mercoledì 03 Dicembre 2025
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Catene di caffetterie: Autogrill, un miliardo nei 3 mesi +40% sul 2022

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autogrill cometa dufry
Il logo Autogrill

MILANO – Il consiglio di amministrazione di Autogrill S.p.A. (Milano: AGL IM) ha esaminato e approvato i dati dei ricavi consolidati dei primi tre mesi al 31 marzo 2023. Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, Camillo Rossotto, dichiara, ai sensi del comma 2 dell’art. 154-bis del TUF, che l’informativa contabile contenuta nel presente comunicato corrisponde alle risultanze documentali, ai libri e alle scritture contabili.

Dati al 31 marzo 20231

  • Ricavi: €1.032,2m (€719,8m nel primo trimestre 2022), +40% a cambi costanti2 (+43% a cambi correnti)
  • La performance è stata principalmente trainata dal recupero costante, in particolare del traffico aeroportuale internazionale, in tutte le principali aree geografiche del Gruppo. I ricavi nel primo trimestre 2022 subivano ancora gli effetti della pandemia da Covid-19 e delle restrizioni alla mobilità in alcune aree geografiche
  • I ricavi nel primo trimestre 2023 rappresentano circa il 96% di quelli registrati nello stesso periodo del 2019 a cambi costanti ed escludendo le cessioni effettuate nel periodo

Definizioni

 Ricavi

La voce ricavi non include i ricavi dalla vendita di carburante, i quali sono esclusi dall’approccio manageriale, in linea con la metodologia applicata dal Management per l’analisi dei dati del Gruppo Autogrill. I rapporti percentuali si riferiscono a tali dati.

Alcuni dati possono essere stati arrotondati al milione/miliardo più vicino. Le variazioni e i ratio sono stati calcolati utilizzando i dati in migliaia e non le cifre arrotondate mostrate nel testo.

1 Dati non auditati

2 Cambi medi €/$:

  • Primo trimestre 2023: 1,0730
  • Primo trimestre 2022: 1,1217

La catena di caffetterie israeliana Tatti & Ilans entra nella borsa di Tel Aviv

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La città di Tel Aviv (immagine: Pixabay)

La catena di caffetterie Tatti & Ilans entra nella borsa di Tel Aviv attraverso una fusione con lo scheletro della borsa Continuous. Nel 2016 la nota catena è stata acquistata da Ehud Karlinsky, ex proprietario della torrefazione Ava Cafe, che fornisce circa il 65% del totale dei chicchi di caffè alle caffetterie in Israele. Leggiamo di seguito parte dell’articolo pubblicato sul portale MBC News Italian.

Tatti & Ilans entra nella borsa di Tel Aviv

TEL AVIV – L’aumento di capitale sarà effettuato in base al valore della società (fusa), prima del denaro, per un importo di almeno 60 milioni di NIS o come determinato dal consiglio di amministrazione della società, previa approvazione scritta di Ilans poco prima della data dell’aumento di capitale.
Ilans, il pioniere della cultura delle specialità di caffè in Israele, ha iniziato la sua attività nel 1994, quando è stata aperta la prima filiale a Tel Aviv. Nel 2016 la catena è stata acquistata dal signor Ehud Karlinsky, ex proprietario della torrefazione Ava Cafe, che fornisce circa il 65% del totale dei chicchi di caffè alle caffetterie in Israele.

A quel tempo la catena aveva circa 10 filiali nell’area di Tel Aviv. Nel 2021, Ilans ha acquisito la sua attività dolciaria “Tatti” e due ristoranti del marchio. Come estensione del portafoglio di prodotti per prodotti culinari di qualità.

Da allora, l’azienda si è espansa e attualmente dispone di 22 filiali a livello nazionale, compresa l’istituzione di un progetto pilota internazionale a Shanghai.

Per maggiori informazioni basta cliccare qui

Tisane e infusi: ecco 10 curiosità sulla camomilla Bonomelli

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L'infuso Bonomelli (immagine concessa)

MILANO – Ricchissime di proprietà benefiche, camomille, tisane e infusi sono alleati naturali del benessere psico-fisico, soprattutto se abbinati a movimento e dieta sana. Lo sa bene Bonomelli, brand iconico presente in tutte le case degli italiani, che investe da sempre nella qualità e nella ricerca di prodotti all’avanguardia (non solo camomilla, ma anche tisane e infusi), capaci di conciliare piacere e funzionalità.

Ma qual è il segreto del successo della camomilla Bonomelli? E quale la differenza tra tisane e infusi? Conosciamo davvero tutti le proprietà, i benefici e gli utilizzi di queste bevande? Come beneficiare al massimo delle caratteristiche di questi prodotti? Ecco 10 cose da sapere, tra curiosità (su brand e prodotti) e consigli della dottoressa Martina Donegani, esperta nutrizionista.

Cinque curiosità su Camomilla&Co e sul brand Bonomelli

La camomilla è una bevanda solo per adulti e anziani? Fake news

Ideale tanto per gli adulti e gli anziani quanto per i più piccoli, la camomilla piace sempre di più anche ai giovani, che in particolare negli ultimi due anni la consumano con maggiore frequenza. Secondo l’indagine commissionata da Bonomelli ad AstraRicerche, infatti, quasi il 70% del campione intervistato che dichiara di assumerla di più è compreso nelle fasce di età che vanno dai 25 ai 44 anni. Con i più giovani (25-34enni) che indicano come prima motivazione di scelta della camomilla la piacevolezza, oltre a relax, a dimostrazione che questa bevanda è ormai sempre più espressione del binomio piacere e salute.

Si conosce davvero la differenza tra tisane e infusi?

Spesso nel linguaggio comune si tende a confondere una tisana con un infuso, in quanto bevande simili. Eppure, le differenze ci sono e riguardano sostanzialmente ingredienti e caratteristiche. Meglio allora partire dalle basi e anche da una ‘definizione scomposta’ del concetto stesso di “ti-sana”.

Tutto ciò che si infonde in acqua per ottenere una bevanda è un infuso, dal tè alle singole erbe officinali, fino alle miscele più complesse con frutta e spezie. Anche le tisane perciò sono infusi, ma con una caratteristica in più: la funzionalità benefica. Per la loro ricettazione vengono, infatti, utilizzate erbe officinali, da sempre impiegate nella medicina tradizionale e a cui vengono riconosciute specifiche proprietà funzionali, come quelle depurative, digestive e rilassanti. Gli infusi sono invece studiati principalmente per i sapori particolari e deliziosi, senza comunque perdere la connotazione di prodotti naturali e sani.

Le 5 regole per preparare e degustare al meglio tisane e infusi

Per preparare sapientemente una tisana o un infuso è bene seguire attentamente alcune regole per poter beneficiare al meglio delle loro proprietà senza rinunciare al gusto:

  • l’acqua deve essere di buona qualità. Scegliere dunque acqua corrente (a patto che non sia troppo calcarea o trattata altrimenti può alterare gusto e colore) o, in alternativa, acqua naturale in bottiglia;
  • evitare il contatto diretto con il filtro quando si versa l’acqua nella tazza. Ciò per evitare che il filtro si gonfi e di conseguenza fatichi a infondere;
  • coprire la tazza o il recipiente per l’infusione con un piattino o un coperchio. Tale accortezza permette di evitare che gli oli essenziali, per loro natura volatili, si allontanino insieme ai vapori dell’infuso e vadano quindi persi;
  • rispettare i tempi di infusione previsti per ogni specifico prodotto. Ciò per non alterarne i sapori e/o le proprietà;
  • per poter cogliere tutti i diversi sapori di un infuso è importante tenerlo in bocca un momento in più e, se possibile, muoverlo dolcemente. Questo permetterà di farlo entrare in contatto con un maggior numero di papille gustative e quindi cogliere al meglio ogni sfumatura di sapore.

Qual è il segreto del successo della Camomilla Bonomelli?

La salvaguardia del fiore di camomilla ha spinto gli ingegneri Bonomelli a progettare le esclusive “pettinatrici”: macchinari unici, protetti da segreto industriale, in grado di raccogliere solo i fiori integri per preservarne il capolino (il piccolo capo del fiore), ricco di oli essenziali. La valorizzazione del prodotto per Bonomelli passa dunque da una raccolta lenta, effettuata nel cosiddetto periodo “balsamico”, quando l’olio essenziale contenuto nel capolino è al suo massimo vigore. Ciò conferisce una maggior resistenza allo stress durante la raccolta e la successiva lavorazione e dona alla camomilla le caratteristiche note sensoriali che la contraddistinguono. Tradizionalmente confezionata a mano, dal 2020 la camomilla Bonomelli viene confezionata con una macchina prototipo, unica nel suo genere, in grado di lavorare per caduta del prodotto, senza circuiti ad aria compressa (che sbriciolerebbero i fiori).

La ricetta unica della Camomilla Bonomelli passa da un capolino più grande

Dall’esperienza centenaria dei ricercatori Bonomelli è stato individuato, grazie ad una selezione naturale, un seme dal quale si ottiene un fiore di camomilla (varietà tetraploide) dalle specificità sensoriali uniche e più ricco di oli essenziali. Ciò perché la varietà selezionata da Bonomelli, in collaborazione con enti di ricerca all’avanguardia, è dotata di un capolino (il piccolo capo del fiore) più grande rispetto alla comune camomilla che consente di raccogliere maggior quantità di olio essenziale, contenente flavonoidi come l’apigenina, che contribuiscono alle proprietà rilassanti della camomilla.

Cinque consigli su come gustare Camomilla&Co e beneficiarne al meglio di Martina Donegani, esperta nutrizionista

Bollente fa male?

Con l’arrivo dell’autunno e della stagione invernale, per molti una bevanda bollente è la migliore soluzione per contrastare il freddo e ritrovare il senso di calore e appagamento. Invece, assumere le bevande troppo calde è rischioso.

Studi scientifici dimostrano, infatti, che consumarle regolarmente a una temperatura superiore a 60-65 °C espone a rischio l’organismo, soprattutto l’esofago. Meglio quindi lasciarle raffreddare un po’. Del resto, gustare con calma una buona tazza di camomilla, tisana o infuso, oltre a proteggere lo stomaco e le vie aeree e digestive superiori, aiuta anche a ritrovare equilibrio e relax.

Voglia di dolce dopo cena? Lo stratagemma per coccolarsi senza sentirsi in colpa

La voglia di dolce dopo cena è un desiderio comune. In pochi sanno resistere all’idea di concedersi “un dessert” sul divano, anche come ricompensa dopo una lunga giornata di lavoro. Lo stratagemma che mette tutti d’accordo, evitando poi i sensi di colpa, è quello di gustare una camomilla, una tisana o un infuso caldi (preferibilmente senza zucchero) in abbinamento ad un quadratino di cioccolato (7 grammi), non obbligatoriamente fondente. Un trucchetto quindi per conciliare benessere e soddisfazione, senza perdere il buonumore.

Idratarsi è importante, meglio con gusto

Per l’organismo, il fabbisogno di acqua riveste un ruolo importantissimo, seppur variabile da individuo a individuo e a seconda dei diversi stili di vita. Che sia estate o inverno, bere quindi 1,5-2 litri di acqua ogni giorno, prima di sentire lo stimolo della sete, serve a garantire la traspirazione continua e il ricambio idrico giornaliero. Ma come assicurare una corretta idratazione quotidiana senza limitarsi a bere solo acqua? Idratandosi con gusto: tisane e infusi non zuccherati vanno benissimo e hanno un altissimo potere idratante.

Piccoli trucchi per aiutare la digestione

I ritmi frenetici della vita quotidiana, associati a uno stile di vita poco salutare, sono tra le principali cause dei problemi a carico dell’apparato digestivo. Tra i consigli più noti e utili per avere degli effetti benefici, rientrano: mangiare frutta e verdura di stagione, masticare lentamente, seguire un’alimentazione ricca di fibre e assumere bevande calde naturali, dalle tisane alle bevande casalinghe come acqua e buccia di limone.

Ma un altro rimedio naturale in tazza, che piace sempre di più, sono proprio le tisane alle erbe (per esempio con menta, coriandolo e genziana), arricchite dallo zenzero. Una spezia orientale, quest’ultima, in grado di stimolare la digestione e, nel caso di pasti abbondanti e pesanti, di attenuare la nausea.

Gli infusi a base di frutta secca hanno zero calorie

La ricerca di sapori appaganti non sempre si concilia con l’apporto contenuto di calorie. Pensiamo, per esempio, alla frutta secca: un’eccellente fonte di proteine, minerali, fibre e altri nutrienti da consumare però con parsimonia per limitarne il contenuto lipidico e calorico.

Esistono tuttavia in commercio degli infusi che, pur mixando frutta secca (come mandorle, pistacchi e nocciole) a comfort food (come il cioccolato o il caramello), hanno zero calorie. Si tratta di miscele speciali che combinano gusto, principi nutritivi e naturalità, rendendoli buone alleate nella lotta contro i chili di troppo.

Moreno Faina, parla il direttore, Università del caffè illy: “Il barista non deve dare nulla per scontato”

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Moreno Faina, Presidente dell'Università del caffè Illy Maestri dell’Espresso junior
Moreno Faina, direttore dell'Università del caffè Illy

MILANO – Gestire una caffetteria che possa essere economicamente sostenibile per il titolare e i suoi dipendenti non è un’impresa semplice. Parliamo di un ecosistema che si regge su dinamiche delicate che però possono trovare il giusto equilibrio se supportate dalle competenze e conoscenze necessarie ad un’impresa.

Abbiamo parlato con diversi gestori (qui) e formatori (qui) per fare luce su punti di forza e di debolezza che devono esser considerati dai gestori. Riportiamo di seguito l’intervista al direttore dell’Università del caffè illy, Moreno Faina, che da sempre si occupa di affiancare costruttivamente i baristi nell’essere efficienti e operativi.

Faina, qual è la prima regola che insegnate e che deve sapere chi apre un’attività come un bar?

“Secondo i dati Fipe, se un’impresa arriva a 4 anni di attività è già un buon segno e se addirittura supera i 7 è una garanzia di esser stata impostata correttamente. Innanzitutto quindi bisogna strutturare un piano di sviluppo basato su 4 anni, calcolando prima il budget rispetto alle spese necessarie per avviare l’attività e poi ai costi/ricavi, facendo una previsione del conto economico considerando un incremento progressivo.

In questo settore alimentare solitamente si ha un picco iniziale, seguito da una curva di
stabilizzazione e sono necessari almeno due anni per comprendere se l’attività sta andando bene o meno.

Un articolo che ho letto iniziava così: “il barista non deve dare niente per scontato”; non basta aprire un’attività, ci vogliono tante competenze: creatività e relazioni pubbliche non corrispondono alla capacità di fare bene i conti e far quadrare i calcoli. Il barista deve avere un parametro di riferimento sulla marginalità, sotto il quale non deve mai andare.

Molti imprenditori, quelli piccoli soprattutto, per farsi conoscere, abbassano il prezzo ma così limitano anche il margine operativo e alla lunga questo ha degli effetti negativi sul proprio business. Bisogna aumentare invece il valore del prodotto, “raccontandolo” al cliente, altrimenti il rischio è quello di attirare soltanto un certo tipo di clientela che bada esclusivamente al prezzo.

Se si alzasse il costo medio della consumazione, si potrebbe dialogare con il consumatore e
spingerlo verso la qualità. Il mio consiglio è quello di investire nella comunicazione del valore del prodotto: sarà necessario trovare le parole giuste per farsi capire.”

In questa fase strategia di pianificazione tra spese e costi, la scelta della location quanto incide? Perché se è vero che sceglierla in punti strategici delle città porta clienti, dall’altra alza gli affitti. Come ci si regola?

Faina: “Posso spiegare la location con l’algoritmo a 9 punti, che usiamo per valutare proprio questo aspetto che è un fattore variabile insieme ad altri: location, ambiente, prodotto, servizio, prezzo, staff, clientela, concorrenza e backoffice. Sono questi quindi i 9 aspetti da considerare: con una location particolarmente bella e posizionata in un luogo strategico, si ha più visibilità e l’occasione di avere una maggiore percentuale di clienti, ma avrà un costo maggiore.

L’ambiente è invece è il layout, l’estetica del bar: il più bello tra due locali vicini, attirerà il cliente. Generalmente (nel 90%) le caffetterie rinnovate hanno un incremento del 30% del fatturato, che poi si dovrebbe cercare di mantenere costante.

Prodotto/servizio: a volte nelle location di grande “traffico”, si bada meno alla qualità, perché si recupera sulla quantità. Viceversa i bar più periferici devono puntare sulla qualità del prodotto e del servizio per giustificare il viaggio del cliente sin lì. E qui ci colleghiamo al target di consumatori: è necessario adeguare la propria attività, la propria offerta, alla clientela della zona di riferimento, proponendo anche qualcosa che c’è già sul mercato, facendola meglio.

Lo staff: incide in Italia attorno al 30%, quindi un terzo degli introiti (possono esserci delle variazioni ovviamente). L’imprenditore italiano ha sempre avuto un rapporto un po’ conflittuale con questa voce: oggi c’è un problema tra domanda e offerta e dato che con la stessa paga si hanno minori responsabilità in altri settori, le persone scelgono di fare altro.

Quindi il capitale umano è una voce di costo che non è sempre percepita come un potenziale profitto. Invece è proprio ciò che genera capitale e per questo lavoriamo tanto sulla valorizzazione di questo elemento. Gli imprenditori pensano che l’unica leva che hanno per conquistare i dipendenti sia quella dello stipendio, ma se si mettono a disposizione dei dipendenti dei benefit, allora si ridurranno i conflitti e i problemi nel reperimento e mantenimento delle stesse risorse.

Con il numero giusto di operatori si riesce anche a “turnare”, a fare un lavoro di squadra. E bisogna anche fare una distinzione precisa tra professionisti e operai, offrire il turno fisso, le domeniche distribuite equamente, venendo incontro alle esigenze del lavoratore, riconoscendo il valore che il professionista porta all’azienda.

La concorrenza è un fattore che deve essere considerato uno stimolo e non una minaccia.

La capacità di fare backoffice: i bar che lavorano molto non sempre sono quelli che guadagnano. Non è detto che la mole di lavoro corrisponda al puro profitto: molte volte ciò che si incassa non si traduce in un vero introito, perché manca la capacità di gestire i soldi e di fare investimenti. C’è bisogno di affidarsi ad un commercialista esperto del settore.”

Quant’è la marginalità (cioè il guadagno) che deriva dalla vendita del caffè, al netto dei costi a carico del gestore? Possiamo ancora dire oggi, che il caffè è un prodotto centrale per una caffetteria?

“Quando analizziamo il fatturato e il movimento di un’attività osserviamo i ricavi a valore e a volume: sicuramente in termini di quantità di traffico, il caffè gioca un ruolo importante.

Suggeriamo ai clienti di riuscire, per ogni persona che ordina un espresso, a proporre una preparazione più elaborata che parte dal caffè ma che prevede l’aggiunta di altri ingredienti: il costo non è tanto più alto per il gestore, ma diventa più elevato quello di vendita e questo permette di alzare la marginalità.

Bisogna considerare anche che il mercato è cambiato: i consumatori rimangono più tempo nel bar, scelgono la location strategicamente dal punto di vista logistico e il pubblico ormai è abituato ad armarsi di smartphone per consultare il menù, studiandolo ancora prima di entrare nella caffetteria.

Il menù a disposizione nel telefono è una svolta, incrementa le vendite ed è sempre disponibile anche nei momenti fuori dalla caffetteria. Il costo per il gestore è davvero piccolo, consulenza sulla dimensione digitale.

Per rispondere alle nuove criticità posti dai rincari, abbiamo creato un vademecum per il
contenimento energetico così da aiutare i gestori dei pubblici esercizi a trovare delle soluzioni di vario tipo e abbiamo ragionato su un efficientamento energetico, con dei consigli pratici: non riempire troppo il frigo, se si hanno due lavapiatti tenerne una chiusa, fino a tot ore tenere accesa o spenta la macchina del caffè per consumare di meno e fare attenzione agli sprechi, al riciclo e alla sostenibilità. I consumatori sono interessati a conoscere che sono stati applicati questi accorgimenti e questo aumenta il valore percepito di un’attività rispetto ad un’altra.”

Quindi quali sarebbero le quantità ideali al giorno necessarie per fare margine dal caffè, partendo da un ipotetico prezzo di 1.20?

“E’ un conto complesso: considerando soltanto il caffè è molto difficile fare sufficiente margine per sostenere il business ma con le vendite aggiuntive, il volume di affari aumenta di parecchio.

Il caffè resta il principale attrattore. Bisognerebbe calcolare la percentuale includendo il cappuccino e le nuove bevande vegetali. Il segreto è la diversificazione e il fatto di coprire tutte le necessità anche nell’allestimento: dai tavolini ai divanetti fino alla zona all’esterno del locale.

Il consumatore vuole poter ordinare e fruire come vuole, anche con il take away e con il servizio di delivery. L’importante è tenere sotto controllo i numeri e darsi degli obiettivi misurabili e specifici. Non possiamo proporre una formula standard valida per tutti.”

Dal confronto con molti gestori, la fase della giornata in cui si ottengono più entrate è l’aperitivo e non la colazione: è così?

“Non sempre alcol e caffè vanno a braccetto: possono esserci dei locali in cui il caffè è protagonista e l’alcol è marginale, ma in ogni caso appartengono generalmente a due momenti diversi.

Una colazione alternativa funziona ancora. Ci sono dei clienti che hanno “perso” la pausa pranzo, ma hanno inserito proposte salate sin dalla mattina, appena aperti, per cui il cliente acquista già in anticipo ciò che consumerà più tardi. Non ho riscontrato quindi un calo nella colazione, anzi, ho notato degli incrementi: grazie alla capacità di alcuni operatori di implementare l’offerta intercettando nuovi bisogni, migliorando nella crescita di volumi.

D’altra parte sì, l’alcolico di qualità e ben definito ha conosciuto un aumento: il centro si è svuotato a favore della periferia che diventa più district coffee shop, un locale che copre tutto, e diventa punto di riferimento. Un bar che funziona è molto segmentato identificandosi nello specifico magari nell’alcolico (con maggiori volumi). Tutti i segmenti però hanno buone possibilità, c’è spazio per la creatività.

La colazione è assolutamente una fase con molto potenziale, dove sta la costanza nel servizio e nella qualità del prodotto: il lavoro non manca. Nel bar ora però devi trovare tutto: se ci si trova bene in un posto, si va per la colazione o per l’aperitivo. La fidelizzazione però necessita di molta professionalità.”

Faina, la forma del comodato d’uso è molto diffusa in tutta Italia: quali sono i reali vantaggi (se ancora ce ne sono) che spingono ancora oggi molti gestori ad affidarsi quasi completamente ai torrefattori, per attrezzature e materia prima venduta (al prezzo maggiorato per loro)

“Sicuramente il comodato d’uso è una formula per aiutare gli operatori non soltanto a sostenere dei costi finanziari importanti, ma anche attraverso la consulenza. Per illy è fondamentale: un conto è esser un puro fornitore, un altro è essere considerato partner. Avere le macchine di proprietà certo garantisce un maggior grado di libertà, ma anche una serie di responsabilità per far quadrare i conti. Molti gestori si mettono in proprio pensando che il salto sia semplice ma pochi riescono davvero ad avere successo.

Oggi ci sono anche opzioni differenti, come noleggiare le attrezzature e il dehors, pagando un importo fisso senza esser dipendenti da un’azienda specifica. Le possibilità esistono, ma bisogna cercarle.

Il concetto base è che non basta pensare al comodato come valore in sé. Se a fronte di questo non si perseguirà un margine su base quadriennale, finito il contratto di comodato (che non è gratuito) ci si ritroverà di nuovo daccapo. Il comodato aiuta per sei mesi, un anno, ma senza un concreto piano di sviluppo non si potrà crescere. E in questo senso, tagliare soltanto i costi alla lunga non porterà a reali benefici. Il consiglio è quindi quello di incrementare i ricavi e migliorare la marginalità tenendo conto delle spese fisse.”

Quanto è importante la gestione del magazzino per tenere d’occhio le vendite?

Faina: “La gestione del magazzino è complessa: c’è il principio di Pareto 20/80, una legge statistica che mette in rapporto i numeri dei risultati. Il 20% degli articoli a menù fanno l’80% del fatturato. Il 20% degli articoli del magazzino ruotano più degli altri. Ci sono articoli best seller che si possono stoccare in maggiori quantità e degli altri che ruotano meno e devono esser acquistati in minor misura. Il magazzino è capitale fermo e se è tenuto bene, gestito correttamente nelle scorte, rappresenta un profitto.”

Quali sono quindi i punti da monitorare? E quali quelli su cui investire di più?

“Un esempio sono le bevande vegetali, che vengono vendute con un costo maggiore al pubblico (20/30 centesimi in più) e possono rappresentare un prodotto per cui il cliente sceglie di venire nel tuo locale. Abbiamo studiato molte preparazioni con degli ingredienti aggiunti che fanno alzare il valore dello scontrino, da servire come carta di degustazione o ricetta del mese. Correttamente presentati con uno storytelling digitale, si può puntare sul free (lattosio, glutine, zucchero) attirano di più.”

Faina, il bar di oggi, ma soprattutto del futuro, come deve evolversi per poter continuare a rappresentare una fonte economica interessante? Gli specialty, per esempio, sono o non sono, una possibilità per guadagnare di più sul caffè?

“Il mercato ora è cambiato, c’è stata una pulizia delle imprese improvvisate che “inquinavano” il mercato. Si devono gestire gli spazi in maniera precisa, cogliendo la sensibilità delle persone che vogliono una normalità diversa da prima: il buffet ad esempio fa impressione, la soluzione potrebbe essere la monodose. La qualità delle relazioni, sentirsi riconosciuti e chiamati per nome, fidelizza il cliente.

Ampliare anche le proposte e stimolare la curiosità è importante, così come lo sviluppo dell’interazione digitale da non affidare a terzi che magari neppure lavorano dietro al bancone: una web agency, può aiutare con un minimo investimento a impostare una strategia efficace.

Anche la possibilità di contare sugli spazi fuori, dei dehors, è una conquista da cui non si può tornare indietro, anche se verrà ridotta. Avremo sempre più un avanzamento anche dal punto di vista tecnologico, anche per quanto riguarda i pagamenti, sempre meno svolti fisicamente in cassa.”

E il bar del futuro dovrà sempre essere aperto, o è più sensato, conveniente restare chiusi nelle fasce orarie in cui non entrano clienti?

“Potenzialmente il pubblico esercizio deve restare a disposizione in un’ampia fascia oraria: se si chiude alle 20.00, bisogna esser aperti sino alle 19.59. Piuttosto che restare chiusi in certi momenti della giornata, bisognerebbe cercare di comprendere perché quelle fasi registrano un calo del flusso.

Sarei più propenso alla ripresa della chiusura settimanale che dà una vera svolta. Restando tutti i giorni aperti si ha bisogno di almeno 8 persone in più, con un “turnaggio” continuo. Fermarsi una giornata permette di posizionare alla macchina una persona diversa, rappresenta una riduzione di costi, il cliente andrà altrove quel giorno ma non si deve aver paura: si è forti della propria offerta a tal punto che non verrà persa la clientela, con uno staff che verrà gestito meglio. “

Orsi, gestore del bar specialty Mostarda #22 a Bologna: “Su 18mila€ al mese, ne restano solo 1.200”

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Gianmarco Orsi dietro al bancone (foto concessa)
Gianmarco Orsi dietro al bancone (foto concessa)

MILANO – Ci spostiamo a Zola Predosa, comune della città metropolitana di Bologna,, da Mostarda #22, dove Gianmarco Orsi gestisce la sua attività all’insegna dello specialty coffee. In un contesto come il suo, cosa ci ha potuto dire rispetto all’inchiesta su costi e ricavi legati al settore bar, di cui abbiamo parlato qui e qui? I numeri ci aiutano ancora una volta a fare chiarezza.

Orsi, quanto guadagna un bar su ogni caffè venduto, considerate le tante voci di spesa per un locale?

“Ci troviamo in un paese nella prima periferia bolognese, siamo il terzo comune più ricco di Bologna. Noi abbiamo fissato l’espresso a 1euro e 30. Siamo subentrati due anni fa in questo locale quando lo vendevano ancora a 90 centesimi e presto lo alzeremo sino a 1 e 50.

Anche il macchiato dovrebbe costare di più, (è latte montato che diventa scarto, devo azionare e pulire la lancia, considerare il personale dietro alla macchina che la sa usare) ma è difficile farlo capire ai clienti. Sicuramente c’è un periodo iniziale in cui si deve spingere e investire su sé stessi, considerando però che il caffè non è qualcosa di vitale, ma è un lusso che le persone si concedono e quindi da parte nostra, bisogna fare attenzione. Il difficile è avere dei guadagni senza staccarsi eccessivamente dal mercato.

Dentro Mostarda #22 (foto concessa)

Quando, tornando dal caffè a un euro e trenta, impostiamo il lavoro sui 3 chili al giorno di media. L’obiettivo minimo da raggiungere però è l’euro e 50, un prezzo che, pensando ad esempio al boom delle bollette che sono nel nostro caso raddoppiate, avrebbe assorbito un aumento di soldi di 1.600 in più al mese.

Per far fronte a questi rincari ci siamo ingegnati con diverse soluzioni: anche il macchiato non lo facciamo mai a orlo tazza, il latte lo montiamo più denso per fare più volume così da ne usiamo di meno. Proponiamo il macchiatone, che ha la stessa quantità ma presentato in tazza più grande, così che le persone sono disposte a pagare qualche centesimo in più ma volentieri.”

Ma quindi il caffè è ancora il core business dei bar?

Orsi: “Il punto è che tutto dev’essere una voce di profitto del locale. Incentrare il profitto reale attorno all’espresso non è realistico: il caffè è un contorno così come lo è la brioche, che è la cosa più facile da vendere perché ha un costo più basso, ma che nell’insieme della colazione, un momento di reale stress e impegno, non porta a fare grossi margini: con uno spritz o con il gin tonic, venduti al prezzo che si vuole senza che nessuno si scandalizzi troppo, si fanno meno scarti e meno fatica.

Scendendo nel particolare del caffè: soltanto per la materia prima di qualità paghiamo 20 centesimi e questo senza considerare lo scarto (che almeno è del 5%). Se prendo un chilo e riesco a trasformare tutto utopicamente senza buttare via niente a 20 centesimi, devo anche aggiungere i 2 centesimi e mezzo a fazzoletto di carta riciclabile comprato da noi (che i clienti solitamente usano in abbondanza) lo zucchero per altri 2 centesimi a bustina.

Contando la materia prima, la sua incidenza è sui 48 centesimi. Spalmo questi numeri su tutta la giornata, considerando che rimaniamo aperti dalla mattina alla sera sino alle 23. Chiudendo prima, il conto sarebbe più alto.”

Orsi, quali sono le principali voci di costo per il locale?

“Nel locale lavoriamo io, il mio socio, 6 dipendenti stabili e tre che turnano. Mediamente costituiscono una spesa di 10.000 netti al mese, con contratti regolari. Sono rimasti con noi, 40 ore, pagati puntualmente, con due giorni di vacanza, straordinari regolarmente retribuiti. Ci occupiamo anche della loro formazione.

Per quanto riguarda la location, paghiamo 1.500 euro d’affitto al mese. Abbiamo una macchina espresso di proprietà, una Cimbali M100 trovata a 4000 euro ricavata da un locale che aveva chiuso nel giro di poco. Due addolcitori, due lavastoviglie, 4 macinini (uno Dalla Corte On demand (2200 euro), due mignon silenziosi Eureka (400) e uno ancora Eureka più grande (600) per il decaffeinato e due monorigine).

La precedente proprietaria pagava il caffè di Filicori Zecchini a 29 euro al chilo, (noi lo acquistiamo a 24 euro al chilo di maggiore qualità della torrefazione Lelli) ma loro hanno dato la macchina, i tovagliolini, lo zucchero. Quel prodotto però secondo me non vale i 29 euro al chilo che pagavano i vecchi titolari inoltre le attrezzature non sono neppure tue. “

Ma quindi qual è il momento o il prodotto di punta per guadagnare?

Entrando nel locale di Orsi (foto concessa)

Orsi: “Il prodotto per margine? In generale tutto il food, e noi facciamo molti margini con il pranzo: offriamo verdura fresca, cotta e cruda, con abbinamenti veloci tra primi e secondi, preparati ogni giorno, che partono da un minimo di 10 sino ai 15 euro. Anche la sera guadagniamo con l’aperitivo: è sufficiente studiare pochi prodotti ma buoni, come i nostri 4 signature drink con frutta fresca di stagione, uniti al classico tagliere e ad altri piatti.

La mia esperienza suggerisce che la maggiorparte dei bar in Italia arriva a 500 euro di incasso al giorno massimo, e su 18mila euro, soltanto 1.200 euro arrivano puliti. Il locale può marginalizzare, ma lavorando fisicamente al suo interno con 70/80 ore alla settimana. Tutti i clienti poi ormai sono super informati, quindi vendere cose scadenti non premia. Il personale resta la spesa più importante, ma sono felice di poter pagare ciascuno dei miei dipendenti a fine mese.”

Nuove tendenze: le bevande vegetali sono davvero economicamente interessanti secondo lei Orsi?

“L’avena ormai ha sorpassato la soia. Su 10 litri di latte venduti, prima ne usavo 3 di soia, Oggi, su 15 litri, 10 sono di latte vaccino, 4 sono di bevande vegetali all’avena, e uno soltanto di quella di soia.

Il latte normale lo paghiamo sull’euro e 50 al litro, mentre la bevanda a base di soia 1 e 30 al litro, quella d’avena 2 e 49 in offerta sennò si aggira intorno ai 3 euro. Va comprato ora perché è di moda, e vendo a 1 euro e 50 il cappuccino classico, mentre quello vegetale a 2 euro. Cerchiamo di spostare i clienti verso il latte macchiato con la bevanda vegetale d’avena, vendendolo a 50 centesimi in più. Anche il 15% delle nostre brioche sono vegane, perché abbiamo capito che, se riesci ad accontentare questa nicchia, la fidelizzi e quando hanno bisogno di un prodotto specifico, tornano da noi. E questo vale qualsiasi margine.

Ricarichiamo di più su prodotti di bottega, come le colombe, il panettone, le cioccolate, su cui c’è un margine molto più alto. Più scelta hai più hai richieste. Per questo abbiamo un banco con 20 gusti di praline diverse.

Il caffè oggi è come un veicolo per acquistare qualcos’altro. Per questo devi circondarlo di altri prodotti. Io vorrei fare anche molta più caffetteria, ma si fa fatica tra formazione, spazi e altri fattori che alla fine ti portano a metterla un po’ da parte.”

Aeropress diventa trasparente e svela tutta la sua magia

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AeroPress Clear
Il nuovo AeroPress Clear (immagine concessa)

MILANO – Aeropress diventa trasparente per facilitare la preparazione e svelare la magia del suo peculiare principio di funzionamento, che comporta tre fasi (infusione, percolazione e pressione manuale). AeroPress, Inc. – l’azienda che produce l’iconica caffettiera inventata nel 2005 da Alan Adler – ha annunciato in questi giorni il lancio ufficiale di AeroPress Clear.

Il nuovo modello si basa sulla medesima tecnologia della versione originale. Cosa lo distingue? Per l’appunto, il fatto di essere trasparente.

A differenza di AeroPress Original, AeroPress Clear è infatti realizzato in Tritan, il copoliestere di nuova generazione esente da bisfenolo (bpa), privo di componenti dannosi e riciclabile al 100%.

Tra le sue caratteristiche, la resistenza alle alte temperature, l’eccellente tenuta termica e la possibilità di subire lavaggi frequenti. AeroPress Clear è lavabile in lavastoviglie, infrangibile e a prova di macchia. Leggero, ma resistente agli urti è adatto dunque anche all’utilizzo “on the road”.

“Questo nuovo modello è il frutto di anni di lavoro” spiega il ceo della società Gerard Meyer. “Grazie all’utilizzo di un materiale dall’aspetto simile al vetro, AeroPress Clear può essere messo in bella mostra sul bancone di una cucina o di un bar. Ma al tempo stesso, il design durevole lo rende portatile e pratico. Riposto in una borsa o in un sacco può essere trasportato e utilizzato ovunque”.

AeroPress Clear è già in vendita negli Usa al prezzo di 49 dollari e 95 centesimi. Sarà disponibile a breve anche nel resto del mondo.

Come funziona Aeropress?

Inventato nel 2005 da Alan Adler – celebre ingegnere americano, che ha al suo attivo oltre 40 brevetti nel campo dell’elettronica, dell’ottica e dell’aerodinamica (tra cui il famoso “Aerobie”) – l’AeroPress debuttò ufficialmente al Coffee Fest di Seattle nel novembre dello stesso anno.

Definito da qualcuno “la nuova icona pop del mondo del caffè”, l’AeroPress consta di tre parti: una camera di infusione, che accoglie il caffè e l’acqua; uno stantuffo, dotato di una guarnizione di gomma, che scorre all’interno della camera e serve a dare la spinta a pressione durante l’estrazione; un tappo con filtro di carta monouso, da avvitare alla camera sul lato opposto a quello dello stantuffo.

L’estrazione avviene in tre fasi. Durante il primo minuto, per infusione e percolazione; nella fase finale per pressione manuale. La preparazione richiede circa un minuto e mezzo. La bevanda così ottenuta si caratterizza per un’amarezza meno accentuata e maggiore corpo rispetto al classico caffè filtro.

Al metodo sopra descritto (tradizionale) si aggiunge il metodo “inverted”. Questo secondo metodo richiede di effettuare l’infusione girando lo strumento con il filtro verso l’alto. In questo modo avviene una totale infusione del caffè, prima che l’AeroPress venga girato nuovamente per procedere all’estrazione a pressione.

Pur essendo un’invenzione recente, l’AeroPress ha vasto seguito in tutto il mondo. In oltre cinquanta paesi, compresa l’Italia, si organizzano campionati nazionali, dedicati agli specialisti di questo particolare metodo di preparazione.

I vincitori si qualificano per il mondiale. Il World AeroPress Championship, giunto alla sua quindicesima edizione, si svolgerà quest’anno in Australia, a Melbourne.

Sassari: il prezzo del caffè al bar è tra i più costosi in Italia con la media di 1,17€

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

La colazione a Sassari risulta tra le più care in tutto il Bel Paese: a rivelarlo sono i dati Istat. In media, una tazzina di caffè può costare fino a 1,17 euro. Il cappuccino si aggira invece intorno ai 1,43 euro. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Pietro Serra pubblicata su Sassari Oggi.

Il caffè a Sassari

SASSARI – Secondo i dati Istat aggiornati a dicembre 2022, il costo della vita a Sassari non è dei più convenienti, soprattutto per quanto riguarda le spese per il caffè, il cappuccino e il pranzo al bar o in pizzeria.

In media, una tazzina di caffè a Sassari può costare fino a 1,17 euro, cifra che posiziona questa città tra le più costose d’Italia. Anche il prezzo di un cappuccino è piuttosto elevato, con un costo medio di 1,43 euro.

Per chi desidera fare una pausa pranzo fuori casa, il prezzo di un panino può raggiungere i 3,69 euro, mentre per un pasto completo in pizzeria con una bibita è necessario mettere in conto circa 12,11 euro in media. Tuttavia, è importante sottolineare che i costi possono variare notevolmente a seconda della zona in cui ci si trova e della tipologia di locale.

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BWT Alpine F1 Team riconosciuto dalla FIA per le prestazioni ambientali

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bwt alpine team
Il logo Bwt Alpine F1 Team

BWT Alpine F1 Team annuncia che la FIA (Fédération Internationale de l’Automobile) gli ha conferito il label a tre stelle del suo programma di accreditamento ambientale per i siti di Enstone e Viry Châtillon. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Strade ’89.

BWT Alpine F1 Team e il programma di accreditamento ambientale

MILANO – Il programma di accreditamento ambientale della FIA si prefigge lo scopo di aiutare i protagonisti del motorsport e della mobilità di tutto il mondo a valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali.

Le prestazioni ambientali del team sono state analizzate durante un audit ufficiale condotto lo scorso dicembre ad Enstone. Il sito di Viry-Châtillon, già certificato ISO 14001, invece, è stato oggetto di un audit da remoto. La FIA ha così passato in rassegna le best practice della scuderia in ambiti come il consumo energetico, la biodiversità e le emissioni complessive di carbonio.

L’assegnazione del massimo livello di accreditamento ambientale sottolinea le varie iniziative prese da BWT Alpine F1 Team

Dimostra anche i progressi compiuti in determinati ambiti, come la creazione di un efficace sistema di gestione ambientale e le misure operative che coinvolgono il team. Tra queste ultime ricordiamo, in particolare, l’introduzione di zone senza bottiglie sia in pista che ad Enstone grazie al supporto del title partner BWT. Il label mette in risalto anche l’approvvigionamento del sito di Enstone con energie rinnovabili per i consumi quotidiani dello stabilimento (dal 2004).

Anche il sito di Viry-Châtillon, certificato ISO 14001 dal 2011, si adopera quotidianamente per ridurre il proprio impatto ambientale con iniziative come la raccolta differenziata dei rifiuti organici, l’eliminazione dei bicchierini di plastica usa e getta, la riduzione del 95% del solvente utilizzato per pulire i componenti. Oltre alle azioni intraprese, l’accreditamento rispecchia anche la collaborazione dei team dei due siti con feedback incrociati, condivisione di best practice e riflessioni comuni sulle iniziative da attuare in entrambe le sedi della scuderia.

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Gelato: il caldo incrementa gli acquisti nonostante l’aumento di prezzi del 23% rispetto all’anno precedente

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buvette gelati montecitorio
Una varietà di gelati (immagine: Pixabay)

Con l’arrivo della bella stagione il consumo di gelato registra, come ogni anno, un aumento esponenziale nonostante il forte incremento di prezzi del 23% registrato dall’anno scorso. A pesare sui listini il balzo dei costi per l’energia e le materie prime usate nelle preparazioni, dalle uova (+17%) al latte (+21%) fino allo zucchero (+54%). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul sito Coldiretti.

L’aumento di prezzo del gelato

MILANO – Il caldo fa volare i consumi di gelato con il ritorno di coni e coppette nonostante il balzo dei prezzi che fanno registrare un aumento del 23% rispetto allo scorso anno. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Istat diffusa in occasione del primo week end segnato dall’arrivo del grande caldo dopo un mese di aprile che ha fatto registrare in Italia una temperatura inferiore di 0,57 gradi la media dei periodo secondo Isac Cnr.

A pesare sui listini il balzo dei costi per l’energia e le materie prime usate nelle preparazioni, dalle uova (+17%) al latte (+21%) fino allo zucchero (+54%) di cui l’Italia è fortemente deficitaria, anche a causa delle tensioni internazionali legate alla guerra in Ucraina secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat.

Un andamento che non sembra spaventare gli italiani che con il meteo favorevole non rinunciano al gelato per la pausa pranzo o lo snack. Il gelato realizza un fatturato totale di 2,7 miliardi grazie alla presenza – continua la Coldiretti – di 39mila gelaterie nazionali che danno lavoro a 75 mila persone. Nelle gelaterie italiane – sottolinea la Coldiretti – vengono utilizzati ben 220 milioni di litri di latte, 64 milioni di chili di zuccheri, 21 milioni di chili di frutta fresca e 29 milioni di chili di altri prodotti durante l’anno con un evidente impatto sulle imprese fornitrici impegnate a garantire ingredienti di qualità.

Nonostante le innovazioni ad essere preferito è il gelato artigianale nei gusti storici anche se cresce la tendenza nelle diverse gelaterie ad offrire “specialità della casa” che incontrano le attese dei diversi target di consumatori, tradizionale, esterofilo, naturalista, dietetico o vegano.

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Bonomelli: aumento del consumo di camomille e infusi del 33% post Covid, per ritrovare il benessere

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bonomelli infusi tè camomille
Secondo uno studio AstraRicerche – Bonomelli, per la cura di sé vincono tra gli italiani gesti semplici e “low cost”, come passare più tempo all’aria aperta (45%) e concedersi momenti di relax, magari gustando camomille, tisane e infusi (40%) (immagine concessa)

MILANO – Italiani e cura di sé, com’è cambiato questo binomio negli ultimi anni? Se prima del Covid “prendersi cura di sé” era una tendenza emergente, con il ritorno alla normalità è diventato il principale obiettivo, tanto che oltre 1 italiano su 2 (53,3%) dichiara di ‘farlo di più’ rispetto a tre anni fa e quasi 1 su 6 ‘molto di più’ (15,8%). Eppure, il 39% non riesce ancora a curare il proprio benessere psico-fisico in maniera sufficiente con punte di negatività tra i giovani.

Ma quali strategie mettono in campo gli italiani per curare il proprio benessere psico-fisico? Vincono gesti semplici e ‘low cost’, come passare più tempo all’aria aperta (45%), concedersi momenti di relax, magari bevendo camomille, tisane e infusi per coccolarsi (quasi 40%), trascorrere più tempo con amici e parenti (37%) e seguire una dieta salutare (35,6%)

È la fotografia scattata dall’indagine “Italiani e benessere: camomilla, tisane e infusi elisir del vivere bene”, realizzata da AstraRicerche per Bonomelli, brand iconico di Gruppo Montenegro, e presentata oggi a Milano, presso l’Atelier della Natura (il primo flagship store Bonomelli, in Corso Garibaldi 12, nato per far vivere un’esperienza unica al consumatore).

Lo studio, condotto su un campione di oltre 1.000 connazionali di età compresa tra i 25 e i 65 anni, conferma l’aumento della domanda interna di queste bevande, a riprova di un mercato in salute e soprattutto in crescita. Solo negli ultimi due anni, circa un terzo degli italiani dichiara di avere consumato in misura maggiore camomilla (31,3%) e tisane/infusi (33,8%), sempre più visti come perfetti alleati per il sonno e il relax, la digestione e l’idratazione, ma anche per il piacere del palato.

Cresce, inoltre, il consumo di camomilla tra i giovani, con i ragazzi (25-34enni) in particolare che indicano come prima motivazione di scelta la piacevolezza, oltre che il relax. Non sorprende dunque di vedere il gusto come primo driver di scelta al momento dell’acquisto di queste bevande (elemento fondamentale per il 30,4%), seguito da efficacia (23,2%) e naturalità delle materie prime (21,4%).

Camomille, tisane e infusi sempre più sinonimo di convivialità

Accanto alla funzionalità e naturalità, a spingere negli ultimi anni i consumi di camomilla, tisane e infusi è anche la ricerca di socialità. Secondo l’indagine Bonomelli-AstraRicerche, tisane e infusi sono le bevande più ‘social’: per molti italiani rimandano all’idea del piacere (40,1% rispetto al 32,8% della camomilla) e della convivialità (12,5% vs 5,8%). Non a caso, sono consumate più facilmente fuori casa e in compagnia.

È più associata all’idea del relax (68,2%) e dell’aiuto al sonno (49,3%), invece, la camomilla che viene gustata maggiormente a casa o da soli (per il 72% degli intervistati), anche se una tendenza emergente riconosce la sua bevuta come rito familiare (quasi 20%) ed elemento di aggregazione tra amici (8%).

Il bisogno di benessere passa anche dalla tavola

Prendersi cura di sé significa anche tenersi in forma. Un proposito che passa dalla ripresa delle attività sportive, ma soprattutto dalla maggiore attenzione verso un’alimentazione sana, con quasi il 36% degli italiani che ha iniziato una dieta più salutare, secondo l’indagine. E in questo mix, il consumo di prodotti naturali, come camomille, tisane e infusi, riveste un ruolo rilevante per funzionalità specifiche, come la digestione (fattore indicato dal 32,5% degli intervistati) e l’idratazione (22,7%).

“Declinate nelle quattro stagioni, sia calde che fredde – spiega la nutrizionista Martina Donegani – queste bevande sono un concentrato di principi attivi e dunque un ottimo aiuto complementare per specifiche esigenze dell’organismo, come per esempio l’idratazione, la digestione e il rilassamento. E per beneficiarne al massimo, basta seguire delle semplici regole, come per esempio evitare di assumerle bollenti”.