lunedì 01 Dicembre 2025
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Nancy Cordoba: “Vogliamo comprendere meglio la relazione tra la composizione chimica del caffè e la percezione di dolcezza”

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Nancy Cordoba prepara il suo caffè filtro (foto concessa)
Nancy Cordoba prepara il suo caffè filtro (foto concessa)

MILANO – Quando si parla di caffè in modo scientifico, è necessario appoggiarsi a chi fa ricerca sul campo: l’analisi sensoriale e come questa possa rivelarsi determinante dal punto di vista chimico è uno degli argomenti studiati dalla ricercatrice post-dottorato della Ohio State University, Nancy Cordoba.

Cordoba, dalla Colombia, uno dei Paesi di origine del chicco. La sua passione si è poi trasformata in ricerca intorno a questa materia prima?

“Assolutamente sì! La mia passione per il caffè si è trasformata in ricerca su questa straordinaria materia prima. Provengo dal dipartimento di Nariño in Colombia, una regione  rinomata per l’eccezionale qualità e la forte tradizione del caffè e così ho avuto il privilegio di nascere e crescere nel cuore della produzione.

Come ingegnere agroindustriale, il mio viaggio in questo settore è iniziato con la mia prima esperienza lavorativa, in cui ho avuto la fortuna di partecipare all’implementazione delle pratiche C.A.F.E. di Starbucks, all’epoca all’avanguardia.

Presto mi sono resa conto che il futuro stava nel superare i limiti, nello sfidare i paradigmi esistenti e trasformarli con progressi scientifici adeguati alle esigenze del mercato.

Nel caffè l’apprendimento non si ferma mai, ma questo fa parte dell’eccitazione.

Ci sono sempre nuovi concetti e idee da esplorare, il che lo rende un campo dinamico in cui dobbiamo sforzarci costantemente di andare oltre,  di aggiungere più valore e portare maggiore prosperità alle nostre regioni.

Come ingegnere, ho avuto il privilegio di essere stata esposta precocemente al metodo scientifico e agli approcci alla risoluzione dei problemi.

Questi strumenti preziosi sono diventati la base per far progredire le conoscenze nella mia area di competenza specifica. Quando l’insaziabile curiosità di imparare contagia la nostra anima, diventa difficile resistere al suo richiamo”.

Cordoba, da quanto tempo è in corso la vostra ricerca, e quanto tempo dovrebbe passare in prospettiva per avere i primi risultati decisivi?

“Il progetto di ricerca sull’esplorazione della dolcezza è iniziato con la sua ideazione nel 2021. Da allora sono stati compiuti notevoli sforzi per strutturare una proposta completa. Tuttavia, il progetto è stato ufficialmente avviato nell’autunno del 2022.

Considerando la tempistica complessiva, si prevede che il progetto fornisca i primi risultati decisivi entro la fine di quest’anno. Il progetto è stato concepito per la durata di due anni, il che significa che alla fine di questo periodo dovrebbero essere disponibili risultati e conclusioni significativi (verso la fine del 2024).

Vale la pena notare che le tempistiche della ricerca possono talvolta essere soggette a modifiche in base a vari fattori, come sfide impreviste, disponibilità di risorse o cambiamenti nell’ambito. Tuttavia, per il momento si prevede di completare il progetto e di fornire i primi risultati finali entro i due anni previsti”.

Qual è il divario che esiste tra la scienza chimica e quella sensoriale del caffè? E quali tecniche state studiando per colmarlo?

Cordoba: “Il divario esistente tra scienza chimica e scienza sensoriale del caffè nasce dalla necessità di capire come i componenti chimici del caffè si traducano nella nostra percezione del sapore e nell’esperienza sensoriale.

Sebbene i progressi delle tecniche strumentali ci permettano di analizzare in modo approfondito la composizione chimica del caffè, la sua complessità è influenzata da vari fattori come la genetica, l’ambiente, la manipolazione post-raccolta, la tostatura e la preparazione della bevanda.

Sebbene l’analisi chimica fornisca informazioni preziose sui composti presenti nel caffè e sul loro impatto sul sapore, sull’aroma e sugli aspetti sensoriali, è ancora necessario approfondire la comprensione di come questi componenti chimici si relazionino alla nostra percezione del gusto e all’esperienza sensoriale complessiva.

Nel mio progetto in corso, stiamo utilizzando una tecnica innovativa chiamata flavoromica per migliorare la nostra comprensione della complessità del caffè.

Questo approccio si concentra sullo stabilire una connessione tra la composizione chimica del caffè e i dati sensoriali ad essa associati.

Analizzando i composti volatili e non volatili presenti nel caffè, ci proponiamo di identificare i potenziali stimoli chimici che influenzano la percezione del sapore umano, superando i composti noti che influenzano il sapore.

Questa metodologia ci permette di esaminare vari composti che possono essere correlati con il gusto e successivamente sottoporli all’analisi sensoriale per convalidare il loro effettivo contributo al al profilo gustativo complessivo.

Si tratta di un approccio innovativo perché le metodologie tradizionali si concentrano principalmente su molecole già note e, in alcuni casi, il loro reale contributo sensoriale non viene testato o viene trascurato”.

Perché la maggior parte dei consumatori (gli italiani in particolare) confonde l’acidità con l’amaro in un caffè?

“La confusione tra acidità e amarezza nel caffè può essere attribuita a vari fattori. Una possibile ragione è la mancanza di distinzione o comprensione dei termini “amaro” e “acido/amaro”.

Anche le differenze fisiologiche individuali, le influenze culturali e l’esposizione alla valutazione sensoriale contribuiscono a variare la percezione del sapore. È importante notare che queste osservazioni si basano su tendenze generali e preferenze culturali, ma queste possono esser diverse.

Per esempio, in base alla mia esperienza, nella cultura italiana del caffè c’è una forte preferenza per le tostature scure, che tendono ad avere un amaro più pronunciato. Questo è stato tramandato di generazione in generazione, portando ad associare l’amaro a un sapore di caffè desiderabile.

Di conseguenza, le sfumature di acidità, che possono essere percepite come un gusto aspro o piccante, potrebbero non essere apprezzate o comprese dal consumatore medio italiano.

Inoltre, molti bevitori di caffè italiani sono abituati all’espresso tradizionale, che non sempre presenta un’acidità ben bilanciata.

Questa limitata esposizione al caffè con un’acidità ben bilanciata può contribuire alla confusione tra acidità e amarezza.

A questo si aggiunga anche il fattore del linguaggio, che gioca un ruolo nella percezione del sapore, in quanto le limitazioni linguistiche possono portare alla generalizzazione di gusti e sapori. Le molecole specifiche del caffè influenzano ulteriormente la percezione dell’amaro e dell’aspro.

Le diverse strutture chimiche e proprietà degli acidi possono suscitare sensazioni diverse, tra cui il gusto amaro o addirittura salato.

In sintesi, la confusione tra acidità e amarezza nel caffè potrebbe derivare da una combinazione di fattori, tra i quali la mancanza di distinzione tra i termini, le differenze fisiologiche individuali, le influenze culturali, l’esposizione a determinati profili di caffè, le limitazioni linguistiche e l’influenza di specifiche molecole sulla percezione del gusto”.

Quali sono le composizioni chimiche che contribuiscono a enfatizzare la nota dolce di un caffè?

Cordoba: “La comprensione della dolcezza nel caffè è ancora un rompicapo che stiamo cercando di risolvere. Per quanto riguarda il caffè filtro, le informazioni disponibili sono ancora limitate per stabilire se la percezione della dolcezza nella bevanda sia una risposta a uno stimolo diretto del sistema gustativo o se sia guidata da meccanismi multimodali, come quelli che si verificano con i cambiamenti indotti dall’odore che influenzano la percezione del gusto.

Per questo motivo il nostro progetto si concentra sullo svelamento di questo mistero e sull’approfondimento della composizione chimica che contribuisce al gusto dolce del caffè.

Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, alcuni studi hanno dimostrato che la sola quantità di zucchero nel caffè filtro non è sufficiente a renderlo dolce. Ciò significa che ci sono altri composti o meccanismi chimici in gioco.

Una teoria suggerisce che specifici composti volatili presenti nel caffè, rilasciati come aromi durante il processo di preparazione, possano essere coinvolti nella nostra percezione della dolcezza.

Questi elementi hanno profumi familiari come fragola, vaniglia, caramello e note fruttate, e lavorano insieme al gusto del caffè per creare un’esperienza più dolce.

È importante notare che non tutti i composti aromatici hanno questo effetto. Anche se il caffè ne contiene migliaia, non tutti contribuiscono alla percezione della dolcezza.

Sebbene alcuni composti chimici del caffè abbiano proprietà aromatiche dolci, stiamo ancora studiando come questi interagiscono all’interno del caffè stesso. Il nostro obiettivo è quello di comprendere meglio l’esatta relazione tra la composizione chimica del caffè e la nostra percezione di dolcezza.

Per approfondire la dolcezza del caffè, esploriamo due idee principali. Una suggerisce che la dolcezza che assaporiamo è il risultato diretto dell’interazione tra i composti chimici disciolti nel caffè e le papille gustative della nostra bocca. L’altra idea è che la nostra percezione della dolcezza sia influenzata da una combinazione di gusto e olfatto.

In questo caso, alcuni aromi possono effettivamente cambiare il modo in cui percepiamo la dolcezza, creando un’esperienza multisensoriale.

Anche se non abbiamo ancora tutte le risposte, la nostra ricerca in corso mira a far luce sui fattori che contribuiscono al gusto dolce del caffè. Grazie a una comprensione più approfondita della composizione chimica, speriamo di migliorare l’apprezzamento e il piacere della dolcezza in ogni tazza di caffè che assaporiamo.”

È possibile fare lo stesso esperimento per altri componenti, come l’umami o l’acidità?

“Certamente! L’approccio della flavoromica, che prevede lo studio della composizione chimica degli alimenti e della loro relazione con la percezione sensoriale, può essere applicato per esplorare altri gusti, come l’umami o l’acidità. Nel caso del caffè, l’acidità è una componente chiave che contribuisce al suo profilo gustativo complessivo.

L’acidità percepita del caffè è influenzata da vari composti chimici, in particolare dagli acidi organici. Tuttavia, non tutti gli acidi organici contribuiscono alla stessa qualità di gusto dell’acidità.

Studiando i composti chimici specifici responsabili dell’acidità del caffè, i ricercatori possono capire meglio come questi composti interagiscono e contribuiscono all’acidità percepita e all’esperienza gustativa complessiva.

L’approccio flavoromico non si limita al solo caffè, ma può essere applicato a un’ampia gamma di prodotti alimentari. Analizzando la composizione chimica di diversi alimenti e il loro rapporto con la percezione sensoriale, i ricercatori possono svelare le interazioni complesse che che modellano la nostra percezione del gusto e le preferenze dei consumatori”.

Cordoba, avete analizzato la bevanda da un punto di vista chimico-sensoriale: cosa avete scoperto sulle varie componenti aromatiche?

“Durante il nostro progetto di ricerca in corso, abbiamo analizzato la bevanda da un punto di vista chimico-sensoriale per comprendere le varie componenti aromatiche e i composti non volatili e la loro influenza sulla percezione della dolcezza. Siamo ancora in fase di raccolta e analisi dei dati, ma abbiamo scoperto alcuni indizi interessanti.

Sulla base dei risultati preliminari, sembra che una parte significativa della percezione della dolcezza nella bevanda possa essere influenzata dai componenti dell’aroma. Tuttavia, vorrei essere cauta e astenermi dal fornire una risposta definitiva in questo momento.

Con il proseguimento della ricerca e la raccolta di ulteriori dati nei prossimi mesi, ci proponiamo di comprendere meglio gli specifici componenti aromatici e non volatili coinvolti nella percezione della dolcezza.

Adottando un approccio approfondito e meticoloso, speriamo di fornire una risposta più dettagliata e circostanziata sulla relazione tra componenti chimici e percezione della dolcezza nella bevanda.

Il nostro obiettivo è quello di contribuire alla comprensione scientifica della percezione del gusto nel caffè. Ricordiamo che la nostra ricerca è ancora in corso e non vediamo l’ora di condividere i risultati completi non appena saranno disponibili”.

Il caffè cambia a seconda del terroir, della lavorazione e della tostatura: qual è la fase più decisiva per il risultato finale in tazza?

“Il processo di produzione del caffè è multiforme e ogni fase gioca un ruolo cruciale nel risultato finale della tazza. Dal terroir alla tostatura, ogni fase può influenzare in modo significativo il sapore e l’esperienza complessiva del caffè.

Anche fattori come il colore del sacchetto o la forma della tazzina possono influire sulla percezione del gusto. Pertanto, è essenziale avere una comprensione completa di ogni fase e della sua importanza per creare una tazza unica e piacevole per i consumatori.

Tuttavia, più ci si avvicina alla tazza finale (o al consumatore), più il margine di variazione si restringe. Sebbene la tostatura sia molto importante per determinare il sapore del caffè, è importante notare che iniziare con chicchi difettosi limita fortemente la capacità di creare una tazza desiderabile.

Pertanto, sebbene la tostatura sia importante, è fondamentale riconoscere il valore di ogni fase e il modo in cui interagiscono l’una con l’altra.

Il terroir comprende il clima, la composizione del suolo e l’altitudine, che influenzano la crescita e lo sviluppo delle piante di caffè. Regioni e microclimi diversi producono profili di sapore del caffè distinti, evidenziando l’importanza del terroir.

Anche i metodi di lavorazione, come lavato e naturale, hanno un impatto sull’aroma del caffè. Il processo naturale, ad esempio, può esaltare i sapori fruttati. La scelta del metodo di lavorazione influenza notevolmente le caratteristiche finali di sapore e aroma.

La tostatura, indubbiamente, svolge un ruolo cruciale nel plasmare il sapore del caffè attraverso  trasformazioni chimiche, cambiamenti di colore e sviluppo di aroma/sapore.

Sebbene tutte le fasi siano vitali, l’identificazione della fase più decisiva per la tazza finale è soggettiva e dipende da fattori quali il profilo gustativo desiderato e le preferenze individuali.

Alcuni sostengono che un caffè eccezionale inizia con il terroir e la qualità dei chicchi verdi, mentre altri sottolineano l’importanza del processo di tostatura per liberare il pieno potenziale dei chicchi.

In conclusione, il raggiungimento del profilo aromatico desiderato in una tazza di caffè richiede un delicato equilibrio e sinergia tra terroir, lavorazione, tostatura e preparazione del caffè. È la combinazione armoniosa di queste fasi che contribuisce alla complessità e all’unicità del caffè che gustiamo”.

Come si può utilizzare lo specialty per creare esperienze di gusto diverse?

“In linea con la mia risposta precedente, il caffè speciale offre diversità e opportunità da esplorare. Esistono innumerevoli combinazioni potenziali per una bevanda a base di caffè: varietà/varietali, terroir, tecniche di raccolta, metodi di lavorazione, meccanismi di essiccazione, profili di tostatura, livelli di macinatura, metodi di estrazione.

Tutti questi elementi si riflettono nella tazza, e questi sono attributi materiali o intrinseci, ma è necessario portare nell’esperienza anche quelli estrinseci, ovvero informazioni sul caffè (origine, produttore, pratiche di sostenibilità, modelli di prezzo equo, certificazioni, ecc) per creare storie più complesse e avvincenti che migliorino l’esperienza di degustazione per il consumatore.

Se si aggiunge un’attenta considerazione ad altri elementi estrinseci come il packaging, l’ambiente del bar, i colori/la texture delle tazze, si può essere un passo avanti per differenziarsi e creare esperienze davvero uniche e artigianali che siano distintive e di maggior valore.”

Cordoba, dal punto di vista chimico-sensoriale, cosa avete scoperto finora sull’acqua utilizzata per fare il caffè?

“La qualità dell’acqua gioca un ruolo cruciale nell’esperienza sensoriale del caffè. La composizione dell’acqua può influire sull’estrazione dei composti dal caffè e, in ultima analisi, sul profilo aromatico del caffè preparato.

Pur riconoscendo l’importanza dell’acqua, è importante notare che la nostra ricerca si è concentrata su altre variabili all’interno della preparazione del caffè e abbiamo utilizzato una qualità dell’acqua standardizzata per coerenza.

Per condurre un’indagine completa, abbiamo seguito le linee guida e le raccomandazioni stabilite da organizzazioni rinomate come la Specialty Coffee Association e abbiamo considerato la ricerca condotta dal Coffee Excellence Center in Svizzera. Queste fonti forniscono preziose indicazioni sull’impatto della qualità dell’acqua sull’aroma e sull’estrazione del caffè.

Per garantire risultati affidabili e riproducibili, è necessario controllare alcune variabili nei nostri esperimenti; non possiamo valutare ogni singolo parametro che influisce sui processi di estrazione.

Anche se non abbiamo esaminato specificamente gli aspetti chimico-sensoriali dell’acqua utilizzata nella preparazione del caffè, siamo consapevoli del suo ruolo nel caffè, ma non abbiamo incluso questa variabile sperimentale come parte della nostra ricerca.”

Quali sono le nuove frontiere della scienza per quanto riguarda il vostro campo di ricerca? Cosa rimane o vorreste ancora esplorare?

Cordoba: “Le preferenze e la ricerca dei consumatori sono in continua evoluzione e presentano interessanti opportunità di esplorazione nel mio campo di ricerca. Una frontiera importante è l’integrazione della scienza dei dati per analizzare la grande quantità di dati relativi ai consumatori generati attraverso le piattaforme digitali.

Utilizzando le tecniche della scienza dei dati, possiamo ottenere preziose informazioni sui modelli e sulle preferenze dei consumatori, approfondendo la nostra comprensione di ciò che questi desiderano veramente.

L’utilizzo di algoritmi di apprendimento automatico e di intelligenza artificiale migliora ulteriormente la nostra capacità di prevedere e anticipare con precisione le preferenze dei consumatori.

Un’altra area interessante della ricerca sul caffè è la sua intricata composizione chimica, in quanto caratterizzato da numerosi elementi che contribuiscono al suo aroma, al suo gusto e all’esperienza sensoriale complessiva.

Grazie ai progressi delle tecniche analitiche, oggi possiamo identificare e misurare con precisione questi composti, fornendo preziose indicazioni su come fattori quali l’origine, i metodi di lavorazione e le tecniche di tostatura influenzano i sapori che troviamo nella nostra tazza di caffè.

Inoltre, dobbiamo continuare a lavorare per correlare l’analisi sensoriale con i dati chimici, per identificare i composti specifici responsabili dei principali attributi gustativi, come le note fruttate, gli aromi floreali o le sfumature dolci, acide e amare.

Questa conoscenza ci permette di sviluppare profili di sapore più accurati, di migliorare le misure di controllo della qualità e persino di selezionare varietà di caffè con le specifiche caratteristiche di sapore desiderate.

Inoltre, concentrarsi sulla comprensione di come gli individui percepiscono gli attributi sensoriali nel caffè e come queste percezioni possano variare tra i diversi gruppi di consumatori, potrebbe avere un grande potenziale.

La genetica, le capacità individuali di degustazione e le influenze culturali determinano l’esperienza del caffè.

Comprendendo questi fattori, possiamo sviluppare metodi di valutazione sensoriale, programmi di formazione e studi sui consumatori che forniscano preziose indicazioni sulle preferenze dei clienti, contribuendo alla creazione di esperienze di caffè uniche e accattivanti.

In sintesi, l’integrazione della scienza dei dati, i progressi nell’analisi chimica e l’esplorazione della percezione sensoriale sono frontiere affascinanti nella ricerca sul caffè.

Queste aree di studio hanno il potenziale per migliorare la nostra comprensione delle preferenze dei consumatori, perfezionare le tecniche di profilazione del gusto, garantire un rigoroso controllo della qualità e, in ultima analisi, creare esperienze di caffè indimenticabili che soddisfano i diversi gusti e desideri degli amanti del caffè”.

Qui l’intervista in inglese.

Cavalieri Specialty Coffee: l’evoluzione dai 25 m² ai 150 del secondo locale a Pisa

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Matteo Cecconi (foto concessa) cavalieri specialty coffee
Matteo Cecconi (foto concessa)

MILANO – A Pisa all’appello dello specialty coffee, risponde Matteo Cecconi, che insieme a Jessica ed Erica, ha tirato su negli anni il Cavalieri specialty coffee. Un punto di riferimento per turisti, studenti e chi è curioso di avvicinarsi alla tazzina con una consapevolezza diversa.

Cavalieri specialty coffee: da dove è partito e dove è arrivato sino a oggi

Racconta Cecconi: “Quella di Cavalieri specialty coffee è stata una bella evoluzione. Ho aperto il mio primo coffee shop di appena 25 metri quadri nel 2016.

Avviato dopo 5 anni di esperienza come barman di cocktail a Londra, insieme alla mia compagna che aveva maturato una certa esperienza in caffetteria.

Il nostro è un caso molto raro a Pisa in quanto è andato avanti da subito soltanto con la vendita di caffè specialty, senza cucina e laboratorio.

Trovandosi in una zona centrale della città, attraversata da studenti e turisti, un locale in stile nord Europa come il nostro ha funzionato.

Il primo anno è stato un ibrido in termini di offerta: c’era anche un 100% Arabica in miscela e un monorigine specialty per espresso e filtro.

In seguito ho venduto soltanto single origin per espresso e per il filtro.

Da qui siamo partiti.”

In tutti questi anni, come ha affrontato la questione del personale?

“Nel corso degli anni ha lavorato con noi qualche ragazza come dipendente. L’ultima che ho assunto nel 2019, anno in cui ho fatto i campionati di brewers, si è talmente appassionata da essere entrata con noi in società.

Aveva voglia e interesse e io ho colto la palla al balzo per coprire ulteriormente la nostra fascia oraria: ora il Cavalieri apre dalle 7.30 alle 20, sino alle 21 il fine settimana, sette giorni su sette. “

E poi? Come si è arrivati a questo 2023 del Cavalieri?

“Nel 2022 ho aperto nella stessa via del primo spazio, a qualche numero civico di distanza il nuovo locale, con due sale interne adibite al servizio tavoli e 18 sedute ciascuna, più un giardino privato interno con altre 40 sedute e una zona relax con dei divanetti e una parte banco bar che si sviluppa lungo corridoio con una cucina a vista: in totale, ci si aggira attorno ai 150 metri quadrati. L’altro locale è stato riconvertito in pizzeria ma è ancora di nostra gestione.

Lo spazio fuori (foto concessa)

Il servizio ai tavoli di caffetteria nella pizzeria viene servita da quaggiù dai nostri camerieri. Ora siamo in 11, più una ragazza nel primo locale.

Ma grazie alla mia esperienza di gestione sviluppata all’estero non è stato così traumatico passare da 25 metri quadri a 150: ho imparato dai miei errori già nel primo spazio. Nel secondo ho riportato quello che avevo già maturato.”

Quindi cosa si mangia da voi al Cavalieri?

“La nostra caratteristica è che facciamo caffetteria italiana e internazionale con i brunch ogni giorno, con una pausa pranzo che va dalle 12 alle 15 con uno chef e poi serviamo anche gli aperitivi.

La colazione internazionale nasce in ambiente particolare, perché ci troviamo all’interno di un palazzo con un hotel di lusso al piano di sopra, che noi riforniamo per il primo pasto della giornata. “

Il prezzo è ancora un problema?

“Ho colto l’occasione con la nuova apertura per ritoccare i prezzi. Avrei voluto cambiare ulteriormente per rispondere al resto dei rincari, ma onestamente non ho ricevuto grosse lamentele da parte dei clienti con gli aumenti.

L’espresso base sta a un euro e 80, che è un Brasile con un gusto più rotondo che si avvicina al gusto italiano.

Dentro il Cavalieri (foto concessa)

La seconda scelta invece cambia mediamente ogni tre settimane, tendenzialmente si presentano molto più fruttati e acidità spiccate.

E poi il costo per i filtri dipende: dai 4 euro in V60 fino ai 6 a tazza per un Geisha. Lavoro stabilmente da oltre 4 anni di Nero Scuro di Bassano del Grappa.

Non voglio una rotazione troppo eccessiva che confonderebbe di più il personale. Ogni tanto acquisto in giro per Europa principalmente per il guest in filtro.

Lavoriamo con la macchina Faema E71 E e un Malhoening Twist a doppia campana per l’espresso, uno a colonna Ek43 per il filtro e un ground breaker della Feama per il secondo espresso.”

Cosa ne pensa dell’iniziativa del retailer olandese Albert Heijn  che ha esposto il “prezzo reale” del loro caffè da asporto. Per “prezzo reale” intendiamo il prezzo che tiene conto delle “esternalità negative”. Un ristretto costa 1,75 euro, ma il prezzo reale è di 1,81 euro. La differenza di 6 centesimi corrisponde all’impatto ambientale

“Secondo me c’è molta ignoranza rispetto a questo tema. In questi anni ho visto che la maggior parte dei consumatori italiani hanno una conoscenza del caffè pari a zero.

Nei loro discorsi che emergono a volte, si pensa che chi tosta prenda la pianta e la cuocia direttamente.

Raccontare delle politiche di sostenibilità, dell’approvvigionamento dell’acqua, è una strada molto lunga.

Per noi piccoli imprenditori è difficile spiegare qualcosa che in televisione appare in maniera differente. Convincere il singolo a livello commerciale diventa insignificante.

Con il caffè siamo ancora ben lontani dal cambiamento. A volte riesco a raccontare questi aspetti, soprattutto con la mia clientela storica che ormai è fidelizzata.

Fortunatamente la mia buona fetta di clienti di turisti non deve esser educata. Due anni fa ci siamo unificati con i prezzi con l’altra caffetteria specialty di Pisa, Filter. Ma gli altri sono ancora fermi a un euro e 10.

C’è però una tendenza che sta cambiando il mondo della caffetteria. I bar che esistono adesso, soprattutto nelle grandi città hanno ormai poco senso.

I nuovi locali, multifunzionali, riescono a rispondere a tutte le fasce della giornata e ammortizzano così tutti i costi fissi.

Oggi un bar una volta esaurito il core business della mattina, tende a ritoccare nelle altre fasce orarie, ma senza mai raggiungere la colazione.

Noi il caffè lo serviamo sino alla sera, anche all’ora dell’aperitivo. La macchina si pulisce ma non si spegne mai.

E poi abbiamo pensato ad abbinamenti nel brunch internazionale: tutte le tipologie di uova, e la classica cornetteria pasticceria italiana.

A volte abbiamo creato dei dolci con lo specialty (qualche mousse al cioccolato con la polvere di caffè).

Ho fatto qualche cocktail: l’Espresso Martini è di base e usiamo lo specialty e invece che la Kahlúa come liquore al caffe, usiamo il Mister Black dall’Australia estratto in cold brew.

È un modo di mantenere una certa coerenza con il resto del locale. La ricetta è diversa dal solito espresso martini, il caffè è più dolce e quindi non aggiungiamo lo zucchero.”

Ma essendo così numerosi, come fate a far quadrare i conti considerato che di solito il personale incide anche oltre il 30% sul fatturato?

“Guardando il bilancio del primo anno, l’impatto è stato del 28% ed è una percentuale molto variabile: nei mesi invernali certo ci vuole più cautela, e lo si ammortizza con il periodo più turistico in cui il flusso è maggiore.

Il personale si trova ma dipende dalle modalità di assunzione che noi da gestori proponiamo. Ho tutti a contratto indeterminato, full time o part time a seconda del dipendente.

C’è un doppio vantaggio: da parte mia, stabilizzare il più possibile il personale mi porta ad una migliore gestione dei ragazzi e dei clienti;

dal loro punto di vista invece si sentono parte di un progetto, di una famiglia, e ci tengono al locale. Il fatto che loro restino, significa non dover formare i ragazzi nuovi ogni due mesi.

Per me occuparmi così spesso di formazione è economicamente controproducente. Ho avuto modo di assumere in totale durante questi due anni, 15-16 ragazzi.

La maggior parte hanno continuato con noi. Ho avuto un solo episodio con un ragazzo poco serio, ma è stata un’eccezione. Li ho scelti su una miriade di curriculum ricevuti.

Anche oggi quando pubblico gli annunci i candidati non mancano. Mi sono appoggiato ai siti online.“

Cosa c’è nel futuro del Cavalieri?

“Il nostro sogno sarebbe quello di aprire anche a cena, aggiungendo un altro cuoco e altri dipendenti.

Però abbiamo fatto appena il primo anno solare effettivo del nuovo locale e ci troviamo in quella fase in cui le attività prima devono crescere in termini di fatturato.

Gradualmente si otterranno dei risultati. Per ora quindi ci stabilizziamo e sviluppiamo al meglio le fasce orarie che già copriamo.

Stiamo lavorando molto bene ma le potenzialità sono ancora maggiori. Per svilupparle, ci vogliono passione, serietà e professionalità.

Pisa poi è una città molto piccola, con circa 100mila abitanti, di cui 70mila studenti che ruotano ogni anno. Il problema è che siamo davvero in pochi a sapere del mondo dello specialty. Quindi se qualche altro appassionato approdasse qui, più siamo meglio è.”

Sostenibilità sociale del cacao, lo studio: “Ai contadini in Costa d’Avorio e Ghana servirebbero 10 miliardi di dollari in più all’anno per un reddito dignitoso”

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Le fave di cacao (Pixabay licensed)

Nelle scorse settimane, anche nel tentativo di contrastare il contrabbando di cacao verso i Paesi confinanti, le autorità del Ghana hanno aumentato del 63% il prezzo garantito ai produttori, portandolo per la stagione in corso all’equivalente di 1.837 dollari Usa per tonnellata.

L’aumento, però, basterà appena a pareggiare un tasso di inflazione che, se a settembre era al +38%, a maggio di quest’anno ha toccato in Ghana anche il +62%.

Servirebbe perciò una maggiore attenzione ai diritti e al guadagno dei contadini di cacao. Leggiamo di seguito parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Avvenire.

Il mercato del cacao

MILANO – La gran parte di loro non ha mai visto una barretta di cioccolato, né conosce il sapore. Eppure i loro machete si alzano e si abbassano tutto il giorno su piccoli appezzamenti di terreno: il frutto del cacao, la cabossa, ha forma ovale e buccia di un colore che va dal verde al giallo al rosso.

Dal suo interno, i semi, migliaia di piccoli e piccolissimi produttori estraggono le fave di cacao, “gioiello” il cui mercato internazionale vale 21,1 miliardi di dollari e il cui prezzo globale è ai massimi storici.

A settembre i future sul cacao hanno toccato i 3.870 dollari per tonnellata, livello record da 44 anni a questa parte, a causa del calo della produzione in Africa occidentale.

Costa d’Avorio (44%) e Ghana (20%) sono i due principali Paesi di origine del cacao a livello globale, seguiti dall’Ecuador (7%) e proprio l’aumento dei prezzi sui mercati internazionali rappresenta una chance importante per gli agricoltori e le loro famiglie, gran parte delle quali vive in condizioni di povertà.

Ottenere una maggiore remunerazione dalle grandi società straniere che acquistano le materie prime, spesso attraverso aziende locali, è l’obiettivo dei principali Paesi produttori e delle organizzazioni di base, che evidenziano come gli agricoltori siano oggi addirittura più poveri di quanto non lo fossero negli anni Settanta, considerato anche l’aumento del costo della vita.

La filiera del cacao, come quella del caffè e di altre materie prime, è tra quelle in cui da anni emergono problematiche relative alla sostenibilità sociale e ambientale. Negli anni sono state molte le denunce di violazione dei diritti umani, anche per il frequente utilizzo di manodopera minorile.

Bambini nelle piantagioni, insomma, bambini che di barrette non ne vedono e la cui infanzia è violata.

Se l’industria del cioccolato globale riesce a moltiplicare per sei, fino a 127,9 miliardi di dollari, il valore della materia prima cacao, un’analisi di Fairtrade International riferisce che milioni di agricoltori guadagnano appena il 6% del valore finale di una barretta di cioccolato (era il 50% negli anni Settanta), un livello talmente basso da esacerbare sfruttamento, deforestazione e povertà nei Paesi produttori.

Secondo uno studio dell’Università olandese di Wageningen, oltre un milione di piccoli contadini in Ghana e Costa d’Avorio guadagna rispettivamente 1,42 dollari e 1,23 dollari al giorno, in confronto ad un livello minimo di 2,08 e 2,55 dollari: servirebbero 10 miliardi di dollari in più all’anno per un reddito dignitoso. Impossibilitati ad investire e a diversificare, questi piccoli produttori hanno anche un potere negoziale pressoché inesistente e sono esposti alla volatilità dei prezzi.

Nelle scorse settimane, anche nel tentativo di contrastare il contrabbando di cacao verso i Paesi confinanti, le autorità del Ghana hanno aumentato del 63% il prezzo garantito ai produttori, portandolo per la stagione in corso all’equivalente di 1.837 dollari Usa per tonnellata, la tariffa più alta mai pagata a livello locale in oltre 50 anni e dovuta proprio al boom dei prezzi sui mercati internazionali.

L’aumento, però, basterà appena a pareggiare un tasso di inflazione che, se a settembre era al +38%, a maggio di quest’anno ha toccato in Ghana anche il +62%.

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Catene di caffetterie, novità per Cibiamogroup: entrano Ottoholding, gruppo Ottolina, e Rile Development

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Alessandro Ravecca, presidente Cibiamogroup (immagine concessa)

SARZANA (La Spezia) – Si è finalmente conclusa l’operazione di riorganizzazione societaria che ha coinvolto il Cibiamogroup e che ha portato, oltre ad un aumento di capitale, l’ingresso nella compagine sociale di Ottoholding Srl, società del gruppo Ottolina e della società Rile Development Srl.

Il nuovo assetto societario Cibiamogroup

Il socio fondatore Alessandro Ravecca, rimarrà alla guida della società e manterrà l’incarico di presidente e amministratore delegato.

“L’ingresso del gruppo Ottolina, partner industriale strategico con esperienza nel retail e della società Rile Development, guidata da Mario Resca, non potrà fare altro che accrescere il valore del brand e contribuire a dare il giusto slancio allo sviluppo e alla crescita dei nostri format “ dichiara il presidente Alessandro Ravecca che aggiunge “siamo molto felici di questa operazione e siamo pronti a ripartire con energia ed entusiasmo. L’obiettivo è quello di aprire una decina di punti vendita all’anno, bilanciando la quantità di aperture a gestione diretta e in franchising e la distribuzione tra i diversi canali (centri commerciali, centri storici e travel), con un occhio di riguardo al mercato estero.”

la bottega del caffè
Il nuovo punto vendita La bottega del Caffè – Via Emilia Levante a Bologna (immagine concessa)

La nuova strategia prevede una più forte centralità della soddisfazione del franchisee e del cliente finale. Obiettivo da raggiungere attraverso la costruzione di un maggior dialogo e l’offerta di una consulenza più specifica e mirata al raggiungimento degli obiettivi di crescita per i nostri affiliati (sia in termini di fatturati che di numerica dei punti vendita); oltre alla creazione di valore per i clienti finali grazie ad investimenti nel marketing e nella ricerca e sviluppo.

Grazie alla partnership con Caffè Ottolina Spa, storica torrefazione milanese dal 1948, verrà inaugurata la nuova Academy La bottega del Caffè a supporto di affiliati e dipendenti della catena per garantire loro un elevato livello di formazione e di specializzazione di prodotto.

Oggi Cibiamogroup conta 10 insegne dirette (8 a marchio La bottega del Caffè e 2 a marchio cibiamo) e 30 punti vendita in franchising – localizzati su tutto il territorio nazionale e in Francia (La bottega del Caffè di Cannes). A questi si aggiungeranno 2 prossime aperture entro la fine del 2023.

Il format La bottega del Caffè, presentato con successo anche alla 36° edizione del Salone del Franchising di Milano, offre una proposta modulabile e flessibile, capace di rispondere alle esigenze di diversi contesti. Oltre al caffè, in cui il format è altamente specializzato, l’offerta può essere completata dal Forno di cibiamo con pinse e focacce gourmet, corner spritz e aperitivi o gelato.

La superficie media dei punti vendita è di circa 50-90 mq ma La bottega del Caffè si adatta anche ad essere sviluppata in ca 20mq con la formula del chiosco.
(La presenza di canna fumaria non è necessaria).

Cibiamo Group – fondata da Alessandro Ravecca a Sarzana (SP), dal 1992 crea e gestisce, direttamente e in franchising, punti vendita di ristorazione veloce di qualità, con i marchi Cibiamo e La bottega del Caffè.

Trieste Coffee Experts: Bazzara presenta gli ospiti del summit del 25 e 26 novembre

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Gli ospiti di Trieste Coffee Experts (immagine concessa)

TRIESTE – Inizia il countdown per il Trieste Coffee Experts, il summit della Bazzara dedicato al mondo del caffè e organizzato da Andrea Bazzara, sales manager della torrefazione, che si terrà il prossimo 25 e 26 novembre 2023 presso il Savoia Excelsior Palace – Starhotels Collezione, hotel di lusso situato nel cuore di Trieste.

Il ritorno del Trieste Coffee Experts

Diventato un appuntamento imperdibile per gli amanti del caffè di tutto il mondo, l’evento rappresenta un momento chiave per l’industria del caffè. Tra i suoi obiettivi il “fare rete”, un piacevole modo per confrontarsi, discutere e pensare insieme al futuro del settore caffeicolo.

Grandi personaggi saranno presenti in veste di ospiti speciali anche per questa 6° edizione piena di sorprese. Durante le due giornate saranno tanti i relatori presenti, un ricco weekend in cui tanti esperti apporteranno il loro interessante contributo sul mondo del caffè per parlare dell’avvenire del settore.

I relatori presenti all’evento

A tal proposito, la Bazzara presenta alcuni dei tanti relatori che interverranno durante il summit per dispensare consigli e raccontare la propria esperienza, tra questi importanti personaggi quali Michele Cannone – Lavazza global brand director away from home, Luigi Morello presidente di Iei, Giuseppe Perrone – referente EY, Andrea Degl’Innocenti – dirigente servizi digitali alle Imprese Ice, Daniele Dell’Orco – founder Cacao Crudo, Emanuele Dughera e Silvia Rota – Slow Food Coffee Coalition, Paolo Andrigo – director di Accenture e Nicola Panzani – ceo di IMA Petroncini e sales director dell’Ima Coffee Hub. Con un’esclusiva anticipazione, i sei relatori svelano il tema e l’essenza del loro contributo.

Michele Cannone – Lavazza global brand director away from home con il suo intervento dal titolo: “Lavazza: Come dare vita ad una storia di sostenibilità” anticipa: “I consumatori di caffè stanno evolvendo e la sostenibilità si conferma essere uno dei temi più rilevanti”.

Cannone aggiunge: “Sempre più consumatori sono interessati all’apprendere da dove viene il caffè che stanno bevendo, chi lo produce e come viene trasformato. In questo intervento vedremo come Lavazza con La Reserva de ¡Tierra! Cuba, attraverso l’uso della tecnologia blockchain, sia riuscita a tracciare il viaggio del caffè dalla pianta alla tazzina e a raccontare un progetto di sostenibilità unico della Fondazione Lavazza. Da un sistema di tracciabilità a un’esperienza digitale per coinvolgere i consumatori”.

Le sfide del caffè

 Si proseguirà con Luigi Morello – presidente di Iei e il suo intervento dal titolo “Espresso EvolutiON” : “Il caffè espresso in poco più di 100 anni ha creato una vera rivoluzione, cambiando abitudini in molti paesi. Le bevande a base di espresso hanno raggiunto tutti i paesi compresi quelli più lontani del far east e dell’Oceania, addirittura diventati dei trend setter nel mondo del caffè”.

Morello aggiunge: “Oggi il caffè sta vivendo una fase di transizione e si prepara alle nuove sfide del futuro, la qualità, il cambiamento climatico con le nuove varietà di ibridi, la sostenibilità etc.. Come impatteranno questi fenomeni nel panorama italiano fatto di molti piccoli attori? È ancora un modello di business sostenibile? In che maniera affrontano i temi di sostenibilità e le nuove direttive europee?”

Giuseppe Perrone – referente EY, Andrea Degl’Innocenti – dirigente servizi digitali alle imprese Ice e Daniele Dell’Orco, founder Cacao Crudo esporranno interessanti argomenti presentando un nuovo e avvincente progetto con un intervento dal titolo “TrackIT blockchain: il progetto digitale che supporta le PMI italiane”: “TrackIT blockchain, è il progetto promosso dall’Agenzia ICE che mette a disposizione delle aziende italiane un servizio gratuito standard per la tracciabilità della filiera con tecnologia blockchain. Le aziende aderenti, sia produttrici che contoterziste, possono trarre benefici dal progetto non solo in termini di tracciamento e sicurezza, ma anche in un’ottica di visibilità e promozione del prodotto, ponendo l’accento sul valore imprescindibile del Made in Italy”.

Trieste Coffee Experts: sostenibilità e inclusione

Emanuele Dughera e Silvia Rota di Slow Food Coffee Coalition con il loro intervento dal titolo “Un caffè buono, pulito e giusto” continuerà a parlare di sostenibilità: “La Slow Food Coffee Coalition è una rete internazionale e inclusiva che unisce i protagonisti della filiera del caffè, dagli agricoltori ai consumatori, che collaborano verso un obiettivo comune: un caffè buono, pulito e giusto per tutti”.

Dughera e Rota aggiungono: “L’intento è creare nuove connessioni e migliorare la relazione tra agricoltori e consumatori, per dare ai primi maggiore visibilità e promuovere l’identità e la conoscenza del caffè. Definiamo un caffè buono, pulito e giusto, attraverso un sistema di garanzia partecipata, detta anche PGS (Participatory Guarantee System). La Slow Food Coffee Coalition crede che non esista un sistema di certificazione perfetto e quindi supporta modelli, come la PGS, basati sulla fiducia e la collaborazione tra diversi stakeholder e che non abbiano costi aggiuntivi per i produttori”.

Paolo Andrigo – director di Accenture anticipa così il suo intervento dal titolo “La blockchain e la tracciabilità”:  “Una visione su come il digitale e la tecnologia impattano la filiera del caffè, dal farmer al consumatore finale, fino a toccare il tema della sostenibilità. Digital, internet of things, generative ai, block chain avranno sempre più un ruolo determinante nei modelli di business del caffè”.

Infine, Nicola Panzani – ceo di IMA Petroncini e sales sirector dell’IMA Coffee Hub, con il suo intervento dal titolo “Tecnologia ed innovazione sostenibile per le torrefazioni” parlerà di “come le torrefazioni stanno rispondendo alle nuove sfide di mercato mediante un maggior controllo della tecnologia, dei costi energetici e della tracciabilità dei prodotti, con un’attenzione particolare alla sostenibilità ambientale e di filiera”.

Si ricorda che il tema di quest’anno sarà “Future coffee: Innovation and Sustainability oriented” e si dividerà così nelle due giornate: la prima, di sabato 25 novembre, con focus su “Sustainability oriented”, e la seconda, di domenica 26, su “Innovation oriented”. Quest’anno sarà possibile seguire la diretta streaming sia in italiano che in inglese collegandosi al sito www.bazzara.it sul quale è dedicata un’apposita sezione.

Trieste Coffee Festival presenta la dimostrazione Leva Show con Alice Cernecca ed Ebe Sai Crescente

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Le campionesse Alice Cernecca ed Ebe Sai Crescente (immagine concessa)

TRIESTE – Entra nel vivo l’edizione 2023 del Trieste Coffee Festival, con il villaggio allestito in piazza della Borsa, dove ogni giorno sono tanti gli eventi promossi. Tra questi si segnala venerdì 3 novembre il Leva Show by La San Marco, main sponsor tecnico dell’evento, con le campionesse Alice Cernecca ed Ebe Sai Crescente.

Il Leva Show al Trieste Coffee Festival

Le due ragazze sono le vincitrici del “Leva Contest Sensory”, svolto a Rimini a gennaio, alla presenza dei rappresentanti della filiera legata al chicco di caffè. In quell’occasione hanno battuto il record mondiale precedente, arrivando a 785 tazzine di espresso estratte e servite in un’ora con macchina a Leva.

La gara di velocità riguarda l’abilità di una squadra composta da due baristi nel realizzare e servire il più alto numero di espressi in un’ora utilizzando contemporaneamente due macchine a Leva a tre gruppi e due macinadosatori volumetrici, il tutto sotto la sorveglianza di due giudici di gara.

Le due fuoriclasse si esibiranno quindi nel contesto del Trieste Coffee Festival, in un appuntamento aperto al pubblico, dove tutti potranno ammirare dal vivo il talento delle ragazze.

Tra gli altri eventi cresce l’attesa per la famosa Capo in B Championship, che quest’anno vedrà otto baristi in gara. Venerdì 3 novembre verranno annunciati i nominativi. Quest’anno ci sarà, per la prima volta, anche la presenza di un concorrente dall’estero.

Intanto sono ancora aperte le iscrizioni al Moka Contest, in programma sabato alle 16, e alla corsa con i sacchi di juta, prevista domenica alle 11. Informazioni e adesioni scrivendo a info@triestecoffeefestival.it. Due iniziative alle quali tutti possono partecipare.

Il programma completo della settimana è qui. Si ricorda il calendario degli eventi di venerdì 3 novembre.

Il Trieste Coffee Festival è organizzato da Freshmedia srls in co-organizzazione con il Comune di Trieste, promosso da Associazione Caffè Trieste. Il Festival gode del patrocinio di Fipe e Confcommercio. Con il supporto di Trieste Convention & Visitors Bureau.

Venerdì 3 novembre

10:00 – 18:00 Le botteghe del caffè, i segreti del caffè e gli espositori del Trieste Coffee Festival, Amigos, Antica Tostatura Triestina, Bloom Specialty Coffee, Guatemala torrefazione caffè, Primo Aroma, San Giusto Caffè, al Villaggio del caffè – Piazza della Borsa

10:00 – 12:00 Laboratorio didattico-artistico per bambini, da 3 a 11 anni “Un caffè, tante ricette”. A cura di Lalla Pilar Guenda Gallonetto, storica d’arte ed esperta di caffè. Prenotazione gratuita fino ad esaurimento posti a info@triestecoffeefestival.it, al Villaggio del caffè – Piazza della Borsa

12:00 – 20:00 Aperitivi al caffè by Proposta Spirits e Antico Caffè Torinese, al Villaggio del caffè – Piazza della Borsa

14:00 – 15:00 Degustazione e gioco con la Guida del Camaleonte, gioca alla Ruota degli Aromi. Degustazione gratuita. Prenotazioni su info@triestecoffeefestival.it, al Villaggio del caffè – Piazza della Borsa

15:00 – 16:00 Leva Show By La San Marco con le campionesse Alice Cernecca e Ebe Sai Crescente, al Villaggio del caffè – Piazza della Borsa

17:00 – 18:00 Deca Hour negli stand degli espositori by Demus, al Villaggio del caffè – Piazza della Borsa

Aperitivi: quest’anno serviti in Italia oltre 850 mln per un spesa complessiva di 4,5 mld

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Un classico aperitivo (immagine: Pixabay)

Negli ultimi 12 mesi, in Italia, sono stati serviti oltre 850 milioni di aperitivi per una spesa complessiva di oltre 4,54 miliardi di euro. L’aperitivo serale si conferma come un’occasione di consumo interessante per un numero sempre maggiore di operatori del settore. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Angelo Vitolo pubblicato sul portale d’informazione L’identità.

Gli aperitivi in Italia

MILANO – L’aperitivo è solo una moda? Per nulla, a sentire i dati emersi in un appuntamento promosso dall’azienda veneta dell’horeca Cattel e dall’Associazione professionale cuochi italiani. Secondo Bruna Boroni, di TradeLab, nelle recenti analisi di mercato elaborate dalla società di consulenza l’aperitivo risulta essere un’importantissima occasione di consumo fuori casa, e non solo tra i più giovani, contando cifre di spessore.

Negli ultimi 12 mesi, in Italia, sono stati serviti oltre 850 milioni di aperitivi (di cui 580 milioni serali e circa 285 milioni pre pranzo), per una spesa complessiva di oltre 4,54 miliardi di euro.

Un trend che coinvolge 14 milioni di italiani di età compresa fra i 18 e i 75 anni (pari al 32% della popolazione), di cui il 24% corrisponde a persone di età superiore ai 55 anni.

L’aperitivo serale emerge come un’occasione di consumo interessante per un numero sempre maggiore di operatori del settore, non solo per i bar, ma anche per i ristoranti (circa il 10%) e le catene della ristorazione commerciale.

Il momento dell’aperitivo serale è un’occasione di convivialità ormai irrinunciabile, che interessa tutto il Paese (48% al nord, 52% al centro, sud e isole), anche se nell’area del nord-est, quella in cui Cattel ha una presenza particolarmente forte, il rapporto tra aperitivi e visite fuori casa è maggiore.

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I bar storici di Milano diventano le mete più ambite per aperitivi e cene

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Il Duomo di Milano (Foto di Dimitri Vetsicas da Pixabay)

Gli storici locali meneghini dove si entrava solo per un caffè, ora sono diventati mete d’elezione per aperitivi, pranzi e cene. È il caso della Pasticceria Marchesi 1824 (rigorosamente nella sede di Santa Maria alla Porta), acquistata e ristrutturata nel 2014 dal Gruppo Prada, che funse da apripista; a seguire il Camparino in Galleria, datato 1919, che nel 2019 ha subito un intervento di restyling firmato dall’architetto Pietro Lissoni. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Marianna Tognini per Rolling Stone.

La riscoperta dei locali storici di Milano

MILANO – Abbiamo visto cose, noi residenti a Milano da quasi venticinque anni – il che spesso c’illude d’esserci persino nati – che voialtri, giovani espatriati da province siciliane, venete, emiliane, liguri o campane, non potreste immaginarvi.

Il va/non va dei locali meneghini segue un andamento diametralmente opposto e drammaticamente veloce rispetto a quello delle altre città: non si tratta d’un banale “andare di moda”, non c’entra tanto il fatto che “ci sia della gente”, quanto che ci sia un determinato tipo di gente – la cui età è in genere un fattore secondario – e che quel determinato tipo di gente animi quel determinato tipo di posto, bello (di rado) o brutto (il più delle volte) che sia.

È difficile spiegare a un non-milanese perché lì sì e là no, perché prima lì era ok e adesso non lo è più, perché se t’invitano a far serata là, be’, lasciatelo dire, è meglio se stai a casa. Gli americani hanno una parola giustissima per descrivere questo perenne movimento, scene, che tradotto in italiano – scena – oltre a fare un po’ schifo non rende perfettamente il concetto.

La scene della Milano che non si mischia con i bocconiani fuori sede, con i morti di figa, con le rifattone che traballano sulle Louboutin, con ciò che resta degli hipster, con i fashion victim e più in generale con i whatever-victim, dopo aver sguazzato per un paio d’anni nella pozza del cosiddetto “posto sincero” – tradotto: il bar/trattoria/osteria solitamente squallido dove mangiare pesante e bere il vino della casa che sa di aceto – oggi ha (ri)scoperto un qualcosa che esiste da sempre e che ha eletto a portabandiera del nuovo cool: il bar degli sciuri.

O forse è meglio dire l’ex bar degli sciuri, così come forse è meglio dire nuovo chic: il locale storico, un po’ polveroso e fané, dove al massimo vai per bere un caffè ma sia mai per l’aperitivo o per cena, dove le sciure sono impellicciate pure in primavera inoltrata e spiegano che vorrebbero tanto il cannoncino alla crema, ma poi il colesterolo chi lo sente.

In principio fu la Pasticceria Marchesi 1824 (rigorosamente nella sede di Santa Maria alla Porta), acquistata e “svecchiata” nel 2014 dal Gruppo Prada, che funse da apripista; a seguire il Camparino in Galleria, datato 1919, che nel 2019 ha subito un intervento di restyling “silenzioso” firmato dall’architetto Pietro Lissoni. Poi, la Pasticceria Cucchi in corso Genova, fondata nel 1936, che per il Natale 2022 ha realizzato una limited-edition con il brand MSGM di Massimo Giorgetti – a sua volta cliente affezionato – composta da panettone, abbigliamento e accessori con i loghi combinati delle due realtà, da cui è nato il gioco di parole “Cucchi, amo”.

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A Caserta, bar in fiamme per la presa di corrente della macchina espresso

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Vigili del fuoco in azione (immagine: Pixabay)

PARETE (Caserta) – Nella notte di Halloween in via Marconi a Parete, Caserta, un bar è stato danneggiato da un incendio. Appena avvistata una coltre di fumo fuoriuscire dall’interno del locale, alcuni cittadini di Parete, che si trovavano nei paraggi, non hanno esitato a dare l’allarme e hanno chiamato i soccorsi.

I vigili del fuoco di Anversa sono accorsi immediatamente per estinguere il fuoco che ha causato molteplici danni al bar in questione.

L’incendio nel bar di Parete

L’incendio del bar sarebbe stato provocato da un cortocircuito dalla presa collegata alla macchina per il caffè. Sono tutt’ora in corso gli accertamenti.

Non si tratta del primo incendio a Caserta che ha come vittima una realtà operante nel mondo del caffè.

A luglio 2021 un violento incendio ha interessato la Cida Srl situata nella zona industriale di San Marco Evangelista, una torrefazione specializzata nella produzione di cialde di caffè (ne abbiamo parlato qui).

I danni provocati dall’incendio alla Cida sono stati classificati come ingenti.

Iginio Massari apre il nuovo store a Monza in via Carlo Alberto

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Iginio Massari costa panettoni
Il maestro pasticciere Iginio Massari (foto Pasticceria Massari)

Il maestro pasticcere Iginio Massari apre un nuovo store a Monza continuando la sua espansione nel Bel Paese. Il punto vendita ha aperto il 31 ottobre ad Halloween nella via centrale Carlo Alberto. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Cristina Bertolini pubblicato sul portale d’informazione Il Giorno.

Il nuovo store di Iginio Massari a Monza

MONZA – Arriva a Monza il pop-up store del re della pasticceria Iginio Massari. Lo store nella centralissima via Carlo Alberto ha aperto i battenti il 31 ottobre, alla chetichella, quasi furtivo, tra gli sguardi curiosi dei passanti. Il contesto minimal della boutique esalta i prodotti della tradizionale pasticceria di origine bresciana.

“Abbiamo voluto arrivare con gradualità – conferma il direttore commerciale Raffaello Pierucci, insieme al gestore Giuseppe Cortini – quasi sottotono per collaudare tutti i meccanismi, affidando al passaparola la divulgazione della notizia della nostra presenza a Monza. Apparentemente sottotono, alla brianzola”.

I monzesi passano, guardano: “Un pasticcino costerà 15 euro”, taglia corto una signora. Qualcuno entra a chiedere se fa anche caffetteria, per una colazione speciale. Invece per il momento niente caffetteria, ma vendita dei prodotti lavorati nella storica sede di Brescia.

“Sì – conferma una signora – quando andiamo a Milano in Duomo, ci fermiamo spesso da Iginio Massari per una coccola con caffè e pasticcini. Sono contenta che abbia aperto anche a Monza”. Tutti aspettano il panettone, quello artigianale che si centellina e se ne tiene una fetta per San Biagio, il 3 febbraio, protettore della gola, e non vale acquistarlo il giorno prima.

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