Il caffè avrebbe effetti positivi sul microbiota e sull’intestino. Secondo alcuni studi la tazzina d’espresso potrebbe svolgere un ruolo protettivo contro diverse malattie come il diabete di tipo 2 e le steatosi epatiche non alcoliche. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione adnkronos.
I benefici del caffè sull’intestino
MILANO – Oltre l’aroma, c’è di più. Il caffè oltre ad essere l’immancabile compagno del risveglio è anche ‘amico’ del microbiota e quindi del nostro benessere fisico. A ragionare sul legame tra la bevanda e il nostro microbiota è l’immunologo Mauro Minelli, docente di dietetica e nutrizione all’Università Lum.
“I batteri del nostro intestino sembrano gradire gli effetti della bevanda più consumata al mondo, dopo l’acqua – spiega l’immunologo all’Adnkronos Salute – Le influenze del caffè sul microbiota intestinale possono avere importanti implicazioni per la salute umana. Questo perché, secondo alcuni studi il caffè potrebbe svolgere, verosimilmente attraverso una selezione di batteri ‘buoni’, un ruolo protettivo contro alcune malattie come il diabete di tipo 2 e le steatosi epatiche non alcoliche”.
“Se pure è vero che la comprensione di questi effetti è stata favorita da studi recenti, pubblicati su riviste scientifiche assai qualificate, altrettanto vero è che tanto ancora c’è da esplorare nel mondo sommerso, complesso ed intrigante del microbiota che, con discrezione, governa e condiziona nel bene e nel male le fasi della nostra vita”, aggiunge.
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MILANO – Martedì 21 ottobre 2025, HostMilano diventerà il cuore pulsante del caffè all’italiana con una delle competizioni più attese dell’anno: il Moka Challenge 2025, un evento esclusivo all’interno del Villaggio del Caffè (Padiglione 18), coordinato da Aicaf con il supportodi Altoga – Associazione nazionale torrefattori e Grossisti alimentari.
Una gara che unisce tradizione, precisione e passione
A rendere unica l’edizione di quest’anno è la prestigiosa collaborazione con Bialetti, azienda italiana icona del Made in Italy, conosciuta in tutto il mondo per l’invenzione della Moka Express e per la produzione dei suoi caffè. Per l’occasione, l’azienda sarà sponsor tecnico ufficiale con la nuova Moka Exclusive e con un blend selezionato, espressione della ricerca e dell’esperienza della torrefazione Bialetti.
La gara
Saranno 12 i competitor che avranno l’onore di accedere alla competizione, dove dovranno misurarsi con la preparazione perfetta di una Moka, utilizzando esclusivamente:
• la Moka Exclusive Octagonal Induction ;
• un caffè monorigine o il blend selezionato da Bialetti.
Ogni concorrente presenterà tre tazze, accompagnate da uno speech tecnico, una mise en place curata e una narrazione. L’obiettivo? Convincere la giuria di tre esperti specializzati in analisi sensoriale, calibrati secondo protocollo Aicaf, che decreteranno il vincitore del titolo di Moka Maker of the Year 2025.
Un progetto firmato Aicaf
L’evento è ideato e coordinato da Aicaf – Accademia italiana maestri del caffè, punto di riferimento nazionale nella formazione sensoriale e professionale nel mondo del caffè. Il coordinatore dell’Aicaf sarà presente per seguire tutte le fasi della competizione, garantendo qualità, rigore e un’atmosfera unica.
Premiazioni
Le premiazioni si terranno nel pomeriggio, sempre all’interno del Villaggio del Caffè. Saranno assegnati i seguenti riconoscimenti:
• 1° classificato – Mocha Maker of the Year 2025
• 2° classificato
• 3° classificato
Segna la data:
Martedì 21 ottobre 2025
Dalle ore 9:30 fino al pomeriggio
HostMilano – Villaggio del Caffè, evento Altoga (Pad 18)
Un appuntamento imperdibile per gli amanti del caffè, i professionisti del settore e – più in generale – per tutti coloro che riconoscono nella moka non solo uno strumento, ma un simbolo della cultura italiana e del rituale della preparazione del caffè.
La cultura del caffè di Tokyo è molto sviluppata con locali sparsi nel paesaggio urbano ideati per tutte le necessità. Per qualcosa fuori dal coro, ecco come alcuni caffè sostenibili della capitale nipponica offrono qualcosa di più di un allettante menù. Questo è il caso del Wakuni Shoten, che incarna la sostenibilità sin dal design, del Café Lauren, dove i clienti possono ordinare i fiori oltre che un cappuccino e il secondo negozio di Iconic Stagea Shin-Marunouchi che porta nel cuore di Tokyo prodotti sostenibili a chilometro zero.
Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Go Tokyo.
Le caffetterie sostenibili a Tokyo
TOKYO – Wakuni Shoten offre l’opportunità di godersi un caffè o uno spuntino leggero in un locale dall’aspetto originale situato lungo la tranquilla via dei negozi di Aoba, nel quartiere di Higashi-Murayama. L’architetto Kengo Kuma, famoso in tutto il mondo, ha guidato la scelta del design che incarna la sostenibilità come punto cardine.
L’accattivante facciata presenta lastre di copertura in rame patinato, un tempo parte di un santuario di Hiroshima, che riflettono la luce solare da diversi angoli nel corso della giornata, creando un effetto piacevole.
All’interno, travi di supporto del negozio originario – una tabaccheria – si combinano con mobili e arredi realizzati artigianalmente. Ciò è frutto dell’ingegno di Tomokazu Uchino, un artigiano della lamiera determinato a rivitalizzare questa strada in cui egli stesso è cresciuto. Goditi una bibita assaggiando qualcosa di dolce e saporito mentre ammiri l’artistico arredo sostenendo la comunità locale. È anche possibile acquistare alcune delle opere di Uchino, come le cornacchie “origami”, realizzate in metallo.
Un caffè che ridà ai fiori il soffio vitale
Aperto nel gennaio 2024, Café Lauren è il prolungamento del negozio di fuori secchi Ethica, nei pressi di Asakusa. Scegli tra la sua collezione di caffè e tè, magari mentre ti fai un leggero spuntino. Prova il curry fatto in casa o la sontuosa torta di carote mentre ti rilassi nella rustica atmosfera delle magnifiche vetrine di Ethica.
I fiori saranno effimeri per natura, ma i fiori di Ethica sono essiccati a macchina permettendo di preservarne le forme e i vibranti colori anche per sei mesi e rendendoli così perfetti come regalo. L’utilizzo di rimanenze di magazzino di produttori o rivenditori aiuta a sostenere la filiera di approvvigionamento riducendo la “perdita di fiori” che sarebbero altrimenti stati scartati. I clienti possono venire qui per ordinare dei fiori, guardare le vetrine o semplicemente godersi l’atmosfera.
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Il presidente e amministratore delegato di Demus, Massimiliano Fabian: oggi è il presidente dell'Ecf, l'European coffee federation, l'associazione che riunisce le associazioni nazionali degli operatori del caffè (immagine concessa)
MILANO – Max Fabian è stato appena nominato Presidente dell’European Coffee Federation (ECF), una voce che riunisce il commercio e l’industria europea legata al caffè, che rappresenta il 90% di tutto il caffè trasformato ed esportato dall’Unione Europea. Fondata nel 1981, l’ECF rappresenta l’intero spettro della filiera europea, dai trader di caffè verde, ai torrefattori, dai produttori di caffè solubile, ai decaffeinatori e ai magazzinieri.
Sotto questo enorme cappello oggi sono riunite 16 associazioni nazionali e 46 membri aziendali, rappresentativi di oltre 750 aziende in tutta Europa, dalle piccole e medie imprese più dinamiche ai grandi player su scala globale. Insieme, gestiscono circa 2,7 milioni di tonnellate di caffè all’anno, l’equivalente di 40 milioni di sacchi da 60 kg.
In questa cornice, s’inserisce Max Fabian, noto presidente dell’azienda produttrice di decaffeinato Demus,past president del Consiglio internazionale dell’ICO e prima ancora vice presidente dell’European Coffee Federation (EFC) stessa.
Ora, presidente.
Fabian, così, a caldo: cosa rappresenta questa nuova carica per lei nell’EFC?
“Innanzitutto, un onore. Perché l’ECF negli ultimi anni si è affermata come l’Organo di rappresentanza principe dell’industria del caffè in Europa, considerando poi che la maggior parte della legislazione sul caffè è proprio europea e non nazionale. Di conseguenza, la presidenza di un ente così rilevante non può che darmi grande soddisfazione.
A questo si aggiunga che la squadra su cui posso contare è molto forte e, dunque, so di mettermi alla guida con estrema serenità, sostenuto da una validissima segretaria generale, Eileen Gordon Laity, e da tutto il team del Comitato di Presidenza, dall’Executive Board e da tutti gli ulteriori Comitati: tutti lavorano in maniera molto competente ed efficiente.
Esser oggi Presidente, quindi, è un onere che però assumo consapevole di esser circondato da un gruppo di lavoro solido, fino alla prossima Assemblea elettiva (che avverrà non oltre il maggio 2026) che deciderà se confermarmi o meno in questa carica.
Ora ho assunto questo ruolo da vice presidente rappresentante dei decaffeinizzatori e degli spedizionieri, con una posizione positivamente neutrale.”
Che cosa ha in mente di fare alla guida dell’EFC?
Fabian: “Ovviamente continuare nella logica di quello che si è fatto fino ad oggi. Di fatto, non dobbiamo attuare nessuna rivoluzione, ma continuare a seguire le evoluzioni della normativa europea del caffè nell’interesse del settore. Massima attenzione agli aspetti ESG, verso cui siamo particolarmente sensibili. Continueremo in questo senso, monitorando questo tema e anche verificando la fattibilità delle legislazioni a livello ambientale, sociale ed economico.
Il mio lavoro sarà sempre condiviso con l’Executive Board e col Consiglio, in sinergia, eventualmente valutando prospettive di collaborazioni ulteriori: arrivando dalla precedente esperienza interna all’ICO, potrei pensare a come e se l’ECF possa ulteriormente interagire con enti delle Nazioni Unite, ovviamente previo comune accordo.
Questa è un’Organizzazione che rappresenta grandi realtà e quindi ci muoveremo sempre insieme e con la dovuta attenzione.”
Il tema caldo dell’EUDR e poi dei dazi – per non parlare dei prezzi alle stelle – come si sta muovendo o si muoverà l’EFC?
“Ci sono forti cambiamenti tra i punti di vista a livello politico: il triumvirato europeo (Parlamento, Consiglio e Commissione) non ha posizioni convergenti, neppure sull’EUDR. Di certo siamo d’accordo che si debba combattere la deforestazione – anche se io non sono convinto che il caffè sia una commodity che abbia contribuito in maniera sostanziale a questo fenomeno – ma l’implementazione deve essere messa in pratica in modo che porti benefici effettivi.
Per esempio, le sanzioni proposte sono eccessivamente pesanti e sproporzionate rispetto ad eventuali responsabilità da parte delle aziende. La burocrazia in essere andrebbe il più possibile semplificata. Naturalmente questo è il mio pensiero e nell’ECF alcuni membri hanno già investito per questo in maniera importante. Bisogna cercare di rendere il regolamento efficace per i suoi scopi, senza inutili aggravi.
In tutto questo, ovviamente l’ECF tiene informati e aggiornati gli associati, prendendosi carico dei vari aspetti vigenti e in evoluzione. Affianca le imprese per permettere loro di reagire in tempo alle novità normative.
Al di là di queste, annualmente facciamo il punto della situazione nei vari Paesi in cui andiamo a fare la nostra assemblea annuale, per meglio capire cosa succeda. Naturalmente ci relazioniamo anche con i Paesi produttori, facendo sempre la massima attenzione nel mantenerci in contesti pre-competitivi di mercato.”
MILANO – Import europeo in ripresa, ma sempre lontano dai livelli pre-pandemici, con Germania e Italia che rafforzano la loro leadership, mentre il livello delle scorte rimane sempre molto basso: così lo European Coffee Report 2024/25, il prezioso compendio statistico redatto dall’EuropeanCoffeeFederation (Federazione europea del caffè o Ecf in acronimo) giunto quest’anno alla sua quarantaduesima edizione.
I dati del rapporto evidenziano un significativo incremento delle importazioni di caffè verde dell’Europaoccidentale – voce comprendente i 27 paesi dell’Ue, più Uk, Svizzera, Norvegia e Islanda – che è cresciuto, l’anno scorso, dell’8,1% rispetto al 2023 attestandosi a 55.124.694 sacchi, di cui 48.278.322 sacchi (+9,2%) importati dall’UnioneEuropea.
La Germania si conferma il massimo importatore europeo tornando – dopo la flessione accusata l’anno precedente – sopra la soglia del milione di tonnellate.
L’import tedesco è stato infatti pari, nel 2024, a 17.681.347 sacchi, contro poco più di 15 milioni nel 2023, con un incremento del 17,8% da un anno all’altro.
Segue, a notevole distanza, l’Italia: il nostro paese ha infatti importato, l’anno scorso, 10.567.337 sacchi di caffè verde, con un incremento del 2% rispetto al 2023
Calano invece le importazioni del Belgio, che diminuiscono del 3,8%, a 4.476.273 sacchi. In netta ripresa (+12,2%), in compenso, l’import della Spagna, che risale a 4.312.332 sacchi.
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L'esterno della torrefazione San Salvador (immagine concessa)
ROMA – La famiglia Pinci occupa un posto di rilievo nella storia del vasto panorama delle torrefazioni nella Città Eterna. Tutto è iniziato nel 1901 quando Luigi Pinci si addentrò nel mondo del chicco per la prima volta. Da allora, i membri della famiglia si sono succeduti per alimentare e conservare la tradizione. Ancora oggi, la torrefazione San Salvador utilizza la stessa tostatrice a legna con i medesimi metodi di lavorazione che trasudano passione per la qualità del caffè (ne abbiamo parlato qui in relazione all’articolo del The Guardian). Si tratta di un procedimento lungo e manuale che regala una fragranza aromatica unica nel suo genere.
Tra le numerose e strette vie che costellano la capitale, è impossibile non notare la torrefazione e caffetteria San Salvador situata nel quartiere Garbatella.
La storia della torrefazione San Salvador di Roma
Martina, la nuova generazione, al bancone insieme alla mamma Elisabetta e lo zio Claudio, ci racconta nel dettaglio la storia: “Il mestiere del torrefattore nella nostra famiglia va avanti dal 1901 con il mio trisnonno Luigi, il quale iniziò questa occupazione per una grande azienda. Successivamente tramandò quest’arte a suo figlio, il mio bisnonno, il quale allestì una torrefazione tutta sua in una vecchia drogheria che gestiva insieme alla moglie. Da lì è diventata un’occupazione generazionale. Dopo tanti anni il palazzo è stato demolito e la mia famiglia ha dovuto cercare un altro posto dove continuare il lavoro. Nel 1968 la torrefazione ha trovato il suo spazio in Piazza Attilio Pecile dove ci troviamo tutt’ora”.
Il nonno Luigi Pinci insieme alla nonna Rita (immagine concessa)
La torrefazione segue dagli anni ’70 sempre lo stesso metodo di lavorazione con la tradizionale macchina tostatrice a legna che raggiunge una temperatura tra i 200 e i 220 gradi. Anche le miscele di caffè sono state tramandate nel corso degli anni e sono le stesse: la famiglia le ha tramandate con passione e amore.
Tostare il caffè rimane tuttavia sempre compito del nonno Luigi (che porta lo stesso nome del bisnonno), 86 anni, che ancora si dedica al processo di tostatura insieme alla moglie Rita.
“Nel corso degli ultimi anni mio nonno Luigi inventò una nuovo caffè chiamata Il Moschettiere che ad oggi è la punta di diamante dei nostri prodotti. Si tratta di un 100% Arabica. Questo è l’unico vero cambiamento per quanto riguarda il caffè” spiega Martina.
C’è di più: data la vasta popolarità della torrefazione è stato deciso di introdurre dieci anni fa una caffetteria, in maniera tale che i clienti potessero direttamente degustare il caffè. Nel bar viene utilizzata una macchina Nuova Simonelli.
Luigi Pinci al lavoro (immagine concessa)
“La torrefazione e la caffetteria sono completamente a gestione familiare” precisa Martina, “Dalla lavorazione del caffè ai pacchetti che vengono venduti direttamente qui in torrefazione, alla manutenzione delle attrezzature, alla caffetteria: tutto gestito da noi”.
“Un espresso viene 1,20 euro. La torrefazione si è adattata a cause dei rincari delle materie prime. Il caffè continua ad aumentare perciò non è ancora definitivo. Ovviamente cerchiamo di mantenere il prezzo fino a quando possiamo. È difficile fare previsioni. La miscela scelta per il banco è Il Moschettiere. Il nostro prezzo è davvero contenuto poiché con solo 1,20 euro è possibile gustare un Arabica 100% di ottima qualità” chiarifica Martina.
Il menù della torrefazione
Oltre alla miscela del Moschettiere, la torrefazione San Salvador offre inoltre un menù vario. Ogni 3/4 mesi è possibile trovare diversi caffè specialty che possono essere degustati sia in tazzina o disponibili per la vendita sciolti. Esattamente come le quattro miscele principali disponibili. Si può comprare il caffè all’etto al banco, come era uso nelle vecchie drogherie, e la torrefazione può macinarlo per tutti i diversi tipi di estrazione: dall’espresso, alla moka, all’americano e così via.
L’interno di San Salvador (immagine concessa)
Martina aggiunge: “Ultimamente abbiano notato che le persone si stanno avvicinando di più alla moka e al caffè in filtro, quest’ultimo soprattutto in relazione allo specialty. I clienti mostrano una maggiore attrazione verso il mondo del chicco. Il nostro prezzo per un caffè specialty in tazzina è di 2,20 euro. Sono caffè selezionati di provenienza Arabica tostati in monorigine”.
Passiamo ora all’offerta food: “Dal punto di visto del cibo, dal dolce al salto, ci riforniamo da laboratori selezionati personalmente da noi. I dolci e le torte vengono presi in pasticceria. Per il salato abbiamo una vetrina frigo con un vasto assortimento di panini e tramezzini”.
La torrefazione a legna (immagine concessa)
È presente inoltre l’opzione di prendere primi e secondi piatti provenienti direttamente dal laboratorio da cui si rifornisce la torrefazione per il reparto salato. Basta mandare un messaggio alla torrefazione tramite il gruppo broadcast chiuso, la quale invia l’ordine al laboratorio, aspettare e, infine, andare a prendere il proprio piatto. Molte utile per chi lavora in ufficio, rivela sempre Martina.
Cultura e caffè
Inoltre sono presenti eventi di degustazioni che uniscono l’elemento culturale con quello enogastronomico. Grazie a DG Experience, la torrefazione San Salvador offre degustazioni di caffè in miscela e specialty offrendo spiegazioni sul mondo del chicco (dall’origine alla parte tecnica).
In più c’è la parte culturale: la torrefazione San Salvador è stata parte del tour della Garbatella. Vengono organizzati anche tour privati.
Martina conclude: “Ci stiamo adeguando ai tempi e alle mode del momento che prevedono momenti di degustazione, donando ai nostri clienti, e ai più curiosi, anche un elemento culturale per esplorare la storia di Roma anche grazie al caffè”.
Albino Ferri serve il tè (foto dal sito aziendale)
CASTEL GOFFREDO (Mantova) – Albino Ferri, titolare e coordinatore di Accademia dell’azienda di famiglia Ferri dal 1905, condivide la sua esperienza professionale frutto di diversi anni sul campo, spingendo un prodotto che in Italia ancora è poco conosciuto attraverso delle vie trasversali come il coinvolgimento di personaggi importanti del food&beverage.
Ferri, partiamo però dal principio: in 120 anni di attività quando vi siete concentrati su una bevanda che in Italia ancora oggi non è così tanto diffusa?
La proposta Ferri per l’horeca (foto dal sito aziendale)
“Ferri non si è concentrata sin da subito sul tè, anzi, il primo prodotto da cui è partita l’azienda è stato il tè il sono stati i vegetali secchi, mentre il resto è stato integrato da una una sessantina d’anni. Tutto è iniziato partire dal mio bisnonno che si era distinto in Paese come produttore eclettico, quasi un outsider, distaccatosi dalla famiglia per coltivare nel suo terreno degli ortaggi che poi vendeva direttamente nel mercato locale.
Si è affermato su tutti i suoi concorrenti, sperimentando e riuscendo ad anticipare o a ritardare la disponibilità di diversi prodotti che gli altri non avevano in vendita. Poi sono arrivate le prime importazioni di derrate dal Sud e gradualmente anche le erbe aromatiche, le spezie e infine il tè che ora è proprio diventato il cuore di Ferri.
Sessant’anni fa ci è sembrata un po’ una scelta naturale, dato che le spezie e il tè che importavamo dall’Oriente venivano sottoposti a procedure simili. Abbiamo iniziato con i primi lotti, poi abbiamo sviluppato questo settore che ha appassionato me e mio padre, sino a diventare produttori di prima fascia.
Negli ultimi 40 anni abbiamo investito parecchie energie, forti del fatto che il mercato stesso è cresciuto tantissimo (partiva da zero, quindi l’evoluzione si è avvertita molto, a differenza di altri Paesi europei dove in epoca coloniale questa bevanda e materia prima era già in auge).
In Italia lo spazio è stato sempre occupato dal caffè, siamo il Paese dell’espresso, mentre nei pasti la bevanda di accompagnamento per eccellenza resta il vino. Mancava un po’ la strada per l’ingresso del tè a colazione o in altri contesti.”
Cosa è cambiato allora?
Ferri: “Secondo me sono stati due gli elementi trainanti: il primo è quello salutistico. Dagli anni ’90 in poi, quando è emerso il potere di anti-invecchiamento del tè sul piano scientifico, questa bevanda ha vissuto un momento mediatico di gloria. Questo ha determinato la prima evoluzione del mercato.
Il secondo fattore è dato dalla globalizzazione, che ha portato a una maggiore apertura verso altri Paesi legati al tè. Poi esistono altri aspetti, certo: nell’horeca ad esempio, un’azienda che tra tutte si è affermata l’Eraclea, è stata in grado di portare avanti una gamma amplissima di tè con una forza comunicativa che ha dato il via alla diffusione più massiccia su questo canale.
Un’altra tendenza di questi ultimi tempi infine è il no-low alcol, che sta coinvolgendo il pubblico più giovane che consuma meno alcolici durante le uscite e quindi si orienta sempre più verso soluzioni come il tè.
Lavorando per strutture super premium, anche la ristorazione che di solito è rimasta un po’ indietro rispetto alla caffetteria, sta richiedendo i nostri servizi di consulenza per strutturare i pairing.
Le caffetterie hanno un potenziale enorme, tuttavia espresso malissimo per mancanza di formazione: il livello medio degli operatori è alto nei locali ben gestiti, ma sul tè c’è sempre pochissima conoscenza. C’è tanta incompetenza, sana ignoranza, frutto di una serie di passaggi: il primo fra tutti è l’industria.
È un’osservazione semplice: chi gestisce imprese di grandi volumi, non ha interesse nel fatto che il tè di qualità venga riconosciuto nei bar. I grossi movimenti economici non hanno vantaggi nell’educazione del pubblico. Secondo motivo: le scuole abilitate, dagli alberghieri ai professionali, dagli istituti privati allo stesso AIS, non prevedono un piano di studi dedicato al tè e quando questo viene citato, si tratta comunque della trasmissione di nozioni scandalosamente di scarsa rilevanza.
Infine esistono ragioni culturali: l’Italia associa molto la bevanda calda all’espresso, sempre in quantità ridotte, tutto il contrario degli infusi e dei tè. “
Tè in bustina VS tè in foglie: come vi ponete rispetto a questi due prodotti?
Le Coccole di Ferri (foto dal sito aziendale)
“Premessa: il mondo della tea bags sta vincendo su quello delle foglie. Questo perché tendenzialmente siamo consumatori pigri e la preparazione del tè in foglie non si sposa con la velocità di consumo occidentale. Da Nespresso in poi, ci siamo abituati ad ottenere la nostra tazza in maniera comoda e a qualsiasi prezzo.
Il filtro dunque sta conquistando il mercato e al suo interno esistono tre famiglie: c’è il filtro basico in carta, con la polvere generata dalle foglie fresche finemente sminuzzate, di tipo industriale, in cui la materia prima già in piantagione viene concepita e lavorata in maniera differente – la sigla che è CTC, per indicare il processo totalmente automatizzato -.
Il vantaggio è la facilità di meccanizzazione, il costo minore, mentre lo svantaggio è quello di realizzare un prodotto standardizzato, accettabile, ma non di alta qualità. Con questi risultati ci si rivolge ad un pubblico abituato a quel sapore specifico, che non è neppure interessato ad esplorare altre tipologie.
La seconda famiglia, sono le tea bags piramidali, evoluzione del processo industriale e prodotte sempre in maniera automatica, con l’uso di materia prima sminuzzata: si lavora già alla fonte in maniera più curata ma comunque viene poi rotta per poterla inserire nelle piramidi. Quindi in tazza si riscontrano più cariche aromatiche, anche quelle amare. Sono nate per proporre una soluzione forte quanto il caffè a colazione, che ha portato alla tradizione dell’aggiunta di latte all’inglese.
Infine, la terza famiglia dei filtri artigianali, che sono quelli usati da Ferri. Cuciti o legati a mano, permettono di usare qualsiasi granulometria. Le foglie sono le stesse che si userebbero in infusione, sono solo porzionate. Abbiamo studiato questi packaging e le vendiamo al pubblico tra gli 80 centesimi ed un euro e mezzo (quelli piramidali costano circa la metà, quelli industriali si aggirano attorno ai 10-15 centesimi a filtro).
I nostri filtri sono soluzioni vincenti per standardizzare o semplificare il momento del servizio del tè, garantendo però una bevanda d’altissimo profilo. Consentono di proporre grandi monorigini o miscele, pur basandosi su un personale con poche competenze sulla somministrazione di questa bevanda.”
Quindi i filtri targati Ferri possono essere un buon modo per penetrare l’horeca?
“Sì, anche se ci sono altri modi per entrare in questi contesti, come gli hotel e le spa di lusso: innanzitutto è fondamentale proporre un servizio di consulenza, in modo da intercettare le esigenze di ciascuna struttura. Ecco che entra in gioco l’esperienza e la preparazione di un professionista del tè, che guida al raggiungimento degli obiettivi di impresa.
Queste strutture chiedono di solito di creare delle esperienze complesse per gli ospiti e questo porta di conseguenza ad un aumento della marginalità. Di solito queste due cose vanno di pari passo. Quello che riusciamo a costruire sono delle occasioni di storytelling, di degustazione, di eventi di racconto.”
Ci racconta il progetto Tea Tour 2025?
Albino Ferri: “In modo simpatico e semplice, questo progetto nasce dall’Accademia Ferri come una delle 4 rubriche partite nel 2025 e abbraccia tutto il mondo del fine dining.
Mostriamo un pairing basandoci sul piatto spesso salato studiato da uno chef, e insieme scegliamo un blend abbinabile. Questo incontro serve a incuriosire il mercato e a fare cultura sul tè. Abbiamo pensato ad una tappa al mese, con un contenuto diverso. Il riscontro fin qui è molto buono ed è stato anche rilanciato su diverse riviste di settore, oltre che sui social, al punto che oggi qualche ristorante si è avvicinato in autonomia a Ferri per inserire dei pairing nella propria offerta.
È stata una bella rivelazione, perché inizialmente avevo il timore che gli chef avessero già delle competenze approfondite su questa bevanda e sui possibili abbinamenti. Invece, ho riscontrato come ci fosse un vuoto incredibile da colmare: è stato positivo che queste strutture siano altamente ricettive alle novità. Abbiamo formato diverse equipe nella ristorazione e portiamo avanti lavori di consulenza. La reazione degli chef fin qui è stata: sì, subito. Senza reticenza.
Ho trovato molta collaborazione, grande curiosità, apertura verso il progetto. Parlando del caffè, in queste stesse strutture manca anche in questo caso la cura, la formazione, la possibilità di scegliere su una carta dedicata. Nei locali che sto curando, vedo la voglia di portare poi questo esperimento direttamente sul menù. Molti chiedono di inserire il tè nella carta delle bevande.”
Ferri, lei vede una strada di crescita parallela tra tè e specialty coffee in Italia?
“Assolutamente sì. Tant’è che le caffetterie che offrono servizi di specialty in estrazioni alternative, sono più portate ad offrire una carta dei tè più ricercata. In questi ambiente è più facile inserirsi, anche se sono mercati ancora di nicchia e a livello numerico fanno meno coperti rispetto alle classiche pasticcerie che registrano volumi più alti e avrebbero più possibilità per fare cultura.
L’abbinamento con il banco dei dolci, il momento di relax per un pairing, sarebbero condizioni ottimali e non ci sarebbe neppure una contrapposizione rispetto al caffè che di solito vive il suo picco durante le colazioni. C’è un’apertura, seppure ancora molto timida: la pasticceria è estremamente concentrata sul laboratorio, sulla promozione del food e trascura la parte del tè e della caffetteria. Probabilmente, proprio il fatto che il mercato sopravvive già bene con il trainer principale, ovvero il dolce, non crea la necessità di dare più importanza anche alla parte del tè.
In questi contesti raramente si trova un pairing strutturato: la moporzione ricercata come elemento distintivo di un’attività, dovrebbe essere accompagnata in maniera guidata da una figura dedicata che aiuti il consumatore nella scelta di abbinamento.
Sarebbe interessante avere un professionista che curi una volta ogni tanto il menù studiato in base alla combinazione di due elementi. In un ristorante di solito si assume il sommelier che gestisce tutta la parte legata al vino: nella caffetteria non è indispensabile, ma potrebbe comunque essere una fonte di reddito in più se pensata come un’esperienza esclusiva.”
Infusi e tè: ci sono delle differenze in termini di acquisto e consumi?
“In termini di volumi del mercato siamo al 50 e 50. Nel mondo degli infusi, ci sono delle possibilità per proporre prodotti di fascia molto alta, come alcuni monorigine lavorati bene e interessanti.
Nel nostro Paese è una soluzione che sta prendendo grosse fette di mercato proprio per la ricerca di qualcosa senza teina, ma credo che ci si manterrà su questa parità per molto tempo. Non credo che prenderà il sopravvento sul tè, che attualmente si sta cercando di portare verso le lavorazioni asiatiche, meno cariche.
Il tè poi ha alle spalle più di duemila anni di storia che si basa su una specifica botanica come la Camelia Sinensis, che ha creato un prodotto di culto. “
Etichette del tè: quanto sono complete?
“Non c’è obbligatorietà, a parte quella di indicare gli ingredienti, sulle denominazioni di origine. Noi cerchiamo di arrivare ai consumatori finali con tutti i dettagli del caso: per esempio noi indichiamo anche quando l’aroma è naturale, seppure non sia obbligatorio farlo.”
Ferri infine ha due rubriche con obiettivo di incentivare i tè nei locali
“La prima è Colazioni speciali, il racconto di una specialità di questo primo pasto negli hotel, con un piatto in abbinamento teorico. La seconda è Storie di pasticceria: la narrazione di un locale, di un dolce tradizionale, di un gestore che si traduce sempre in un’idea di pairing.”
Il World Barista Championship a Host (immagine concessa)
La prestigiosa competizione Host ritorna a Milano in un momento di grandi trasformazioni del settore, tra ricerca di miscele personalizzate, alternative sostenibili e continua crescita dei lattes e dei cold brew. Leggiamo di seguito l’approfondimento pubblicato sul sito ufficiale del sito Host Milano.
Il World Barista Championship a Host
Sette competizioni annuali basate sulle competenze organizzate a cura di SCA – Specialty Coffee Association – e WCE- World Coffee Events, ospitate in eventi in tutto il mondo, che vedono protagonisti alcuni dei migliori concorrenti del mondo del caffè.
È il mondo dei World Coffee Championship, che promuovono l’eccellenza del caffè oltre che la condivisione delle conoscenze, il networking e l’innovazione nel settore, mettendo al centro la professionalità del barista.
I WCC mettono in mostra l’eccellenza nella preparazione del caffè e l’unicità degli specialty coffee coinvolgendo più di 50 associazioni in tutto il mondo. Una vera e propria maratona globale lunga un anno, che nel 2025 culminerà con il più importante di questi eventi proprio a Milano: il World Barista Championship ritorna infatti a Host 2025, a fieramilano – Rho dal 17 al 21 ottobre 2025.
“Grazie alle sue dimensioni e alla sua importanza, HostMilano è la location perfetta per ospitare il World Barista Championship”, commenta Yannis Apostolopoulos, ceo di SCA. “L’impegno verso l’eccellenza del team di Fiera Milano è perfettamente in linea con la nostra mission, elevare la professione del barista e mostrare i migliori talenti su un palcoscenico globale. Ritrovandoci in questa città iconica, non solo celebriamo l’arte della preparazione del caffè, ma rendiamo anche omaggio a una tradizione senza tempo che continua a ispirare gli amanti del caffè in tutto il mondo”.
Una celebrazione che arriva in un momento in cui il mondo del caffè sta vivendo tendenze innovative che ridefiniscono l’esperienza dei consumatori. Dai cold brew, una delle tipologie in più rapida crescita, a miscele sempre più uniche e personalizzate, fino alla ricerca di mix di varietà meno acide. Allo stesso tempo continua a crescere nei lattes l’uso di alternative di origine vegetale, come l’avena e la mandorla, per rispondere alla domanda di opzioni più sostenibili e adatte a diverse esigenze dietetiche.
A Host 2025 tutte le novità saranno nell’area Caffè-Tea, in sinergia con Bar-Macchine per Caffè- Vending nel SIC – Salone Internazionale del Caffè.
MILANO – Sono diversi gli studi che hanno indagato la correlazione tra il consumo di caffeina e le patologie neurogenerative come l’alzheimer (qui si possono trovare alcuni esempi passati che hanno sottolineato gli effetti positivi di questa sostanza per chi ne soffre), ma una ricerca recente ha fatto emergere anche degli eventuali rischi: certo gli eccessi sono sempre un problema, per cui forse il segreto resta la moderazione in determinati casi.
Anche se non è stato specificato nell’articolo di che tipo di caffè si parli quando si stabilisce un massimo di tre tazzine al giorno (Robusta o Arabica? Il contenuto di caffeina è ben differente, di un americano o di un espresso da 25ml?).
Un recente studio presentato a Orlando, negli Stati Uniti, durante il congresso dell’Associazione Internazionale Alzheimer, solleva nuove preoccupazioni riguardo al consumo eccessivo di caffè. Secondo i ricercatori, bere più di tre tazzine al giorno potrebbe accelerare il declino cognitivo. Anche se il caffè è noto per i suoi benefici per la salute, la raccomandazione è di non superare la soglia delle tre tazzine quotidiane.
La letteratura scientifica – come ricorda Il Messaggero che dà conto di quest’ultimo studio – supporta ampiamente i vantaggi del caffè e del tè, evidenziando il loro ruolo nella riduzione del rischio di ictus, scompenso cardiaco, diabete, e persino alcuni tipi di tumori.
Inoltre, molte ricerche hanno associato il consumo moderato di caffè a un minor rischio di sviluppare malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer.
Tuttavia, lo studio guidato dalla dottoressa Kelsey R. Sewell, dell’Advent Health Research Institute, sembra contraddire queste evidenze.
Analizzando i dati della Biobank britannica, che ha seguito circa 8.500 persone di età media 68 anni per un periodo di oltre 8,8 anni, i ricercatori hanno scoperto che i consumatori di oltre quattro tazzine di caffè al giorno mostravano un declino cognitivo accelerato rispetto a coloro che ne bevevano da una a tre tazzine o che non lo consumavano affatto.
Rinunciare all’espresso? Mai, neanche quando le temperature sono roventi. Ecco come prepararlo nella versione estiva. E cioè freddo e con l’ausilio della moka. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Alessia Calzolari per la rubrica Cook del quotidiano Il Corriere della Sera.
La preparazione del caffè freddo
MILANO – Il caffè freddo fa subito pensare al frigo delle nonne al cui interno, in estate, c’era sempre una bottiglietta di vetro piena di caffè, appunto, avanzato o fatto di proposito. E sempre molto zuccherato. Oggi, forse, è l’abitudine si è un po’ persa, ma il caffè freddo resta una variante estiva dell’espresso a cui è difficile rinunciare: ecco come prepararlo in casa con la moka.
Niente dosi, ma ci sono alcune piccole accortezze a cui badare per ottenere un buon risultato. La prima è quella di optare per un caffè di ottima qualità, che non abbia delle note amare troppo spiccate.
Se usate una moka che è stata ferma per un po’, magari quella della casa al mare, preparate prima qualche caffè a vuoto, così da accertarvi che l’espresso caldo sia palatabile.
Nel qual caso, avrà certamente una buona versione fredda. Casomai dolcificaste il caffè ancora caldo, preoccupatevi di usare dello zucchero semolato o di canna. Se, d’altra parte, preferite farlo da freddo, optate per lo zucchero liquido. Ricordate che, spesso, anche chi lo beve nero gradisce un caffè freddo leggermente dolcificato.
Per preparare il caffè freddo con la moka predisponete la macchinetta come fate di solito. Una volta ottenuto il caffè, dolcificatelo e versatelo in una tazzina su qualche cubetto di ghiaccio oppure, al contrario, versatelo sul ghiaccio e poi zuccheratelo. Bevetelo subito così che il ghiaccio raffreddi ma non annacqui il caffè.
Se, infine, volete averlo sempre a portata di mano preparate una o due caffettiere, dolcificate l’espresso, fatelo raffreddare e poi travasatelo in una bottiglia di vetro. Chiudetela bene e trasferitela in frigo. Al momento di gustarlo, non dovrete far altro che versarlo in una tazzina o in un bicchiere con un cubetto di ghiaccio.
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