle scelte sostenibili relative al prodotto che sta comprando. Infine, la trasparenza nella comunicazione è essenziale: essere onesti sulle sfide affrontate e sui progressi compiuti nel percorso verso la sostenibilità costruisce fiducia e autenticità, elementi fondamentali per un dialogo efficace con il cliente contemporaneo, sempre più consapevole ed esigente.”

Claudio Di Dio, orto chef esperto di cucina vegana: “Il termine ortochef nasce dal neologismo Ortocentrico che ho creato nel 2018, con la volontà di differenziare la mia cucina da quella vegana, più generalista. Le materie prime sono importanti per costruire le fondamenta nella preparazione di piatti e ricette. Inoltre, la qualità è determinata anche da come la materia viene prodotta e coltivata. Questo ha un impatto immediato sulla sostenibilità ambientale ed economica, perché una buona materia prima permette di sprecare meno: produrre materie prime di scarsa qualità vuol dire utilizzare “alchimie” non di qualità che hanno un impatto diretto sull’ambiente. Il mio consiglio finale? Fare poche cose ma bene, puntando alla qualità.”

I corsi di formazione

Barista Sostenibile è uno dei corsi dedicati alla formazione di Caffè Milani e della sua accademia, Altascuola Coffee Training, nelle 4 sedi di Lipomo (CO), Milano, Sassari e Cagliari.

Uno degli elementi cardine nella filosofia aziendale di Caffè Milani è la formazione e la promozione della qualità in tutte le sue forme. D’altra parte non esiste un buon caffè senza che ci sia, dietro alla tazzina, qualcuno che sappia valorizzare al meglio i chicchi. Talmente importante che dal 2018 Altascuola Coffee Training è una vera e propria accademia IIAC (Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè), anche se la sua fondazione risale agli anni ‘90.

Formarsi, aggiornarsi, imparare nuove tecniche o nuove metodologie, per offrire un prodotto eccellente per assicurare al consumatore / cliente un’esperienza raffinata, dal gusto perfetto.