lunedì 24 Novembre 2025
Home Blog Pagina 417

Il QR Code come sostituto del codice a sbarre nei supermercati entro il 2027: l’esperimento

0
qr code
QR Code (immagine: Pixabay)

Alcune aziende hanno firmato una dichiarazione per eliminare definitivamente il codice a barre entro il 2027 e utilizzare al suo porto il QR Code GS1. Come già noto, il codice QR consente al cliente di accedere a molte informazioni: si punta a incrementare questa caratteristica. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su Sky Tg24.

La sostituzione del codice a barre con il QR Code

MILANO – In tutto 22 aziende hanno firmato una dichiarazione che punta a eliminare l’uso del codice a barre entro il 2027. Al suo posto verrebbe utilizzato il QR Code GS1. Hanno aderito fra gli altri Alibaba, Barilla, Carrefour, L’Oréal, Lidl, Mondelez, Nestlé.

Il cambiamento è già in corso con la sperimentazione della nuova tecnologia in 48 Paesi del mondo, che rappresentano l’88% del Pil mondiale. Come già noto, il codice QR consente al cliente di accedere a molte informazioni: si punta a incrementare questa caratteristica.

Cosa succede dal 2027

A partire dal 2027 il codice a barre nei prodotti commerciali potrebbe essere sostituito dal QR Code. L’idea parte da un’iniziativa, Sunrise 2027, a cui hanno aderito 22 aziende leader mondiali del largo consumo: nello specifico, hanno firmato una dichiarazione per chiedere che retailer e produttori adottino, appunto entro dicembre 2027, i Qr code standard GS1. Alcuni esempi delle aziende che hanno partecipato: Alibaba, Barilla, Carrefour, L’Oréal, Lidl, Mondelez, Nestlé.

I vantaggi del QR Code

I QR Code possono contenere una grande quantità di informazioni sui prodotti e renderle facilmente accessibili tramite smartphone, abilitando una vasta gamma di potenzialità che, nell’ottica di chi li produce, potrebbero rivoluzionare completamente l’esperienza dei consumatori.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Locali storici d’Italia 2024-25: presentata la Guida

0
Gambrinus Napoli locali storici guida
L'ingresso della caffetteria Gambrinus di Napoli

Al prestigioso Hotel Principe di Savoia di Milano è stata presentata la Guida ai locali storici d’Italia 2024-25. L’attuale edizione racconta i locali storici attraverso un tema che unisce delle famiglie che hanno fondato e tramandato l’attività di generazione in generazione. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale The Way Magazine.

La nuova Guida dei locali storici d’Italia

MILANO – La nuova edizione della Guida ai Locali Storici d’Italia presenta, totalmente aggiornata, i 191 selezionatissimi locali che sono parte dell’Associazione e sono presenti su tutto il territorio italiano.

L’Edizione 2024/2025 è focalizzata sulle famiglie che hanno fondato e gestito i locali storici e ne hanno tramandato eredità e memoria storica per molte generazioni e fino ad oggi, preservando l’autenticità, la qualità e il più vivo valore dell’ospitalità italiana.

Sono cento novantuno esempi che illustrano come la continua passione, dedizione e capacità di innovare abbiano mantenuto vivo il patrimonio culturale e gastronomico italiano.

L’Associazione nazionale locali storici d’Italia che ha appena pubblicato l’edizione 2024/2025 della Guida ai locali storici d’Italia, la mette a disposizione gratuitamente nei luoghi di cui si occupa e direttamente dal sito dell’Associazione.

L’attuale edizione racconta i locali storici attraverso un tema che unisce la maggior parte dei locali storici, quello delle famiglie che hanno fondato e tramandato l’attività di generazione in generazione. Tra questi, dal 1803 con ben sette generazioni di continuità familiare, il primato spetta allo storico Gran Caffè Renzelli di Cosenza. Un caso unico di azienda familiare nel panorama italiano, che ha attraversato 220 anni di storia ininterrotta.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

A Barcellona apre il bar con mobili stampati in 3D a base di fondi di caffè

0
biodiesel fondi di caffè co2
Fondi di caffè (foto di Elias Shariff Falla Mardini da Pixabay)

L’azienda spagnola LOWPOLY, studio di design e stampa, ha collaborato con il gruppo D-Origen, operante nel settore del caffè, per creare mobili stampati in 3D per un nuovo bar in Barcellona. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione 3D Natives.

Il bar con mobili stampati in 3D a Barcellona

BARCELLONA – Negli ultimi anni, gli sforzi per promuovere l’economia circolare in tutto il mondo si sono moltiplicati. La necessità di creare prodotti ecologici è indiscutibile. In questa occasione abbiamo voluto presentare un progetto che cerca di promuovere la sostenibilità ridefinendo i canoni dell’interior design. L’azienda spagnola LOWPOLY, studio di design e stampa 3D, ha collaborato con il gruppo D-Origen, operante nel settore del caffè, per creare mobili stampati in 3D per un nuovo bar in Barcellona.

La particolarità del progetto è che i mobili del bar sono realizzati con scarti di caffè e sono stampati in 3D.

I fondi di caffè sono spesso usati come fertilizzanti per le piante, per neutralizzare gli odori o per scopi industriali come la produzione di biomassa. Basta contare il numero di bar in una città per rendersi conto della quantità di rifiuti generati nel settore.

Questo è esattamente ciò che LOWPOLY e D-Origen hanno pensato e per questo hanno dato vita a una collaborazione che prevede l’utilizzo di fondi di caffè dei bar D-Origen per creare i loro mobili.

LOWPOLY ha sviluppato un nuovo materiale a base di fondi di caffè, combinato con PLA riciclato, e ha creato bancone, sgabelli e sistemi di illuminazione stampati in 3D che ora si possono ammirare nella caffetteria D-Origen nella Casa Calvet, lo storico edificio di Antoni Gaudí a Barcellona.

Dietro il progetto, Gianluca Pugliese (fondatore di LOWPOLY), e i designer Ilaria Marzano e Arturo Tedeschi, che hanno utilizzato l’intelligenza artificiale e tecniche di progettazione digitale avanzate per la progettazione dei mobili. Questi, infatti, sono realizzati su misura e le tonalità uniche sono il risultato dell’uso del caffè come materiale principale.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

La torrefazione Il Griso di Seveso sbarca a Hong Kong

0
il griso monza brianza
Il logo della torrefazione Il Griso

Dalla Brianza a Hong Kong, il caffè della torrefazione Il Griso di Seveso, nella Brianza, ha fatto il giro del mondo. La torrefazione brianzola a settembre riceverà inoltre il prestigioso riconoscimento da parte della Camera di Commercio MI LO MB, al Teatro alla Scala di Milano, per gli anni di attività. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su Monza Today.

Il caffè della torrefazione Il Griso arriva a Hong Kong

SEVESO (Monza) – Dalla Brianza al Giappone, in una tazzina di caffè. Cos’hanno in comune via Tommaseo a Seveso e alcune delle strade più frequentate dell’ex colonia britannica di Hong Kong? Il caffè. E si tratta di quello della torrefazione Il Griso. Una storia di successo commerciale che arriva da Seveso dove Claudia e Antonio, i due soci dell’attività che hanno iniziato la loro avventura imprenditoriale come semplici commessi.

Nel 2000, ormai 24 anni, hanno rilevato l’attività e hanno collezionato riconoscimenti prestigiosi come la vittoria nel 2016 del titolo di “Miglior Caffetteria d’Italia” ai BarAwards e le “Gold Metal” o “Platinum Metal” assegnate da ICT (International Coffee Taster) per i blend prodotti.

Menzioni che nel 2010 hanno permesso loro di ottenere da IIAC (Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè) il patentino di assaggiatori. E nel 2018, dalla Brianza, Antonio e Claudia, si sono lanciati alla conquista del mondo appunto con l’apertura dei primi negozi Coffeelin inspired by Griso ad Hong Kong e in Asia. Oggi sono otto ma la vera novità è l’apertura quest’anno di Griso Lab, una torrefazione “in loco” che produrrà caffè non solo per le caffetterie locali, ma anche per il mercato asiatico più ampio.

“Abbiamo conosciuto questa famiglia di imprenditori nel campo alimentare di Hong Kong che ha subito manifestato interesse nei confronti del nostro caffè. Abbiamo iniziato a spedire una nostra miscela, la Storica 19-91, e loro ad aprire caffetterie con cucina italiana. Un mix che si è subito rivelato di successo e che nemmeno il Covid nel 2020 ha frenato. Anzi, i feedback dei clienti sono sempre stati positivi e numerosi tant’è che le aperture hanno proseguito” raccontano Antonio e Claudia a Monza Today. Ogni 2-3 mesi si recano a Hong Kong per essere sul posto e seguire anche la crescita di due tostatori impiegati presso la torrefazione inaugurata a inizio aprile.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Cafezal riunisce tre farmer di specialty brasiliani a Milano Carlos Bitencourt: “Obiettivo, acquistare un container diretto entro la fine di quest’anno”

0
cafezal
Carlos Bitencourt circondato dai farmers di specialty brasiliani (foto concessa)

MILANO – In Viale Premuda 14 Cafezal si è trasformato ancora una volta in uno spazio comune per consumatori e produttori: Brasile e Italia unite dallo specialty coffee senza intermediari per stabilire un dialogo aperto tra tre produttori e chi può gustare la loro offerta.

Durante l’evento gratuito e aperto al pubblico, Cafezal si è proposto come punto di riferimento per fare divulgazione sulla filiera del caffè di qualità

Toccando con mano il verde, ascoltando le testimonianze dirette di chi coltiva, seguendo il legame che sin dagli inizi ha caratterizzato la roastery con base milanese e cuore brasiliano con le piantagioni e i suoi farmers.

Carlos Bitencourt, fresco dall’ultimo viaggio alle origini ha organizzato questo momento importante di scambio facendo sedere allo stesso tavolo Jhone Milanez Lacerda, uno dei maggiori referenti quando si parla di coltivazione specialty in Brasile, che applica uno dei migliori processi di post-raccolta a livello nazionale e con il quale Cafezal collabora dal 2019 avendo prodotto Castanha e Macedonia;

con Alexandre Emerich – parte della rete Cafezal dal 2018, con i caffè ex-Ipanema, Sonetto e Sinfonia – punto di riferimento per quanto riguarda i caffè fermentati in Brasile e capo saldo per la Serra do Caparaó e infine con Horacio moura Antonio, pluripremiato della Serra do Caparaó ed è anche una dei maggiori esponenti nella coltivazione di specialty in Brasile.

Introduce così questa prima generazione di specialty brasiliano – anche se già per tutti loro è molto chiaro che l’eredità di questo loro primo passaggio si trasmetterà in futuro -, Bitencourt: “L’idea oggi è quella di ospitare tre produttori molto forti del Brasile ed è un grande onore accogliere questi amici del caffè con cui lavoriamo da tempo.”

A partecipare a questa iniziativa un pubblico eterogeneo, non soltanto di addetti ai lavori:

Tutti riuniti all’evento Cafezal (foto concessa)

Ad ascoltare, delle studentesse del Politecnico di Milano coinvolte nel progetto portato avanti in collaborazione con Cafezal che si basa sulla caffetteria del futuro. Presente anche Davide Franzini docente della Scuola Galdus e diversi coffeelovers curiosi di confrontarsi con i farmers, oltre che dei baristi che sono arrivati dagli altri punti Cafezal per imparare.

L’obiettivo di questo evento: promuovere i produttori, che spesso sono invece un punto della filiera un po’ dimenticato

Bitencourt: “Dobbiamo comprendere invece l’importanza che ha per questi produttori, arrivare dall’altra parte della filiera il poter vedere i propri caffè presenti in un locale come questo a Milano, il guardare con i propri occhi le persone che lo bevono”.

Alexandre racconta: “Cafezal è stato uno dei primi torrefattori in Europa ad aver lavorato con noi e la nostra Finca. Siamo la prima generazione della famiglia che ha prodotto specialty in Brasile.” Alexandre ha fatto il percorso inverso rispetto a quello più comune e dopo che la sua famiglia ha lasciato i campi, lui ha voluto far rientro nelle piantagioni, acquistandone una nel 1994.

Horacio invece si colloca all’interno di una zona composta da ben 64 comuni e 36mila produttori, è il rappresentante della quinta generazione di farmers, ma la prima di specialty.

Ed è proprio un suo caffè che viene servito per primo in Chemex: 91 punti, appena tostato dal verde un lavato che si è posizionato al secondo posto della Cup of Excellence del 2023. Uno specialty che ha goduto di grande visibilità perché degli asiatici si sono innamorati delle sue note di Maracuja.

Ma come ci tiene subito a specificare Bitencourt, la cosa fenomenale di questi produttori non è tanto la capacità di ottenere punteggi altissimi: “Ma sono in grado soprattutto di garantire una certa costanza nel livello della produzione. Qual è il segreto di questo loro lavoro e consistency?”.

Prova a dare una risposta Horacio: “Il terroir, le condizioni climatiche sono importanti, assieme al processo del post-raccolta e dell’esperienza necessaria a padroneggiarlo. Anche le varietà che si sono sviluppate in una determinata zona devono essere quelle adatte al terroir.

Ultimo elemento: la fase di produzione.”

Un’interessante riflessione poi è stata fatta attorno al confronto tra altitudine e latitudine: questi coltivatori hanno piantagioni che si collocano tra i 950 ai 1550 di altitudine, una fascia che per il Brasile è già piuttosto elevata.

Ma, suggerisce Bitencourt, bisognerebbe fare il giusto confronto tra una regione equatoriale e una tropicale: nel primo caso, i 2000 metri equivarrebbero per una zona tropicale ad un’altitudine sotto i 1400. La qualità è anche determinata da quanto la coltivazione si trova distante dall’equatore e il modo in cui viene influenzata la pianta.

Certo, l’altitudine ha un effetto preciso sul caffè, ma il fattore che maggiormente ha impatto è la tempistica che intercorre tra la fioritura e la fase in cui la drupa è formata e pronta ad essere raccolta. Così, ciò che avviene tra i 1200-1400 in questa parentesi temporale nelle zone tropicali, è simile a quello che accade in altre regioni come Etiopia e Colombia, a 1800-2000 metri.

Ricordano i coltivatori: “Per ottenere questa produzione poi è fondamentale mantenere la biodiversità: su 37 ettari per esempio, soltanto 20 sono di caffè. Non si parla di un’agricoltura intensiva, ma di una armonica ed eco sistemica.”

Il secondo caffè degustato è quello di Alexandre, un Catucai rosso che ha subito una fermentazione anaerobica per 7 giorni in un container da 200 litri.

Ma come mai questi farmers hanno deciso di svoltare con lo specialty?

Alexandre: “Inizialmente siamo stati attratti da una tematica economica. C’è stato in passato un periodo in cui abbiamo visto dei prezzi molto bassi per la commodity in Brasile e così ci siamo spostati sullo specialty.

Nel tempo poi naturalmente è seguita la passione che è quella che ci sostiene anche oggi anche in quei momenti in cui lo specialty non viene valorizzato dal mercato, come sta accadendo per esempio quest’anno.

Tre, quattro anni fa, il rialzo pazzesco della commodity ha aiutato a fare una scrematura tra i produttori di specialty, allontanando tutti coloro che si erano impegnati soltanto per cavalcare la tendenza e che quindi sono tornati sui loro passi.

Quelli che invece hanno resistito sono quelli che hanno scelto gli specialty come stile e filosofia di vita. Il percorso di crescita è avvenuto in parallelo allo studio del caffè, del post-raccolta, delle varietà, attraverso diversi test con altre tipologie prese da altri Paesi. Adesso se si vuole lavorare in piantagione, si deve studiare in maniera approfondita le pratiche agricole, la materia prima.”

Jhone ad esempio, farmer molto rispettato nel mondo dei produttori in quanto referente di spicco nel mondo della fermentazione assistita, può contare su una struttura tecnica che migliora di anno in anno.

È un lavoro di pazienza, di continui esperimenti: certo ci sono diverse istituzioni che hanno dato struttura all’agricoltura, ma è anche vero che ciascuna varietà trova una migliore espressione a seconda delle zone: si pensi che persino all’interno della stessa Caparao, in base alle condizioni micro climatiche, può cambiare il risultato.

Normalmente sono necessari sino a 30 anni per arrivare ad ottenere l’esito migliore di una varietà. Quando un produttore mette la produzione in attivo, ha bisogno di altri 8 anni per capire come coltivarla nel modo più efficace.

Altri dati per informare il consumatore finale: su 50 mila piante di caffè, di cui il 60% è specialty, tutto il resto è dato dalla commodity in ottime condizioni.

Ben 83 piante servono per riempire un sacco da 60 chili. Se parliamo poi di specialty, sono necessarie 110 piante. Ancora da una pianta soltanto, si ricavano circa 700 grammi di caffè verde, appena 500 litri in volume.

Bitencourt toglie da una busta e mette in esposizione sul tavolo dei campioni portati dal suo recente viaggio in Brasile

Alcuni sono di specialty, altri sono di caffè commerciale più o meno pieno di difetti.

“Il caffè difettato è quello standard che si trova anche nei supermercati brasiliani. Quello ancora più ricco di difetti, corrisponde al 20/30% di quello che si acquista negli scaffali.”

Il caffè con più difetti

D’altra parte, il consumo di specialty in Brasile copre appena il 12-15% di quello totale. E il resto viene esportato.

Sul caffè verde che arriva dal Brasile sino in Italia si può dire invece che si colloca su uno standard piuttosto elevato e che però spesso viene tostato troppo scuro.

E si chiude l’esperienza con la presentazione del piano di Cafezal per la fine dell’anno:

“Portare un container intero con le nostre sole forze, ovvero facendoci carico di 320 sacchi di caffè con il commercio totalmente diretto.”

E poi un’importante riflessione arriva da Bitencourt rispetto alle dinamiche attuali: “Ora il mercato dello specialty si avvicina molto a quello dell’Arabica di buona qualità che a sua volta è prossimo a quello della Robusta anche di più scarsa qualità. Probabilmente il mercato non influenzerà con dei rincari lo specialty e questo dovrebbe portare chi tratta le commodity ad acquistare del verde di qualità più elevata.

Dal mio punto di vista, il prezzo del caffè tostato dovrà ulteriormente aumentare a partire dalla metà dell’anno.

E questo dovrebbe avere anche una ricaduta sul costo della tazzina al bar. Tutto questo aiuterà lo specialty perché già di partenza venduto ad un prezzo più alto e che ora si potrà adeguare finalmente ad un costo più in linea a quello che dovrebbe essere già ora.”

Manuela Fensore sfiora le stelle con il suo secondo posto ai mondiali di latte art 2024: il vincitore è Yi-Chen Xie di Taiwan

0
fensore
Manuela Fensore al termine della routine della finale mondiale (foto concessa)

COPENHAGEN – Al Bella Centre di Copenhagen Manuela Fensore ha brillato con una gara originale, in grado di emozionare, di cui si è parlato e si parlerà moltissimo. In un campionato che ha portato una letterale rivoluzione nel mondo della latte art, passando ad una macchina super automatica e introducendo molte altre variabili di regolamento e calcolo dei punteggi, il coraggioso rientro di Manuela poteva avere numerose incognite ed essere davvero insidioso.

Manuela Fensore al secondo posto dei mondiali latte art

Ma fin dal preliminary round, Manuela Fensore ha dimostrato di essere a suo completo a agio, lasciando tutti stupiti con un concept di gara innovativo e di grande spessore interpretativo. Infatti non si è limitata a disegnare le tazze, ma ha anche raccontato le sue Baby Tales, dedicando ad ogni animaletto in tazza una filastrocca in rima.

ll team formato da Manuela, Carmen Clemente (anche lei campionessa del mondo 2022) e Cristina Caroli nel ruolo di stratega, ha deciso infatti di portare a proprio favore l’introduzione della macchina superautomatica Thermoplan, che ha consentito di avere più tempo nella propria performance per introdurre elementi descrittivi e narrativi ai giudici. Un cambiamento che ha comunque richiesto a tutti i concorrenti di sviluppare skills comunicative analoghe alle altre gare Barista del circuito WCE.

L’intervista dopo la finale mondiale (foto concessa)

Come già accennato, la presentazione di Manuela è andata oltre il semplice speech e ha colpito per la sua originalità e vivacità. L’ispirazione è nata dai libri di favole per bambini, un concept ben preciso nato da un desiderio di Manuela, e realizzato da Cristina Caroli, che lo ha personalmente creato per lei.

Sul palco accanto a lei nell’intervista dopo gara, una Carmen Clemente molto commossa: partner di vita e carriera della campionessa mondiale 2019, che l’ha definita “il mio naturale complemento, senza la quale niente sarebbe lo stesso.”

Manuela ha avuto parole di ringraziamento per SCA italy e Wce, nonchè di elogio e profonda stima per i concorrenti con lei in finale, che hanno dato vita ad una competizione di altissimo livello.

Ha inoltre sottolineato come il campionato mondiale non è mai una gara contro gli altri competitor, ma una gara con se stessi, per dare il massimo, offrendo emozioni e bellezza.

I sei finalisti mondiali e la classifica finale (credit WCE)

La classifica finale ufficiale del campionato del mondo di latte art 2024 è la seguente:

  1. Yi-Chen Xie, Taiwan
  2. Manuela Fensore, Italia
  3. Guoqiang Liu, Cina
  4. Dario Pieber, Svizzera
  5. Sarawut Manngan, Tailandia
  6. Elly (Jiyu Lee), Corea del Sud

 

I campionati mondiali barista: vince la latte art Yi-Chen Xie, coffee in good spirits Seung Chan Wi, cevze ibrik Jordan Tachnakian e roasting, TaiYang Liu

0
i campionati
Si sono conclusi i campionati mondiali barista a Copenaghen (foto dal sito WCC)

MILANO – L’Italia presentissima ai campionati mondiali del World of Coffee di Copenaghen: i quattro campioni, Manuela Fensore per la Latte art, Andrea Villa per Coffee in good spirits, Emanuele Bernabei per Ibrik sono arrivati alle finali ed Emanuele Tomassi per la categoria Roasting e anno fatto brillare il loro titolo nazionale conquistato al Sigep 2024.

Dietro le loro performance, sempre presente la Specialty Coffee Association che ha seguito le prove di ciascun competitor tifando a ogni gara.

Campioni italiani tra i migliori del mondo

E infatti, una volta superate le selezioni sino a distinguersi tra i più bravi al mondo, ecco come si sono posizionati alla fine del percorso.

Latte art: Manuela Fensore si dice soddisfatta per aver ottenuto un grandissimo risultato, anche questa volta, sul palco mondiale

1. Yi-Chen Xie, Taiwan⁣
2. Manuela Fensore, Italy⁣
3. Guoqiang Liu, China⁣
4. Dario Pieber, Switzerland⁣
5. Sarawut Manngan, Thailand⁣
6. Elly (Jiyu Lee), South Korea⁣

Coffee in good spirits

1. Seung Chan Wi, South Korea
2. Sandro Roth, Switzerland
3. Andrea Villa, Italy
4. Yessylia Violin Angkasa, Indonesia
5. Sin Jay Kao, Taiwan
6. Chloe Lai, Hong Kong

Cevze Ibrik

1. Jordan Tachnakian, France
2. Kevser Atmaca, Turkey
3. Ivan Bilousov, Ukraine
4. Emanuele Bernabei, Italy
5. Ply, Canada

Roasting dopo tre giorni di sfide intense, ecco i finalisti con il vincitore – il campione italiano Emanuele Tomassi non è passato tra i primi 4, ma ha conquistato comunque il sesto posto

1. 刘太阳 TaiYang Liu, China
2. Mateusz Derkacz, Poland
3. Andrea Trevisan, Austria
4. 成磊 / Chenglei 刁/ Diao, China

 

Sca e Cup of Excellence uniscono le forze per uniformare gli standard

0
mercati del caffè dazi prezzi futures del caffè Rabobank StoneX
Chicchi di caffè tostato (credits: Alexa from Pixabay)

MILANO – Rivoluzione nel mondo dei caffè speciali: Cup of Excellence (CoE) e Alliance for Coffee Excellence (Ace) hanno annunciato una partnership trasformativa con la Specialty Coffee Association (Sca), attraverso la sottoscrizione di un Memorandum of Understanding (MoU) avvenuta giovedì 27 giugno a World of Coffee Copenhagen.

Finalità di questa collaborazione: sviluppare un approccio comune nella definizione e nella valutazione dei caffè speciali di altissima qualità.

Cup of Excellence è l’organizzazione non-profit con Sede a Houston, Usa, che possiede e gestisce le 17 competizioni annuali omonime che si svolgono in 15 paesi.

I suoi concorsi hanno consentito, nell’arco di un quarto di secolo, di scoprire e far conoscere grandi caffè, micro regioni poco note e realtà produttive di eccellenza, spesso di piccole dimensioni.

Alliance For Coffee Excellence è anch’essa un’organizzazione senza fine di lucro, con sede a Portland (Usa), costituita nel 2002 per promuovere il programma di Cup of Excellence.

Contenuto riservato agli abbonati.

Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.

illycaffè e Fondazione Ernesto Illy: il ruolo della formazione per il caffè e la sostenibilità al G7 Istruzione

0
illycaffè
Da sinistra: Andrea Illy, presidente illycaffè, Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del merito, Anna Illy, presidente Fondazione Ernesto Illy (immagine concessa)

TRIESTE – Con l’evento collaterale “Il ruolo dell’istruzione e della formazione professionale: il caso di studio della filiera del caffè per favorire lo sviluppo sostenibile” organizzato da illycaffè e Fondazione Ernesto Illy si è aperta a Trieste la riunione ministeriale Istruzione del G7, presieduta dal Ministro Giuseppe Valditara.

illycaffè e Fondazione Ernesto Illy a G7 Istruzione

Il valore della formazione come strumento per contrastare il cambiamento climatico e la povertà è stato il tema dell’incontro al quale hanno preso parte lo stesso Giuseppe Valditara (ministro dell’Istruzione e del Merito), Gerardo Patacconi (Head of operations dell’International Coffee Organization), Tidiane Ouattara (rappresentante dell’Unione Africana), Andrea Illy (Presidente di illycaffè), Andrea De Marco (industrial development expert & project Manager dell’UNIDO), Stefania Giannini (Vice direttrice generale dell’UNESCO per l’educazione) e Laura Frigenti (AD del Global Partnership for Education), Fernanda Maria Roche Soares dos Santos (consigliere dell’Ambasciata del Brasile).

Un mercato già altamente volatile come quello del caffè, con un inadeguato accesso al credito e quindi con una bassa propensione agli investimenti, che fronteggia gli effetti del cambiamento climatico e subisce la scarsità di manodopera giovanile, rende le comunità del caffè estremamente vulnerabili. L’istruzione e la formazione sono il fattore che assicura la sostenibilità economica, sociale e ambientale dei produttori.

illycaffè
Da sinistra: Andrea Illy, presidente illycaffè, Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste, Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del merito e Anna Illy, presidente Fondazione Ernesto Illy (immagine concessa)

“L’istruzione è un fattore chiave per raggiungere gli obiettivi di resilienza, sostenibilità ambientale, valore aggiunto, circolarità della catena del valore e supporto alle famiglie dei produttori di caffè indicati nella dichiarazione del vertice G7 in Puglia”, ha detto nel corso del talk Andrea Illy. “Il cambiamento climatico, che mette al rischio più del 50 per cento delle terre coltivabili richiede, infatti, un miglioramento significativo delle pratiche agronomiche e dunque delle competenze e capacità degli agricoltori. Inoltre come è noto l’istruzione rappresenta la prima e più efficace azione per contrastare la povertà che è uno dei problemi che affligge la caffeicoltura. A Trieste viene prodotta molta della conoscenza sulle filiere del caffè e da oltre 25 anni illy con l’Università del Caffè è impegnata nel trasferimento tecnologico in 23 paesi tra produttori consumatori. Siamo particolarmente onorati di potere rappresentare alle massime istituzioni mondiali un caso di studio”.

L’Università del Caffè, il centro di formazione di illy, di cui proprio quest’anno si celebrano i 25 anni, crea valore attraverso attività di formazione e azioni di sensibilizzazione che hanno per obiettivo una filiera del caffè sostenibile, che rispetti l’ambiente e la biodiversità, favorisca l’occupabilità e imprenditorialità dei giovani, rafforzi il dialogo e la cooperazione tra i diversi attori del settore del caffè.

Se la formazione è il filo conduttore di ogni attività e costituisce la base per sviluppo delle comunità del caffè, la Fondazione Ernesto Illy interviene a fronte di determinate esigenze locali, con progetti specifici volti a mitigare e prevenire problemi sociali e promuovere il benessere delle comunità locali. Molti paesi, ad esempio, sono carenti di infrastrutture sociali efficaci e, a volte, i minori non sono sufficientemente tutelati. La Fondazione Ernesto Illy sostiene la costruzione di scuole, di servizi educativi e assistenza sanitaria per i figli degli operatori del caffè.

“Circa un terzo degli oltre 4,9 miliardi di persone che vivono nei paesi produttori di caffè – ha osservato Gerardo Patacconi – hanno un’età compresa tra 15 e 34 anni. Solo colmando le lacune nell’istruzione e nella formazione tecnica e professionale (TVET) in questi paesi, investendo sui giovani e riducendo i gap di genere e di accesso a conoscenza e tecnologie, si potranno affrontare efficacemente le minacce che caratterizzano la filiera del caffè a livello globale: cambiamento climatico e scarso reddito dei coltivatori. Come ICO, l’Organizzazione mondiale del caffè, con 75 membri, i governi dei paesi che producono e consumano caffe, e che integra attraverso una task force anche l’industria, siamo convinti che solo promuovendo buone pratiche attraverso la formazione ed investimenti nell’istruzione e nella formazione attraverso modelli Pubblico-privati si possa vincere la sfida della sostenibilità del settore ed assicurare il benessere dei produttori, di tutti gli operatori nella filiera e rispondere alle richieste in tal senso da parte di tutti noi che consumiamo circa 3 miliardi di tazze di caffe ogni giorno”.

Il riconoscimento nella Dichiarazione finale del G7 in Puglia del sostegno a un’iniziativa pubblico-privata per promuovere politiche e destinare risorse volte a incrementare il valore dell’economia circolare del caffè e a supportare i piccoli produttori incoraggia l’industria del settore a proseguire il proprio impegno al fianco delle istituzioni, proponendosi come attore nel trasferimento ai paesi produttori di know-how e assistenza tecnica, intesi come pilastri per la creazione di un’economia sostenibile.

Ocm Imballaggi, produttore dei barattoli illycaffè, passa a Fanti Packaging

0
illy arabica selection
Il blend illycaffè

Si è perfezionata in questi giorni l’intesa con Fanti Packaging di Bologna, che ha ottenuto il 60% delle quote dell’azienda Ocm Imballaggi. Presidente dell’Ocm rimarrà Ettore D’Agnolo, che mantiene anche la carica di amministratore delegato. Dal canto suo il brand illycaffè ha raggiunto una quota del 2% dallo 0,1% precedente. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Nordest Economia di Rosario Padovano.

illycaffè: subentra un nuovo partner al produttore dei barattoli Ocm Imballaggi

TRIESTE – Aumenta la quota di illycaffè e subentra un nuovo partner alla Ocm Imballaggi di Gruaro. Si è perfezionata in questi giorni l’intesa con Fanti Packaging di Bologna, che ha ottenuto il 60% delle quote dell’azienda del Veneto Orientale. Confermati tutti i 220 dipendenti, tra operai e impiegati, per un fatturato da 70 milioni l’anno. Alla famiglia fondatrice, i D’Agnolo, resta il 30%.

Presidente dell’Ocm rimane Ettore D’Agnolo, che mantiene anche la carica di amministratore delegato. Dal canto suo illycaffè ha raggiunto una quota del 2% dallo 0,1% precedente.

Tutti i barattoli di illycaffè sono prodotti proprio nell’azienda di Gruaro. L’Ocm vanta due linee produttive per un totale di 27mila metri quadrati di superficie: la più importante resta nel comune di Gruaro, 15mila metri quadrati; mentre il resto si trova a San Martino di Lupari, nel Padovano.

L’Ocm ha 62 anni di attività. Venne fondata da Gino D’Agnolo, scomparso di recente. Sono 60 i milioni di pezzi prodotti all’anno.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui