venerdì 28 Novembre 2025
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Il Grand Hotel Excelsior Vittoria sul golfo di Sorrento inaugura il nuovo La Pergola Bar à Champagne, 28/03

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Grand Hotel Excelsior Vittoria
L'area esterna de La Pergola Bar à Champagne (immagine concessa)

SORRENTO – Giovedì 28 marzo il Grand Hotel Excelsior Vittoria, iconico hotel 5 stelle lusso sul golfo di Sorrento, inaugura il suo nuovo La Pergola Bar à Champagne con un evento esclusivo che vedrà la presenza di un ospite d’eccezione: il noto barman britannico Colin Peter Field, nominato miglior barista al mondo dalle riviste Forbes e Travel + Leisure, durante il periodo alla guida dell’Hemingway Bar dell’Hôtel Ritz di Parigi.

Il nuovo La Pergola Bar à Champagne al Grand hotel Excelsior Vittoria

Pensato per gli amanti delle bollicine e dei vini ricercati o per chi, più semplicemente, desidera un ambiente intimo e riservato in cui poter degustare una selezione di etichette e drink d’eccezione, La Pergola Bar à Champagne si inserisce perfettamente nell’offerta ricercata e di qualità del Grand Hotel Excelsior Vittoria con i suoi interni sofisticati ed eleganti che si aggiungono ad un’area esterna unica, all’ombra di una romantica pergola impreziosita da un glicine secolare con vista sulla piazza principale di Sorrento e sul mare.

Una visita a La Pergola Bar à Champagne, guidati da Lino De Gregorio, sommelier e anima di questo luogo, è un viaggio alla scoperta di sapori rari e originali, grazie ad una selezione delle migliori etichette nazionali ed internazionali, accompagnate da una proposta gourmet di finger food realizzati dall’executive chef Antonino Montefusco.

Tra le creazioni, una delle eccellenze da non perdere è il Sorrentino Cocktail, creato dal barman Colin Peter Field in onore del Cavaliere e Presidente Guido Fiorentino, un omaggio a Sorrento e alle sue meraviglie.

La Pergola Bar à Champagne (immagine concessa)

Il cocktail è a base di prosecco e limoncello, il liquore preparato con le bucce dei limoni di Sorrento: frutti emblematici del posto, che abbondano anche nel giardino dell’hotel. Questo drink profumato è in grado di trasmettere immediatamente gli odori, i sapori e le sensazioni che solo Sorrento e il suo Golfo sono in grado di offrire.

Entrare all’interno de La Pergola Bar à Champagne significa immergersi in un interior affascinante ed esclusivo in cui rilassarsi e vivere un’esperienza di grande eleganza, tra il mare e la storia di Sorrento.

La scheda sintetica del Grand Hotel Excelsior Vittoria

ll Grand Hotel Excelsior Vittoria, situato nel cuore di Sorrento con vista spettacolare del Golfo di Napoli e del Vesuvio, è un albergo 5 stelle lusso dal fascino raffinato.

Di proprietà della famiglia Fiorentino dal 1834 e membro della Leading Hotels of the World, l’hotel è circondato da uno splendido parco di 2 ettari con agrumeto e uliveto, e dispone di 80 fra camere e suite vista mare o giardino, e un appartamento, tutti ambienti finemente arredati e con i comfort più moderni oltre che di tre ristoranti: lo stellato Terrazza Bosquet, aperto tutto l’anno (d’estate sull’omonima panoramica Terrazza Bosquet), il Ristorante Orangerie, nel fresco del giardino adiacente la piscina ed il Terrazza Vittoria, che si apre al panorama mozzafiato sul Golfo di Napoli.

Sono tutti supervisionati dall’ Executive Chef, lo stellato Antonino Montefusco, ed offrono una gastronomia di classe con specialità locali e internazionali a base di ingredienti biologici provenienti dalla Penisola Sorrentina e dall’orto dell’albergo.

Omar Zidarich, Presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè: “Non facciamo a gara tra chi ha più soci ma spingiamo sul livello dell’informazione”

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Omar Zidarich, presidente del Gruppo Italiano Torrefattori caffè
Omar Zidarich, presidente del Gruppo Italiano Torrefattori caffè

Omar Zidarich, presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè, rivela le origini e gli obiettivi dell’associazione nata nel 1954 a Venezia con lo scopo di rappresentare al meglio tutti gli attori della filiera. Oggi il Gruppo può vantare oltre duecento iscritti e molti altri stanno rinnovando l’adesione per l’anno in corso. La maggior parte dei soci sostenitori sono torrefattori ma altri appartengono ai poli a monte o a valle della filiera: dal campo del caffè verde fino ad arrivare alla produzione di macchinari di tostatura e di confezionamento. Zidarich espone poi i progetti che vedranno coinvolto il Gruppo in futuro come, ad esempio, tentare di far luce sul discorso dell’EUDR, le norme europee sulla deforestazione che tanti dubbi stanno suscitando.

Presidente, cominciamo dalla carta d’identità del Gruppo Italiano torrefattori caffè, che ha una storia antica perché nasce nel 1954 a Venezia come Gruppo Triveneto.

Nel Nord-Est, grazie anche alla vicinanza del porto di Trieste, si è sviluppata l’idea di alcuni soci veneti virtuosi: prima i torrefattori coprivano la propria zona di riferimento e in seguito i brand sono cresciuti insieme al concetto della gestione delle identità differite nelle succursali.

C’era sempre più necessità di affrontare tematiche che riguardavano l’intero Stivale, guardando alle prime esportazioni: dal ‘54 in poi si verificano i grandi flussi di migrazione verso Paesi come gli USA, il Nord Europa, la Svizzera e si avverte l’esigenza di parlare di regolamentazioni, di modus operandi per quanto riguarda tutte le importazioni e esportazioni di verde e tostato.

Omar Zidarich (a destra) con il Conte Giorgio Caballini di Sassoferrato (sinistra)
Omar Zidarich (a destra) con il Conte Giorgio Caballini di Sassoferrato (sinistra)

Arrivando ai giorni nostri, per un’idea del Conte Giorgio Caballini di Sassoferrato si passa al nome Gruppo italiano torrefattori in quanto aperto statutariamente, con la possibilità di iscriversi, per i torrefattori che hanno sede fuori dalle Tre Venezie.

Così, per coinvolgere gli operatori di tutta l’Italia e anche dall’estero, come soci sostenitori, e dar loro un titolo per poterli rappresentare al meglio, si è deciso di cambiare il nome nell’assemblea generale del febbraio 2015. ”

Zidarich, quanti inscritti conta il Gruppo ora e perché iscriversi all’associazione rappresenta un vantaggio per i torrefattori?

Al momento contiamo 205 iscritti ad ora, ma siamo in attesa dei soci che stanno settimanalmente regolarizzando, come ogni anno, le quote di iscrizione

La maggior parte dei soci sostenitori sono torrefattori, coloro che afferiscono come codice ATECO a tutto ciò che include la trasformazione del verde in tostato.

Poi ci sono altri soci sostenitori che appartengono ai poli a monte o a valle della torrefazione: dal caffè verde alla produzione di macchinari di tostatura e di confezionamento, sino alle tazzine, i macinacaffè.

È un vantaggio iscriversi perché l’Associazione ricopre le esigenze di tutti i torrefattori: da chi lavora con macchine con capacità da 5 chili, sino a chi trasforma 300-600 chili. Questo significa che le problematiche e le tematiche sono comuni.

Ricordiamoci che l’obiettivo del piccolo è diventare grande, e quello del grande è di non incorrere nella concorrenza sleale e rapportarsi con tutti i torrefattori mantenendo la propria clientela.

Le associazioni poi sono utili ed esaustive rispetto alle richieste ricevute, quando i soci sono attivi. Quando uno di loro porta la sua esperienza individuale all’interno dell’associazione, viene condivisa e diventa una tematica comune.”

Zidarich, qual è la più grande sfida per il vostro gruppo da affrontare per restare attuali e attrattivi per un settore così numeroso e frammentato?

“La più grande sfida che il Gruppo italiano torrefattori può affrontare è il diventare sempre di più un’associazione di categoria.

Significa rapportarsi con la politica del momento, sia regionale, comunale che nazionale e ormai anche europea, guardando alle leggi EUDR e per gli imballaggi. Dobbiamo confrontarci con le istituzioni, essere bravi a fare squadra, dialogando con le altre associazioni di categoria non solo italiane ma anche estere, per fare fronte comune.”

Com’è possibile trovare una comunicazione che sia efficace sia per il micro roaster di specialty che per il torrefattore grande e commerciale?

“Abbiamo notato che sempre di più i torrefattori sono interessati a tematiche tecniche e questo è un filo conduttore importante per il Gruppo italiano torrefattori. Trattando temi come leggi di importazione, smaltimento di rifiuti, sia le micro roastery specialty che le grandi torrefazioni hanno a che fare con un prodotto che non cresce in Italia e hanno dunque entrambi bisogno di rispettare determinate regolamentazioni.

Il Gruppo si occupa nella stessa maniera di tutto ciò che riguarda la legislatura che interessa qualsiasi torrefattore.

Il micro roaster poi si inserisce in una nicchia, però di grande interesse: ricordiamoci ciò che è successo in particolare nel beverage, soprattutto nel mondo birra negli ultimi 10 anni.

Nessuna persona era disposta a pagare un centesimo in più rispetto ai prodotti che si trovavano tra i marchi più conosciuti nei locali.

Adesso le micro birrerie, con le IPA, hanno dettato un cambio di rotta e il consumatore finale è disposto pagare il doppio rispetto ad una soluzione di marchi famosi.

Questo discorso premia i professionisti, che vengono finalmente compresi dai clienti. È un processo in atto da parecchi anni: in ogni televisione europea c’è almeno uno show cooking a dimostrazione del fatto che è un format di interesse per il grande pubblico. Questo ha fatto sì che il produttore debba essere preparato per proporre qualcosa che giustifichi il prezzo maggiore, come è il caso dello specialty.”

Con quali altre associazioni di settore vi rapportate?

“Personalmente mi confronto con il Comitato italiano del caffè e il presidente del Consorzio promozione caffè Michele Monzini, ma cerchiamo di tendere la mano a tutti. La mia filosofia è che in un Paese geograficamente bislungo è difficile trovare un’associazione di categoria che davvero rappresenti tutti e abbia la confidenza di parlare con tutti i suoi soci.

Di conseguenza non dobbiamo fare a gara tra chi ha più soci, ma spingere sulla qualità dell’informazione e dell’associazionismo. Non osserviamo i fatturati dei nostri soci per pensare di essere più importanti.

In realtà siamo rilevanti quando raccogliamo delle buone opinioni da tutti i soci: quelli più grandi apprezzano il fatto che un’associazione possa essere utile nonostante le loro possibilità di ricerca e dimensioni; quelli piccoli sono interessati alla possibilità di accedere a determinate informazioni che sarebbero destinati a perdere perché non hanno magari il tempo di reperirle da soli.”

Quali sono le iniziative che avete in cantiere?

La più importante si sta concentrando sul discorso dell’EUDR. In questi mesi lavoreremo per fare chiarezza su questa regolamentazione, tentando di dialogare con il Ministero dell’agricoltura e l’Organo competente di controllo, una sezione speciale dei carabinieri.”

Come potrebbero essere affrontati questi progetti se tutte le associazioni mostrassero un’unità di intenti

“Assolutamente avremmo più ascolto da parte delle istituzioni. La frammentazione delle associazioni ha fatto sì che la nostra voce fosse percepita come più flebile. Se avessimo un’unità di dialogo sarebbe più facile potersi rapportare con gli organi competenti.”

Intanto per i torrefattori non è un momento bellissimo, quali indicazioni ha dato ai suoi associati?

“E’ un momento di grande attenzione rispetto a situazioni che possono cambiare dall’oggi al domani. Il problema dell’approvvigionamento dei porti è evidente e a seguire ci sarà quello della deforestazione.

A fine anno dovremo capire quali saranno le problematiche reali: il regolamento è europeo e quindi il rischio più grande è che nei mercati di sbocco, ovvero i nostri clienti extra CEE, potranno essere riforniti con caffè non certificati da torrefattori extra CEE e questo significa una concorrenza rispetto ai prezzi.

I caffè non certificati non saranno più interessanti per il mercato europeo. Il potenziale cliente potrà scegliere tra un caffè certificato e uno non certificato e dobbiamo intuire cosa potrebbe succedere per i nostri clienti nell’export.”

Tra le diverse attività del Gruppo italiano c’è il Notiziario dei torrefattori, un mensile da sempre punto di riferimento per i vostri iscritti e per tutto il settore. Che cosa avete in animo di fare per tenere sempre alto il livello della rivista?

“Il notiziario torrefattori è considerato un fiore all’occhiello del Gruppo. Di recente la direttrice responsabile Susanna de Mottoni, per motivi famigliari, ha dato le dimissioni. Rimarrà però nell’organigramma redazionale. Al suo posto ora c’è il dottor Alberto Medda Costella, che era già tra i collaboraori del mensile: firmerà il notiziario dal Primo maggio. Indubbiamente l’entusiasmo è stato importante per la ricerca di un giornalista nuovo: Medda si è appassionato al caffè e so che vuole fare squadra con i nostri giornalisti dislocati in Italia e all’estero.

Inoltre vuole mantenere costante il rapporto tra il Consiglio direttivo del Gruppo italiano torrefattori e del notiziario, perché ci siamo resi conto che le tematiche tecniche sono quelle più interessanti per i nostri soci.”

Impossibile parlare con lei Zidarich senza sapere come sta andando la vicenda silverskin.

“Molto bene: stiamo per concludere il primo distretto. L’idea è di creare un format, quindi un dipartimento di raccolta delle pellicole, per cui tutti i torrefattori di una determinata zona convergeranno in un unico punto dotato di un macchinario creato per creare un syngas, energia elettrica e bio chair (fertilizzante di alta qualità).

Stiamo cercando di costruire il primo punto per poi riproporlo a tutti i soci in tutto lo Stivale con diversi distretti.”

Omar Zidarich
Omar Zidarich

E’ stato scritto di recente in un articolo che il caffè italiano è il peggiore del mondo: lei cosa ne pensa?

“E’ un articolo che ha il tono della provocazione, anche per incuriosire i lettori. Ci sono diversi passaggi criticabili al suo interno ma di certo la giornalista è stata molto pungente e critica rispetto al mondo della torrefazione italiana.

Direi che alcune considerazioni sono deboli e facilmente smentibili. Prima di tutto, quando si giudicano le operazioni di una torrefazione – come il fornire la miscela di bassa qualità in fronte a finanziamento -, ricordo che la fornitura di bassa o di alta qualità, dal punto di vista del costo della materia prima, e quindi di caffè verde, non cambia molto. Parliamo al massimo di uno-due euro di differenza tra un crivello e un altro. Viceversa la differenza tra un blend tostato di alta qualità e uno di bassa qualità può variare anche di dieci euro.

Quindi il torrefattore non ha una reale convenienza a proporre una miscela di bassa qualità per aumentare la marginalità, perché questa non cambierà di molto, vista la poca differenza tra una Robusta di bassa qualità e Arabica di alta qualità.

Dall’altra parte, il sistema di finanziamento è stato quello che i torrefattori hanno da sempre utilizzato a fronte di un investimento, non per obbligare all’acquisto di un determinato caffè: il fine è quello di aumentare il valore del bene comune, che è la tazzina.

Tant’è vero che c’è stata una legge del Governo Renzi che ci ha permesso anche di fare investimenti come filiera produttiva, proprio perché si considera il barista un mezzo per arrivare al consumatore e il torrefattore come produttore di caffè, con l’obiettivo comune della tazzina.

Per cui un investimento nell’attività può essere utile anche al torrefattore per arrivare al consumatore finale in una determinata maniera, cercando di portare in alto il proprio brand e prediligendo una tazzina di qualità.

Inoltre i torrefattori negli ultimi anni hanno investito molto in scuole e accademie, con corsi che vanno dall’espresso alla latte art, alla manutenzione e pulizia delle macchine.

La cura per quanto riguarda il prodotto è maggiore rispetto a quello che c’era anni fa. I torrefattori sono diventati sempre più un marchio: oggi si vende un caffè con un nome.

Questo ha fatto sì che queste operazioni leghino al marchio anche il barista che predilige un caffè non soltanto per il gusto ma anche per le qualità che trova in una determinata torrefazione, in termini di servizio e di professionalità.

Abbraccia più aspetti, non soltanto il prezzo: chiaramente ci saranno sempre gli operatori che cercheranno il risparmio, ma questo è in mano alle leggi del mercato.

Il torrefattore oggi punta sulle miscele di qualità perché è questo che sostiene l’export come identità di un marchio. Ci saranno poi sempre linee low cost ma dipenderanno dalle scelte del consumatore e non dai brand. “

Eudr: aumentano le pressioni per un rinvio, ecco cosa può cambiare, tra dubbi, incertezze e sollecitazioni della politica alla vigilia del voto europeo

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Il simbolo della Commissione Europea

MILANO – Aumentano le pressioni dei paesi produttori di caffè per un rinvio nell’attuazione dell’Eudr, il nuovo regolamento dell’Unione europea sulla deforestazione entrato in vigore a fine giugno dell’anno scorso. Esso riguarda sette prodotti specificicacao, caffè, soia, olio di palma, legno, gomma e bestiame – e i loro derivati, nonché i prodotti realizzati utilizzando queste materie prime

A partire dal 30 Dicembre 2024, alle aziende coinvolte sarà richiesto di condurre una dovuta diligenza per garantire che i prodotti venduti siano legali e comunque non collegati alla deforestazione o al degrado di aree forestali.

Per gli operatori che al 31 dicembre 2020 erano costituiti come microimprese o piccole imprese, tale obbligo scatta invece a decorrere dal 30 giugno 2025.

È bene sottolineare che la norma si applica all’importatore ovvero al torrefattore qualora sia egli stesso a sdoganare direttamente la partita importata.

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Da It’s Caffè Napoli, blend con Robusta e specialty: “Crediamo in questa città, che sta cambiando tanto”

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It’s Caffè Napoli
Stella, Alessandra e Martina dietro il bancone di It’s Caffè Napoli foto concessa)

MILANO – It’s Caffè Napoli nasce per principio: nel 2019, dopo aver lavorato in un breve periodo, Stella si è avvicinata al mondo del caffè, che è diventato per lei una bevanda da valorizzare. Rientrata a Napoli ha continuato a studiare questa materia prima e ha creato il brand It’s Caffè con altre due amiche, Alessandra e Martina. Insieme hanno deciso di investire nella loro città, puntando sull’innovazione in un territorio che è molto legato alla tradizione della tazzulella.

It’s Caffè apre come un locale internazionale, dove si può restare tutto il giorno, con un’offerta aperta

Così come lo descrive Stella: “Siamo una nuova caffetteria tradizionale. Basta con la tostatura ultra bruciata. Usando anche la Robusta possiamo lasciare la possibilità di scelta al cliente: è al banco che si fa un lavoro di comunicazione per avvicinare il consumatore al caffè a 360 gradi. Proponiamo anche varie estrazioni, spaziando dall’espresso al filtro.”

Fin qui com’è andata?

“Inizialmente abbiamo dovuto spiegare molto la nostra idea di caffè: la tazza qui non è servita bollente, la bevanda non ha sapore di bruciato. Piano piano ci siamo create una nostra clientela e abbiamo avuto un riscontro positivo.

Crediamo in Napoli, che sta cambiando tanto e penso che sia pronta ad intraprendere questo cambio di rotta. Un po’ per l’apertura verso gli stranieri, un po’ per la curiosità, gradualmente l’informazione sta muovendo le cose. “

L’espresso da da It’s Coffee Napoli (foto concessa)

Sicuramente ci sono tantissimi napoletani interessati e molti ragazzi che lo hanno già provato all’estero e vogliono ritrovarlo nella loro città. Molti si sono avvicinati ai nuovi metodi di estrazione e rimangono affascinati dalla spiegazione della materia prima e della sua preparazione.

Durante il periodo invernale alcuni si sono appassionati al drip coffee, che invita alla convivialità e durante l’estate al cold brew. Chiaramente c’è più lavoro da fare con questa tipologia di estrazione, ma abbiamo voluto comunque proporla.”

I macchinari scelti per It’s Caffè

“Abbiamo scelto una XLVI come macchina espresso: ci troviamo benissimo, automatica che garantisce un’estrazione perfetta e con un design accattivante.

Abbiamo scelto di non usare la macchina a leva come ulteriore sfida: per noi non era ottimale per l’erogazione e abbiamo dovuto spiegare anche questo aspetto ai clienti. Questa è un’altra cosa che mi fa capire il perché le persone siano curiose verso il caffè: finora non hanno trovato alcun barista che potesse raccontare e rispondere ai loro quesiti.

Le miscele?

“La miscela Napless è composta da 70% Robusta provenite dal Brasile, Congo, Costa d’Avorio, metodo naturale e 30% Arabica, proveniente dall’Honduras con metodo semilavato.

La miscela Harmony 60% Arabica, Brasile, Honduras, India e 40% Robusta dall’India e Brasile con metodo naturale.

Lo specialty che abbiamo tenuto per più tempo è il Finca Rio Colorado e ci è servito per avvicinare i palati napoletani, per via delle sue note di biscottose e cioccolatose, è apprezzato dalla gente di qui. Tostiamo più chiaro per il filtro e per l’espresso applichiamo una cottura media.”

Il prezzo è un’altra cosa da spiegare?

“Arriviamo ai 2 euro al banco per lo specialty, e partiamo da un euro e dieci per la miscela base. Chiaramente quello che costa di più va motivato ai clienti, per spiegare che è differente e vale il suo prezzo. Qualcuno ancora si spaventa, ma poi tutto si ridimensiona quando viene compreso il suo valore. Non vendiamo molto per lo stesso motivo in double shot, riusciamo più al tavolo.”

Starbucks in Galleria: pro o contro?

Dentro il locale (foto concessa)

“Penso che ci aiuterà sicuramente nel lavoro che stiamo già portando avanti, perché sarà un’altra realtà importante a promuovere una cultura differente da quella napoletana. Il fatto che stia aprendo qui vuol dire che anche Napoli è pronta a questo tipo di estrazioni e di approccio.

Sono anzi contenta, perché ci dà un taglio ancora più internazionale, come città aperta al nuovo e al moderno. La tradizione verrà portata al giorno d’oggi.

Anche perché a Napoli a fare specialty siamo in pochi, soprattutto come piccole aziende. Il Luminist è un altro locale che ci sta dando una mano a lanciare questo nuovo mondo e a portare innovazione.”

Come siete riusciti a creare un rapporto diretto con i coltivatori?

Prendiamo direttamente dalla piantagione il caffè, principalmente dall’Honduras, e lo portiamo in Italia dove poi lo tostiamo e lo facciamo arrivare sino a noi in caffetteria. Dalle origini il lavoro è svolto con attenzione sul singolo chicco, a partire dalla selezione durante il raccolto alla tazza finale.

Lavoriamo in questo modo grazie alla collaborazione con b.farm, soprattutto attraverso il supporto di Matteo Tagliaferri, che ci ha messo in diretto contatto con i farmer.

Con loro studiamo le miscele per ottenere il risultato che ci serve.

In un mese tostiamo circa 120 kg. Poi riusciamo a vendere in caffetteria come al bancone sia come shop online che per il consumo domestico e facciamo anche le cialde compostabili (che per una questione di sostenibilità non sono capsule, ovviamente).”

L’e-shop vi garantisce di vendere maggiormente all’estero?

“In realtà riusciamo a spedire ordini in buona parte sia in Italia che in Europa, al 50%-50%. Grazie alla caffetteria accogliamo molti turisti dall’Europa e dal mondo e così sono in tanti che poi diventano nostri clienti che ordinano dall’estero, principalmente dall’Europa.”

Qual è stata la più grande difficoltà per It’s Caffè?

“Entrare in contatto con un pubblico che non era ancora completamente pronto a bere una tazza così diversa. Fare cultura e divulgazione con il napoletano, senza diventare invadenti è stata una sfida.

Anche nel presentare il caffè, lasciamo un piccolo bugiardino illustrativo con tutte le informazioni sul caffè, a partire dalla provenienza per arrivare ai suoi componenti in miscela al suo contenuto di caffeina.

Da quando abbiamo aperto, un po’ alla volta stiamo arrivando alle persone. Apriamo dalle 8 alla sera: facciamo anche orario continuato, lavoriamo come bistrot e proponiamo l’aperitivo con vino e i taglieri con prodotti locali.

Ci sono anche dei cocktail a base caffè che stanno andando bene, ma ci vuole ancora un po’ di tempo perché è ancora più inedito del caffè in tazza. Proponiamo tante soluzioni, anche su consiglio del personale in sala. Il caffè qui si può gustare sempre.

Sicuramente puntiamo sul classico Espresso Martini, ma ce ne sono altri che ha realizzato la nostra bartender, anche analcolici. Ci avviciniamo anche ai gusti e alle richieste del singolo consumatore.

Con i brunch poi riusciamo a spingere anche il filtro maggiormente, nonostante il napoletano continui a prediligere il cappuccino. Dipende molto dal cliente. Gli stranieri lo prendono anche a pranzo con la pasta.”

In totale quanti siete a lavorare da It’s Caffè?

“Siamo tre socie e in sala abbiamo un paio di persone per una decina di tavoli. Non abbiamo uno spazio grandissimo ed è sufficiente qualche persona dietro al bancone e in cucina. È stato difficile trovare il personale disposto a lavorare e molti ragazzi hanno lasciato.

A Napoli manca poi la formazione di un barista come serve a noi. Trovare qualcuno disposto ad imparare e a seguire corsi, è stato complesso. Fortunatamente oggi abbiamo due baristi molto bravi e che si stanno formando e sono molto appassionati al caffè.
Siamo riusciti dopo 7 mesi a fare gruppo.”

Cosa ci raccontate del prossimo futuro?

“Vediamo una caffetteria che diventa sempre più un punto di riferimento per il caffè, per la sua cultura a 360 gradi e per questo stiamo portando avanti delle presentazioni di libri, in modo da accompagnare la lettura alla caffetteria.

Investiremo sempre più su questo, non solo sul personale sempre più competente, ma anche in termini di offerta, il che significa più miscele e pensiamo anche di arrivare alle monorigini.

Amplieremo gli eventi di degustazione e di abbinamenti tra caffè, dolce e salato e a partire da febbraio abbiamo già un programma fitto, perché abbiamo notato che sono occasioni che funzionano molto.

Anche durante le serate musicali, le persone si avvicinano più facilmente al caffè e ai cocktail a base caffè. Con Mauro Illiano penseremo anche dei workshop sulla moka, ad esempio.”

Gli olandesi sono i primi consumatori di caffè in Europa con 8,3 kg a testa, l’Italia si piazza al 7° posto

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Chicchi di caffè tostato (credits: Alexa from Pixabay)

Il giornalista Roberto Giardina racconta alcune esperienze personali a tema caffè nei suoi viaggi a Berlino senza mancare di analizzare dei dati cardine sul chicco in Europa. Ad esempio, i maggiori consumatori di caffè nel vecchio continente sono gli olandesi con 8,3 chili a testa l’anno. Gli italiani invece sono al settimo posto con 4,5 chili a testa. Leggiamo di seguito le opinioni di Roberto Giardina pubblicate su Italia Oggi.

Il caffè in Europa

MILANO – Quando ero in viaggio per i paesi dell’Est, al tempo del muro, mi portavo un barattolo di caffè in polvere e usavo l’acqua calda del bagno. Una schifezza, un drogato si adatta in caso di necessità.

Quando ho cambiato Frau Doktor, perché la mia era andata in pensione, ho portato il mio dossier alla nuova dottoressa (preferisco le donne non perché sia un macho, ma al contrario dei colleghi quando ti visitano guardano te e non il computer).

Lei vide i miei dati, e mi chiese se prendevo pillole contro il colesterolo. Ha i valori di un ragazzo, commentò. No, ma non divoro ogni giorno cosciotti di maiale e würstel.

Fa bene, rispose, ma è solo fortunato, è merito della genetica. E che altro fa? Bevo caffè. Come? Era un’esperta, moka, e tre tazzine. Kein Problem, commentò, il caffè fa anche bene. Tre tazze, ma da drogato un poco mento: uso tazzine di ceramica sicula un po’ grandi, diciamo che tre valgono per cinque.

Bruxelles bandirà l’import di caffè se collegato alla deforestazione

Adesso arriva una notizia allarmante. I soliti burocrati di Bruxelles hanno ordinato alle ditte produttrici di garantire dal prossimo anno che i loro chicchi non arrivino da coltivazioni che fin dal 2020 non mettano in pericolo le foreste.

La Ue ha assicurato che non aumenteranno i prezzi dei generi alimentari, ma la Deutscher kaffeeverband, l’associazione dei produttori tedeschi, è pessimista. E con ragione. Si devastano le foreste alluvionali del Sud America, e tutte le leggi internazionali vengono eluse. Avverrà anche per il caffè, o il cacao, come ha già denunciato l’amico di penna (o di computer) James Hansen, su questo giornale.

Nei bar di Berlino una tazzina costa da 3,5 a 4 euro
Data la quantità che consumo, pur mentendo a Frau Doktor, potrò sopportare il rincaro, ma temo che per contenere i prezzi si baderà meno alla qualità. Al bar a Berlino, una tazza di caffè costa già 3,5 euro o 4.

Il caffè tedesco è migliore di quello italiano

Gli italiani sono convinti di essere i primi consumatori al mondo, e che il loro espresso sia il migliore in assoluto, e si sbagliano. Non per andare controcorrente, ma il caffè tedesco è in genere migliore di quello che si beve in un bar italiano. Da noi i chicchi vengono tostati troppo, qualità e profumo si distruggono, e si può servire una qualità mediocre.

Il caffè tedesco è ottimo, tostato poco, e profumato. Una tazza, che gli italiani giudicano acqua calda, contiene in realtà molta più caffeina. Se ne bevessi cinque tazze al giorno metterei il mio cuore in pericolo. E pro capite ne bevono più i tedeschi che noi, più i berlinesi che i napoletani.

L’Italia in Europa non sale nemmeno sul podio. Ci piazziamo, con 4,6 chili a testa, appena al settimo posto.

Al primo troviamo l’Olanda (8,3 chili a testa), seguita da Finlandia (7,8 chili), e da Svezia (7,6), poi la Norvegia (6,6), infine da Germania (5,2) e da Svizzera (4,8). Rassegniamoci, i nordici amano il caffè più di noi, e lo sanno preparare.

Per leggere l’articolo completo basta cliccare qui

Andrej Godina lancia il corso introduttivo al flavore del caffè al Mercato Centrale di Milano, 24/03

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andrej godina droga consapevolezza
Andrej Godina (immagine concessa)

MILANO – Al Mercato Centrale di Milano, domenica 24 marzo, dalle ore 9:30 fino alle 13:00, con la docenza di PhD Andrej Godina, si terrà un evento che promette di essere un viaggio sensoriale indimenticabile non solo per gli amanti del caffè ma anche per gli appassionati del mondo del vino.

Infatti durante questo momento formativo saranno fatti alcuni interessanti parallelismi tra il mondo del caffè e quello del vino che seguiranno l’indice dell’ultimo manuale “Caffè e Vino, due mondi un manuale” che sarà usato come libro di testo.

L’evento formativo con Andrej Godina al Marcato Centrale di Milano

Questa esperienza, concepita per far conoscere ai partecipanti l’intera filiera di produzione del caffè, dalle piantagioni dislocate nella zona tropicale del pianeta, fino alla preparazione in bevanda, offre l’opportunità di scoprire e comprendere le complesse caratteristiche sensoriali del Flavore.

Durante il corso Godina presenterà la lunga filiera di produzione del caffè, dalla piantagione alla tazzina con cenni di botanica, processamento dei frutti, pratiche agricole sostenibili, passando per il processo di tostatura con le più importanti trasformazioni fisiche e chimiche del chicco presentate da Franco Mondi di Mondicaffè di Roma, fino ad arrivare ai diversi metodi di preparazione della bevanda.

La mappa del flavore del caffè (immagine concessa)

Durante il corso i partecipanti avranno modo di fare una vera e propria immersione nelle caratteristiche sensoriali del caffè, approfondendo tutte le sfumature di flavore che è necessario descrivere quando ci si approccia all’assaggio tecnico del caffè preparato in espresso e con i metodi a filtro.

Le sessioni di assaggio prevedono l’erogazione delle bevande con diverse tipologie di caffè, sia di specie, di varietà botanica e di processo di lavorazione, provenienti da differenti paesi di produzione che Franco Mondi ha personalmente selezionato di classificazione commerciale, Specialty e socialmente responsabili, preparati con differenti metodi di estrazione.

Verranno assaggiati caffè erogati con il metodo espresso e con differenti metodi a filtro. Alcuni caffè saranno erogati anche dall’innovativa Pump my Moka, brevettata da Simone Previati, che permette di controllare la temperatura dell’acqua di estrazione e di modulare la pressione dell’acqua attraverso l’utilizzo di una pompa manuale, una vera e propria rivoluzione del campo dei metodi di estrazione che fa della moka uno strumento totalmente nuovo ed innovativo.

Durante le sessioni di degustazione i partecipanti compileranno assieme a Andrej Godina le scheda di assaggio del flavore con la descrizione delle migliori ricette in grado di esaltare nel modo migliore le caratteristiche sensoriali del caffè.

Per partecipare al corso è necessario inviare una email a aj.godina@gmail.com o chiamare il numero +39 3408654848.

Per la Giornata internazionale della felicità, lo studio sul benessere al lavoro: “L’87,3% sostiene che fare dell’impiego il centro della propria vita sia un errore”

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eudaimon alberto perfumo felicità
Alberto Perfumo, ceo di Eudaimon (immagine concessa)

MILANO – L’ONU ha riconosciuto la necessità di un approccio più inclusivo, equo e bilanciato alla crescita economica che promuova lo sviluppo sostenibile, l’eradicazione della povertà, la felicità e il benessere di tutti i popoli. Considerando che molte persone passano almeno 40 ore della settimana a lavorare, si può immaginare quanto sia importante trovare un ambiente felice anche sul posto di lavoro.

Secondo il 7° Rapporto Censis-Eudaimon, infatti, il 93,7% degli occupati considera molto importante il benessere e la felicità quotidiana, quella generata dal piacere di tante piccole gratificazioni, che assumono un valore quasi consolatorio in contesti ostili e indefiniti.

L’importanza della felicità sul posto di lavoro è confermata e comprovata da diverse ricerche, anche all’estero. Uno studio della Oxford University, recentemente riportato da Harvard Business Review, ha infatti dimostrato una relazione causale tra lavoratori felici e un aumento del 13% della produttività.

Inoltre, il livello di felicità di un dipendente è il principale motivo per cui rimane o lascia il proprio lavoro. Un aiuto sotto quest’ottica può arrivare anche dalle aziende che hanno a disposizione strumenti come il welfare aziendale.

“Il welfare, quando si parla di appagamento e più in generale di felicità sul posto di lavoro, svolge un ruolo davvero cruciale – commenta Alberto Perfumo, ceo di Eudaimon – il lavoro infatti non è più centrale come un tempo nella vita delle persone, non ci definisce più come individui e non è più indicativo della posizione sociale. A confermarcelo, ancora una volta, abbiamo i dati del 7° Rapporto dove l’87,3% degli occupati sostiene che fare del lavoro il centro della propria vita sia un errore. Le aziende devono quindi trovare un nuovo modo per soddisfare i propri lavoratori e riuscire a trattenerli, ed è qui che entra in gioco il welfare aziendale, welfare che è più conosciuto, apprezzato e richiesto dai lavoratori e che l’89,2% vorrebbe che fosse più personalizzabile, più modulabile sulle singole esigenze di ciascuno”.

Continuare a cavalcare le opportunità di supporto al reddito legate al Welfare retributivo e investire maggiormente sui servizi che aiutano i lavoratori come individui con specifici bisogni, sono risposte concrete alla insoddisfazione sul posto di lavoro.

Un’insoddisfazione confermata da dati chiari del nuovo Rapporto Censis-Eudaimon dove per il 62% degli occupati la propria retribuzione da lavoro non consente di realizzare le proprie ambizioni.

La quota che sottolinea lo scarto tra le proprie ambizioni e quel che le retribuzioni consentono di fare è pari al 59,4% tra i 18-34enni, al 61,6% tra i 35-49enni ed al 64,1% tra i 50 anni e più. Ad affermare invece che la retribuzione da lavoro gli consente di realizzare le proprie ambizioni è l’81,4% dei dirigenti, il 37,3% degli impiegati, il 24,2% degli operai.

Un altro motivo di frustrazione riguarda il 43,1% dei lavoratori che ritiene di ricoprire una posizione lavorativa inferiore rispetto al titolo di studio o alle competenze.

In questo quadro emergono nuovi bisogni e non stupisce che l’82,8% degli italiani si dica più attento rispetto al passato al proprio benessere psicofisico, alla sua salute, alla gestione dello stress e alle relazioni, ovvero ad argomenti e istanze individuali e sociali che possono trovare risposte nella scelta delle giuste soluzioni di welfare, come EUTY (eudaimon.it/it/euty), la nuova nata in casa Eudaimon che si occupa dei bisogni delle persone  intese come lavoratori, individui e cittadini.

Trattando di benessere e felicità sul posto di lavoro, il portale statunitense Insider Monkey ha recentemente pubblicato la classifica degli impieghi più felici al mondo. Tra gli elementi presi in considerazione per stilare la graduatoria ci sono l’equilibrio tra lavoro e vita personale e il grado di autonomia offerto.

Il risultato è che i lavori più felici appartengono alle categorie legate all’arte oltre che alla cura e alla formazione del prossimo.

Unilever separa la divisione dei gelati e annuncia il piano risparmi da 800 mln in tre anni

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unilever

Unilever separa le attività dei gelati con l’obiettivo di creare un business leader a livello mondiale. Il completamento dell’operazione è atteso entro la fine del 2025. Dopo l’annuncio di voler separare la sua attività nei gelati, Unilever corre in Borsa, apre a +6% e prosegue nel suo rally a +5,29%. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale dell’Ansa.

La scissione di Unilever

LONDRA – Il colosso britannico dei beni di consumo Unilever separerà la divisione dei gelati, ritenendo che possa avere migliori risultati come business stand-alone, e annuncia un piano di risparmi da 800 milioni di euro in tre anni che impatterà su 7.500 posti di lavoro.

“La separazione delle attività ice cream creerà un business leader a livello mondiale, che opera in una categoria altamente attrattiva, con marchi che insieme hanno realizzato un fatturato di 7,9 miliardi di euro nel 2023”, afferma Unilever, la cui divisione ice cream possiede 5 dei primi 10 marchi mondiali per vendita tra cui Walls (che include il Cornetto) e Magnum.

Unilever ritiene “una scissione di ice cream” come la modalità di separazione “più probabile” anche se “verranno prese in considerazione altre opzioni per massimizzare i ritorni per gli azionisti”. Il completamento dell’operazione è atteso “entro la fine del 2025”.

“La separazione di Ice Cream e l’attuazione del programma di produttività contribuiranno a creare un’Unilever più semplice, più mirata e con prestazioni più elevate. Creerà inoltre un’azienda di gelati leader a livello mondiale, con forti prospettive di crescita e un futuro entusiasmante come azienda autonoma”, ha commentato il presidente, Ian Meakins.

“Semplificare il nostro portafoglio e favorire una maggiore produttività ci consentirà di sbloccare ulteriormente il potenziale di questo business, sostenendo la nostra ambizione di posizionare Unilever come azienda leader a livello mondiale nel settore dei beni di consumo, in grado di offrire una crescita forte e sostenibile e una maggiore redditività”, ha aggiunto il ceo Hein Schumacher, che ha promesso che la ristrutturazione avverrà “in consultazione con i rappresentanti dei dipendenti e con rispetto e attenzione per coloro che sono interessati”.

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illycaffè e Fondazione Ernesto Illy sponsor del World Happiness Report: Italia, 41° Paese più felice al mondo

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Ernesto Illycaffè
Ernesto Illy (immagine concessa)

TRIESTE – L’azienda illycaffè e Fondazione Ernesto Illy confermano il loro sostegno al World Happiness Report, il rapporto annuale che dal 2012 indaga il livello di felicità e benessere degli individui su scala globale. illycaffè e la Fondazione Ernesto Illy hanno scelto di sostenere il Rapporto Mondiale sulla Felicità perché il caffè è la bevanda della felicità: ispira la creatività, invita alla socievolezza, alimenta il successo personale e professionale delle persone, migliora la vita attraverso le sue proprietà benefiche e crea sviluppo nelle comunità che lo producono innescando un circolo virtuoso che dalla tazzina arriva nei paesi produttori dove genera crescita economica e sociale, portando benessere che si mantiene nel tempo.

Per il World Happiness Report si conferma, per la settima volta consecutiva, la Finlandia il paese più felice del mondo, seguita da Danimarca e Islanda. Gli Stati Uniti d’America sono usciti dalla top 20 per la prima volta a causa di un forte calo del benessere degli americani sotto i 30 anni.

L’Afghanistan rimane in fondo alla classifica generale come nazione più infelice del mondo, mentre l’Italia si classifica al 41° posto, scendendo di 8 posti rispetto al 2023.

Dalle analisi condotte nella fascia d’età 10-24 anni, si evidenzia come la soddisfazione di vita diminuisce gradualmente dall’infanzia all’adolescenza fino all’età adulta. Le traiettorie del benessere soggettivo mostrano un declino dall’età di 10 anni fino alla tarda adolescenza e all’età adulta, variando tra i gruppi e i paesi, con evidenze che suggeriscono un declino più profondo nei Paesi a basso reddito.

Andrea Illy, presidente di illycaffè e co-fondatore della Fondazione Ernesto Illy: “Viviamo un momento di profonde trasformazioni a livello globale che, inasprite dalle guerre, dall’inflazione e dal calo del liberismo, contribuiscono a generare un diffuso senso di insicurezza e, dunque, a perdere quel senso di felicità che permette alle persone di qualunque età di guardare al futuro con maggior fiducia. La giornata internazionale della felicità del 20 marzo è stata istituita proprio per ricordare che tutti siamo chiamati, con i mezzi che abbiamo a disposizione, a favorire la ricerca della felicità, a incentivare lo sviluppo sostenibile, l’eradicazione della povertà e il benessere delle persone. Un messaggio che vogliamo promuovere anche attraverso il sostengo al World Happiness Report.”

Andrea Illy aggiunge: “Il nostro modello di business si fonda sulla creazione di valore economico, sociale e ambientale a tutti i livelli della filiera, dalla pianta alla tazzina. I progetti realizzati da illycaffè e dalla Fondazione Ernesto Illy generano benessere per i produttori e i consumatori di caffè di tutto il mondo, e sostengono lo sviluppo delle centinaia di migliaia di famiglie che producono i nostri preziosi chicchi di caffè. L’attenzione per la salute e l’inclusività sono componenti fondamentali del benessere e della nostra identità aziendale”.

 Tutelare il benessere, inteso come felicità e salute, attraverso la promozione di progetti di sostenibilità per le comunità di riferimento sia nei paesi produttori di caffè che in quelli consumatori è un impegno che rientra nella costante missione di illycaffè e Fondazione Ernesto Illy che investono molto sulla condivisione di conoscenza e sulla formazione come strumento per una crescita sociale ed economica che porti beneficio a tutte le comunità, dai più giovani agli adulti, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030.

Il World Happiness Report

 Frutto di una collaborazione tra Gallup, l’Oxford Wellbeing Research Centre, il Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite e il Comitato editoriale del WHR, il World Happiness Report, sin dalla sua prima pubblicazione nel 2012, riflette una richiesta mondiale di maggiore attenzione alla felicità e al benessere come criteri per le politiche governative ed esamina lo stato della felicità nel mondo attuale.

Le valutazioni del Gallup World Poll costituiscono la base per le classifiche annuali della felicità e provengono da campioni rappresentativi a livello nazionale valutati nell’arco di tre anni.

 A partire da quest’anno, il progetto è stato trasferito dalla Columbia University all’Oxford Wellbeing Research Center, un gruppo di ricerca interdisciplinare focalizzato sull’analisi empirica del benessere guidato da Jan-Emmanuel De Neve e, per la prima volta, il rapporto fornisce classifiche separate per fasce d’età, che in molti casi si discostano notevolmente dalla classifica generale.

La Lituania, ad esempio, è in cima alla classifica per i bambini e i giovani sotto i 30 anni, mentre la Danimarca è la nazione più felice al mondo per chi ha 60 anni o più. Nel confronto tra generazioni, i nati prima del 1965 sono in media più felici di quelli nati dal 1980 in poi.

Il documento è disponibile qui.

La scheda sintetica di illycaffè

illycaffè è un’azienda familiare italiana fondata a Trieste nel 1933, che da sempre si prefigge la missione di offrire il miglior caffè al mondo. Produce un unico blend 100% Arabica composto da 9 ingredienti diversi. L’azienda seleziona solo l’1% dei migliori chicchi di Arabica al mondo.

Ogni giorno vengono gustate 8 milioni di tazzine di caffè illy nei bar, ristoranti, alberghi, caffè monomarca, case e uffici di oltre 140 paesi, in cui l’azienda è presente attraverso filiali e distributori.

Fin dalla nascita illycaffè ha orientato le proprie strategie verso un modello di business sostenibile, impegno che ha rafforzato nel 2019 adottando lo status di Società Benefit e nel 2021 diventando la prima azienda italiana del caffè ad ottenere la certificazione internazionale B Corp.

Dal 2013 illycaffè è inoltre una delle World Most Ethical Companies. Tutto ciò che è ‘made in illy’ viene arricchito di bellezza e arte, a cominciare dal logo, disegnato da James Rosenquist, le illy Art Collection, le tazzine decorate da più di 125 artisti internazionali o le macchine da caffè disegnate da designer di fama internazionale.

Con l’obiettivo di diffonderne la cultura della qualità ai coltivatori, baristi e amanti del caffè, l’azienda ha sviluppato la sua Università del Caffè che ad oggi svolge corsi in 25 paesi del mondo. Nel 2021 Rhône Capital è entrato nel capitale di illycaffè con una quota di minoranza per accompagnare l’azienda nella crescita internazionale. Nel 2022 illycaffè ha impiegato 1230 persone e ha generato un fatturato consolidato pari a €567,7 milioni. La rete monomarca illy conta 190 punti vendita in 34 Paesi.

La scheda sintetica della Fondazione Ernesto Illy

Nata per tutelare, valorizzare e diffondere il pensiero e la figura del suo eponimo, la Fondazione Ernesto Illy è una corporate foundation espressione della famiglia imprenditoriale, costituita il 30 ottobre 2008 e presieduta da Anna Illy. In linea con il pensiero di Ernesto Illy, il valore fondante della fondazione è l’Etica, intesa come principio guida che regola tutte le attività umane e senso di responsabilità nei confronti della Natura e dei propri simili.

La Fondazione tutela e diffonde il pensiero di Ernesto Illy attraverso la ricerca scientifica e l’innovazione, l’educazione e la divulgazione, la realizzazione di progetti di sostenibilità̀ e filantropia dedicate alle filiere del caffè. Le attività si concentrano principalmente nell’ambito della scienza e della cultura del caffè e nel campo della formazione e istruzione per produttori e operatori di filiera.

Viene rivolta particolare attenzione allo svolgimento di ricerche agronomiche con i progetti Virtuous Agriculture e Ernesto Illy Colloquia, anche al fine di aiutare i Paesi produttori e gli stessi agricoltori a migliorare le loro condizioni di vita e a individuare soluzioni innovative per la coltivazione del caffè del futuro, e alla formazione con il Master in Economia e Scienza del Caffè.

Intercos e Amarey insieme a illycaffè nel mondo della cosmetica con il burro di caffè nato dalla silverskin

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il burro di caffè intercos
Il burro di caffè (immagine concessa)

AGRATE BRIANZA (Monza e Brianza) – Intercos S.p.A., leader globale nella ricerca e sviluppo, nella produzione e commercializzazione di prodotti cosmetici (Make-up) e per il trattamento della pelle (Skincare) oltre che per il trattamento dei capelli e del corpo (Hair&Body) e Amarey, fondata dalla famiglia Illy, startup innovativa specializzata in prodotti funzionali ricavati dal caffè annunciano una partnership strategica per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo di materie prime cosmetiche ottenute rispettando l’ambiente e adottando i principi dell’economia circolare, avvalendosi anche della collaborazione di illycaffè.

Intercos e Amarey per il mondo della cosmetica con illycaffè

In occasione del Beauty Event 2024, evento che apre le porte al Cosmoprof 2024, principale fiera internazionale dedicata all’intera filiera del settore beauty, Intercos e Amarey presentano il primo prodotto di questa collaborazione. Un innovativo burro di caffè dalle molteplici applicazioni, con straordinarie proprietà tonificanti ed emollienti, che sarà disponibile sul mercato a partire dal 21 marzo 2024.

La collaborazione tra Intercos e Amarey nasce alla fine del 2022. Dopo solo un anno di ricerca scientifica con un approccio di “Open Innovation”, i rispettivi laboratori hanno creato un burro di caffè, ricco di principi attivi e con eccezionali proprietà cosmetiche.

Il prodotto nasce dalla silverskin, la pellicina argentata che riveste i chicchi di caffè, una pellicola che si stacca durante il processo di tostatura e che fino ad oggi veniva scartata.

La silverskin conserva una piccola parte di grasso che rappresenta un grande valore aggiunto per il mondo della cosmesi, grazie alla particolare composizione chimica e alle caratteristiche chimico-fisiche.

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La silverskin (immagine concessa)

Questo inedito componente cosmetico biomimetico è stato scoperto nel 2018 durante un programma di bio-economia circolare finanziato da Fondazione Cariplo e Innovhub, ma solo grazie al lavoro sul processo di estrazione per un utilizzo cosmetico della silverskin, i laboratori di Intercos e Amarey hanno realizzato il burro di caffè.

Al progetto ha partecipato anche illycaffè, che ha messo a disposizione la sua pluriennale esperienza nella ricerca e innovazione e che ha svolto gli studi e le analisi necessarie per l’utilizzo della silverskin come sottoprodotto. Attraverso il modello dell’economia circolare un prodotto che veniva solitamente considerato uno scarto, ritorna ad essere una materia prima estremamente interessante per l’utilizzo all’interno di prodotti cosmetici.

Gabriele Depta, Intercos Group chief r&d officer: “Siamo entusiasti della partnership con Amarey e illycaffè, perché ci ha permesso di portare a termine in tempi rapidi un progetto di ricerca rivoluzionario nel suo genere. Esso, infatti, unisce l’attenzione all’ambiente attraverso principi di economia circolare, che ci permette di dare nuova vita agli scarti alimentari, e lo sviluppo di una materia prima innovativa dalle molteplici applicazioni. L’approccio di ‘Open Innovation’ fin da subito ci ha messo in contatto con Amarey e illycaffè, da qui è partita una forte sinergia”.

Depta aggiunge: “Per raggiungere il massimo livello di innovazione e performance, da tempo Intercos investe nello sviluppo di materie prime. Abbiamo diverse linee di ricerca incentrate sulla possibilità di utilizzare sottoprodotti della lavorazione della filiera alimentare, in un’ottica di sostenibilità e di valorizzazione del Made in Italy. Il burro di caffè è solo il primo esempio di questa filosofia e al Cosmoprof 2024, che si terrà dal 21 al 24 marzo a Bologna, presenteremo le prime polveri viso che lo contengono, ma stiamo già lavorando ad ulteriori applicazioni. Ci attendono molti splendidi progetti all’insegna dell’innovazione e della collaborazione.”

“Questa partnership con Intercos insieme alla collaborazione con illycaffè, riunisce e valorizza le eccellenze del Made in Italy nel settore cosmetico e alimentare, costituendo una vera alleanza per il cambiamento” racconta Andrea Dominique Illy, co-founder & ceo di Amarey. “Grazie al know-how di Intercos, al patrimonio di conoscenza di illycaffè e al nostro team di esperti in tecniche estrattive, siamo riusciti a trasformare la silverskin del caffè in una materia prima dalle straordinarie proprietà: il burro di caffè”.

Andrea Dominique Illy aggiunge: “Questo progresso mette in luce l’impegno di Amarey nella ricerca e sviluppo di prodotti funzionali derivati dalla Coffea, rafforzando il nostro ruolo nell’esplorazione delle potenzialità del caffè oltre le sue tradizionali applicazioni. È una partnership che valorizza e supporta realtà giovani come la nostra, nate con una forte passione per l’innovazione e che facilitano le sinergie e collaborazioni tra settori diversi. Alla fine, lo diceva anche mio nonno Ernesto, ‘L’innovazione è una disobbedienza andata a buon fine’, ed è proprio questa disobbedienza che continuerà a trainare la nostra innovazione scientifica.”

“Sin dalla sua fondazione illycaffè ha orientato le proprie strategie verso un modello di business sostenibile e questo progetto interpreta al meglio i nostri valori” riporta David Brussa, direttore qualità totale e sostenibilità illycaffè, che continua “Da tempo analizziamo le fasi di produzione del caffè lungo tutta la filiera per identificare eventuali trasformazioni alternative sostenibili di questo ingrediente”.

David Brussa aggiunge: “Applicando il modello dell’economia circolare, abbiamo studiato e continuiamo a farlo, come convertire elementi che attualmente vengono scartati dal processo di produzione, come ad esempio la polvere di caffè verde, i chicchi tostati rotti e , appunto, la silverskin, in un nuovo sottoprodotto. Vogliamo valorizzare tutte le possibili tipologie di scarto, perché sappiamo che sono ancora molto ricche di molecole che possono essere reinserite in altri circuiti produttivi e riutilizzate. La collaborazione con Amarey, iniziata con l’uso della silverskin, porterà allo sviluppo di ulteriori progetti che si rifanno ai principi dell’economia circolare”.