lunedì 10 Novembre 2025
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Al Chocohotel di Perugia, dove i più golosi possono fare colazione soltanto a base di cioccolato

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La colazione al Chocohotel (foto concessa) chocolazione
La colazione al Chocohotel (foto concessa)

PERUGIA – In via Campo di Marte 130, la colazione in hotel diventa un’esperienza più golosa del solito: scordandosi della classica intercontinentale a buffet che pure fa sognare in molti, chi si imbatte nel Chocohotel, albergo ufficiale di Eurochocolate, potrà sperimentare la choco-colazione.

Si è capito che si parla di un menù con focus cioccolato? Forse il giusto modo per dare la botta di zuccheri mattutina necessaria ad affrontare il viaggio.

Chocohotel: il primo al mondo interamente dedicato al cioccolato

Così come racconta Alberto Guarducci, Responsabile Operativo Apicehotels, quando gli si chiede come mai riscrivere la tradizionale colazione italiana con questa immersione cioccolatosa: “Volevamo proporre qualcosa di sorprendente e goloso. I diversi formati di cioccolato sono stati selezionati per garantire varietà e piacere sensoriale”.

E così nel Chocohotel si può banchettare immergendo frutta fresca e dolci, creme spalmabili, ganache per farciture di croissant e torte, oltre a pancake e waffle arricchiti da topping al cioccolato.

Continua Alberto Guarducci: “Il nostro obiettivo è trasformare la colazione in un vero e proprio momento di festa per il palato, capace di sorprendere e conquistare ogni ospite.”

Una colazione a base cioccolato che resiste anche alle condizioni critiche del mercato: la qualità non è stata incrinata dall’aumento vertiginoso del prezzo del cacao, grazie all’ottimizzazione degli acquisti attraverso solide collaborazioni con fornitori selezionati nel tempo che permettono di reperire le materie prime di livello a condizioni più vantaggiose.

Buone notizie per chi non sosta al Chocohotel

E sì, perché la Choco-Colazione dell’Isola dei Golosi è aperta anche agli ospiti esterni al costo di:

· Adulti

€18 a persona nei giorni feriali
€21 a persona il sabato, la domenica e nei giorni festivi

· Bambini:

0-1 anni: gratuito
1-4 anni: €5

Ma una colazione, ci si potrebbe chiedere, può prescindere dal caffè? Va bene il cioccolato, ma serve anche quella spinta caffeinica tutta italiana. Nella patria dell’espresso, non può certo mancare, no?

E infatti all’appello il Chocohotel risponde: presente! Il caffè resta l’elemento imprescindibile anche di questa colazione sui generis, con il ruolo di bilanciare il buffet di dolci e far contenti sia un pubblico italiano che uno internazionale. Al Chocohotel per aiutare i clienti, delle macchine self-service sono affiancate da un team pronto a preparare espresso, cappuccino, ricette a base latte e con bevande vegetali.

Oltre alla macchina per caffè espresso modello Polaris della marca Wega, con miscela 100% Arabica di Caffè Vergnano, a disposizione degli ospiti tre macchine self-service firmate Nestlé, che utilizzano una miscela di caffè Arabica e Robusta, e una macchina Mr Breakfast con miscela 100% Arabica.

Ancora, riferisce Alberto Guarducci, non esiste un percorso strutturato dedicato alla divulgazione sulla materia prima cacao, perché l’esperienza si concentra principalmente su un approccio sensoriale e ludico, valorizzando il piacere del cioccolato attraverso la colazione, il Chocostore e l’atmosfera tematica dell’hotel.

Anche se, si lascia sfuggire: “Per il futuro, non escludiamo la possibilità di integrare un percorso dedicato alla divulgazione sul cacao direttamente all’interno dell’hotel.”

Un’altra chicca della colazione al Chocohotel, il pairing

Gestito dalla creatività della caposala Eriona, che si sbizzarrisce in abbinamenti tra cioccolato e caffè, unendovi degli elementi decorativi edibili.

Una delle golosità della chococolazione (foto concessa)

Un esempio perfetto di uno degli accostamenti, è il “Caffè del Chocohotel”: un espresso servito in vetro, arricchito con crema fondente al cacao, granella di nocciola e crema al latte, il tutto delicatamente spolverizzato con cacao amaro.

Caffè: ecco come il consumo della tazzina influisce sul sonno

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Una tazza di caffè americano (immagine: Pixabay)

Un nuovo studio ricerca rivela come la caffeina alteri l’attività neurale notturna, rallentando i meccanismi di recupero e pulizia cerebrale. E nei giovani, l’effetto è più marcato. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Federico Mereta per il quotidiano Il Sole 24 Ore.

Gli effetti del consumo di caffè durante la notte

MILANO – “No grazie, il caffè mi rende nervoso”. Se prendiamo alla lettera il titolo del famoso film con l’indimenticabile Massimo Troisi e Lello Arena, probabilmente non riusciamo a cogliere le differenze interpersonali legate agli effetti della caffeina come sostanza psicoattiva. Ma soprattutto, diventa difficile capire chi riesce ad assumere il caffè prima di andare a letto e poi riposa saporitamente e chi invece, magari consumano la classica “tazzulella” dopo pranzo, si trova con gli occhi sbarrati a contare le pecorelle a notte fonda.

Un aiuto per comprendere cosa davvero accade al cervello in cerca di riposo e pulizia notturna, fondamentale per il suo benessere, viene ora da una ricerca condotta da esperti dell’Università di Montreal, pubblicata su Nature Communications Biology.

Lo studio mette in luce come e quanto la caffeina possa influire sul sonno e sul recupero cerebrale e fisico legato al riposo, chiarendo inoltre un aspetto: la caffeina, presente non solo nel caffè ma anche in altre bevande (pensate agli energy drink), avrebbe un effetto particolarmente intenso sul sonno dei giovani.

Per loro, l’impatto sul riposo e sul sistema nervoso potrebbe risultare più intenso (pur considerando sempre i numeri limitati dello studio) rispetto a quanto accade negli adulti.

Lo studio, coordinato da Philipp Thölke, Karim Jerbi, e l’esperto di di psicologia del sonno e dell’invecchiamento Julie Carrier, si è basato su dati elettroencefalografici e, con il supporto dell’Intelligenza artificiale, ha valutato l’effetto della caffeina sul sonno.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.

Latte nel caffè: ecco perché è meglio evitarlo secondo l’esperto

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tazzina al bar
Cappuccino (immagine: Pixabay)

Il neuroscienziato Robert Love ha affermato che unire latte o panna al caffè potrebbe ridurre significativamente i suoi benefici per la salute, compromettendo l’efficacia dei polifenoli presenti nella bevanda: questo potrebbe ridurre significativamente gli effetti positivi salutari che il caffè può offrire. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Loris Porciello per Normanna News.

Il latte nel caffè: gli aspetti negativi

MILANO – Il caffè è una delle bevande più amate e consumate a livello globale, noto per il suo sapore inconfondibile e i potenziali benefici per la salute. Una recente dichiarazione del neuroscienziato Robert Love ha suscitato un acceso dibattito riguardo all’abitudine comune di aggiungere latte al caffè. Love suggerisce che unire latte o panna al caffè potrebbe ridurre significativamente i suoi benefici per la salute. Il caffè, quando consumato con moderazione, non è solo una bevanda stimolante ma anche un potenziale alleato per la salute.

Studi scientifici indicano che il caffè potrebbe contribuire a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, diabete e Parkinson. Una delle principali ragioni è l’alta concentrazione di polifenoli nel caffè, che sono composti vegetali con potenti proprietà antiossidanti.

Ogni 100 ml di caffè contengono circa 214 mg di polifenoli, che giocano un ruolo cruciale nella protezione contro lo sviluppo di vari tipi di cancro, malattie cardiache e condizioni neurodegenerative. Robert Love ha avvertito che l’aggiunta di latte o panna al caffè potrebbe compromettere l’efficacia dei polifenoli presenti nella bevanda.

Secondo l’esperto le proteine del latte si legano ai polifenoli, impedendo il loro corretto assorbimento nel corpo. Questo potrebbe ridurre significativamente i benefici salutari che il caffè può offrire.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Fipe: a maggio l’inflazione nella ristorazione si attesta a +3,2%, nei bar variazione tendenziale dei prezzi a +3,7%

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(dati: Centro Studi Fipe)

ROMA – L’inflazione nei servizi di ristorazione si attesta a +3,2% a maggio 2025, così come la variazione tendenziale della ristorazione commerciale. L’inflazione generale scende all’1,6% dall’1,9% di aprile. Il rallentamento risente soprattutto della marcata decelerazione dei prezzi degli energetici regolamentati e dell’accentuarsi della flessione di quelli dei non regolamentati.

Riportiamo di seguito l’analisi pubblicata dal Centro Studi di Fipe.

Bar

La variazione tendenziale dei prezzi del bar si attesta a maggio 2025 a +3,7%. Le variazioni tendenziali sopra la media riguardano i prodotti di gelateria e pasticceria (+4,3%).

(dati: Centro Studi Fipe)

Ristoranti

Nei ristoranti tradizionali gli aumenti su maggio 2024 si attestano sul +2,9% mentre per le pizzerie sul +3,4%. I prezzi della gastronomia registrano +2,9% e il delivery +4,2% rispetto all’anno precedente.

(dati: Centro Studi Fipe)

Mense

I prezzi delle mense(quota a carico delle famiglie)  registrano una variazione del 3,4 % nel confronto con maggio 2024.

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(dati: Centro Studi Fipe)

Il caffè peruviano conquista l’Italia: successo e innovazione nel corso per baristi a Roma

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Il corso dedicato al caffè peruviano (immagine concessa)

ROMA – Il caffè peruviano, famoso in tutto il mondo per la sua qualità superiore e il suo aroma unico, sta conquistando sempre più il mercato italiano. Con una produzione record di circa 216 mila tonnellate nella campagna 2022-2023, il Perù si posiziona al nono posto tra i maggiori produttori mondiali di caffè Arabica.

Oltre 660 mila ettari coltivati e 236 mila piccoli produttori familiari formano una filiera sostenibile e certificata da importanti enti internazionali come Biologico, Commercio Equo e Rainforest Alliance.

L’Italia, terzo importatore mondiale di caffè verde, rappresenta un mercato chiave per il Perù. Nel 2022, le esportazioni verso il Belpaese hanno raggiunto 8.804 tonnellate, per un valore complessivo di 45,6 milioni di dollari. Il porto di Trieste, che funge da principale punto d’ingresso, è sede di torrefazioni prestigiose come Illy, Lavazza e Kimbo, che proprio lì trasformano il caffè peruviano in eccellenze riconosciute a livello globale.

A Roma, il 7 luglio 2025 si è concluso presso il Sisters Coffee Lab, il corso di formazione professionale “Caffè peruviano: formazione nella filiera del bar”, che ha raccolto l’entusiasmo di baristi italiani di alto livello, pronti a scoprire ogni segreto del caffè peruviano.

Con il supporto del trainer autorizzato SCA Andrea Matarangolo, i partecipanti hanno vissuto quattro giornate intense di formazione pratica e teorica, con sessioni di sei ore che hanno offerto un’esperienza esclusiva e personalizzata. Sono state approfondite le caratteristiche botaniche, sensoriali e tecniche del caffè peruviano, valorizzando la sua unicità.

Particolare attenzione è stata dedicata al ruolo fondamentale delle donne nella filiera del caffè peruviano: vere protagoniste di innovazione, sostenibilità e qualità. Il loro contributo rappresenta un modello di empowerment che coniuga tradizione e futuro.

Nel corso della cerimonia di chiusura, l’Ambasciatore del Perù in Italia, Manuel Cacho-Sousa, ha consegnato i diplomi ai partecipanti, sottolineando come questo percorso rappresenti non solo una formazione tecnica, ma anche un’occasione per diffondere la storia, l’identità e la cultura del caffè peruviano in Italia e in Europa.

Il Perù ribadisce così il suo impegno nel settore del caffè di specialità, promuovendo una produzione sostenibile, equa e di qualità, e rafforzando la sua presenza nel mercato europeo.

I Lavazza incassano oltre 80mila€ da Neva First di Intesa Sanpaolo

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Lavazza trainig center Giuseppe Lavazza cavaliere Giuseppe Lavazza, vice presidente del Gruppo Lavazza
Giuseppe Lavazza presidente del Gruppo Lavazza

MILANO – L’investimento di Lavazza nel venture capital di Intesa Sanpaolo si è rivelato un ottimo affare: a rivelarlo è il quotidiano economico Milano Finanza che ha riportato la notizia dal deposito di bilancio dello scorso anno di Big Five, una società di investimento creata da Giuseppe Lavazza e la sorella Francesca nel 2021.

Il presidente è invece Dario Tosetti del marchio Tosetti Value Sim, controllata al 60% dalla Torino1895, sempre dei Lavazza, come nota Milano Finanza.

L’investimento di Lavazza

Sono 1,43 milioni di euro le immobilizzazioni finanziarie registrate dalla Big Five nel 2024, somma che equivale, come afferma Milano Finanza, a 30 quote di classe A del fondo Neva First di Neva Sgr, controllata da Intesa Sanpaolo.

Secondo la nota integrativa del bilancio, il net asset value del fondo a fine 2021 era di 180,1 milioni di euro.

Nell’ottobre precedente, come riporta sempre Milano Finanza, il fondo ha distribuito dei guadagni tra gli investitori, e Big Five ha ricevuto più di 80.000 euro.

Infine, nel consiglio di amministrazione di Big Five è entrato Lorenzo Massimello, che ha sostituito la madre Francesca Lavazza.

Bar is the name: a Busto Arsizio, gli specialty vanno nella mixology alcolica e non

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Ambrogio Ferraro (foto concessa)
Ambrogio Ferraro (foto concessa)

BUSTO ARSIZIO (Varese) – Abbiamo già visto all’opera il bartender Ambrogio Ferraro, giovane fondatore di Bar is the name a Busto Arsizio in Viale Giuseppe Borri, 29, in occasione della masterclass di fine dining e caffè organizzata da Café El Mundo. Il suo locale ha fatto della mixology il suo cavallo di battaglia, in una rivisitazione del classico modo di miscelare i cocktail.

Nulla si spreca in Bar is the name, e tutto è curatissimo, compresa la proposta di caffè, usato appunto come ingrediente per dare vita a ricette diverse dal solito.

Ferraro, com’è venuto a contatto con il mondo del caffè e perché ha deciso di investirci?

“Dopo 14 anni nella ristorazione, senza però aver mai avuto un’esperienza vera e propria all’interno di un bar, ho deciso di coltivare questa passione. Sono partito come autodidatta e proprio questo fatto mi ha dato la spinta a studiare tantissimo. Volevo capire bene il valore del caffè e di tutto quello che riguarda la caffetteria, come il tè e il cacao, messi a confronto con il vino.

Avviando Bar is the name ho voluto dar vita ad un cocktail bar in cui vengono serviti prodotti insoliti: per questo abbiamo inserito gli specialty coffee e non solo nella miscelazione.

Il locale apre dalle 17 all’una e nel weekend sino anche alle due, ma in inverno il set up della merenda va dalle cinque alle sette e quando ci viene ordinato il caffè, proponiamo il cold brew in tutte le stagioni o in alternativa un hot brew in V60 o moka – entrambi funzionano molto -. Ma la cosa davvero che mi interessava esplorare, era l’abbinamento con altri elementi. Si potrebbe dire che da noi lo specialty funziona perché il cliente non è obbligato ad acquistare un caffè americano, ma può ritrovare un ottimo caffè anche nei cocktails.”

Per quanto riguarda lo specialty cosa avete scelto?

“Ci affidiamo a Café El Mundo in base alla loro produzione settimanale, ma in generale chiediamo il chicco più fresco. Solitamente le origini sono Hondurars, Etiopia e Santos. Non abbiamo tante miscele perché risultano al gusto meno aromatiche.”

Dunque Ferraro, arriva la domanda delle domande: il caffè ha spazio nella mixology?

“Totalmente sì. Penso che il futuro della miscelazione si esprimerà proprio attraverso l’uso di queste materie prime e lo stiamo già osservando. Ancora di più lo constateremo nel breve periodo.

Basta pensare all’ultima novità dei dazi imposti dal Presidente Trump, sui distillati sia americani che nella vicina Sud America, a causa della quale l’importazione della tequila subirà un rincaro e questo poi avrà delle ricadute anche su di noi, tra un paio di anni. Anche il caffè sta conoscendo lo stesso aumento e per riuscire a mantenere un prezzo di base coerente per il consumatore finale, si dovrà imparare ad utilizzarlo in più modi, abbattendo così i costi.”

Qual è la maggiore difficoltà nell’usarlo nella miscelazione?

“La caffeina. Effettivamente è la principale preoccupazione al fine di vendita per i nostri clienti. Non è facile proporre un cocktail a mezzanotte che contenga il caffè e per questo motivo abbiamo scelto di usare anche opzioni decaffeinate. Lo spieghiamo sempre al cliente finale.

Abbiamo anche realizzato un nuovo menù a forma di mappamondo, dotato di una leggenda in cui viene indicato il tenore alcolico e nel caso del caffè, i livelli ipotetici di caffeina e teina. Nel cocktail che ho creato per esempio, Acero, con dentro Arabica dall’Etiopia, l’intensità è bassa per via di un’infusione base acqua con il chicco intero e non macinato. L’estrazione è più che altro aromatica.”

Tè o caffè nei cocktail, quale secondo lei funziona meglio?

“Direi il tè, perché è in generale è più delicato, al contrario del caffè che può risultare prepotente e in alcuni abbinamenti, come ad un fiore, ne coprirebbe il sapore. Ci sono dei casi in cui per abbassare l’aromaticità del caffè, utilizzo la tecnica del Milk washing: quindi si aggiunge una piccola dose di latte (noi scegliamo la bevanda a base di soia), si fa cagliare il liquido e in questo modo si eliminano i grassi e le particelle più aggressive del caffè. Quello che resta è soltanto un sentore, che poi è quello che vogliamo mantenere nella ricetta.”

L’Espresso Martini, grande classico, lei come lo aggiornerebbe?

“Ovviamente ogni bartender ha la sua cifra e le sue ricette. L’Espresso Martini è il classico cocktail che deve essere modificato al fine di ingentilirlo. La provincia è chiaramente diversa da Milano, che impazzisce per questo drink, mentre a mezzanotte in un posto come Busto Arsizio non viene ordinato: a questo punto ho dovuto inventare qualcosa di simile che potesse portarlo verso la stessa esperienza gustativa, depotenziandone però la carica caffeinica.

Utilizzo molto spume e sifoni per ricrearne la texture e la sensazione al palato. Di recente ho anche abbinato un Rooibos tostato, messo in infusione con bevanda a base di soia: così abbiamo ricreato questa parte un po’ affumicata dell’Espresso Martini, mentre la base alcolica resta la vodka neutra con caffè del Santos rimasto in infusione per tre ore. Questo abbinamento ci ha permesso di riproporre la ricetta con delle sfaccettature e intensità inferiori.

Esiste anche l’esempio dell’Irish coffee: in questo caso basta sostituire il doppio espresso super concentrato con un caffè americano più soft e un 100% Arabica. Ricordiamoci che siamo noi baristi, operatori, camerieri, che abbiamo il potere di agire, reinventare ed educare per cambiare i sistemi e renderli duraturi nel tempo.”

Ora un locale che si basa sulla mixology come il suo, come affronterà le nuove norme sul tasso alcolico e la guida?

“Penso che si stia diffondendo una generale informazione scorretta. Bisogna capire meglio cosa non si può fare: non si tratta di non bere del tutto. Bar is the name è già un bar riconosciuto per un’ottima offerta di analcolici. Un 50% degli ordini, il sabato sera derivava già da quello.

La provincia cavalcava da un po’ di tempo il trend del no-low alcool. Serviamo entrambe le varianti nella stessa maniera e bicchieri e oltre a questo, il tenore alcolico viene sempre indicato chiaramente, per informare ed educare i consumatori anche dal punto di vista della digestione. Il distillato è il top player per essere assorbito più facilmente ad esempio, quindi molto meglio del vino. Questo aiuta anche a comprendere una maggiore o minore presenza nel sangue dell’alcol: il nostro organismo smaltisce più semplicemente certe molecole rispetto ad altre.”

Bevande vegetali: altro punto particolare di Bar is the name, dato che per sua confessione, lei è intollerante al lattosio e nel suo locale si usano solo le alternative. Questo quanto incide sulla preparazione dei drink e sul loro costo finale?

“Sì, hanno un costo maggiore, ma basta saperle dosare nella maniera più efficiente per rientrare dalla differenza. Anche in questo caso penso che non siano gli 80 centesimi sul litro a incidere su un drink cost ben studiato. Si tratta sempre di non sprecare. A seconda della stagione prediligiamo un’opzione rispetto all’altra: d’inverno la nocciola e la mandorla, d’autunno l’avena, tutto l’anno proponiamo la soia, che ci piace molto a livello di caratteristiche sensoriali e aromatiche.”

E a proposito di costo: Ferraro ha affermato che non concepisce un cocktail che superi i 10 euro. Ci può far capire perché e soprattutto come rientrare in questa cifra restando economicamente sostenibili?

“Basta conoscere la materia prima che si utilizza per tirarne fuori tutte le sue potenzialità. Pensando a un ristorante che sceglie un tonno che costa 150 euro ad esempio, ne si utilizza ogni aspetto, senza minimi scarti. È così che si creano più piatti e più introiti. Stesso discorso vale per i cocktail: tutti gli ingredienti vanno usati e poi riutilizzati.

L’old fashioned alla banana che abbiamo servito per un periodo, veniva realizzato soltanto con la buccia, mentre la polpa diventava un’addensante per un’altra ricetta. Adottando queste piccole pratiche, sono gradualmente entrato nel mondo dell’economia circolare e da lì abbiamo pensato come sfruttare tutto.

Grazie al caffè ad esempio ho eliminato la spesa dell’anti zanzare: infatti impieghiamo i fondi di caffè, derivati da qualsiasi chicco di caffè utilizzato per infusione o macerazione di un cocktail, di un’estrazione in hot o cold brew, per gli incensi. Sembrerà banale, ma sono sessanta euro mensili risparmiati e anche qualcosa di più. Inoltre si possono creare delle essenze di caffè per infusione idroalcolica che poi si possono spruzzare con dei nebulizzatori. Stessa cosa con la menta.”

Il miglior cocktail riuscito secondo te con il caffè? Ed è alcolico o analcolico?

“Acero per me rappresenta il top di tutti quelli creati a base caffè fin qui. Un bellissimo connubio che costa 10 euro. Sicuramente il caffè si esprime meglio nell’analcolico, questo perché la molecola dell’alcol incrementa in generale gli aromi e il caffè non ne ha bisogno, ne ha già uno molto spiccato in autonomia.”

Ferraro, lei ora ha pensato ad un angolo di degustazione tra più diverse materie prime

“E’ partita proprio ora una stanza che si chiama Speak Loud, proprio il contrario dello Speak Easy. È una che non è segreta: il primo capitolo e degustazione è dedicato ai 4 elementi, caffè tè tabacco e cacao.

Spieghiamo i trend, discutiamo dei costi, rendiamo consapevoli i nostri clienti di cosa sta succedendo nel mondo e facciamo divulgazione sui giusti prezzi da pagare. I 5 cocktail: un welcome drink con il Pu’Er, poi l’abbinamento tè e cacao, cacao e tabacco, tabacco e caffè, concludendo con caffè e tè. Su 5 ricette, tre sono analcoliche.”

Rapporto Ico: prezzi in caduta libera a giugno, ma l’export mondiale rimane inferiore a quello dell’anno scorso

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Ico export mondiale prezzi caffè robusta G7 mercati
Il logo dell'Ico

MILANO – Crollano i prezzi del caffè a giugno: secondo il nuovo report Ico, diffuso lunedì pomeriggio, l’indicatore composto Ico ha assunto, a giugno, un andamento fortemente ribassista a partire dalla seconda decade del mese passando da un picco di 317,41 centesimi per libbra, raggiunto il 5 giugno, a un minimo mensile di 267,02 centesimi, toccato nell’ultima seduta del mese (30 giugno).

La media mensile è conseguentemente scivolata a 295,06 centesimi, in flessione dell’11,8% rispetto a maggio.

È la prima volta, da dicembre 2024, che la media scende sotto la soglia dei 3 dollari alla libbra. La tipologia in maggiore calo è quella dei robusta, che segna una variazione negativa sul mese precedente del 17,5% attestandosi al valore – comunque elevatissimo – di 196,21 centesimi alla libbra: si tratta del il livello minimo, per questo indicatore, da maggio 2024.

Colombiani dolci, altri dolci e brasiliani naturali sono in flessione rispettivamente del 9%, 8,7% e 10,9%. L’indicatore della borsa di Londra perde il 18,4%; quello della borsa di New York, il 10,5%.

Questa evoluzione ha allargato ulteriormente la forbice tra gli indicatori degli arabica e dei robusta e soprattutto tra gli arabica lavati e gli arabica naturali

In particolare, i differenziali tra colombiani dolci e brasiliani naturali e tra altri dolci e brasiliani naturali sono cresciuti rispettivamente del 38,4% e 38,2%.

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Nicolò Liso, Rancilio Group, sulla sicurezza in azienda: “Impegno costante verso standard elevati di incolumità”

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Nicolò Liso Rancilio
Nicolò Liso, RSPP G HSE Manager di Rancilio Group (immagine concesa)

MILANO – In un momento storico in cui la sicurezza sul lavoro è tornata al centro del dibattito nazionale, le aziende sono chiamate a fare la propria parte con azioni concrete e durature. Rancilio Group, realtà industriale di riferimento nel settore delle macchine da caffè, da anni investe in un modello di produzione che mette al centro la tutela delle persone, dalla diffusione dei Safety Cross Reports al rispetto rigoroso delle linee guida alla sicurezza.

Nicolò Liso, RSPP & HSE Manager di Rancilio Group, approfondisce il valore che l’azienda attribuisce alla cultura della sicurezza e le strategie adottate per affrontare le sfide del settore.

Ǫual è la sua valutazione sull’attuale situazione della sicurezza sul lavoro in Italia, alla luce dell’aumento degli infortuni e dei decessi registrati nei primi mesi del 2025?

“Molte aziende italiane, spesso PMI, considerano ancora la sicurezza sul lavoro come un costo, un’attività che pesa sul processo produttivo, privo di ritorni economici diretti. In alcuni casi, viene percepita come un semplice adempimento formale da esibire in caso di audit o per soddisfare il cliente più attento.

Le norme sulla sicurezza (immagine concessa)

Nonostante l’introduzione di nuove leggi, decreti e accordi Stato-Regioni, gli organi di vigilanza restano numericamente insufficienti per garantire controlli efficaci e verificare gli inadempienti. In altre parole, le regole esistono, ma spesso mancano i controlli da parte delle istituzioni.

È necessario un cambio di mentalità da parte delle aziende affinché le nuove generazioni imparino a vivere la sicurezza come un valore aggiunto, parte integrante del lavoro quotidiano, e non come un peso”.

In che modo Rancilio Group monitora e analizza gli incidenti sul lavoro e cosa sono i Safety Cross Reports?

“Dal gennaio 2024, Rancilio Group ha raggiunto le dimensioni organizzative che hanno spinto alla nomina di un RSPP & HSE Manager interno, garantendo così un presidio costante in azienda. L’inserimento di una figura chiave a capo del team di prevenzione e protezione ha permesso di rafforzare ulteriormente la già solida filosofia HSE (Salute, sicurezza e ambiente), come testimonia la certificazione ISO 45001 ottenuta sin dal 2015.

Trimestralmente, il RSPP ed il Dirigente delegato strutturano una comunicazione HSE, i Safety Cross Reports, che coinvolgono tutte le maestranze sull’andamento di infortuni e near miss.

Questo strumento, oltre a sensibilizzare sul tema della prevenzione, consente di affrontare in modo trasversale argomenti legati alla salute, alla sicurezza e all’ambiente. Il coinvolgimento attivo di tutte le risorse è un elemento chiave per perseguire l’obiettivo prioritario dell’azienda: zero infortuni“.

Ǫuali iniziative ha intrapreso l’azienda per promuovere la cultura della sicurezza tra i lavoratori, oltre alla condivisione delle linee guida interne?

“Come avvenuto negli ultimi due anni, l’azienda ha rinnovato l’organizzazione del Safety Day, giornata di formazione e coinvolgimento, destinata a tutti i dipendenti Rancilio. Ǫuest’anno abbiamo affrontato anche il tema della sostenibilità, altro importante principio aziendale.

Il Safety Day di Rancilio (immagine concessa)

Nel corso del 2024 si è provveduto, inoltre, a organizzare ben 25 audit HSE interni, divisi per ogni ambiente di lavoro. La presenza periodica sul campo del RSPP e dei Preposti di reparto e ufficio, ma anche del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), dimostra una sorveglianza costante, ma soprattutto, rappresenta un’occasione di dialogo diretto con tutti i lavoratori, che spesso non trovano un momento adatto per esprimere dubbi e/o segnalazioni in materia.

Tale attività, gestita direttamente dal RSPP, ha consentito di dare origine al primo KPI sulla sicurezza aziendale. Il risultato? Nel 2024, il 97,95% dei comportamenti adottati dai lavoratori di Rancilio Group è stato considerato sicuro per la sicurezza”.

Quali sono le principali sfide che l’azienda affronta nel mantenere la conformità alle normative sulla sicurezza sul lavoro, come la ISO 45001, e come vengono superate?

“Le sfide principali riguardano la formazione, sorveglianza e pianificazione. Tutti elementi indispensabili per garantire l’efficacia di un sistema di gestione integrato, come quello adottato da Rancilio Group, che vanta la conformità alle ISO 9001, 14001 e 45001.

La sicurezza sul lavoro (immagine concessa)

La programmazione delle attività avviene in occasione del riesame della direzione, momento in cui il team definisce quali iniziative di miglioramento adottare ogni anno. A giugno 2025, l’azienda ha esteso la certificazione ISO 45001 anche al nuovo stabilimento di Arluno, confermando l’impegno costante verso standard elevati di sicurezza“.

Come viene gestita la formazione continua dei lavoratori in materia di sicurezza, soprattutto in relazione all’introduzione di nuove tecnologie e processi produttivi?

“Prima di iniziare qualsiasi attività lavorativa, ogni neoassunto incontra il RSPP Oltre alla formazione obbligatoria prevista dal D.Lgs. 81/08, il lavoratore riceve immediatamente formazione iniziale sui rischi specifici presenti in azienda, con il dettaglio relativo alla mansione assegnata.

L’inserimento in reparto è gestito dai Preposti, che affiancano il lavoratore per un periodo diaddestramento variabile a seconda delle lavorazioni da svolgere.

La gestione delle scadenze e dei nuovi percorsi formativi viene condivisa tra Risorse Umane, Preposti e RSPP, e pianificata secondo le procedure del Sistema di Gestione, con approvazione finale da parte del Dirigente Delegato e Datore di Lavoro”.

Ǫuali obiettivi futuri si pone Rancilio Group per migliorare ulteriormente la sicurezza e la salute dei lavoratori in fabbrica?

“L’azienda continuerà a perseguire il miglioramento continuo, cogliendo le opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica. Dal distributore automatico dei DPI alla revisione di processi critici come quello della saldobrasatura manuale.

Questa evoluzione rappresenta non solo un’importante innovazione tecnologica, ma anche un’eccezionale opera di prevenzione HSE: meno rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori (es. esposizione a radiazioni ottiche e fumi di saldatura) ed un minor impatto ambientale (ridotto consumo di gas ed emissioni in atmosfera).

Questi interventi rappresentano un esempio concreto del percorso che l’azienda intende proseguire, investendo in soluzioni tecnologiche sempre più sicure e sostenibili”.

Francesca Cavallo, Fiera Milano: “Solida e continuativa sinergia tra HostMilano e il Trieste Coffee Experts di Bazzara”

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francesca cavallo hostmilano
Francesca Cavallo, head of hospitality exhibitions presso Fiera Milano (immagine concessa)

TRIESTE – HostMilano, organizzata da Fiera Milano, esposizione biennale tra le più importanti al mondo per il settore horeca, sarà main sponsor dell’ottava edizione del Trieste Coffee Experts. La collaborazione con Bazzara non si limiterà alle giornate dell’evento triestino, in programma il 6 e 7 dicembre 2025, ma avrà il suo “debutto” proprio durante Host dal 17 al 21 ottobre 2025. In quest’occasione, verrà infatti organizzata un’anteprima esclusiva dell’evento firmato da Bazzara.

Il gigante espositivo milanese, che nell’ultima edizione del 2023 ha accolto oltre 180.000 visitatori professionali provenienti da più di 160 Paesi e ospitato oltre 2.000 espositori, ha commentato così la decisione, attraverso le parole di Francesca Cavallo, Head of Hospitality Exhibitions presso Fiera Milano:

Cavallo: “Siamo davvero felici di annunciare il nostro supporto a Bazzara per la realizzazione del Trieste Coffee Experts. Il mondo del caffè rappresenta da sempre uno dei punti di forza di HostMilano, che ogni edizione accoglie torrefattori, produttori di macchine, distributori, baristi e tante altre figure chiave del settore. Proprio per questo riteniamo fondamentale sostenere iniziative di livello come questo importante appuntamento pensate per rafforzare il dialogo e la coesione tra le diverse anime del comparto”.

Inoltre: “La nostra collaborazione con Bazzara va ben oltre la semplice partecipazione reciproca agli eventi: l’idea di organizzare un’anteprima della manifestazione triestina durante i giorni di Host Milano è la testimonianza concreta della volontà di costruire una sinergia solida e continuativa. A livello personale, ho molto apprezzato l’apertura dimostrata verso i torrefattori e la visione strategica che ha guidato l’organizzazione degli Stati Generali del Caffè”.

Infine: “Un’iniziativa che conferma, ancora una volta, l’impegno della famiglia Bazzara nel fare rete all’interno del mondo del caffè italiano, in parallelo alla costante capacità di rinnovare e far crescere un evento ormai diventato un punto di riferimento per l’intero settore.”

Una collaborazione significativa e strategica per il mondo del caffè italiano, che unisce due realtà diverse, animate da obiettivi comuni: connettere i protagonisti del settore, promuovere la cultura del Made in Italy e affrontare temi cruciali come l’innovazione e la sostenibilità.