Il mercato del caffè sta attraversando una fase di forte instabilità, con quotazioni che hanno raggiunto livelli record a causa di una combinazione di fattori strutturali e climatici. Alberto Polojac, coordinatore nazionale di SCA Italy e responsabile qualità di Imperator, commenta il fenomeno e le implicazioni per l’intera filiera.
di Alberto Polojac
L’analisi sul prezzo del caffè
Alberto Polojac
“Non stiamo assistendo a una semplice speculazione finanziaria, ma a un cambiamento profondo nel settore caffeicolo. La crisi climatica sta riducendo la produttività delle principali aree di coltivazione, mentre la domanda globale di caffè continua a crescere, soprattutto nei mercati emergenti come l’Asia e il Medio Oriente” – spiega Alberto Polojac.
Negli ultimi mesi, i prezzi della Robusta hanno sfiorato i 6.000 dollari per tonnellata sulla Borsa di Londra, mentre l’Arabica ha superato i 400 centesimi di dollaro per libbra a New York. Secondo i dati dell’International Coffee Organization (ICO), nel 2023 la produzione globale di caffè è diminuita del 3,1%, attestandosi a 168,5 milioni di sacchi (da 60 kg ciascuno), mentre il consumo è cresciuto del 4,2%, raggiungendo i 170 milioni di sacchi.
Questa dinamica è il risultato di una forte riduzione dell’offerta, dovuta a eventi climatici estremi che hanno colpito Brasile, Vietnam e Colombia, principali paesi produttori.
Il Brasile, primo produttore mondiale di Arabica, ha registrato un calo della resa per ettaro del 5% a causa di ondate di siccità prolungata. Il Vietnam, leader nella produzione di Robusta, ha visto una riduzione della produzione del 7% a causa di piogge torrenziali seguite da periodi di siccità. In Colombia, il raccolto è diminuito del 4%, complicato dall’instabilità climatica legata al fenomeno di El Niño.
Le condizioni meteorologiche avverse stanno mettendo a dura prova i coltivatori, che devono affrontare raccolti ridotti e costi di produzione sempre più alti. Anche se il prezzo del caffè sta aumentando, molti produttori non riescono a trarne reali benefici, perché devono far fronte a spese crescenti per fertilizzanti (+15% su base annua), manodopera (+12%) e logistica (+10%).
A questa situazione si aggiunge l’evoluzione delle preferenze dei consumatori, sempre più orientati verso caffè di qualità e sostenibili. “Il movimento dello specialty coffee ha cambiato la percezione del caffè, trasformandolo da commodity a prodotto artigianale, con un’attenzione crescente all’origine e ai metodi di lavorazione. Nel 2023, il segmento dello specialty coffee ha registrato una crescita del 9% a livello globale, con un incremento significativo nei mercati asiatici” – sottolinea Polojac. “Tuttavia, questa evoluzione deve essere accompagnata da un impegno concreto per garantire una maggiore equità lungo tutta la filiera.”
Imperator, da sempre impegnata nell’importazione di caffè crudo di alta qualità, sottolinea la necessità di un approccio più sostenibile e trasparente. L’azienda reputa che la tracciabilità sia fondamentale per affrontare questa crisi. Strumenti come la blockchain possono garantire maggiore equità ai produttori e offrire ai consumatori informazioni dettagliate sull’origine del caffè che acquistano. Adottare soluzioni digitali per la gestione della filiera consentirebbe di ridurre le inefficienze e aumentare la redistribuzione del valore.
Con il mercato del caffè in rapida trasformazione, le sfide per il futuro saranno sempre più complesse. È necessario un impegno collettivo da parte di produttori, torrefattori e consumatori per garantire che il caffè rimanga un prodotto accessibile, equo e sostenibile per tutti.
MILANO – Entriamo da Café El Mundoaccompagnati dall’attuale Presidente Annalisa Cantadori, rappresentante della seconda generazione di un’azienda famigliare, insieme a suo fratello Alessandro e a suo cugino Andrea. Una donna a capitanare una torrefazione italiana, una storia che parla di cambiamenti, di passaggi di testimoni, di genere e, ovviamente, di caffè, tanto caffè.
Cantadori inizia il racconto: “Café El Mundo è stata fondata nel 1967 da mio padre Achille Cantadori e da mio zio Davide Giberti.”
“Tutto è partito dall’idea di mio padre Achille, che faceva l’agente di commercio in un’azienda di Milano e che trattava tra le altre merci, anche il caffè. Vendere era il suo talento, ma era spinto anche da una visione e da un desiderio d’impresa che ha poi tradotto nel progetto della torrefazione, nel quale ha coinvolto il cognato Davide (ossia il marito della sorella di mia mamma).
Oltre a lui sono state coinvolte nell’avventura anche mia mamma, mia zia e mia nonna che ha addirittura messo a disposizione lo spazio per costruire il primo, piccolo capannone di Café El Mundo, proprio nel cortile di casa sua.
Si occupavano di tutto – sorride ricordando Cantadori – Compravano il caffè, lo tostavano, lo confezionavano insieme alla mamma, la zia e la nonna, e infine caricavano tutto in auto. Poi mio padre e mio zio uscivano a consegnare.
Quello era il periodo in cui c’era la possibilità effettiva di organizzare un’azienda da zero; alla base di tutto indubbiamente c’è stata l’intuizione, ma c’è stato anche il sacrificio: i primi anni per loro sono sicuramente stati duri.”
Poi pian piano, l’azienda è cresciuta e si è strutturata, le mogli dei due soci sono uscite dalla compagine aziendale ed è iniziato un lento processo di strutturazione. E’ arrivato un primo addetto alla tostatura, un impiegato amministrativo, poi dei commerciali.
Negli anni Cafè El Mundo continua la sua crescita, grazie anche alle acquisizioni di marchi storici riconosciuti in termini di qualità e ben radicati nel territorio, come Caffè Aba a Parma, Coffea a Brescia e Caffè Frigerio nel Comasco, per citare i più significativi, fino ad arrivare ai giorni attuali.
Nel frattempo, si inserisce in azienda la seconda generazione, rappresentata dai figli dei due soci fondatori: Annalisa e Alessandro Cantadori, figli di Achille e Andrea Giberti, figlio di Davide. Il passaggio generazionale, preparato con cura e gradualità negli anni, diventa definitivo alla morte dei due soci fondatori e li vede oggi alla guida dell’azienda.
Da dove siete partiti e dove siete arrivati ora?
Materia prima di qualità (foto concessa)
“Come dicevo, siamo partiti da quel piccolo magazzino nel cortile di mia nonna, ma la politica di crescita e consolidamento, perseguita negli anni con tenacia prima dai soci fondatori ed ora da noi, che rappresentiamo la seconda generazione dell’azienda, ha portato El Mundo ad essere la realtà che vediamo oggi, strutturata, moderna e sempre fortemente orientata alla qualità.
Attualmente l’azienda ha la sede produttiva, legale ed amministrativa a Marnate, in provincia di Varese e conta una filiale a Parma, una a Brescia e una vicino a Como. Acquisire brand riconosciuti come storici e di qualità sul territorio si è dimostrata una buona strategia per ampliare la quota di mercato e rafforzare la nostra presenza, mantenendo un contatto più diretto e capillare con il cliente grazie al lavoro costante dei nostri ragazzi.
Certo, ora, a sparigliare le carte di un mercato che pareva ormai maturo, dal Covid in poi sono arrivate una serie di condizioni avverse, a partire dall’aumento dei costi dell’energia che ha pesato non poco sulle aziende produttive, o la crisi del canale di Suez con i conseguenti problemi sui trasporti dai paesi d’origine, fino alla recente e crescente preoccupazione per la disponibilità della materia prima, a causa delle stime pessimistiche sui raccolti che, insieme alla speculazione che sempre accompagna i mercati, ha prodotto un continuo ed inesorabile rialzo dei valori di borsa del caffè crudo, fino ai livelli record di questi giorni.
Un quadro complesso e preoccupante che sta creando difficoltà lungo tutta la filiera produttiva, coinvolgendo tutti gli attori, dai fornitori di materia prima ai torrefattori, fino ai baristi ed ai consumatori finali.
Questo scenario di crescente pressione sui costi richiede obbligatoriamente un adattamento strategico, in particolare per quanto riguarda il valore aggiunto. E l’unica via percorribile in un contesto di mercato così sfidante è puntare decisamente sulla qualità.
Mi spiego, solo mantenendo elevati standard qualitativi di prodotto e di servizio possiamo giustificare l’aumento di costo ed offrire ai nostri clienti una esperienza superiore che valga l’investimento e che permetta a loro volta di fidelizzare la clientela finale.”
Il consumatore finale si è accorto finalmente che la qualità ripaga?
Cantadori: “Qualcosa sta iniziando ad accadere, si, ma il problema ha origini lontane.”
La tazzina di Café El Mundo (foto concessa)
“L’abbassamento del livello dei prodotti offerti e la scarsa capacità di percezione della qualità da parte dei consumatori, ormai “appiattiti” ed abituati a quei livelli qualitativi, è in gran parte responsabilità di noi stessi torrefattori italiani.
Questo ambiente chiuso e conservatore, ha opposto per anni resistenza alle nuove tendenze che venivano dall’estero, arroccati sulla ormai superata concezione del “segreto” intorno alle proprie miscele e alla presunzione di essere gli unici veri detentori dell’arte del caffè espresso.
Questo non ha aiutato a far maturare la consapevolezza dei propri clienti nel settore professionale e, di conseguenza, del consumatore finale. Inoltre, non confrontarsi con ciò che sta al di fuori dall’Italia, ci ha impedito di arricchirci.
Per fortuna le nuove generazioni sono “cittadine del mondo”. I nostri ragazzi hanno iniziato ad uscire, sono globalizzati, vanno all’estero e poi tornano a casa, portando con sé con entusiasmo tutto ciò che di buono e nuovo hanno sperimentato. Quando poi li incontri nei bar e nelle caffetterie dietro al bancone, ti accorgi che sono competenti ed hanno esigenze che il torrefattore “vecchio stile” non può più soddisfare.
Siamo in una fase di grande fermento, per chi vuole “crescere” in cultura e qualità ci sono grandi opportunità.
Perciò abbiamo creato un progetto – Moood conscious coffee – che nasce qualche anno fa da una nuova miscela che però non è solo un prodotto in più nella nostra gamma, ma rappresenta un concetto, una filosofia di lavoro e di vita: noi ti raccontiamo le diverse provenienze utilizzate, le sue caratteristiche in tazza, ti spieghiamo il suo profilo di estrazione ideale in espresso ma anche le sue declinazioni per sperimentare altri metodi di estrazione, tu prenditi il tempo per capirla, gustarla ed apprezzarla. Trasparenza assoluta sul prodotto.
Non ha senso mantenere segreti di sorta, per fare un buon prodotto non basta la “lista della spesa”, serve un know-how che nessuno ti potrà mai sottrarre e che farà sempre la differenza: non dobbiamo avere paura di comunicare, di fare divulgazione, di parlare di qualità.
Solo educando alla qualità il nostro cliente ed il consumatore finale, possiamo raggiungere i nostri obiettivi.”
E quali sono?
“Il nostro core business è nel settore professionale. Investiamo molte energie sulla formazione.
L’abbiamo sempre fatto, senza però comunicarlo troppo: ora stiamo imparando a raccontare il nostro lavoro.
Abbiamo un’esperienza di oltre 50 anni: da sempre accompagniamo per mano il nostro cliente nella scelta e nella gestione del prodotto. Ora però abbiamo sentito l’esigenza di strutturare maggiormente la nostra offerta formativa. Ma senza creare una accademia come ce ne sono tante.
Abbiamo preferito creare i PROGRAMS, una gamma molto vasta di moduli formativi, che spaziano a 360 gradi per soddisfare le più ampie esigenze: dalle tecniche di caffetteria o di latte art che non possono mancare, fino alla gestione e l’ottimizzazione dei flussi di lavori, la creazione di menù, il rinnovamento o il posizionamento del brand, la comprensione delle strategie di comunicazione, il sostegno e la rete per trovare risorse e fornitori o partner strategici.
Ma la vera forza dei programs sta nel fatto che sono personalizzati per ciascun cliente, mi piace dire che sono “tagliati sartorialmente”. Questo certo richiede uno sforzo maggiore da parte nostra, ma siamo certi di consegnare ai clienti dei contenuti di grande valore formativo che vanno a soddisfare le sue esigenze.
E questo è possibile anche grazie alla rete di partner e di trainer qualificati che contribuiscono con le loro specifiche competenze e con una visione completa, obiettiva ed indipendente.
Parliamo non solo di caffè, ma soprattutto di cultura, di mentalità, di sinergie.”
Ma Cantadori, lei come è diventata torrefattrice?
“Sono laureata in biologia con una tesi in elettrofisiologia cardiaca. Direi abbastanza distante dal mondo delle torrefazioni e la strada che sognavo sembrava proprio un’altra. Mio fratello Alessandro invece si è laureato in disegno industriale al Politecnico.
Mio padre è stato bravissimo, pur desiderando in cuor suo che uno dei due almeno volesse seguire le sue orme entrando in azienda, non ci ha mai imposto niente e ci ha lasciato seguire le nostre inclinazioni.
Ad un certo punto però mi sono ritrovata a scegliere tra il trasferirmi all’estero per seguire la strada della ricerca o il restare: mio padre in quel periodo voleva creare un laboratorio interno per il controllo qualità e aveva bisogno di qualcuno che lo gestisse…Così sono entrata in Café El Mundo.
In questo modo ho trovato la mia dimensione, in cui non ero solo “figlia di”, ma una professionista con le sue competenze messe a disposizione dell’azienda di famiglia.
Inizialmente ho un po’ faticato a trovare l’equilibrio tra la vita lavorativa e quella personale… non è stato facile coniugare le esigenze in azienda con quelle di una famiglia.
Certo poi, erano tempi in cui ancora il mondo della torrefazione era prettamente maschile e anche, potremmo definire, maschilista. E in parte forse lo è ancora (ma le cose per fortuna stanno cambiando e non è più così raro trovare donne che occupano posizioni di rilievo nella filiera del caffè).
Io sono stata fortunata perchè ho avuto la possibilità e il privilegio di crescere le mie figlie senza pregiudicare la mia vita lavorativa, trovando quello che ad oggi mi sembra un ottimo punto di equilibrio.
Successivamente anche mio fratello Alessandro e mio cugino Andrea, che invece ha una formazione economico-finanziaria, sono entrati in azienda. Oggi ci occupiamo di aree diverse, in relazione alle nostre diverse formazioni ed attitudini ma, in modo complementare e assolutamente in accordo, insieme gestiamo l’azienda.
Il gruppo funziona: il passaggio generazionale che di solito è molto delicato, sembra essere avvenuto gradualmente e con successo.
L’anno scorso, alla morte di mio padre Achille, sono diventata Presidente: dal punto di vista morale ereditare la sua posizione mi rende orgogliosa. La sua figura autorevole faceva da collante tra tutti noi, a tutti i livelli.
Il mio intento è di mantenere questo clima, garantendo un ambiente di lavoro in cui le persone possano esprimere le proprie competenze, in cui la meritocrazia e le pari opportunità siano effettive e passino per la responsabilità ed il dialogo. Un luogo dove al centro ci sono le relazioni, sempre.”
MILANO – Pasquale Calderone ha trionfato nella seconda tappa di selezione per le finali del Gran premio della caffetteria italiana di Aicaf, portando in gara una monorigine Robusta Kaapy Royale di provenienza indiana. In nove anni di Gran premio nessuno aveva mai rischiato di presentarsi in gara con un caffè simile.
Calderone spiega i motivi che lo hanno portato a scegliere una monorigine Robusta per la competizione, una specie di caffè denigrata erroneamente, secondo Calderone, anche nell’ultimo servizio di REPORT su Rai3. Leggiamo di seguito le sue considerazioni.
Calderone, cosa l’ha portata a scegliere una monorigine Robusta per la gara?
“La Robusta è la specie botanica che meglio mi rappresenta. Noi italiani siamo abituati ad una tipologia di caffè piuttosto amara e sciropposa, aspetti che si trovano nella Robusta monorigine.
Dopo tanti anni di studio e formazione ho scoperto e approfondito tutte le varie sfaccettature del caffè ma sono rimasto comunque legato ai sapori classici italiani che, forse, possono essere definiti meno nobili rispetto a quelli che si trovano all’interno di un monorigine Arabica”.
Perché la Robusta è generalmente considerata una specie botanica di minore qualità rispetto all’Arabica?
“Spesso la Robusta viene denigrata perché nasce a monte come un prodotto da taglio. Il chicco in questione viene utilizzato insieme all’Arabica per dare corpo al caffè: si tratta di un prodotto che è sempre stato utilizzato come materia complementare. Tuttavia è fondamentale notare che ci sono delle piantagioni di Robusta di alta qualità che sono sottovalutate.
Molti esperti si focalizzano sugli specialty coffee, il 10% della produzione di caffè mondiale, che racchiude in sé tipologie di Arabica estremamente particolari. Ma c’è anche la Fine Robusta: la varietà specialty dedicata a questa pianta. Sono prodotti poco utilizzati anche nelle caffetterie di un certo livello. Ho scelto di partecipare alla competizione dell’Aicaf con una Robusta monorigine estremamente pregiata: il Kaapy Royale che è di origine indina.
Cosa intendo per pregiato? Un prodotto che ha una tracciabilità a monte: quando si conosce non solo la zona di provenienza del caffè ma anche la regione e la piantagione. Questo rappresenta un enorme vantaggio poiché garantisce controlli maggiori e quindi un prodotto di grado elevato”.
Cosa rende un caffè di alta qualità? Quali sono le proprietà che lo contraddistinguono?
“Per avere un buon risultato finale in tazza è necessario avere una buona materia prima di partenza. È importante che ci sia stata cura nelle coltivazioni e che, successivamente, la torrefazione faccia un buon lavoro nella lavorazione del chicco.
In Italia c’è un grande problema: molte torrefazioni non apprezzano i propri clienti. Il caffè è come il maiale: non si butta via nulla. Se un’azienda ha un lotto di un caffè che ha preso muffe o sensori sbagliati durante il trasporto, lo tosta scuro, lo macina, lo tosta e crea una cialda o una capsule mettendoli ad un prezzo decisamente alto per un prodotto scadente.
Il caffè in tostatura subisce una fase chimica chiamata reazione di Maillard, con la caramellizzazione degli zuccheri: questo avviene anche con la cottura di altri cibi come la carne in padella o sulla griglia. Quando i grassi superano una certa temperatura si bruciano e rendono il prodotto cancerogeno.
Per me è importante che la gente sappia ciò che beve. Il caffè non è sinonimo di bruciore di stomaco: solo una miscela bruciata fa male. Ognuno è libero di fare ciò che vuole. Nonostante io abbia studiato il chicco a 360° preferisco comunque una Robusta con sapori meno nobili piuttosto che una Arabica specialty di prim’ordine con sapori floreali. Questo è il mio gusto. L’importante però è capire cosa si sta bevendo”.
Come si sta preparando per le prossime gare? Che cosa ha in serbo per Host?
“Ho la fortuna di essere in un team di cinque persone e di essere continuamente supportato. La competizione non è limitata solo alla caffetteria ma anche alla latte art e alla mixology.
Bisogna costruire un tema che accompagni tutta la gara. In questo momento sto ancora cercando di capire come approcciare al meglio il percorso tematico da portare alla finale italiana della competizione”.
Ha qualcosa da aggiungere sulle considerazioni espresse da REPORT e sulla Robusta?
“Consiglio alle persone di non limitarsi ad ascoltare solo un parere, ma a fare le proprie ricerche e trarre le proprie conclusioni. Bisogna capire e conoscere tutti gli aspetti della questione nel dettaglio e non soffermarsi all’apparenza. Mi piacerebbe che un giorno le degustazioni di caffè fossero pratica comune come quelle del vino.
Non occorre essere dei sommelier professionisti ma è giusto che i clienti abbiano un minimo di formazione. La consapevolezza e il saper bere bene dovrebbero partire dal consumatore finale: questo migliorerebbe la qualità di tutti i prodotti e di conseguenza renderebbe l’intera filiera decisamente migliore”.
Progetti per il futuro? Una scuola di formazione a Genova
“Insieme ad AICAF sto organizzando l’apertura di una scuola di formazione a Genova. Il progetto non sarà solo riservata ai professionisti di settore, ma anche ai consumatori che hanno voglia di conoscere uno dei più famosi prodotti della tradizione italiana, con corsi e masterclass interessanti e formativi.
Mi auguro di poter diventare un punto di appoggio anche per aziende, disoccupati e neodiplomati offrendo una formazione autofinanziata da enti terzi”.
MILANO – Luckin Coffee brinda a una quarta trimestrale molto positiva, che spinge il fatturato sopra i 4,5 miliardi di euro e il numero di locali a un totale di 22.340 unità. L’ormai celebre catena di caffetterie cinese, considerata – a torto o a ragione – l’anti-Starbucks del paese del dragone chiude l’esercizio 2024 con numeri decisamente importanti. Nel quarto trimestre, i ricavi netti volano a 9.613,3 milioni di renminbi (€1,265 miliardi), con un incremento del 36,1% rispetto al pari periodo del 2023.
Le aperture nette sono state 997, di cui 6 a Singapore. La media mensile di clienti è stata di 77,8 milioni, con un incremento sull’anno del 24,5%.
I ricavi dai locali a gestione diretta sono stati di RMB7.233,8 milioni (€951,9 milioni), in crescita del 41,7%. Unica nota dolente, le vendite a parità di perimetro nei locali a gestione diretta, che registrano un – 3,4%, comunque in netto miglioramento rispetto al -13,1% del precedente trimestre e al -13,5% del pari periodo 2023.
E, soprattutto, anche questa metrica è tornata positiva nell’ultimo mese dell’anno. L’utileoperativo è stato di RMB1.419 milioni (€186,7 milioni), più che doppio (+105,5%) rispetto all’anno scorso.
Il margine di utile operativo è stato di 610 punti base in più risultando pari al 19,6%. I ricavi dai locali in partnership sono stati pari a RMB2.045,8 milioni (€269,229 milioni), in crescita a loro volta del 16%.
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BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – S4S (Simonelli for Startup) è il progetto organizzato e promosso da Simonelli Group -insieme a Visionar srl, – che prevede la creazione di un incubatore nazionale di startup con progetti innovativi e sostenibili. All’interno degli spazi attrezzati del Campus Simonelli Group, alle startup selezionate verrà offerta una formazione specifica per la durata complessiva di 256 ore su temi di gestione aziendale, marketing strategico, pianificazione finanziaria e altre competenze chiave per lo sviluppo di nuove imprese.
Il bando S4S di Simonelli Grou
Alle lezioni teoriche tenute da qualificati docenti UNIVPM, si affiancheranno delle sessioni pratiche guidate da esperti professionisti e manager di Simonelli Group e incentrate su tematiche più specifiche riguardanti i processi di innovazione, la sostenibilità dei processi produttivi, la gestione della qualità e dei servizi.
La data ultima per iscriversi alla call è il 21 marzo 2025. Una commissione costituita da rappresentanti dei vari partner valuterà le candidature raccolte e selezionerà le idee migliori. A partire da aprile e fino a settembre si terranno le lezioni ed i partecipanti potranno utilizzare le aule, le attrezzature ed i laboratori a disposizione al Campus Simonelli Group.
I partecipanti potranno inoltre usufruire di facilitazioni economiche per eventuali esigenze logistiche (trasporto e/o alloggio).
A conclusione del percorso formativo, l’Investment Day darà la possibilità ai partecipanti di presentare idee e progetti ad una platea di potenziali investitori (Istituti di credito, CDP, private equity, altri).
Laddove possibile, Simonelli Group integrerà le idee più promettenti all’interno dei propri prodotti e/o processi, contribuendo in questo modo all’applicazione operativa del progetto.
“Crediamo molto in questo progetto che per noi è un modo di contribuire allo sviluppo di imprenditoria innovativa e di qualità nel territorio, mentre per i partecipanti rappresenta l’occasione unica di ricevere formazione qualificata all’interno di un network di relazioni imprenditoriali, finanziarie e istituzionali che Simonelli Group può garantire”, Marco Feliziani, ceo Simonelli Group.
Per ulteriori informazioni, contatti e adesioni basta cliccare qui.
MILANO – La sostenibilità parte dai gesti quotidiani, e perfino la preparazione del caffè può diventare un’occasione per adottare comportamenti più attenti all’ambiente. Limitare i consumi energetici e le emissioni nocive nel tempo può generare un impatto positivo, e farlo mentre si gusta una tazzina di caffè rende il tutto ancora più piacevole.
La moka: una tradizione virtuosa secondo Consorzio promozione caffè
Compagna fedele di molti italiani fin dal risveglio, la moka è da oltre 90 anni un’icona del consumo domestico. Ma a differenza di altri oggetti considerati d’epoca, che con il tempo non si sono rivelati amici dell’ambiente, è riuscita a evolversi e a stare al passo con i tempi. Secondo uno studio condotto dall’Accademia dei Georgofili nel 2021 , il modello tradizionale per il fornello a gas ha un’impronta di carbonio contenuta che non supera i 51 g CO2e, mentre quello più moderno idoneo per i piani cottura a induzione rilascia 48 g CO2e consumando 6,8 Wh di energia elettrica .
Per preparare un caffè con la moka che sia buono per il palato ma anche per l’atmosfera basta seguire il Disciplinare della moka firmato dal Comitato italiano del caffè , posizionando la caffettiera sul fornello più piccolo e utilizzando la fiamma contenuta all’interno del diametro della caldaia, con una potenza di gas o di energia elettrica che deve essere contenuta.
Fondamentale non è solo la cottura, ma anche la preparazione: è bene riempire il serbatoio inferiore di acqua fino a filo della valvola di sicurezza, mentre la polvere di caffè deve essere rasa rispetto al filtro a imbuto.
Rispettare le corrette quantità può rivelarsi utile anche per limitare gli sprechi di energia e di emissioni, nonché per preservare il gusto.
Esagerare con la quantità di acqua o con la pressatura della polvere, infatti, non aiuta il liquido a risalire attraverso il filtro, allungando in modo non necessario i tempi di preparazione e quindi i consumi energetici. Il tempo di cottura non supera i cinque minuti: si potrà spegnere la fiamma non appena si avverte l’inconfondibile brontolio, segno della fine dell’erogazione.
Consorzio promozione caffè: risparmiare energia anche con cialde e capsule
Anche chi ama la velocità delle macchine a cialde o capsule, preferite da circa il 65% degli italiani , può imparare a essere virtuoso dal punto di vista energetico. La maggior parte dei dispositivi oggi in commercio è pensata per offrire un’esperienza simile a quella del bar nella comodità di casa ottimizzando il più possibile i consumi di energia elettrica.
La potenza di un apparecchio automatico può variare, in media, tra gli 800 e i 1.200 W, inferiore rispetto ad altri piccoli elettrodomestici di uso quasi quotidiano come la friggitrice ad aria (tra i 1.400 e i 2.000 W) e il phon (tra i 600 i 2.400 W). Per ridurre ulteriormente lo spreco di energia, è consigliabile scegliere una macchina dotata della funzione di spegnimento automatico. Lasciandola nella modalità stand-by, quindi non completamente spenta, assorbe circa 1 W ogni ora: un consumo inutile, in quanto i modelli attuali sia per cialde sia per capsule si scaldano in pochi secondi.
“I consumi continuano a evolvere influenzati da numerosi fattori come la sostenibilità, che oggi determina sempre di più le scelte di acquisto, le abitudini e i comportamenti. Anche per onorare un rito quotidiano di gusto e piacere come il caffè, i consumatori si dimostrano attenti a limitare il proprio impatto sull’ambiente, in particolare dal punto di vista dell’energia e delle emissioni di gas serra”, dichiara Michele Monzini, presidente di Consorzio promozione caffè, che da oltre 30 anni riunisce le principali aziende che producono e commercializzano le diverse tipologie di caffè oltre che i produttori di macchine professionali per l’horeca e fornitori di attrezzatura.
Monzini aggiunge: “Il settore del caffè negli ultimi anni ha affrontato un importante percorso di sviluppo sostenibile ed è un valore aggiunto che le principali modalità di consumo domestico, la più tradizionale moka e le più moderne macchine automatiche, dimostrino di cambiare in questo senso e di inserirsi nel contesto di stili di vita più sostenibili, continuando ad accompagnare gli italiani con l’aroma inconfondibile di questa bevanda”.
Note
[1] Accademia dei Georgofili, Carbon footprint di una tazzina di caffè, 2021.
[1] Il consumo energetico e la produzione di emissioni di CO2 sono riferiti a una tazzina di caffè di 40 ml.
[1] Il disciplinare si riferisce alla bevanda moka, preparata con una caffettiera caricata con caffè tostato e macinato (non con caffè solubile). La caffettiera di riferimento per il metodo di preparazione è una 3 tazze, in vista della sua rappresentatività nel mercato Italia. Per maggiori informazioni: link
[1] “Gli Italiani e il Caffè”, indagine condotta da AstraRicerche per il Consorzio Promozione Caffè a maggio 2023 su un campione di 1.011 intervistati 18-65enni statisticamente rappresentativi della popolazione.
“Espresso macchiato, macchiato, macchiato, por favore” è il ritornello della canzone del rapper Tommy Cash che rappresenterà l’Estonia all’Eurovision, dedicata agli stereotipi con cui vengono rappresentati gli italiani all’estero. Il brano è stato oggetto sin da subito di un acceso dibattito. Lo stesso Codacons è intervenuto chiedendo l’esclusione del brano dalla competizione all’European Broadcasting Union (Ebu). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Il Post.
Espresso macchiato di Tommy Cash
MILANO – Chi frequenta i social network e si interessa di musica pop negli ultimi giorni potrebbe essersi imbattuto in un ritornello che fa: “Mi amore, mi amore, espresso macchiato, macchiato, macchiato, por favore, por favore”. Proviene da “Espresso Macchiato”, una canzone del rapper estone Tommy Cash che cita fin dal titolo una serie di stereotipi tipici del modo in cui gli italiani vengono rappresentati all’estero, tra cui appunto l’abitudine di bere molto caffè espresso.
Anche se circola online già da dicembre, “Espresso macchiato” è stata ripresa e condivisa in Italia da qualche giorno perché è la canzone con cui, sabato scorso, Cash ha vinto la 12esima edizione dell’Eesti Laul, il concorso con cui l’Estonia sceglie il cantante e la canzone che rappresenteranno il paese all’Eurovision Song Contest, la più importante competizione musicale europea, che si tiene a maggio.
Anche il video ufficiale della canzone, in cui Cash estrae un bicchiere di caffè da una busta di carta, lo addolcisce con un cucchiaino di zucchero e poi lo beve con un senso di solennità e piacere ostentato, citando tra l’altro un famoso filmato di Andy Warhol, sta avendo un certo successo: su YouTube ha 1,7 milioni di visualizzazioni.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
Le aziende Nestlé e Mars hanno investito insieme 27 milioni di dollari con il fine di ridurre le emissioni nel settore lattiero-caseario. Il programma quinquennale, denominato Farmer Forward, coinvolgerà circa 2.000 agricoltori. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Cibus Link.
L’investimento di Nestlé e Mars
MILANO – Nestlé e Mars hanno annunciato un investimento congiunto di 27 milioni di dollari per ridurre le emissioni nel settore lattiero-caseario, in collaborazione con Fonterra, una delle principali cooperative lattiero-casearie mondiali. Il programma quinquennale, denominato Farmer Forward, coinvolgerà circa 2.000 agricoltori, fornendo loro strumenti, tecnologie e incentivi finanziari per implementare pratiche più sostenibili.
L’iniziativa si pone l’obiettivo di abbattere le emissioni Scope 3 di Mars derivanti dai prodotti lattiero-caseari di oltre 150.000 tonnellate metriche entro il 2030, rispetto ai livelli del 2015.
Amanda Davies, Chief R&D, Procurement and Sustainability Officer di Mars Snacking, ha sottolineato l’importanza di questo investimento per il supporto finanziario agli agricoltori e per ottenere riduzioni significative delle emissioni.
Parallelamente, Fonterra ha annunciato un nuovo schema di incentivi per gli agricoltori, che sostituirà il precedente accordo con Nestlé del 2023. Il nuovo schema prevede pagamenti aggiuntivi per le aziende agricole che raggiungono specifici obiettivi di sostenibilità.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
MILANO – SCA Italy ricorda che sono ancora aperte le iscrizioni per partecipare alle nuove competizioni Coffee Triathlon e Latte Art Throwdown 1vs1, che si terranno durante Tirreno CT a Massa Carrara (23-26 febbraio 2025) e Horeca Expo Forum a Torino (16-18 marzo 2025).
Coffee Triathlon
Nel Coffee Triathlon, i partecipanti si sfideranno nella preparazione di un espresso, un caffè filtro e un cocktail (alcolico o analcolico) utilizzando lo stesso caffè. Il vincitore avrà un posto garantito per le selezioni ufficiali SCA Italy per i Campionati italiani baristi 2026, oltre a un premio dedicato.
Latte Art Throwdown
Il Latte Art Throwdown 1vs1 vedrà invece due baristi sfidarsi contemporaneamente nella realizzazione della miglior latte art. Il vincitore accederà direttamente a una delle selezioni ufficiali SCA Italy e un rimborso per le spese di viaggio, oltre a un premio dedicato.
Le competizioni si svolgeranno all’interno di due fiere di settore, che ospiteranno anche un’area dedicata al Villaggio del Caffè, con torrefattori italiani e brand del settore. Il Roasters Village di Massa Carrara è già sold out, con la presenza di Spazio Caffè Firenze, Le Piantagioni del caffè, la Tosteria e Francesco Corona. Mentre per Horeca Expo Forum a Torino sono ancora disponibili pochi posti.
Per iscriversi gratuitamente alle competizioni e visionare i regolamenti è necessario inviare il proprio curriculum a events@scaitaly.coffee.
Gli sponsor di questi eventi sono: XLVI, per le macchine da caffè al Tirreno CT;
La San Marco macchine da caffè al Horeca ExpoForum di Torino; Remidag, per i macinacaffè da Espresso; Fiorenzato All Ground e Pietro grinders, per i macinacaffè per filtro; Pulycaff (Asachimici), Metallurgica Motta, Carraro caffè delle gare di Tirreno CT, Costadoro caffè delle gare di Horeca Expo Forum, Balugani, Oatly e Centrale del Latte.
Gianluca Lavacca, anima della torrefazione Il Manovale, sca trainer e campione Roasting 2025, che disputerà i mondiali a Houston ad aprile rappresentando l’Italia, analizza la scena del chicco in Italia. Leggiamo di seguito la prima parte dell’intervista pubblicata sul quotidiano la Repubblica.
Il futuro del caffè in Italia secondo Gianluca Lavacca
MILANO – Afferma Lavacca a Repubblica: “Il caffè servito in tanti bar italiani, spesso non rispetta gli standard di freschezza, estrazione e materia prima che definiscono un vero caffè di qualità. La causa è duplice: una scarsa formazione dei baristi e la predominanza di miscele con troppa Robusta, che garantisce crema e corpo ma penalizza aromaticità e complessità”.
Ultimo ad intervenire su una polemica sempre attuale, è Gianluca Lavacca: lui, torrefattore pugliese, ama calarsi nel ruolo del “Davide contro Golia” nel mondo complicato di chicchi e miscele. E pazienza se, come cantavano gli 883, “avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè”, sbaragliando la concorrenza e vincendo, a fine gennaio, i campionati italiani di Roasting: infatti toccherà proprio a lui rappresentare l’Italia ai mondiali (World Coffee Roasting Championship) che si svolgeranno dal 25 al 27 aprile a Houston, in Texas.
“Dipende poi da cosa intendiamo per buon caffè”, precisa sempre su la Repubblica. “Se lo valutiamo solo in base al gusto medio del consumatore italiano, la risposta potrebbe essere sì, perché il caffè al bar è radicato nella nostra cultura e molti si accontentano di un’esperienza che risponde alle loro abitudini. Tuttavia, se parliamo di qualità oggettiva, la risposta cambia”.
La sua è una piccola realtà pugliese, “Il Manovale” di Turi, provincia di Bari. Le realtà territoriali – ne è convinto – “producono un caffè dove si privilegiano lotti provenienti da produttori o cooperative, con qualità eccezionale, pratiche sostenibili e tracciabilità completa”.
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