giovedì 10 Luglio 2025
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Ampersand lancia il bar robot Gizmo all’aeroporto di Dallas Fort Worth

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FORTH WORTH – Ampersand, un brand di caffè originario di Fort Worth in Texas, ha introdotto una tecnologia robotica avanzata all’insegna dell’espresso presso il Terminal C dell’aeroporto di Dallas Fort Worth. In collaborazione con RobotLAB e Hestia Robotics, l’azienda ha lanciato un chiosco robotico per il caffè e prevede di offrire la consegna autonoma della bevanda ai gate entro il 2026, come riportato dal quotidiano Fort Worth Star-Telegram.

Il primo chiosco robotico all’aeroporto di Dallas Fort Worth di Ampersand

Nonostante abbia aperto la sua sede all’aeroporto di DFW solo un anno fa, Ampersand ha già ottenuto un sostegno significativo, superando concorrenti dai nomi altisonanti come Starbucks e Dunkin’ Donuts.

Tuttavia, il primo chiosco robotico, chiamato Gizmo, ha debuttato il 7 aprile. Ora offre 27 bevande speciali, tra cui caffè, matcha e tè con gusti come vaniglia, miele e cocco.

I clienti possono ordinare e pagare tramite uno schermo touch, Gizmo prepara le bevande, consegnandole attraverso finestre di ritiro sicure accessibili con un codice QR.

TazzinArt: a Città di Castello l’evento artistico con 200 tazzine di caffè

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A Città di Castello, in provincia di Perugia, torna l’evento TazzinArt, manifestazione in cui sarà possibile ammirare capolavori della ceramica con 200 tazzine di caffè d’eccezione. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Alessandra Chieli pubblicato sul portale d’informazione Teletruria.

La manifestazione artistica TazzinArt

CITTA DI CASTELLO (Perugia) – Per il secondo anno consecutivo, torna a Città di Castello “TazzinArt”, la manifestazione, unica in Italia, in programma fino al 15 giugno, con il patrocinio del comune.

La presentazione è avvenuta presso il salone di rappresentanza di Palazzo Vitelli alla Cannoniera, sede della prestigiosa Pinacoteca dove alloggiano i capolavori di Raffaello Sanzio, Signorelli e Giorgio De Chirico, in un viaggio fra i secoli, dal Rinascimento all’arte contemporanea.

Alla presenza del sindaco, Luca Secondi, del vice sindaco, Giuseppe Bernicchi, dell’assessore alla cultura, Michela Botteghi e degli organizzatori della manifestazione tra cui Silvia Mercati, Giada Colacicchi e Lorenzo Fiorucci è stata illustrata quello che sembra configurarsi come un vero e proprio festival della ceramica.

Fiorucci, in veste di curatore della manifestazione, ha ricordato il senso di questa iniziativa che attraverso un oggetto comune come la tazzina da caffè, vuole annullare le distanze culturali e geografiche.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Il mate che sostituisce il matcha? Da Cafezal è già realtà affermata, Carlos Bitencourt: “Perché sarà sempre più scoperto e utilizzato”

MILANO – Ultimamente si è tornato a parlare di mate, bevanda prediletta da Papa Francesco: infuso preparato con le foglie di erba mate (in spagnolo yerba mate), è originario del Paraguay e Uruguay ma che in realtà è un rito che interessa gran parte di Sud America, dal Cile, Argentina al sud del Brasile, su cui ha deciso di investire il fondatore di Cafezal, Carlos Eduardo Bitencourt. È proprio dal punto di Viale Premuda, che è partito questo nuovo progetto tutto latino americano.

Il mate come viene consumato nel primo paese produttore di caffè?

“Il mate e un’erba coltivata nell’America del Sud che si estende in tutte quelle zone in cui erano giunte le missioni gesuitiche, per esempio in Brasile nella regione del Rio Grande do Sul, Argentina in Corrientes e Missiones, e poi in Paraguay e Uruguay. Storicamente la più grande regione produttrice al mondo si trova proprio nel sud del Brasile, da dove arrivo io. Esiste poi un processo di raccolta delle foglie che vengono trattate, essiccate, triturate e macinate.

Il mate è presente anche in Argentina, in Paraguay e in Uruguay, dove è una bevanda quasi identitaria della popolazione locale. Certo, il consumo di caffè resta più notevole, ma soprattutto in Paraguay, nell’Uruguay e in Argentina questa pianta è molto diffusa lungo la pampa, un bioma in cui vengono allevati anche i bovini di alta qualità.

I principali consumatori storici di questo tè erano le tribù dei Guarani, originari di quella macro-regione. Il Mate si beve in queste zone principalmente caldo, anche se esiste la possibilità di consumarlo freddo.

Principalmente in Paraguay si beve il Tererè, ma anche a Rio De Janeiro capita di sorseggiare il mate in spiaggia, freddo, infuso insieme al limone e lo zucchero. Da noi è un rito che accompagna durante tutta la giornata. Le persone lo bevono alla mattina al posto del caffè, oppure in ufficio mentre si lavora, come a casa in famiglia. Il contenuto della caffeina è ridotto, meno della metà del caffè, ma è comunque uno stimolante e lo si utilizza ad esempio per studiare.

Il mate impacchettato con il metodo Cafezal (foto concessa)

In Brasile viene preparato nel “cuia”, contenitore ricavato da una frutta, la “Cabaça” (simile al legno vuoto essiccato, e della famiglia della zucca), all’interno del quale si posiziona l’yerba mate in foglie macinate. A quel punto si mette la cannuccia chiamata “bomba” o “bombilla” (versione argentina/uruguayana), dell’acqua calda e si beve. Tradizionalmente il mate risulta amaro e non si aggiunge zucchero. Anche in Brasile non è stata una bevanda molto diffusa al di là delle regioni storiche come quelle del sud, in cui è tradizionale.”

Con Cafezal ci state puntando anche al posto del Matcha che ha rappresentato un trend importante: com’è il mercato del mate in termini di diffusione e di prezzo?

“Per me, da brasiliano, il mate è sempre stata una bevanda abbastanza naturale da considerare per Cafezal. Certo pone un problema quando lo si acquista, in quanto la granulometria delle foglie è particolarmente larga (prendendo come riferimento quella del cold brew, andrebbe moltiplicata per 3).

Per questo motivo, abbiamo dovuto sviluppare un nostro processo interno, diviso in tre procedure che riescono a farci passare dalla granulometria originaria del mate sino alla polvere con più facilità e rapidità. A questo punto abbiamo potuto sostituire del tutto il Matcha.

Un buon mate oggi sul mercato si trova anche a 25 euro al chilo per l’Europa (contro i 250 che si possono spendere per un ottimo Matcha). Non registriamo comunque volumi alti: all’anno usiamo 50 chili di mate.

Per ora sta andando abbastanza bene e per Cafezal è una nostra bevanda Signature. Ci prepariamo dei drink rinfrescanti, considerando sempre che rispetto al Matcha esiste certamente una differenza in termini organolettici in quanto il mate è più erbaceo, sa più da foglia rispetto al matcha.

Ci riforniamo direttamente da dei produttori della mia città con cui sono in contatto e poi trattiamo questo prodotto con un processo di macinatura e di filtraggio da noi brevettato, insieme alla bevanda mate-latte.”

Anche il mate ha una sua ossidazione

Bitencourt: “Ma con il nostro processo che effettuiamo mensilmente, il prodotto riesce a conservarsi bene. Il mate è una foglia essiccata e affumicata, viene già trattato in maniera diversa rispetto al caffè verde. La shelf life ideale per un mate conservato in foglie va dai sei agli otto mesi, messo in sotto vuoto. Una volta aperto, con il processo ideato da me arriviamo ad un mese-un mese e mezzo, riposto al chiuso e a temperatura ambiente.”

Quindi in termini di abitudini di consumo, rispetto all’America latina, la grande differenza è l’aggiunta del latte

La ricetta rinfrescante con il mate (foto concessa)

“Sì, in Italia lo offriamo in altre modalità oltre a quella tradizionale. Oggi abbiamo principalmente due ricette: il mate-latte, servito sia freddo che caldo (4 euro) e con la possibilità di usare il latte d’avena, con 50 centesimi in più. E poi un’opzione estiva con mate, una leggera spremuta di limone, acqua tonica e un sottofondo di latte condensato, adatta per la merenda a metà mattina o per un aperitivo pre cena. È molto dissetante e lo proponiamo a 6 euro.

Inoltre lo sfruttiamo anche come ingrediente nella pasticceria e a breve inizieremo con la linea di brioche farcite proprio con crema pasticcera al mate.”

Quindi secondo lei li mate diventerà una tendenza come il Matcha?

“Sarà sempre più scoperto e utilizzato. Il problema della macinatura è l’unico ostacolo, che tuttavia abbiamo risolto. Vendiamo il mate anche in bustina da 200 grammi a 18 euro per il consumo domestico e per i nostri clienti B2B interessati ad avere come un’alternativa molto simile ma più economica al Matcha.

Abbiamo notato che di solito chi beve il mate in caffetteria è giovane. È un prodotto che viene percepito come salutare con proprietà antiossidanti che contrastano lo stress ossidativo. Sommando tutti questi elementi, aspetti organolettici, collegamento con la caffetteria specialty, tendenza ma soprattutto l’origine, mi è sembrato più che naturale offrirlo come un nostro prodotto signature e oggi unico da Cafezal.”

Andrej Godina, il cupping per il Ruanda e le sfide per i torrefattori, Arianna Mingardi: “Nella tempesta perfetta c’è un margine d’azione per resistere”

MILANO – Negli ultimi anni il Ruanda si è distinto per la notevole produzione di caffè di elevata qualità. Distinti da un flavore pregiato e un gusto bilanciato, i chicchi ruandesi non sono ancora entrati nel radar dei torrefattori italiani. Quale luogo migliore per scoprire di più su questa produzione se non il laboratorio di assaggio di caffè?

Il caffè del Ruanda

Nella giornata del 5 maggio si è tenuta, presso ARC – Aziende Riunite Caffè, una doppia sessione di cupping dedicata proprio al Ruanda, organizzata dall’Associazione Caffè Trieste in collaborazione con ICU – Istituto per la Cooperazione Universitaria, nell’ambito del progetto di cooperazione internazionale AID 012590/04/9, finalizzato allo sviluppo sostenibile della filiera del chicco nel Paese africano.

Il progetto è realizzato con il sostegno dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), partner istituzionale assieme a ICU, con l’obiettivo di promuovere una crescita economica duratura e inclusiva nei territori rurali del Ruanda con il fine introdurre la produzione di caffè ruandese ai torrefattori italiani.

L’evento presso ARC – Aziende Riunite Caffè

La giornata di lunedì ha dunque rappresentato la terza sessione di assaggi degli specialty del Ruanda, dopo gli incontri svolti in occasione del Triestespresso Expo a Trieste e del Sigep World a Rimini.

Nonostante i caffè ruandesi presentino caratteristiche sensoriali pregiate — come una spiccata acidità e dolcezza, una perfetta pulizia in tazza e una complessità aromatica notevole —, il loro profilo gustativo non corrisponde appieno ai gusti tradizionali del consumatore italiano, storicamente orientato verso miscele dall’acidità quasi nulla e dal corpo pieno.

Per questo motivo, diventa fondamentale raccogliere feedback strutturati da parte dei torrefattori, degli assaggiatori professionisti e dei trader, al fine di comprendere le reali possibilità di inserimento del caffè ruandese nel mercato italiano.

L’iniziativa ha avuto anche l’obiettivo di evidenziare i progressi compiuti dal Ruanda sul piano dell’organizzazione produttiva: dalla strutturazione delle cooperative sociali alla gestione efficiente delle washing station, anelli chiave della filiera di produzione per garantire qualità, tracciabilità e sostenibilità.

Per saperne di più abbiamo partecipato alla prima sessione di cupping della giornata presieduta dal caffesperto Andrej Godina che ha spiegato nel dettaglio la varie fasi dell’operazione.

La postazione

Si comincia con la compilazione della scheda per le caratteristiche del caffè. In questo caso non si tratta di quella della SCA ma una versione semplificata per aiutare i neofiti del cupping.  Successivamente, si scrive il riferimento del campione, il numero del lotto, la lavorazione (naturale o lavato), e si passa subito alla voce fragranza e aroma. Si annusa il caffè macinato prima di inserire l’acqua e si annota l’aroma percepito.

Interessante notare come, una volta aggiunta l’acqua, la polvere di macinato si deposita sopra la tazza a causa dell’anidride carbonica. Per assaggiare è necessario dunque rompere la crosta e far adagiare la polvere di caffè sul fondo della tazza. Dopodiché si toglie la schiuma rimasta in superficie. La bevanda, infine, è pronta per essere assaggiata.

L’aggiunta dell’acqua alla polvere di caffè

Si parte con un 100% Bourbon Arabica lavato da cui è stato possibile sentire il flavore molto aromatico e fruttato.

La seconda scelta è sempre un 100% Bourbon Arabica lavato. Più dolce rispetto al primo ma dalla componente agrumata molto intensa e persistente.

Si prosegue con il terzo caffè che presenta flavori più dolci di bakery con aromi di biscotti e cioccolato con una leggera nota di bergamotto.

È il turno del quarto, decisamente più dolce con un’acidità meno accentuata e flavore fruttato, sempre 100% Bourbon Arabica lavato.

Non troppo differenti dagli ultimi due, di cui uno lavato del tipo peaberry, che presentano un aroma deciso ma ben equilibrato.

Tutti i caffè proposti nella sessione di cupping sono classificati Specialty.

Arrivati a questo punto, Andrej Godina ha sottolineato l’importanza di assaggiare il caffè in tre diverse fasi di temperatura: caldo, tiepido e a temperatura ambiente. Questa pratica consente di cogliere l’evoluzione del profilo di flavore nel tempo, offrendo una valutazione più completa della qualità del campione. In particolare, è nella fase fredda che emergono con maggiore chiarezza eventuali difetti nascosti — come note fermentate, terrose, chimiche, cartacee o astringenti — che risultano meno percepibili quando la bevanda è calda. Una degustazione condotta con attenzione a queste fasi aiuta i torrefattori a prendere decisioni più consapevoli sulla selezione e l’uso del caffè, soprattutto se destinato a miscele di espresso o a utilizzi monorigine.

Mentre i primi caffè assaggiati all’inizio presentavano aromi più complessi e più leggeri con varie sfumature, in seguito, man mano che si sono raffreddati, gli aromi risultavano essere di maggiore intensità, anche se con minore complessità. L’ultimo passaggio al caffè freddo ha fatto venir fuori l’anima del prodotto.

Andrej Godina svela i retroscena del metodo cupping: “Questo processo si usa per definire la qualità del caffè verde. Viene utilizzato sia per la classificazione degli Specialty che per i lotti commerciali. Il metodo è stato introdotto in Brasile con la prima classificazione commerciale del caffè. Lo scopo è trovare le caratteristiche positive di una determinata produzione e ciò che lo rende unico. In base al risultato qualitativo di questo metodo di assaggio si determina la classificazione e il prezzo. Nel caso del caffè commerciale il costo è identificato con un differenziale a cui si aggiunge la quotazione di borsa, negativo o positivo, da cui poi si evince il prezzo finale. Nel caso dello Specialty, il costo non è legato al prezzo di borsa ma solamente alla qualità, perciò il costo dello Specialty è legato esclusivamente al valore del prodotto il che rende questo prodotto molto più sostenibile e socialmente responsabile per il produttore rispetto ai lotti commerciali”.

“Gli assaggi vengono effettuati da persone altamente qualificate all’interno di un panel. Tutti seguono un rigido protocollo per analizzare e valutare la bevanda nella maniera più oggettiva possibile. Dalla media dei voti di ciascun assaggiatore emerge poi la qualità oggettiva”.

Successivamente si è tenuto un dibattito guidato da Arianna Mingardi, presidente dell’Associazione Caffè Trieste e CEO di Amigos Caffè, Franco Tesoro Tess, ceo di Aziende Riunite Caffè, l’esperto Andrej Godina e Fabrizio Polojaz, vicepresidente di Associazione Caffè Trieste e ceo di Primo Aroma.

Andrej Godina e Franco Tesoro Tess

Il confronto si è focalizzato sui cambiamenti in atto nei mercati internazionali del caffè verde, sulle nuove dinamiche di approvvigionamento e sull’impatto delle trasformazioni nella definizione delle strategie di miscelazione.

Arianna Mingardi prende la parola: “Le sfide che i torrefattori si trovano ad affrontare oggi sono numerose. Una delle più complesse riguarda l’approvvigionamento della materia prima. Contratti annuali con consegne mensili sono oramai impensabili, merce spot è pressoché introvabile e ci si deve affidare a merce pronta a partire dai paesi produttori con un tempo previsto di arrivo calcolato approssimativamente, ma non certo.”

Sul fronte logistico la situazione si è complicata: i tempi di consegna si sono allungati e non rispettano quanto indicato nei contratti di approvvigionamento stipulati con il trader. Dagli usuali due mesi di viaggio, è normale ormai che la materia prima arrivi dopo tre mesi se non di più. Ci sono poi alcuni porti italiani, come ad esempio il porto di Trieste, che, a causa della continua chiusura del canale di Suez, sono ormai considerati porti difficili da servire”.

“In aggiunta, vi è la difficoltà nel reperire le origini di materia prima: il torrefattore spesso si trova costretto a rivedere le proprie miscele e a reagire rapidamente quando, da un giorno all’altro, viene a mancare una componente fondamentale, sostituendo gli ingredienti originari della miscela con alternative che devono e/o possano garantire un risultato sensoriale quanto più simile possibile per offrire al consumatore finale un determinato profilo di gusto a cui è abituato e che desidera non venga cambiato”.

arianna mingardi
Arianna Mingardi (immagine concessa)

“Un’ulteriore criticità” – conclude Mingardi – “è rappresentata dal continuo aumento dei prezzi della materia prima. Un aumento lento e continuo iniziato a ottobre 2021 e che sembra non trovare ancora uno stop e una stabilità di mercato.”

Franco Tesoro Tess riflette: “Ci ritroveremo in un mercato che sarà diviso; sempre meno connessione tra i prezzi del caffè fisico e quello delle Borse. Se ne comprerà in quantità inferiore, se i prezzi saranno mantenuti così alti, a causa del minor potere di acquisto. In più è ipotizzabile un grande surplus di produzione, con limitato stoccaggio nei Paesi di consumo, poiché non si potranno più mantenere gli stock come fatto precedentemente.

Chiarisce: “Fino a questo aumento dei prezzi, i mercati a termine avevano le scadenze future a premio, premio che copriva il costo degli interessi e del magazzinaggio per la merce in stock da vendere. Ora, per l’alto costo della materia prima, il flusso di merce invenduta si è fortemente ridimensionato. Il mercato ne ha risentito e ora il caffè che non c’è, pesa sulla Borsa – che da premio sul futuro è andata a sconto. Questa situazione non permette il mantenimento di elevati stock di caffè verde nei paesi di consumo poiché economicamente non è più sostenibile, mentre prima il mercato pagava il finanziamento per l’acquisto e lo stoccaggio”.

Andrej Godina ritorna sul tema dell’inevitabile cambiamento del flavore nei prodotti a causa del difficile reperimento delle origini: “Il torrefattore italiano ha abituato il cliente a consumare sempre la stessa tazzina, con lo stesso profilo sensoriale, esattamente come nel mondo del vino si mantiene un’identità costante grazie agli uvaggi, le miscele di vitigni differenti. Ma oggi, anche in quel settore, le cose sono cambiate: basti pensare allo champagne, che si è evoluto in un prodotto più secco, acidulo, di facile beva. Le torrefazioni italiane potrebbero trarre ispirazione da questo cambiamento, trasformando un momento di crisi in un’opportunità per ridefinire la propria proposta.”

Godina aggiunge: “In un mercato in continua evoluzione, la miscela per espresso può diventare un prodotto dinamico, soggetto a una naturale variazione di flavore nel tempo, offrendo ai clienti caffè stagionali, diversi ma coerenti con una filosofia aziendale chiara e ben comunicata. Il prodotto, quindi, non solo può, ma deve evolvere, purché guidato da una visione precisa e da una strategia consapevole.”

Godina conclude: “In questa fase così delicata per il settore, dove il prezzo della materia prima ha raggiunto livelli storicamente alti, è fondamentale che il torrefattore torni a investire nella formazione e nel recupero del proprio know-how sul caffè. La profonda conoscenza delle origini, la capacità di adattare i profili di tostatura alle nuove materie prime e l’abilità nel creare miscele coerenti con l’identità aziendale sono strumenti essenziali per affrontare il mercato attuale. Diventa quindi prioritario organizzare viaggi nei Paesi di origine per comprendere a fondo le dinamiche produttive, allestire laboratori di assaggio in azienda dove un panel di assaggiatori addestrati analizzi quotidianamente i lotti in arrivo, confrontarsi con i prodotti della concorrenza attraverso un’attività strutturata di benchmarking e avviare percorsi di ricerca e sviluppo per innovare ricette e processi.”

“Solo un approccio consapevole e tecnicamente solido può trasformare le difficoltà attuali in una nuova fase di evoluzione del caffè italiano.”

Fabrizio Polojaz si inserisce nel dibattito: “L’esperienza e la conoscenza del torrefattore nel proporre nuove soluzioni è importante, così come è significativa la figura del fornitore di caffè crudo. Ambedue dovrebbero saper proporre nuove origini in caso di necessità per mantenere lo stesso profilo organolettico della miscela desiderata. La realtà è che è poco probabile cambiare le abitudini del consumatore. È possibile tentare di offrire una tazza di caffè più ricca, ma non sviarlo completamente dalla sua quotidianità”.

Polojaz aggiunge: “Siamo commercianti, non missionari. È certamente possibile per il torrefattore proporre caffè diversi ma richiede una buona dose di preparazione e conoscenza del chicco che non sempre è riscontrabile nel settore”.

Arianna Mingardi trae le conclusioni: “In questa tempesta perfetta esiste comunque un margine d’azione che ci permette di resistere e affrontare un momento estremamente complesso. Il torrefattore deve diventare sempre più consapevole delle qualità di caffè che acquista e di ciò che è realmente disponibile sul mercato, affidandosi anche alle competenze dei propri fornitori. È fondamentale programmare gli arrivi, tenendo conto anche dei tempi di trasporto, oggi inevitabilmente più lunghi rispetto al passato, perché non è più possibile contare sulla disponibilità immediata”.

Lo studio: negli Usa un caffè al bar costa poco meno di 5 minuti e mezzo di lavoro, in Italia poco più di 6

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MILANO – Avrete probabilmente sentito parlare dell’indice Big Mac, l’indicatore economico informale che confronta il potere d’acquisto delle valute utilizzando come benchmark il prezzo del popolare panino di Mc Donald’s. Gli analisti di Coffeeness hanno fatto qualcosa di simile, sotto certi versi, prendendo però come metro di misura il prezzo medio di una normale tazza di caffè nelle caffetterie degli Usa, per estendere poi il raffronto ai listini di Starbucks.

Il risultato è la Coffee Affordability Map, che stabilisce, stato per stato, quanti minuti di lavoro sono necessari per poter comprare un caffè in un locale pubblico.

A tale scopo sono stati utilizzati i dati dell’Ufficio delle statistiche del lavoro per quanto riguarda la paga media oraria in ogni singolo stato.

Giustamente, lo studio non ha preso in considerazione il salario minimo, poiché il caffè al bar è un bene voluttuario e non essenziale.

Per il prezzo della tazzina si è fatta una media dei listini di un campione di esercizi indipendenti per una tazza di caffè, senza latte, panne, aromi e altre aggiunte

Esclusi anche l’espresso e i caffè speciali delle caffetterie e dei torrefattori “third wave”.

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Anna e il cioccolato, come Giuseppe Braida ha creato l’azienda di cioccolato Nutkao da zero

MILANO – Un viaggio indietro nel tempo, in un Piemonte fatto di lunghi viaggi in treno, di collegi, pantaloni alla zuava, di mietitura e trebbiatura, di luce elettrica non ancora diffusa in tutte le abitazioni. E’ all’interno di questo piccolo mondo che Giuseppe cresce, protagonista de “Anna e il Cioccolato“, pubblicato da Gribaudo editore e firmato da Giuseppe Braida, imprenditore che ha realizzato il suo sogno di fondazione di una delle aziende produttrici di crema e cioccolato italiane più note: Nutkao.

L’ispirazione arriva da un altro gigante piemontese, Ferrero, un po’ per caso un po’ per amore: e dall’incontro con il cioccolato, la storia sino al presente si scrive un po’ da sola.

Nutkao, la creatura di Giuseppe Braida dalle origini

Dentro il ventre Ferrero ad Alba, Braida osserva da vicino tutto l’impianto produttivo di diverse linee, la nascita di prodotti iconici che tutti noi oggi troviamo facilmente al supermercato. Nel mezzo, il sorriso di Lucia, perchè l’amore non può mancare come ingrediente segreto di una ricetta di successo.

Poi un passaggio nel mondo del caffè, della torrefazione, del bar. La miscela: un altro prodotto che in Piemonte ha trovato una delle sue massime espressioni, se si pensa anche soltanto a nomi come Lavazza, Caffè Vergnano, Costadoro.

Nel settore ricerca, si pensa alla pasta per il cappuccino portatile da propinare ai militari americani. Si iniziano gli assaggi, gli esperimenti in laboratorio, compare Anna e si intravede il futuro.

E qui avviene la svolta, così come esprimono bene le parole del libro: “Se voglio essere libero, devo intraprendere un’attività per conto mio“. Dopo un breve tentativo nella torrefazione, portato avanti parallelamente all’impiego in Ferrero, Braida si butta proprio nella produzione della cioccolata: arrivano i primi macchinari, l’impastatrice, le nocciole, la raffinatrice.

E addio Ferrero. Benvenuti primi anni di imprenditoria, di “Alti e bassi” – così si intitola lo stesso capitolo dedicato. Il fallimento, poi la rinascita e l’evoluzione di Nutkao attraverso la sua gamma, stabilimenti produttivi innovativi, il cacao del Ghana.

La strada non è stata priva di salite, di intoppi, di ricalcoli, anche di malattie, ma Giuseppe Braida l’ha percorsa tutta sorretto dal suo spirito imprenditoriale e rialzandosi ogni volta. Un altro esempio di successo del made in Italy che ha il profumo del cioccolato.

“Anna e il cioccolato”, Gribaudo Edizioni, è acquistabile a questo link, al costo di 17 euro.

Simonelli Group riapre lo storico stabilimento a Belforte Del Chienti

BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Dopo quasi dieci anni dalla chiusura dovuta agli effetti del sisma del 2016, Simonelli Group annuncia la riapertura ufficiale dello storico stabilimento produttivo di Via Madonna D’Antegiano a Belforte del Chienti, completamente rinnovato, ampliato e pronto a tornare protagonista.

Un ritorno alle origini, uno sguardo al futuro.

Il sito di Belforte del Chienti rappresenta molto più di un semplice stabilimento: è il luogo dove Simonelli Group ha mosso i suoi primi passi, costruendo, nel corso degli anni, un legame profondo e autentico con il territorio, la comunità locale e le persone che hanno contribuito al suo sviluppo.

Con la riapertura di questo stabilimento, l’azienda conferma il suo ruolo di motore per il territorio, valorizzando la produzione locale come parte integrante di una strategia di crescita internazionale.

Il progetto di ristrutturazione ha riguardato in modo significativo sia gli spazi produttivi che quelli direzionali, con l’obiettivo di conciliare tradizione e innovazione. Lo stabilimento è stato ripensato secondo criteri di efficienza, sostenibilità ambientale e qualità del lavoro, diventando un simbolo concreto della visione strategica del Gruppo: radici solide e spirito innovativo per affrontare le sfide del mercato globale.

Un evento di respiro internazionale

Per celebrare questo importante traguardo, Simonelli Group organizza un evento inaugurale giovedì 29 maggio, a partire dalle ore 17:30, presso il sito produttivo di Via Madonna d’Antegiano, 6.

L’appuntamento vedrà la partecipazione di ospiti di rilievo internazionale, tra cui l’economista svizzero Stéphane Garelli -per 13 anni Direttore del World Economic Forum, esperto mondiale in competitività e docente presso IMD di Losanna- oltre a rappresentanti delle istituzioni e imprenditori del territorio.

Sarà un’occasione unica per riflettere insieme sul futuro dell’impresa, sul valore dell’industria locale e sull’importanza dell’innovazione in un contesto sempre più interconnesso. Il programma prevede momenti istituzionali, testimonianze aziendali, approfondimenti economici e culturali, oltre a momenti conviviali pensati per coinvolgere l’intera comunità.

Con questa inaugurazione, Simonelli Group non solo riapre uno stabilimento, ma rilancia una visione, riaffermando con forza il proprio ruolo di azienda globale con il cuore ben saldo nel territorio marchigiano.

I pagamenti digitali superano il contante in Italia: nel 2024, 481 miliardi scambiati cashless, +8,5%

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MILANO – Per la prima volta in Italia i pagamenti digitali superano il contante in termini di valore transato. Nel 2024, infatti, il 43% dei consumi è stato regolato con strumenti elettronici, mentre l’uso del contante si è fermato al 41%, con la restante parte pagata tramite bonifici, addebiti in conto corrente e assegni.

Tra le modalità più utilizzate, si confermano in forte espansione i pagamenti contactless, che rappresentano quasi il 90% delle transazioni elettroniche in negozio, con un transato di 291 miliardi di euro (+19%).

Sono alcuni risultati emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano* e presentata oggi durante il convegno “Innovative Payments: operazione sorpasso”.

Uno degli oltre 50 differenti filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management (www.osservatori.net) che affrontano tutti i temi chiave dell’Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione.

I pagamenti digitali in Italia: il sorpasso sul contante è realtà

(dati: osservatori.net)

Nel 2024, il valore dei pagamenti digitali in Italia ha raggiunto i 481 miliardi di euro, segnando una crescita dell’8,5% rispetto all’anno precedente.

“Per la prima volta, il digitale diventa il metodo di pagamento più utilizzato dai consumatori italiani, rappresentando il 43% del totale dei consumi, mentre il contante scende al 41%” dichiara Ivano Asaro, direttore dell’Osservatorio Innovative Payments “Questo risultato è frutto di un percorso di tanti anni, che ha portato a cambiamenti importanti anche nell’approccio dei commercianti. Se è vero, infatti, che storicamente gli esercenti, soprattutto quelli piccoli, sono sempre stati abbastanza ostili al mondo dei pagamenti elettronici, è altrettanto evidente che qualche cosa è cambiata negli ultimi anni e che anche gli esercenti hanno compreso l’importanza dei pagamenti digitali. Il 53,5% dei piccoli esercenti ha dichiarato di preferire le carte rispetto ad altri strumenti di pagamento”

Una componente chiave per questo sorpasso è stata quella dei pagamenti in negozio, trainati dal contactless, che nel 2024 ha raggiunto un transato di 291 miliardi di euro (+19%). Oggi, quasi 9 pagamenti su 10 effettuati con carta in negozio avvengono in modalità contactless, confermando la crescente familiarità degli italiani con queste soluzioni.

“Nel 2024 la crescita più marcata è stata registrata dalle soluzioni di pagamento innovative (da smartphone e da wearable), che hanno raggiunto un transato complessivo (online e offline) di 56,7 miliardi di euro, in aumento del 53% rispetto all’anno precedente” dichiara Valeria Portale, Direttrice dell’Osservatorio Innovative Payments “Gli smartphone e i digital wallet giocano un ruolo sempre più centrale, non solo per i pagamenti, ma anche per la gestione di documenti di identità e credenziali di pagamento. L’utilizzo dei dispositivi wearable, come smartwatch, anelli e portachiavi, è in forte espansione: nel 2024, il transato con questi strumenti ha raggiunto un valore di 2,5 miliardi di euro, in crescita del 57% rispetto al 2023”.

Parallelamente, crescono anche i pagamenti effettuati direttamente dai veicoli (in-car payments), con soluzioni già consolidate a cui si affacciano nuove proposte, che potrebbero presto debuttare sul mercato italiano. Il settore automotive e le Big Tech stanno investendo fortemente nell’integrazione di sistemi di pagamento all’interno delle auto, con l’obiettivo di semplificare operazioni come il rifornimento e il parcheggio.

Il Buy Now Pay Later accelera: 6,8 miliardi di euro di transato in Italia

Il fenomeno del Buy Now Pay Later (BNPL) continua la sua espansione, consolidandosi come una delle soluzioni di pagamento più utilizzate dai consumatori italiani. “Nel 2024 ha raggiunto i 6,8 miliardi di euro, segnando una crescita del 46% rispetto al 2023” dichiara Matteo Risi, Ricercatore Senior dell’Osservatorio Innovative Payments “Questa modalità, che continua ad attrarre nuovi utenti grazie alla possibilità di dilazionare i pagamenti senza interessi, è particolarmente diffusa per gli acquisti online, che rappresentano il 77% del totale transato BNPL, attestandosi all’8,9% del mercato eCommerce italiano.”

Pagamenti digitali: cambia il mondo dell’accettazione per gli esercenti

Nel 2024, il valore totale incassato dai punti vendita fisici tramite strumenti di pagamento digitali ha raggiunto i 385 miliardi di euro, in crescita del 7% rispetto al 2023. Tra questi, 43 miliardi di euro provengono da pagamenti effettuati da stranieri in Italia, evidenziando l’importanza dell’accettazione di strumenti digitali in un contesto sempre più internazionale.

L’evoluzione riguarda anche i terminali di accettazione: a fine 2024, il numero di POS in Italia ha raggiunto i 3,5 milioni, con una crescita significativa delle soluzioni Software POS. In Italia il fenomeno è agli inizi, anche se il numero di Software POS ha raggiunto le 152.000 unità, contro le quasi 40.000 del 2023.

Tra i principali vantaggi di questa tecnologia spiccano la flessibilità di accettare pagamenti digitali in qualsiasi contesto e un processo di onboarding semplice. I costi, invece, variano ancora molto a seconda della tipologia di esercente, dal suo obiettivo e dal conseguente numero di smartphone o tablet necessari in negozio.

La legge di bilancio 2025 ha inoltre imposto il vincolo di collegamento tecnico tra il POS e il registratore telematico, che dovrebbe permettere di memorizzare automaticamente le informazioni relative alle transazioni elettroniche e di aumentarne, di conseguenza, la compliance in materia fiscale. Questa soluzione potrebbe portare a un’integrazione sempre più forte tra i sistemi di cassa e i POS, con possibili risvolti sulla filiera e sull’esperienza di utilizzo.

Per comprendere meglio l’evoluzione del mercato, l’Osservatorio Innovative Payments, in collaborazione con Ipsos, ha condotto una survey tra gli esercenti italiani per analizzare le loro preferenze e comportamenti in materia di pagamenti.
I risultati evidenziano un crescente interesse verso i pagamenti digitali: il 53,5% degli esercenti ha dichiarato di preferire le carte rispetto ad altri strumenti di pagamento, mentre il 43,5% continua a privilegiare il contante.

Le preferenze variano a seconda del settore: commercianti al dettaglio, ristoratori e fornitori di servizi alla persona sono i più propensi ad adottare i pagamenti digitali, mentre il contante rimane predominante nei bar, nei mercati ambulanti e nelle tabaccherie.
L’analisi conferma quindi che la crescita dei pagamenti digitali non è solo una questione di domanda da parte dei consumatori, ma anche di capacità del tessuto commerciale di adattarsi e cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, con la crescente consapevolezza su opportunità e benefici associati.

Per l’infografica gratuita con i dati di ricerca basta cliccare qui

illy è il caffè ufficiale del Padiglione Italia di Expo 2025 Osaka

TRIESTE – illy, un simbolo dell’eccellenza italiana nel mondo, è il caffè ufficiale del Padiglione Italia di Expo 2025 Osaka.  “L’Arte rigenera la vita” è il tema del Padiglione Italia, che si presenta come un ecosistema vivente e rigenerativo, capace di incarnare la bellezza estetica, la creatività, la cultura e l’abilità artigianale che caratterizzano il nostro Paese.

illy al Padiglione Italia di Expo 2025 Osaka

“Fare parte di un evento così prestigioso come Expo 2025 è un grande onore per noi” ha dichiarato Cristina Scocchia, amministratore delegato di illycaffè “coniugando tradizione, innovazione, qualità, arte e scienza, illycaffè rappresenta un simbolo della bellezza e del gusto italiano nel mondo”.

“Il Padiglione Italia a Expo 2025 Osaka è un avamposto strategico dove dialogano cultura e saper fare produttivo e manifatturiero” – ha dichiarato Mario Vattani, Commissario Generale per l’Italia a Expo 2025 Osaka – “La partecipazione di illy contribuisce a raccontare un aspetto identitario del nostro Paese: la cultura del gusto che è insieme eccellenza, consapevolezza ambientale e responsabilità sociale.”

I visitatori del Padiglione Italia avranno l’opportunità di degustare l’Arabica Selection Brasile Cerrado Mineiro di illy, il primo caffè proveniente da agricoltura rigenerativa e certificato regenagri realizzato insieme alla Federazione dei produttori dell’omonima regione brasiliana. Un caffè dalle sfumature di gusto di caramello e frutta secca, coltivato applicando le migliori pratiche rigenerative.

illycaffè, infatti, è da tempo impegnata a favorire la transazione dall’attuale paradigma di società estrattiva e lineare a una società rigenerativa e circolare. Mitigare gli effetti del cambiamento climatico lungo tutta la filiera, ad iniziare dalla coltivazione del caffè, è una delle questioni principali sulle quali sta lavorando l’azienda attraverso l’applicazione del modello sostenibile dell’agricoltura rigenerativa.

Questo modello consente non solamente di adattarsi al cambiamento climatico che minaccia più del 50% delle terre coltivabili, ma anche di mitigarlo, arricchendo il suolo con materia organica, che permette di avere più fertilità e più difese. E anche terreni più idratati.

Nella VIP lounge sarà possibile degustare, invece, il blend unico illy, prodotto selezionando solo l’1% dei chicchi della migliore Arabica da più di 20 Paesi del mondo.

 L’importanza dei processi produttivi sostenibili e rigenerativi, la complessità aromatica del caffè e l’arte della degustazione saranno alcuni dei temi trattati nelle otto masterclass che l’Università del Caffè di illy – il centro di eccellenza creato per promuovere, supportare e divulgare nel mondo, attraverso la formazione, la cultura del caffè di qualità – organizzerà nell’Auditorium del Padiglione Italia.

“Essere ambasciatori della cultura del caffè nel mondo ci motiva a continuare a innovare e a perseguire obiettivi ambiziosi riguardo la sostenibilità” ha aggiunto Scocchia “Expo 2025 sarà una piattaforma per diffondere la nostra passione e il nostro impegno verso un futuro più consapevole e la promozione di una cultura sostenibile e rigenerativa.”

Con la partecipazione a Expo 2025, illycaffè si propone non solo di condividere la cultura del caffè di alta qualità sostenibile, ma anche di offrire ai visitatori un’esperienza unica, dove potranno scoprire l’esclusiva Arabica Selection Brasile di illy e immergersi nelle iniziative culturali che l’azienda ha in serbo. Un viaggio all’insegna del gusto, della bellezza e della sostenibilità.

La scheda sintetica di illycaffè

Azienda familiare italiana fondata a Trieste nel 1933, che da sempre si prefigge la missione di offrire il miglior caffè al mondo. Produce un unico blend 100% Arabica composto da 9 ingredienti diversi. L’azienda seleziona solo l’1% dei migliori chicchi di Arabica.

Ogni giorno vengono gustate più di 10 milioni di tazzine di caffè illy nei bar, ristoranti, alberghi, caffè monomarca, case e uffici di oltre 140 paesi, in cui l’azienda è presente attraverso filiali e distributori.

Fin dalla nascita illycaffè ha orientato le proprie strategie verso un modello di business sostenibile, impegno che ha rafforzato nel 2019 adottando lo status di Società Benefit e nel 2021 diventando la prima azienda italiana del caffè ad ottenere la certificazione internazionale B Corp.

Tutto ciò che è ‘made in illy’ viene arricchito di bellezza e arte, a cominciare dal logo, disegnato da James Rosenquist, le illy Art Collection, le tazzine decorate da più di 135 artisti internazionali o le macchine da caffè disegnate da designer di fama internazionale. Con l’obiettivo di diffonderne la cultura della qualità ai coltivatori, baristi e amanti del caffè, l’azienda ha sviluppato la sua Università del Caffè che ad oggi svolge corsi in 24 paesi del mondo. Nel 2024 illycaffè ha generato un fatturato consolidato pari a €630 milioni. La rete monomarca illy conta 157 punti vendita in 28 Paesi.

Dersut Caffè: oltre 500 clienti all’open day della nuova sede a Conegliano

CONEGLIANO (Treviso) – All’indomani dell’inaugurazione la storica torrefazione di Conegliano ha dedicato una giornata ai clienti aprendo le porte della nuova sede Dersut Caffè.

L’open day di Dersut Caffè

“Abbiamo voluto creare un evento speciale, pensato come un’occasione d’incontro con la nostra clientela e un momento di condivisione della visione che guida la nostra azienda, così come del legame che ci unisce alla nostra forza vendita” queste le parole della famiglia Caballini di Sassoferrato che ha accolto , nella sede di Conegliano, oltre 500 clienti tra nuovi e storici.

Gli ospiti (immagine concessa)

I clienti hanno potuto visitare la produzione da un percorso sopraelevato appositamente pensato per permettere le visite in totale sicurezza.

Con l’occasione, e per avvicinare la realtà della torrefazione alla cittadinanza, è stata prevista l’apertura straordinaria del Museo del Caffè estesa anche alla collettività sotto forma di apertura gratuita.