La presenza di Filicori Zecchini nel mondo (immagine concessa)
OSTERIA GRANDE (Bologna) – Filicori Zecchini è una storica torrefazione bolognese che in cento anni ha saputo portare i propri prodotti in 43 paesi. In questi giorni la centenaria torrefazione è presente a 4 diverse fiere in 4 continenti: Tirreno CT a Massa (Italia), Coffee Fest a New York (USA), Hostex 2024a Johannesburg (Sud Africa) e Foodex a Tokyo (Giappone).
La torrefazione a Johannesburg (immagine concessa)
Un grande sforzo ma anche un’opportunità unica per un’azienda come Filicori Zecchini; questi eventi sono certamente un’opportunità importante per promuovere il proprio marchio ma sono soprattutto un’importante occasione di incontro e scambio, si entra in contatto con tanti consumatori provenienti da diverse culture, si comprende e apprezzano i differenti approcci al consumo di caffè.
Filicori Zecchini a Massa (immagine concessa)
Filicori Zecchini nel mondo
Oltre alla promozione del proprio caffè di alta qualità, l’azienda impara dagli stili di degustazione locali ad adattare la presentazione del prodotto alle preferenze di ogni mercato e stabilisce relazioni significative con clienti e partner commerciali provenienti da tutto il mondo.
L’azienda a New York (immagine concessa)
Questo confronto interculturale contribuisce alla crescita e al successo glocal di Filicori Zecchini.
La ricerca di Frontiers in Nutrition assicura che consumare 2-3 tazzine di caffè al giorno diminuisce il rischio di sviluppare tristezza: il malumore si riduce sensibilmente, grazie alla capacità della caffeina di modulare la trasmissione dopaminergica. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno.
L’effetto del caffè sul benessere emotivo
MILANO – Caffè? Sì, grazie ma che sia espresso e buono. La ricerca qualificata ultima (metanalisi di Frontiers in Nutrition, su 29 studi per un totale di oltre 422mila partecipanti) ci rassicura: 2-3 tazzine al dì ed il rischio di sviluppare tristezza, malumore si riduce sensibilmente, grazie alla capacità della caffeina di modulare la trasmissione dopaminergica, facilitare il rilascio di serotonina e la presenza di composti antinfiammatori e antiossidanti, come l’acido clorogenico e le catechine.
Nella tazzulella troveremo non solo felicità ma anche una fonte di energia che ricarica corpo e mente e un’esperienza multisensoriale in grado di influenzare anche le emozioni e il nostro comportamento, soprattutto per le preziose proprietà che la tazzina contiene.
Però quel caffè della sveglia che giunge solo allo stomaco non fa bene. Esso deve essere accompagnato da qualche alimento e deve inserirsi in una buona prima colazione che rappresenti il 20% delle calorie dell’intera giornata (cioè, almeno 400 kcal). I salta-colazione – udite udite – rischiano l’aumento di peso corporeo.
Perché no al caffè a stomaco vuoto? Esso stimola la secrezione di succo gastrico (acido) conseguente alla produzione di gastrina.
La caffeina riduce la calcolosi della colecisti, stimolando l’assorbimento degli acidi biliari a livello intestinale ed epatico, protegge da infarto e ictus e… fa vivere a lungo purché bevuto nei limiti”.
Il caffè fa alzare la pressione? Uno studio dell’università di Bologna lo smentisce: “chi lo beve regolarmente ha valori “significativamente più bassi” (prof. Michele Bocci).
La professoressa Maria L. Muiesan presidente Società italiana di ipertensione arteriosa, precisa “Chi ha la pressione alta può bere un paio di tazzine di espresso (che va meglio dell’americano o dei lunghi) al giorno… esso contiene, caffeina e polifenoli e potassio pare abbia effetto favorevole sulla pressione… chi ha aritmie chieda prima al medico o cardiologo di fiducia”.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
MILANO – Cioccolato Gourmet propone un’originale rivisitazione al cioccolato delle specialità sushi più apprezzate, un viaggio goloso alla scoperta dell’Oriente grazie a questa inedita e divertente versione dei cioccolatini Ciocosushi. La confezione è composta da 20 gustose praline che richiamano i maki con morbido ripieno: praline di cioccolato fondente con ripieno allo zenzero e al caffè e bonbon di cioccolato al latte con ripieno al mango e alla nocciola.
Cioccolato Gourmet lancia Ciocosushi
Inoltre, per gustare al meglio questi maki cioccolatosi non possono mancare le bacchette al cioccolato fondente e gli immancabili dragées al gusto wasabi.
La confezione è da 180g. Prezzo consigliato al pubblico è di 20 euro.
La professoressa Anna Gregorio Michelazzi (immagine concessa)
TRIESTE – Giovedì 7 marzo, all’Hotel Savoia Excelsior (Riva del Mandracchio 4), con inizio alle ore 17.30, avrà luogo il quinto incontro del ciclo 2023-2024 dei Cenacoli dell’Associazione museo del caffè di Trieste, presieduta da Gianni Pistrini, stavolta dedicato al tema “Verso il mondo del caffè dallo spazio, fra ricerca e industria”.
Protagonista dell’appuntamento sarà la professoressa Anna Gregorio Michelazzi, docente di Astrofisica all’Università di Trieste, coordinatrice dei team strumentali di grandi missioni scientifiche spaziali (Planck, Euclide) dell’Agenzia Spaziale Europea, membro del consiglio di amministrazione di Elettra-Sincrotrone, SISSA-Medialab, Kyma, Women in Aerospace-Europe, valutatore esperto della Commissione Europea, nonché co-fondatrice e responsabile della strategia di PICOSATS, società spin-off dell’Università che opera nel campo dei piccoli satelliti.
Anna Gregorio Michelazzi ospite dei Cenacoli del caffè
Personalità eclettica, appassionata sportiva (velista convinta, sciatrice, subacquea e viaggiatrice), inserita da Forbes fra le 100 donne manager italiane di maggior successo, pluripremiata da numerosi altri riconoscimenti italiani e internazionali, la professoressa Gregorio Michelazzi illustrerà le grandi possibilità offerte dall’attuale agricoltura di precisione che dallo Spazio permette di studiare nei dettagli la situazione dei campi agricoli e delle piantagioni di caffè in particolare.
In questo caso ponendo la ricerca spaziale al servizio dell’industria del caffè. E ci farà pure scoprire come, viceversa e sorprendentemente, anche tale industria può essere utile allo Spazio… In questo quadro la relatrice offrirà inoltre ai presenti una opportuna breve analisi della storia dello Spazio e della ‘New Space Economy’.
Come di consueto l’ingresso sarà libero fino a esaurimento dei posti disponibili. L’attuale settima edizionedei“Cenacoli”, dedicata al tema “Aria, terra, fuoco, acqua: caffè, un viaggio tra gli elementi”, è coordinata da Nicoletta Casagrande (responsabile dell’InfoLibro-Salotto multimediale del libro italiano di Capodistria e cultrice del mondo del caffè) e organizzata da Giulio Rebetz e Piero Ambroset.
Tutti gli appuntamenti potranno venir seguiti anche online sul portale web dell’Associazione qui o tramite il profilo Facebook aMDCTrieste.
La stessa AMDC, con l’occasione, informa anche che nella successiva giornata di venerdì 8 marzo, dalle ore 15.30 alle 17.30, avrà luogo una nuova apertura straordinaria (dopo l’ottimo risultato della precedente tornata) del “Magazin de cafè” di via Aldo Manuzio 10 B (laterale di via Tonello, nel rione di San Vito – Campi Elisi).
Le volontarie dell’Associazione museo del caffè svolgeranno alcune visite guidate gratuite illustrando ai presenti le numerose e particolarissime chicche caffeicole, macchine, strumenti e stoviglie per tutte le “fasi del caffè”, dalla preparazione alla degustazione, nonché i reperti della nostra gloriosa storia mercantile ed emporiale raccolti in questo piccolo ma curioso angolo di una Trieste che si pregia con ragione del titolo di “Capitale del caffè”.
MILANO – In Alto Adige il cacao di alta qualità c’è e ha il nome di Karuna Chocolate, un laboratorio artigianale dove Armin e Katya trasformano le fave di cacao da loro selezionate in un prodotto finito, passando ovviamente per la tostatura. Con loro entriamo in questo mondo di nicchia, dove la materia prima viene trattata con cura in tutti i suoi passaggi.
Partiamo dalla domanda più semplice ma che è la più complessa: come si fa a riconoscere un cioccolato di alta qualità?
“Una cosa sicuramente da tenere d’occhio è la fascia di prezzo: non è possibile acquistare un cioccolato composto da cacao pregiato che sia sotto i 4 euro a tavoletta. Questo perché il cacao pregiato ha dei costi molto più alti di quello usato a livello industriale.
Ricordiamoci anche che il piccolo produttore fa tutto in modo artigianale, senza macchinari automatizzati. Il fattore sensoriale poi gioca molto: ci sono tanti aromi secondari, si può percepire una vasta gamma di fragranze e una persistenza che il cioccolato industriale non possiede.
Il cacao industriale spinge molto sul profilo cioccolatoso e va verso un prodotto standard che elimina gli aromi secondari.
Nel cacao fino sono stati individuati oltre 400 flavor compounds. Certo, dipende molto dalla varietà, ma si va dalla frutta secca al floreale, da leggermente fruttato a spiccati sentori di frutta.
Facendo un po’ i conti
Alle origini del cacao (foto concessa)
L’industria per un cacao più commerciale paga intorno a 2 euro al chilo la materia prima, l’artigiano dai 7 ai 10 euro al chilo. Il cacao industriale arriva in Borsa, mentre quello fino è sul mercato libero in cui i prezzi sono equosolidali: questa è una differenza importante perché se prendiamo come riferimento il cacao industriale certificato, viene pagato un premium extra di circa il 12-15%, mentre nel mondo del cacao pregiato, a seconda dell’origine, dalla varietà e dalla quantità, il sovrapprezzo è intorno al 50-100% in più.
Forse in Italia siamo un po’ indietro rispetto ai Paesi Nord Europei, in cui il cioccolato fino è più diffuso e ancora più nel Nord America e in Canada, dove proprio è nato il bean to bar.
Il totale della coltivazione di cacao fino si aggira intorno al 5% e di questa percentuale, forse un 20% è certificato bio. Bisogna aggiungere che il cacao fino, anche al di fuori della certificazione biologica, già non viene sottoposto a grandi trattamenti.
Noi abbiamo deciso di essere una ditta al 100% biologica e questo ci apre ad altri mercati che richiedono la certificazione.
Questo rappresenta una tendenza soprattutto nel nord Europa, ma parliamo sempre di una nicchia. Il consumatore medio compra il cioccolato al supermercato, dove non si trova questo tipo di cacao.
Potremmo dire che è una nicchia giovanissima – anche le ultime generazioni sono più attente a questo tipo di discorso, peccato che non abbiano ancora un maggiore potere d’acquisto -: i nostri clienti rientrano nel range dai 30 ai 50 anni.”
Come fate a rifornirvi per Karuna Chocolate?
“Il fatto che siamo in pochi a fare questo lavoro – in Italia una trentina e negli altri Paesi europei poco più – e che l’industria non sia interessata, ci permette di fare rete e di sfruttare ciò che si trova sul mercato.
Penso che sarà sempre un po’ così, un settore circoscritto. Oggi si vedono però nel mondo del cacao fino sempre più trader che cercano nuove varietà, selvatiche e particolari, così nascono le collaborazioni con popolazioni indigene per amplificare la produzione e indirizzarla sul mercato europeo.
Forse rispetto allo specialty è più semplice avere rapporti con i coltivatori, perché tra noi e loro c’è solo una figura intermedia. Noi importiamo attraverso un trader e siamo in grado di contattare ciascun produttore direttamente.
Quando andiamo ad Amsterdam alla fiera Chocoa, incontriamo di persona i coltivatori e trader. E poi c’è la possibilità, per chi se lo può permettere, di viaggiare direttamente dal produttore e toccare con mano la materia prima. Noi siamo stati in Perù, in India, quest’anno dovremmo andare in Tanzania.
Normalmente un trader importa una o due volte l’anno un container che basta a soddisfare la piccola scena europea. Capita ogni tanto che un determinato cacao si esaurisca, ma di solito un container ne può trasportare sino a 20-25 tonnellate che poi il trader provvede a dividere nelle giuste quantità per rifornire chi ha fatto l’ordine.
Per ogni evenienza il trader ha anche materia prima stoccata nei magazzini. Noi siamo riusciti anche ad importare un cacao direttamente dal Belize, ma siamo in grado di farlo perché abbiamo avuto l’opportunità di agganciarci ad un’altra ditta tedesca che ne importa una quantità di 2-3 tonnellate all’anno.”
Ma qual è la scadenza delle fave di cacao?
“Il cacao viene essiccato ad una percentuale di circa il 7% di umidità residua, in modo da non far sviluppare muffe, ma bisogna fare attenzione, perché non deve essere neppure seccato troppo. Deve esser lavorato entro due-tre anni, anche se è bene ricordare che questo non va male grazie al suo contenuto di flavonoidi e il contenuto basso di umidità.
Qualcuno lo fa addirittura invecchiare: inizialmente il cacao ha delle punte di acidità che poi svaniscono in quanto volatili. Secondo me l’ideale per la lavorazione è nella sua fase intermedia: oggi la logistica è più veloce e questo comporta il fatto che il cacao arrivi addirittura troppo fresco, con un’acidità spiccata perché ancora molto vicino al processo di fermentazione.”
Da quando avete iniziato a oggi con Karuna Chocolate, il mercato italiano è più aperto verso il cioccolato di qualità o è ancora molto indietro?
“La scena del cacao fino, 20 anni fa quasi non esisteva. La maggiorparte dei piccoli produttori nasce negli ultimi anni e questo è un bene, perché aiuta a sensibilizzare insieme il cliente ad una realtà più artigianale, ad un prodotto più etico e più ricco.”
Il concetto di bean to bar: è ancora attuale, oppure è superato in quanto anche l’industria se n’è un po’ appropriata?
“Da due anni si vede questa dicitura comparire anche sulle confezioni industriali ed è una sfumatura che confonde un po’ il consumatore finale. Ma il punto è che il cioccolato di alta qualità non lo si trova nei supermercati in ogni caso e bisogna quindi cercarlo nei negozi specializzati.
Oggi anche Lindt può dire di fare bean to bar e lo usa come sinonimo di artigianalità. Ma un cioccolatiere non fa il cioccolato, ma ne compra uno industriale, lo scioglie e ne fa un prodotto finale. Ci sono tavolette da 5-7 euro che però non provengono da un processo trasparente e non parte da una materia prima eccellente.
Per raccontarci, noi usiamo l’espressione di craft chocolate, facciamo tutto in casa, cosa che gli altri non fanno.”
La questione delle percentuali sulle etichette: sfatiamo la loro importanza
“Quella percentuale spiega solo la quantità del cacao totale contenuto nel prodotto, ma non ne giustifica la qualità. È come scegliere il vino in base alla gradazione alcolica. L’80% di cacao non significa molto.
Nel nostro ambiente, l’importanza viene data alle note sensoriali e sono maggiormente apprezzabili quando si rimane attorno al 75% di cacao più che all’80-90%, perché lo zucchero esalta il gusto e la quantità di questo ingrediente bilancia l’amaro e l’acidità. Se voglio conoscere il produttore, la sua cifra, devo scegliere questa percentuale per percepirne le caratteristiche.
Ci sono tante operazioni che un produttore piccolo svolge, che poi rendono riconoscibile il suo prodotto. A partire dalla tostatura: dipende tanto dal grado e dalla lunghezza della cottura, se si vuole spingere su certi aromi o per diminuire acidità.
Ognuno usa macchinari diversi: noi usiamo una forno a convezione, tostiamo 12 chili di cacao alla volta e per un batch facciamo 3 giri di tostatura. Da 36 chili di cacao, che dopo viene decorticato – gli scarti di lavorazione noi li diamo a un contadino che li usa come mangime per le galline e il resto come fertilizzante -, otteniamo 28 chili di granella.
Per quanto riguarda il riutilizzo della cascara ci sono diverse opinioni: è proprio sulla buccia che possono restare delle tracce contaminanti che potrebbero nuocere alla salute e quindi noi non siamo convinti del tutto di riproporla per degli infusi.
C’è il produttore di carta Favini che ha una linea prodotta dal 15% circa di scarto alimentare, come il cacao, il caffè, l’uva, mais. Noi usiamo la Crush proprio per imballare i nostri prodotti, con buccia di cacao.”
Con Karuna Chocolate fate anche cioccolato bianco, che spesso si pensa non sia neppure “cioccolato”: ci raccontate il vostro artigianale?
Le tavolette di cioccolato Karuna (foto concessa)
“Generalmente per definizione legale, ci sono 4 tipi di cioccolato: il fondente, quello al latte, quello bianco e il Ruby. Quest’ultima contiene soltanto una piccola quantità di cacao non fermentato di colore viola. Il colore viene poi fissato con acidi e trasformato in un cioccolato al latte non troppo buono e neppure interessante dal punto di vista sensoriale.
Di solito c’è un po’ il pregiudizio attorno al cioccolato bianco perché quello industriale è troppo dolce, la qualità del burro di cacao usato è bassa, c’è il latte in polvere e del cacao c’è soltanto il grasso, spesso ottenuto da cacao povero e quindi deodorizzato. Per questo motivo tanti dicono che non è cioccolato. Anche se dal punto di vista legale lo è.
Nella scena del piccolo artigiano c’è invece chi fa un cioccolato bianco eccezionale, perché usa un burro di cacao non trattato che conserva tutti gli aromi. Noi realizziamo un prodotto che in realtà non può definirsi cioccolato perché non usiamo il latte e legalmente deve contenerlo.
Ora se si usa un altro prodotto non si può definire cioccolato, quindi noi lo abbiamo chiamato tavoletta a base di burro di cacao: come sostituto del latte usiamo la farina di mandorle disoleata.
Abbiamo fatto diverse prove perché da quando siamo partiti con la produzione di solo fondente, abbiamo deciso di restare plant based. In Alto Adige il latte è tanto e quello che avanza viene trasformato in quello in polvere e allora noi abbiamo fatto la scelta di non usarlo.
Quindi anche il nostro cioccolato al latte non possiamo chiamarlo tale perché usiamo gli anacardi in alternativa. Si potrebbe descrivere come cioccolato aromatizzato con frutta a guscio.”
Dove vedete indirizzarsi il futuro del cacao, anche di fronte alla problematica legata alla deforestazione?
“Un fatto interessante è che tutto il cacao fine crea un ecosistema di biodiversità, perché si sviluppa con altre piante. Due mie fornitori sono carbon footprint neutral.
Nello specialty di cacao se cresce, avviene il contrario della deforestazione, perché aumenta la vegetazione circostante. Quindi il cacao sostenibile esiste. Il fatto è che ce n’è molto poco e rimarrà probabilmente sempre così poco.
Parliamo sempre di 200mila tonnellate di cacao fino all’anno su una produzione globale di 5 milioni tonnellate. Ci sarà meno cacao in futuro? Difficile da prevedere. So che il cacao fino crescerà, restando però sempre di nicchia.
Di bello intravedo che alcuni farmers in origine scoprono varietà nelle giungle e questa è una buona iniziativa da portare avanti.
Sono quasi sempre popoli indigeni a coltivare da generazioni e forse fino ad oggi non riuscivano ad accedere al mercato, ma ora con progetti etici ci sono opportunità anche per queste comunità.
Per noi tutto questo è molto interessante: ogni anno abbiamo nuovi microlotti da sperimentare, con particolarità che ci permettono di creare prodotti unici e però adatti a chi ha già un po’ di competenze sulla materia prima.
Quando siamo partiti in Alto Adige il terreno qui era già fertile, perché i consumatori della zona sono abituati a spendere per la qualità e l’artigianalità. La cultura del cibo ci ha sostenuto nella nostra attività.
Negli ultimi anni abbiamo fatto tantissimi eventi di degustazione e food pairing con altri artigiani. Quello che ci spinge a continuare sono le reazioni dei nostri clienti da tutto il mondo, che sono la conferma del nostro lavoro e del nostro stile di vita.”
FIDENZA (Parma) – Durante l’evento Host, il punto focale globale per la comunità della ristorazione e dell’accoglienza, TME ha svelato il suo ultimo capolavoro di ingegneria: Cialdy Evo. Questo impianto all’avanguardia per la produzione di cialde di caffè in carta filtro ad alta velocità segna un passo avanti nell’innovazione sostenibile.
Cialdy Evo è il frutto dell’esperienza derivata dalla vendita di oltre 500 macchine per la produzione di cialde in tutto il mondo.
Mantenendo i concetti fondamentali di alta qualità, innovazione tecnologica, semplicità costruttiva e affidabilità, questo nuovo impianto offre prestazioni notevoli. Con una velocità di confezionamento di 3,3 cialde al secondo, richiede solo un operatore e consuma meno azoto, garantendo efficienza produttiva e sostenibilità ambientale.
Cialdy Evo, l’impianto all’avanguardia per la produzione di cialde di caffè in carta filtro ad alta velocità (immagine concessa)
La vera innovazione di Cialdy Evo risiede nella sua capacità di realizzare cialde in carta filtro con le dimensioni più piccole sul mercato, riducendo il consumo di materiale fino al 25% e le dimensioni delle scatole.
Questo lo rende un alleato prezioso per coloro che cercano efficienza produttiva e sostenibilità ambientale.
Cialdy Evo non è solo una macchina, ma simboleggia l’impegno di TME per l’innovazione e l’eccellenza.
Ridefinendo gli standard nel confezionamento delle cialde di caffè, unisce velocità, qualità ed efficienza, garantendo agli investitori un vantaggio duraturo.
In un settore in evoluzione continua, TME si conferma come innovatore, offrendo soluzioni avanzate e sostenibili per soddisfare le diverse esigenze dei clienti.
MILANO – c-Lecta, una società globale di biotecnologie, con leadership tecnologica nell’ingegneria enzimatica e nello sviluppo di bioprocessi, e ANKA, piattaforma di innovazione con un focus sul settore del caffè, hanno sviluppato Acrylerase, un nuovo enzima alimentareche riduce l’acrilammide contenuta nel caffè solubile e nelle bevande ready-to-drink.
Secondo quanto scrivono le due aziende, questa tecnologia brevettata è la prima a intervenire direttamente sull’acrilammide e offre, per questo, significativi vantaggi rispetto alle misure di mitigazione esistenti.
Una tecnologia che potrebbe fornire dunque un importante contributo alla sicurezza alimentare e all’immagine di prodotto di merceologie importanti per l’industria del caffè, quali i preparati istantanei e le bevande rtd al caffè.
Il pericolo acrilammide continua a far parlare di sé e il caffè è uno degli alimenti nel mirino. L’acrilammide è una sostanza chimica, che si forma naturalmente nei prodotti alimentari amidacei durante la cottura ad alte temperature.
Tale sostanza, se ingerita a lungo, danneggia il patrimonio genetico provocando tumore al colon o al retto. Test e ricerche hanno notevolmente ridimensionato l’allarme per quanto riguarda la torrefazione del caffè.
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La rivoluzione del gruppo a leva secondo Gruppo Izzo (immagine concessa)
ANAGNI (Frosinone) – Gruppo Izzo, leader nella produzione e commercializzazione di caffè e macchine per l’espresso, ha condiviso le innovazioni del suo gruppo a leva con l’introduzione del brevetto Flush&Plush presentato al pubblico in occasione del Sigep 2024 e giù in dotazione sulle macchine dell’azienda.
La sfida alla base del processo di ideazione e realizzazione di questo sistema era quella di intervenire su due criticità del gruppo a leva: i tempi impiegati dal gruppo tra un’erogazione e l’altra e l’affaticamento dell’operatore nell’utilizzo della macchina a ritmi sostenuti e tempi prolungati.
Gruppo Izzo lancia il brevetto Flush&Plush per la leva
Nella sua comunicazione Gruppo Izzo afferma “di aver vinto le sfide in questione poiché è riuscita ad intervenire sull’unica porzione di tempo che non compromette la resa in tazza e, al tempo stesso, ha alleggerito il carico fisico dell’operatore in alcune operazioni.”
Restano invariate gestualità e creatività che caratterizzano il gruppo a leva e che lo renderanno sempre il miglior alleato di quel barista che vuole stupire ciascun cliente erogando un espresso dalle infinite sfumature.
Condividiamo di seguito il video sull’innovazione postato da Gruppo Izzo sulla piattaforma Yotube
MILANO – Sono ben 250 gli espositori dell’intera filiera della distribuzione automatica che hanno confermato la loro presenza a Venditalia 2024, l’atteso evento fieristico previsto a Milano dal 15 al 18 maggio 2024. La griglia espositiva dei padiglioni 8 e 12 è quasi completa, l’ennesimo riscontro positivo per Venditalia Servizi, proprietaria dell’evento, che ha fortemente creduto nel successo della manifestazione e nello spostamento della fiera nel nuovo quartiere fieristico di Fieramilano Rho.
Venditalia: posti in esaurimento per gli espositori
Le continue richieste di partecipazione da parte di espositori esteri del settore sta dando la conferma che l’edizione del 2024 sarà la più internazionale di sempre, con un terzo dei partecipanti proveniente da oltre confine.
La lunga lista degli espositori presenti a Venditalia 2024, costantemente aggiornata e pubblicata sul sito internet dell’evento, testimonia l’importanza dei player rappresentati, tra cui moltissimi leader di spicco delle 19 categorie merceologiche proposte in fiera.
Si invitano tutte le aziende interessate a contattare al più presto l’organizzazione della manifestazione.
L'arte incontra la tecnologia in Quamar (immagine concessa)
ALTIVOLE (Treviso) – In questo articolo parleremo di Quamar, un’azienda italiana e del suo viaggio attraverso l’artigianato, l’innovazione e l’impegno verso l’eccellenza. Il marchio Quamar, con radici profonde nel suolo italiano, è plasmato dalla ricca tradizione dell’artigianato.
L’eredità artigianale di Quamar
La produzione dei loro macinacaffè è un’opera di precisione e amore per il dettaglio. Ogni macinino racchiude l’eredità artigianale, garantendo una qualità senza compromessi.
Made in Italy con passione
Il made in Italy è il cuore pulsante di Quamar. Ogni componente dei loro macinini è frutto di progettazione e realizzazione nel laboratorio italiano dell’azienda, connettendo la modernità delle tecnologie all’orgoglio della tradizione artigianale.
L’arte incontra la tecnologia: il concetto di “The Shape”
Quamar ha introdotto un concetto rivoluzionario: “The Shape of the Coffee Powder“. Questo non è solo un concetto, ma la filosofia che guida ogni singolo passo della loro produzione.
È la definizione della forma di ogni particella di caffè macinato, posta al centro del processo di estrazione perfetta. “The Shape of the Coffee Powder” è il cuore del processo di estrazione perfetta secondo Quamar.
La forma di ogni particella di caffè macinato è essenziale per garantire un’esperienza straordinaria in ogni tazza.
La ricerca della granulometria e dell’uniformità delle particelle è stata fondamentale per definire questa forma, il risultato di anni di studio e sperimentazione.
Il Sirio-Q, gioiello della linea Quamar, è l’incarnazione vivente del concetto rivoluzionario “The Shape of the Coffee Powder”.
Ogni aspetto di questo macinacaffè premium è il risultato di una meticolosa progettazione, con l’obiettivo di scolpire la perfezione nella forma di ogni singola particella di caffè macinato.
I particolari tecnici del Sirio-Q permettono un controllo totale sulla macinatura, consentendo agli appassionati di caffè di adattare il processo alle più diverse esigenze, da un caffè turco dai toni intensi a un filtro più delicato.
L’innovazione qui è sinonimo di personalizzazione, mettendo nelle mani del barista o dell’appassionato la capacità di plasmare la propria esperienza di caffè.
La vera rivoluzione di Sirio-Q risiede nella sua versatilità senza pari. Questo macinacaffè premium è in grado di adattarsi a una vasta gamma di esigenze, offrendo prestazioni eccezionali in qualsiasi categoria di macinatura. Dal caffè turco, con il suo carattere intenso, al filtro più leggero, Sirio-Q si adatta e valorizza ogni chicco di caffè, senza compromessi sulla forma e sulla qualità.
L’estetica dell’eccellenza
Oltre alle prestazioni impeccabili, il Sirio-Q abbandona i canoni classici di design dei macinacaffè professionali.
In questa nuova visione estetica, Quamar presenta un’eleganza geometrica, un equilibrio visivo che si sposa perfettamente con la tradizionale resistenza dei loro prodotti.
Ogni forma e ogni linea del Sirio-Q sono concepiti con un’unica missione: elevare l’esperienza del caffè a un livello di eccellenza visiva.
In conclusione, Quamar continua a ridefinire i confini della perfezione nel mondo del caffè, trasformando il concetto di “The Shape of the Coffee Powder” da filosofia a realtà tangibile. Ogni tazza preparata con un macinino Quamar è un’opera d’arte, plasmata dalla dedizione all’artigianato e dalla visione innovativa della forma perfetta del caffè.
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