TORINO – Marco Lavazza, vicepresidente del Gruppo, parla in un’intervista condotta da GRPtelevision del legame storico che accomuna Torino con l’azienda, soffermandosi sull’impegno sociale e sul futuro della città. Leggiamo di seguito parte dell’intervista che è possibile trovare completa qui di seguito sulla piattaforma social YouTube.
Marco Lavazza e il legame del brand con Torino
Lavazza: “Dal 1895 ad oggi Torino è cambiata molto. È rimasto lo spirito imprenditoriale e di fare le cose al meglio. È rimasto anche lo spirito del cittadino sabaudo che va avanti nonostante tutte le crisi. La nostra azienda è presente e ben radicata nel territorio. Stiamo per festeggiare 130 anni di storia: ciò significa che siamo attaccati alla nostra città”.
Lavazza aggiunge: “Siamo stati in grado di qualificare un pezzo di Torino con la nostra sede mantenendo il cuore qui ma guardando verso il futuro esportando in tutti i Paesi del mondo ed essendo presenti ormai dappertutto”.
“Abbiamo creato una sede inclusiva investendo in un pezzo di periferia cercando di essere utili e vicini alle esigenze del nostro territorio così come siamo sempre stati vicini alle esigenze dei Paesi produttori con i quali noi ci approvvigioniamo ogni singolo giorno. Torino può andare molto lontano in futuro. Abbiamo le fondamenta e un tessuto sociale che funziona”.
Il Training Center Lavazza ha proposto per Terra Madre Salone del Gusto 2024 un ciclo di appuntamenti e laboratori volti ad esplorare ogni più piccola sfaccettatura del mondo del caffè. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Ticketlandia nella sezione dedicata al Museo Lavazza.
Gli appuntamenti del Training Center Lavazza
TORINO – In occasione di Terra Madre Salone del Gusto 2024, il Training Center Lavazza propone un ciclo di laboratori per stimolare il gusto e la conoscenza del caffè a 360°. Questi laboratori si svolgono all’interno di Museo Lavazza, uno spazio immersivo e coinvolgente che si potrà visitare in autonomia dopo il workshop per i laboratori del mattino, oppure prima del workshop nel caso di attività dopo le ore 18.
I biglietti sono disponibili online fino ad esaurimento dei posti e fino a pochi minuti prima dell’inizio dell’evento.
Terra Madre Salone del Gusto ti aspetta a Parco Dora, Torino, da giovedì 26 a lunedì 30 settembre, con il Mercato di oltre 600 produttori italiani e internazionali, un ricco programma di eventi e spazi espositivi che mettono in luce come il cibo possa essere una preziosa occasione di rigenerazione.
Il biglietto di ingresso comprende non solo il laboratorio ma anche la possibilità di visitare il Museo. Per i laboratori delle 9 la visita sarà possibile dalle 10 alle 11, per i laboratori delle 18 sarà invece possibile visitare il Museo dalle 17 alle 18 e prima dell’inizio delle attività.
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MILANO – Coca-Cola HBC Italia, il principale imbottigliatore di prodotti a marchio The Coca-Cola Company nel Bel Paese, ha annunciato la nomina di Nicola Donato come direttore dello stabilimento di Fonti del Vulture a Potenza e di Giuseppe Giovane come direttore dello stabilimento di Oricola nella provincia dell’Aquila.
I nuovi direttori di Coca-Cola HBC Italia
Nicola Donato avrà la responsabilità di migliorare le performance produttive e sostenibile per l’imbottigliamento della acque Lilia e Sveva che, come riporta Il Sole 24 Ore Radiocor e la Borsa Italiana, ha visto già 2 milioni di euro di investimenti.
Giuseppe Giovane, invece, ha l’obiettivo di supervisionare i progetti di espansione dello stabilimento di Oricola.
L’azienda ha investito già oltre 45 milioni di euro per due nuove linee volte alla produzione di lattine nello stabilimento in questione.
Olio e specialty coffee in un evento da Otaleg (foto concessa)
MILANO – Continua il viaggio esplorativo dello specialty oltre i suoi confini naturali, sotto la guida dell’esperto e fonte continua di commistioni tra food & beverage, Gianni Olimpo: dal laboratorio creativo di Otaleg, dopo gli esperimenti su un menù di pesce, ora si riprova con un ingrediente che in tempi recenti è tanto piaciuto anche ai più grandi (vedi l’Oleato, ultima intuizione di Howard Schultz per la sua creatura Starbucks): ebbene sì, olio e specialty coffee. Come andrà a finire?
Per saperlo, a parte anticipare qualcosa in queste pagine, l’appuntamento da segnare (e da gustare) in agenda è il 28 settembre, al costo di 25 euro a persona. per un massimo di una ventina di persone, nella sala con tre tavoli ampi da Otaleg nel quartiere romano di Monteverde.
Olio e specialty? Si può fare
In un’offerta che fa gioire il palato alla sola lettura di una carta variegata che stupisce: focaccia di farro liscia, con olio aurum dai profumi di foglia di pomodoro, mandorla dolce, erbe aromatiche (certificato biologico, nell’uliveto Podere Tiberi a Cellere, ad un’altitudine di 350 metri vicino al mare e al lago di Bolsena, raccolto meccanicamente e lavorato a ciclo continuo in due fasi, estratto a freddo entro le 8 ore dalla raccolta e filtrato) abbinato ad un cappuccino (per buona pace degli italiani e la felicità di molti stranieri), una di farro con olio evo aurum aromatizzato con specialty Lunito (un Sydra colombiano naturale, raccolto a 1850 metri di altitudine, tostato da The His Majesty Coffee) da accompagnare con un bel bicchiere di Espresso Tonic e chiusura in bellezza con un’altra focaccia di farro con olio caninese profumato al carciofo, mandorla, note balsamiche di rosmarino e menta (certificato biologico, coltivato nell’uliveto Poderi Tiberi a Cellere a 350 metri di altitudine a pochi chilometri dal mare e dal lago di Bolsena, estratto a freddo entro le 8 ore dalla raccolta e filtrato) aromatizzato con un Kenya Gakundu AA dalle note di bergamotto, anice stellato e tè earl grey (lavato e coltivato a 1800 metri di altitudine sempre tostato da Paolo Scimone) insieme ad un filter coffee.
Il menù per l’evento che unisce olio e specialty (foto concessa)
Una nota a margine – che però è fondamentale – entrambi gli oli usati sono rimasti in infusione per due mesi, frutto del lavoro dell’azienda capitanata da Maria Clara Tiberi – tre foglie affidate dalla Guida del Gambero rosso -, olivicoltrice operativa nella Tucsia, vicino a Canino: 1500 piante distribuite su 5 ettari e poi lavorate nel frantoio della cooperativa Colli Etruschi di Blera, per una produzione totale di mille litri.
Perché olio e specialty: Starbucks vi ha ispirato?
“Non mi sono ispirato a Starbucks: è successo molto più naturalmente e per amicizia. Maria Clara Tiberi già collabora con Otaleg con il suo olio da inserire nel gelato e ci siamo chiesti: perché non pensare ad abbinarli? Ho chiesto di portarmi qualche suo prodotto per sperimentare: l’olio usato per realizzare Oleato viene trattato molto diversamente dalla nostra infusione di olio e specialty per un tempo così prolungato.
Già durante l’evento con specialty e pesce, avevo sperimentato con l’olio aromatizzato e quindi ci siamo lasciati trascinare da questo primo successo. Olio e specialty così si uniscono a livello aromatico in particolare la parte acidula del caffè si sposa con la piccantezza dell’olio, si bilanciano bene la parte fruttata dell’aurum con la dolcezza del caffè colombiano “Lunito” . Mentre nell’altro caso, la sua amarezza e piccantezza è stata bilanciata dai sentori fruttati dello specialty kenyano.
Per le bevande che accompagnano, ho scelto diverse referenze: il cappuccino con il Modoetia, in Espresso tonic un Ruanda di The His Majesty Coffee che spinge tanto con una sua parte floreale e agrumata, con note di pomodori. Infine, per il filtro invece inserirò anche il Lunito e il Kenya.”
Quindi l’esperimento di organizzare questi eventi che uniscono ristorazione e caffetteria, sta funzionando?
“Funziona ed è il futuro: dobbiamo proprio spingerci e allargarci verso il mondo della ristorazione, ampliando la rete e confrontandoci con locali diversi. Apriamoci alle collaborazioni e contaminazioni, coinvolgendo il maggior numero possibile degli esercizi horeca: sono diversi, naturalmente tra i titolari che lavorano ad un certo livello, che mi chiedono consiglio su come inserire e modulare lo specialty nel proprio locale anche solo negli eventi se non addirittura in carta. Non sono tantissimi, ma neppure pochissimi.”
Per info e prenotazioni contattare 346552621 e 3386515450, sarà possibile iscriversi fino al raggiungimento del numero massimo consentito dei commensali.
Il Duomo di Milano (Foto di Dimitri Vetsicas da Pixabay)
A Milano, in zona Bocconi, apre la nuova caffetteria Specialty che richiama sin dal nome il concetto di specialty coffee con un occhio di riguardo per il gelato. I fondatori, Alessandro Monego, Umberto Burdese, Linda Monego, Vittoria Zampieri e Gian Pietro Beltrando, hanno deciso di unire le loro esperienze e passioni per creare un format innovativo. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale TgCom24.
Specialty: a Milano la nuova caffetteria in zona Bocconi
MILANO – Milano accoglie un nuovo punto di riferimento per chi cerca qualità e innovazione, grazie all’apertura di una gelateria e specialty coffee shop in zona Bocconi, inaugurata il 9 settembre 2024. Il nome del locale, Specialty, richiama sicuramente il concetto di “specialty coffee”, ma va oltre: ogni prodotto offerto è il risultato di una ricerca accurata, volta a garantire il miglior livello di qualità in ogni comparto, dal caffè al gelato, fino alla pasticceria.
I fondatori, Alessandro Monego, Umberto Burdese, Linda Monego, Vittoria Zampieri e Gian Pietro Beltrando, hanno deciso di unire le loro esperienze e passioni per creare un format che offra una proposta equilibrata e curata in ogni dettaglio.
Non è un locale che si concentra su un singolo prodotto, ma punta a offrire il meglio in ogni ambito: caffè specialty realizzati con chicchi selezionati e tecniche innovative, gelato artigianale preparato con ingredienti freschi e genuini, e una selezione di pasticceria che accompagna ogni momento della giornata.
Il locale si distingue per la cura riposta in ogni dettaglio del menù. Ogni caffè è realizzato con chicchi di qualità superiore e diverse tecniche di estrazione, dall’espresso al filtro, per accontentare i palati più esigenti. Il gelato artigianale, proposto in diverse varianti stagionali, è frutto di una ricerca attenta sui migliori ingredienti, con un’attenzione particolare alla lavorazione che ne esalta i sapori naturali.
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La Mole Antonelliana, simbolo di Torino (immagine: Pixabay)
Il celebre locale Shamrock Inn chiuderà definitivamente i battenti sabato 2 novembre 2024: lo spazio è stato venduto dai proprietari. Dopo quasi tre decenni di attività, il celebre locale simbolo della città di Torino terminerà la sua attività. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Mattia Aimola per Il Corriere della Sera.
La chiusura del pub Shamrock Inn a Torino
TORINO – Proprio qualche settimana fa Corriere Torino aveva passato una nottata all’interno dello Shamrock Inn, l’angolo di Irlanda più famoso e storico della città. Uno dei pochi posti in cui è possibile mangiare un hamburger fino alle 3 del mattino per tutti i mesi dell’anno (il ristorante non chiude mai). La saracinesca, invece, scende definitivamente solo intorno alle 4, e allora si è davvero costretti ad andare a casa.
Ebbene, adesso a la notizia è che il locale chiuderà definitivamente i battenti sabato 2 novembre 2024, lo spazio è stato venduto dai proprietari. Dopo quasi tre decenni di attività, il celebre locale dovrà cessare la sua attività per lasciare spazio alla costruzione di moderni appartamenti smart, in linea con le nuove tendenze di gentrificazione che stanno trasformando i centri urbani in tutta Europa.
“È con grande rammarico che annunciamo la chiusura dello Shamrock. Abbiamo tentato in ogni modo di evitare questo epilogo, rivolgendoci a diversi consulenti e avvocati, ma ora ci troviamo con le spalle al muro”, afferma al Corriere della Sera Alessandro Carbonara, uno dei proprietari, che insieme a un gruppo di amici ha rilevato il locale nel dicembre 2019, poco prima della pandemia.
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ENNA – Dopo più di cento anni di attività il Caffè Roma di Enna nel centro della Sicilia cambierà gestione e verrà effettuata una manutenzione del locale. Il bar storico siciliano risulta essere il più antico della città ed è stato fondato da Giovanni Rosso nel lontano 1861.
Il cambio di gestione di Caffè Roma
Voci di corridoio affermavano che il bar avrebbe chiuso definitivamente ma gli stessi proprietari hanno smentito la notizia.
“Ci sarà un cambio di gestione e verrà fatta della manutenzione, il che richiederà un tempo sicuramente maggiore rispetto a delle normalissime ferie”, lo ha confermato al portale Vivi Enna la figlia di Di Salvo, storico proprietario del Caffè Roma in merito alla notizia della chiusura del locale che tre anni fa ha festeggiato i 100 anni di attività.
Molti locali storici di Enna hanno tuttavia chiuso definitivamente: dal Caffè Marro, inaugurato nel 1933, fino all’Eden Bar. Il Caffè Roma però resiste ancora.
Omar Zidarich, presidente del Gruppo Italiano Torrefattori caffè
ROMA – I prezzi del caffè e della tazzina sono tra i temi più caldi del momento. Si tratta di argomenti che interessano tutti gli attori della filiera: dai torrefattori, ai coltivatori dei Paesi d’origine, fino a passare ai consumatori che, almeno per il momento, non hanno ancora rinunciato al rito dell’espresso e della colazione al bar. E, secondo una voce, il costo della tazzina potrebbe anche raggiungere tra non molto il traguardo dei due euro. Ma siamo ancora molto lontani da questo limite.
Ma quali sono gli elementi, nello specifico, che dettano la tabella di marcia di questi aumenti? A spiegarlo l’esperto Omar Zidarich, presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè e vice presidente della storica Associazione caffè Trieste, negli studi di Uno Mattina di Roma insieme a Furio Truzzi, presidente onorario di Assoutenti, collegato dalla sede Rai di Genova.
Il servizio parte già con una serie di confronti: a Bolzano l’espresso arriva a 1,37, a Pescara 1,32, a Catanzaro 99 centesimi mentre a Roma in centro, 1,50.
L’aumento del prezzo del caffè: l’analisi di Omar Zidarich e Fabio Truzzi a Uno Mattina
Zidarich afferma: “A Trieste la tazzina di caffè costa tra 1,40 e 1,50 euro. Questi rincari sono dovuti a diversi motivi. Per prima cosa è bene ricordare che noi torrefattori tostiamo un prodotto che non cresce in Italia e siamo costretti a subire gli aumenti delle Borse di New York e Londra. Il caffè è un elemento davvero prezioso: non a caso i sudamericani lo chiamano oro verde”.
Zidarich continua: “I rincari perciò si annidano proprio negli aumenti delle Borse: se vediamo le monorigini come esempio i prezzi sono arrivati anche al +200% in un anno e mezzo. Ciò è dovuto a due motivi in particolare: la speculazione bancaria, investimenti su qualcuno che acquista il caffè e che poi ne decide il costo, e dall’altra parte, abbiamo problemi di logistica.
In particolare, il Mar Rosso con direzione Canale di Suez è ancora bloccato e alcune rotte di estrema importanza per il chicco vengono proprio dall’Asia, soprattutto dal Vietnam e dall’India. Ciò significa che le navi devono circumnavigare l’Africa con 14 giorni di navigazione in più, usando circa 1 milione di euro di carburante per ogni portacontainer”.
Furio Truzzi, presidente onorario di Assoutenti, riflette: “Una buona miscela di caffè al bar costa sui 20 euro al chilo. In una tazzina sono presenti tra i 7 e i 7,5 grammi. Gli aumenti rappresentano gli 0,15 centesimi. Ciò significa che l’espresso potrebbe arrivare ai due euro. Ormai a Genova l’espresso costa abbondantemente sopra l’euro in pieno centro, su 1,20, ma dipende dalle zone”.
Truzzi aggiunge: “Dal 2021 il prezzo del caffè è aumentato del 16%: da 1 euro, che era la media di tre anni fa, siamo passati ad 1,20 euro di questo luglio sempre nella media nazionale”.
Ricordiamo che in Italia vengono serviti circa 6 miliardi di tazzine ogni anno con un giro d’affari di grandi proporzioni che si traduce circa in 7 miliardi di euro (solo per l’espresso).
Truzzi nota: “Le statistiche dicono che il 74% degli italiani sono consumatori abitudinari della tazzina. Di questa percentuale al bar consumano circa 26 milioni di tazzine. Uno studio Nielsen indica in 149mila i bar sparsi nel nostro Paese. A 175 tazzine medie erogate e arriviamo alla cifra di 5 milioni e 200mila euro al giorno che all’anno fa 1,9 miliardi di aumento rispetto al 2021. Per il singolo consumatore ciò si traduce in 100 euro in più di spesa all’anno per il caffè”.
Non a caso l’Italia è il Paese leader per la trasformazione del caffè ed è il secondo esportatore in Europa. Nel 2023 l’export è aumentato del 6,8% rispetto al 2022 e si contano circa 750 aziende e oltre 10mila addetti ai lavori.
Zidarich conclude: “Tutto ciò ha come conseguenza l’inevitabile salita del prezzo della tazzina. I torrefattori sono costretti ad alzare il prezzo del chilo e questo si riflette con un rincaro non solo dell’espresso al bar ma anche a casa (quando si usa la moka da 3 tazze, si usano 20 grammi e in espresso 7-7 grammi e mezzo). Gli aumenti ci saranno e i cittadini dovranno pagare di più per continuare a gustare uno dei riti più evocativi del Bel Paese”.
Chi volesse recuperare la puntata intera, è possibile guardarla a questo link.
MILANO – Quarta giornata consecutiva di rialzi per l’Ice Robusta, che si attesta, per il secondo giorno di fila, sopra la soglia psicologica dei 5mila dollari. Il contratto per scadenza novembre della borsa londinese ha chiuso ieri, giovedì 12 settembre, in ulteriore ripresa di $69 a 5.077 dollari, nuovo massimo del contratto. Il massimo giornaliero è stato di 5.115 dollari, non lontano dal picco storico di 5.180 dollari raggiunto il 30 agosto.
Chiusura al rialzo anche per l’Ice Arabica. Dopo la parziale battuta d’arresto di mercoledì, il contratto per scadenza dicembre della borsa newyorchese ha guadagnato ieri 275 punti terminando a 249,40 centesimi, massimo delle ultime due settimane.
I futures degli arabica continuano a risentire della perdurante assenza di precipitazioni in Brasile.
I meteorologi prevedono un ritorno della pioggia nella terza settimana di settembre, che non basterà però a riparare i danni di mesi di siccità.
Intanto, l’Istitutobrasiliano di geografia e statistica, ente pubblico dipendente dal ministero della pianificazione economica, ha tagliato dell’1,6% la sua stima per il raccolto 2024/25.
La produzione è ora quantificata in 59,7 milioni di sacchi, in crescita del 4,8% rispetto al 2023/24, in virtù di un incremento del 3,6% della resa media unitaria e dell’1,2% delle superfici produttive.
Il raccolto di arabica è pari a 42 milioni di sacchi: il 6,5% in più rispetto all’annata precedente. In calo invece del 4,4% la produzione di robusta, che risulta pari a 17,7 milioni, riflettendo un declino del 3,3% delle superfici produttive e dell’1,1% della resa unitaria.
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L'inflazione secondo i dati del Rapporto Coop (dati concessi)
ROMA – Presentata l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2024 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” (il Rapporto è parte integrante di italiani.coop, il portale di ricerca e analisi sulla vita quotidiana degli italiani curato dall’Ufficio Studi Coop e consultabile cliccando qui).
È il tempo delle scelte, quelle che cambiano i destini del mondo, quelle dei singoli Paesi, fino ad avere impatti sulla vita quotidiana di ciascuno di noi.
La guerra non è più una eventualità remota ma sempre più una ipotesi concreta (una consapevolezza oramai acquisita anche nel nostro Paese dove il 55% si dichiara favorevole alla reintroduzione della leva militare obbligatoria); le democrazie appaiono sempre più in bilico e la loro strenua difesa una evidente necessità in un 2024 che vede metà della popolazione mondiale al voto; continua ad aumentare il surriscaldamento del Pianeta i cui effetti asimmetrici provocheranno un potenziamento dei flussi migratori verso l’Europa (e l’Italia) che già oggi detiene il triste primato del vuoto delle culle.
Il Rapporto Coop 2024
Anche in ambito economico le traiettorie sono sempre più divergenti. Scampato il pericolo della stagflazione, il Pil globale va meglio di quanto previsto (+3,2% le ultime previsioni sulla crescita) l’India si affianca alla Cina come locomotiva del mondo e l’Italia non è più l’ultima d’Europa anche se in un contesto continentale certo non brillante; +0,9% la previsione Pil Ue a fine 2024 a fronte di una previsione pari a +0,7% del Pil del nostro Paese.
Questo piccolo miglioramento macroeconomico trova oggettivo riscontro nel quotidiano degli italiani, ma non è sufficiente a tranquillizzarli. Seppur in modo diseguale, il potere d’acquisto nel nostro Paese ha recuperato i livelli pre-pandemia e oggi più di ieri sono diminuiti gli italiani che hanno vissuto situazioni di disagio importanti (l’ammettevano 20 milioni di persone nel 2022 a fronte dei 12 milioni di oggi).
Tutto ciò però non senza sacrifici. Innanzitutto, questa faticosa tenuta del proprio tenore di vita si deve a un overworking che ha già costretto gli italiani nel 2023, per ottenere redditi reali di poco superiori a quelli di 5 anni fa, a un surplus di ore lavorate (un miliardo e mezzo di ore in più).
(dati concessi)
E comunque il Rapporto Coop 2024 fotografa un Paese preoccupato dallo scenario internazionale, in ansia per l’emergenza ambientale e affaticato dalla quotidianità e per questo sempre più inquieto (+8 punti sul 2022); si riduce la quota di chi guarda con fiducia al futuro, che scende di 4 punti in due anni e aumenta il timore (+11 punti percentuali 2024 su 2022). Tanto più che il 55% degli italiani è alle prese con una vita ben diversa da quella attesa, spesso peggiore (44% del campione). Un sentiment con cui gli italiani si proiettano in avanti che cozza appunto con i dati dell’oggi.
La parola chiave con cui gli italiani si approcciano ai consumi non può allora che essere risparmio, di gran lunga il primo criterio di scelta negli acquisti (lo dice il 75% del campione).
Sostanzialmente una vita a basso impatto dove l’essenziale diventa centrale, il superfluo viene drasticamente ridotto e dove si fa largo un ripensamento significativo della propria identità affidata più alla dimensione personale che a quella economica e al valore segnaletico ed edonistico dei consumi.
Una indifferenza – a volte una fatica – per gli acquisti e uno strisciante de-consumismo che viaggia di pari passo con la ricerca del benessere personale fino a fare della cura del proprio corpo un vero e proprio culto.
E qui la sana attenzione alla propria salute, che coinvolge anche l’utilizzo dell’AI si interseca con una cura che diventa a tratti totalizzante, ossessiva e questa sì poco parsimoniosa della propria immagine (la variazione di vendite di prodotti cosmetici -2024 su 2019- è a doppia cifra (+29%), fino a sfiorare comportamenti disfunzionali (8,6 milioni gli italiani che assumono o sono interessati a ricorrere a farmaci per il diabete per dimagrire).
Inevitabili le ripercussioni sui comportamenti alimentari. Non stupisce come gli italiani siano ben più attenti a una alimentazione sana rispetto al resto degli europei. Coloro che pensano di rafforzare questa propensione sopravanzano di 36 punti percentuali chi la diminuisce; una differenza più alta di quella europea che si ferma a 31 punti percentuali.
(dati concessi)
E sempre gli italiani sono anche gli unici, almeno a parole, a dirsi disposti a pagare di più per avere prodotti salutari (complessivamente e al netto di chi non sarà disposto, +15%; a fronte di una media Ue ferma a +1%).
Sempre di più la scelta del cibo passa dalla testa piuttosto che dalla pancia, si moltiplicano le identità alimentari e si rafforza la coscienza ambientalista, sempre più (insieme al benessere) driver guida dei comportamenti alimentari (e delle tante rinunce quotidiane). Se un italiano su 3 (34%) privilegia ancora la dieta mediterranea, si affermano le diete ricche di proteine non animali e la riscossa salutista non lascia a casa nemmeno il biologico dopo anni di difficoltà per il carovita.
E grazie anche all’inflazione, che si azzera dopo anni difficili e i volumi del largo consumo che tornano dopo 4 anni in positivo (+0,9% nel primo semestre 2024 rispetto al 2023), il cibo rimane anche nelle previsioni l’unico comparto in cui tagliare la spesa, è una opzione solo per una ristretta minoranza degli italiani; il 21% del campione dichiara che aumenterà la sua spesa contro il 10% che intende diminuirla. Nei comportamenti di acquisto nella Gdo, i trend più robusti restano la marca del distributore e il discount.
Presentata l’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2024 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto d’analisi di NielsenIQ e i contributi originali di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK, Mediobanca Ufficio Studi, Campo Ricerca-Scomodo.
Inoltre, il Rapporto per alcune sue parti si è avvalso dell’ausilio dei nuovi programmi di intelligenza artificiale generativa, tra cui Chat Gpt, Bard e Midjourney. L’edizione 2024 è tutta orientata a leggere, con gli occhi degli italiani, le scelte che sono pronti a compiere e che quotidianamente fanno, partendo – come tutti gli anni – dal loro rapporto con il cibo.
Per fare questo, oltre ai tanti contenuti originali offerti dai contributors del Rapporto, anche questa edizione si è avvalsa di due diverse survey (“Idee di futuro” e “Looking Forward”) condotte entrambe nella seconda parte dello scorso mese di agosto.
La prima ha coinvolto un campione di 1.000 italiani rappresentativo della popolazione over 18 (18-65 anni). La seconda si è rivolta ad un panel della community del sito di italiani.coop e ha coinvolto 1.000 opinion leader e market maker fruitori delle passate edizioni del Rapporto. Tra questi sono stati selezionati 540 ruoli apicali (amministratori delegati e direttori, imprenditori, liberi professionisti e consulenti) in grado di anticipare più di altri le tendenze future del Paese. A tutti va il nostro ringraziamento.
(dati concessi)
Il mondo al bivio
È il tempo delle scelte, quelle che cambiano i destini del mondo, quelle dei singoli Paesi, fino ad avere impatti sulla vita quotidiana di ciascuno di noi.
Il 2024 è l’anno in cui hanno votato o voteranno i cittadini di 76 Paesi, tra i maggiori del mondo (a partire dagli Usa), elezioni che coinvolgono oltre metà della popolazione mondiale, ma mai come ora la democrazia non può darsi per scontata e va invece difesa; non è certo un caso se nell’ultimo anno l’affluenza alle elezioni europee è stata in media del 51% a fronte di poco più del 42% di 10 anni fa.
Ed è anche questo l’anno in cui per il proliferare dei conflitti il ricorso alle armi torna ad essere un’opzione concreta. Una consapevolezza quest’ultima che sembra oramai acquisita anche nel nostro Paese; un italiano su 3 dichiara la sua preoccupazione per le tensioni internazionali, la maggioranza (il 55%) si dice favorevole alla reintroduzione della leva militare obbligatoria e il 65% ritiene necessario intervenire in un conflitto nel caso l’adesione alla Nato lo richiedesse, accettando anche per il 15% del campione l’invio di truppe di terra. A generare altra preoccupazione fra i nostri connazionali è anche il cambiamento climatico.
Se è vero infatti che le conseguenze del climate change si scaricheranno soprattutto sul sud del mondo (anche se la metà delle emissioni dei gas serra è responsabilità di appena un decimo della popolazione, la più ricca), l’Italia per la sua condizione geografica e la posizione al centro del Mediterraneo ne subirà i maggiori effetti in Europa come teme il 55% dei manager intervistati nella survey “Looking Forward”, per non parlare del 37% degli intervistati che vede tra i principali rischi del surriscaldamento del Pianeta anche la difficoltà di approvvigionamento di materie prime (e il 52% dà già per certo l’aumento dei costi operativi).
Peraltro, proprio la sua posizione espone l’Italia ai maggiori flussi migratori che verranno dal continente africano, protagonista nei prossimi trent’anni di una eccezionale crescita demografica.
A livello economico, scampato il pericolo della stagflazione e con un Pil globale che va meglio di quanto previsto (+3,2% le ultime previsioni sulla crescita), a tirare la volata sono sempre più le economie emergenti (al fianco della Cina, si rafforza l’India) ma con l’Italia che rivela una sorprendente capacità di resilienza e non è più l’ultima d’Europa anche se in un contesto continentale certo non brillante.
+0,9% la previsione Pil Ue a fine 2024 a fronte di una previsione pari a +0,7% del Pil del nostro Paese, mentre il 61% dei manager intervistati nella survey dichiara il suo ottimismo su una crescita economica dell’Italia superiore o quanto meno in linea con la media europea nei prossimi anni.
Un Paese inquieto
La modesta ripresa economica non basta però a tranquillizzare gli italiani. La fotografia scattata dal Rapporto Coop 2024 è quella di un Paese inquieto, dove si riduce la quota di chi guarda con fiducia al futuro (che scende di 4 punti in due anni) e aumenta il timore (+ 11 punti percentuali 2024 su 2022).
Le giovani generazioni, sulle quali si scarica maggiormente il peso del futuro incerto che si prospetta, pur non mostrando piena consapevolezza di ciò, sono più mobilitate dei loro coetanei europei ad attivarsi per cercare di cambiare la società in cui vivono; il 52% lo ha fatto rispetto a un 48% della media europea.
Una inquietudine di fondo generata anche dal fatto che la maggioranza degli italiani (il 55%) è alle prese con una vita ben diversa dalle proprie aspettative di partenza molto spesso in senso peggiorativo (44% del campione). Un sentiment con cui gli italiani si proiettano in avanti che cozza con i dati dell’oggi. Seppur in modo diseguale.
Se è vero infatti che il potere di acquisto nel nostro Paese ha recuperato i livelli pre-pandemia e che oggi più di ieri sono diminuiti gli italiani che hanno vissuto situazioni di disagio profondo (l’ammettevano 20 milioni di persone nel 2022 rispetto ai 12 milioni di oggi) e che le famiglie in difficoltà ad affrontare una spesa imprevista di 800 euro passano dal 45% del 2023 al 33%, restano comunque ampie le difficoltà sociali del Paese. E anche questa faticosa tenuta non è avvenuta senza sacrifici.
Innanzitutto, l’overworking è la leva principale con cui gli italiani provano a difendere il loro tenore di vita; infatti, già nel 2023 per ottenere redditi reali di poco superiori a quelli di 5 anni fa sono stati costretti a un surplus di ore lavorate (un miliardo e mezzo di ore in più).
E, come spesso accade, sono molto ampie le differenze tra i settori economici. Ad esempio, i redditi per occupato dei lavoratori della sanità sono calati dell’8,5%, quelli dell’istruzione dell’11,2% mentre per altri come il settore costruzioni o l’ambito immobiliare i redditi sono cresciuti rispettivamente del 4,6% e del 6,4%. Forse anche per questo a precisa domanda il 75% degli intervistati non esita a dichiararsi insoddisfatto in primo luogo della propria retribuzione.
La vita “al risparmio” – Con il recupero dei redditi anche i consumi tornano, in termini reali, ai livelli pre-pandemia (+0,3% nel 2023 rispetto al 2019), ma più che in passato sono ostaggio delle spese obbligate che limitano di molto gli spazi discrezionali delle famiglie. Non sorprende allora che la parola chiave con cui gli italiani si approcciano ai consumi sia il risparmio, di gran lunga il primo criterio di scelta negli acquisti (lo dice il 75% del campione) sia che si tratti di riempire l’armadio sia di scegliere un’auto (peraltro sempre più frequentemente usata, tanto che sono 15 milioni gli italiani che hanno rinunciato all’acquisto dell’auto nuova nel 2024), mentre rimane un miraggio la casa di proprietà (-2,1% le compravendite nel corso di quest’anno).
Anche i prodotti tecnologici a partire dallo smartphone, fino all’altro ieri oggetto dei desideri, hanno perso buona parte della loro attrattività e le vendite a volume nell’ultimo anno scendono di oltre il 6% e proprio lo smartphone con i suoi accessori (-7,4% e quanto a numero di pezzi quasi un milione in meno anno su anno) insieme alle tv e ai pc registrano cali significativi (mentre crescono prodotti tech per la cucina e il beauty). Sostanzialmente una vita a basso impatto dove l’essenziale diventa centrale, il superfluo viene drasticamente ridotto.
Tra i comportamenti emergenti in fatto di abitudini di consumo non stupisce trovare il tema del riparare oggetti piuttosto che sostituirli (il 26% con maggiore frequenza in prospettiva) e il ricorso ai prodotti di seconda mano (nelle prossime intenzioni di acquisto dichiarate dal 24%). Ed è così che si fa largo un ripensamento significativo della propria identità. Per l’85% del campione piuttosto che la capacità economica e lo status sociale è proprio la dimensione personale e privata a caratterizzare la percezione di sé stessi, a partire dalla famiglia, dalla propria situazione affettiva e anche dal dispiegarsi delle proprie doti etiche e morali.
Anzi, l’acquisto e il possesso di beni smettono di essere aspirazionali e sembrano perdere per buona parte degli italiani quegli attributi di gratificazione personale e di riconoscibilità sociale che pure hanno caratterizzato una lunga fase della nostra società degli ultimi decenni. Una indifferenza per gli acquisti (coloro che aumenteranno gli acquisti solo per il mero piacere di comprare sono meno di chi invece aumenterà questo approccio di consumo, -3 punti percentuali) e uno strisciante de-consumismo che relega i forzati del lusso in una trincea sempre più minoritaria e oramai appannaggio solo dei super ricchi.
In tanta frugalità, sopravvive invece, e anzi si rafforza, la propensione al benessere personale e a un vero e proprio culto del corpo.
Ne deriva da un lato una sana attenzione alla propria salute che tra l’altro spinge gli italiani nelle braccia della sanità privata; il 23% della spesa sanitaria nel nostro Paese (40,6 miliardi di euro) è finanziata direttamente dai cittadini.
E qui spunta anche una propensione positiva verso un’applicazione dell’AI per quanto riguarda il progresso tecnologico, le scoperte scientifiche e anche le applicazioni in campo medico a tutela proprio della salute. Più sorprendente a fianco di questo utilizzo tutto sommato strumentale dell’AI, il fatto che un italiano su tre dichiari di poter in futuro persino sviluppare un legame affettivo con un umanoide digitale o un sistema operativo. O la disponibilità dichiarata dal 37% di farsi impiantare un microchip per eseguire piccole azioni quotidiane come pagare digitalmente o altro.
Dal culto del proprio corpo deriva anche il mantra del “tutti a dieta”, siano esse diete ipocaloriche, salutistiche e dello sport praticato oramai a vario titolo da 4 italiani su 10 (quasi 17 milioni di persone). E dall’altro si profila l’ossessione per i trattamenti estetici e la cosmesi, dove la parsimonia prima evidenziata sembra attenuarsi e in certi casi scomparire; gli italiani spendono in media 350 euro all’anno per cure estetiche, la variazione di vendite di prodotti cosmetici (2024 su 2019) è a doppia cifra (+29%), fino a sfiorare comportamenti disfunzionali (8,6 milioni gli italiani che assumono o sono interessati a ricorrere a farmaci per il diabete per dimagrire).
La dimensione olistica del cibo – Dopo gli anni difficili dell’impennata dei prezzi, che aveva messo in profonda difficoltà gli acquisti degli italiani e la loro stessa identità alimentare, nel 2024 l’inflazione si azzera e i volumi del largo consumo tornano dopo quattro anni in positivo (+0,9% nel primo semestre 2024 rispetto al 2023).
Guardando ai soli canali iper, super e libero servizio nel primo semestre 2024 le vendite a volume sono state superiori a quelle del 2019 del 3,9%. Il cibo rimane, anche nelle previsioni, l’unico comparto in cui tagliare la spesa è una opzione solo per una ristretta minoranza degli italiani; il 21% del campione dichiara che aumenterà la sua spesa contro il 10% che intende diminuirla.
Tornano a crescere allo stesso modo il numero degli italiani che dichiara una identità alimentare (+6% sul 2023), non più una sola però ma molteplici. Pur nel solco della tradizione, sono infatti molti gli italiani che si affrancano da un approccio troppo dogmatico e si aprono alla scoperta di nuovi stili alimentari; più esploratori che custodi. Se un italiano su 3 (34%) infatti privilegia ancora la dieta mediterranea, si affermano le diete ricche di proteine non animali ovviamente, con l’iperproteico (7% dei consumatori, +2%) sul 2023, e tutti quegli stili attenti al peso forma; quindi, crescono il fit sport (6%, +2%) e il digiuno intermittente (7%, +3%) senza tralasciare che rimangono pressocché stabili il flexitariano, il reducetariano e il climatariano.
Prevalgono dunque a ben vedere gli stili orientati al benessere e alla sostenibilità. Da sempre, d’altronde il cibo è per noi italiani rispetto alla media europea più di un nutrimento fine a sé stesso e, vista la propensione attuale, non stupisce come i nostri connazionali siano ben più attenti a una alimentazione sana rispetto al resto degli europei.
Coloro che pensano di rafforzare questa propensione sopravanzano di 36 punti percentuali chi la diminuisce; una differenza più alta di quella europea che si ferma a 31 punti percentuali. E sempre gli italiani sono anche gli unici, almeno a parole, a dirsi disposti a pagare di più per avere prodotti salutari (complessivamente e al netto di chi non sarà disposto, +15%; a fronte di una media Ue ferma a +1%).
Sempre di più la scelta del cibo passa dalla testa piuttosto che dalla pancia e questo spiega molte delle rinunce in atto.
Una riscossa salutistica che non lascia a casa nemmeno il biologico ritornato dopo anni di appannamento tra i desiderata degli italiani: sono 24,8 milioni le famiglie già acquirenti con una penetrazione del 96,6% e 9,6 milioni gli italiani che nei prossimi mesi ne aumenteranno l’acquisto.
Queste nuove sensibilità trovano una chiara avanguardia anche nell’approccio che le generazioni più giovani hanno nei confronti del cibo dove al pragmatismo nella ricerca del prezzo più basso (il 51% lo considera il fattore su cui basa la sua decisione di acquisto) si affiancano alternative più rispettose dell’ambiente (il 58% sceglie prodotti di stagione, il 39% privilegia freschezza e qualità). Sul versante dei comportamenti di acquisto, i prodotti a marchio del distributore (Mdd) e i discount continuano a rappresentare i migliori interpreti di questa nuova “saggezza” dei consumi.
(dati concessi)
Nel primo semestre 2024 la Mdd raggiunge a volume il 38,2%% delle vendite totali del mercato con un incremento di 2,2% a valore e 2,4% a volume rispetto allo stesso periodo 2023, a fronte di una variazione dei prodotti di marca (TOP 20) del -0,5% a valore e -2,2% a volume. Allo stesso modo continua la crescita del discount che, anche grazie ad una continua espansione della rete di vendita, raggiunge il 23% di quota di mercato, con un incremento di circa 4 punti percentuali. rispetto al 2019.
“Lo scenario delineato dal Rapporto Coop 2024 si introduce in un contesto straordinariamente complesso e in fondo atteso, viste le varie ragioni di tensione che affrontiamo quotidianamente, con alcuni dati più sorprendenti che confortano l’operato di Coop e le tendenze intraprese negli ultimi anni – commenta Maura Latini, Presidente Coop Italia- Versante consumi è indubitabile come la leva del risparmio si consolidi come primaria, e la tutela del potere d’acquisto soprattutto delle famiglie più in difficoltà è la rilevante ragion d’essere delle cooperative di consumatori”.
Latini aggiunge: “D’altronde, registro con favore il fatto che persiste da parte dei consumatori italiani una attenzione a aspetti non secondari nell’offerta di un cibo che sia anche di qualità, rispettoso dell’ambiente, di chi lo consuma ma anche di chi lo produce. Concetti ancora più esplicitati da parte delle giovani generazioni, che si mostrano vera avanguardia e trainer delle famiglie per modalità di consumo e di alimentazione”.
Latini conclude: “È un buon auspicio e esattamente il perimetro in cui si muove la nostra offerta, tanto più il nostro prodotto a marchio, che ha in sé i valori della Coop. Guardo poi con rinnovata fiducia a una prospettiva economica che potrebbe presentarsi in miglioramento, permettendo a Coop di attivare le leve in nostro possesso per venire maggiormente incontro alle necessità dei soci e consumatori”.
“Più in generale i dati che mostrano uno stop alla caduta dei volumi del largo consumo sono senz’altro positivi, ma lo scenario dei consumi rimane ancora debole e caratterizzato da una grande “volatilità”. Se da una parte il quadro inflattivo sembra assestarsi, dall’altra si dovrà tenere conto del fatto che i prezzi, anche se stabilizzati, sono di fatto del 20% superiori a quelli del 2021 – dichiara Domenico Brisigotti, Direttore Generale Coop Italia- Stiamo assistendo ad una ripresa della spinta promozionale, funzionale a sorreggere i volumi e allo sviluppo della competizione intra marche e tra i canali. Da una parte prosegue la crescita della Mdd e dall’altra quella del discount anche se sorretta dalle aperture”.
Brisigotti aggiunge: “Coop sta consolidando il proprio percorso con la crescita della propria Mdd che nel solo Grocery ha aumentato di ulteriori 2 punti la propria quota verso il 2023 raggiungendo il 32%. Ciò ci consente di mettere a terra una politica di offerta in grado di affrontare la debolezza della domanda e il quadro competitivo. Nonostante questo percorso di sviluppo della MDD, per Coop sarà fondamentale lo sviluppo di un rapporto con l’industria di marca tesa da una parte a valorizzarne le peculiarità e dall’altra a sostenerne i volumi, certamente tenendo conto del mutato scenario che impone una profonda rivisitazione della relazione”:
In conclusione: “Oggi Coop sta consolidando la propria posizione e dopo le tensioni che il mercato ha mostrato negli ultimi anni, guarda al futuro con rinnovato ottimismo, da una parte per i risultati dall’altra per la consapevolezza che le famiglie italiane sono alla ricerca di una proposizione capace di coniugare convenienza, qualità, made in Italy e sostenibilità, una traccia destinata a rimanere il tratto distintivo del nostro prodotto”.
“Il Rapporto Coop conferma la grande preoccupazione degli italiani per lo scenario internazionale e per le guerre in corso, mentre sul piano interno vengono percepiti alcuni miglioramenti della situazione economica e delle prospettive del Paese. Un Paese a due velocità dove comunque permangono ampie sacche di difficoltà – conclude Marco Pedroni, Presidente Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) – A questo proposito, nel corso di quest’anno le cooperative di consumatori hanno realizzato un risultato importante, rinnovando il contratto nazionale di lavoro che interessa oltre 60.000 dipendenti e che permetterà un importante recupero del potere di acquisto dei nostri lavoratori e il rafforzamento di diritti distintivi dei lavoratori della cooperazione di consumatori”.
Pedroni continua: “Sempre sul versante dell’impegno economico delle nostre cooperative, è ripartita proprio in questi giorni la carta “Dedicata a te” rivolta a famiglie maggiormente in difficoltà promossa dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf). Una carta a cui Coop ha aggiunto lo sconto del 15% sui prodotti alimentari. Questo il contesto in cui Coop combatte l’inflazione e continua a sviluppare una forte politica di offerta di qualità e di convenienza con la sua amplissima gamma di Prodotti a Marchio. Chiediamo al Governo e alle istituzioni di fare di più per i redditi e i consumi della parte più in difficoltà degli italiani e di concludere finalmente quella giusta riforma dei buoni pasto che sottrae molte risorse alle imprese e ai consumatori finali.”
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