La locandina “Guardare, assaggiare, capire - La pasticceria d’arte si presenta” (immagine concessa)
TARCENTO (Udine) – “Guardare, assaggiare, capire – La pasticceria d’arte si presenta” è il nome dell’evento a partecipazione gratuita in programma al Forno Rizzo Bistrot & Caffè di Tarcento (Udine) domenica prossima 7 luglio a partire dalle 10 fino alle 17. Protagonisti saranno i soci di PAART, associazione nazionale senza scopo di lucro, nata nel 2022 a Milano con lo scopo di promuovere la pasticceria realizzata con ingredienti naturali.
L’evento “Guardare, assaggiare, capire – La pasticceria d’arte si presenta”
Ospiti del maestro pasticcere Alessandro Rizzo, che sarà uno degli artigiani all’opera davanti al pubblico nella preparazione di squisiti dolci, saranno i suoi colleghi Michele Cappiello, dell’omonima pasticceria di S. Maria Capua Vetere (Caserta), che, a partire dalle 10, preparerà il Babà; alle 11.00 Massimo Ferrante dell’omonima pasticceria di Campomorone, realizzerà il Pandolce genovese; alle 12 Canio Cumuniello, dell’omonima pasticceria di Genzano di Lucania, preparerà I Calzoncelli con confettura di uva e/o cotogne e I Calzoni con fichi, frutta secca e vino cotto; alle 15 Alessandro Rizzo, che è anche uno dei consiglieri direttivi e soci fondatori di PAART, sarà impegnato nella preparazione di una delle specialità friulane più celebri e impegnative: la Gubana.
Concluderà la kermesse di maestri pasticceri, alle 16.00, Guido Sparaco, dell’omonima pasticceria di Castel Morrone: si esibirà nella celebre Sfogliatella riccia.
La ricca giornata, avrà inizio alle 9.00 e sarà presentata dalla giornalista Monica Bertarelli. Le dimostrazioni dei pasticcieri saranno precedute dagli interventi di Stanislao Porzio, presidente dell’Associazione PAART, autore di libri a tema gastronomico e patron dell’evento Re Panettone, e di Alessandro Rizzo, che farà gli onori di casa nel suo forno-bistrot-caffè, punto di riferimento per la cittadina friulana e i suoi dintorni.
“Vogliamo trasmettere al consumatore il valore della nostra pasticceria che è frutto di scelte etiche e di una grande passione per il nostro mestiere – dichiara Rizzo – La crescente diffusione degli ingredienti di sintesi e soprattutto dei semilavorati, ista minacciando l’inestimabile bagaglio di conoscenze accumulato nei secoli nel nostro settore, dai measti del gusto, che oggi corrono il rischio di vedere svuotata di contenuti la propria professionalità”. L’evento PAART di Tarcento di domenica prossima è il quarto di una serie che sta toccando le tante regioni italiane.
Per prenotare l’ingresso gratuito alle dimostrazioni, che si terranno presso il Forno Rizzo, in piazza Placereani 1 a Tarcento, è sufficiente registrarsi al sito cliccando qui.
Eugenio Morrone, maestro gelatiere che ha conquistato nel 2024 i Tre Coni del Gambero Rosso, presenta la rivisitazione del classico gelato fiordilatte realizzato grazie a soli quattro ingredienti: latte, panna, zucchero, fibre e con una innovativa tecnica a freddo per preservarne il gusto. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale dell’Ansa.
Il gelato fiordilatte di Eugenio Morrone
MILANO – Amato dai bambini, un gusto che riporta indietro nel tempo i grandi, il gelato al fiordilatte torna in auge nell’estate 2024. Eugenio Morrone – già campione del mondo di gelateria, quest’anno riconfermato per la seconda volta miglior gelatiere del mondo, nel 2024 si è aggiudicato i Tre Coni del Gambero Rosso – continua a sperimentare.
Nella sua ricerca verso materie prime di grande qualità e processi di lavorazione originali è riuscito a dare nuova vita al classicissimo fiordilatte realizzando il gusto del gelato con soli quattro ingredienti: latte, panna, zucchero, fibre e con una innovativa tecnica a freddo per preservare la ricchezza del gusto e le proprietà caratteristiche del latte e della panna e realizzare un gelato che ha una quantità ridotta di zucchero: il 30% in meno rispetto a un gelato tradizionale mantenendo intatta un’esperienza gustativa appagante, inoltre, la riduzione degli zuccheri risponde alle più recenti esigenze nutrizionali raccomandate dai vari organismi sanitari, compresa l’Oms, per diminuire l’apporto calorico degli alimenti prodotti.
Non solo un gelato dall’etichetta corta e dal giusto contenuto di zucchero, ma tra le particolarità che rendono il suo fiordilatte nuovo è l’utilizzo di tecniche di lavorazione per assicurare anche con pochi ingredienti un gelato dalla palatabilità e una cremosità sorprendenti.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
MILANO – Ancora forte è l’emozione per il secondo posto al campionato mondiale di latte art portato a casa da Manuela Fensore, che dopo 5 anni che non saliva in pedana al World of Coffee, è tornata più forte di prima con qualcosa da raccontare e da dimostrare. Nuove regole, nuove sfide: Manuela Fensore c’è ed è felice.
E lo conferma lei stessa: “In effetti ho visto che tanti dopo la premiazione hanno pensato che non fossi soddisfatta di questo secondo posto. Ma voglio tranquillizzare tutti: il risultato che ho ottenuto mi ha reso orgogliosa soprattutto perché so di aver realizzato la migliore gara di tutta la mia carriera sin qui.
Mi sono confrontata con 6 finalisti molto forti: il vincitore chiaramente poi è uno solo. C’è sempre da considerare che alcune figure possono colpire maggiormente e quindi che oltre all’aspetto tecnico ne esiste anche uno più soggettivo. La differenza tra me e il primo posto è stata talmente minima, di appena 7 punti, che ho capito che la scelta per gli stessi giudici è stata difficile.
Ma per il riscontro che ho avuto e le valutazioni che ho ottenuto, mi posso ritenere molto soddisfatta dopo essere mancata per 5 anni sul palco mondiale.”
Fensore, come mai dice che è stata la migliore performance rispetto a quando ha vinto il primo posto?
Manuela Fensore al World of Coffee di Copenhagen (immagine concessa)
“Perché al mondiale di quest’anno ho potuto portare l’esperienza di tutte le mie gare passate. Approcciare una nuova sfida avendo a che fare con una macchina superautomatica, con le tazze e un format nuovo e un regolamento modificato, mi ha permesso di focalizzarmi sullo speech e la comunicazione di quello che avevo ancora da trasmettere.
La macchina faceva gran parte del lavoro e questo è stato il quid in più che ha
reso la mia gara diversa dal solito, durante la quale ho potuto presentare la mia idea di latte art e me stessa.
Ho portato qualcosa di fresco, che facesse sorridere, leggera – soprattutto visto il periodo che stiamo vivendo – attraverso delle baby tales dedicate ai bambini”.
L’idea dei baby tales come nasce?
Fensore: “Quando ho pensato alla gara ho detto a Carmen: mi piacerebbe portare una filastrocca.
Le figure di Manuela Fensore con la filastrocca abbinata (foto concessa)
Purtroppo non avevo idea di come tramutare questo pensiero nella pratica. Nel mio team per fortuna c’è da sempre stata Cristina Caroli, che appena dopo due giorni aveva già scritto una filastrocca che mi ha conquistato. A quel punto ho unito la parte tecnica al filo logico e all’armonia della presentazione creata con Cristina, ho studiato la dizione e i tempi, per arrivare ad offrire una vera performance. “
Quali sono state le tazze che ha pensato?
“Sono analoghe a quelle che avevo portato ai campionati italiani, ma fortemente potenziate e una è stata modificata completamente. Ho deciso quindi di continuare a lavorare su figure già consolidate e grazie all’allenamento e implementando le skills, sono riuscita ad elevare la difficoltà di realizzazione.
Quella più complessa e la più realistica, è stata la giraffa: se si disegna con un’unica linea dalla spalla al collo il viso della giraffa, si deve padroneggiare una tecnica specifica per scaricare la crema del latte in modo da delineare le macchie dell’animale. Ricavare un buon contrasto di queste senza rovinare la rosetta e la linea, non è affatto semplice, specialmente sotto stress.
Per fortuna la mia esperienza mi ha permesso di sentirmi molto sicura in pedana. Ero certa di trasmettere quello che avevo imparato, perché credevo tantissimo nel mio concept.
Ed io l’ho sempre detto: se si portano figure che senti tue, è difficile fare troppi errori in gara. Le altre figure poi sono state la volpe che arriva all’uva, l’elefante che trasporta un cesto di mele e intanto ne porta una sulla proboscide per mangiarla e in espresso, una zebra piccolina.”
Fensore, quindi la superautomatica è promossa?
“Devo dire che mi sono facilmente adattata alla macchina, anche perché ho avuto la possibilità di allenarmi con questa, avendola noleggiata da aprile a giugno.
Così mi sono studiata bene la ricetta: la sua particolarità è che si poteva regolare la pressione e la gradazione del latte a proprio piacimento. La cosa più complessa è stata cercare di registrare la modalità con cui montare il latte glossy, ovvero privo di bolle visibili a occhio nudo.
Nel complesso però mi sono trovata bene e posso dare soltanto feedback positivi. Anzi, ritengo che questo sia il futuro nella ristorazione e del mondo gare. Si può competere tranquillamente usando questa macchina e la nostra gara ne è stata la dimostrazione plastica.
Non tutti gli altri competitor la pensano esattamente come me e alcuni lo vedono come un passo indietro: in realtà per me è uno step successivo. Certi sfidanti non si sono trovati bene con la lancia e quindi non si sono qualificati. Ma chi veramente ha avuto la possibilità di allenarsi con l’attrezzatura della gara ha potuto esprimere al meglio la propria performance. “
Le bevande vegetali tutto ok quindi?
“L’hanno inserita come opzione molto a ridosso della competizione: noi abbiamo usato Oatly che già padroneggio bene. La difficoltà maggiore è stata quella di trovare la giusta taglia del disegno proporzionata alla tazza, perché ricordo che montare la bevanda vegetale dà un risultato più spumoso e quindi un tratto più spesso.”
Ma lei ha vissuto il mondiale anche di Carmen Clemente, non è stata proprio a digiuno per 5 anni
“Sì è stata un’esperienza vista sotto un’altra veste, ossia quella del coach e mi ha dato altre emozioni. Certo competere non è come fare da allenatore: alla fine sei solo tu in pedana a lottare contro te stesso e le paure di fallire.
Dietro di te poi ci dev’essere un team che crede nelle tue capacità. Bisogna attirare un po’ la fortuna verso di sé: nelle competizioni c’è anche quello che entra in gioco.
Per me la “sfortuna” in questo caso è stata la mancanza totale di contrasto in un elemento della rosetta che ha determinato un effetto sfocato alla figura. Questo mi ha un po’ penalizzato, perché un piccolo dettaglio può abbassare i voti dei moltiplicatori.
Una piccolezza che mi ha tolto la vittoria, ma questo mi fa crescere e so già dove dovrà lavorare.”
Quindi Fensore si sta già preparando per il prossimo?
Manuela Fensore mostra la sua ultima creazione (immagine concessa)
“Per dire che sono pronta ad affrontare di nuovo le competizioni è presto: non ho ancora le idee chiare.
Lascio la porta aperta, con la certezza è che non smetterò di allenarmi, ma soprattutto di creare che è la mia passione più profonda.
In ogni caso ci tengo a dire ancora che sono molto felice di com’è andata. Quello che ho raggiunto non è banale: io ho già un titolo mondiale e questo è stato un rimettermi in gioco perché ho ancora qualcosa da raccontare e quindi un successo.
Scegliere le persone giuste che ti accompagnino in questo percorso, è fondamentale. Nella preparazione c’è bisogno di sostegno moralmente e organizzativo. Ringrazio tantissimo per questo Cristina Caroli, che è stata la figura chiave per tutta la mia evoluzione.
Carmen Clemente ovviamente, onnipresente in ogni mia performance: senza di lei nulla sarebbe stato lo stesso. E poi Sca Italy e tutti gli sponsor che hanno fatto la differenza. Mi sono sentita, da campionessa italiana e del mondo 2019, davvero sostenuta dalle aziende che hanno investito nel mio potenziale e nel ritorno di immagine.”
Renata Zanon nel backstage CIGS credits Simo Niiranen
MILANO – Molti vivono le gare dei campionati mondiali a distanza in platea e assistono alle performance degli sfidanti insieme alla giuria: ma cosa accade dietro quei minuti di spettacolo? Ecco un esclusivo dietro le quinte dei quattro giorni vissuti nel backstage del World Coffee in Good Spirits Championship (CIGS) con gli occhi di una professionista che li ha passati a stretto contatto con i competitor: Renata Zanon.
CIGS, campionati mondiali: un dietro le quinte
Di Renata Zanon
“Alle 11 del mattino tutti i concorrenti sono chiamati per il briefing della gara. Inizialmente si guardano in giro un po’ confusi, poi iniziano a riconoscere gli altri concorrenti e si sciolgono un po’, si salutano, si abbracciano.
A piccoli gruppi studiano il palco gara: si percepisce un po’ di ansia.
All’arrivo dello stage manager e del capo giudice, inizia l’appello. I concorrenti sono in totale 23 e rappresentano, in ordine di gara: Giappone, Svizzera, Cina, Brasile, Italia, Taiwan, USA, Romania, Grecia, Cina, Austria, Messico, Hong Kong, Corea del Sud, Polonia, Tailandia, Canada, Francia, Repubblica Ceca, Ucraina, Australia, Indonesia, Regno Unito.
Noto un particolare interessante: nessuno di loro, né i concorrenti né i coach usano il telefono, perché tutti concentrati ad ascoltare il briefing (durato un’ora) e a fare domande.
Tra queste la più comune riguardava la disposizione dei tavoli della gara. Ma i competitor hanno anche chiesto informazioni riguardanti le prese di corrente dello spirit bar (molti avevano delle attrezzature elettriche), la disposizione delle attrezzature sullo stage e i dettagli riguardanti i settaggi della macchina espresso.
Al termine del briefing, il capo giudice li informa che proverà a parlare con l’organizzazione e che saranno informati di eventuali modifiche sulla disposizione dei tavoli tramite SMS. È quello che effettivamente accade perché il giorno dopo, saranno sistemati come richiesto dai concorrenti.
Tutto cambia nella giornata dello spirit bar.
I concorrenti arrivano nel backstage, uno spazio davvero molto grande al punto da risultare quasi freddo (soprattutto in confronto a quello dell’anno scorso a Taiwan), dove a ogni concorrente viene assegnato un tavolo sul quale appoggiare le proprie attrezzature.
Il mood dei concorrenti adesso cambia completamente e sono tutti seri: indossano guanti neri in lattice e lucidano attrezzature mentre parlano da soli – ripetendo lo speech – o con i loro coach. Nel backstage sono ammesse solamente due persone per concorrente: un coach ufficiale e un aiutante.
Nonostante lo spirit bar duri pochi minuti, 6 per la precisione, è la prima prova di ognuno ed è il momento in cui bisogna abbattere il muro dell’emozione.
I 23 concorrenti presentano le loro performances a singhiozzo, probabilmente a causa di qualche criticità nell’organizzazione e la sera si finisce con oltre due ore di ritardo.
Seconda giornata di campionati CIGS
La giornata inizia molto presto e già alle 7.30 i primi due concorrenti iniziano il loro practice time. Hanno 30 minuti di tempo per provare la loro gara con le attrezzature messe a disposizione nel backstage.
Devono trovare l’estrazione perfetta dell’espresso (regolando la macinatura e le dosi, le uniche variabili che possono cambiare) e iniziare ad assaggiare i loro drink. Fa un po’ strano vedere qualcuno sorseggiare tequila all’alba.
Ho potuto riconoscere due atteggiamenti: quello più rilassato, in cui il concorrente e il coach non hanno un piano ben preciso delle prove da fare, e quello più “orientale”.
Loro sanno esattamente cosa fare e in che ordine. Sono quasi delle macchine. Ognuno ha perfettamente in testa la disposizione degli ingredienti sui tavoli, le tempistiche, usano i 30 minuti a disposizione senza sgarrare di un attimo.
Poi tutti i concorrenti assieme ai loro coach devono fare l’ultima importantissima cosa prima della competizione on stage: trovare i descrittori sensoriali dei drink. E quindi si sentono sussurrare parole quali “floral, tangerine, milk chocolate, stone fruit…” che solo a sentirli ti viene l’acquolina in bocca.
Alle 9 inizia la competizione vera e propria. Il primo concorrente sale sul palco e inizia la sua performance di 10 minuti, in cui dovrà dimostrare i mesi di lavoro che lo hanno tenuto impegnato giorno e notte.
Non si ammettono errori. A metà giornata il ritardo nella scaletta è di solo una quindicina di minuti.
Dietro le quinte è possibile riconoscere chi ha appena gareggiato, solitamente arrabbiato perché si è accorto di qualche sbavatura, chi deve ancora fare la gara, perché cammina avanti e indietro consumando il pavimento e parlando da solo mentre mima a gesti i movimenti della performance e invece chi ha finito da più di un’ora, ormai rilassato che impacchetta il tutto per la finale del giorno dopo, alla quale accederanno solo in 6.
E infine, la terza giornata di CIGS
Solo 6 concorrenti sono arrivati in finale. Il backstage è pronto con 6 tavoli occupati.
L’atmosfera è molto più distesa: ormai arrivati a questo punto è giunto il momento di divertirsi. Tra di loro i concorrenti si aiutano, si confortano, si supportano a vicenda. È un bello spettacolo a cui assistere. Se senti un bicchiere rompersi si girano tutti con la consapevolezza che potrebbe essere un pezzo fondamentale per l’esibizione.
E poi, alla fine, poco prima della comunicazione del vincitore, ho imparato una routine a me sconosciuta: è buona norma scambiarsi a vicenda i caffè usati durante la gara. C’è una sorta di legge non scritta per la quale ogni finalista regala all’altro qualche grammo di chicchi, in segno di stima, rispetto e amicizia.”
Essere presente in qualità di supporto tecnico per Rocket (fornitore delle macchine espresso e dei grinder) durante le competizioni è un modo bellissimo per poter destinare il tempo agli ambasciatori del caffè specialty di tutto il mondo. Personalmente ho dedicato a loro ogni minuto possibile, facendo in modo che tutto fosse perfetto per le loro esibizioni. E devo ammettere che quello che mi rimane nel cuore è la loro gratitudine, un sentimento positivo che adoro.”
All’opera per mettere nelle condizioni di gareggiare tutti i competitor credits Renata Zanon nel backstage CIGS credits Simo Niiranen
E Andrea Villa, terzo posto al mondiale di CIGS, si aggiunge in chiusura di questa panoramica che resta spesso nascosta quanto importante per gli stessi che gareggiano: “L’aiuto nel backstage è fondamentale. Ogni informazione utile su tutta l’attrezzatura che si trova on stage permette al competitor di arrivare sereno sul palco.
Da un punto di vista della routine ormai quello che è fatto è fatto ma è fondamentale essere tranquillo con la mente per fare una grande gara. E a Copenaghen ci sono stati grandi professionisti nel dare tutto il supporto tecnico del caso.”
MILANO – Caffè coreano per il colosso filippino della ristorazione veloce: Jollibee Foods Corporation (JFC), multinazionale con base a Manila – nota innanzitutto per essere proprietaria dell’omonima popolarissima catena internazionale di fast food (presente anche in Italia), ma molto forte anche nel settore del caffè – ha reso nota l’acquisizione di Compose Coffee, terza catena sud coreana per numero di locali, per 340 milioni di dollari.
I termini dell’operazione sono disponibili nella comunicazione ufficiale resa alla Philippine Stock Exchange.
In base all’accordo definitivo, Jollibee Worldwide Pte. Ltd. (JWPL) – società controllata al 100% da JFC – acquisirà una maggioranza azionaria del 70% in Compose Coffee.
La parte rimanente del pacchetto sarà detenuta dal fondo Titan Dining II LP (Titan Fund II), posseduto al 90% da JFC, e da Elevation Equity Partners Korea Limited, con una partecipazione azionaria pari rispettivamente al 5% e al 25%.
Jollibee Foods Corporationè un player di rilievo nel mercato internazionale del caffè
Nel 2019 ha acquisito la nota catena di caffetterie californiana The Coffee Bean & Tea Leaf, che conta un migliaio di locali in una trentina di paesi.
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CIRIÈ (Torino) – Una nuova e innovativa proposta, un format diverso da quanto visto e proposto fino ad ora nel nostro Paese, destinato a rivoluzionare la pausa più amata dagli italiani, quella del caffè: a Ciriè (Torino) – in via Carducci, 1- ha aperto Accademia. Un luogo di relax dove degustare prodotti eccellenti e vivere esperienze straordinarie e di grande formazione sul caffè e su prodotti di alta qualità, autentica espressione del nostro territorio.
L’offerta è focalizzata sui migliori marchi di caffè presenti in Italia, ma il vero fiore all’occhiello è rappresentato dagli Specialty Coffees by Pagliero roasted in Barolo: l’eccellenza del caffè.
L’apertura di Accademia di Tuttocapsule
La definizione di Specialty Coffee è infatti concessa unicamente al caffè che ottiene un punteggio di 80 punti o superiore sulla scala di 100 punti utilizzata nel modulo di cupping della Specialty Coffee Association. Gli Specialty Coffees by Pagliero sono quindi mono origine Brasile o Perù di qualità Arabica 100%. I chicchi vengono coltivati in regioni specifiche con climi, altitudini e condizioni del suolo ideali, sovente caratterizzate da microclimi che contribuiscono a conferire loro sentori unici.
Il taglio del nastro con il sindaco di Ciriè Loredana Devietti (immagine concessa)
Da Accademia sarà possibile gustare un caffè preparato, da personale altamente specializzato, con tre diversi strumenti: – Macchina con cialde – in cui il cliente potrà degustare il suo espresso preferito con scelta del marchio in cialda in carta sostenibile. – Espresso Specialty con macchina San Remo monogruppo – in cui lo Specialty Coffee (Mono origine Brasile o Perù) sarà macinato al momento, pesato con grammatura precisa e giusta pressatura, garantendo un’esperienza unica e coinvolgente. – Macchina per caffè metodo filtro: l’interprete è sempre lo Specialty Coffee inserito, con giusta macinatura e dosatura, nel filtro, in modo che il passaggio lento dell’acqua possa raccogliere tutte le sue note e sprigionare, al momento della degustazione, le straordinarie caratteristiche.
Accademia ha un approccio internazionale, ispirato alle micro roastery danesi e spagnole, veri e propri luoghi di relax, di socializzazione e di cultura del caffè, dove sarà possibile dedicare del “tempo di qualità” a sé stessi e agli amici, oltre ad approfondire la conoscenza del mondo del caffè e affinare il palato con nuovi e interessanti approcci.
Ma non solo: con orario di apertura dalle 7,30 alle 19,30, sarà anche il punto di riferimento dalla prima colazione all’aperitivo, con selezionati prodotti di alta qualità, dalle torte e muffin a un’ampia proposta bakery, con un’originale pausa pranzo, mentre per un “goloso momento gelato”, Accademia ha scelto il maestro gelatiere Alberto Marchetti con una selezione dei suoi inconfondibili gelati.
Accademia sarà quindi un’esperienza vivibile e godibile in ogni momento della giornata, che nasce dall’esperienza di Tuttocapsule – prima catena retail italiana dedicata al mondo del caffè – che porta la sua esperienza pluriennale in questo nuovo progetto.
“In Italia manca purtroppo una vera formazione sul caffè – afferma Vincenzo Pagliero ceo dell’azienda Tuttocapsule – Siamo grandi bevitori, ma non abbiamo consapevolezza delle miscele che ci vengono proposte quotidianamente. In Accademia, i clienti che lo vorranno, potranno confrontarsi con noi per avere qualche informazione in più sul caffè. L’obiettivo è quello di migliorare l’esperienza di consumo”
Accademia sarà inoltre location di interessanti incontri organizzati in collaborazione con la F.I.S.A.R (Federazione italiana sommelier albergatori e ristoratori), per scoprire e approfondire un mondo sempre pieno di sorprese come quello del vino.
Con Accademia nasce la “rivoluzione della pausa caffè” che, attraverso un’”accademia” rivolta a tutti, punta a diventare luogo di condivisione e passione, momento di approfondimento e cultura, per una materia prima – il caffè – tanto utilizzata quando ancora poco conosciuta in tutte le sue poliedriche sfaccettature.
Francesco Sanapo non è un nome nuovo in queste pagine: salentino di nascita e fiorentino d’adozione, è ceo di Ditta Artigianale che ha fondato dieci anni fa insieme a Patrick Hoffer. Ha festeggiato il decennale inaugurando il sesto locale a Firenze, un chiosco dentro al mercato di San Lorenzo.
Nell’intervista di Silvia Ognibene per Il Corriere della Sera, Sanapo parla della mancanza di personale qualificato nel mondo dell’horeca e il costo adeguato per una tazzina di caffè di qualità. Leggiamo di seguito la prima parte dell’intervista.
Sanapo, in Toscana mancano migliaia di lavoratori stagionali per la ristorazione e il turismo. Oltre la metà non si trova: perché?
“È difficile perché in questo lavoro, come in altri del resto, servono sacrifici enormi, si deve lavorare il sabato, la domenica, la sera, per le feste, a fronte di una remunerazione non adeguata. In pochi ne hanno voglia e questi pochi hanno bisogno di una formazione adeguata: noi abbiamo aperto la nostra scuola per far crescere le nuove leve”.
Se la remunerazione non è adeguata non potreste cominciare con l’aumentare gli stipendi?
“È un problema di sostenibilità del conto economico: nel nostro settore il costo per il personale incide moltissimo. Noi già facciamo pagare il caffè 1,50 euro è il più caro della città. Ma non basta per rendere sostenibile il nostro sistema, non basta se vogliamo trattare i dipendenti con il rispetto che è loro dovuto”.
Quanto dovrebbe costare un caffè per garantire questa sostenibilità?
“Non meno di 2,50 euro. Questo dovrebbe essere il costo di un caffè per garantire dignità e rispetto a tutti coloro che sono coinvolti nella preparazione di un caffè, da chi lo coltiva a chi lo serve al tavolo. Oggi il caffè alla Borsa delle merci costa 4 euro al chilo. Io un chilo di caffè lo pago 8 euro. Mi dicono che sono pazzo, ma se lo pago meno è certo che qualcuno in qualche parte del mondo viene sfruttato. E questo per me è inaccettabile”.
Ma un caffè a 2,50 euro diventerebbe un lusso per pochi.
“Sì, perché con gli stipendi che ci sono in Italia di certo i lavoratori non possono permettersi di pagare un caffè 2,50 euro. Vale per tutta la ristorazione: chi può permettersi di spendere 100 euro per una pizza? Pochi. Quindi, se dovessimo scaricare sui consumatori i costi necessari a remunerare adeguatamente i dipendenti, molti clienti sparirebbero e con essi sparirebbero decine di caffetterie, ristoranti, pizzerie. Attenzione: chiuderebbero i ristoranti italiani di qualità ed avanzerebbero le grandi catene che, con strategie diverse, dominerebbero il mercato”.
Per leggere l’intervista completa basta cliccare qui.
Matteo Borea, Barista Coach e terza generazione della torrefazione La Genovese di Albenga (Savona), spiega in un’approfondita e interessante analisi la condizione dei coltivatori di caffè, spesso penalizzati, che non riescono il più delle volte a guadagnare per coprire i costi di produzione.
Borea cita lo studio Solidaridad Network, Sustainable Trade Initiative (IDH) e Global Coffee Platform, intitolato “The Grounds for Sharing: A study of value distribution in the coffee industry” che esamina il mercato del caffè in Germania e in quattro Paesi produttori (Brasile, Colombia, Etiopia e Vietnam) per capire come il valore viene distribuito mentre il caffè si sposta dal produttore all’importatore, al torrefattore e infine al rivenditore. Leggiamo di seguito la sua analisi.
I coltivatori nella filiera del caffè
di Matteo Borea
MILANO – “Guardando alla filiera del caffè, è evidente che i coltivatori sono i più penalizzati. Non guadagnano abbastanza per coprire i costi di produzione, coltivando spesso in perdita. Quindi, è sufficiente chiedere ai consumatori di pagare di più? La risposta è un netto NO.
Recentemente, uno studio di Solidaridad Network, Sustainable Trade Initiative (IDH) e Global Coffee Platform, intitolato “The Grounds for Sharing: A study of value distribution in the coffee industry”, ha analizzato la distribuzione del valore, dei costi, delle tasse e dei margini di profitto netto lungo la filiera del caffè, dai coltivatori ai consumatori finali.
Il rapporto, lungo 74 pagine, tenta di rispondere alla domanda cruciale: c’è abbastanza valore nella filiera per garantire un reddito economicamente sostenibile ai coltivatori?
Questo studio, che ha impiegato 18 mesi per essere completato, esamina il mercato del caffè in Germania e in quattro Paesi produttori (Brasile, Colombia, Etiopia e Vietnam) per capire come il valore viene distribuito mentre il caffè si sposta dal produttore all’importatore, al torrefattore e infine al rivenditore.
Borea: ecco i punti chiave emersi dal rapporto:
Il valore è concentrato nel consumo:
Circa il 20% del valore del caffè rimane ai produttori, basato sui prezzi all’uscita della piantagione (o l’importo effettivo che un coltivatore è pagato rispetto al prezzo FOB, che è il prezzo che un acquirente paga a un esportatore e può includere altri costi associati al trasporto). Questa percentuale sembra più alta rispetto alle stime precedenti (intorno al 10%), ma questo non significa che i coltivatori guadagnino di più. Molti stanno ancora coltivando in perdita.
Distribuzione del valore:
I torrefattori e i rivenditori rappresentano rispettivamente il 21% e il 22% del valore del caffè, mentre il restante 35% è distribuito tra tasse (quasi 30%), esportazione e costi di trasporto.
“Lo studio evidenzia che c’è un profitto complessivo da realizzare su tutti i prodotti di caffè aggregati per il mercato tedesco,” si legge nel rapporto. “Quello che è molto chiaro per ciascuno di questi, tuttavia, è che il valore aggiunto si concentra nella parte bassa della filiera (dall’importatore al rivenditore) ed è limitato a livello del coltivatore.”
Lavoro familiare sottovalutato:
Lo studio scompone anche il valore che ogni settore della filiera prende rispetto al proprio profitto. Per ogni chilogrammo di caffè, i coltivatori guadagnano in media €0,41 (44 centesimi USD). Ma quel numero probabilmente non è così chiaro come sembra.
Un grande ostacolo identificato dallo studio è il lavoro familiare: molte piccole aziende agricole operano con l’aiuto di membri della famiglia, e quel lavoro non viene quasi mai conteggiato quando si discute di reddito – coniugi, figli e fratelli potrebbero lavorare in una piantagione, e il rapporto ha identificato che questo lavoro spesso non viene retribuito.
Asimmetria nel valore delle capsule:
Il rapporto ha esaminato il caffè in generale ma ha anche scomposto la distribuzione del valore per determinati tipi di caffè, come macinato rispetto ai grani, rispetto a caffè con certificazioni specifiche. Forse le differenze più significative nella distribuzione del valore sono apparse nel settore delle capsule di caffè.
Sebbene le capsule rappresentino una piccola percentuale del settore del consumo di caffè in Germania, i rivenditori possono trarne un profitto significativo. Dove i rivenditori potrebbero guadagnare pochi centesimi per chilogrammo di caffè venduto in grani o macinato, guadagnano in media €7.52 di profitto per chilogrammo venduto in capsule.
Quella creazione di valore, tuttavia, non fluisce dal rivenditore al produttore. Un produttore difficilmente trarrà profitto da quella differenziazione di quel valore nel mercato.
Le stime sulle capsule sottolineano che c’è un’asimmetria tra l’alta quota di valore che va alla fase di vendita al dettaglio e torrefazione rispetto alla bassa quota di valore che va alla fase di coltivazione del caffè.
Questo conferma che se oggi chiediamo ai consumatori di pagare di più, non c’è un meccanismo per far arrivare quel denaro ai produttori.
Lo studio suggerisce che il valore generato nella parte della filiera rivolta ai consumatori rimane ai rivenditori, il che mette in discussione il presupposto che convincere i consumatori a pagare di più per il caffè si tradurrà in salari più alti per i coltivatori.
Rischio e valore lungo la filiera:
E’ importante contestualizzare valore e profitto. Per molti rivenditori, i chicchi di caffè non sono l’unica cosa che vendono, ma per i produttori, il caffè è spesso l’unica coltura che coltivano. La capacità di gestire il rischio è essenziale per il valore. Se sei un produttore, non hai quell’opzione di gestire il tuo rischio come gli altri attori della filiera.
“La capacità di realizzare margini è data dalla capacità di diversificare il proprio portafoglio tra prodotti e paesi,” afferma il rapporto. “Tuttavia, questi strumenti non sono ugualmente accessibili lungo la filiera. A monte, c’è spesso meno opportunità di diversificare.”
Ma quali sono gli interventi necessari?
I risultati di questo rapporto non sono concettuali o teorici ma danno all’industria dei dati pratici con cui operare. Uno degli inviti all’azione per l’industria è di provare diversi meccanismi per vedere come sarebbe ridistribuire il valore, perché ce n’è abbastanza.
Il problema è che questi meccanismi per far arrivare quel valore a valle non ci sono. Due interventi chiave sono necessari: impegni settoriali sulle pratiche di approvvigionamento che consentano la ridistribuzione del valore e partnership lungo la filiera che progettino e implementino meccanismi per aggiungere, creare e trasferire valore.
Con i giusti meccanismi, le aziende possono più facilmente conformarsi ai requisiti di due diligence e di reportistica, e garantire una fornitura sostenibile di caffè a lungo termine.
È chiaro che la coltivazione del caffè non è economicamente sostenibile per i coltivatori. Il fatto che ci sia valore nel settore è allo stesso un allarme che i modelli industriali devono essere cambiati ma anche un faro di speranza che esiste una strada per costruire un’industria sostenibile”.
Borea conclude: “La speranza è che questo rapporto serva come modello per studi futuri e un invito all’azione per gli attori a valle affinché inizino a ripensare a come possono attivamente ridistribuire il valore”.
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IVS Italia, Liomatic e Ge.S.A. completano la business combination (immagine concessa)
MILANO – La forza della sinergia. Si potrebbe riassumere così la business combination che coinvolge ben 3 tra i principali brand italiani della distribuzione automatica: IVS Italia S.p.A., Liomatic S.p.A. e Ge.S.A. S.p.A. Dal 1 luglio 2024 è dunque effettiva la fusione per incorporazione di Ge.S.A. S.p.A. in IVS Italia S.p.A. e l’affitto di azienda di Liomatic S.p.A. in favore di IVS Italia S.p.A.
IVS Italia, Liomatic e Ge.S.A. completano la business combination
Avviato nel 2022, il progetto trova oggi un compimento per dar forma a una realtà integrata che esprime oltre 50 anni di expertise nel settore.
L’unione delle tre società si tradurrà poi in benefici significativi in termini di efficienza gestionale e sviluppo tecnologico. Si garantirà una copertura logistica nazionale più ampia e una diversificazione del portafoglio prodotti.
Fabio Quadrio, amministratore delegato di Ge.S.A. S.p.A. ha commentato la novità così: “Questa integrazione rappresenta un momento storico per Ge.S.A. e ci permetterà di innovare e migliorare continuamente i nostri servizi, mantenendo sempre alta la qualità che i clienti si aspettano da no”.
“Siamo orgogliosi di far parte di questa grande realtà integrata. La combinazione delle nostre competenze e risorse ci consentirà di raggiungere nuovi livelli di efficienza e di offrire un’esperienza sempre migliore ai clienti”, ha aggiunto Ilaria Caporali, ceo & brand ambassador di Liomatic S.p.A.
“Un aspetto centrale di questa operazione è l’attenzione verso la sostenibilità ambientale, che continuerà a essere una priorità fondamentale e che guiderà tutto il percorso”.
Questa business combination porta così IVS Group in una nuova dimensione di mercato. Ma la nostra missione resta sempre votata alla crescita e all’innovazione, con un deciso impegno verso la sostenibilità e la soddisfazione di partner e clienti.
FIRENZE – Una sfida all’ultima tazzina, tra preparazioni di caffè espresso a regola d’arte, bevande a base di latte, ed estrazioni con la tecnica del filtro. Non si tratta di un gioco di abilità, ma di un’autentica competizione per individuare i migliori talenti nelle discipline Barista e Brewers Cup, che avranno il compito di gareggiare ai prossimi Campionati nazionali.
La sfida di Ditta Artigianale
Ad organizzarla sarà Ditta Artigianale, che ha deciso di selezionare i baristi più talentuosi, per decretare chi potrà rappresentare l’azienda nelle competizioni del Sigep, la fiera di riferimento dedicata al settore, che si svolgerà dal 18 al 22 gennaio 2025 a Rimini. L’appuntamento, aperto al pubblico (ingresso gratuito), si svolgerà giovedì 4 luglio, dalle 9 alle 18, alla Scuola del Caffè di Ditta Artigianale Carducci (via Giosuè Carducci, 2/4r), l’accademia internazionale dedicata alla diffusione della cultura del caffè, nata all’interno di una caffetteria e vedrà la partecipazione di sette giovani talenti di Ditta Artigianale (cinque per la categoria barista e due per la Brewers Cup) che verranno valutati da una giuria ufficiale SCA (l’organizzazione riconosciuta in tutto il mondo, che fissa gli standard del caffè e del coffee specialty), composta da Luca Ventriglia, Federica Parisi, Marco Pizzinato e Nicole Lyn.
Nel corso della giornata i ragazzi che competeranno per il Campionato baristi avranno a disposizione 10 minuti per servire e presentare 4 espressi e 4 bevande a base latte, corredando la presentazione con i risultati dei loro studi e ricerche. Lo stesso tempo sarà riservato ai competitor per la disciplina Brewers Cup, dove bisognerà servire 3 estrazioni con la tecnica filtro. Oltre a questo test, i ragazzi di entrambe le discipline avranno un tempo di 30 minuti per la prova compulsory, dove dovranno servire al giudice la migliore tazza possibile per un caffè sconosciuto e misterioso.
Alla competizione barista parteciperanno Serena Falcitano, Gianmarco Mariani, Salvatore Sanapo, Pasquale Scala e Cesare Spinella. La competizione Brewers Cup sarà invece un testa a testa tra Claudio Guri e Yana Zhyryada.
Presente alla manifestazione anche Valentina Palange di Specialty Pal, già competitor per Ditta Artigianale nello scorso Campionato italiano, dove ha raggiunto il 4° posto nazionale alle ultime finali.
Ospiti speciali della giornata la famiglia Hartmann, proprietari dell’omonima Finca a Panama, impegnati nella coltivazione di caffè nel rispetto dell’ambiente e dei lavoratori, senza uso di pesticidi o sostanze chimiche. Chi vincerà le competizioni interne di Ditta Artigianale non solo rappresenterà l’azienda ai prossimi campionati nazionali, ma avrà al contempo l’opportunità di collaborare con Finca Hartmann.
Tra i partner della giornata Victoria Arduino, fornitore di macchine espresso e macinacaffè di gara; BWT, che cura i sistemi di depurazione dell’acqua; pulyCAFF, partner nelle pulizie quotidiane in tutti gli store; IMS Filtri, che ha fornito i filtri per la gara; e Fonte, fornitore di prodotti super food.
La scheda sintetica di Ditta Artigianale
La mission di Ditta Artigianale, fondata nel 2013 da Francesco Sanapo, pluripremiato campione barista e assaggiatore e da Patrick Hoffer, è quella di portare in Italia caffè di estrema qualità e di raccontarli in maniera completamente diversa, mettendo in campo la totale trasparenza e l’impegno alla sostenibilità in tutti e per tutti gli step produttivi.
È anche microtorrefazione e i caffè, tostati e serviti freschi, sono disponibili per l’acquisto anche qui.
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