mercoledì 17 Settembre 2025
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Bloom Coffee School annuncia il nuovo corso CVA x Cuppers con Alberto Polojac

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Alberto Polojac, Q Arabica Instructor e quality manager di Imperator (immagine concessa)

TRIESTE – La Bloom Coffee School di Trieste introduce il corso CVA x Cuppers. La nuova licenza Q Evolved Grader è il primo e unico programma formativo basato sul Coffee Value Assessment (CVA), il sistema di valutazione innovativo introdotto nel 2023 che amplia l’analisi del caffè oltre il gusto, valorizzando tutte le caratteristiche che rendono il caffè specialty unico.

Il Corso CVA x Cuppers è un programma intensivo di due giorni progettato per esperti assaggiatori di caffè.

Attraverso esercitazioni pratiche, sessioni di assaggio guidato e momenti di discussione, i partecipanti acquisiranno una conoscenza approfondita di questo metodo aggiornato.

Il corso è guidato da Alberto Polojac, Istruttore Q Arabica e AST.

Se si è già in possesso della licenza Q ( Arabica o Robusta ) oppure si ha il certificato SCA Sensory Professional, questo corso è particolarmente consigliato per diventare un Q Evolved Grader alla Bloom Coffee School.

Scopri tutte le date ed approfitta del prezzo promo di 300 euro.

  • Giovedì e venerdì 5/6 giugno
  • Mercoledì e giovedì 9/10 luglio
  • Mercoledì e giovedì 17/18 settembre
  • Giovedì e venerdì 9/10 ottobre
  • Giovedì e venerdì 13/14 novembre
  • Giovedì e venerdì 11/12 dicembre

Per saperne di più e iscriversi al corso basta cliccare qui

Dersut Caffè inaugura la nuova sede aziendale a Conegliano, 09/05

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La sede di Dersut Caffè (copyright Giuseppe Dall'Arche)

CONEGLIANO (Treviso) – La famiglia Caballini di Sassoferrato annuncia l’inaugurazione della nuova sede aziendale che si terrà venerdì 9 maggio alle ore 17.00 in via San Giuseppe 46 a Conegliano. La nuova sede, che si estende su una superficie di oltre 30.000 m2, è un moderno stabilimento diviso in tre corpi architettonicamente distinti e offre spazi adeguati a tutte le aree operative: dalla produzione agli uffici, dal settore commerciale a quello dedicato agli eventi e alla formazione.

La nuova sede aziendale di Dersut Caffè

Una nuova sede per un’identità rinnovata, più contemporanea, ma sempre profondamente legata alla città di Conegliano che rimane radice e simbolo del legame storico che l’azienda ha con il territorio sin dalla sua costituzione nel 1947.

Location dell’evento sarà il reparto produttivo, cuore pulsante dell’azienda. La cerimonia, alla quale parteciperanno rappresentanti delle istituzioni, esperti del settore insieme a tutti i collaboratori attuali e storici, sarà anche l’occasione per celebrare la cultura del caffè espresso tradizionale italiano.

L’evento prevede infatti due panel tematici che affronteranno questioni rilevanti per il comparto caffè e per l’identità dell’azienda.

Il primo panel prenderà avvio dalla storicità di Dersut Caffè, attraverso la narrazione degli accadimenti fondanti l’odierna realtà aziendale, per poi proseguire con un approfondimento sulla qualità della materia prima, seguendo il viaggio del caffè dai paesi d’origine fino alla degustazione in tazzina. Si concluderà con una riflessione sul valore della formazione espressa, in particolar modo, dall’Accademia Baristi Caffè Dersut e dal Museo del Caffè.

Il secondo panel darà invece spazio alle tematiche legate alla sostenibilità ambientale illustrando le azioni concrete messe in atto dall’azienda per tradurre i propri valori in pratiche responsabili. Dal 2019 l’azienda ha aderito al Gruppo Sostenibilità di Confindustria Veneto Est, adesione che è stata d’ispirazione per compiere i primi importanti passi verso il valore della sostenibilità e per acquisire maggiore consapevolezza sulle buone pratiche già messe in atto. La partecipazione al Gruppo Sostenibilità è anche preziosa occasione per un’azione sinergica, in ambito sociale e ambientale, con associazioni, istituzioni ed aziende di merceologie diverse.

Con l’occasione gli ospiti potranno visitare l’aria di produzione percorrendo una passerella sopraelevata appositamente studiata per osservare i macchinari dal magazzino del crudo ai nuovissimi ed efficienti impianti di torrefazione fino alle linee di confezionamento.

Di recentissima installazione è la preziosa esposizione di 619 caffettiere storiche di varie epoche (dalla prima metà dell’Ottocento sino agli anni Sessanta del Novecento) e nazionalità, acquistata della famiglia Caballini, tramite il noto collezionista Mauro Carli di Cecina che ha raccolto personalmente tutti i pezzi e li ha catalogati coadiuvato da Enrico Maltoni conosciutissimo studioso e collezionista di macchine da caffè espresso d’epoca. La collezione è ampiamente descritta da pratiche didascalie che permetteranno agli ospiti di conoscere qualcosa in più dell’affascinate mondo del caffè.

Al taglio del nastro seguirà un momento conviviale che si protrarrà fino a sera.

PrimaService svela la vending machine HealthyBreakPrima che stimola le scelte alimentari consapevoli e sostenibili

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Roberto Megliola, ceo PrimaService (immagine concessa)

APRILIA (Latina) – Un distributore automatico che non solo offre snack sani e plastic free, ma stimola scelte alimentari consapevoli, premia i comportamenti virtuosi e sostiene progetti sociali. Succede con HealthyBreakPrima, iniziativa lanciata da PrimaService, azienda laziale attiva nel vending sostenibile, che sta coinvolgendo diverse realtà aziendali del territorio.

HealthyBreakPrima: l’iniziativa di PrimaService

L’obiettivo? Trasformare la classica pausa caffè in un momento di cura per le persone e per l’ambiente, partendo da ciò che si consuma ogni giorno. Il progetto propone distributori evoluti, dotati di tecnologie di telemetria e gestione da remoto, che offrono prodotti selezionati in base al grado di naturalità, riducendo l’uso di plastica e valorizzando fornitori locali.

Le aziende che aderiscono vengono inoltre monitorate e premiate in base al livello di healthy raggiunto, incentivando una cultura aziendale più attenta al benessere e alla responsabilità sociale.

“Con HealthyBreakPrima vogliamo portare un cambiamento reale nelle abitudini quotidiane, partendo da un gesto semplice ma condiviso come la pausa caffè”, spiega il team di PrimaService, che da oltre vent’anni opera nel settore con una certificazione UNI EN ISO 9001:2015 e un modello sostenibile applicato a tutta la filiera.

L’iniziativa si inserisce nel quadro degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU, in particolare quelli legati alla salute, al lavoro dignitoso e alla produzione responsabile. Un progetto che potrebbe diventare un modello replicabile in altri contesti regionali e settoriali.

SCA Italy apre i bandi per l’assegnazione delle selezioni dei Campionati italiani baristi 2026: termine invio dell’offerte il 31 maggio

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Il ritorno dei Campionati (immagine concessa)

MILANO – SCA Italy ha ufficialmente aperto i bandi per l’assegnazione delle selezioni dei Campionati italiani baristi 2026. Le aziende socie in regola con la membership sono invitate a presentare la propria candidatura per ospitare una delle due tipologie di eventi previsti.

Le possibilità di adesione sono:

  • Ospitare le tappe delle quattro discipline Barista, Latte art, Brewers cup e Coffee in good spirits;
  • Ospitare, per la prima volta congiuntamente, le tappe di Cup Tasters e Roasting.

Possono partecipare esclusivamente le aziende socie SCA con iscrizione valida per l’anno in corso e che copra il periodo delle selezioni.

Il termine per l’invio delle offerte è fissato al 31 maggio 2025. Le candidature dovranno essere inviate via PEC all’indirizzo: pec@pec.scaitalychapter.com

Per scaricare i bandi basta cliccare qui.

Witor’s lancia la nuova linea estiva delle praline di cioccolato Boero

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Boero Tropical (immagine concessa)

MILANO – Witor’s rivoluziona il piacere del Boero con una nuova linea pensata per essere gustata anche nei mesi più caldi: il perfetto connubio tra tradizione e innovazione prende vita, con tre irresistibili varianti che esaltano il sapore del cioccolato in una veste estiva e sorprendente dal cuore fondente.

Da conservare in frigorifero e gustare fresche, le nuove proposte della linea Boeri Witor’s offrono due classiche ricette rivisitate e un’inedita creazione tutta da scoprire, per un’esperienza sensoriale unica.

Boero Limoncello: un’esplosione di freschezza dove il cioccolato avvolge un cuore liquido di limoncello, perfetto per chi ama i sapori mediterranei.

Boero Limoncello (immagine concessa)

Boero Crema Whisky: un classico intramontabile che unisce l’intensità del whisky alla dolcezza del cioccolato, per un’esperienza avvolgente e raffinata.

Boero Whisky (immagine concessa)

Boero Tropical (Novità): la grande innovazione della linea estiva. Un cuore cremoso di gin arricchito con note di frutti tropicali, per un mix esotico e intrigante che conquista al primo assaggio.

Disponibile da fine aprile nei migliori punti vendita e online, la nuova linea estiva di Boeri Witor’s è la scelta perfetta per chi desidera un momento di puro piacere senza compromessi, anche in estate.

La scheda sintetica di Witor’s

Witor’s nasce a Cremona alla fine degli anni ’50, come piccola azienda artigiana produttrice di prodotti a base di cioccolato. Grazie alla creatività del suo fondatore Roberto Bonetti, nel 1962 nasce il Boero, un geniale connubio tra cioccolato extra fondente, liquore e ciliegie, ancora oggi uno dei fiori all’occhiello di Witor’s.

Nel 1973, apre la sede di Corte de’ Frati e Witor’s amplia la sua produzione: da realtà artigiana diventa industria, con processi automatizzati e più linee di produzione. Negli anni ‘80 l’azienda si amplia con l’acquisizione dello stabilimento di Gorizia.

Negli anni ‘90 entrano in azienda i figli Michele e Rossano, che sviluppano una nuova strategia di distribuzione, entrando così nel canale moderno e immettendo sul mercato nuovi prodotti.

Dal 2000, l’azienda fa il suo ingresso nel mercato globale, con una presenza attuale in più di 80 paesi al mondo.

Nel 2021 entra nella compagine societaria 21Invest, fondo italiano di private equity fondato nel 1992 da Alessandro Benetton.

Con il brand Witor’s viene proposta ai consumatori la più completa gamma di praline e tavolette di cioccolato, oltre a snack, biscotti e uova al cioccolato. Le conoscenze tecnologiche unite a 60 anni di esperienza hanno fatto sì che sempre più clienti internazionali come Mercadona, Carrefour, Walmart, M&S riconoscano l’elevata qualità Witor’s.

Gli stabilimenti produttivi sono certificati per la qualità con ISO 9001 e per la sicurezza alimentare con BRC GS e IFS Food. Dal 2017, è stata implementata anche la certificazione Halal, che consente di soddisfare gli stringenti requisiti previsti dai paesi islamici. Occasionalmente certifica anche produzioni kosher.

Nigeria, cacao: sempre di più le persone attratte della coltivazione

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Le fave di cacao (Pixabay licensed)

In Nigeria sta aumentando vertiginosamente il numero di cocoa boys, uomini passati al campo dell’agricoltura per approfittare dell’impennata del prezzo del cacao. L’Associazione dei coltivatori di cacao della Nigeria, che rappresenta i piccoli agricoltori, ha visto aumentare il numero dei suoi membri di oltre 10.000 unità nel periodo 2023-2024. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo del portale d’informazione Market Screener.

I cocoa boys in Nigeria

IKOM – Cresciuto nella zona di coltivazione del cacao di Ikom, nel sud-est della Nigeria, Anyoghe Akwa non vedeva un futuro molto roseo, così ha deciso di trasferirsi, studiare ingegneria civile e intraprendere una carriera nel settore edile.

Questo fino al 2023, quando ha sentito che i prezzi del cacao stavano aumentando e che gli agricoltori della sua città natale, Ikom, stavano facendo fortuna.

“Vedevamo ventenni che non avevano mai frequentato l’università guadagnare molto denaro con la coltivazione del cacao, mentre noi che aspiravamo a un dottorato di ricerca facevamo fatica”, ha affermato Akwa, 47 anni, che si era iscritto a un programma di dottorato, come riportato da MarketScreener. “Così abbiamo iniziato a tornare e abbiamo aperto le nostre piantagioni”.

Akwa fa parte di una coorte di nuovi arrivati nel settore, per lo più uomini soprannominati “cocoa boys”, che sono passati all’agricoltura o ad altri lavori per approfittare dell’impennata del prezzo del cacao.

L’Associazione dei coltivatori di cacao della Nigeria, che rappresenta i piccoli agricoltori, ha visto aumentare il numero dei suoi membri di oltre 10.000 unità nel periodo 2023-2024.

A Ikom, situata nello Stato di Cross River al confine con il Camerun, la maggior parte dei terreni agricoli è di proprietà della comunità. Secondo un’usanza ancestrale, una persona con radici familiari nella comunità può presentare una bottiglia di vino, un’offerta di cibo e una modesta somma di circa 5.000 naira (3 dollari) per ricevere un appezzamento di terreno.

Akwa aveva ereditato alcuni terreni agricoli da suo padre e ne aveva aggiunti altri grazie all’assegnazione della comunità, in modo da poter piantare più alberi di cacao, i cui semi vengono trasformati in cacao e cioccolato.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Kenzo Terada, parla il sommelier giapponese: “Con il mio Mokacha, il tè si prepara con la cara moka”

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Kenzo Terada al lavoro

MILANO – Kenzo Terada, sommelier del tè giapponese ma in Italia, Paese in cui è arrivato in veste di stilista di moda e che poi, durante il lockdown è stato il luogo in cui si è reinventato sfruttando una sua antica passione: proveniente da Shizouka, prefettura che da sola rappresenta oltre il 40% della produzione totale di tè in Giappone, Terada ha voluto condividere la tradizione con cui è cresciuto con gli italiani.

Così arrivano le certificazioni ottenute proprio nel suo Paese d’origine e infine l’intuizione: diventare importatore di tè verde giapponese, selezionato esclusivamente da Shizouka.
Un’attività che poi si è potenziata grazie alla collaborazione con il Ministero dell’agricoltura, con cui si sono mossi per la promozione di questa bevanda in Italia.

Un progetto che si è tradotto in una serie di incontri di tasting a Milano: circa 250 persone coinvolte, dagli amanti ai professionisti, riunite per degustare 5 tipi di tè. Alla fine del workshop è stato possibile ricostruire con un sondaggio, i possibili sviluppi del mercato.

Terada: “In Italia ci sono già delle buone qualità di tè, ma bisogna lavorare sulla comunicazione per formare il gusto ed educare sulla corretta preparazione.”

“Il tè giapponese è particolarmente costoso e il mio obiettivo è trasmettere il valore dietro questi prezzi.”

Terada, ma ci racconta come nasce e come si è sviluppata l’idea del Mokacha?

“Sempre durante la pandemia, mi sono chiesto: perché non preparare il tè con la caffettiera? Il primo tentativo, senza aver ragionato troppo, l’ho fatto con il tè in polvere del supermercato. Poi ho capito di poter sviluppare questa idea con diversi partner, che mi hanno presentato un coltivatore di tè che vive in montagna.

Ho ancora il ricordo vivido della sua espressione quando gli ho spiegato per la prima volta che cosa fosse la moka. È rimasto piacevolmente stupito. Insieme abbiamo iniziato a fare diverse prove con il tè verde, per ben due anni e solo dopo parecchi tentativi abbiamo realizzato il prodotto finale. Alla fine abbiamo scelto un altro tipo di tè, perché gli italiani solitamente sciacquano soltanto la moka e le foglie del verde si sporcano. Abbiamo selezionato un blend di tre tipi di tè giapponese, con un colore sul marrone ed ecco che è nato il Mokacha, che si sposa bene anche nei sapori ad eventuali residui in tazza del gusto di caffè.

Nel Mokacha c’è un buon equilibrio tra amaro e astringenza, così i consumatori di caffè lo apprezzano. Il nostro obiettivo è aprire la porta ai coffeelovers del mondo del tè.”

Ma come ha creato il giusto equilibrio con la temperatura, tempi di infusioni, tipologia di tè? La moka rischia di bruciare tutto…

“La preparazione del Mokacha è uguale a quello della classica moka: invece della polvere di caffè si mette la foglia di Mokacha nel filtro. Si usa acqua fredda e si posiziona sul fuoco. Il sapore finale risulta equilibrato, molto aromatico, si abbina bene con lo zucchero e il latte. Inoltre, il nostro tè ha un basso contenuto di caffeina e si può gustare anche la sera.”

È già disponibile nel mercato italiano, dove si acquista e a che prezzo?

“Per ora mi occupo soltanto io della vendita, ma già alcuni bar mi hanno chiesto di poterlo esporre nei propri locali. Tuttavia, per me è un prodotto talmente unico, che desidero gestire in prima persona il suo racconto per poterlo valorizzare. Da fine settembre, quando ho iniziato con le vendite, gli acquisti stanno di numero.

Certo il prodotto è complicato da importare, come tutti quelli alimentari verso l’Italia: il Mokacha ha però superato tutte le analisi e arriva direttamente a Milano, in quanto ha ottenuto il permesso specifico proprio per il tè.”

Terada, non ha pensato al Matcha?

“In effetti abbiamo avviato un progetto per sviluppare un Matcha con qualità e volumi più elevati, che sta attualmente andando avanti. Sto studiando inoltre un modo per creare una miscela che funzioni con la moka, che ricordi il sapore del Matcha. A maggio inizio lo studio per creare un nuovo sapore. Pensiamo entro due anni di farcela.”

Terada ha poi organizzato un incontro dal vivo per la stampa: ecco cosa è successo

In assaggio cinque diversi tipi di tè in foglie: Asamushi, Fukamushi, Kabusecha, Wakocha e Bancha 3 anni. I tè giapponesi, cinesi e inglesi vengono sempre dalla stessa pianta: il fiore di camelia.

I tè, prosegue l’esperto, possono essere divisi in: non fermentato (alla maniera giapponese), fermentato (inglese) e semi-fermentato (cinese). In Giappone, dopo il raccolto viene utilizzata una tecnica di vaporizzazione per evitare l’ossidazione delle foglie di tè: questo dona il caratteristico colore verde.

I dettagli dei tè usati da Terada:

Asamushi (che significa vapore leggero) ha un sapore deciso. A seguito del raccolto avviene una vaporizzazione di 30 secondi. L’acqua viene bollita a 70° gradi in maniera tale che il senso dell’umami (uno dei cinque sapori descritto come un gusto rotondo e pieno) sia forte e ben presenta in tazza.

Il Fukamushi, più polverato e verde. Si tratta di una bevanda popolare in Giappone poiché si abbina durante il pasto.

Il Kabusecha (ombreggiato) è caratterizzato da un colore verde scuro. Due settimane prima del raccolto del tè viene coperto in maniera tale da non essere esposto al sole: ciò preserva l’umami che invece, sotto alte temperature, va gradualmente a scomparire.

Il Wakocha è invece il tipico tè nero giapponese. Viene utilizzata acqua bollita e l’infusione è di tre minuti. Il procedimento è molto simile a quello della Bancha tre anni: uno dei tè più economici e popolari del Giappone. L’infusione in questo caso è di 2 minuti. Come si evince dal nome, si ottiene dalla pianta di tè invecchiata di tre anni.

Dopo la degustazione del tè in foglie è il momento del matcha. Terada ha proposto tre tipi: Yabukita, Okumidori e Tsuyuhikari.

Il primo tipo è il più usato in Giappone: il 70% del tè proviene dalla pianta di Yabukita. Ha un gusto molto più saporito e meno astringente, simile agli altri due. Lo Tsukuyukari tuttavia è contraddistinto da un sapore delicato e pregiato.

Tutti i tè sono stati accompagnati da dolci tipici giapponesi: baci di dama alla matcha e hojicha, dorayaki con crema di matcha e cracker di riso con sencha, tè verde non ossidato, in polvere.

Kenzo Terada ha concluso la degustazione con una tazzina del progetto personale Mokacha, l’innovativo blend pensato per essere preparato in pochi minuti grazie alla moka: dal gusto decisamente forte e piacevole, rappresenta il ponte per eccellenza tra la cultura italiana e giapponese.

Da Picobrew a Milano: qui, il formaggio artigianale con le foglie del tè e la birra allo specialty

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Il team Picobrew (foto concessa)
Il team Picobrew (foto concessa)

MILANO – C’è il nome di Pietro Tognoni dietro Picobrew, progetto che nasce dalla sua passione per la birra e che col tempo si è trasformato da attività amatoriale ad una professionale, insieme ai suoi due amici e soci, Jacopo Volontè e Milo Madia.

Pietro Tognoni è il fondatore di Picobrew e de Il Birraio, ma la vendita in strada con il pub itinerante parte nel 2016, ripensando questa modalità in modo specifico per la somministrazione della birra.

Abbiamo iniziato noi da zero, senza finanziatori alle spalle con la soluzione che ci piaceva di più per raggiungere così persone che normalmente non conoscono la birra artigianale. Il nostro desiderio era quello di portare il pub al consumatore.”

Picobrew si stabilizza poi e da nomade diventa più sedentario

“In modo tale che la comunità che si era creata attorno al nostro pub itinerante ci potesse ritrovare in uno spazio fisso. Stavamo principalmente al vicolo dei lavandai sul Naviglio grande, finché poi le cose andavano talmente bene che i volumi raggiunti erano gli stessi di quelli di un pub classico alla spina. Così pensiamo alla svolta: da itineranti nel 2019 apre ancora in zona Navigli, ma su quello Pavese, in via Ascanio Sforza 63, il nostro locale.”

Il Picobrew all’esterno (foto concessa)

Alla birra artigianale si è unito anche il formaggio: “Siamo andati a cercare dei produttori più piccoli per la proposta alcolica e analcolica. Per esempio il bitter per gli Spritz proviene da una distilleria artigianale, le bibite le compriamo da un birrificio che fa anche queste bevande come il chinotto. Abbiamo anche una cedrata, la ginger beer, un’agrumata frizzante.”

Ma la birra con il caffè come nasce?

“Abbiamo creato una ricetta con una birra a base chiara, con l’idea di donare le note tostate del malto torrefatto, ottenendole dall’uso del caffè di un micro roasters siciliano, Sergio Barbagallo di Etna Roaster. Era un brasiliano del Minais Girais: il gioco di equilibrio è uscito benissimo, lasciava spiazzati proprio perché si parlava di una birra chiara.

I nostri clienti hanno reagito molto bene, con particolare interesse. C’è stata un’ottima risposta: era nel formato in lattina, con una shelf life di 8 mesi perché la lavorazione della birra avviene in ambiente saturo di CO2 per evitare il più possibile l’ossidazione. Così abbiamo ottenuto la stessa durata delle birre molto luppolate che normalmente vanno incontro a un deperimento più rapido.

La parte più difficile di questo abbinamento è stato gestire la parte oleosa del caffè, perché nella birra impedisce la creazione della schiuma. Abbiamo studiato molto e prima abbiamo preparato un infuso di caffè macinato grossolanamente, poi l’abbiamo filtrato – più di 80 litri, un vero e proprio lavoro con tanti cambi di filtri giganteschi – con un prezzo leggermente superiore per giustificare la materia prima e l’energia spesa. L’aroma del caffè era presente, ben calibrato per evitare che sovrastasse la birra o che al contrario non si percepisse.

Mentre l’accostamento al tè, ha un’altra storia. Innanzitutto la bevanda l’ho conosciuta attraverso l’incontro con La Teiera Eclettica di Milano e Barbara. Dopo un po’ ho pensato di usarlo per fare degli abbinamenti con il formaggio: uso le varietà che preferisco, il Sencha come tè verde e come tostato l’Hochija, dall’aroma più biscottato. Realizzo formaggi con latte di capra e latte vaccino e quando il prodotto raggiunge il punto della stagionatura, mentre si asciuga ma la crosta non è del tutto formata, aggiungo il tè in foglia sulla superfice e sulle muffe nobili-bianche che poi crescono sulle foglie ricoprendole.

Quindi allo sguardo si mostra uno strato di muffa che conserva le foglie e scioglie il formaggio, determinando una maggiore complessità, con dei sentori provenienti dal tè. Un’altra evoluzione che ho realizzato è quella di inserire le foglie del tè direttamente dentro il cuore del formaggio. L’impatto visivo è molto bello: tagliando la forma, si nota il verde del Sencha. E poi naturalmente ne si amplifica anche il sapore.

Abbiamo pensato e svolto degli eventi di degustazione nella Teiera eclettica, abbinando questi formaggi con i rispettivi tè.

Ho incontrato anche dei produttori di tè giapponesi che erano qui a raccontare i vari processi produttivi della materia prima: è stata l’occasione per stringere una collaborazione con l’importatore di tè, e di assistere di persona ad un’asta a Shizuoka, dove ho potuto osservare come si svolgesse. È stato estremamente interessante.

Non so però se utilizzerei il tè nella birra, perché questa seconda bevanda secondo me, non valorizzerebbe la prima: o si utilizzano tè affumicati che contribuiscono ad enfatizzare la birra, oppure non credo che si possa ottenere un risultato caratterizzante per il tè. La birra copre il tè, che per questo ho usato più nel cibo, dal momento che il grasso del formaggio lega molto bene con gli aromi delle foglie.

Non escludo che poi in futuro riesca a trovare un giusto bilanciamento anche tra queste due bevande: magari usando una birra molto leggera, low alcol, si potrebbe pensare a qualcosa, magari proprio per festeggiare i nostri 9 anni.

E dentro il Picobrew (foto concessa)

Qualche ricetta potrebbe nascere anche con il cacao, chissà: avevo fatto degli abbinamenti con la granella di fave di cacao, ma il problema resta sempre saper gestire la parte grassa.”

Oltre al pub esiste ancora un Picobrew mobile al Casello di San Cristoforo, in uno spazio di proprietà di Ferrovie dello Stato, vinto dalle Associazioni con cui i ragazzi tutt’ora collaborano per curare la parte dei drink. Ancora qui, sarà operativa a breve una postazione a partire da fine marzo e poi per tutta la stagione estiva. Si pianifica poi l’apertura di un secondo locale, ma è ancora tutto in fieri, se ne parlerà più avanti.”

Superautomatiche: così la Cina prova a insidiare il primato dei fabbricanti svizzeri

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Eversys superautomatiche
Lo stabilimento produttivo della Eversys in Svizzera

MILANO – Chi dice Svizzera dice caffè: ai colossi della Confederazione fanno capo oltre i due terzi del commercio mondiale. Ma c’è un ulteriore primato elvetico nel campo del caffè: quello delle macchine superautomatiche. Ben il 70% delle macchine di questa categoria è prodotto infatti nel paese alpino. Un primato tuttora nettissimo – anche se esposto in misura crescente alla concorrenza cinese (senza dimenticare, naturalmente, quella italiana, ndr.) – che è stato costruito sul prestigio di marchi del calibro di Schaerer, Eversys, Egro o Jura.

Come spiega Blandine Guignier, in un’analisi pubblicata sul portale svizzero Pme, l’epopea dei fabbricanti svizzeri di macchine superautomatiche inizia nei primi anni settanta del secolo scorso.

È in quel periodo che si assiste alla nascita di un nuovo cluster industriale lungo l’asse ferroviario Berna-Zurigo.

Complice anche il timore che il successo dell’iniziativa Schwarzenbach potesse portare a una grave penuria di manodopera nell’Horeca (spoiler: il referendum indetto nel 1970, per introdurre un tetto massimo di stranieri pari al 10% della popolazione elvetica, alla fine non passerà), l’industria locale si buttò a capofitto nell’impresa di costruire delle macchine completamente automatiche.

Scopo: fare sì che anche un operatore privo di esperienza specifica potesse ottenere un buon risultato in tazza utilizzando un’attrezzatura dal funzionamento semplice e ottimizzato.

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Manuale del cioccolato: il regalo per gli aspiranti cioccolatieri firmato da Edouard Bechoux

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La copertina di Il Manuale del cioccolato (foto concessa)
La copertina di Il Manuale del cioccolato (foto concessa)

MILANO – Manuale del cioccolato, edito da Italian Gourmet e scritto dal maestro cioccolatiere Edouard Bechoux, è un libro dedicato agli artigiani, a chi ha necessità di trovare risposte pratiche rispetto alla realizzazione di un prodotto che tutti consumano ma che in pochi conoscono davvero.

Una lunga lezione di quasi 200 pagine, o forse meglio dire una bella condivisione da un professionista che sin da giovanissimo si è dedicato all’apprendimento dell’arte cioccolataia.

Manuale del cioccolato: una guida nel mondo dell’imprenditoria artigiana

Lo dice già il sottotitolo: tecnica, gestione, ricette, guida pratica.

Difatti non si parla semplicemente di preparazioni, ma di nozioni che qualsiasi futuro artigiano dovrebbe possedere per avviare la propria attività: partendo dall’organizzazione di un magazzino, della sua messa in sicurezza e della corretta disposizione della merce, passando poi al laboratorio, dove avviene la produzione vera e propria secondo le sue precise regole di temperatura e attrezzature professionali.

I tecnicismi aiutano a entrare dentro la materia, considerando alcuni errori principali che chi si approccia a questo mestiere può facilmente commettere (come il fat-blooming) o altri trucchi come il riscaldare gli stampi per il modellaggio del cioccolato prima del colaggio.

Altri preziosi consigli

Nel Manuale del cioccolato si trovano dettagli molto utili per definire la propria gamma di prodotti e anche come selezionare il cioccolato più adatto a quello che si vuole poi ottenere. Compaiono tabelle con tutte le informazioni e percentuali necessarie per orientarsi da artigiani.

Poi si scende nello specifico dei differenti formati, dalle tavolette alle praline, dagli snack alle spalmabili, con i vari procedimenti messi nero su bianco. Si trovano anche dei curiosi approfondimenti storico-culturali attorno alla nascita di alcuni cioccolatini iconici com’è il caso del Gianduiotto.

E naturalmente un Manuale del cioccolato che si rispetti, non poteva prescindere da un argomento attuale come la sostenibilità sia in termini di filiera che ambientale. Una responsabilità che anche dall’altra parte della catena di produzione si deve cominciare ad assumersi in maniera attiva ed efficace.

E’ possibile fare qualità, al giusto prezzo, promuovendo un mercato più equo e solidale. Naturalmente un’azienda non può prescindere da porsi come obiettivo quello di essere sostenibile anche dal punto di vista del business e per questo, un altro paragrafo importante a chiusura del Manuale del cioccolato è riservato al marketing e alla comunicazione di brand e prodotti.

Insomma, una vera e propria cassetta degli attrezzi a disposizione degli aspiranti artigiani che vogliono fare le cose bene, da professionisti. Un buon punto di partenza teorico da cui partire per avviare un’impresa nella pratica.

Manuale del cioccolato, è acquistabile qui, al prezzo di 56,05 euro. Un’idea da mettere sotto l’albero di Natale degli appassionati del genere.