Grazie all’accordo tra Nespresso e la società ambientale Gaia nella provincia di Asti è stata avviata la raccolta delle capsule di caffè in altre 12 isole ecologiche nel Piemonte. L’iniziativa dedicata alla sostenibilità fa parte del progetto di economia circolare Da chicco a chicco di Nespresso avviato nel 2011. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata sul portale dell’Ansa.
L’accordo tra Nespresso e Gaia per le raccolta delle capsule di caffè
ASTI – Accordo tra Nespresso e Gaia, la società per la gestione ambientale che opera in provincia di Asti per la raccolta delle capsule di caffè in 12 nuove isole ecologiche nella zona.
In questo modo in tutto il Piemonte i punti di raccolta diventano 18: le altre sono in provincia di Torino e nella Boutique nel centro di Torino.
L’iniziativa fa parte del progetto di economia circolare Da chicco a chicco di Nespresso, avviato nel 2011: in 13 anni sono state recuperate quasi 800 tonnellate di capsule di cui oltre 130 tonnellate nel solo 2023, permettendo di ottenere oltre 45 tonnellate di alluminio e quasi 500 di caffè esausto.
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Il team Morettino con l'Orto botanico di Palermo (immagine concessa)
PALERMO – A più di un secolo di distanza dal primo esperimento di coltivazione del caffè in Sicilia, l’Orto botanico afferente al Sistema Museale dell’Università di Palermo, insieme alla storica torrefazioneMorettino, presentano il progetto del nuovo campo sperimentale di caffè.
In occasione della Zagara di Primavera, da venerdì 17 a domenica 19 all’Orto botanico di Palermo, è stato possibile effettuare una visita guidata al campo sperimentale, accompagnati dal direttore dell’Orto botanico Rosario Schicchi e da Andrea Morettino, quarta generazione della famiglia di torrefattori palermitani.
Il nuovo campo sperimentale di caffè a Palermo
Il Campo sperimentale si sviluppa in un’area di circa 290 metri quadrati, ubicata tra l’antica serra Carolina e la serra tropicale e ospita 25 piante di Coffea arabica di differenti età e varietà (Heirloom, Caturra, Pacamara, Catuai, Bourbon rossa, Bourbon gialla), rappresentative dei paesi della cosiddetta Coffee Belt, l’area del mondo racchiusa tra i due tropici in cui nasce e cresce il caffè.
Le piante sono coltivate in piena terra e all’aria aperta, protette dall’ombra dei grandi alberi di falso kapok (Ceiba speciosa) e circondati da alcuni filari di agrumi (limone, bergamotto, pompelmo, arancio amaro, arancio dolce e mandarino) in un piccolo agrosistema mediterraneo.
Un altro centinaio di piante, invece, si trova nella nursery della Serra Carolina, in attesa di crescere e trovare dimora all’aria aperta.
Era la fine dell’Ottocento quando all’Orto Botanico di Palermo giunsero da Etiopia e Somalia alcune piante di caffè, che furono custodite all’interno della Serra Carolina. Alcuni anni dopo, nei primi anni del Novecento, si decise di intraprendere l’esperimento di coltivare il caffè in Sicilia in piena terra, con lo scopo di affrancare l’Italia dalla dipendenza dei flussi commerciali con l’estero e aprire la strada ad una nuova “Via del caffè” tutta italiana, come quelle precedenti degli agrumi e del cotone.
“Un primo tentativo di coltivare il caffè in piena aria si deve al direttore dell’Orto botanico palermitano Antonino Borzì e al capo giardiniere Vincenzo Riccobono che nel 1905 misero a dimora 25 piante di caffè – spiega Rosario Schicchi, direttore dell’Orto botanico di Palermo – “Malgrado le piante fossero state posizionate a ridosso di un muro con esposizione a mezzogiorno e riparate da una tettoia costruita di fogliame, le piante non riuscirono a superare le temperature invernali che si ebbero per alcuni anni e che raggiunsero valori inferiori ai -3°”.
Ci riprovarono nuovamente nel 1911, ma anche allora un’ondata di gelo distrusse le piante di caffè. Negli anni Quaranta furono piantate all’interno della maestosa Serra Carolina alcuni esemplari di Coffea arabica della varietà Amami e altre varietà selvatiche del Corno d’Africa, che riuscirono ad adattarsi perfettamente, raggiungendo nel tempo un’altezza di circa 3 metri. Queste piante si possono ammirare tutt’ora all’interno della serra.
Oggi, a quasi 120 anni dal primo esperimento in piena terra, l’Orto Botanico e Morettino ci riprovano, grazie ai significativi cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo e alla volontà di un portare avanti un ambizioso percorso sperimentale.
La coltivazione all’Orto botanico è in continuità con il progetto di coltivazione di caffè nativo siciliano portata avanti da Morettino, in collaborazione con l’Orto Botanico-SiMuA e il Dipartimento SAAF dell’Università di Palermo.
Un esperimento nato dalla visione di Arturo Morettino oltre trent’anni fa, che piantò a Palermo alcuni semi donati proprio dall’Orto Botanico. Quei semi negli anni hanno dato vita alle piante che oggi fanno parte della Piantagione sperimentale Morettino nel quartiere di San Lorenzo ai Colli e di altri campi sperimentali in aree particolarmente vocate dell’Isola, dai quali viene prodotto il primo caffè 100% siciliano.
“Siamo davvero orgogliosi di portare avanti questo percorso di sperimentazione e di divulgazione di una coltura a noi cara come il caffè, proprio nel cuore dell’Orto Botanico di Palermo che ha ospitato le prime piante di caffè già agli inizi del 900 – commenta Andrea Morettino – Oggi, a distanza di oltre un secolo, siamo riusciti a coltivare il nostro piccolo sogno del caffè siciliano en plein air e a realizzarlo proprio nel cuore dei giardini botanici. È davvero un’emozione unica, che custodisco e condivido quasi quotidianamente con i curatori dell’Orto, i loro appassionati giardinieri ed il team del Dipartimento SAAF, con cui stiamo portando avanti con dedizione il progetto della piantagione sperimentale e che ringrazio di cuore”.
“Si tratta di un progetto ambizioso, in linea con le finalità dell’Orto Botanico di Palermo, che in passato ha favorito l’introduzione, l’acclimatazione e la diffusione in coltura di diverse specie che oggi caratterizzano alcuni ambiti del paesaggio agricolo come il mandarino e il nespolo del Giappone”, conclude il direttore Schicchi.
MILANO – Quando si usa la parola espresso, una delle prime immagini che vengono in mente da associarvi è la macchina del bar: il modello che si usa per preparare una tazzina è ritenuto fondamentale per qualsiasi barista esperto. E se invece esistesse qualcosa di più oltre questo strumento per ottenere un risultato finale eccellente? Il filtro, un dettaglio che però fa la differenza.
Così poco tenuto da conto quanto cruciale quando si tratta di estrazione e non soltanto per i super caffè specialty, ma anche per quelli più commerciali: il filtro è quel tool che ogni operatore dovrebbe imparare a gestire nella propria routine.
Nello stabilimento di IMS
Per capire quanto questo possa incidere sull’espresso, Davide Spinelli e Alessandro Giammatteo hanno dedicato una lunga giornata formativa nella sede di Pavia di IMS, azienda produttrice di filtri, doccette e accessori dal 1946, giunta alla quarta generazione e ora capitanata da Giulia ed Emanuele Monti.
Tra gli 8 e i 10 milioni di pezzi finiti realizzati in un anno, 400mila pensati per le competizioni, in uno stabilimento che impiega 29 dipendenti, più due ingegneri esterni e 6 del consiglio d’amministrazione, con la tecnologia brevettata IMS per tutti i macchinari in azione e una centrale idraulica che pensa a rifornire l’olio necessario a tutte le attrezzature.
Altra caratteristica IMS: tracciabilità massima dell’acciaio inossidabile che arriva da fornitori in Corea e Europa, che si occupano anche del recupero degli scarti che tornano all’origine per essere rifusi.
Ancora numeri di IMS: sebbene l’80% del fatturato derivi dal mercato italiano, la maggior parte dei prodotti finiti poi vengono venduti dai clienti IMS più all’estero che in Italia.
E dopo questa breve panoramica, si scende nel vivo del corso.
Il filtro è dove si verificano infusione ed estrazione: qui acqua e caffè si incontrano
Per questo il filtro deve innanzitutto essere una barriera in grado di non cedere alla pressione dell’acqua e che allo stesso tempo filtri l’estrazione, con costanza.
Detto questo, la prima domanda da porsi è: ma un filtro vale l’altro? La risposta sembra scontata: dipende da tanti fattori che però è bene conoscere per impostare correttamente l’estrazione.
Da considerare la quantità e la tipologia di caffè selezionato, il modello della macchina su cui verrà applicato il filtro e poi particolari indispensabili come quali sapori si vogliono riscoprire in tazza – e le preferenze del cliente specifico -.
Di fronte ai corsisti due provette, uno contenente un Etiopia lavato e uno naturale, sempre 17 grammi per entrambi, medesima tostatura (si nota già che i volumi occupati siano diversi). Aiuteranno a comprendere nella pratica come a parità di caratteristiche, il risultato cambierà a seconda del filtro impiegato.
Entrando nel filtro, si possono già notare delle differenze nei fori
Esistono quelli cilindrici che tendono ad otturarsi con del pulviscolo incastrato, a prisma – con angoli in cui è possibile si accumuli dello sporco – a tronco-conico con un diametro alla base di circa 0,40mm e la sommità da 0,25mm – che ha il vantaggio di un facile passaggio del pulviscolo. La foratura tronco-conica è stata brevettata da IMS nel 1998 -.
Tipologie di foratura
La foratura si può trovare in più varianti che ovviamente influenzano ciascuno a modo proprio l’estrazione e si differenziano per interasse tra i fori e la loro disposizione.
Per esempio su un’area filtrante che possiede meno fori e più distanti tra loro, si verificherà un aumento della pressione sul macinato incorrendo nel rischio di avere sentori di amaro, una crema non omogenea e una maggior “masticabilità”. Questa geometria può funzionare bene con i blend perché ne valorizzano il corpo e il mouthfeel.
Viceversa, con un’area filtrante a M caratterizzata da un interasse più stretto e un numero di fori variabile, si potrà distribuire meglio la pressione per una maggiore pulizia in tazza: certo questo darà meno corpo(ancora una volta inteso come masticabilità), ma dall’altra saranno esaltate sia il mouthfeel (qualità del corpo) che le differenti caratteristiche di sapore.
Infine la foratura E esagonale ha un’area filtrante più ampia che consente ancora di più di distribuire la pressione e un’estrazione più omogenea. Risultato: più mouthfeel, ulteriore distinzione dei sapori e una tazza pulita.
Ma non è ancora finita, perché poi esiste quello a maglia 170 micron che dà meno corpo, mette a nudo i difetti ma esalta anche le buone miscele e i caffè pregiati, con un’accentuazione di acidità fruttata.
Su tutti i filtri viene fatta la rilaminatura che elimina le bave e incrudisce il materiale, rendendo il filtro più resistente. È un processo che sottopone il metallo a pressioni da 200Ton. Su tutti i filtri competizione viene poi applicata l’elettrolucidatura, processo elettrochimico con il quale si eliminano tutte le imperfezioni, si ottiene un effetto di brillantezza, meno porosità e maggior vita dei filtri -.
Ulteriore step è il filtro rivestito in nanoquartz, che è più semplice da ripulire dal caffè ed è antiaderente. Infine il superfine, che porta il livello di filtraggio normalmente compreso tra 250 micron e 400 micron ad uno di 150 (per fare un paragone, il filtro tipico di carta è dai 20 agli 80 micron) e un minor corpo, maggiore acidità ed è quindi ottimo per le monorigini.
Filtro e macinatura: un altra variabile da considerare
Per una corretta estrazione il caffè non deve disperdersi a contatto con l’acqua, al fine di sviluppare le proprie componenti. Allo stesso tempo non si può esagerare creando una resistenza estrema, altrimenti l’acqua non riuscirà a passare.
Ed ecco che qua si gioca con il filtro, che non è altro che un contenitore fisso in base al quale il caffè deve occupare il giusto volume: così l’acqua potrà cadere sul macinato senza eccessivi traumi per lo stesso, prima di riempire lo spazio tra caffè e doccetta per poi arrivare in pressione e partire con l’estrazione vera e propria.
Quindi è essenziale che tra filtro e macinato ci sia la corretta proporzione, la giusta granulometria in modo che l’acqua incontri una resistenza equilibrata – occhio per questo anche alla pressata del caffè nel filtro, da applicare dall’alto verso il basso per ridurre la formazione di eventuali bolle d’aria -.
Come scegliere la profondità del filtro?
Primo step, pensare al volume necessario per accogliere la giusta quantità di caffè: bisogna che non ci sia troppo spazio per l’acqua e questo perché lasciarne poco darebbe un sapore acidulo e amaro, viceversa, troppo creerebbe una poltiglia e sentori amari come esausto.
Ma non è finita qui, perché per scegliere adeguatamente il proprio filtro, si deve anche tenere conto della tostatura: quella più spinta richiede un maggiore spazio, mentre quella più chiara da filtro in genere si adatterà ad un filtro meno profondo (o altrimenti si dovrà usare una maggiore grammatura).
Un esempio come riferimento: con un filtro cilindrico profondo 22mm per un buon espresso si dovranno considerare un minimo di 14 grammi di miscela 80% Arabica e 20% Robusta tostato scuro, 25,5 grammi di 100%Arabica a tostatura media e un massimo di 18grammi per un 100%Arabica ma tostato chiaro.
Gli assaggi
Una prova pratica si è vista con il filtro per espresso standard bombato elettrolucidato, usando 17 grammi di un brasiliano per ricavare un espresso più standard, con un filtro più basso, e poi una tazza più pulita e acida che ha richiesto un filtro più alto e un’infusione più lunga. Il primo con un TDS (totale solidi disciolti) di 9.55, il secondo di 10.45.
La differenza al palato è stata netta, questo senza dubbio: si diverge soltanto sulle preferenze di chi ha assaggiato il primo e poi il secondo. Alcuni si sono mostrati più inclini alla tradizioni – come nel primo caso -, e qualcuno invece si è lasciato conquistare da un’acidità più spiccata.
Filtro: non solo fori, ma sagome
La forma del filtro è importante in quanto veicola il flusso dell’acqua e della pressione sul pannello del macinato. In virtù di questo, a seconda della sagoma alcune zone del filtro verranno più coinvolte durante l’estrazione.
La più diffusa è quella tronco-conica che se da una parte non esalta le caratteristiche peculiari di ciascuna monorigine, dall’altra offre sentori legati alla caramellizzazione, aiutando a restituire una buona crema in più casi, aiuta il barista, ma non il caffè.
Segue il bombato, con perforazione a M perpendicolare, con più fori, bilancia le acidità e iniziano a emergere note di frutta secca e frutta matura (caffè permettendo). Il cilindrico con base convessa, dove è necessario inserire più caffè, fa emergere le note fruttate. infine il cilindrico a base piatta, che dovrà essere riempita da una maggiore grammatura.
E dopo questa parte dedicata alla teoria, i corsisti sono stati invitati alle macchine
La Slayer
Un gruppo si è confrontato con un modello Sanremo, l’altro con una Slayer.
E La Sanremo
In realtà già professionisti del settore, alcuni baristi, un torrefattore e un addetto al controllo di qualità: nessuno si è tirato indietro ma anzi, tutti si sono divertiti molto a riscontrare come una piccola variazione potesse cambiare il risultato finale.
Oltre naturalmente alla macinatura e alle dosi corrette per riempire il filtro (un gruppo si è allenato con un Kenya, l’altro con un Guatemala), gli esperimenti sono passati dal filtro tronco-conico a quello bombato variando anche l’altezza (da un 24 a un 26 e mezzo).
Le prove sono state tante – totale di caffè usato, approssimativamente 2 chili – con diversi filtri messi alla prova – ben 11 in totale – assaggi continui e annotazioni che hanno mostrato come a ogni estrazione ci fossero delle variabili da calibrare per un’estrazione ottimale.
Che, rivela soltanto alla fine il docente Alessandro Giammatteo: “Sul filtro bombato, 17,5 grammi e 38 out con il Kenya, mentre con quello cilindrico, 18 grammi e 36 out per il Guatemala”.
Dopo aver trovato la quadra – due ore circa di allenamento dietro al bancone – la chiusura del corso con un ottimo Geisha Village di CoffeeProject newyork, ovviamente, estratto alla perfezione con un filtro rivestito nanotech.
MILANO – Non solo Eudr: il Green Deal europeo sta producendo un numero enorme di norme, adempimenti e obblighi: un ginepraio di direttive, regolamenti e sigle oscure, con cui i vari settori economici stanno imparando a convivere, a tutti i livelli.
Norme come la Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive), che andrà recepita nel nostro ordinamento entro i primi di luglio, e che richiede a un elevato numero di imprese (o gruppi d’imprese) di redigere annualmente una rendicontazione di sostenibilità utilizzando i nuovi standard europei (Esrs – European Sustainability Reporting Standards).
O la Csddd (Corporate Sustainability Due Diligence Directive o, anche, CS3D), che riguarda le imprese europee che superano certi parametri dimensionali, con un’adozione progressiva, a seconda della dimensione dell’impresa.
L’entrata in vigore è prevista per il 2027 e richiederà alle imprese di effettuare una due diligence ambientale e sui diritti umani in tutte le operations, e lungo la catena del valore, individuando i rischi ambientali e sociali e predisponendo contromisure.
La mole di adempimenti che si prospetta a carico delle aziende è imponente e “senza precedenti”
osserva Richard Sterneberg – responsabile per le relazioni globali con i governi per Dla Piper, un importante studio legale internazionale – in un’intervista al Financial Times.
Oltretutto – aggiunge Sterneberg – essi piombano addosso ai soggetti interessati, tutti più o meno allo stesso tempo: “i costi per conformarsi si preannunciano elevati e le grandi aziende saranno chiaramente avvantaggiate”.
Tanto che – osserva il FT – ci sono aziende che hanno deciso di troncare i rapporti con i paesi nei quali è materialmente impossibile raccogliere tutti i dati necessari ai fini della Csddd.
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MILANO – Venditaliaè partita con tutte le aspettative sul futuro prossimo della distribuzione automatica, ospitando espositori e visitatori all’interno del complesso di Rho Fiera Milano con la prospettiva di accogliere oltre 20mila visitatori. Un numero che non sembra essere così lontano una volta fatto il proprio ingresso in fiera.
Spazi ampi, corridoi ben definiti, conducono sulla strade del vending sostenibile, digitale e smart.
Il caffè è presentissimo in tutte le sue forme, partendo dalla presenza di torrefattori tra gli stand (compresi i grandi player come Lavazza, Caffè Borbone, che trainano l’intero settore su una direzione precisa di qualità in tazza).
Venditalia si distribuisce su una superficie di 32mila metri quadri
Due padiglioni che sono contenitori del futuro: si abbandona subito l’immagine del distributore automatico come una volta, che prende soltanto monete e magari non dà neppure il resto.
I bicchierini di plastica monouso sono soltanto un ricordo di cui quasi nessuno parla quando si assaggiano caffè macinati direttamente in grani in quelle che sono a tutti gli effetti delle macchine da corsa nel vending.
Che mostrano video racconto (molto utili nel caso di messaggi importanti da veicolare nel breve tempo di erogazione, come è il caso di Altromercato e le sue filiere equo solidali), che parlano, riproducono anche l’audio se impostate.
Ci sono macchine che si attivano da sole e fanno il purge in automatico mentre ci passi vicino, riempendo l’aria di vapore, probabilmente già programmate a distanza dal proprietario.
Molti gli stand dedicati ai nuovi sistemi di pagamento, con l’obiettivo di semplificare le procedure, velocizzarle, ridurre l’uso di contanti. Benvenute le app, i Qrcode, il contactless: la lezione della pandemia ha dato una spinta anche in Italia verso questi metodi.
Qualcuno ancora tra i gestori deve convincersi che questa sia la strada da percorrere insieme come comparto, per via dei costi aggiuntivi di cui dovrebbe farsi carico, ma come spesso si sente dire a Venditalia: questa è una scelta che man mano diventerà obbligata e non solo, porterà a guadagni puri.
Una differenza esiste tutt’oggi tra pubblico e privato: mentre nel primo ambiente le vending machine sono già dotate di pagamenti digitali e sono aperte all’innovazione, nel secondo c’è ancora qualche difficoltà dovuta principalmente ai volumi registrati e all’abitudine di usare le chiavette.
Ma la linea da seguire è già stata tracciata e a Venditalia si tocca con mano.
Una superautomatica a Venditalia
Un’altra tendenza già presente all’estero e che sta trovando uno spazio anche in Italia, è costituito dalle superautomatiche: delle macchine che sono esteticamente accattivanti, con degli schermi piuttosto ampi, dove il touch fa da padrone e sembra quasi di interagire con iPad che preparano qualsiasi ricetta si desideri.
Grandi pro di questa altra possibile espressione del vending: minor costo per l’attrezzatura (adatta quindi ai luoghi privati come gli uffici di grandi aziende) rispetto ad un distributore automatico più standard, maggiore possibilità di ricreare attorno al coffee corner un momento di convivialità tra colleghi per una pausa caffè più simile a quella che di solito si vive al bancone del bar.
A colpo d’occhio poi ci sono vending machine che ci si aspetta, ma non troppo, con un’offerta talmente variegata da sembrare più dei mini supermercati che dei distributori automatici: dalla vetrina si può ordinare dalla pasta integrale agli assorbenti, dal latte ai pennarelli. Ogni bisogno sembra essere contenuto all’interno dello stesso contenitore.
E poi c’è l’Acquabox: un distributore automatico che spicca nello stand BWT Water&More con il suo colore rosa. Una vera e propria stazione per riempire le borracce con dell’acqua purificata, potabile gestibile da smartphone sia dai consumatori sia dai gestori che hanno l’occasione di monitorare il consumo di acqua.
Per non parlare degli enormi vantaggi rispetto al risparmio di plastica.
Quindi ancora una volta la digitalizzazione, la telemetria, la sostenibilità, tornano protagonisti del settore in Fiera. L’Italia c’è, almeno a Venditalia, dove si racconta forse una distribuzione automatica già avanti rispetto a quello che resta più diffuso nel Bel Paese, ma che comunque rispecchia un presente che già si muove tra i consumatori.
Marco Pedron a Venditalia con il maritozzo al tiramisù
MILANO – All’appuntamento di Venditalia, dal 15 al 18 maggio a RhoFiera Milano, il caffè assume tante forme e non è soltanto quello erogato dai distributori e macchine superautomatiche: nello stand Lavazza, iTierra! diventa un ingrediente importante nel dolce che porta la firma di Marco Pedron. Ancora una volta la collaborazione tra l’alta pasticceria e il caffè di qualità trova una sua nuova espressione.
Pedron rivisita il maritozzo al tiramisù
“Troviamo un impasto molto soffice con lievito madre biologico, farina biologica macinata a pietra, con una crema pasticcera, il marsala, il caffè iTierra! in espresso, posizionata al centro del maritozzo.
Il ragionamento che ho portato avanti per questa ricetta vuole andare oltre quello classico di pasticceria e si avvicina al mondo del gelato, in cui si comprime tutto in unico gusto. Non si stratifica più: il tiramisù che si trova all’interno è caratterizzato da un sapore che poi è quello riconosciuto in tutto il mondo, che richiama la memoria.
Il maritozzo con la crema al tiramisù
La panna sopra è stata realizzata tostando i chicchi del caffè in forno, poi messi nella panna fredda per una notte intera.
Il caffè si percepisce, ma soprattutto si avverte l’idea dietro: è un prodotto che funziona perché adesso abbiamo che siamo meno allenati a livello di palato, non è più tempo di sofisticazione. Oggi le persone vogliono pochi concetti e chiari.
Per questo motivo in questo maritozzo troviamo sofficità oltre ogni misura e coerenza sul gusto.”
L’idea di tostare i chicchi com’è nata?
“E’ una tecnica che viene già usata in gelateria per realizzare il caffè bianco: si mettono i chicchi tostati in forno e poi nel latte o nella panna per conferire il sapore del caffè. Io ho voluto trasportare la visione del gelato nella pasticceria perché si semplificano i processi, il prodotto, il prezzo e l’impatto con il cliente. Less is more.”
Pedron, ma lei ha unito due dolci tradizionali: vince il maritozzo o il tiramisù?
“Vincono entrambi perché anche solo osservandolo sezionato si vede già la presenza di molta pasta e questo permette di raggiungere un perfetto equilibrio tra le parti. Poi a quel punto gioca la sensibilità di ciascuno. Volevamo portare in Fiera un prodotto semplice e con ingredienti bio che ho dovuto ricercare molto tempo prima.”
Si abbina all’espresso quindi?
“Certamente, così come al cappuccino, però freddo perché si riescono ad avvertire meglio tutte le note aromatiche. C’è una parte di consumatori che apprezzano le soluzioni fredde anche a colazione: contemplare questo primo pasto con una ricetta non calda è stimolante e per questo motivo sto già lavorando a diverse idee che vedremo in futuro.”
MILANO – Prosegue sino a sabato pomeriggio l’edizione 2024 di Venditalia, la più importante manifestazione internazionale della distribuzione automatica, organizzata da Venditalia Servizi e promossa da Confida, Associazione italiana della distribuzione automatica e che quest’anno è si svolge nell’innovativo quartiere Fieramilano a Rho.
Il settore è in crescita: nel 2023 il giro d’affari è stato di 2 miliardi di euro con 5 miliardi di consumazioni.
“Con 300 espositori per il 34% esteri provenienti da 32 Paesi (tra i più rappresentati Cina, Germania, Spagna, Regno Unito e Turchia), Venditalia si prepara ad accogliere operatori da tutto il mondo, in un momento particolarmente favorevole per il settore – osserva Ernesto Piloni, Presidente di Venditalia Servizi – Si tratta di una manifestazione altamente innovativa nei contenuti e nel layout, realizzato all’interno di un quartiere fieristico all’avanguardia come quello di Fieramilano a Rho. In mostra ci saranno soluzioni e macchine ad alto tasso di digitalizzazione e prodotti che guardano con accresciuta attenzione al valore della sostenibilità. Un tema quest’ultimo, che vede Venditalia in prima linea, visto che la nostra manifestazione punta a ridurre la sua impronta carbonica attraverso iniziative mirate”.
Uno sguardo sul settore: Italia leader
Nel campo della distribuzione automatica, o vending, l’Italia è leader a livello internazionale. Il nostro Paese, infatti, ha la più ampia rete distributiva alimentare automatica d’Europa con oltre 830 mila vending machine installate, seguito da Francia (630 mila), Germania (613 mila) e Inghilterra (405 mila).
In Italia sono quasi 4mila (3.742) le attività del settore (+1,5% rispetto al 2022): è quanto emerge da un’elaborazione del Registro delle Imprese per Confida, Associazione italiana distribuzione automatica, sui dati del quarto trimestre 2023 con un indotto occupazionale di oltre 30 mila persone. A questi numeri si devono aggiungere le imprese coinvolte in tutta la filiera, come quella dei produttori alimentari e dei fabbricanti di accessori e di tecnologie per le vending machine.
Mentre il giro d’affari del settore, nel 2023, è stato di 2 miliardi di euro con 5 miliardi di consumazioni erogate tra vending e OCS (Office Coffee Service) ossia il caffè in capsule e cialde (fonte: Studio di Settore sulla distribuzione automatica realizzato da Ipsos per Confida – Associazione Italiana Distribuzione Automatica).
Il fatturato del vending è in crescita. Nel 2023 era di 1.620.665.458 euro (+2,61% rispetto al 22), mentre le Consumazioni vending si attestano sui 3.974.040.247 (+0,74% rispetto al 2022).
Numeri positivi anche per il mercato dell’Office Coffee Service, che ha visto l’anno scorso un fatturato di 397.299.901 euro (+1,26% rispetto al 22) per un totale di 1.103.610.836 Consumazioni (+0,40% rispetto al 2022).
Venditalia: innovazione e sostenibilità
Venditalia sarà una vetrina sulle principali novità del settore, sempre più avanzato grazie alle tecnologie del vending che stanno vivendo una vera e propria “Rivoluzione digitale”. Oggi con la connettività si può gestire una vending machine da remoto e connetterla al software gestionale dell’azienda: verificando in tempo reale, direttamente via web, lo stato del distributore, modificandone impostazioni e parametri e analizzandone i big data.
Nelle ultime generazioni di distributori automatici schermi touch sono installati al posto delle tradizionali pulsantiere consentendo una maggiore interazione col consumatore e, nelle macchine del caldo, anche di personalizzare le ricette dei prodotti. Infine, i sistemi di pagamento digitali cashless, in particolare le APP di pagamento, si stanno diffondendo con rapidità nel settore.
In questo scenario, la manifestazione offrirà una visione a 360 gradi sull’innovazione, con soluzioni per il pagamento senza contatto, nuove vending machine intelligenti in grado di essere monitorate da remoto, prodotti food personalizzabili adatti a ogni genere di consumatore.
A Venditalia non sarà dato spazio soltanto all’innovazione, ma anche alla sostenibilità. Mentre infatti i produttori stanno avviando con convinzione una transizione verso soluzioni più green e sostenibili, è la stessa manifestazione a farsi portavoce di un messaggio di attenzione a questo valore ormai imprescindibile anche per il mondo delle fiere.
Proprio per essere all’altezza degli standard del suo settore, Venditalia, primo evento ospitato nei quartieri di Fiera Milano Rho a dare il via a questo tipo di procedura, ha avviato il calcolo dell’impronta carbonica della manifestazione e, con la collaborazione della società fieristica, ha quantificato le emissioni dell’ultima edizione.
Partendo da questa prima misurazione, l’obiettivo sarà avviare un circolo virtuoso di monitoraggio delle emissioni generate edizione dopo edizione e intraprendere iniziative di efficientamento circoscritte a specifiche fonti emissive. Venditalia e Confida hanno, per questo, già avviato una serie di attività per sensibilizzare espositori e allestitori a realizzare concretamente comportamenti utili alla diminuzione dell’impronta carbonica.
L’appuntamento con Venditalia 2024 è dal 15 al 18 maggio 2024 nei padiglioni 8-12 di Fieramilano Rho.
Un nuovo e-shop, il lancio di una capsula 100% vegetale e una maggiore attenzione
alla sostenibilità energetica. Sorta negli anni Cinquanta da un piccolo bar di Lecce, oggi Quarta Caffè sta cambiando nel segno della tradizione. Il dottor Gaetano Quarta, manager dell’azienda, sta ampliando gli obiettivi del brand con un’agenda ricca di impegni.
In particolare, Quarta sta rivolgendo l’attenzione su un progetto di blockchain alimentare a titolo di garanzia per tutti i consumatori in termini di trasparenza della filiera e dell’intero ciclo di vita del prodotto. Leggiamo di seguito l’intervista a Gaetano Quarta pubblicata su Forbes Italia.
Gaetano Quarta: tra tradizione e innovazione
LECCE – Quarta Caffè è un’azienda nata negli anni Cinquanta da un piccolo bar nel cuore di Lecce, dove si tostava il caffè. “Era il Bar Avio, il cui nome è un omaggio agli aviatori che ne avevano fatto il loro punto di ritrovo”, ricorda il manager dell’azienda, Gaetano Quarta. “Per noi la qualità parte dalla gestione e dalla valorizzazione del capitale umano, dal clima aziendale, dal concetto di cultura del lavoro, dalla rete di persone su cui poggia concretamente la nostra società”.
Che impatto hanno la ricerca della qualità delle migliori materie prime, l’innovazione nei processi produttivi e le miscele che realizzate?
“Siamo tra le prime aziende in Italia ad aver portato avanti il progetto di autosufficienza energetica con fonti di energia rinnovabile. Il nostro vantaggio competitivo è il product turnover, che ci avvicina al mondo del fresco.
Il reparto ricerca e sviluppo è costantemente impegnato nel controllo qualità della materia prima proveniente dai paesi produttori e nella ricerca di nuove miscele”.
In questa direzione, un ruolo fondamentale lo sta giocando il passaggio generazionale. Ed è qui che entra in gioco la sua figura. Quali sono i principali cambiamenti apportati negli ultimi anni?
“Gli ultimi due anni hanno visto il lancio del nostro nuovo e-shop, che ci consente di far arrivare il nostro prodotto sempre fresco in 24 ore ovunque nel mondo e il lancio della nostra capsula, 100% vegetale.
In termini di vision, la mia generazione ha già apportato innovazioni concrete dal punto organizzativo con l’introduzione di un sistema premiante tramite algoritmi legato alle performance aziendali”.
Come vi approcciate al concetto di sostenibilità guardando a partner, collaboratori e dipendenti?
“Grazie al welfare aziendale, la nostra società oltre a essere rinomata dal punto di vista delle performance economico-finanziarie, gode di una fortissima brand reputation legata al trattamento di tutti i collaboratori che ne fanno parte a tutti i livelli”.
E in termini di business, invece, quali sono i principali risultati ottenuti negli ultimi anni?
“Abbiamo assistito a un efficientamento a 360 gradi di costi legati alla gestione aziendale che ci ha consentito di godere di importanti savings, grazie ai quali è stato possibile acquisire nuove competenze, arricchire il team di brillanti giovani con oggettive competenze e peculiarità”.
Un altro tema fondamentale è la presenza nei social. Che ruolo giocano per voi e quanto impattano in ottica di vision e di business?
“Oggi è fondamentale seguire attivamente il social media management aziendale, alimentare lo storytelling con elementi sempre nuovi e di valore. Io stesso seguo tutti i progetti legati alla comunicazione aziendale”.
Chiudendo, quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati per il 2024 e quali sono i consigli che si sente di dare ai giovani che vogliono avvicinarsi al mondo dell’imprenditoria?
“Stiamo valutando nuove acquisizioni sia in Puglia che nelle regioni limitrofe per aumentare gradualmente la quota di fatturato senza danneggiare la redditività dell’azienda e le sue peculiarità intrinseche.
Stiamo, inoltre, rivolgendo la nostra attenzione su un progetto di blockchain alimentare a titolo di garanzia per tutti i nostri consumatori in termini di trasparenza di tutta la filiera e dell’intero ciclo di vita del prodotto. Il nostro patto di fiducia con i consumatori è il faro che ci guida quando tracciamo nuovi obiettivi”.
MILANO – Siamo a Il Pescatorio & Friends, ristorante romano pensato da Emanuele Smimmo e Simona Bontà attorno ad una proposta di mare di livello, con la possibilità di fare take away e delivery e una parte dedicata allo street food.
Dieci anni compiuti quest’anno, un vero e proprio traguardo quando si pensano ai locali di questo settore, festeggiati con una serie di incontri che vogliono proporre un’offerta originale. All’interno di questa cornice, si inserisce lo specialty coffee sotto la guida esperta di Gianni Olimpo e la proposta di materia prima che non ha bisogno di presentazioni: His Majesty sarà protagonista di ogni ricetta.
Marco Radicioni di Otaleg è il punto di contatto tra questi due mondi: tra amici si è deciso di organizzare una serata di specialty e pesce. Per amicizia, per gioco e per curiosità, è nato tutto.
Dopo uno studio di tre mesi tra chef Sergio Spoletini, chef Simona Bontà e Gianni Olimpo (mentre per il gelato ovviamente la ricerca è stata portata avanti con Marco Radicioni), il menù che sposa la cucina di mare con il caffè è pronto per essere gustato. L’appuntamento per questa esperienza è il 23 maggio, con un menù che si chiude con un primo e il gelato come entrée.
Gianni Olimpo racconta: “Provare a fare le diverse infusioni, con tanti tentativi, è stato stimolante. Questa è stata la prima volta che mi sono cimentato con un pairing su un menù di pesce. Terminando poi con un infuso di fiori caldo, lascia la sorpresa finale. Questo è stato possibile grazie al sostegno di Paolo Scimone, che mi ha fornito una materia prima di prima qualità. Anche trovare la quadra nei piatti e assaggiarli.”
Il Pescatorio & Friends: festeggiare con champagne e cascara
Mica male no? Gianni Olimpo ha pensato a tutto, dall’antipasto al dolce, dai piatti alle bevande: niente lasciato al caso quando si tratta di inserire lo specialty nel mondo della ristorazione.
Ad accompagnare lungo tutto il pasto infatti la buccia essiccata della drupa del caffè di un Panama Geisha naturale raccolto dalla Finca Hartmann a 1830 metri di altitudine viene estratto a freddo con un’infusione di 24 ore, unito poi allo champagne.
Una degustazione di pairing che parte con uno stecco di baccalà (un gelato in apertura) abbinato da kombucha al Panama Geisha naturale prodotto da Finca Hartmann a 1250 metri di altitudine, realizzato grazie alla collaborazione del titolare di Legend Kombucha, Stefano Zamboni, attraverso l’infusione di caffè ad una temperatura bassa per circa 30 ore.
Anche l’olio usato sulla focaccia è stato aromatizzato al caffè, lasciandolo in infusione per un mese, lo stesso usato anche sull’alletterato: un Colombia Red Bourbon semi-lavato e anaerobico della Finca El Diviso a 1850 metri di altitudine.
Cozza con crumble salato allo specialty coffee (foto concessa)
Si procede poi con una cozza al gelato con crumble allo specialty coffee: usato un Kenya GakunduAA lavato della finca Gakundu farmers, a 1600/1800 metri di altitudine, varietà sl28-2l34. La sua florealità profuma la cozza e il palato resta sgrassato dall’acidità e un retrogusto come di pangrattato.
Poi è il turno del rombo specialty con purea di patate alle erbe, fondo di pil e la polvere di specialty (con Ethiopia, il produttore è Bensa Damo raccolto a 1860-2160 di altitudine, la varietà della pianta è Heriloom) cialda di patata croccante e gocce di olio extra vergine di oliva allo specialty coffee.
Ancora servita la fregola specialty ai lati un cerchio di panna allo specialty coffee.
La fregola specialty (foto concessa)
Fregola mantecata con biscque di scampi e carpaccio di scampo crudo, porro bruciato e olio alle erbe e Mizuna corallo. Il caffè che ho utilizzato per la panna è un Colombia Magnum Sidra della farm El Vergel Estate raccolto a 1.450 metri di altitudine, la varietà della pianta è Bourbon Sidra (Una delle varietà di caffè piu interessanti disponibili negli ultimi anni) il processo di lavorazione delle drupe è Mosto Anaerobic.
Entra in scena la pastarella con crema specialty (con una miscela base Modoetia, Brasile, India e Etiopia) e la chiusura in bellezza con qualcosa di inaspettato: l’infuso di fiori di caffè Catuai dalla Thailandia, a Chiang Rai, prodotta da Phahee coffee farm a 1200 metri di altitudine.
Non resta che sedersi a tavola e godersi il servizio in Via Virginia Agnelli 91/93 (Colli Portuensi): costo 70 euro a persona bevande specialty incluse. Per prenotarsi è sufficiente chiamare i numeri 06 64494787 3921307873.
MILANO – Il consiglio di amministrazione di IVS Group S.A. (Milano: IVS.MI) si è riunito il 14 maggio 2024, sotto la presidenza di Paolo Covre, per esaminare ed approvare il resoconto intermedio di gestione del gruppo IVS al 31 marzo 2024, di seguito sintetizzato. In sintesi: il fatturato consolidato è pari a euro 183,2 milioni, quasi invariato rispetto a euro 183,6 milioni al 31 marzo 2023; Ebitda pari a euro 28,9 milioni, Ebitda Adjusted pari a euro 29,1 milioni, +3,6%; Ebit Adjusted pari a euro 9,5 milioni (+9,2%); Utile netto consolidato pari a euro 2,7 milioni; utile netto adjusted consolidato pari a euro 3,4 milioni; indebitamento finanziario netto pari a euro 422,8 milioni (inclusi euro 59,1 milioni da effetti IFRS16i) da euro 421,1 milioni a fine 2023. Realizzate nel primo trimestre 2024 tre acquisizioni, in Italia e Polonia, per un valore di 1,7 milioni di euro.
Andamento della gestione
Il fatturato consolidato del 1° trimestre 2024 ammonta a euro 183,1 milioni, -0,2% rispetto ai euro 183,6 milioni del 1° trimestre 2023. I settori operativi del gruppo hanno riportato il seguente andamenti dei ricavi (prima delle elisioni intra gruppo).
1) attività di gestione vending (che include i settori operativi vending di Italia, Francia, Spagna e Altri paesi minori): euro 144,1 milioni,
+2,7% rispetto a euro 140,5 milioni al 31 marzo 2023, a loro volta suddivise per mercati geografici: (i) Italia (euro 118,7 milioni, +0,6%),
(ii) Francia (euro 13,9 milioni, +13,1%), (iii) Spagna (euro 9,8 milioni, +8,4%) e (iv) altri mercati Europa (euro 3,8 milioni, +27,9%).
2) attività di rivendita: euro 27,5 milioni, -22,5% da Euro 35,5 milioni del primo trimestre 2023, che aveva registrato alcune rilevanti vendite straordinarie all’estero (Est Europa).
3) attività nel settore horeca: euro 6,0 milioni (+26,7% sul primo trimestre 2023).
4) attività della divisione Coin: euro 10,0 milioni (+19,4% sul primo trimestre 2023).
Le tre acquisizioni realizzate in Italia e Polonia, per un valore di Euro 1.7 milioni, hanno generato vendite nel primo trimestre 2024, dalla
data dell’acquisto, pari a euro 0,1 milioni.
Nel vending, il numero totale di erogazioni del gruppo al 31 marzo 2024 è stato pari a 254,1 milioni (-2,8% rispetto a 261,3 milioni a marzo 2023).
Il prezzo medio delle erogazioni (al netto dell’IVA) è stato pari a euro 53,05 centesimi, +4,0% rispetto a euro 51,03 centesimi dell’analogo periodo 2023. Sul prezzo medio esistono significative differenze tra le aziende del gruppo, diversi segmenti di mercato e aree geografiche.
L’Ebitda reported, pari a euro 28,9 milioni, da circa euro 27,1 milioni di marzo 2023, è in aumento del 7,0%. L’Ebitda Adjusted consolidato è pari a euro 29,1 milioni, in aumento del 3,6% rispetto a euro 28,1 milioni di marzo 2023.
L’ebit Adjusted consolidato sale a euro 9,5 milioni da euro 8,7 milioni al 31 marzo 2023 (+9,2%).
L’utile netto consolidato a marzo 2024 è pari a euro 2,7 milioni (prima di euro -0,1 milioni di risultato attribuibili alle minoranze), da euro 3,0 milioni del 2023.
L’utile netto adjusted al netto delle voci considerate non ricorrenti, è pari a euro 3,4 milioni, rispetto a euro 3,9 milioni di marzo 2023, influenzato da differenze cambio negative nel periodo per circa euro 0,3 milioni.
La posizione finanziaria netta (“PFN”) è negativa per Euro 422,8 milioni (inclusi circa Euro 59,1 milioni derivanti da contratti di affitto e leasing in base alle previsioni del principio IFRS 16), rispetto a Euro 421,1 milioni a fine 2023 (di cui Euro 62,4 milioni per IFRS16). Nel corso del 1°trimestre 2024 il gruppo IVS ha generato un flusso di cassa operativo pari a Euro 20,2 milioni (Euro 26,7 milioni nel 1° trim.2023); i pagamenti per investimenti fissi netti sono stati pari a Euro 17,1 milioni (Euro 12,0 nel 1° trim. 2023) e Euro 1,5 milioni per acquisizioni. Sono inclusi nella PFN gli interessi (circa Euro 4,3 milioni) maturati dalla data di pagamento dell’ultima cedola (metà ottobre 2023) sulle obbligazioni con scadenza ottobre 2026. I crediti IVA (non inclusi nella PFN) sono pari a Euro 15,5 milioni.
Altri fatti di rilievo ed operazioni poste in essere dopo il 31 marzo 2024 e previsioni per l’esercizio
Il 22 aprile 2024, IVS Partecipazioni S.p.A. (IVSP, azionista di maggioranza di IVS Group) e E-Coffee Solutions S.r.l. (ECS, controllata del gruppo Lavazza, il leader italiano nel settore del caffè) hanno annunciato il lancio di un’offerta volontaria totalitaria sulle azioni di IVS Group, attraverso una società di nuova costituzione, Grey S.a.r.l., finalizzata al delisting di IVS Group.
Nell’ipotesi di un risultato positivo dell’offerta e in funzione della percentuale di adesione, IVSP dovrebbe detenere non meno del 51% del capitale sociale di Grey e ECS una quota tra il 39% e il 49% del capitale di Grey.
Un accordo reciproco tra IVSP e ECS prevede opzioni di acquisto (call option) per ECS e opzioni di vendita (put option) per IVSP sulle azioni di Grey. Le call e put option saranno esercitabili dopo l’approvazione del bilancio consolidato di IVS Group al 31 dicembre 2026 (e dunque dal 2027 e fino al 2034).
Il Consiglio di amministrazione di IVS Group ha preso atto dell’operazione annunciata ed ha avviato le procedure previste dalla normativa in materia di offerte pubbliche, in particolare, da parte del comitato degli amministratori indipendenti, la selezione e nomina dell’advisor incaricato di predisporre una “fairness opinion” sull’offerta.
Con riguardo allo scenario di mercato, perdurano le note tensioni internazionali e il conseguente impatto negativo sui consumi in generale e, pertanto, anche sui volumi – a parità di perimetro – nelle attività del vending. Si attende che l’azienda sia ancor più focalizzata su azioni in grado di ottimizzare i profili di efficienza, insieme allo sviluppo di nuove opportunità commerciali, anche fuori dall’Italia, nel settore del vending e in segmenti di mercato attigui, al fine di sostenere la redditività del gruppo.
Antonio Tartaro e Massimo Paravisi, Co-CEO di IVS Group, commentano i risultati del primo trimestre 2024 nei seguenti termini: “In uno scenario economico che resta complesso, IVS Group conferma le solide basi della sua attività. Le operazioni straordinarie realizzate negli anni passati hanno consentito di raggiungere una buona diversificazione su diverse aree di busines nelle quali, con un continuo e intenso lavoro, possiamo coniugare efficienza, redditività e qualità del servizio. Considerata la posizione di leader raggiunta in Italia, abbiamo iniziato ad ottimizzarne la redditività”.
C’è di più: “Così, ad esempio, vanno lette le variazioni nel Vending in Italia tra il 1° trimestre 2023 e il 1° trimestre 2024: numero erogazioni: -4%, ricavi: +1%, positioning Fees: -13%, Ebidtda adjusted: +12%. A comprova che, se si ha il coraggio di rinunciare a contratti e clienti non profittevoli, la marginalità aumenta significativamente. Così anche nella attività di rivendita, dove si è ritenuto salvaguardare il rapporto con la clientela, limitando il ribaltamento a valle dell’impennata degli aumenti subiti negli ultimi sei mesi, essendo questi frutto soprattutto di speculazioni sul mercato delle commodities, che ora stanno rientrando”.
In conclusione: “E’ altresì chiaro che, stante la predetta posizione strategica sul mercato italiano i futuri piani di crescita guarderanno sempre più anche ad altre nazioni europee e a nuovi mercati potenzialmente complementari al core business del vending. Questa ulteriore fase strategica per il gruppo IVS richiederà certamente un grande impegno, nuove competenze e investimenti rilevanti, su scala continentale”.
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