giovedì 11 Aprile 2024
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Il caffè in 60 chicche da gustare nel racconto corale degli appassionati

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VARESE – D’ora in avanti il caffè si gusterà a “chicche”, dopo che Alberto Bortoluzzi ne ha ristretto in un libro la storia, il carattere e perfino i vezzi, invitando sessanta persone, note e meno note, a scrivere o a illustrare il proprio rapporto con la bevanda più amata e consueta sulla nostra tavola o al bar.

Il 19×19, formato caro al fotografo ed editore varesino, racchiude infatti una cultura sfaccettata che spazia da scrittori famosi, come Maurizio de Giovanni e Andrea Vitali, a registi quali Maurice Leconte, Leonardo Pieraccioni, Marco Risi e Alberto Sironi, i designer Michele De Lucchi, Alessandro Mendini e Marcello Morandini, gli imprenditori-artisti Maria Grazia Crippa e Luca Missoni, fino a giornalisti e fotografi, personaggi del mondo dello spettacolo come Riccardo Del Turco, autore della celebre “Cosa hai messo nel caffè”, il batterista della Pfm Franz Di Cioccio, l’attrice Katia Greco e il soprano di fama internazionale Olga Peretjat’ko.

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Chicche di caffè” è un omaggio affettuoso e partecipe a quel «nero intruglio», come lo definisce Pierre Ley nel suo scritto, che diventò d’uso comune e quotidiano grazie ai veneziani, che già nel ‘500 lo sorbivano per rinfrancare lo spirito.

Il libro lo corrobora di certo, perché accanto agli scritti, Bortoluzzi ha inserito le opere di diversi artisti, Margherita Castoldi, Giulia Bernardelli, il vignettista Massimo Bucchi, Clara Dell’Atti, Aravis Dolmenna, Giovanni Gastel, Giovanna Grimoldi, Nicoletta Magnani, Franco Matticchio, Silvio Monti, Roberta Pietrobelli, Giorgio Vicentini e Giorgio Presta, autore della “Giant moka” che appare in copertina (nella FOTO).

In più, a punteggiare le pagine, ci sono diversi scatti intriganti di mano dello stesso autore-editore-fotografo.

Perché proprio un libro sul caffè?

«Perché per noi italiani il caffè è una sorta di religione, un momento speciale.

Non c’è progetto, amore, avventura, sogno, che non cominci di fronte a una tazzina. Da uomo curioso quale sono, ho pensato che mi sarebbe piaciuto conoscere e raccogliere alcune di queste storie e farne un libro, coinvolgendo un universo eterogeneo di persone, dal vip all’uomo della strada».

Con quale criterio ha scelto le persone alle quali far scrivere un testo o produrre un’opera?

«Quando realizzo un progetto penso sempre che la prima cosa sia partire dalle fondamenta. Così il primo testo è stato affidato a Pierre Ley che ci fa conoscere il caffè da un punto di vista storico; il secondo contributo è di Giancarlo Samaritani, manager della Chicco d’Oro, che da grande appassionato ce lo fa conoscere come prodotto.

A seguire Roberto Salavarria, un produttore che in modo poetico ci racconta la sua vita nelle piantagioni di caffè dell’Ecuador.

A seguire tutte le emozioni legate al caffè, per ritornare, nella parte finale, al lato pratico ed estetico del fruitore del caffè. Qui entrano in gioco i designer di caffettiere e tazzine che ne raccontano i segreti».

Quali le difficoltà incontrate?

«Tante. Innanzi tutto la ricerca di sponsor che sostenessero, almeno parzialmente, l’iniziativa. Poi le lunghe opere di convincimento per far partecipare all’impresa grossi nomi e qualche artista dal carattere non facile. Con simpatia e gioia, ricordo per esempio Giulia Bernardelli, artista che stimo molto, che dopo un sì iniziale aveva cambiato idea.

Con lei sono stati mesi di mail, sms e fraintendimenti.

Quando ormai davo tutto per perduto ecco il suo assenso: non so come, l’avevo convinta: è stata una gioia infinita».

C’è un contributo che l’ha sorpresa più di altri?

«Non mi va di esprimere giudizi su chi generosamente ha deciso di partecipare a questo progetto a titolo gratuito.

Posso solo dire che sono stato felice di poter coinvolgere sessanta partecipanti, con diversi nomi importanti, e anche di aver dato l’opportunità a gente meno conosciuta, ma di talento, di potersi fare apprezzare».

A chi si rivolge il libro?

«Questo libro è per tutti: da quelli che lo possono subito apprezzare per il piacere estetico e tattile (la carta usata, la “Tintoretto”, è fantastica anche solo da toccare) a chi ama conoscere le storie e i sogni che si celano dietro a un caffè».

Tra una pagina e l’altra, Bortoluzzi ha disseminato alcuni aforismi come ideali “giri di cucchiaino” nella tazzina.

Scegliamo quello di un anonimo, messo a inizio libro come un invito o un monito: «La vita è quella cosa che inizia dopo il caffè».

“Chicche di caffè” – Alberto Bortoluzzi editore, pp. 180, euro 23.

Mario Chiodetti

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