venerdì 05 Dicembre 2025
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MUMAC: la luce protagonista al museo del caffè nella tavola rotonda Fiat Lux: tutte le sfumature dell’illuminazione

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Da sinistra: Fabio Peri, curatore scientifico del Civico Planetario di Milano U. Hoepli, Renata Bianconi, founder Galleria Bianconi e art advisor, Barbara Foglia, MUMAC Manager, Tonia Cartolano, giornalista SkyTg24, Elisa Storace, curatrice del Museo Kartell, Marco Amato, vicepresidente Museimpresa e direttore Museo Lavazza, il fotografo Maurizio Galimberti

BINASCO (Milano) – MUMAC, il Museo della macchina per caffè espresso professionale, rinnova la sua partnership con MuseoCity grazie all’incontro “Fiat Lux”, una tavola rotonda che mette a confronto i maggiori esperti del settore sul tema della luce. L’evento è stato introdotto da Barbara Foglia, MUMAC Manager e moderato dalla giornalista di Sky TG24, Tonia Cartolano. Gli ospiti hanno trattato l’argomento della luminosità sotto diversi aspetti: dall’assenza di oscurità presente nello spazio fino ad arrivare al movimento artistico dell’espressionismo.

Prima di addentrarci nel cuore del talk, MUMAC ha offerto una tazzina di caffè a tutti gli ospiti, concedendo una visita all’interno del Museo in cui è stato possibile essere testimoni di più di un secolo di storia scandito dalla realizzazione di macchine per il caffè uniche nel loro genere.

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Il museo MUMAC

Sono intervenuti: Marco Amato, vicepresidente Museimpresa e direttore Museo Lavazza, Renata Bianconi, founder Galleria Bianconi e art advisor, il fotografo Maurizio Galimberti, Fabio Peri, curatore scientifico del Civico Planetario di Milano U. Hoepli ed Elisa Storace, curatrice del Museo Kartell.

Il tema della luce scelto quest’anno dalla manifestazione MuseoCity ha collegato oltre 110 gallerie pubbliche e private.

Barbara Foglia, MUMAC Manager, fa gli onori di casa alla Sala Temporanea: un’area minimalista e luminosa che può ospitare fino a 150 persone per convegni, presentazioni e workshop.

“Questa sera il MUMAC apre in via straordinaria per aderire all’iniziativa di Milano MuseoCity 2023. Facendo parte dei musei che hanno aderito al progetto, parleremo del tema della luce. La nostra idea è stata quella di affrontare il topic in una maniera differente dal solito, riunendo in questa tavola rotonda diversi esperti che possano raccontare cosa è la luce dal loro punto di vista. Abbiamo riunito alcune delle maggiori personalità del mondo della scienza, dell’arte, del design e della fotografia con un focus sui musei d’impresa, di cui MUMAC fa orgogliosamente parte. D’altronde, i musei sono i luoghi in cui la scintilla e la brillantezza delle idee imprenditoriali vengono conservate e, soprattutto, raccontate.”

Fiat Lux: la luce protagonista al MUMAC

Foglia continua: “Ma che cos’è la luce? A questo proposito, ho scritto una frase che recita: “Tanto immateriale quanto fonte di vita, visione, apparenza. La luce conferisce forma e sostanza alla realtà ma anche ai sogni e all’arte. Ingannevole, talvolta, nel suo senso assoluto di materia sfuggente. Dà senso alle idee, alle innovazioni con la scintilla creatrice che scocca al nascere di un’impresa e all’heritage, che dall’impresa intrapresa, ne deriva con il trascorrere del tempo. La luce, tra arte, bellezza, fotografia, cosmo e impresa: al MUMAC la luce diventa parola. E così Fiat Lux: luce sia.”

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Il progetto Fiat Lux

Così Barbara Foglia passa la parola a Tonia Cartolano, giornalista Skytg24 e moderatrice dell’evento: “Quando parliamo di luminosità evochiamo diversi concetti: l’idea della creazione, della nascita e della verità. Esploriamo perciò questo tema da un punto di vista scientifico grazie a Fabio Peri, curatore scientifico del Civico Planetario di Milano U. Hoepli con la sua relazione: “La luce dell’infinito: ai confini dello spazio e del tempo attraverso le immagini dei telescopi spaziali”.

La luce nello spazio

“Noi astronomi siamo affascinati dalla luce e possiamo solo osservarla. Non possiamo toccare un pezzo di Sole. Tutto quello che possiamo imparare è dalla luminosità che arriva dagli abissi dell’Universo. Noi scienziati cerchiamo di andare oltre ogni confine fino all’infinito. Conosciamo la nostra luna ampliamente. Su Marte abbiamo recentemente piazzato diverse sonde che ci permettono di osservare un pianeta simile alla Terra. Giove è un pianeta fatto di gas e una delle sue lune potrebbe persino ospitare la vita. Per ora abbiamo solo immagini che, per il momento, conferiscono le fondamenta della verità scientifica. La luce che colpisce Saturno è l’ombra del pianeta sui suoi anelli ed è proprio la sua proprietà luminosa che ci rivela le componenti principali del pianeta.”

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La collezione MUMAC con lo sfondo della galassia riportato dai telescopi Hubble

Peri continua: “Le stelle? Ad occhio nudo vengono considerate minuscole e anche attraverso la lente di un telescopio, sono sempre dei puntini. Il loro colore, la loro luce, indicano diverse informazioni: una stella rossa è più fredda e una blu è invece più calda. Per calcolare quanto sono lontane le stelle vengono usati gli anni luce. Prendiamo, ad esempio, la stella Betelgeuse nella costellazione d’Orione: è lontana 500 anni luce. Un anno luce equivale a 10mila miliardi di chilometri. Il risultato finale sarebbe astronomico. Ciò significa che la brillantezza della stella ci ha messo 500 anni ad arrivare fino a noi.”

Peri aggiunge: “Non stiamo vedendo Betelgeuse com’è adesso ma com’era quando la luce era partita. Stiamo vedendo il suo passato grazie alla sua distanza. Già Galileo Galilei, 400 anni fa, con il telescopio, ha visto una luminosità non più diffusa ma composta da una moltitudine di stelle: una vicina all’altra. Basti pensare che la nostra Via Lattea è composta approssimativamente da 300-400 miliardi di stelle.”

In conclusione: “Esistono molte altre galassie di ogni tipo e forma. Tutto quello che possiamo imparare dalle galassie si apprende dalla luminosità. L’universo è pieno di galassie e, osservandole, possiamo guardare il loro passato e, quindi, ricostruire come è nato lo spazio e le sue regole. Noi esseri umani siamo ancora molto lontani nell’intraprendere questo traguardo ma è una delle sfide del nostro campo.”

Arte ed espressionismo

Dopo aver esplorato la luce da un punto di vista prettamente scientifico, cambiamo completamente prospettiva. Renata Bianconi, founder dell’omonima galleria, esplora il tema scegliendo un approccio focalizzato sul mondo dell’arte. Il Museo predilige la ricerca, la sperimentazione artistica e la promozione di artisti italiani e stranieri.

“La luminosità è sempre stata fondamentale nelle discipline artistiche: è grazie ad essa che percepiamo i colori, la superficie e la tridimensionalità. Con il baracco, soprattutto con Caravaggio e Bernini, la luce diventa soggetto dell’arte e dà senso stesso all’opera. Nella Vocazione di San Matteo di Caravaggio, ad esempio, viene mostrata la chiamata di Cristo all’Apostolato da parte di San Matteo. Ci sono tre fonti di luce: la finestra, una massa luminosa dall’alto e, infine, un fascio di lucentezza obliqua.”

“La scena si può leggere e interpretare solo grazie all’utilizzo della luminosità. Il fine ultimo dell’arte è quello di interpretare la realtà e, in qualche modo, anche quello di cambiarlo. Nell’800 arrivano la fotografia e i tubetti ad olio che creano uno dei movimenti della pittura più significativi della storia dell’arte: l’impressionismo. Una delle peculiarità di questa corrente è l’assenza del disegno: l’obiettivo degli impressionisti è quello di creare dalla realtà che vedono e dare l’impressione del vero, inteso come una percezione che cambia sempre grazie alle differenti sfumature di colore e di luce che riflettono un diverso momento della giornata.”

“Il mondo appare così più frammentato come nei dipinti di Claude Monet. Un esempio lampante è la cattedrale di Rouen, una serie di 31 dipinti ad olio dipinti dall’artista tra il 1892 e il 1894 raffiguranti il luogo di culto in diversi momenti del giorno. Perciò la lucentezza diventa opera d’arte e pennello cambiando completamente la percezione del mondo, diventando in questo modo sostanza e materia anche grazie all’utilizzo della fotografia, facendo immergere l’umanità in un cosmo emozionale ed espressivo.”

Design e luce con Kartell

Il mondo dell’arte tuttavia non è il solo ad avere un debito di gratitudine con la luce. Elisa Storace, curatrice del museo Kartell, spiega alla platea del MUMAC il legame intrinseco che lega il design alla luminosità con un misto tra progetto e poesia. Kartell è un’azienda italiana che produce mobili e oggetti di design ricercato. Le sue collezioni si compongono di oltre 8.000 oggetti, 5.000 disegni e 15.000 fotografie.

“Il design legato alla luce tramite la lampada è contraddistinto da un insieme di ricerca tecnica e formale. Mi riallaccio all’esempio della cattedrale di Rouen in cui con il cambiare della luce cambia la percezione della cattedrale: ciò è esattamente quello che fanno le lampade con il nostro arredamento. La luminosità viene utilizzata in maniera diversa per valorizzare l’ambiente in cui ci si trova. Nella storia di Kartell ci sono diverse lampade che hanno fatto la storia dell’azienda. Un esempio è l’oggetto di design realizzato da Philip Stark, Goodnight. L’idea è quella di usarla sul comodino con comodità e realizzare un ambiente rilassante, simile a come fa la candela. L’oggetto diventa un tutt’uno con il fruitore, accompagnando efficienza e bellezza di design.”

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La lampada Goodnight

Ma la luminosità non è una componente esclusiva delle arti e delle scienze. La luce in quanto scintilla e conoscenza viene alimentata da ogni museo grazie ad ogni oggetto di collezione informazione presente nella propria collezione.

Marco Amato, vicepresidente Museimpresa e direttore Museo Lavazza, spiega così il ruolo del curatore dell’associazione culturale:

Storia e cultura del Museo

“Ho scelto di utilizzare la luce come strumento di racconto della storia d’impresa. Museimpresa raccoglie più di 120 imprese in tutta Italia da nord a sud: dall’alimentare alla moda. Tutti questi musei hanno in comune una scintilla, l’idea imprenditoriale da cui parte tutto dalla mente di un uomo o di una donna. Molto spesso, quel germe di innovazione fa affidamento su pochi mezzi. All’interno del Museo Lavazza, ad esempio, abbiamo la cedola di 50 lire con cui è iniziata la storia imprenditoriale di Luigi Lavazza che aveva chiesto un prestito per finanziare la sua idea di miscela di caffè. All’interno dei nostri musei cerchiamo di tessere il filo della scintilla e raccontare la storia dell’industria in tutte le sue sfaccettature: dalle sue origini fino all’espansione, passando per i fallimenti e la successiva ripresa”.

“Frequentemente, in passato, quando si parlava delle origini delle imprese si parlava solo della disperata ricerca del profitto, ma c’è molto più di questo: ogni imprenditore, oltre al ricavo, è alla ricerca di migliorare in qualche modo la propria comunità grazie alle innovazioni che sono frutto della sua mente. Il nostro compito risulta quindi quello di gettare letteralmente luce su queste imprese e raccontare una realtà che prenda in considerazione tutti gli aspetti che hanno fatto la storia delle aziende”.

Ci si avvicina alla conclusione della giornata con Maurizio Galimberti che espone una delle arti in cui la luce diventa protagonista: la fotografia.

“Sono diventato un fotografo per non essere al buio. Sono cresciuto in un orfanotrofio. Ci chiudevano dentro alle camerate buie alle tre del pomeriggio. La luce per me è sinonimo di vita. Utilizzavo spesso la polaroid per non stare nelle tenebre delle camere oscure. Come fotografo non pianifico nulla ma mi lascio trasportare dal momento. Recentemente, ho fatto un lavoro sul disastro di Marcinelle nel Belgio in cui morirono 262 operai, più della metà immigrati italiani. Lavoravano a 1600 metri di profondità a 60 gradi in cunicoli molto stretti”.

“Vedevano la luce solo quando entravano e uscivano dalla miniera. Per lavorare con più facilità, portavano nelle miniere dei cavalli di piccola statura che rimanevano all’interno della struttura per anni. Dopo dieci o quindici anni al buio, una volta rientrati in superficie, impazzivano alla vista della luce del Sole. Per un fotografo la luce è gioia e vita nonché espressione per indicare movimento e dinamicità.”

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Maurizio Galimberti è un fotografo italiano principalmente noto nel panorama mondiale per i suoi scatti con la polaroid che, con il tempo, sono diventati la sua firma.

di Federico Adacher

Così Costa Coffee aumenterà gli stipendi: i baristi saranno pagati più di 12 euro all’ora

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Una barista di Costa (immagine di uliachancejc da Pixabay)

MILANO – Busta paga più pesante per i baristi di Costa Coffee. La catena britannica di proprietà della Coca-Cola ha annunciato ieri, lunedì 6 marzo, aumenti salariali tra il 6,1% e il 7,3% per più di 16 mila dipendenti negli oltre 1.500 locali di proprietà in Uk, a partire dal 1° aprile. La retribuzione base per i baristi passerà da 10 ad almeno 10,70 sterline (12,1 euro) all’ora.

Per i Barista Maestros, la paga passerà da 10,53 ad almeno 11,23 sterline (12,7 euro), a seconda della mansione e della location.

La decisione è in linea con l’aumento del salario di sussistenza nazionale, che il governo ha deciso di elevare a 10,42 sterline (11,8 euro) a partire dalla stessa data.

Per Costa, si tratta del terzo aumento nel giro di un anno, per un incremento medio delle retribuzioni superiore al 14%, a fronte di un tasso di inflazione che ha raggiunto, a gennaio, il 10,1%, in discesa da un picco quarantennale dell’11,1%, nell’ottobre scorso.

Alla rivalutazione delle retribuzioni si aggiungono inoltre vari benefit riconosciuti ai dipendenti, tra cui bevande gratis per i lavoratori in turno e vari sconti. Previsti inoltre bonus particolari legati alle performance dei locali.

Il direttore esecutivo ad interim di Costa per il Regno Unito Nick Orrin ha dichiarato che gli aumenti salariali sono volti a sostenere i lavoratori in un “momento di incertezza”.

Ma il loro scopo è anche quello di fidelizzare gli attuali dipendenti e attrarne dei nuovi, a fronte della carenza cronica di lavoratori causata, in molti settori, dalla mancanza di manodopera straniera, dopo la stretta sull’immigrazione avvenuta con la Brexit.

Nonostante la crisi, il tasso di disoccupazione in Uk è ai minimi degli ultimi cinquant’anni. E l’occupazione è in crescita.

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Rancilio alla 12ª edizione della coffee competition Martina Forino di Roma

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Rancilio Silvia bianca (immagine concessa)

VILLASTANZA DI PARABIAGO (Milano) – Giovedì 30 marzo 2023 l’azienda Rancilio sarà presente insieme a Cubacafè s.r.l. per la dodicesima edizione della coffee competition Martina Forino ideata per stimolare gli allievi del biennio e del triennio degli Istituti alberghieri italiani che vogliono specializzarsi nei settori dell’horeca.

Rancilio con Cubacafè alla coffee competition Martina Forino

La competizione, che quest’anno chiamerà a partecipare gli studenti delle regioni Lazio, Toscana, Campania, Marche, Basilicata, Molise, Abruzzo, e per la prima volta, Puglia e Calabria, è nata con lo scopo di valorizzare lo scambio di conoscenze, competenze ed esperienze fra i giovani ed esperti del settore premiando la creatività e formando i professionisti del futuro.

Il concorso si suddividerà in quattro gare sulla preparazione di bevande e alimenti a base di caffè portando alla consegna del Premio interregionale per espresso, latte art, bar e pasticceria.

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Il logo Rancilio (immagine concessa)

Come ogni anno, i concorrenti verranno valutati da una giuria altamente qualificata da cui gli studenti potranno trarre ispirazione e suggerimenti utili per la loro prossima carriera.

La novità di quest’anno è il Premio miglior tik tok, volto a coinvolgere studenti DVA in un progetto di arricchimento, di sostegno a una didattica laboratoriale che incoraggi inclusione e partecipazione.

Gli studenti di ogni istituto saranno invitati a inviare la registrazione di un tik tok che li veda impegnati in un’attività legata al mondo della caffetteria, dalla preparazione di un espresso alla decorazione di un cappuccino.

Fra i diversi premi messi in palio da Cubafè s.r.l. per i vincitori, la macchina per caffè espresso da casa Rancilio Silvia, con caldaia coibentata a risparmio energetico e lancia vapore in acciaio inox per garantire qualità professionale anche a casa.

Maggiori informazioni

  • 30 marzo 2023
  • Istituto Alberghiero “Apicio – Colonna Gatti” (per scoprire la posizione su Google Maps cliccare qui)
  • Viale Nerone, 1, 00042 Anzio RM, Italia
  • Per maggiori informazioni cliccare qui.

Ceado pensa agli home-barista: ecco Hoop, il no bypass brewer per tutti

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Hoop in azione (foto concessa)

MILANO – Parliamo di Ceado, azienda produttrice di macinacaffè e attrezzature da bar ed è presente nel settore da 70 anni. Realtà nata dalla passione e dalla maestria artigianale del suo fondatore. L’esperienza di Egidio Girardi ha avuto inizio nel 1952 a Venezia ed è culminata con l’avvio di un’attività imprenditoriale, in cui è stato affiancato dai figli e dalle loro competenze tecniche e manageriali.

Dopo un primo periodo di progettazione e produzione per conto terzi, nel 1998 l’azienda ha deciso di investire su un proprio marchio commerciale: Ceado, soprannome locale della famiglia, che in breve tempo si è affermato a livello globale.

Il legame della Famiglia Girardi con le proprie radici e con la propria venezianità è
sempre stato molto forte. Per Ceado, Venezia rappresenta da sempre, con la sua coraggiosa bellezza, una fonte inesauribile di ispirazione. Il passaggio da azienda artigiana ad industria è avvenuto grazie alla seconda generazione Girardi, ancora attuale proprietà e guida: Michele, presidente e responsabile dell’area tecnica e produttiva, e Paolo, Vice-presidente e direttore commerciale.

Da sempre Ceado è trainata dal desiderio di innovare e continua ad imporre nuovi
standard di riferimento ai mercati in cui opera. Costanti investimenti in R&D e nello
sviluppo di competenze caratterizzano l’attuale fase di vita aziendale, orientata al
rafforzamento e alla crescita del capitale umano e delle funzioni aziendali.

Ceado si è interessata agli appassionati della bevanda che non sono però campioni Sca come il Vannelli di quest’anno: come mai avete deciso di dedicarvi a questo target spostandosi un po’ dal vostro core business dei grinder?

Hoop coffee brewer (foto concessa)

“Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescente richiesta dei nostri prodotti
tecnologicamente più avanzati da parte di appassionati del mondo del caffè non per
utilizzi professionali. Abbiamo intercettato una grande passione e competenza in molti
home-baristas, per lo più all’estero, e abbiamo lavorato per proporre un prodotto anche
ad un target domestico meno preparato.

Così, ad Host 2021, Ceado ha introdotto un macinacaffè dedicato a questo pubblico:
Life. È un macinacaffè facile da usare, accessibile dal punto di vista del prezzo e delle dimensioni, pensato come oggetto di design capace di abbellire l’ambiente di casa. Il macinacaffè Life ha vinto un importante premio internazionale di Design, precisamente “The Good Design Award”, attribuito da The Chicago Athenaeum Museum of Architecture and Design, nella categoria household.

Come Life, Hoop appartiene all’offerta del catalogo Ceado Lifestyle, una selezione di
prodotti e accessori di Ceado associati a dei mood e lifestyle specifici. Sono rappresentativi del mood your way of coffee, in cui ognuno è libero di vivere ed esplorare il mondo del caffè seguendo un approccio personale.

La nostra idea è quindi di proporre dei prodotti ed accessori accessibili, facili da usare,
in grado di rispecchiare i desideri di persone non esperte del settore ma interessate a
scoprire il mondo del caffè, in modo democratico, alla portata di tutti. Ciò non significa
che anche i campioni di brewing non possano utilizzarlo come strumento di esplorazione, visto che permette un’estrazione piena e personalizzabile.”

È cambiato qualcosa nel consumo domestico italiano?

“Con la pandemia è avvenuto un cambiamento nelle abitudini delle persone che hanno
trascorso molto tempo in casa, vivendone intensamente alcuni ambienti, su tutti la cucina. E’ aumentato il consumo domestico di molti prodotti; il tempo a disposizione ha aumentato il livello di interesse e approfondimento, prevalentemente su internet, anche su siti stranieri, nella loro scelta. Anche il caffè e l’attrezzatura per prepararlo sono stati oggetto di questo interesse, nel tentativo di vivere a casa l’esperienza del bar.

Quali sono i vantaggi di Hoop, un no by pass brewer e quali sono le differenze maggiori con un tradizionale brewer?

“Il vantaggio principale di Hoop è dato dalla sua semplicità di utilizzo. È uno strumento accessibile a tutti, anche a chi non ha conoscenze del mondo del caffè e dell’estrazione.
Rispetto agli altri metodi di estrazione, ti assicura di ottenere un caffè di qualità senza
sforzo, in quanto l’estrazione è praticamente automatizzata e non si devono seguire
regole precise.

Inoltre, Hoop è un no bypass brewer; significa quindi che tutta l’acqua versata passa
omogeneamente attraverso il caffè, evitando l’effetto bypass, ossia il passaggio
indesiderato dell’acqua attraverso il filtro di carta e le pareti, senza attraversare il caffè,
come avviene nei sistemi di brewing tradizionali.

Inoltre, l’acqua non è versata direttamente sul caffè, evitando la possibile formazione di
canali preferenziali. Con Hoop tutta l’acqua è coinvolta nel passaggio attraverso il caffè disposto in un panetto a forma cilindrica regolare e il risultato è un’estrazione piena, concentrata e di alta qualità, con zero sforzo.”

Il materiale usato per Hoop è interessante dal punto di vista di pulizia, manutenzione, non intacca il sapore finale in tazza?

“Ceado da sempre lavora con attrezzature a contatto con gli alimenti e anche in questo
caso abbiamo utilizzato plastiche professionali, BPA free, con nessuna cessione nella
bevanda e che rispettano la normativa MOCA.”

E quale sarà il tipo di estrazione finale? Paragonabile più a un Chemex o a un Aeropress?

“Il tipo di estrazione finale può essere definita come una via di mezzo tra un Aeropress e
un Chemex. È infatti un’estrazione a caduta, quindi senza pressione aggiunta, ma maggiore del Chemex in quanto non c’è l’effetto bypass. Hoop dà un’ottima estrazione anche con del caffè macinato da moka.”

Avete pensato di abbinare Hoop anche a un macinacaffè dedicato al filtro? Facile da usare e alla portata di tutti così come il brewer?

Le versioni del macinacaffè Life (foto concessa)

Life è il macinacaffè che può rispondere alla necessità di avere un macinacaffè facile da
usare ed accessibile. È infatti pensato per un target domestico che cerca un prodotto
che sia anche esteticamente bello e che posso dare un valore aggiunto al proprio
ambiente di casa.

Hoop è comunque un accessorio pensato per poter essere utilizzato da tutti, sia da chi
non ha conoscenze del mondo del caffè, sia da chi è molto esperto come un coffee
geek.

Infatti, la sua semplicità di utilizzo lo rende accessibile a tutti, ma allo stesso tempo è
uno strumento che permette anche agli esperti del settore di sperimentare e creare
nuove ricette. Per questo motivo, Hoop può essere abbinato a più macinacaffè, sia quelli che sceglierebbe un coffee geek, sia quello più adatto ad un target inesperto. Per entrambi i target, Ceado ha il macinacaffè adatto.”

Qual è la ricetta ideale pensata dall’inventore di Hoop (su cui poi si può giocare con diverse ratio)?

“La ricetta proposta dall’inventore di Hoop è di 12gr di caffè macinato e 300gr di acqua.

L’inventore suggerisce questa ricetta come punto di partenza per conoscere meglio Hoop, ma da qui il consiglio è di trovare le proprie regole in base al proprio gusto personale e di sperimentare nuove ricette.”

Quali sono stati i feedback fin qui dei consumatori non addetti ai lavori, ma anche di chi lo ha provato con l’occhio del professionista?

“Da parte di entrambi i target la reazione è stata di grande interesse e quello che ha
colpito maggiormente è la sua semplicità di utilizzo. L’estrazione di Hoop, infatti, è praticamente automatizzata per cui il risultato finale è sempre di un caffè buono. Inoltre, questo significa anche che il risultato in tazza è costante e ripetibile, sia che venga utilizzato da un esperto che da un neofita.”

Ceado cosa vede in questo 2023? Si entrerà ancora maggiormente dentro le case degli italiani? Si punta anche a mercati esteri in particolare?

“L’idea è di ampliare l’offerta domestica proponendo altri accessori in linea con il mood
di Life e Hoop. I mercati esteri sono da sempre importanti per Ceado, ma sicuramente puntiamo a diffondere la nostra passione del caffè anche in Italia.”

Hoop è acquistabile al prezzo di 38,98 euro sul sito RG Mania.

Per maggiori informazioni, qui il sito dell’azienda con tutti i riferimenti di contatto.

Fipe Lombardia: “Bene la proroga sui dehors ma il comparto ancora soffre”

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Fipe -Confcommercio buoni pasto inflazione donne ristorazione
Il logo Fipe

MILANO – È un quadro ancora incerto quello per il comparto dei pubblici esercizi lombardi – a RistorExpo (Erba) il Comitato Fipe Lombardia – che ancora accusano i colpi della pandemia e i più recenti rialzi dei costi energetici e delle materie prime. Sofferenza evidenziata anche da un indicatore esplicito come l’occupazione: con la pandemia il numero di dipendenti si è ridotto di oltre il 20%, pari ad una perdita superiore alle 40.000 unità (elaborazione centro studi Fipe su dati Inps).

Fipe sui dehors

“Il nostro settore è stato tra quelli che hanno pagato il prezzo più alto per Covid e per l’aumento dei costi dell’energia – dichiara il presidente di Fipe-Confcommercio Lino Enrico Stoppani –  Segnali di ripresa iniziano ad intravedersi, anche grazie ad un trend positivo del turismo, ma è necessario continuare a sostenere il comparto: bene dunque la decisione di prorogare l’esonero all’autorizzazione paesaggistica fino alla fine del 2023 per i dehors, che non possono essere più considerati solo come una risposta ad un’emergenza, bensì un elemento rappresentativo di un nuovo modo di vivere la socialità e gli spazi urbani”.

Per supportare il comparto è necessaria un’attenzione particolare da parte di tutti i livelli istituzionali: i municipi, chiamati a capire e governare le nuove dinamiche che influenzano il territorio, combinando interessi a volte divergenti, e le Regioni, che hanno competenze in grado di stimolare e favorire la crescita.

“La nostra Federazione – prosegue Stoppani – ha apprezzato le misure della scorsa Giunta regionale lombarda su credito e liquidità, efficienza energetica e sostegno all’occupazione. Con il prossimo esecutivo di Regione Lombardia continueremo a confrontarci con spirito collaborativo, chiedendo un impegno ulteriore per la crescita professionale degli operatori-imprenditori e collaboratori grazie alla formazione e all’innovazione.

Inoltre, va perseguito e rafforzato il principio stesso mercato stesse regole, evitando distorsioni e concorrenza sleale nel settore della somministrazione. Infine, va risolto il tema dei frontalieri che, dalle zone di confine, vanno a lavorare in Svizzera, attraverso la defiscalizzazione del costo del lavoro per le aree di confine”.

In occasione di RistorExpo è stata presentata ai ristoratori del territorio la prima edizione della “Giornata della ristorazione per la cultura dell’ospitalità italiana” che si terrà il 28 aprile. Un’occasione per non dimenticare e valorizzare i valori e il ruolo della ristorazione italiana, strumento di identità e di attrattività del Paese.

“Perché una Giornata da sola non basta per raddrizzare le cose, ma forse serve a raddrizzare lo sguardo su come guardare la ristorazione di questo Paese – conclude Stoppani – recuperandone cioè non solo i valori economici, ma anche quelli sociali, culturali ed identitari, che rafforzano le nostre Comunità e favoriscono coesione sociale”.

Alcuni modi per prepararsi il caffè in casa anche se la macchina non funziona

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caffè alla turca bar macchina del caffè belgrado preparazione

MILANO – Cosa succede quando la mattina un autentico coffeelover si alza, va in cucina convinto di bersi la sua prima dose di caffeina a regola d’arte e si accorge che la macchina del caffè non funziona? La soluzione è il solubile? Non sembra essere un’alternativa valida per chi è appassionato della materia prima fresca.

Nell’articolo che traduciamo di Ian Hugo su money.com, arrivano 4 consigli per muoversi senza ausilio della tipica attrezzatura.

Macchina del caffè rotta? No problem: torniamo alle vecchie abitudini

Noi italiani non abbiamo certo dimenticato la vecchia e cara moka, che ha bisogno semplicemente di un fornello acceso, dell’acqua e del macinato. Ma da money.com, un altro suggerimento parla dell’infusione dei fondi che è possibile replicare anche all’aria aperta, se si ha a disposizione dei fornelletti portatili.

La ricetta da seguire: sei once (più o meno 180 millilitri) di acqua per ogni tazzina in un bollitore o in una casseruola su una fiamma medio-alta. Un cucchiaio di caffè nell’acqua bollente che andrà scaldata per altri due minuti. Il tutto poi sarà lasciato raffreddare per cinque minuti ancora prima di esser versato in tazza, filtrando i fondi.

Il classico caffè turco

Non è una novità anche in Italia, soprattutto grazie alla sua presentazione nelle competizioni nazionali e internazionali: con sei once d’acqua (177, 4 millilitri) a porzione si deve mettere a bollire sul fuoco lento. A questa bisogna aggiungere un cucchiaio di caffè finché non avviene l’ebollizione: a quel punto bisogna togliere dal fuoco il pentolino e ripetere questo meccanismo via via eliminando la schiuma in eccesso per poi versare in tazza. Dopo 15 secondi, la miscela potrà essere riposta senza filtrare ulteriormente.

Altre soluzioni senza macchina del caffè

C’è il modo di replicare la French press, senza avere l’esatta attrezzatura. Basta avere una tazza, una ciotola e un cucchiaio con cui pressare man mano il caffè in tazza.

Un’altra soluzione è usare il filtro. Aggiungete due cucchiai di caffè per ogni porzione e legate il filtro, unendo le estremità per formare un pacchetto simile a una bustina di tè. Una volta fatto, mettetelo nella tazza. Versate dell’acqua in un pentolino e portarla a ebollizione.
Immergete la bustina di caffè nell’acqua calda e lasciatela in ammollo per circa 30 secondi.
Dopodiché, versare sei once (177, 4 millilitri) di acqua bollente nella tazza e lasciare in infusione per circa quattro minuti.

Una volta in infusione, rimuovete il sacchetto, aggiungete panna o zucchero (se volete) e godetevi la vostra tazza di caffè.

 

 

Kahlúa: con Coffee for Good, l’Arabica messicana nel liquore è tracciabile

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Kahlúa
Kahlúa (foto dal sito)

MILANO – Un nuovo obiettivo raggiunto dall’azienda celebre in tutto il mondo per la sua produzione di liquore al caffè – materia prima di punta è l’Arabica -: Kahlúa diventa sempre più tracciabile affidandosi ad una supply chain trasparente, tramite una mappatura di tutti i passaggi al suo interno in modo da poter risolvere i potenziali punti critici.

Il caffè utilizzato per la ricetta Kahlúa ha la sua origine al 100% dalle comunità di farm del Messico, tutte coinvolte nel progetto avviato nel 2016, Coffee for Good. Un percorso che il marchio ha voluto intraprendere, per rispettare le sempre più forti spinte anche da parte del consumatore finale, verso le aziende che si assumono anche una responsabilità sociale ed ambientale rispetto alla propria produzione.

Kahlúa ha incluso 4 comunità messicane per un totale di 300 tonnellate di verde

Altri numeri importanti sono rappresentati dai 500 agricoltori che hanno aderito all’iniziativa con una prospettiva di crescita, tutti in direzione per una filiera più tracciabile e sostenibile. Dal 2016 in poi 704 agricoltori hanno potuto accrescere le proprie competenze, con la realizzazione di 214 bagni a secco e l’avvio di oltre 213.500 piante di caffè.

Un altro dato fondamentale riguarda la parità di genere: grazie al progetto, 70 donne hanno ricoperto ruoli dirigenziali

Il risultato è stato un impatto positivo sulla vita degli stessi coltivatori, attraverso l’applicazione di pratiche agricole efficienti che possano anche garantire la conservazione della biodiversità locale.

Coffee for Good si propone quindi di operare su tre canali principali: quello economico, sociale e ambientale, rispondendo ai bisogni primari dei lavoratori da una parte, favorendo l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici, e dall’altra costruendo le fondamenta per delle piantagioni estensive con piante resilienti al cambiamento climatico e alle malattie.

Tutto questo è stato possibile grazie al supporto di esperti che hanno proposto determinate soluzioni in termini di pacchetti nutrizionali e fertilizzanti in grado di migliorare la salute degli alberi appena piantati.

Coffee for Good procederà per il raggiungimento della certificazione del lavoro dei farmers e includere altri due nuovi villaggi al programma. L’intenzione è quella anche di mettere a disposizione delle borse di studio per i giovani che vogliano intraprendere un percorso di studi sulle materie agrarie, così da limitare l’effetto di spopolamento dei campi in favore delle zone urbane.

Hidetsugu Ueno: chi è il miglior bartender giapponese, che è astemio

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Giappone Hidetsugu Ueno, warp
La bandiera del Giappone

MILANO – Matteo Albanese ci parla su equire.com di una storia molto curiosa, ovvero quella del bartender giapponese e astemio Hidetsugu Ueno, il migliore di tutto il Sol Levante. Il suo locale, proprio situato a Tokyo, è un luogo celebre e sicuramente simbolo della vita mondana della capitale, Bar High Five.

Hidetsugu Ueno: la filosofia dietro il bartender

«I bartender sono degli specchi, ti restituiscono quel che mostri di te», dice Hidetsugu Ueno. E nel mentre seleziona, mescola, spreme. Shakera. Intaglia il ghiaccio imprimendo un ritmo affascinante ai suoi sapienti gesti:

Nel suo famosissimo Bar High Five di Tokyo, infatti, non c’è un menù. I cocktail sono creati in base alle risposte che dai alle domande che ti pone il bartender.

Anche questo è alla base del successo di Hidetsugu Ueno, oltre al look impeccabile: camicia e cravatta, occhiali, capelli tirati all’indietro. Eleganza, cordialità, stile classico e intramontabile. Tanti signature cocktail in un locale con oltre cento bottiglie. Da provare assolutamente c’è il White Lady della casa. E la preparazione di ogni drink, con le sculture di ghiaccio che hanno reso Ueno famoso in tutto il mondo (un USP mica male!) è inebriante. Un’esperienza. Il suo motto? «I drink sono solo una parte del mio lavoro, che è rendere felici le persone».

Qui, l’articolo completo.

Tè: ecco la produzione del vero albero Shu Pu-erh

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Durante il processo di lavorazione (foto concessa)

MILANO – Quante cose non conosciamo dei riti che caratterizzano le nostre giornate: dal caffè al , spesso da consumatori ignoriamo il lavoro che sta dietro il prodotto finale che gustiamo a casa o nei bar. A questo proposito, condividiamo un interessante approfondimento fornito da Changsha Wufeng Tea Co, sulla lavorazione del tè.

Il fornitore di tè dalla Cina lancia uno sguardo sul mondo dietro una cerimonia complessa, che però parte ovviamente dal terreno e dalla materia prima.

All’origine di questa bevanda c’è una filiera produttiva che rispetta i cicli della natura e i lunghi processi di trasformazione delle foglie. Le immagini raccolte sono il racconto visivo di ciò che avviene in terre molto lontane, grazie all’operatività di alcuni coltivatori.

Tè: tempi, metodi, processi

Il tè, da dove nasce, si parte nel viaggio (foto concessa)

Dopo un mese e mezzo di fermentazione in pila (Wo Dui) – una tecnica moderna per potenziare l’attività microbica – e circa due mesi di trasformazione naturale, il vecchio albero di shu pu-erh finalmente è pronto per procedere all’ordinazione e selezione. È stato scelto in base alle dimensioni (Regular grade, Gong Ting Grade and Lao Cha Tou).

Il vecchio albero mao cha (foto concessa)

A metà settembre, il vecchio albero mao cha è stato ammassato per la fermentazione nella piantagione di tè Song Shan di Yongde, nello Yunnan sud-occidentale.

Durante il processo di lavorazione (foto concessa)

L’acqua di sorgente viene spruzzata sul mao cha al fine di inumidire il tè per la fermentazione. La qualità dell’acqua è molto importante per ottenere un shu pu-erh ottimale. Perché alcune acque potrebbero portare con sé strani odori o addirittura sostanze chimiche. Negli oltre 40 anni di storia della lavorazione dello shu pu-erh da parte della piantagione di tè Song Shan, è stata sempre utilizzata acqua di sorgente di alta qualità.

Ma vedere come anche questo ingrediente sia fondamentale per ottenere un prodotto di un certo livello non dovrebbe poi tanto stupire i lettori, già abituati a considerare questo fattore per la preparazione del caffè.

Il maestro del tè (foto concessa)

Questo è il maestro del tè Yang, che è stato il primo a coltivare questa tipologia di pianta e ha assistito alla realizzazione dello Shu pu-erh nello Yunnan negli anni Settanta. È il rappresentante del livello tecnologico dello Yunnan Shu Pu-erh e questo nonostante l’età avanzata di 72 anni. Lui stesso lavora ancora diligentemente, seguito dai suoi operai.

Il mao cha è stato ben ammassato per la fermentazione (Wo Dui). (foto concessa)
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Il laboratorio è progettato per la fermentazione in pila. È spazioso, luminoso e ha una buona ventilazione. (foto concessa)
L’acqua aggiuntiva sul terreno si asciuga rapidamente. (foto concessa)

Questo avviene a metà del processo di fermentazione della pila. Il tè viene ricoperto da uno strato di cocco di palma. Durante questo fenomeno di trasformazione sono molti i microrganismi che agiscono e sono proprio loro che determinano la qualità dello shu pu-erh.

Questi esseri che abitano la pianta del tè Song Shan si sono evoluti per quasi 40 anni, diventando stabile, così garantendo la costanza della qualità di ogni lotto di tè lavorato. Ai visitatori è severamente vietato recarsi nel laboratorio, perché potrebbero introdurre microrganismi estranei.

Alla fine della fermentazione in pila, il tè viene rimescolato a mano e sfuso. (foto concessa)
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Questo è il tè shu pu-erh appena rimescolato sfuso, completamente secco. Nello Yunnan infatti, l’aria tra ottobre e aprile è molto secca, quindi il tè può essere essiccato naturalmente in laboratorio. (foto concessa)
Un’altra fase di lavorazione (foto concessa)

Di solito il tè viene messo a riposare per un altro mese se non due per terminare la fase di trasformazione naturale prima di essere smistato. Ci sono 2500 kg di sheng pu-erh maocha per la lavorazione di questo lotto di Shu Pu-erh. Dopo la fermentazione in pila, ci sono 1912 kg di Shu Pu-erh, il che significa una perdita di circa il 24% durante la lavorazione in pila.

Il tè è stato smistato con una macchina tradizionale. (foto concessa)
Questo è il grado normale di shu pu-erh dopo la cernita. (foto concessa)

Si tratta del corpo regolare del tè a foglia grande, composto da circa il 58% del prodotto finale.

Questo è il grado Gong Ting di shu pu-erh dopo la cernita. È la gemma e la punta del tè, composta da circa il 14% del prodotto finale. (foto concessa)
Questo è il Lao Cha Tou di shu pu-erh dopo la cernita (foto concessa)
Questo è il Lao Cha Tou di shu pu-erh dopo la cernita (foto concessa)

È l’essenza del tè shu pu-erh

Il succo di tè si concentra durante la fermentazione in pila e forma un blocco compatto, che non può essere facilmente eliminato. È composto da circa il 13% del prodotto finale. (Il resto, pari a circa il 15%, è costituito da fannings, rotture e polvere di tè, che non possono essere classificati).

Questo è l'infuso di Old Tree Shu Pu-erh tè
Questo è l’infuso di Old Tree Shu Pu-erh (foto concessa)

Ha un liquore rosso brillante e pulito e sprigiona una sorta di sapore dolce di dattero cinese. La sensazione in bocca è molto morbida. Il gusto è ricco e il retrogusto è profondo. Il sapore dolce puro e il gusto ricco e profondo sono la differenza principale di questo lotto di shu pu-erh dell’albero vecchio rispetto a quelli ordinari.

Il vecchio albero shu pu-erh è pronto ed è disponibile in foglie sciolte delle qualità sopra indicate e anche personalizzabili per la compressione. Ci sono sei opzioni di forme e dimensioni diverse. Si tratta di monete da 7 g, mini tuocha da 5 g, tuocha da 100 g, mattone da 250 g, torta da 357 g e torta da 200 g.

Lavazza: il finanziamento di 600 milioni da un gruppo di 6 banche per gli obiettivi sulla sostenibilità

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antonio baravalle lavazza
Antonio Baravalle, amministratore delegato del Gruppo Lavazza

MILANO – Continua la linea di finanziamenti che vede il sostegno delle banche ai torrefattori italiani. Di recente abbiamo riportato la notizia dell’investimento di Bper Banca su Caffè Borbone, per un totale di 10 milioni forniti ai fini dello sviluppo dei progetti aziendali, ora è il turno del Gruppo Lavazza.

L’impresa torinese è appoggiata da un pool di sei banche, che hanno stanziato 600 milioni per incrementare le strategie sostenibili Lavazza

Le banche sono state assistite dallo studio legale Dentons, mentre Lavazza è stata assistita dallo studio legale Shearman & Sterling, come rivela un comunicato diffuso dagli Istituti di credito.

Lavazza, contratto di finanziamento sottoscritto

Il gruppo Lavazza ha sottoscritto un contratto di finanziamento con un gruppo di banche che hanno agito in qualità di mandated lead arrangers e finanziatori – formato da Bnl Bnp Paribas, Bnp Paribas Italian Branch, Banco Bpm, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Rabobank – per l’importo complessivo di 600 milioni di euro articolato in una linea di credito Term Loan e in una linea di credito Revolving, entrambe con durata di cinque anni.

Intesa Sanpaolo, attraverso la divisione Imi corporate & investment banking, ha agito inoltre come agent e sustainability coordinator.

Le banche: “Focus sulla sostenibilità con un meccanismo premiante legato al raggiungimento degli obiettivi”

Dice la nota diffusa ai media dalle banche: “Il finanziamento è legato a specifici obiettivi Esg (Environmental, Social and Governance) di Lavazza”, “con la previsione di un meccanismo premiante collegato al raggiungimento di determinati parametri di sostenibilità”.