venerdì 21 Novembre 2025
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Altroconsumo: “L’acquisto online può essere più sostenibile del previsto, ma la chiave è nelle scelte dei consumatori”

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(dati concessi)

MILANO – In un mondo sempre più orientato verso l’e-commerce, molti si chiedono se fare acquisti online sia più o meno sostenibile rispetto allo shopping in negozio. Un’indagine Altroconsumo, condotta su oltre 1000 partecipanti attraverso la piattaforma ACmakers e che rientra nel progetto “Sceglilo Sfuso o Riciclabile” – con l’obiettivo di promuovere l’informazione e la formazione dei consumatori e sensibilizzarli rispetto alla riduzione degli imballaggi attraverso il riutilizzo, il riciclo, la semplicità di smaltimento e la comprensione delle etichette, finanziato dal MIMIT. D.M. 6/5/2022 art. 5. – ha approfondito questa tematica, esplorando e quantificando i reali impatti ambientali degli acquisti digitali.

L’indagine Altroconsumo

Utilizzando un paio di auricolari bluetooth come esempio, è stato percorso l’intero ciclo di vita del prodotto, dalla fabbrica fino alla consegna, analizzando le emissioni di CO2 e gli imballaggi utilizzati.

Alla domanda “con quanti imballaggi entra in contatto un paio di auricolari prima di essere venduto online?”, solo 1 partecipante su 10 ha scelto, tra le quattro opzioni disponibili, quella giusta, cioè “tra 9 e 11 imballaggi”.

Oltre agli imballaggi necessari per il trasporto dalla fabbrica al magazzino di competenza, infatti, gli auricolari venduti online richiedono un packaging singolo o comunque personalizzato anche per la spedizione dal magazzino al destinatario finale. La vendita dello stesso prodotto in negozio richiede invece un numero di componenti di imballaggio inferiore, circa 6-8.

Sempre restando all’esempio degli auricolari, “quale tipo di acquisto produce più CO2?”, com’era facile aspettarsi, la maggior parte ha risposto che è l’acquisto online il più nocivo per l’ambiente, mentre la risposta da indicare era un’altra, “l’outlet fuori città”. Questo perché i grandi punti vendita extraurbani, oltre a essere causa di elevate emissioni di CO2 (dovute al riscaldamento, al raffrescamento e all’illuminazione dell’outlet), sono fonte di ulteriore inquinamento, dal momento che i clienti per raggiungerli devono percorrere lunghe distanze perlopiù col proprio mezzo privato.

Alcuni recenti studi evidenziano il ruolo chiave che il comportamento dei consumatori gioca a favore o no della sostenibilità ambientale, primo tra tutti il modo in cui avvengono gli spostamenti per raggiungere il negozio o il punto di ritiro del bene acquistato. È emerso che i magazzini automatizzati che compongono la filiera degli acquisti online riescono a essere generalmente più efficienti in termini di energia per unità di prodotto. Sono sempre di più, infatti, le aziende di logistica che investono in flotte di consegna elettriche e magazzini a basse emissioni.

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(dati concessi)

L’indagine Altroconsumo mette in evidenza che anche i consumatori hanno un ruolo attivo nel ridurre il proprio impatto, ad esempio evitando resi, preferendo il ritiro in un punto fisico vicino a casa e differenziando correttamente gli imballaggi.

Per ridurre l’impatto ambientale è essenziale, infatti, che i cittadini gestiscano correttamente il packaging tramite la raccolta differenziata. Ad esempio, le buste di carta imbottite vanno di solito nell’indifferenziato, ma se le parti di carta e plastica sono facilmente separabili, è possibile differenziarle. Inoltre, per un riciclo ottimale, è consigliabile rimuovere le etichette adesive e altri elementi come nastri e graffette dalle scatole di carta prima di smaltirle.

La scheda sintetica di Altroconsumo

Altroconsumo, la più grande organizzazione indipendente di consumatori in Italia. Conta sul sostegno di 314 mila soci, che insieme ai nostri fan e simpatizzanti porta a oltre un milione di persone la comunità con cui Altroconsumo dialoga.

Da 50 anni è il punto di riferimento per i cittadini. Con 240 professionisti al servizio delle persone offre strumenti innovativi per scelte sicure e convenienti. Informa con autorevolezza e indipendenza attraverso le proprie pubblicazioni. Si impegna per difendere i diritti collettivi attraverso l’istituto della class action e per migliorare il quadro normativo e la rappresentanza delle istanze nelle sedi istituzionali, anche in Europa.

Interviene nelle dinamiche di mercato, condizionandole a favore dello sviluppo e dell’innovazione, come con i Gruppi d’acquisto sull’energia, sui carburanti, con oltre 500mila adesioni.

Caffè con il cipollotto: la nuova moda dalla Cina su TikTok

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Una tazzina di caffè espresso (immagine: Pixabay)

La tendenza del caffè con il cipollotto arriva dalla Cina e conquista sin da subito l’attenzione e la curiosità del popolo di TikTok. L’idea dietro questa strana combinazione è semplice, ma decisamente azzardata: si prende un cipollotto, si taglia a piccoli pezzi, lo si pesta in una tazza, e poi si aggiunge il caffè appena fatto e il latte. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato su Italia Fruit News.

Il caffè con il cipollotto

MILANO – TikTok non smette mai di sorprendere con le sue tendenze stravaganti, e l’ultima in arrivo dalla Cina ne è l’ennesima dimostrazione: il caffè “corretto” con cipolla, scalogno o cipollotto. A dare la notizia il New York Post, sottolineando che questo bizzarro abbinamento ha rapidamente conquistato l’attenzione degli utenti della piattaforma, portando molti a sperimentare la bevanda tanto curiosa quanto, a detta di chi l’ha provata, del tutto imbevibile.

Il caffè, universalmente apprezzato e consumato in tutto il mondo, è da sempre al centro di rivisitazioni creative. Dal caffè aromatizzato con spezie, al cold brew, passando per le versioni “gourmet” arricchite con aromi esotici, sono tantissime le ricette che negli anni hanno giocato con l’equilibrio tra tradizione e innovazione. Tuttavia, questa volta, sembra che si siano oltrepassati i limiti con questa ultima trovata.

L’idea dietro questa strana combinazione è semplice, ma decisamente azzardata: si prende un cipollotto, si taglia a piccoli pezzi, lo si pesta in una tazza, e poi si aggiunge il caffè appena fatto e il latte. Una volta mischiati insieme, il sapore che ne deriva è descritto dai più come assolutamente sgradevole, con un retrogusto pungente e amaro che rende la bevanda praticamente imbevibile.

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Il bar Necci di Roma a Pigneto compie 100 anni

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Il logo del Bar Necci

Nel cuore del Pigneto a Roma una famiglia di imprenditori acquisisce nel 2020 la proprietà di un antico bar ed eredita un ipogeo di epoca romana rimasto nell’ombra per molti anni. A cento anni dell’apertura il  proprietario Massimo Innocenti racconta la storia e i progetti futuri del bar Necci. Leggiamo di seguito la sua intervista a cura di Donatella Giordano per Arttribune.

La storia del bar Necci di Roma

ROMA – Originariamente un’antica masseria, il Necci dal 1924 incarna il fascino di un’epoca passata. Diventato negli Anni Venti un piccolo bar di quartiere, il locale è noto anche per aver fornito gli arredi a Pier Paolo Pasolini per girare il suo film Accattone nel 1961. Oggi questo bistrot (aperto a tutte le ore del giorno) si prepara per una nuova avventura. Infatti, in occasione del centenario della sua fondazione, abbiamo parlato con Massimo Innocenti, imprenditore romano che, insieme alla sua compagna Agathe Jaubourg e ad altri membri della famiglia, gestisce a Roma una rete di strutture ricettive e diversi locali.

Nato a Londra nel 1972, sei cresciuto a Roma in una famiglia di imprenditori le cui carriere sono nate nel mondo dell’hôtellerie inglese degli Anni Sessanta. Dopo aver studiato Lingue e Letterature Straniere alla Sapienza, hai proseguito con studi di cinema al Birkbeck College di Londra. Cosa ti ha spinto a tornare a Roma dopo gli studi?

“Sentivo che in Italia c’erano molte opportunità e avevo voglia di fare l’imprenditore, sarà forse il dna di famiglia”.

Da quanto tempo tu e Agathe lavorate insieme?

“Ci siamo conosciuti alla fine degli anni Novanta e abbiamo aperto diversi locali, incluso il Necci”.

Raccontaci le origini del Necci…

“Negli Anni Venti il signor Enrico Necci, bracciante di campagna, si innamorò di una fatiscente masseria appartenuta alla Tenuta Roncaglia. Necci, originario di Acuto, acquistò l’edificio e nel 1924 lo ristrutturò, trasformandolo prima in una latteria, poi in un bar e successivamente nella “Gelateria Impero”.

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Virtus Segafredo presenta i nuovi giocatori Riccardo Visconti e Nicola Akele al Roxy Bar di Bologna

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Nicola Akele e Riccardo Visconti (immagine concessa)

BOLOGNA – Si è svolta la presentazione ufficiale dei due nuovi acquisti italiani della Virtus Segafredo, Riccardo Visconti e Nicola Akele. I giovani talenti bianconeri sono stati accolti al Roxy Bar, storico cliente di Segafredo Zanetti e simbolo della convivialità bolognese sotto le Due Torri. La scelta di questo luogo iconico, punto di riferimento per generazioni di bolognesi, ha sottolineato il forte senso di appartenenza che lega la Virtus e Segafredo Zanetti alla città di Bologna.

La presenza di due giovani promesse come Visconti e Akele è stata particolarmente apprezzata, in quanto rispecchia pienamente i valori di Segafredo Zanetti, incarnando la ricchezza che le nuove generazioni possono trasmettere e alimentare.

Riccardo Visconti: “Energia, positività, voglia di fare, devono essere queste le mie prerogative, partire dalle piccole cose sapendo che sarà durissima, sapendo che i minuti probabilmente saranno pochi e che dovrò giocarmeli bene. Il mio arrivo in Virtus rappresenta un momento importante, perché è bello ridere e scherzare sul fatto che ho la faccia da giovanotto, il fatto è che tra una settimana ne faccio 26, che non sono tantissimi, ma comunque per un atleta è metà carriera e quindi è un momento importante, è un momento in cui si presenta un’occasione che come ho detto prima non capita a tutti, ad alcuni non capita proprio e quindi a prescindere da tutto credo che si debba giocare senza avere paura di niente”.

Visconti continua: “Un vecchio allenatore, che è stato molto importante per me, mi ha detto che se non sei fuori dalla comfort zone non è possibile un miglioramento e direi che in questo momento ovviamente, non in senso negativo, ma sono completamente fuori dalla comfort, non ho mai visto un’organizzazione del genere in termini di allenamenti, di preparazione delle partite, di velocità e fisicità durante gli allenamenti, dovrò essere bravo io a fare in modo che sia una crescita continua per me.”

Nicola Akele: “Finalmente si entra nel vivo della stagione, si comincia. Ho sempre voluto questa opportunità e ci arrivo nel pieno della maturità, penso che sia il momento giusto per me per affrontare questa sfida, che sarà molto intensa, sono molto felice e darò il massimo per aiutare la squadra a vincere, questa è la cosa più importante. Sono un’ala molto versatile che può giocare più ruoli, gioco principalmente nel 3 e nel 4, l’anno scorso per emergenza ho giocato anche da 5 con buoni risultati e ovviamente questo mi dà l’opportunità sia in attacco che in difesa. Sono un giocatore che predilige più la difesa, che dà più energia, faccio un po’ il lavoro sporco che qualcuno deve farlo e questo sono io.”

La scheda sintetica di Segafredo Zanetti

Fondato nel 1973, Segafredo Zanetti è il marchio globale di Massimo Zanetti Beverage Group, tra i leader del caffè a livello mondiale con una forte presenza locale. Il Gruppo ha un posizionamento unico “dalla piantina alla tazzina”, gestisce una Value Chain completamente integrata e opera su 20 stabilimenti attivi in 4 continenti, vendendo i suoi prodotti in oltre 110 Paesi.

Ogni giorno più di 50 milioni di tazze di caffè vengono servite attraverso la sua rete composta da oltre 100.000 clienti e circa 400 negozi di caffè in franchising.

Milano: alla Gelateria Wally in Piazza Lavater l’evento con 20 maestri gelatieri, 12/10

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gelato cono bari garda sardegna mostra milano pupo
Un cono gelato (immagine: Pixabay)

La Gelateria Wally in Piazza Lavater ospiterà un evento con 20 dei migliori maestri gelatieri italiani che si riuniranno per presentare le loro creazioni originali. Organizzato dal maestro gelatiere Andrea Zingrillo, titolare della Gelateria Wally, questa giornata non sarà solo un’occasione per assaporare gusti unici, ma anche per esplorare le radici territoriali e culturali di ogni creazione. Leggiamo di seguito parte dell’articolo di Luca Talotta per il portale d’informazione Time Magazine.

La celebrazione del dolce alla Gelateria Wally

MILANO – Il prossimo 12 ottobre 2024, Milano si trasformerà nella capitale del gelato artigianale, grazie all’evento speciale organizzato presso la Gelateria Wally in Piazza Lavater. In questa occasione, 20 dei migliori maestri gelatieri italiani si riuniranno per presentare le loro creazioni uniche e originali, offrendo al pubblico un’esperienza sensoriale e culinaria senza precedenti.

Dalle 14.00 alle 22.00, l’evento accoglierà grandi e piccoli, con attività divertenti, degustazioni e un forte impegno verso la solidarietà.

L’evento, intitolato “Come Prima Più di Prima”, giunto alla sua quarta edizione, ha l’obiettivo di far incontrare il pubblico con la maestria e la creatività dei migliori gelatieri del Paese.

Organizzato dal maestro gelatiere Andrea Zingrillo, titolare della Gelateria Wally, questa giornata non sarà solo un’occasione per assaporare gusti unici, ma anche per esplorare le radici territoriali e culturali di ogni creazione.

Ogni maestro gelatiere presenterà un gusto esclusivo, frutto di anni di esperienza e passione per l’artigianalità. Da Casalmaggiore a Reggio Calabria, passando per Reggio Emilia, ogni regione d’Italia sarà rappresentata con una creazione che riflette le tradizioni e i sapori locali. Tra le proposte più interessanti ci saranno:

Fondente Arancia Fermentata e Miso di Nocciole della Tuscia di Valerio Esposito (Aprilia),
Rugginosa del Bernini, un sorbetto alla mela di Ilaria Guerrieri (Pisa),
Mustacciolo Ubriaco, ispirato ai dolci tipici salentini di Chiara Spalluto (Casalabate).

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Nzatu: quando i due poli della filiera uniti nella sostenibilità sociale e ambientale, danno vita alla miscela perfetta, Njuki

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Da sinistra, Luca Montagna, Andrea Chiesi, Kwadwo Boachie-Adjei e Michele Sofisti al langio di Natzu - Copia
La conferenza stampa di Parma. Da sinistra, Luca Montagna, Andrea Chiesi, Kwadwo Boachie-Adjei e Michele Sofisti al langio di Natzu

PARMA – E Parma diventa punto di congiunzione tra Paesi produttori e consumatore finale. L’occasione è la presentazione del caffè Njuki, frutto della collaborazione tra l’azienda Nzatu Food Group e la torrefazione Artcafé. Ed è così che, per la prima volta in Europa questa realtà in costante evoluzione ha organizzato una conferenza insieme a Michele Sofisti co-founder e ceo di Nzatu con Andrea Chiesi, Phritwi Naik (climate economist dall’India di Restor), Kwadwo Boachie-Adjei Advisor di Urban Afrique Urban Afrique e Luca Montagna, amministratore delegato di Artcafé.

E ora, qualche informazione per completare il contesto.

Nzatu (in lingua locale, “nostro”) è una startup nata dall’idea di due sorelle zambiane, Gwen Jones e Denise Jones Madiro

Le quali hanno voluto applicare – o forse sarebbe più corretto dire ritornare – all’agricoltura rigenerativa per produrre miele e caffè: obiettivo, appunto, sostenere le comunità locali, nel rispetto dell’ecosistema e degli equilibri socio-economici.

Per farlo, Nzatu si avvale di partner strategici che si appoggiano alla tecnologia blockchain, come ad esempio Restor, per garantire una massima tracciabilità, una misurazione digitale, la rendicontazione e verifica delle emissioni di carbonio nel rispetto degli impegni sul clima e in termini di sostenibilità.

Sono invece 15 al momento i partner dell’Africa subsahariana, che collegano i farmer di piccole dimensioni del luogo con il resto del mercato, distribuendo oltre al caffè anche il miele (proveniente per il momento da Zambia), cera di api, cacao (dal Ghana, Camerun, Costa d’Avorio e Nigeria) e cereali. Così come spiega Michele Sofisti: “Questo è un modo per diversificare la produzione, per avere sempre avere una soluzione da poter proporre sul mercato”.

Occuparsi anche di apicoltura infatti – pratica che Nzatu promuove sul piano della formazione degli stessi coltivatori – permette di ottimizzare i periodi destinati alla ripresa vegetativa della pianta da caffè, senza rinunciare però ad una fonte di reddito.

Natzu: persone che hanno deciso di sposare una causa.

Ed è proprio da questa filosofia condivisa, che nasce la collaborazione con il marchio storico di Parma, Artcafé e con il maestro torrefattore Luca Montagna, presente all’evento di lancio della miscela Njuki (che in lingua locale significa “miele”) composta da Arabica ugandese (Bugisu AA, Monte Elgon) e da un Kenya e un Etiopia.

Il Njuki (miele) di Nzatu e Artcafé

Un equilibrio trovato dopo diversi test dallo stesso Luca Montagna con una tostatura medio chiara: “Volevo far emergere soprattutto la caratteristica cioccolatosa”. Un blend che prossimamente potrà essere accompagnato da altre origini africane, come Tanzania, Angola, Repubblica democratica del Congo, Etiopia. Artcafé sarà responsabile della distribuzione della miscela in Europa.

Mentre per quanto riguarda il mercato nord americano, il ruolo è ricoperto da Urban Afrique, per l’Asia dalla stessa Nzatu.

Luca Montagna spiega il suo coinvolgimento in Nzatu:

“Questo è un progetto che mi ha visto coinvolto dall’inizio. La mia formazione caffeicola e l’attività che porto avanti si basa sugli stessi principi di Nzatu: fare ricerca, arrivare ai produttori nel rispetto della filiera dietro la tazzina di caffè, selezionando la materia prima di alta qualità. nessuno si chiede cosa si nasconda dietro l’espresso: dall’agricoltore che raccoglie la drupa, sino ai torrefattori che lo trasformano per arrivare ai bar.

Lavorare con Nzatu e creare Njuki, mi ha dato grande soddisfazione, proprio in questo momento particolare poi, che il caffè sta vivendo: mai come adesso nelle quotazioni e nella Borsa di New York e Londra c’è difficoltà a reperire il prodotto, con fenomeni di speculazione e la scarsità di materia prima con i prezzi alle stelle.

Eppure, a chi produce ogni giorno in piantagione, parliamo di intere famiglie, non arriva neppure un decimo di quello che sono le quotazioni date in Borsa.

Questo progetto stimola al contrario la creazione consapevole di un indotto economico per queste persone. Lavorare il caffè, senza fare cultura, senza farlo conoscere e raccontarlo, non ha senso.

Nessuno sa cosa sta comprando al supermercato: nelle confezioni manca la descrizione dell’origine, della lavorazione o di altri elementi importanti. Noi vogliamo far comprendere cosa c’è dentro la lattina per creare un’economia più giusta. Poter dire che un caffè è giusto significa portare avanti un discorso di biodiversità, di qualità, che racchiude tutto ciò che vogliamo trasmettere.

E in questo viaggio, abbiamo assaggiato dei caffè straordinari: ho ancora in mente uno dal Congo, veramente incredibile.”

250 grammi in grani e in macinato per un caffè tracciato, anche seguendo le nuove disposizioni europee che entreranno in vigore, l’EUDR contro la deforestazione.

La sostenibilità ambientale ma anche sociale

Njuki aiuta a dare un’opportunità lavorativa alle piccole imprese locali, costituendo una forma di sostentamento alle comunità coinvolte in Uganda.

Michele Sofisti: “L’idea è di trattare vari temi per poi finire con il caffè. Herman Hesse ha dato una definizione che spiega bene quanto sia difficile il cambiamento, distinguendo tra ecologia profonda – interconnessione a livello naturale – e quella superficiale – che ci ha portato all’era dell’antropocene in cui si vivono gli impatti dell’agricoltura intensiva e delle pratiche estrattive -.

Ecco che Nzatu nasce con la mission di promuovere l’agricoltura rigenerativa, che non utilizza chimica, ma crea prodotti più sani attraverso delle pratiche in vigore già da tempo. Con conseguenze diverse: protezione della wild life, diminuzione del fenomeno di deforestazione in Africa. Con l’apicoltura, vendendo miele e derivati, diamo inoltre un’alternativa al taglio degli alberi come legna da ardere.”

Riuscire a portare un prodotto realizzato con tecniche naturali dall’Africa sino all’Italia: da cui la necessità di un tramite come Nzatu.

Andrea Chiesi, racconta la sua esperienza diretta: “Abbiamo pensato che poter contribuire a creare una collaborazione nelle zone in cui c’è conflitto tra uomo-natura, rappresentasse la luce guida di Nzatu. Volevamo incidere sul destino del mondo.

Siamo partiti da un anno e ancora dobbiamo lavorare, ma lo spirito è questo: dimostrare che si può agire in altro modo, che sia sostenibile sia per l’ambiente che per l’economia. Senza fare beneficenza, che non garantisce una visione di lungo termine per dei progetti che coinvolgono persone.

Ci siamo chiesti: possiamo allora fare qualcosa che sia sostenibile anche dal punto di vista economico e che possa impattare sul clima, gli ecosistemi, la vita dei locali?

E Nzatu ci ha permesso di unire tutti questi aspetti. Per farlo, bisogna coinvolgere le popolazioni locali. Un approccio sistemico, che cerca di uscire dalle dinamiche del qui e ad adesso, proiettandosi su un impatto di lungo periodo.”

Coltivare e fare rete

Si parte dal caffè, ma in modo che ci sia un ritorno per i farmers.

Michele Sofisti riprende la parola: “Siamo un collegamento tra tanti piccoli produttori e i mercati, con i training, gli esperti, con la logistica. Dobbiamo ora trovare sempre più aziende disposte ad acquistare queste materie prime e prodotti. Uscendo dalle logiche dei grandi trader che muovono milioni di tonnellate di commodity e entrare in una mentalità di impatto diverso sulle comunità.

Sarebbe necessario un maggiore supporto per creare un valore aggiunto ora necessario.”

Tutto pronto per il convegno di lancio di Nzatu

Kwadwo Boachie-Adjei, Urban Afrique: “I traders prendono il margine maggiore. Urban afrique al contrario vuole connettere direttamente i farmers con i consumatori di cacao. Un prodotto che viene pagato appena 2 centesimi per una tavoletta da un dollaro al supermercato.

Ci concentriamo sulla sostenibilità umana, per raggiungere equità economica per i farmers. Così da rendere più attrattivo per le nuove generazioni il lavoro del coltivatore, fermando il fenomeno di immigrazione verso altri settori, lasciando le piantagioni al lavoro delle miniere spesso illegali. Da questo punto di vista, Nzatu e Artcafé rappresentano una speranza verso un reale cambiamento.

Nzatu è fatta di stakeholders che riconoscono l’importanza del lavoro dei coltivatori. Una Social equity che passa da prezzi equi, perché non esiste alcuna giustizia climatica senza quella sociale.

E ovviamente si parla anche di EUDR

C’è bisogno quindi di leggi che tutelino un caffè che sia giusto?

Luca Montagna prova a dare una risposta: “Purtroppo i Paesi più in difficoltà a fornire la la documentazione relativa all’importazione di prodotti che non causano deforestazione, sono proprio quelli più poveri. Teoricamente così restano fuori da un mercato che ancora oggi li richiede, creando perdite significative a queste comunità. Quindi sì, servono leggi e regolamentazioni che però tutelino chi lavora veramente la terra e produce.

Perché se alla fine questi non vengono remunerati correttamente, credo che gli effetti potrebbero essere negativi su delle economie basate principalmente sulla produzione di queste materie prime.

Proviamo ad immaginare il percorso di un chicco di caffè dall’Uganda, che viene coltivato, lavorato, caricato su delle navi e fare un giro ancora più lungo nell’ultimo periodo, fare il giro delle dogane, poi trasformato dai torrefattori: ecco, diventa chiaro che non può costare poco. Dev’esserci un’equa distribuzione, che crei un’economia corretta.

Pritvit Naike si inserisce nella discussione e segue la parte tecnologica del progetto Nzatu e rappresenta Restor spin off politecnico di Zurigo per la tracciabilità, open source mapping che assicura la possibilità per chiunque di cliccare su una mappa geolocalizzata e osservare vari parametri come biodiversità, clima, su terreni selezionati, garantendo una totale tracciabilità del prodotto semplicemente applicando un QRcode sulla lattina di caffè.

Ora il primo step per Nzatu è il caffè dell’Uganda, che rappresenta un po’ il progetto pilota per controllare che tutto funzioni.

L’idea di coinvolgere il consumatore finale, anche con l’aspetto grafico certo, ma anche fornendo tutti gli elementi per valutare il prodotto venduto nella lattina. Sulla quale i tanti loghi che compaiono, raccontano ancora una volta l’approccio sistemico di Nzatu, che si propone come un’Impact company: società for profit, perché senza la sostenibilità economica non si ha una vita lunga.

Perché in Africa?

Innanzitutto per la passione che i co-fondatori hanno in comune per questo continente. Poi perché è risultato presto evidente che la popolazione di questo continente è ancora in crescita, responsabile del 3-4% delle emissioni globali: il futuro del mondo si giocherà qui, dove ci sono ancora margini di sviluppo. Ed è importante farlo nel modo giusto.

Njuki rientra in una fascia alta di prezzo, e negli Usa sarà venduto all’incirca a 42 dollari al chilo.

Luca Montagna spiega la tostatura

E siccome si parla di caffè e dell’arte della tostatura, l’incontro non poteva che concludersi naturalmente all’interno dello stabile produttivo di ArtCaffè, sotto la guida esperta di Luca Montagna, Cicerone d’eccezione soprattutto per tutti coloro che di questa materia prima e bevanda devono ancora conoscere la storia, i processi, le origini, le estrazioni.

A contatto con il verde, specialty e non, e di fronte a macchine importanti come la tostatrice IMF da 60 chili in azione, con alle spalle diversi silos da 500-600 chili di capienza.

Vito Schiavo racconta il Chemex

A tal proposito, importante l’incontro diretto con il barista esperto Vito Schiavo, che ha accompagnato nel mondo delle erogazioni alternative all’espresso – pur sempre includendolo in questo viaggio conoscitivo – i visitatori, armandosi di Chemex e poi, anche, della cara vecchia moka ma fatta a regola d’arte, senza montagnette, senza far sentire il borbottio finale.

Mauro Cipolla, Orlandi Passion: “L’agricoltura tradizionale nel caffè non è sinonimo di miscele di scarsa sostenibilità”

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Mauro Cipolla a La Pietra Miliare (immagine concessa)

Mauro Cipolla, il titolare di Orlandi Passion, professionista ben noto agli addetti ai lavori per la sua esperienza e conoscenza della materia, si espone sull’importanza del tema dell’agricoltura e la sua pratiche nelle miscele specialty differenziando tradizione e innovazione. Leggiamo di seguito la sua opinione.

L’agricoltura del caffè tra tradizione e innovazione

di Mauro Cipolla

MILANO – “L’agricoltura ha di certo un grande impatto sull’ambiente e sugli aspetti sociali ed economici dell’uomo. Facciamo però un passo indietro: molti affermano che la tradizione è solo una storiella atta a nascondere i prodotti fatti male, con processi e materie prime derivanti da lavorazioni agricole non adeguate. In molti casi ciò può essere vero, ma non è necessariamente sempre così: ci sono tradizioni nobili, ed altre che lo sono invece molto meno. È un mondo molto confuso e poco coerente, quello del caffè.

La medesima situazione si verifica però anche con gli specialty, i quali, al contrario dei caffè che non ci tengono affatto all’aspetto agricolo, puntano sulla tracciabilità dell’agricoltura, sui processi e sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Eppure, anche le grandi industrie producono caffè specialty con processi e sistemi molto diversi da quelli messi in atto dai piccoli torrefattori.

L’incoerenza esiste, inoltre, anche perché da una parte si parla di filiera e di sostenibilità per i produttori, al contempo dall’altra parte si producono invece caffè sempre colmi di novità e con gusti esotici, risultanti da continue sperimentazioni i cui gusti finali non necessariamente rispecchiano la sostenibilità dell’ambiente o dei produttori, e nemmeno quella dei mercati locali.

Ebbene, anche qui la sostenibilità delle piantagioni va in conflitto con un discorso di innovazione: è una storiella anche questa?

Sarebbe bene non far passare l’idea che genericamente tutte le tradizioni sono una copertura per prodotti mal fatti, o al contrario che si necessita solo dell’innovazione e del diverso poiché questi sarebbero entrambi gravi errori.

L’importanza dei processi agricoli non è, a mio avviso, solo socio-economica ma soprattutto etica, se teniamo presente l’impatto topologico, climatico e culturale.

È quindi estremamente importante capire il senso della tracciabilità in un rapporto tra agricoltura, ambiente, il sociale, e la parte economica in rapporto ai mercati.

Certo è che la riduzione dei difetti e il miglioramento delle pratiche e dei processi agriculturali mirati a creare caffè eccelsi sono molto importanti. La riduzione dei pesticidi e dei fertilizzanti chimici, la protezione degli ambienti rurali e forestali, sono una priorità per noi.

Alla fine però , nella realtà dei mercati, questi nobili obiettivi richiedono immensi risorse di know how e finanziarie.

In tutto questo, se siamo veri verso noi stessi come produttori e nei riguardi dei mercati, si dovrebbe mantenere un livello di competitività e di posizionamento di mercato anche differenziando le materie prime, le procedure, e i sistemi di lavorazione tra quelli delle micro torrefazioni e quelle delle grandi industrie.

Di fatto, la maggior parte delle grandi industrie, visti i loro volumi di affari, non potranno mai vendere, nella percentuale delle loro vendite, più prodotti di prima scelta o Specialty quando a confronto con prodotti più “lavorati/commerciali”.

Il rischio, mentre si pensa all’ambiente, alla tracciabilità, alle certificazioni, ai corsi e alle procedure delle associazioni, è quello di creare prodotti belli da raccontare e da leggere, ma di fatto si crea una confusione tra i prodotti dei grandi industriali e quelli dei piccoli torrefattori artigiani. Il punto è, inoltre, che i piccoli torrefattori artigiani non riescono a rimanere competitivi con le strutture finanziarie e con le strategie di comunicazione, di leverage, di net work e di branding congiunto offerti dai grandi industriali e dalle aziende multinazionali.

Ed è così che si cannibalizza il mercato dei prodotti finiti che erano stati creati per essere speciali in mano ai piccoli torrefattori artigiani. La confusione nel posizionamento di caffè speciali o specialty, proprio come nei caffè tradizionali, è oggi una realtà sia nell’offerta sia nella reale differenza esperienziale dei clienti finali.

Il pericolo è che si alzino le aspettative dell’esperienza tramite la comunicazione e le offerte, e che invece nella realtà i consumatori spesso non trovino queste loro esperienze all’altezza dell’aspettativa creata. Ed è così che il valore di ciò che ci si aspetta dalla natura al piatto, o in questo caso dalla natura alla tazza, arriva confuso e non coerente con le promesse fatte.

Alla fine dei conti le tradizioni, la comunicazione e la tracciabilità possono certamente coinvolgere. Le imprese agricole e alimentari sono coinvolte in processi che si intrecciano con il vissuto reale delle persone.

Sono sempre più convinto che il problema nel nostro lavoro da piccoli torrefattori artigiani è che con la non coerenza della comunicazione, oramai utilizzata in modo trasversale su alcune diciture e ideologie, stiamo aiutando le grandi industrie multinazionali e nazionali a fare uno shift di mercato nel loro posizionamento per appropriarsi del valore aggiunto dell’immagine di essere anch’esse aziende artigianali.

Non si tratta quindi solo di produrre beni di qualità con un buon livello di differenziazione sui diversi mercati, ma anche di fornire beni, o meglio nel caso del caffè nutrienti che facciano stare davvero bene le persone durane il consumo.

La cosa fondamentale diventa capire che il ruolo multifunzionale del settore primario deve certamente contribuire a migliorare gli equilibri sociali e ambientali, ma diversamente per ogni persona, e non dimenticarsi dei diversi obiettivi economici delle persone ai fini di creare prodotti di altissima qualità ma democratici e non elitari.

Se poniamo attenzione alle differenze e al piacere personale in ciò che chiamo “l’economia della felicità”, forse aiutiamo tutta la filiera. La qualità la metto quindi in discussione, non solo come la consideriamo abitualmente (marchi, origine, tracciabbilita’, difetti, ecc…), ma anche come un concetto ben più ampio basato sulla salute sia personale sia intesa come salute del pianeta e del mondo vegetale; da decenni mi riferisco a questo concetto con l’espressione “Caffè-gusto-salute”.

Credo sia fondamentale capire che l’integrazione del concetto di sostenibilità nella produzione e nel consumo di alimenti salubri e piacevoli che al contempo rispettano le culture antropologiche, possa andare a vantaggio di tutti gli attori della catena alimentare, in particolare degli agricoltori.

Questi non possono avere un ruolo passivo, in balia del mercato, dei clienti, della competizione confusa tra gli artigiani micro torrefattori e le grandi industrie, e neanche delle mutevoli scelte dei consumatori basate in gran parte sulla comunicazione vincente.
Un consumo consapevole e personale si fonda pur sempre su scelte autonome e indipendenti, e dunque il tutto andrebbe basato in primo luogo sul piacere del gusto e della digeribilità.

Probabilmente, non dovremmo dunque generalizzare, ma dovremmo piuttosto basare il tutto sull’esperienza che il cliente consapevole fa nei mercati, per creare una felicità del consumo consapevole dove la crescita avviene in modo verticale tra tutti i componenti dei mercati che lavorano bene nel micro artigianato”.

                                                                                                              Mauro Cipolla

Caffetterie a marchio negli Usa: la crescita continua nonostante il sentiment negativo dei consumatori

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Il bancone di un coffee shop americano (foto di Pexels da Pixabay)

MILANO – Cresce la competizione nel comparto Usa delle caffetterie a marchio: secondo il report Project Café USA 2025 di World Coffee Portal, il mercato di oltreoceano vale attualmente 54 miliardi di dollari: ben 500 i marchi operanti sulla piazza americana, per un totale di oltre 42,700 locali.

L’indagine è stata condotta, nel luglio scorso, sulla base di oltre 150 interviste e consultazioni con esperti del settore, manager e personaggi chiave, nonché su un campione di 5mila consumatori.

A ciò si è aggiunto un capillare lavoro di analisi e documentazione, a partire da: dati contabili, analisi di mercato e report della stampa specializzata.

Il mercato Usa è cresciuto, negli ultimi 12 mesi, di 2.062 unità raggiungendo un totale di 42.773 locali

Alle spalle dei colossi di mercato – in primis, Starbucks e Dunkin’ – spicca il dinamismo delle catene di drive-thru, con i due market leader – Dutch Bros e Scooter’s Coffee – che hanno entrambi incrementato le proprie reti di un centinaio di location.

Anche se in realtà il competitor che è cresciuto maggiormente come numero di locali è stata la catena dell’Arkansas 7 Brew.

Sei le new entry dell’anno trascorso, tra cui l’italiana Café Barbera, le britanniche WatchHouse e Black Sheep Coffee e la vietnamita Trung Nguyên Legend.

L’aumento generale dei costi ha indotto molti competitor a elevare i prezzi. Un latte da 16 oz (473 ml) costa attualmente oltre 5 dollari, mentre un frullato dello stesso formato può arrivare a costare più di 6 dollari.

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Essse Caffè: lo store di Bologna ospita la mostra dell’artista Andrea Polenta, 12/10

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Lo store Essse Caffè di via Galliera 18/B (immagine concessa)

BOLOGNA – Sabato 12 ottobre, a partire dalle 9.30, il centro di Bologna diventerà il palcoscenico di un evento unico, tra arte e gusto, con l’inaugurazione della mostra dell’artista toscano Andrea Polenta presso lo store Essse Caffè di via Galliera 18/B. L’esposizione, che presenterà una selezione di opere realizzate tra il 2022 e il 2024, offrirà al pubblico uno sguardo inedito sul suo percorso creativo strettamente connesso all’universo della torrefazione bolognese, promotrice dell’iniziativa, attraverso l’uso di materiali come la juta dei sacchi di caffè e colori intensi.

Le opere, pur diverse per temi e progetti, evidenziano un’evoluzione stilistica significativa, soprattutto nell’impiego innovativo dei sacchi di caffè, simbolo del legame con Essse Caffè, che diventano elemento centrale della narrazione artistica.

L’evento, aperto al pubblico fino alle 16,30 di sabato, non sarà solo un’occasione per apprezzare l’arte visiva, ma anche per immergersi in un’esperienza multisensoriale.

Durante la giornata, infatti, Essse Caffè presenterà importanti novità, ma soprattutto i visitatori potranno degustare il caffè di alta qualità firmato Essse, accompagnato da una raffinata selezione di pasticceria del Maestro Sebastiano Caridi, noto brand ambassador del marchio. Fabbri 1905, partner dell’evento, sarà presente con alcuni dei suoi più iconici prodotti.

L’artista Andrea Polenta (immagine concessa)

Un’occasione unica che si ricollega a un importante anniversario, ossia i 45 anni dalla nascita di Essse Caffè, fondata nel 1979. Celebrare l’incontro tra l’arte e il caffè, in un contesto conviviale che stimolerà tanto la vista quanto il palato, sarà un omaggio a questo significativo traguardo.

La scheda sintetica di Essse Caffè

Scienza, sapienza e specializzazione: tre “S” che riassumono perfettamente i valori e la filosofia di Essse Caffè, storica torrefazione bolognese fondata nel 1979 da Francesco Segafredo assieme alle sorelle Chiara e Cristina Segafredo. Oggi Essse Caffè è un marchio di successo in tutta Italia e all’estero, sinonimo di autenticità ed eccellenza, contraddistinto dall’inconfondibile “family feeling” delle sue miscele.

L’obiettivo? Garantire un prodotto di massima qualità, tutti i giorni, tutto l’anno, realizzando con cura l’intero processo, a partire dall’accurata selezione della materia prima.

Grazie alle collaborazioni universitarie – Facoltà di Agraria delle Università di Bologna, Cesena e Foggia – l’Azienda ha acquisito elevato spessore scientifico nel proprio settore, con conoscenze su ogni tipologia di caffè, dalla torrefazione al confezionamento, fino al caffè in tazzina.

Ai fondatori, oggi si affianca la quarta generazione di torrefattori della famiglia: Agata Segafredo, Pietro Buscaroli, Riccardo e Ruggero Auteri che condividono la missione imprenditoriale con uno sguardo imprescindibile verso il futuro.

Costadoro presenta il report di impatto: prevista riduzione dell’uso di gas naturale pari a 28.927 standard metri cubi annui per il 2024/25

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Costadoro per la sostenibilità (immagine concessa)

TORINO – Costadoro S.p.A. – l’azienda torinese produttrice di caffè di alta gamma che rappresenta oggi una realtà industriale presente in oltre 40 Paesi con una quota di esportazioni pari al 55% della sua produzione – presenta il report di impatto per l’anno 2023.

“In Costadoro S.p.A. siamo fortemente convinti che l’impegno verso la sostenibilità sia essenziale, non solo per il nostro successo a lungo termine, ma anche per il benessere delle comunità e dell’ambiente che ci circondano. Nel 2023 abbiamo raggiunto obiettivi ambiziosi sempre ottenuti nel rispetto di tutti gli stakeholder coinvolti nei vari processi. Abbiamo lavorato intensamente per integrare pratiche sostenibili in ogni aspetto della nostra attività, dalla selezione delle materie prime alla produzione, dalla gestione delle risorse energetiche alla riduzione degli sprechi. Ogni decisione è stata guidata dalla nostra volontà di creare un impatto positivo e duraturo.” Giulio Trombetta, ceo di Costadoro S.p.A.

I valori principali che contraddistinguono l’azienda sono il rispetto nello svolgimento delle attività tutelando il pianeta e le persone, l’eccellenza nei prodotti e nei processi e la diffusione della cultura del caffè, coniugando tradizione e innovazione.

Costadoro opera con l’obiettivo di tramandare valori generando valore: come collettivo di persone l’Azienda si impegna a prendere consapevolezza degli insegnamenti di chi ha fondato e ha fatto crescere l’Azienda per poterla consegnare a coloro che verranno in una veste ancora più “bella e buona”.

Tutto questo si traduce nella mission aziendale: “Infondere un sorriso a ogni cliente combinando la storia e il futuro del caffè”. Costadoro persegue questo obiettivo attraverso l’uso di tecnologie avanzate e una costante ricerca scientifica, rispettando una tradizione secolare caratterizzata dall’attenzione all’approvvigionamento, alla lavorazione e al cliente.

Costadoro si avvale dello standard di valutazione B Impact Assessment, uno strumento rigoroso per misurare l’impatto ambientale e sociale delle aziende. Il questionario valuta cinque dimensioni rilevanti: Governance, Ambiente, Comunità, Lavoratori, e Clienti.

Governance

 Per Costadoro, la gestione proattiva della sostenibilità si concretizza in un coordinamento integrato delle responsabilità ambientali e sociali. In qualità di B Corp, l’Azienda si impegna attivamente a rispettare i propri obblighi, mantenendo una direzione aziendale solida e orientata all’ambiente e alle persone.

Costadoro vanta 4 certificazioni in ambito sociale e ambientale (ISO 14001, BIO, Fairtrade e B Corp). Le sue attività vanno oltre la torrefazione e la distribuzione del caffè, estendendosi alla creazione di connessioni tra tutti gli attori coinvolti nei suoi processi. Durante l’anno, Costadoro ha promosso diverse iniziative legate alla sostenibilità, tra cui quattro workshop e cinque attività nei Bar Costadoro.

L’Azienda ha sempre considerato l’etica aziendale come un pilastro fondamentale, come indicato nel suo Codice Etico. Particolare attenzione viene riservata all’etica nei rapporti commerciali, con l’onestà e la trasparenza come principi cardine delle sue attività.

L’impegno verso l’ambiente

 Le attività di R&D che Costadoro promuove sono orientate alla scoperta di nuovi metodi di produzione che possano migliorare la qualità del caffè, all’ottimizzazione dei processi di torrefazione e alla riduzione dell’impatto ambientale. L’investimento complessivo dell’Azienda in queste attività è pari a 415.000 €.

Costadoro adotta la circolarità come principio guida dei propri successi. L’Azienda ha implementato diverse procedure interne per il riutilizzo e la valorizzazione degli scarti di produzione, dei sottoprodotti e degli imballaggi. Attualmente, sono in corso tre progetti di circolarità volti a dare nuova vita alla Cascara, alla pellicola argentea e alla juta dei sacchi di caffè attraverso collaborazioni con varie realtà esterne.

Un esempio di circolarità è dato dall’investimento per il recupero del calore dei fumi delle tostatrici, utilizzandolo per riscaldare l’acqua della centrale termica e, di conseguenza, gli ambienti dello stabilimento.

Questo intervento permetterà, nel biennio 2024-2025, una riduzione dell’uso di gas naturale pari a 28.927 standard metri cubi annui e un recupero di potenza di 270 kW.

Costadoro ha poi sviluppato una nuova linea automatica per il confezionamento di caffè macinato e in grani in materiale flessibile. Questo macchinario offre due vantaggi principali: riduce drasticamente la produzione di lattine a favore di sacchetti di plastica di vari formati e permette il passaggio a un packaging smaltibile nella raccolta differenziata.

L’impegno verso le persone (comunità, lavoratori e clienti)

 Uno dei principali obiettivi dello Statuto di Costadoro è creare un ambiente di lavoro che promuova le potenzialità, il talento e il benessere dei propri dipendenti e collaboratori, che superano le 130 persone.

Costadoro attribuisce grande importanza alla formazione, sia interna che esterna all’Azienda. Il potenziamento delle competenze e lo sviluppo di nuove conoscenze sono considerati strategici, con oltre 1.500 ore di formazione dedicate ai dipendenti e più di 30 ore di formazione specifica in materia di sostenibilità. Inoltre, l’Azienda investe nella formazione di baristi e consumatori, con 6.000 ore di formazione erogate a clienti e partner.

L’Azienda è anche impegnata nel promuovere una cultura aziendale che valorizzi la diversità e mantenga un ambiente inclusivo, garantendo pari opportunità. Inoltre, Costadoro aderisce al network International Women Coffee Alliance (WCA), che promuove l’empowerment femminile nella filiera del caffè.

Costadoro si dedica alla tutela dei diritti umani lungo tutta la filiera, promuovendo relazioni sostenibili e rispettose per tutte le persone coinvolte nella produzione del caffè. Il progetto RespecTo incarna una lunga catena di valori che, dalla raccolta dei chicchi, culmina in un prodotto maggiormente sostenibile, come attestano le certificazioni Bio e Fairtrade.

Queste certificazioni garantiscono il rispetto del ciclo stagionale della produzione e dei diritti degli agricoltori e dei lavoratori, in linea con i principi del commercio equo.

Un altro tema nei confronti del quale l’Azienda pone la sua attenzione è il coinvolgimento dei giovani. Costadoro ritiene le nuove generazioni una risorsa molto importante ed è proprio per questo che attraverso il coinvolgimento di scuole e università è impegnata in numerosi progetti con finalità ambientali e artistiche: 3 progetti in collaborazione con Licei e Istituti e 2 traineeship con il Politecnico di Torino e l’ESCP Business School.

Costadoro sostiene da sempre i valori trasmessi dallo sport, come passione, dedizione e lavoro di squadra, ritenendoli fondamentali per raggiungere risultati ambiziosi. A testimonianza di questo impegno vi è il supporto a Base Running, ASD affiliata al CONI-Fidal, punto di riferimento per i runner torinesi, la partnership nel 2023 con il Pecco Fan Club a sostegno del giovane campione torinese Francesco Bagnaia nel mondiale di MotoGP, e la sponsorizzazione ufficiale della squadra femminile 2022-2023 del Cuneo Granda Volley.

Obiettivi per il futuro

Tra gli obiettivi espressi nel proprio Statuto B Corp, Costadoro si impegna a far evolvere il proprio modello di business verso un’economia carbon neutral, attraverso la ricerca di soluzioni innovative per ridurre le emissioni di carbonio durante il processo di torrefazione e confezionamento.

Da sempre Costadoro investe sulla formazione dei propri collaboratori e nel 2024 intende ampliare i corsi destinati ai giovani studenti e professionisti del territorio per fornire le basi per la conoscenza di un buon caffè e delle sue peculiarità dalla botanica alla tazza, consapevolizzando futuri consumatori e professionisti. L’Azienda ha, inoltre, l’obiettivo di continuare a realizzare iniziative per enti a sostegno di persone con disabilità e legati al territorio.

Infine, Costadoro si impegnerà attivamente nella sensibilizzazione sulla violenza di genere. A tal proposito verranno organizzate sessione dedicate ai dipendenti al fine di promuovere la consapevolezza e il rispetto.

Sotto ogni punto di vista l’eccellenza per Costadoro non è solo uno standard qualitativamente elevato, bensì una filosofia di vita che fin dal 1890 l’Azienda persegue nei prodotti e nei processi attraverso la cultura e il rispetto.

E grazie al sapiente connubio di tradizione e innovazione, Costadoro continua a proporre un prodotto di altissima qualità che intrinsecamente racchiude il rispetto dell’ambiente e delle persone.

Per maggiori informazioni basta cliccare qui.

La scheda sintetica di Costadoro

Dopo i risultati ottenuti negli anni passati in tema di sostenibilità e responsabilità sociale, Costadoro nel 2023 ha ottenuto la Certificazione B Corporation. Quest’ultima viene assegnata alle società che si impegnano a osservare alti standard di performance sociale e ambientale, di trasparenza e responsabilità e che   operano nel   rispetto   di   tutti   gli stakeholder coinvolti nel sistema: dai fornitori ai clienti, passando per i collaboratori, con particolare attenzione alle generazioni future.