Da sinistra: Omar Zidarich, presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè, Arianna Mingardi, presidente dell'Associazione caffè Trieste, Massimiliano Fabian, vicepresidente dell'Associazione caffè Trieste, Serena Tonel, vicesindaco e assessore alle politiche economiche del Comune di Trieste, Andrea De Marco, UNIDO programme & partnership advisor, Alessandro Bucci, direttore acquisti di illycaffè e Fabrizio Polojaz (immagine concessa)
TRIESTE – Si è svolta il venerdì 11 luglio, presso l’Urban Center di Trieste, la tavola rotonda organizzata dall’Associazione caffè Trieste e dal Gruppo italiano torrefattori caffè per presentare il Piano Matteialle imprese del settore caffeicolo del territorio coinvolgendo rappresentanti di Unido, Ministero degli affari esteri e della Cooperazione internazionale e cassa depositi e prestiti.
La presentazione del Piano Mattei
L’incontro, dal titolo “Come il sistema del caffè del Nord Est può contribuire alla strategia di sviluppo della filiera in Africa. Un confronto con il programma delle Nazioni Unite ACT – Advancing Climate-Resilience and Transformation in African Cofee parte integrante del Piano Mattei e dell’EU Global Gateway” è stato moderato da Massimiliano Fabian, vicepresidente dell’Associazione caffè Trieste.
Inoltre l’incontro ha visto gli interventi (da remoto o in presenza) di Claudio Malgarini, segretario di legazione, Ufficio II – Crescita sostenibile, sicurezza alimentare, nesso migrazioni-sviluppo, direzione generale per la cooperazione allo sviluppo; Claudia Falavolti, head of sovereign and sub-sovereign – development financing cassa depositi e prestiti; Andrea De Marco, UNIDO programme & partnership advisor; Alessandro Bucci, direttore acquisti di illycaffè.
I saluti iniziali sono stati portati da Arianna Mingardi, presidente dell’Associazione caffè Trieste, e da Omar Zidarich, presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè. Inoltre è stata data lettura di un messaggi scritto dal presidente Antonio Paoletti. In chiusura un commento da parte di Serena Tonel, vicesindaco e assessore alle politiche economiche del Comune di Trieste, che ha messo a disposizione la sala per l’evento.
Un’occasione preziosa di confronto e condivisione, a cui hanno preso parte gli associati dei due sodalizi e rappresentanti delle principali organizzazioni rappresentative delle realtà produttive della città e della regione.
Il nuovo temporary shop di Jimmy Butler, il cestista della squadra Golden State Warriors, va a prendere il posto di un ristorante che serviva ravioli e resterà aperto per sole due settimane ma intanto porterà in una delle città più ricche di America l’espresso, i pour-over, miscele rarissime e anche tanto merchandising esclusivo.
L’avventura nel mondo del caffè di Butler ha avuto inizio con uno stand caffè boutique nei pressi della sua casa in California con un modello personalizzato La Marzocco, scoperto durante una visita al produttore in Italia (ne abbiamo parlato qui). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale Sky Sport.
Il temporary shop del caffè di Jimmy Butler a San Francisco
SAN FRANCISCO – Sarà un temporary shop, aperto solo per due settimane (il 27 luglio si abbasserà la serranda). Ma “la cultura del caffè in una città come San Francisco è leggendaria”, si legge sul comunicato di BIGFACE, il brand lanciato da Jimmy Butler per entare nel mercato del caffè, sua grande passione.
E allora per due settimane, nel cuore della città degli Warriors – sua nuova casa cestistica – lì dove una volta c’era “Lucca Ravioli” (all’angolo tra la 22esima e Valencia) ci sarà il temporary shop di BIGFACE, che promette di offrire espressi, pour-over, selezioni di miscele difficili da trovare altrove e anche merchandising in esclusiva.
A Miami, invece, precedente tappa nella carriera di Butler, resiste l’unico shop permanente legato al suo brand, con cui l’ala degli Warriors conferma di fare dannatamente sul serio, tanto da portare alcuni osservatori a definire BIGFACE una sorta di Supreme del caffè.
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Stardust, il nuovo gusto gelato Venchi in collaborazione con Golden Goose (immagine concessa)
MILANO – Due eccellenze nel loro campo ed icone del made in Italy: Venchi, con il suo cioccolato e gelato, e il luxury brand Golden Goose si uniscono per celebrare l’unicità di ogni persona, farla sentire una vera stella e ispirarla a inseguire i propri sogni. Da questa collaborazione nasce un’esperienza di co-creation che brilla di gusto e stile: Stardust, il nuovo gusto gelato in edizione limitata che celebra artigianalità e creatività.
Una base vellutata al caramello dorato accoglie al suo interno croccanti e pregiate scaglie di cioccolato che si sciolgono in un effetto sorprendente e avvolgente, capaci di far sognare ad ogni assaggio.
Presentato in anteprima presso il Forward store Golden Goose di Milano in via Cusani 2, il nuovo gusto Stardust sarà disponibile in tutte le cioccogelaterie Venchi a partire dal 5 agosto all’8 settembre, per deliziare i palati di tutto il mondo.
Il gelato viene servito in una coppetta o portacono co-brandizzato e coronato da una moneta di cioccolato a forma di stella.
Questa collaborazione rappresenta l’inizio di un racconto condiviso: Venchi e Golden Goose uniscono le forze per reinterpretare il concetto di eccellenza italiana e co-creation con uno sguardo contemporaneo, un’esperienza dove il gelato diventa simbolo di libertà espressiva e gusto autentico artigianale.
Il nuovo gusto gelato Stardust sarà disponibile in tutte le cioccogelaterie Venchi del mondo dal 5 agosto all’8 settembre 2025, in edizione limitata.
La scheda sintetica di Venchi
Fondata nel 1878, Venchi è diventata un punto di riferimento globale nel settore del cioccolato, declinandolo in tutte le sue forme, incluso il gelato. Con oltre 145 anni di storia, oggi offre più di 350 ricette di cioccolato e 90 gusti di gelato, sempre ispirandosi principi della dieta mediterranea. Per Venchi, sono gli ingredienti a fare la differenza.
Ogni assaggio del cioccolato e gelato è frutto di un impegno costante per la qualità: un percorso irreversibile fatto di dedizione e ingegno, pensato per regalare esperienze sensoriali intense. Venchi seleziona solo i frutti migliori della natura per creare ricette semplici e autentiche, che interpreta con creatività, spingendosi sempre un po’ oltre i confini del gusto e del benessere.
LECCE – Si scende nel Salento, dove la tradizione del caffè espresso è fatta di miscela con tanta Robusta e tostature molto avanzate: proprio nel cuore di questa regione, a Lecce, inizia una narrazione differente della tazzina con il locale Filiera, la coraggiosa proposta di due compagni Chiara Betocchi e Gabriel Girard che sono tornati in Puglia con un’idea precisa: coltivare la propria idea di ristorazione e caffetteria.
Filiera: caffetterie di giorno e vineria di sera
Appena 20 metri quadrati all’interno e un dehors che accoglie tutti gli avventori che desiderano sperimentare un caffè differente. La coppia dietro Filiera si incontra e si forma a Londra, lei bolognese e lui francese, si mantengono lavorando nella ristorazione.
Lo spazio esterno di Filiera (foto concessa)
Chiara: “Crediamo che sia sostenibile un’attività anche focalizzandosi solo sullo specialty, una volta però che avvenga una rivoluzione culturale attorno al caffè in Italia. Le caffetterie come la nostra ora sono il business da cavalcare. E in futuro, così come ce lo immaginiamo, ci piacerebbe concentrarci ulteriormente sullo specialty.”
E’ nel 2024 che avviene la svolta, guidata dal desiderio di rientrare in Italia e precisamente in Salento, dove Chiara Betocchi ha trascorso 5 anni della sua vita: è proprio in questa terra che hanno voluto piantare le radici della loro nuova attività, focalizzandosi su qualità e artigianalità locale.
Filiera è partita: ma com’è essere la prima caffetteria specialty di Lecce?
Chiara: “Siamo contenti, dal momento che la parte che ci piace di più di questo mestiere è proprio quella di comunicare ed educare i consumatori sui prodotti che offriamo. Il caffè specialty diventa quindi una spinta per noi. Abbiamo iniziato già a fine maggio a fare qualche evento sul caffè insieme a Francesca Surano e poi domenica 6 abbiamo inaugurato la caffetteria.
Devo dire che il pubblico sta già rispondendo in maniera sorprendente: la curiosità c’è, e Francesca è molto brava ad avvicinare i consumatori allo specialty.”
Gabriel: “Ci troviamo in una zona di Lecce un po’ nascosta e quindi si arriva proprio appositamente da noi. La nostra missione è quella di accogliere le persone incuriosite, che magari non torneranno, ma erano comunque disposte a provare qualcosa di differente. Vogliamo degli ospiti più che clienti, ai quali comunicare la nostra vicinanza per i farmer.
Da sommelier mi sono ritrovato a proporre la tazzina come avrei fatto con il vino, raccontando il processo, il concetto di terroir: le persone dimenticavano il prezzo e l’idea del caffè come si intende qui a Lecce.”
Pane dal forno Tempera o Settecroste, una grande ricerca su vini naturali, come Loco Vini in Puglia, e altre etichette francesi ed europee, ed infine, naturalmente, il caffè: un prodotto curato nel dettaglio sotto la guida dell’esperta Francesca Surano che si è occupata di far germogliare questo progetto sotto i migliori auspici.
Ed è proprio lei che si unisce al racconto: “Dietro Filiera ci sono innanzitutto dei ragazzi straordinari
Francesca Surano che si versa un filtro (foto concessa)
“Con una maturità e un’intraprendenza che si traduce in capacità di fare impresa nella creazione di un concept. Hanno le idee chiare e quando non le hanno, con grande umiltà chiedono per fare al meglio e approfondire la loro curiosità verso il food&beverage e una filiera tracciabile. Coerentemente con questa loro filosofia hanno voluto formarsi sul caffè e io li ho sostenuti con grande gioia in questo che sono certa diventerà un circolo virtuoso che avrà effetti positivi su tutto il settore.
Oggi Filiera rappresenta un faro non solo per il Salento, ma anche a livello nazionale: conosco poche realtà così. E ciò che dico si può toccare con mano da chiunque venga a visitare questo locale.”
Tanta formazione e conoscenza quindi attorno ad una materia prima e ad una bevanda, che in Italia e poi a Lecce, si conosce poco. Un compito difficile che è stato affidato al barista Eric Navarrete, direttamente atterrato da Bruxelles ed equadoregno per saper valorizzare gli specialty tostati da Santa Domenica.
Una risorsa essenziale per Filiera, che aveva bisogno di un professionista all’altezza della situazione: un mestiere che non è percepito ancora come di valore. La missione di portare lo specialty a Lecce lo ha convinto, così come la libertà creativa di realizzare le proprie ricette.
Da Filiera per ora sono in quattro, ma nel futuro l’idea è quella di assumere.
“I profili che abbiano selezionato rimandano ad un palato più allenato. Nell’espresso non abbiamo cercato delle note cioccolatose, ma abbiamo selezionato un micro lotto dell’Honduras della piantagione di Francesca, dolce, equilibrato, ma con una buona acidità.”
Educare senza spaventare il consumatore, senza però assecondarlo: “Volevamo far percepire la reale differenza nel gusto a cui sono abituati mediamente.”
In V60 uno specialty con doppia fermentazione, con note molto floreali, tanto lontano dal caffè leccese.
Macchine in azione: Un macinatore per il filtro (nuovo modello Time more Culture) e uno per l’espresso (Malkhoenig E65S2, e in prospettiva diventeranno due) e per l’espresso una macchina professionale Dalla Corte evo 2.
Diversi caffè: tutti mono origine, Honduras, Costa Rica, Colombia, Kenya. Nessuna miscela.
Ma non si vive di solo specialty (un espresso da Filiera comunque costa 2.50 e il double 3.50).
E Filiera cambia veste nelle ore serali dove dà più spazio all’altra sua natura di wine bar, con bottiglie e vino alla mescita. Non solo, in carta compaiono ricette più di tendenza e internazionali, come flat white, batch brew, mokka master, ma anche kombucha, tè e tisane, e il loro signature drink dell’estate ‘”l’iced filiera”.
I pacchetti di specialty (foto concessa)
Il cold brew e il servizio del V60 al tavolo, permette una comunicazione diretta con il consumatore, che sta ordinando queste estrazioni anche a discapito dell’espresso.
Ovviamente, c’è la possibilità di acquistare accessori, attrezzature e caffè, per berlo a casa.
“Ci piacerebbe nel futuro proporre solo in double e attualmente lo spingiamo sempre alla carta. Il prezzo non è un problema, anche perché voglia proprio segnalare la differenza dal bar tradizionale. C’è un problema al contrario, questo vorremo comunicare al cliente: se il costo è troppo basso, qualcuno non è remunerato correttamente lungo la filiera.”
Filiera aspetta tutti da mercoledì a domenica (dove la mattina si allunga sino alle 15, complice il brunch), con gli orari che vanno dalle 8:30 alle 14, per poi riprendere con l’apertura dalle 18:30 alle 23.
Ultimo caffè della giornata? Intorno alle 19.30-20. E per chi lo volesse, c’è anche il decaffeinato per filtro, da servire la sera in V60. Ancora in fase di sperimentazione le bevande a base caffè, come la cascara e qualche cocktail serale con le erbe selvatiche.
MILANO – Caffetteria, matcha, coworking, digital detox e cultura: a Milano nasce The Seed, il locale in via Monte Nero 78 che combina tutti gli elementi proponendosi come un concetto innovativo. L’idea è nata come una naturale evoluzione di The Garden, il centro yoga creato da Flavia Abbadessa quasi due anni fa, per implementare la parte della nutrizione e del benessere in forma di caffetteria.
Flavia Abbadessa, la fondatrice del progetto, afferma: “The Seed è composta da una caffetteria al piano terra con una zona coworking per chi vuole venire a lavorare da remoto. Al piano di sotto abbiamo una zona dedicata agli eventi per collaborazioni con aziende con servizi come team building, workshop, showroom e via dicendo. Inoltre abbiamo anche uno spazio per il digital detox, ideato come momento di disconnessione dal mondo online, ideale per chi vuole leggere o impegnarsi in altre attività senza computer. Il concetto è particolarmente diffuso in Olanda, Belgio e Nord Europa. Tutti abbiamo bisogno a volte di dedicarci del tempo per noi stessi senza cellulare”.
C’è di più: The Seed si prefigge come obiettivo quello di unire il mondo artistico con workshop ed eventi mirati a promuovere la creatività fungendo da luogo di esposizione per gli artisti emergenti, senza contare i laboratori dedicati alla ceramica, pittura e talk centrati sulla psicologia e la terapia.
Abbadessa: “L’idea è quella di concepire The Seed come uno spazio multifunzionale che può avere tante risorse differenti. Anche la parte artistica ci sta particolarmente a cuore. Il bancone del nostro locale è stato fatto completamente a mano con tronchi tagliati da alberi della regione Lombardia per un progetto di ecosostenibilità. Anche il servizio ceramica che offriamo, piattini e tazzine, sono tutte fatte a mano da noi e la nostra community a The Garden”.
Passiamo ora alla parte dedicata al caffè. The Seed ha scelto la torrefazione Diemme e offre un caffè 80% arabica e 20% robusta con un gusto armonioso ma deciso. Un espresso costa 1,30 euro e un cappuccino 2,20.
“Serviamo inoltre il matcha proveniente direttamente dal Giappone caratterizzato da un retogusto armonioso e completo. Il matcha con acqua viene tre euro. La versione con latte invece costa 4 euro. E l’iced matcha latte viene 5,50”.
Inoltre, The Seed propone il Golden Latte, simile al cappuccino con la curcuma al posto del caffè, un ottimo antiossidante che viene scelto dalle persone che desiderano ridurre la quantità di caffeina.
Abbadessa scende nel dettaglio per la proposta food: “Abbiamo una parte di produzione di cui ci occupiamo personalmente come frullati, pudding, power balls: un’offerta internazionale che rimanda agli Stati Uniti. Per i dolci, offriamo banana bread, brownies e carrot cake, ci riforniamo dal laboratorio artigianale Bibi Lab. Proponiamo inoltre insalate e toast con avocado, salmone e il pan con tomate, specialità spagnola simile a una bruschetta”.
In inverno, The Seed offre anche una vasta varietà di zuppe, che a fronte delle stagioni più calde, hanno lasciato spazio a insalate, frutta fresca e yogurt con una grande attenzione alla sostenibilità.
Abbadessa conclude: “Tutto è nato da The Garden, il nostro centro yoga e massaggi dedicato al benessere e alla cura interiore. Il logo di The Garden è un albero con la figura di un essere umano che simbolizza il nostro contatto con la natura. The Seed ha invece lo stesso logo ma ribaltato a testa in giù, con le radici verso in basso, volte a ritrovare l’equilibrio e il vigore fisico grazie alla nutrizione: due facce della stessa medaglia che offrono una soluzione alla frenesia della vita moderna”.
Giuseppe Lavazza è il presidente del Gruppo Lavazza e del Comitato italiano del caffè in Union Food (immagine concessa)
MILANO – Giuseppe Lavazza ancora protagonista sui media internazionali. Il presidente del Gruppo Lavazza e del Comitato italiano del caffè è stato ospite ieri, giovedì 11 luglio, della trasmissione di Bloomberg “The Pulse, condotta da Francine Lacqua. Alla stessa trasmissione aveva partecipato, la settimana scorsa, anche il presidente di Illycaffè, Andrea Illy. Riportiamo di seguito alcuni dei passaggi più significativi dell’intervista
.
D’obbligo, per iniziare, una domanda relativa ai dazi, dopo la decisione dell’amministrazione Trump di imporre tariffe del 50% al Brasile. Cosa comporterà tutto ciò i prezzi del caffè, in particolare degli arabica?
Il Brasile è il primo produttore mondiale: chiunque lavori nel campo del caffè ha necessariamente a che fare con questo paese.
Il caffè brasiliano fa parte delle miscele e dei prodotti che i consumatori di tutto il mondo assaporano ogni giorno. I dazi dunque incideranno notevolmente sul prezzo della tazzina negli Usa.
Ciò potrebbe produrre molta inflazione nell’industria, che è già sotto stress da 4 anni a questa parte.
Come funziona la supply chain di Lavazza: l’azienda è vincolata da accordi di fornitura esistenti da anni?
Normalmente, non ci sono accordi a lungo termine nel nostro settore. Si può decidere di comprare il caffè da paesi diversi. Nel caso in cui i dazi colpiscano una determinata origine, i torrefattori cercheranno di optare per un’altra meno costosa.
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HostMilano tra ritualità e innovazione (immagine concessa)
MILANO – Per alcuni è un piacere da condividere, per altri una necessità quotidiana, altrove ancora un’esperienza da esibire. In vista dell’edizione 2025, HostMilano – la manifestazione organizzata da Fiera Milano, leader mondiale per l’ospitalità professionale – ha promosso con CSA Research una vasta indagine sulle abitudini legate al consumo fuoricasa.
Grazie a oltre 8.000 interviste in sette mercati chiave (Italia, Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti e Arabia Saudita-EAU), l’analisi restituisce uno spaccato puntuale e aggiornato di come, dove e perché si sceglie di mangiare fuori oggi.
Italia ed Europa si confermano conviviali
In Italia, la cena si conferma il momento preferito (50,3%) e la motivazione dominante resta lo svago (37,4%), soprattutto per un pubblico urbano, benestante e laureato. I consumatori italiani premiano sempre più la qualità degli ingredienti, la chiarezza sull’origine e le opzioni salutari: segnali di un rapporto col ristoratore fondato sulla fiducia, oltre che sul gusto.
Ampliando lo sguardo all’Europa, mangiare fuori è ancora soprattutto un rito sociale: la convivialità è centrale in tutti i Paesi, pur con sfumature diverse. Il pranzo prevale in Francia e Spagna, la cena in Italia e Germania, ma ovunque cresce il peso dell’esperienza complessiva. Menù curato, atmosfera e servizio fanno la differenza, mentre la qualità assume significati differenti a seconda del contesto culturale.
Praticità anglosassone, status e famiglia nel Golfo
Nei Paesi anglosassoni domina invece l’approccio funzionale: si mangia per praticità, e lo si fa spesso. Negli Stati Uniti si arriva a una media di 13,2 uscite settimanali, soprattutto tra i giovani. Fast food e quick service sono i formati prediletti, scelti per rapidità, accessibilità e rapporto qualità-prezzo.
Completamente diverso l’approccio nei Paesi del Golfo, dove mangiare fuori è spesso legato a dinamiche di status, celebrazione familiare e lifestyle. L’esperienza è sì importante, ma è percepita come segno distintivo: contano l’atmosfera, la reputazione del locale, la sua presenza sui social. E anche qui i fast food – scelti dall’83,5% degli intervistati – assumono un valore simbolico di sicurezza e riconoscibilità.
Uno scenario sfaccettato, che Host Milano metterà al centro della 44.ma edizione, in programma a Fiera Milano dal 17 al 21 ottobre prossimi, con approfondimenti, incontri e visioni strategiche per tutta la filiera. La ricerca sarà anche oggetto di un secondo aggiornamento in vista di Host 2027, confermando il ruolo della manifestazione come piattaforma di osservazione privilegiata sui cambiamenti globali dell’ospitalità.
Per cogliere tutte le anticipazioni che verranno presentate a Host 2025, acquista subito il tuo accesso a un prezzo speciale grazie all’opzione Early Bird. Ma affrettati: le tariffe scontate sono disponibili solo fino al 17 settembre prossimo.
Steve Snower, executive chairman (immagine concessa)
CESENA – Parts Town Unlimited, leader globale nella distribuzione high-tech di ricambi per cucine professionali, apparecchiature HVAC, elettrodomestici e servizi correlati, nonché holding company di REPAe Parts Town UK – ha annunciato l’ingresso di Bill Geary nel ruolo di chief executive officer, a seguito della decisione di Steve Snower di assumere la carica di executive chairman del consiglio di amministrazione, dopo 21 anni alla guida dell’azienda come ceo.
Cambio ai vertici di Parts Town Unlimited
Snower ha motivato la sua scelta con la necessità di dedicarsi maggiormente alla famiglia, in particolare per supportare la moglie nel percorso di recupero dopo le cure contro la leucemia e il trapianto di cellule staminali.
Bill Geary proviene dal suo più recente incarico alla guida di una divisione multimilionaria di Wesco, leader nella distribuzione globale ad alto contenuto tecnologico con oltre 20.000 collaboratori nel mondo.
“Bill è la persona giusta per questo ruolo. È un leader umile e ambizioso allo stesso tempo, con un’esperienza straordinaria e altamente competente. Ho avuto modo di conoscerlo a fondo, sia dal punto di vista professionale che personale, e sono entusiasta di iniziare questa nuova fase insieme a lui. La sua expertise sarà fondamentale per supportare la continua espansione di Parts Town Unlimited in America, Europa e Regno Unito”, dichiara Steve Snower, “Sesto Uomo” ed executive chairman.
“Sono entusiasta di unirmi a questo straordinario percorso di crescita e di collaborare con Steve, con il ceo di REPA Alex Wiegand e con il leadership team di Parts Town Unlimited,” afferma Bill Geary. “L’azienda presenta un potenziale di crescita eccezionale e la vocazione all’innovazione continua. Metterò a disposizione la mia esperienza nella gestione di realtà internazionali in forte espansione per contribuire al successo futuro del Gruppo. È un onore entrare a far parte di un team così fortemente orientato ai valori e alla cultura aziendale.”
Snower aggiunge: “Resterò pienamente coinvolto nella vita dell’azienda, ispirandone la visione e i valori, contribuendo allo sviluppo della cultura aziendale, alla crescita dei nuovi leader, lavorando su innovazione e attività di M&A, e supportando il team in ogni modo possibile. Questo passaggio di testimone mi consente al tempo stesso di rispondere alle esigenze della mia famiglia. Con l’arrivo di Bill, l’azienda potrà contare su una leadership solida, competente e determinata nel perseguire la nostra visione.”
Contestualmente, Glenn Chamberlin entrerà in azienda con il ruolo di chief financial officer. Lori Sherwood, attuale CFO dal 2014 e figura chiave nel guidare il business attraverso 37 acquisizioni e una crescita incredibile, ha annunciato il proprio pensionamento, ampiamente meritato e da tempo pianificato, previsto per la primavera del 2026. Appassionata viaggiatrice e fotografa, Lori si dedicherà a esplorare il mondo dopo la pensione.
“Desideriamo ringraziare Lori per il suo eccezionale contributo a Parts Town Unlimited. Con instancabile dedizione, ha supportato la nostra crescita e il nostro team. Icona e punto di riferimento culturale per la nostra azienda, ho profondamente apprezzato la sua trasparenza nell’aver comunicato per tempo la sua decisione, garantendo così una transizione graduale e collaborativa con Glenn,” dichiara Snower.
Chamberlin proviene dal ruolo di executive vice president of Finance presso BradyPLUS, dove ha guidato con successo la trasformazione delle funzioni finanziarie e contabili, supportando numerose acquisizioni e contribuendo alla crescita dell’Ebitda.
Con l’ingresso di Bill Geary e Glenn Chamberlin, insieme a Steve Snower e al team di leadership esistente, Parts Town Unlimited ha gettato le basi per una crescita e un’innovazione durature.
La scheda sintetica di Parts Town Unlimited
Parts Town Unlimited è la capogruppo di oltre 49 brand a livello globale e leader mondiale nella distribuzione high- tech di ricambi originali (OEM) per attrezzature per la ristorazione, elettrodomestici, apparecchiature HVAC ed
elettronica di consumo, nonché di prodotti e servizi correlati. La società è costantemente impegnata nello sviluppo di strumenti avanzati per l’identificazione rapida dei ricambi, nel potenziamento delle capacità logistiche e nella promozione di soluzioni innovative.
Guidata dai valori fondamentali di Sicurezza, Integrità, Comunità, Passione, Coraggio e Innovazione, Parts Town Unlimited promuove partnership durature, crescita illimitata e innovazione costante. La società è stata recentemente riconosciuta per il 16º anno consecutivo come una delle realtà in più rapida crescita negli Stati Uniti.
La scheda sintetica di REPA
REPA è il principale distributore europeo di ricambi per apparecchiature per la ristorazione e la refrigerazione, macchine per il caffè e distributori automatici e partner di fiducia dei costruttori di apparecchiature (OEM), in grado di fornire il pezzo giusto al momento giusto.
Con il più grande stock di ricambi originali e universali al mondo, materiali di consumo e accessori, distribuiti da un network di centri logistici altamente automatizzati in tutta Europa e oltre, REPA garantisce i tempi di consegna più rapidi del settore.
Funzionalità potenziate dall’AI, immagini a 360°, disegni esplosi, manuali tecnici e altre funzioni di ricerca disponibili sulla piattaforma e-commerce e sulla app rendono semplice l’identificazione e l’ordine di ogni articolo. Un team di esperti del settore aiuta i clienti, in oltre 20 lingue, a trovare la soluzione perfetta per ogni riparazione.
Con REPA, la manutenzione quotidiana delle apparecchiature per la ristorazione non è mai stata così semplice. REPA è la divisione europea di Parts Town Unlimited.
La multinazionale Ferrero ha completato l’acquisizione di WK Kellogg, storica azienda americana produttrice di cereali per la colazione. L’operazione ha un valore totale di 3,1 miliardi di dollari (circa 2,6 miliardi di euro). Recentemente l’azienda con sede ad Alba, ha avviato inoltre le trattative per l’acquisizione di Carambar & Co, noto marchio francese di caramelle al caramello (ne abbiamo parlato qui). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera.
L’acquisizione di Ferrero
ALBA (Cuneo) – La Ferrero acquista per3,1 miliardi di dollariWK Kellogg KLG, la società dei Corn Flakes, i prodotti iconici della colazione di milioni di americani. L’accordo è stato raggiunto sulla base di 23 dollari per azione in contanti.
“L’acquisizione fa parte del piano di crescita strategica di Ferrero – si legge in una nota del gruppo italiano famoso in tutto il mondo per la Nutella – e la transazione “è un altro capitolo della comprovata strategia di Ferrero di acquisire, investire e far crescere marchi iconici, continuano a migliorare la presenza complessiva e l’offerta di prodotti in Nord America”.
“Sono lieto di dare il benvenuto a WK Kellogg nel gruppo Ferrero. Questa – ha sottolineato il presidente esecutivo del gruppo Giovanni Ferrero come riportato dal Corriere della Sera – è più di una semplice acquisizione: rappresenta l’unione di due aziende con un’importante tradizione a generazioni di consumatori fedeli”.
“Più risorse per Kellog”
“Riteniamo che questa transazione proposta massimizzi il valore per i nostri azionisti e consenta a WK Kellogg Co di scrivere il prossimo capitolo della storica eredità della nostra azienda”, ha sottolineato, dal suo canto, Gary Pilnick, presidente e amministratore delegato di WK Kellogg Co, sempre sul Corriere della Sera.
“L’ingresso nel gruppo Ferrero fornirà a WK Kellogg Co maggiori risorse e maggiore flessibilità per far crescere i nostri marchi iconici in questo mercato competitivo e dinamico. In qualità di azienda privata a conduzione familiare con valori in linea con il nostro fondatore W.K. Kellogg, Ferrero offre un’ottima casa per i nostri dipendenti e ha una comprovata esperienza nel sostenere le comunità in cui opera. Non vediamo l’ora di collaborare con il loro team per mantenere la grande promessa dei cereali, esplorare opportunità oltre i cereali e aiutarci a dare il meglio di noi stessi ai consumatori ogni giorno”.
WK Kellogg è l’azienda dei marchi Froot Loops, Frosted Flakes, Rice Krispies e una varietà di altri cereali. Oggi ha un valore di mercato di circa 1,5 miliardi di dollari e un debito di oltre 500 milioni di dollari. L’accordo unisce due storici produttori di alimenti sulle due sponde dell’Atlantico.
Ferrero ha puntato sugli Stati Uniti per acquisizioni volte a crescere geograficamente e ad espandersi per categoria. Ha acquisito Wells Enterprises, il produttore di Blue Bunny e di altri marchi di gelato, e in precedenza ha concluso un accordo da 2,8 miliardi di dollari per l’acquisizione del business statunitense del cioccolato di Nestlé. WK Kellogg è il risultato dello scorporo, circa due anni fa, della divisione nordamericana dei cereali di Kellogg in una società quotata in Borsa.
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La copertina del libro di Caraceni, La degustazione del cioccolato
MILANO – Roberto Caraceni, vice presidente della Compagnia del cioccolato, nonché resposabbile della didattica e chocolate taster, eccezionalmente diventa autore per Hoepli, del volume “La degustazione del cioccolato“. Un titolo che già fa intuire il contenuto di questo libro che vuole porsi come guida all’assaggio consapevole di un prodotto che a molti piace, senza sapere bene cosa sia la qualità.
Caraceni parte proprio dalle fondamenta
Spiegando naturalmente cosa siano i cacao (e non il cacao, come volutamente ci tiene a specificare subito l’autore) in quanto prodotti agricoli. Un dato interessante viene subito condiviso con il lettore: “almeno il 98% delle tavolette viene creato mescolando diverse qualità di cacao”.
La monovarietà è qualcosa di raro e che arriva sul mercato piuttosto tardi – i primi tentativi risalgono agli anni ’80 -: occhio comunque alle etichette, perché nonostante sia indicata la provenienza della materia prima, se si legge solo per esempio “dal Messico” è già un’informazione importante, ma non dettagliata che suggerisce l’uso di un blend nazionale. in questo caso il termine più corretto è monorigine, non monovarietà.
Questa stessa precisione terminologica si trova distribuito in tutti i sotto paragrafi, facendo i dovuti distinguo tra la degustazione, la valutazione, l’analisi organolettica e infine, l’allenamento: tutte operazioni che un chocolate taster deve saper padroneggiare e continuamente aggiornare per poter selezionare prodotti di qualità e soprattutto saperla poi descrivere nelle sue caratteristiche principali.
Attenzione all’etichetta
Dove generalmente per un fondente, si trovano la pasta di cacao, lo zucchero, il burro di cacao, la lecitina, la vaniglia (solo i primi due ingredienti sono obbligatori per legge). Una curiosità che pare quasi un paradosso, viene svelato da Caraceni: una tavoletta realizzata al 100% di cacao, non può essere definito cioccolato per norma, dato che non contiene zucchero.
Una breve parentesi dedicata anche ad altri ingredienti che potrebbero trovarsi nella classica tavoletta di cioccolato al supermercato, come il cacao in polvere, il latte, i vari dolcificanti (naturali e artificiali), naturalmente la nocciola e i grassi vegetali (uno dei più comuni è l’olio di palma).
Altre informazioni utili al consumatore più consapevole, il dato del peso e il suo rapporto al prezzo finale, la percentuale di cacao contenuto.
Il passaggio alla coltivazione del cacao
Si torna alle origini dove viene coltivato il Theobroma cacao (il nome scientifico della pianta): emergono elementi come temperatura, piogge, terreno, luce che influiscono sulla buona riuscita di un raccolto. Un piccolo specchietto è dedicato anche ai “cugini prossimi del cacao”, ovvero le specie di altro genere, come il Thebroma bicolor, grandiflorum e speciosum. Ma anche delle tre grandi famiglie che molti hanno già sentito nominare: Criollo, Forastero e Trinitario.
Tutta la pianta, dal fiore ai semi, vengono raccontati da Caraceni, che poi indulge sul processo essenziale della fermentazione, seguita dall’essicazione e dalla classificazione, calibratura e fumigazione: fasi altrettanto importanti per identificare l’effettiva qualità delle fave di cacao.
Caraceni si rivolge più ai trasformatori nel capitolo 4
Dedicato fondamentalmente alle fasi di lavorazione del cacao per arrivare al cioccolato.
Dallo stoccaggio e la pulizia, alla tostatura e decorticazione, i passaggi sono parecchi per arrivare alla tavoletta. Si parte da un chiarimento importante: non tutti i cioccolatieri partono dalle fave di cacao, anzi, la maggioranza inizia da semilavorati preparati d altri, come può essere la pasta di cacao.
Questa seconda categoria di professionisti sono coloro che ricadono più propriamente nella cosiddetta categoria del bean to bar e Caracena ne indica in Italia circa una trentina su qualche migliaia di produttori di cioccolato.
Tutto il capitolo 5 invece è esplorativo dell’analisi sensoriale
Che appunto coinvolge tutti i sensi necessari alla valutazione di ogni cioccolato fondente. Ovviamente, e questo emerge sin da subito, l’esperienza è il fattore imprescindibile: più si assaggia, più si è allenati all’analisi accurata.
Non c’è soltanto il palato come si potrebbe pensare, a giocare un ruolo in questa fase: ci sono olfatto, tatto, vista, persino l’udito (un buon fondente viene descritto da Caraceni e il mondo dei cioccolatieri, con un suono: snap) le condizioni esterne e fisiche ideali per predisporre una degustazione efficiente, l’uso di una scheda di valutazione ben impostata (ce ne sono due inserite all’interno che è curioso consultare).
Da considerare, l’astringenza, la scioglievolezza, un concetto più complesso come la rotondità (spiegata da Caraceni come mancanza di spigolosità o percezione sferica degli aromi). Ci si addentra nel distinguo tra aromi primari e secondari (gradevoli e sgradevoli).
Dopo aver messo in campo questi e altri accorgimenti, alla teoria segue la pratica.
Caraceni invita alla valutazione condivisa con i lettori
Che prende quasi per mano dentro ai supermercati, alla ricerca dei prodotti più diffusi, come il Lindt Excellence 70%, un Domori Criollo 70% Ocumare 77 e altre referenze: con queste traccia delle schede di valutazione accurate che rispecchiano tutti i parametri prima elencati.
Questo esercizio è estremamente interessante per toccare con mano la qualità delle tavolette che più vengono acquistate dal consumatore medio tra gli scaffali. I valori attribuiti da Caraceni parlano chiaro. Al lettore poi sta infine fare le considerazioni di conseguenza.
Nel volume “Degustazione del cioccolato”, c’è tutta la filiera chiusa in oltre 200 pagine, al costo di 27,90 euro. Disponibile a questo link.
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