lunedì 10 Novembre 2025
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Cacao: l’aumento dei consumi porta i produttori a disboscare nuove terre

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Le fave di cacao (Pixabay licensed)

L’industria del cacao è in rapida espansione, ma l’incremento sempre maggiore dei consumi ha un costo: di fronte all’estrema povertà, i produttori sono costretti a disboscare nuove terre fertili. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Lauriane Kraskowski, credit and Esg analyst di Crédit Mutuel Asset Management, per il quotidiano La Repubblica.

Cacao: la domanda cresce, le foreste si riducono

MILANO – Che si tratti di tavolette, ganache o dolcetti, il cioccolato si gusta, si assapora e si condivide. Ma sotto la dolcezza si nasconde un’amara realtà: un prodotto che ha un alto prezzo ecologico e sociale.

Con un consumo medio annuo di 3,1 chilogrammi di cioccolato per persona in Italia e una domanda globale in aumento del 2-5% ogni anno, l’industria del cacao è in rapida espansione. Questa crescita ha portato a un’intensificazione delle coltivazioni, in particolare in Costa d’Avorio e in Ghana, che insieme producono quasi il 60% del cacao mondiale.

Tuttavia, questa impennata dei consumi ha un costo: di fronte all’estrema povertà, i produttori sono costretti a disboscare nuove terre fertili.

In Costa d’Avorio, ad esempio, le foreste che un tempo ricoprivano gran parte del Paese rappresentano oggi meno del 10% del territorio nazionale.

Anche il clima porta a un prezzo elevato

Questa incessante ricerca della produttività ha un significativo costo ambientale. A livello mondiale, la deforestazione è responsabile di circa il 20% delle emissioni di gas serra, percentuale che sale a quasi il 25% in Africa occidentale. Inoltre, le piantagioni di cacao – tipicamente disposte in file monocolturali – mancano di diversità vegetale, rendendole particolarmente suscettibili alle malattie e agli stress legati al clima, che possono avere un forte impatto sulla resa dei semi.

Nel 2023 e nel 2024, i raccolti sono stati drammaticamente colpiti da una serie di eventi climatici estremi, tra cui piogge abbondanti, siccità improvvisa e la diffusione di malattie come il marciume bruno, che hanno portato a un forte calo della produzione di cacao in Costa d’Avorio.

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Caffè: ecco perché il consumo di tre tazzine al giorno è associato ad un invecchiamento più sano per le donne

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)
Consumare tre tazzine di caffè al giorno è associato ad un invecchiamento più sano, soprattutto per le donne. Un effetto che, secondo gli autori, potrebbe essere attribuito all’azione antinfiammatoria e antiossidante della caffeina e di altri composti bioattivi contenuti nell’espresso. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Isabella Faggiano per il portale Sanità Informazione.

I benefici del caffè per le donne over 50

MILANO – Che sia per gusto o per abitudine, bere regolarmente caffè con caffeina potrebbe essere un vero e proprio elisir per invecchiare in salute, soprattutto per le donne over 50. Parola dei ricercatori della Harvard T.H. Chan School of Public Health che hanno condotto uno studio sull’argomento, presentato alla conferenza internazionale dell’American Society for Nutrition.

La ricerca ha analizzato i dati di oltre 47mila donne tra i 45 e i 60 anni, seguite per un periodo di circa 30 anni nell’ambito del celebre Nurses’ Health Study. L’obiettivo? Verificare se esista un’associazione tra consumo di caffeina nella mezza età e qualità dell’invecchiamento dopo i 70 anni.

Secondo quanto riferito durante la conferenza, le donne che consumavano in media circa 315 milligrammi di caffeina al giorno, corrispondenti a circa tre tazzine di caffè, mostravano una maggiore probabilità di invecchiare in modo sano, ovvero senza gravi malattie croniche e con buone capacità cognitive, motorie e fisiche.

Un effetto che, secondo gli autori, potrebbe essere attribuito all’azione antinfiammatoria e antiossidante della caffeina e di altri composti bioattivi contenuti nel caffè.

“Abbiamo osservato che il consumo moderato di caffè con caffeina durante la mezza età era associato a una probabilità più alta di invecchiamento sano”, spiega la ricercatrice Sara Mandavi, evidenziando come l’effetto benefico non sia stato rilevato tra le donne che bevevano caffè decaffeinato o tè.

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Storia della pastiera napoletana: tra leggenda e simbologia cristiana

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pastiera napoletana
La pastiera napoletana (immagine concessa)

MILANO – La pastiera napoletana non è solo un dolce, ma un simbolo della tradizione partenopea, capace di racchiudere in sé storia, cultura e fede. Dalla sua città d’origine, Napoli, questa delizia è riuscita a conquistare le tavole di tutta Italia e del mondo, diventando un classico intramontabile non solo a Pasqua, ma in molte altre occasioni.

La sua inconfondibile combinazione di sapori, fatta di grano cotto, ricotta, uova e aromi floreali, è un connubio di ingredienti semplici che celebrano l’equilibrio tra la terra e il mare, tra la tradizione cristiana e quella pagana.

Come accade per molti dei dolci della cucina italiana, le origini della pastiera sono incerte, dibattute tra leggende che affondano le radici nei culti pagani e storie legate alla religione cristiana.

In entrambe le versioni, tuttavia, c’è una costante che permane immutata: la presenza del grano cotto, simbolo di fertilità, abbondanza e rinascita. Un grano di qualità, come quello prodotto da Chirico, rende la pastiera non solo un dolce irresistibile, ma un rito che si tramanda di generazione in generazione.

Storia della pastiera napoletana: sirena o suora?

A Napoli, l’origine della pastiera è avvolta nel mistero e nelle leggende, e spesso viene associata a due versioni che si muovono tra mitologia e religione. Da un lato, troviamo la leggenda della sirena Partenope, la divinità marina che, secondo il mito, fondò la città di Napoli. Ogni primavera, Partenope emergeva dalle acque del Golfo e incantava i napoletani con il suo canto melodioso.

Un giorno, gli abitanti della città, per ringraziarla della sua dolce voce, decisero di offrirle i doni della loro terra: la farina, simbolo di forza e ricchezza, il grano cotto, segno di prosperità, la ricotta, rappresentante dell’abbondanza, le uova, che incarnano la vita, l’acqua di fiori d’arancio, simbolo dei profumi della primavera, lo zucchero, che simboleggia la dolcezza della sirena stessa, e infine le spezie.

Partenope, si commosse tanto per questi doni e li mescolò insieme, creando un dolce che unì in sé i sapori della terra e del mare, la pastiera napoletana.

Dall’altro lato, c’è una versione più sobria e religiosa che attribuisce la nascita della pastiera a una suora del convento di San Gregorio Armeno, situato nel cuore del centro storico di Napoli.

La suora, desiderosa di creare un dolce che celebrasse la Resurrezione di Cristo e il passaggio dalla morte alla vita, mescolò ingredienti ricchi di simbolismi cristiani. Il grano cotto rappresentava la rinascita, le uova la vita e la ricotta la purezza. Questo dolce divenne ben presto una tradizione nelle celebrazioni pasquali del convento, e da lì si diffuse in tutta la città, diventando un emblema della Pasqua napoletana.

Diverse versioni, una sola costante: grano Chirico

Indipendentemente da quale sia la vera origine della pastiera, una cosa è certa: questo dolce è ormai un caposaldo della tradizione culinaria napoletana e non conosce più stagioni. È infatti apprezzato non solo a Pasqua e spesso a Natale, ma in ogni occasione speciale. Non c’è festa in cui una pastiera non faccia capolino sulla tavola e rinunciarvi è ormai impensabile. Ciò che la rende così speciale è la qualità degli ingredienti, in particolare il grano cotto, elemento essenziale che conferisce al dolce la sua tipica consistenza cremosa.

Da oltre un secolo, l’azienda Chirico rappresenta una garanzia nella produzione del grano cotto per la pastiera napoletana. Fondata nel 1895, l’azienda ha innovato il modo di conservare il grano cotto, rendendolo disponibile tutto l’anno e permettendo a chiunque di realizzare il dolce in qualsiasi momento.

Annamaria Chirico, attuale proprietaria dell’azienda e discendente della famiglia fondatrice, ricorda con orgoglio come l’idea di conservare il grano cotto in latta sia nata proprio da una necessità: “Era il 1973, e con l’avvicinarsi della Pasqua ci rendemmo conto che a causa dell’epidemia di colera che aveva colpito Napoli, c’era il rischio di non poter vendere il grano sfuso per soddisfare la voglia di preparare il dolce. Fu allora che pensai di utilizzare la stessa latta di pomodori per conservare il grano, attraverso un processo di pastorizzazione. Fu un’idea vincente, e da quel momento siamo riusciti a garantire la disponibilità del grano cotto tutto l’anno, senza mai rinunciare alla qualità.”

L’intuizione di Annamaria Chirico ha aperto la strada a numerose innovazioni che hanno permesso all’azienda di crescere e diventare leader nel settore, pur mantenendo intatto il rispetto per la tradizione. “La pastiera è un dolce antico e, anche se non sappiamo con certezza chi l’abbia inventata, sappiamo di sicuro che ci vogliono esattamente sette strisce per completare la griglia sulla superficie. Non di più, non di meno. È tradizione!” afferma Annamaria con un sorriso.

Oggi, grazie a Chirico, è possibile preparare la pastiera in ogni momento dell’anno, portando in tavola un pezzo di Napoli e di tradizione. Che si creda alla sirena Partenope o alla suora di San Gregorio Armeno, la pastiera resta uno dei dolci più amati della tradizione partenopea, simbolo di festa, rinascita e gioia condivisa.

In un mondo sempre più moderno e veloce, è confortante sapere che ci sono ancora dei punti fermi, come il grano Chirico e la pastiera napoletana, che ci ricordano l’importanza delle radici e delle tradizioni che ci accompagnano da secoli.

Londra: aperto il primo bar ufficiale dedicato a James Bond

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Il logo di 007
Nel bel mezzo di Piccadilly, a Londra, è stato aperto un pop-up store fino alla fine dell’anno che custodisce alcuni degli oggetti di maggiore pregio della saga di spionaggio più famosa della storia del cinema. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Marcelo Gil per il portale GQ.

I visitatori sono accolti da un tappeto personalizzato e da pareti tappezzate di citazioni famose della spia, mentre dal soffitto pendono tre sculture della leggendaria Aston Martin DB5. Una volta entrati, si può scegliere non uno, ma due diversi bar ispirati all’universo di 007, dove concedersi i più squisiti cocktail d’autore, siano essi una vodka Belvedere, un rum Blackwell, uno champagne Bollinger o un whisky Macallan.

Il tutto mentre si ascoltano le colonne sonore dei film, grazie agli esperti del suono Bowers & Wilkins.

Niente paura: si è pensato a tutti i settori dell’agenzia segreta e non solo alla leggendaria esperienza di James Bond nel campo degli alcolici. Gli appassionati di cinema troveranno una sfilza di citazioni di ogni tipo nell’intero locale.

La galleria di cattivi di 007 è iconica quasi quanto lui stesso, ma gli intenditori sorrideranno alla vista del cappello di Oddjob, uno degli antagonisti secondari più amati della saga. In effetti, il film Goldfinger è il più rappresentato nel bar, dato che c’è anche un lingotto d’oro di Fort Knox e persino le scarpe da golf di Auric Goldfinger.

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Chiara Bergonzi: “Il latte vaccino è ancora molto consumato nei bar tradizionali mentre nei coffee shop specialty bene le alternative”

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Chiara Bergonzi (foto concessa)

MILANO – In chiusura dell’inchiesta che ha voluto indagare il ruolo del latte vaccino e delle bevande vegetali all’interno di bar e caffetterie di oggi, la testimonianza della Queen della Latte Art, che da anni ormai promuove le bevande vegetali in giro per i locali italiani, Chiara Bergonzi.

Bergonzi: latte, bevande vegetali e specialty

“Sicuramente com’era previsto già da anni fa, l’utilizzo della bevanda vegetale è salito drasticamente. Entro il 2026 è stimato che una proposta su due sarà sicuramente di questo genere. Per quanto riguarda invece il latte vaccino, si registra ancora un consumo molto elevato di quello più commerciale, senza che si sia verificato ancora uno spostamento verso quello di nicchia che proviene dalla fattoria.

Gli specialty coffee shop tendono più a concentrarsi sulle bevande alternative, mentre il bar tradizionale resta ancora focalizzato sul latte vaccino industriale.

D’altra parte posso testimoniare che anche in questi luoghi più legati ad un’offerta classica, si sta scoprendo l’avena, la mandorla, il cocco. Son ritornati tanto i ricettati, e sono in molti a constatare ormai che un menù non può funzionare esclusivamente sull’uso di coloranti e di sciroppi, ma si deve diversificare con altri prodotti come ad esempio i super food.

Attualmente ho notato che anche Autogrill sta inserendo nell’offerta questo tipo di offerte, come le caffetterie di tendenza. Si sta andando finalmente oltre il solo cappuccino: ora l’esigenza è quella di spostarsi su proposte più internazionali anche nei bar tradizionali”.

Corsi di latte sono ancora richiesti: la formazione è la più gettonata.

Bergonzi continua: “Tuttavia, è chiaro che nei corsi di latte art il focus non è incentrato sulla qualità della bevanda, perché la maggior parte di quella che viene impiegata va buttata allo scopo principale di allenarsi a tracciare le figure o al montaggio.

La bevanda vegetale in ogni caso è sdoganatissima, è un trend molto forte. Questo nonostante il costo maggiore rispetto al latte vaccino: i consumatori lo cercano, perchè vogliono una soluzione più healthy anche senza guardare al prezzo. In sostanza, se fa bene, se è buono, si supera lo scoglio dei centesimi in più.

Fondamentale quindi per i gestori, puntare su questi prodotti. Senza fermarsi soltanto alla soia.”

Bar Stradivari, il bilancio della caffetteria inclusiva per famiglie con bambini dopo due anni, la titolare Giulia Farronato: “Una scommessa vincente”

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Giulia Farronato con la ricca offerta food di Stradivari (immagine concessa)

TESERO – Bar Stradivari è un locale unico creato per rispondere alle esigenze di tutti ed essere, in particolare, un punto di riferimento per le famiglie dove i bambini sono i benvenuti (ne abbiamo parlato qui). A distanza di due anni, la titolare Giulia Farronato ci racconta il bilancio della sua attività a Tesero, in val di Fiemme in provincia di Trento.

Qual è il bilancio dell’attività dopo due anni?

“Senza dubbio è stato positivo. In due anni abbiamo avuto modo di conoscere meglio la nostra clientela: ciò ci ha permesso di esprimere al meglio l’essenza del locale con attività mirate al target di riferimento. Il concetto del family bar è stato premiato. Molte famiglie della Val di Fiemme si danno appuntamento fisso nel nostro locale nonostante non sia ubicato vicino al centro abitato.

Il nostro obiettivo principale è tuttavia quello di ampliare ulteriormente il raggio della nostra clientela grazie a campagne mirate tramite le piattaforme social. Quest’anno ci concentreremo perciò sull’aspetto comunicativo della nostra realtà sia all’interno della Valle che fuori”.

La scelta del family bar e un ambiente più inclusivo ha dato i suoi frutti

“Assolutamente. Il concept funziona particolarmente bene durante la stagione estiva e le giornate soleggiate. L’inverno invece è il periodo più difficile ma con l’introduzione di alcuni format mirati come aperitivi organizzati con la babysitter la domenica a pranzo, da noi battezzati aperisitter, siamo riusciti ad avere successo anche nei mesi più freddi.

Inoltre organizziamo feste di compleanno, sia per i più piccoli che per i grandi, ed eventi privati come lauree, pensionamenti e cerimonie che hanno acquisito un grande successo. Inoltre prepariamo banchetti e apericene, offerte che qui in Valle è raro trovare, per differenziarci ulteriormente”.

Cosa è cambiato nel menù? E il caffè?

“Proponiamo sempre Manuel Caffè che ci fornisce la miscela Capriccio, 80% robusta e 20% arabica. In questi anni abbiamo inoltre fatto dei corsi di aggiornamento sull’uso della macchina del caffè e della creazione latte art. Prepariamo l’espresso con una La Spaziale e un macinino Ceado on demand. Per la pulizia invece ci affidiamo ai prodotti pulyCAFF. Molti dei nostri clienti apprezzano particolarmente la nostra offerta caffè.

Ci siamo specializzati perciò nell’offerta colazione che è decisamente più curata rispetto alla media. Per quanto riguarda l’offerta food, abbiamo inserito nel nostro menù i gelati per l’estate e le coppe con la frutta fresca. Avere un giardino esterno con un amplio servizio di dolci fa davvero la differenza e piace molto sia alle famiglie sia ai clienti singoli.

Inoltre, inizialmente, pensavamo di puntare sulla paninoteca ma abbiamo notato una grande richiesta per il pranzo veloce. Ci siamo specializzati in piatti freddi come salatone e primi piatti pronti prodotti da un laborario della Val di Fiemme. Questo principalmente è quello che abbiamo capito in due anni di gestione: pranzi veloci, puntare sulle famiglie e offire una proposta differente rispetto al centro del paese”.

Come avete reagito al rincaro delle materie prime?

“Abbiamo tenuto il prezzo bloccato fino a fine ottobre dello scorso anno con il caffè a 1,20 euro. Poi abbiamo riaperto a dicembre e abbiamo rialzato il prezzo del caffè di 10 centesimi fino ad arrivare a 1,30 euro: per mantenere il costo così basso abbiamo eliminato il cioccolatino e il biscottino serviti generalmente insieme alla tazzina. Rimarremo sicuramente a 1,30 euro almeno fino a questa estate. La diatriba dietro i prezzi del caffè si può continuare a gestire senza troppi problemi: ci vuole solo un po’ di organizzazione”.

La tipologia di clienti del bar Stradivari è varia e non si tratta solo di famiglie

“Esatto, le nostre giornate si dividono in più parti. Partiamo la mattina dalla colazione con le mamme e i bimbi prima di andare all’asilo; poi c’è il momento dedicato alla caffetteria classica con i lavoratori; a seguire il pranzo e infine l’aperitivo nel pomeriggio. Chiudiamo alle 21:00 quindi non abbiamo la parte dedicata al cocktail bar”.

Progetti per il futuro?

“In estate punteremo su un aperitivo diverso che si chiamerà aperifish. Abbiamo introdotto il concetto l’estate scorsa con alcune serate in collaborazione con una pescheria. Si tratta di un servizio in piedi con pesce fresco servito al momento: un’offerta davvero unica nella nostra Valle.

Il format è piaciuto molto e lo riproporremmo sicuramente. Inoltre introdurremmo altri aperitivi con la stessa formula ma non solo con il pesce: avremo cucina messicana e cinese per offrire ai nostri clienti un’esperienza unica con musica dal vivo all’aperto. Questi eventi spingono inoltre alla socialità tra gruppi di famiglie e bambini che possono giocare insieme e divertirsi”.

Lavazza pessimista sull’Eudr: “Impatto peggiore dei dazi americani, l’applicazione va rinviata di un altro anno”

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Giuseppe Lavazza comitato
Giuseppe Lavazza (foto concessa)

MILANO – Ottimista sull’andamento dei prezzi, ma pessimista sull’Eudr, tanto da chiederne addirittura un nuovo rinvio: così Giuseppe Lavazza, presidente del Gruppo Lavazza e Comitato italiano del caffè, in una serie di dichiarazioni rilasciate a Londra, nella giornata di ieri, mercoledì 9 luglio, parlando con i giornalisti durante un evento a margine del torneo di Wimbledon.

“Riteniamo che il mercato abbia raggiunto i suoi picchi a inizio anno” ha detto Lavazza formulando così l’auspicio di non dovere più ritoccare al rialzo i listini.

I prezzi elevati non hanno comunque intaccato il “forte trend” nei consumi domestici in Uk. Un trend iniziato durante il lockdown e che anche dopo la fine della pandemia non ha mai dato segni di rallentamento.

Il mercato retail del Regno Unito, che ha un valore di 1,7 miliardi di sterline (1,97 miliardi di euro), ha registrato, sin qui quest’anno, una crescita del 5,7%, con uno shift dei consumatori dal fuori casa ai consumi domestici.

Secondo le statistiche, le famiglie britanniche bevono 13 milioni di tazze di caffè Lavazza ogni settimana e utilizzano 1,4 milioni di capsule.

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HostMilano accende i riflettori sull’ospitalità del futuro con la World Barista Championship

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Le competizioni a HostMilano (immagine concessa)

MILANO – Da sempre laboratorio internazionale di innovazione e tendenze, HostMilano 2025 torna a Fiera Milano dal 17 al 21 ottobre con un palinsesto eventi che si preannuncia tra i più ricchi di sempre. Un connubio tra innovazione nel percorso espositivo e negli eventi che farà della 44.ma edizione un vero e proprio hub culturale e professionale, dove le nuove traiettorie dell’ospitalità prenderanno forma tra formazione, competizioni, show-cooking ed esperienze immersive.

HostMilano 2025 svela tre grandi novità e un ritorno di fiamma tra gli eventi

Una grande novità riguarda quest’anno il mondo pastry, dove il cioccolato sarà protagonista assoluto con il Regno Irresistibile del Cioccolato!, firmato da Davide Comaschi: cinque giorni di masterclass, demo e storytelling per raccontare la pralineria tra tradizione, etica e innovazione.

Un’altra novità di impatto riguarda il settore caffè con gli Host Talks – Beyond the Cup, una collezione di incontri internazionali, in collaborazione con M25 Consulting, che riunisce l’intera filiera del caffè per un dialogo ad alto livello in cui università, produttori, torrefattori, baristi, distributori, catene, associazioni e consumatori creano insieme una nuova visione per l’industria del caffè.

La terza grande novità valorizza il mondo dell’arte bianca con Bakery Square, arena realizzata in collaborazione con Richemont Club Italia e Consorzio SIPAN. Sarà uno spazio esperienziale animato da talk, workshop e show-cooking, con eventi speciali come Pane e Benessere e Fermenti di sapienza: il lievito madre, fino ai Laboratori Internazionali dedicati al pane. Da non perdere anche il Panettone World Championship, con 12 nazionali in gara e una nuova categoria dedicata al panettone con gelato, affiancata da sfide su monoporzione circolare e lievitati decorativi. Spazio anche al Campionato Europeo della Pizza, organizzato da Pizza e Pasta Italiana.

Creatività e innovazione in tutti i settori

Sempre al SIC spicca invece il ritorno a Milano del World Barista Championship, la più importante competizione mondiale sul caffè che mancava in città dal 2021. Oltre 50 delegazioni si sfideranno nel cuore del Salone Internazionale del Caffè, confermando Host come piattaforma di riferimento globale per l’aggiornamento professionale di tutta la filiera, dalla torrefazione alla tazzina.

Tornano anche le competizioni in collaborazione con ALTOGA – dal Gran premio della caffetteria italiana alla Moka Challenge e le LAGS – mentre con Coffee Addition in collaborazione con AICAF il maestro del caffè Gianni Cocco ripropone le sue masterclass di abbinamenti tra caffè e gusto.

La creatività in cucina prenderà forma anche negli show-cooking della FIC Academy, nei laboratori APCI a tema green e nei live dedicati alla pasta fresca di A.P.Pa.Fre.

Nel segno dell’innovazione sostenibile, Host 2025 ospiterà anche la settima edizione di Smart Label – Host Innovation Award, il riconoscimento di Fiera Milano e Host Milano, in collaborazione con POLI.design e con il patrocinio di ADI, che premia le soluzioni capaci di ridefinire il concetto stesso di innovazione in chiave etica, digitale e ambientale.

Tre le categorie previste: Smart Label per l’innovazione a tutto campo, Innovation Smart Label per le proposte di innovazione più dirompente e Green Smart Label con un maggiore focus sulla sostenibilità.

L’appuntamento è a Fiera Milano dal 17 al 21 ottobre prossimi: cinque giornate dense di contenuti per ispirare, formare e connettere il mondo dell’ospitalità.

Per non perderti nessuno degli appuntamenti di tuo interesse, acquista subito il biglietto di accesso approfittando delle tariffe Early Bird valide solo fino al 17 settembre.

Venditalia: il futuro del vending a Rimini dal 6 all’8 maggio 2026

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Venditalia 2024 (immagine concessa)

RIMINI – Venditalia, l’evento di riferimento per il mondo della distribuzione automatica, annuncia ufficialmente le date della prossima edizione: dal 6 all’8 maggio 2026. Per la prima volta, la manifestazione si svolgerà nel Quartiere Fieristico di Rimini: qui si lavorerà a un hub dove il futuro del vending prende forma.

Il ritorno di Venditalia

Con oltre 19 miliardi di euro di fatturato annuo, 34 miliardi di consumazioni, 4,5 milioni di vending machine installate in Europa, più di 10.000 aziende attive e 110.000 posti di lavoro, il settore della distribuzione automatica rappresenta una filiera ad alto impatto economico, protagonista della transizione digitale e dei nuovi modelli di consumo automatico.

L’edizione del 2026 segna anche l’inizio della collaborazione tra Confida, Associazione italiana distribuzione automatica, che ha fondato la manifestazione nel 1998, e Italian Exhibition Group (IEG), uno dei principali player fieristici in Europa. Una sinergia che unisce la specializzazione e l’autorevolezza di Confida nel settore vending e la forza organizzativa del network globale di IEG.

Venditalia 2026 metterà a disposizione del settore del vending otto padiglioni espositivi completamente riorganizzati, maggiore accessibilità, ampia ricettività alberghiera e costi più competitivi, vantaggi fondamentali per favorire la partecipazione di aziende italiane ed estere.

Il nuovo appuntamento fieristico proporrà un’offerta espositiva ancora più ampia e diversificata, con espositori italiani e internazionali pronti a presentare in anteprima prodotti innovativi, tecnologie all’avanguardia e soluzioni che stanno ridisegnando il futuro del vending.

Il programma sarà arricchito da dibattiti, incontri tematici, workshop e momenti di approfondimento dedicati ai trend globali e alle nuove esigenze del mercato, per offrire ai visitatori un’esperienza completa, dinamica e proiettata verso il futuro.

Venditalia 2026 sarà il punto di riferimento per tutte le imprese della filiera del vending e non solo per conoscere da vicino l’evoluzione della distribuzione automatica e partecipare attivamente alla sua trasformazione.

Innovazione, eccellenza made in Italy e business si incontreranno dunque a Venditalia in Fiera a Rimini, dal 6 all’8 maggio 2026.

Logo In Real Life: che cosa raccontano e che impatto hanno i brand sul consumatore finale e viceversa

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La copertina di Logo In Real Life (foto dal sito Krisis publishing)
La copertina di Logo In Real Life (foto dal sito Krisis publishing)

MILANO – Molti consumatori entrano in un bar o si muovono per i supermercati e ordinano o acquistano direttamente ciò che riconoscono: tra gli scaffali e le insegne all’entrata, tutti si sono almeno una volta – e sicuramente di più – orientati nella scelta seguendo alcuni nomi, alcuni brand, un logo. E’ rassicurante, è qualcosa che si cerca con lo sguardo ancora prima di procedere all’assaggio. E raccontano delle abitudini, dei riti, un tessuto sociale costruito attorno a determinati prodotto, aziende, brand.

Ecco i loghi come strumento che ha un impatto sociale, una narrazione che ha il potere di manipolare la realtà al di fuori dalla pubblicità. I consumatori intervengono prima come spettatori e poi come attori, nel momento in cui riescono ad appropriarsi dello stesso marchio, a reinterpretarlo non solo subendone il fascino che lo spinge all’acquisto, in un circolo che mai si interrompe e che invece si autoalimenta.

Questa l’analisi proposta da Michele Galluzzo in Logo In Real Life, edito da Krisis Publishing.

Concetti come Corporate Identity e Corporate Imagination cercano di imbrigliare un’idea ben espressa da Walter Landor:”I prodotti sono realizzati in fabbrica […] ma i marchi sono costruiti nella mente” citata da Naomi Klein in No Logo: Taking Aim at the Brand Bullies. Esiste un gap tra comunicazione di un brand e la percezione del consumatore finale di quest’ultimo. E quindi tra corporate communication e corporate image.

I casi studio del made in Italy: dalla P di Pirelli all’esempio Fiorucci

Passando per Coca-cola e Louis Vuitton: i grandi marchi entrano nell’immaginario collettivo. A volte sconfinano nell’azione sociale, coinvolgendo temi importanti come la questione di genere, una produzione che si fa simbolo di una comunità precisa come quella LGBTQIA+.

I brand vengono rielaborati in chiave politica, a sostegno di una causa rispetto ad un’altra. Vengono quasi falsificati per veicolare un messaggio altro rispetto al primo obiettivo di conversione all’acquisto. Le aziende comunicano attraverso un marchio, dovendo già fare i conti con la sua possibile riscrittura ed è così che assume ancora di più il valore di scudo, di bandiera: il marketing diviene intervento culturale.

Non è semplice brandizzazione della politica, ma, come suggerisce l’autore nelle conclusioni:

“La mia aspirazione aspirazione per questo volume è che possa incoraggiare altri a contribuire alla ricerca di una comprensione del design come aspetto del mondo materiale in quanto luogo sociale. – e infine – L’auspicio del volume che qui si conclude è di esplorare il territorio della storia sociale in relazione alla visual identity, ma, in senso più ampio, l’obiettivo della ricerca è provare a guardare alla storia del graphic design da un punto di vista ribaltato rispetto alle storie canoniche: dal punto di vista dell’utente, della società, appunto.”

Logo In Real Life è disponibile al costo di 19 euro, a questo link.