MILANO – Enzo Spisni torna su queste pagine nel suo ruolo di Professore associato presso il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, per cercare di fare luce su un prodotto ultimamente di tendenza: il caffè ai funghi, definito da tante aziende come un superfood dagli effetti benefici per l’organismo e, soprattutto, una valida alternativa all’espresso più comune se si vuole limitare l’assunzione di caffeina – che in questo caso si riduce circa di un terzo -.
Spisni, innanzitutto, forse si dovrebbe partire da che cosa si intende esattamente per superfood e perché i funghi sono finiti in questa categoria?
Spisni: “Sull’argomento ho avuto proprio l’occasione di presentare alla SINU (Società Italiana di nutrizione Umana) una relazione che si interrogava sul fatto se esistano o meno i cosiddetti superfood. Il punto è che quelli che pensiamo lo siano non ricadono in realtà in questa categoria, anzi si potrebbe dire al contrario che non ci sono al momento prove scientifiche per inserirli in questo ambito.
Le uniche prove documentate di alimenti che hanno un impatto concreto sul rischio di ammalarsi e sull’allungamento della vita, riguardano la frutta secca come noci, mandorle, nocciole. I dati ci dicono che questi sono oggi l’unico superfood che esiste, teoria rafforzata dai risultati di vari trial e studi condotti negli anni su un vasto pubblico.
Tutto il resto, no: sono presunti, supposti, creduti, come appunto i funghi, senza però poter contare su indagini conclusive a riguardo. Su PubMed non mancano certo gli studi, ma non esistono dei trial clinici controllati né degli studi epidemiologici, che coinvolgano un numero rappresentativo di soggetti.
Definirli quindi superfood deriva fondamentalmente da tre fatti: i funghi sono interessanti in quanto composti da elementi che hanno degli effetti sull’asse intestino-cervello e con alle spalle una lunga tradizione di medicina orientale che ne ha esaltato le caratteristiche. Sono stati quindi molto utilizzati in campo curativo e tra i vari integratori alimentari, ora rappresentano quasi una novità in Occidente e pertanto sono potenzialmente interessanti per il mercato.
Ci sono aziende e startup nate esclusivamente attorno alla produzione di funghi o alla loro commercializzazione come ingredienti di integratori. Detto questo, osservando i prodotti innovativi premiati nelle varie fiere del settore, non c’è tanta offerta a disposizione del consumatore più consapevole.”
Spisni: “La scienza non ha mai definito esattamente cosa sia il superfood. Questa denominazione nasce piuttosto sotto la spinta del mondo pubblicitario.”
“Se per superfood si intende un qualcosa che cambia le prospettive di vita e di malattia, allora la sola risposta che abbiamo oggi ricade sulla frutta secca.
Se invece si è alla ricerca di proprietà particolari, come quella antiossidante, la presenza di molecole immuno-modulanti di cui i funghi sono particolarmente ricchi (beta-glucani e glicoproteine che stimolano il sistema immunitario), allora il discorso può essere impostato diversamente.”
In che modo il caffè con i funghi può risultare un’alternativa al caffè tradizionale ed è un discorso valido per tutti i funghi?
“Ci sono due problemi alla base: non tutti i funghi sono uguali e bisogna quindi cercare quelli che vanno abbinati al caffè, ovvero quelli che abbiano un effetto sulla stanchezza. Il Cordyceps (Cordyceps sinensis) è tra quelli più gettonati e, mescolato, può comportare una diminuzione della polvere del caffè e quindi della caffeina contenuta nella tazzina, sostituendola con diverse molecole come proteine, vitamine del gruppo B e vitamina D2 (una forma vegetale meno attiva della D3), e trealosio, uno zucchero particolare presente nei funghi.
Mancano però le prove scientifiche che certificano che effettivamente, aggiungendo i funghi si ottenga un benessere superiore dal caffè. Siccome la caffeina ha un effetto leggermente irritante sull’intestino, anche se chiaramente non su tutti gli individui, l’aggiunta di estratti di funghi potrebbe moderare questo effetto indesiderato del caffè. Per cui, soltanto in questi soggetti particolarmente sensibili, il fungo può essere di supporto.
Detto questo, da un punto di vista salutistico, non trovo la differenza tra l’aggiunta di un fungo o della curcuma o di altri estratti di piante, se non a livello gustativo. Anche la curcuma, infatti, agisce molto bene sull’asse intestino-cervello. La spiegazione più probabile, è che il fungo rappresenta ancora una novità ed ha un sapore più compatibile con il caffè. Poi esistono una decina di funghi considerati terapeutici e ciò permette di creare linee più diversificate.
Oltre al Cordyceps, il Ganoderma o Reishi (Ganoderma lucidumo), il Lion’s Mane (Hericium erinaceus), il Chaga (Inonotus obliquus) e il Turkey Tail (Trametes versicolor), sono i più usati dalle aziende di integratori (e di caffè).
Tuttavia mancano studi clinici strutturati a dimostrazione delle loro proprietà, soprattutto a causa dei costi elevati (si parla di 150-300mila euro per singolo studio). Nessuna azienda investe in assenza di brevetti che assicurino la titolarità dei risultati.
Altro aspetto da considerare e che da consumatore bisognerebbe tener d’occhio sia la provenienza sia la filiera produttiva dei funghi, che nel 99% dei casi è asiatica (molto spesso Cinese).
Mi è capitato di svolgere delle analisi su materie prime per integratori alimentari che arrivano da Cina o India, da supply chain totalmente incontrollate, e di trovare troppi contaminanti, a volte anche al di sopra dei limiti di legge in Europa.
Ricordiamo che i funghi assorbono molte sostanze tossiche dal terreno (incluso i metalli pesanti) e quindi bisogna fare attenzione a quello che contiene oltre ai suoi naturali principi attivi.
Infine, nella medicina tradizionale cinese si usavano i funghi polverizzati, noi invece ne ricaviamo degli estratti che possono concentrare ulteriormente anche gli inquinanti presenti nei funghi.
Il problema è che attualmente non ci sono dei controlli rigorosi: nell’industria degli integratori tendenzialmente le aziende si autocertificano. La legge permette di acquistare la materia prima con un certificato di origine per poi rivenderla con lo stesso documento, magari ottenuto da laboratori sconosciuti e fatto su un lotto precedente, diverso da quello venduto. Purtroppo, non tutte le aziende ripetono analisi aggiornate.
C’è poi una parte allergizzante dei funghi: attenzione perché alcuni soggetti sono allergici o lo diventano solitamente dopo averli mangiati in quantità. Ultimo elemento di rilevo: un estratto ben fatto di funghi costa più del caffè classico e quindi le imprese che solitamente cercano di risparmiare, possono scegliere materie prime di minore qualità per preparare il caffè ai funghi.
In sintesi, quindi, se qualcuno pensa di fare micoterapia bevendo il caffè ai funghi, sta sbagliando. La micoterapia si fa seguiti da un medico esperto di fitoterapia, con dosi giuste e adattate al paziente, e soprattutto con il fungo giusto.
Quali sono le modalità per ottenere una bevanda energizzante?
“Normalmente si ottengono degli estratti ovvero, si prende il fungo, lo si macera in acqua (anche calda) per diverse ore, poi si filtra e si liofilizza. A volte si può utilizzare anche l’etanolo per l’estrazione. La liofilizzazione (o altri processi simili) permettono di ottenere una polvere secca ma solubile in acqua che può essere inserita nei caffè appunto, sia quelli solubili che quelli macinati da inserire in qualsiasi tipo di macchina, dalle capsule, alle cialde o alla moka: in qualsiasi sistema in cui passa l’acqua calda.”
Il caffè al ginseng nei bar sì, ma il caffè ai funghi ancora non c’è
Spisni: “Può darsi che arriverà, ma per il momento si trova in vendita solo nei negozi specializzati. Pensando ad un estratto di fungo, non altera molto il sapore del caffè. Teoricamente è un abbinamento interessante da un punto di vista organolettico, anche se non dal punto di vista medicamentoso. Personalmente, non credo sia una tendenza rappresentativa per il prossimo futuro”.