giovedì 10 Luglio 2025
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Tirreno C.T. vetrina per il gelato che vale in Italia un volume d’affari di quasi 5mld l’anno con 39.000 locali e 90.000 addetti

CARRARA (Massa Carrara) – Gelato made in Italy, una vera passione. Lo dicono i dati sul consumo in Italia, ma anche di quello all’estero. Lo conferma Tirreno C.T., chiusa mercoledì 26 con 56.000 visitatori, dove come ogni anno la presenza di mastri gelatai e di produttori di macchine per la lavorazione è sempre di alto livello.

La kermesse si è conclusa il 26 febbraio a Carrarafiere dove la presenza dell’Associazione italiana gelatieri e della Federazione internazionale pasticceria gelateria e cioccolateria con le loro sfide per la Coppa di Gelateria dimostrano l’importanza che la manifestazione riveste a livello nazionale.

Il gelato artigianale si conferma un’eccellenza del made in Italy e un pilastro dei consumi alimentari fuori casa. Secondo i dati elaborati dal Centro Studi Fipe-Confcommercio, il settore genera soltanto in Italia un volume d’affari di quasi 5 miliardi di euro, coinvolgendo oltre 39mila esercizi tra gelaterie, bar-gelaterie e gelaterie-pasticcerie, con più di 90mila addetti.

Destagionalizzazione e problemi a reperire personale. Tra i problemi del settore quello del reclutamento di personale. Il gelato ha la tendenza alla destagionalizzazione con il 40% delle gelaterie che apre tutto l’anno, mentre oltre il 90% ha una stagionalità assai lunga che dura almeno otto mesi.

Una vera leccornia anche all’estero. Una recente indagine di AstraRicerche ha messo in evidenza che oltre il 63,5% degli stranieri sono “ice cream lovers” e mangiano gelato anche d’inverno, soprattutto nei Paesi più freddi.

Il piacere del gelato nasce in Italia tanto che il 54% dei turisti, dopo averlo assaggiato nel nostro Paese, ricercano lo stesso piacere e la stessa qualità anche nelle loro città d’origine. All’estero durante la bella stagione, il 59,3% lo consuma con frequenza settimanale mentre il 29,5% lo consuma 3 o più volte. E il consumo va di pari passo in casa o fuori per il 45,4% mentre il 43,8% lo associa a momenti con amici e persone care.

Gelato sì, ma made in Italy. Il 62,1% degli intervistati di AstraRicerche, per riconoscere un gelato come italiano, ritiene fondamentale che sia prodotto secondo ricette tradizionali, mentre il 32,6% privilegia un prodotto di un’azienda italiana o realizzato in Italia (31,6%).

Il 76,6% degli intervistati sceglie il gelato italiano per il suo sapore unico, seguito dalla cremosità e consistenza vellutata (75,2%), dall’alta qualità delle materie prime (67,3%) e in quanto prodotto simbolo del Made in Italy (63,5%).

I numeri del gelato confezionato in Italia e all’estero La produzione di gelati confezionati in Italia nel 2023 ha riguardato un volume di 168.170 tonnellate per un valore di quasi 1,9 miliardi di euro (1.864 milioni di euro) con un consumo pro-capite di 2,14 kg. (dati Unione Italiana Food). Nel periodo gennaio-settembre 2024 le vendite in Italia si sono attestate sui 3,3 miliardi di porzioni con una sostanziale tenuta rispetto al 2023 (dati Unione Italiana Food e Circana). L’Italia è prima in Europa per produzione di gelati industriali per valore e al terzo posto in volume, dopo Germania e Francia (Eurostat).

L’export del comparto ha raggiunto nel 2023 un volume di 80.400 tonnellate per un valore di 345 milioni di euro (Unione Italiana Food su dati Istat). L’Europa copre circa il 75% dei volumi e valori delle esportazioni (60.537 tonnellate e 257,3 milioni di euro). In generale, le destinazioni maggiori sono state Usa e Germania, entrambe con quote attorno ai 43 milioni di euro.

E c’è stata anche una giornata dedicata agli alunni diversamente abili: “Insieme a Voi con un sorriso”. Pranzo elaborato e servito dai ragazzi delle scuole alberghiere della Toscana. Ai ragazzi speciali è dedicato il concorso Specialmente Cocktails della Fib che dedica tutta la giornata ai ragazzi speciali con aperitivo, servizio di sala e bar a loro affidato.

La Federazione internazionale pasticceria gelateria e cioccolateria è terminata con la proclamazione del concorrente che parteciperà al The World Trophy of Professional Tiramisù 2025 che si terrà a Roma l’8 novembre 2025.

Sono stati anche decretati i Migliori Locali Fipgc. Inoltre proclamazione dei vincitori di Miglior Coppa gelato d’Italia, Miglior Pralina d’Italia, Miglior Uova di Pasqua Decorato e Premiazione dei locali Top Quality.

Saranno presentate le nuove Equipe Eccellenze Italiane Fipgc 2025. Il Ristorante dei Saperi Sapori e Conoscenze sarà aperto al pubblico con i menù proposti da importanti chef regionali oltre che dall’Istituto Alberghiero di Massa e a operare saranno i ragazzi diversamente abili “Insieme a voi con un Sorriso”.

Balnearia si conferma punto di riferimento per le categorie sindacali delle imprese balneari. Ieri doppio appuntamento con il direttivo di CNA Balneari e nel pomeriggio l’incontro di Confartigianato Imprese Demaniali sul futuro della filiera balneare italiana.

Il 25 febbraio invece, presso la sala Canova si è svolta l’assemblea di Fiba Confesercenti dove si è ribadita l’importanza del decreto attuativo tanto atteso per conoscere se e come verranno riconosciuti gli indennizzi ai concessionari uscenti.

 

Ferran Adrià a Milano: “Bisogna pensare meno ai piatti e più all’imprenditorialità”

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Ferran Adrià, il fondatore del mitico ristorante El Bulli, torna a Milano dopo vent’anni, tenendo una lezione sull’imprenditorialità dei ristoranti. Secondo Adrià, per avere  successo in questo mondo è necessario sapere come gestire un locale e non focalizzarsi soltanto sulla qualità dei piatti. Leggiamo di seguito la prima parte dell’intervista della giornalista Roberto Schira per Il Corriere della Sera.

Ferra Adrià sulla corretta gestione dei ristoranti

MILANO – “Tutti si preoccupano dei piatti, ma quel che conta è saper gestire un ristorante. È un mondo complesso, bisogna aiutarne la sostenibilità economica. Molti locali non sono redditizi”. Con la consueta chiarezza, Ferran Adrià ha tenuto una lezione su questo tema. Per lo chef (ma potremmo definirlo filosofo) catalano, 62 anni, che con El Bulli in Costa Brava ha rivoluzionato la cucina cosiddetta contemporanea, è un atteso ritorno al congresso: c’era stato vent’anni fa, all’inizio.

Questa volta non ha cucinato, ma parlato a lungo (“potrei andare avanti per quattro ore”, ha detto), soprattutto sul cambio di paradigma necessario al suo mondo: per lui la vera rivoluzione, oggi, è la formazione. Una rivoluzione economica. “In tanti – dice lo chef – vogliono aprire ristoranti, ma non sanno cosa proporre e non sanno neppure cosa sia un bilancio o cosa significhi food cost”. Sembra detto per Milano, con tanti che si improvvisano e chiudono dopo un anno di attività.

Cosa significa alta cucina oggi?

“Basta guardarsi intorno, vive un momento di cambiamento ed evoluzione, di ripensamenti, di confronto”.

Chi si salverà, in tanto fermento?

“Chi pensa di meno al piatto in sé e di più a essere imprenditore”.

Lei però ha cominciato pensando eccome ai piatti: si è ribellato, a El Bulli, ed era giovanissimo, alla dittatura francese in cucina.

“Un momento, ho sempre avuto e ho massimo rispetto per la cultura gastronomica francese. Hanno dominato per secoli, hanno inventato loro i ristoranti, ci hanno insegnato le tecniche. A El Bulli ho solo portato in carta, e fu una rivoluzione, un terremoto, la Spagna e il Mediterraneo. Ricordiamoci che fino a venti o trent’anni fa cozze e vongole, faccio un esempio, erano ignote nell’alta cucina”.

Per leggere l’intervista completa basta cliccare qui

Dersut Caffè accoglie le imprese del gruppo sostenibilità di Confindustria Veneto Est

CONEGLIANO (Treviso) – Dersut Caffè ha accolto il 25 febbraio in azienda le imprese del gruppo sostenibilità di Confindustria Veneto Est. L’incontro aveva una duplice finalità: avvicinare le aziende ospiti al mondo della torrefazione e affrontare la vasta tematica della sostenibilità. Il gruppo è stato accolto con una degustazione di caffè e cioccolato condotta da Daniele Bitto e Nicolas Mosco, coffee trainer dell’Accademia Baristi Caffè Dersut.

Al termine della degustazione l’avvocato Lara, amministratrice delegata di Dersut Caffè con la dottoressa Federica Pauletto del team dedicato alla sostenibilità aziendale, ha accompagnato gli ospiti in torrefazione, guidandoli in visita ai vari reparti produttivi: dal magazzino del caffè crudo alla tostatura, fino al confezionamento.

L’incontro da Dersut (immagine concessa)

Durante il tour, i collaboratori sono intervenuti per illustrare le aree di loro competenza e rispondere alle numerose domande e curiosità del gruppo.

dersut
L’approfondimento sulla sostenibilità (immagine concessa)

L’incontro è proseguito nell’Auditorium Conte Vincenzo Caballini di Sassoferrato (fondatore di Dersut Caffè), dove è stata approfondita la tematica della sostenibilità.

Il magazzino (immagine: Giuseppe Dall’Arche)

L’azienda ha presentato i progetti già adottati per allinearsi agli obiettivi di sviluppo sostenibile e ha condiviso le iniziative previste nel breve e lungo periodo.

Le tostatrici Dersut (immagine: Giuseppe Dall’Arche)

Il confronto con le diverse realtà aziendali del gruppo sostenibilità, coordinato da Mario Paronetto e Silvia dal Cin, ha rappresentato un momento centrale della giornata, offrendo spunti di riflessione e stimoli per i futuri obiettivi.

Caffè Gilli trionfa per il 2° anno nel concorso dedicato alla miglior schiacciata fiorentina

FIRENZE – Caffè Gilli Firenze celebra un nuovo e importante traguardo, conquistando per il secondo anno consecutivo il primo premio sia dalla giuria tecnica sia dalla giuria popolare nel concorso di pasticceria “La miglior schiacciata alla fiorentina”. Il concorso, il più longevo di Firenze, della Toscana e uno dei più prestigiosi a livello nazionale, vede ogni anno la partecipazione delle migliori pasticcerie e forni dell’area metropolitana Firenze-Prato.

Il successo di Caffè Gilli Firenze

Dal 2005 l’evento si è consolidato come un appuntamento imprescindibile, facente parte del calendario di Vetrina Toscana, progetto promosso dalla Regione e coadiuvato da Toscana Promozione Turistica e Fondazione Sistema Toscana. L’iniziativa, organizzata in collaborazione con Guido Guidi Ricevimenti e la Venerabile Compagnia dei Quochi, ha visto la partecipazione di 35 concorrenti, scelti tra oltre 50 candidature per la loro eccellenza.

La ricetta vincente di Caffè Gilli si distingue per l’uso di ingredienti tradizionali e di altissima qualità: strutto, farina, uova, lievito di birra, lievito madre vivo e scorza di arancia grattugiata fresca non trattata. La schiacciata alla fiorentina di Caffè Gilli è disponibile tutto l’anno e ordinabile anche online sul sito caffegilli.com

Il riconoscimento arriva a pochi giorni dall’ingresso di Caffè Gilli nell’associazione degli Ambasciatori Pasticceri d’Eccellenza Italiane (APEI), fondata e presieduta dal Maestro Iginio Massari. L’adesione ad APEI rappresenta un riconoscimento dell’impegno e della qualità che da quasi tre secoli contraddistinguono Caffè Gilli, punto di riferimento per la pasticceria artigianale e la tradizione dolciaria toscana. L’associazione, nata per valorizzare e tutelare l’eccellenza della pasticceria italiana, riunisce i più grandi maestri del settore, con l’obiettivo di promuovere la cultura dell’alta pasticceria attraverso ricerca, comunicazione e innovazione.

“Entrare a far parte di APEI è per noi un grande onore e un’opportunità straordinaria per confrontarci con i migliori pasticceri d’Italia, in un percorso di crescita continua all’insegna della qualità e dell’eccellenza – commenta Marco Valenza, titolare di Caffè Gilli che fa il suo ingresso in APEI insieme al maestro Massimo Davitti, responsabile del laboratorio di pasticceria con Ivan Santoro -. Condividiamo i valori dell’associazione e siamo pronti a contribuire con la nostra esperienza e il nostro impegno per portare avanti la grande tradizione della pasticceria italiana”.

La scheda sintetica di Caffè Gilli

Lo storico Caffè Gilli si trova nel centro di Firenze, in piazza della Repubblica. Simbolo di eccellenza e tradizione che accompagna da quasi tre secoli la vita dei fiorentini e dei visitatori di tutto il mondo, è stato fondato nel 1733 ed è oggi la pasticceria più longeva di Firenze e la seconda più longeva d’Italia. Noto per la qualità dei suoi prodotti artigianali, Caffè Gilli offre un’ampia gamma di dolci tradizionali fiorentini, tra cui la celebre e pluripremiata schiacciata fiorentina.

Ma non è solo la pasticceria a rendere unico Caffè Gilli: il locale è famoso anche per il suo impeccabile servizio di caffetteria e cocktail bar, con un’offerta studiata per accompagnare ogni momento della giornata, dalla colazione al dopo cena.

Caffè Gilli Firenze
Piazza della Repubblica, Firenze
Aperto tutti i giorni, dalle 8.00 a mezzanotte

Chocolate Factory Simulator: ecco il gioco dedicato al cioccolato su Steam

Lo studio Games Incubator ha rilasciato Chocolate Factory Simulator – un gioco complesso in ambientazione steampunk in è possibile giocare il ruolo del proprietario di una fabbrica di cioccolato. I giocatori dovranno attrezzare una fabbrica, occuparsi degli strumenti, acquistare gli ingredienti per il cioccolato e soddisfare gli ordini. Leggiamo di seguito parte dell’articolo di Anton Kratiuk per il portale d’informazione gagadget.com.

Chocolate Factory Simulator

MILANO – Il 7 gennaio 2025 è stato rilasciato su Steam un simulatore non standard realizzato da sviluppatori polacchi. Questa volta i giocatori potranno cimentarsi nei panni del proprietario della fabbrica di cioccolato.

I giocatori dovranno attrezzare una fabbrica, occuparsi degli strumenti, acquistare gli ingredienti per il cioccolato, ideare una ricetta e creare dolci d’autore, sperimentando forme, colori e sapori.

Per soddisfare gli ordini personalizzati, bisogna pensare a ogni dettaglio della decorazione, creare iscrizioni con lettere di cioccolato e curare la perfezione estetica. È interessante notare che nella produzione del cioccolato il giocatore sarà assistito dall’automa Nouga, che porterà una parte di umorismo nel gioco.

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Ferrero presenta l’uovo di Pasqua Pocket Coffee rivestito di cacao e caffè

La multinazionale Ferrero introduce per la Pasqua 2025 l’uovo Pocket Coffee con uno strato interno al cacao e caffè, avvolto da fine cioccolato fondente con inclusioni croccanti al caffè. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Efa News.

Ferrero presenta l’uovo Pocket Coffee

MILANO – Per la Pasqua 2025 arriva una grande novità ispirata all’iconica pralina al caffè: l’Uovo Pocket Coffee. Un uovo di Pasqua con doppia copertura: uno strato interno al cacao e caffè, avvolto da uno strato esterno di finissimo cioccolato fondente con inclusioni croccanti al caffè.

In regalo con ogni uovo l’esclusiva guida digitale “Le rotte del caffè Pocket Coffee”, una raccolta di consigli di viaggio su Brasile, Costa Rica, Santo Domingo e Colombia firmata Lonely Planet.

Una speciale collaborazione con il leader mondiale nel settore delle guide di viaggio, per raccontare i quattro Paesi di origine del caffè con cui è realizzato Pocket Coffee. Attraverso la guida, i consumatori scopriranno moltissime curiosità di questi quattro paesi dove il caffè non è solo un prodotto, ma un vero e proprio patrimonio culturale.

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PuckPuck: quest’estate, il cold brew drip si fa con l’AeroPress, in casa e on the road

MILANO – Cold brew drip e AeroPress? Un’accoppiata vincente e che, soprattutto, può essere realizzata grazie a PuckPuck, uno strumento che permette di prepararsi a casa – ma anche on the road – il proprio caffè freddo. Questo adattatore per AeroPress, consente un lento e controllato gocciolare dell’acqua sul letto di caffè.

Risultato: un infuso versatile che può essere arricchito con il ghiaccio, con il latte o essere usato come mixer per i cocktail.

Un attrezzo che è sul mercato già da diversi anni, che però ora che ci si predispone all’arrivo di temperature più calde, è interessante da riscoprire per i coffeelovers appassionati di cold brew – o per i baristi che vogliono sperimentare – che però si sono persi questa opzione a 36.99 euro (attualmente si può preordinare qui, per quando tornerà disponibile alla fine di maggio).

PuckPuck: vediamo come funziona

Attraverso una valvola antigoccia, in attesa di ottenere il brevetto, impiega pochi secondi per essere impostata correttamente. PuckPuck è anche tecnologico perchè, se abbinata all’applicazione PUCKPUCK Drip Counter, disponibile per Apple e Android, si possono calibrare ancora più precisamente i parametri di infusione.

Si parla di design: la filettatura universale rende PuckPuck applicabile a tutti i tipi di bottiglie di acqua minerale.

Sul sito dell’azienda, a questo link, è possibile studiare bene come sfruttare al meglio PuckPuck. Trasformare il proprio AeroPress da una classica macchina per estrarre il caffè in una drip station è piuttosto semplice e impiega circa due-tre ore per la preparazione, da conservare in frigo per consumarlo in più tempo.

Marco Beverage Systems presenta MilkPal, il montalatte automatico senza vapore

MILANO – L’azienda specializzata nella produzione di attrezzature e macchinari Marco Beverage Systems ha presentato il nuovo montalatte automatizzato senza vapore MilkPal. Grazie ad una tecnologia innovativa, il monta latte in questione può memorizzare fino a 25 ricette.

MilkPal, il montalatte senza vapore di Marco Beverage Systems

Inoltre il prodotto è stato progetto per ridurre lo spreco di latte e accelerare il servizio riducendo le attese.

Marco Beverage Systems ha affermato che l’utilizzo di sistemi automatizzati nel mondo del caffè è sempre più importante considerato la forte richieste di bevande con schiuma fredda e alternative vegetali.

MilkPal può gestire sia il latte vaccino che le preparazioni vegetali. C’è di più: lo strumento risulta facile da pulire poiché è collegabile alla rete idrica per cicli di risciacquo automatico durante l’inattività.

Per saperne di più sul prodotto basta cliccare qui.

L’amaro del caffè: i segreti dietro il gusto predominante della bevanda

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L’amaro è una delle caratteristiche principali e più amate del caffè. La sensazione di amarezza provocata dal sapore è di certo apprezzata entro una determinata soglia, ma diviene sgradevole se l’intensità è elevata. Un caffè di alta qualità dovrebbe essere caratterizzato da un equilibrato rapporto acidità e amaro, oltre ad una piena fragranza aromatica. Per saperne di più, leggiamo di seguito l’approfondimento pubblicato sul portale Special Coffee.

L’amaro del caffè

Fra le sensazioni gustative fondamentali, l’amaro è il gusto predominante nei chicchi di caffè tostati. È la caratteristica sensoriale peculiare del caffè, il suo gusto tipico, la sua firma. Ma come nasce l’amaro del caffè? E perché ci piace così tanto, nel caffè, un gusto che dovrebbe risultare spiacevole?

Partiamo dalla fine, cioè dalla tazzina, cercando di capire quello che succede nella nostra bocca quando beviamo il caffè e percepiamo il gusto amaro.

Prima di tutto sfatiamo un luogo comune che riguarda la percezione del gusto: la cosiddetta “mappa della lingua”.

La consuetudine di raffigurare la lingua divisa in quattro aree precise, dove la sensibilità dei quattro gusti fondamentali è più marcata (il sapore dolce sulla punta della lingua, l’acido e il salato nelle zone laterali e l’amaro nella parte terminale) è ormai superata.

In realtà nelle papille gustative non esiste una sensibilità indirizzata ad un unico sapore, ma siamo capaci di percepire i gusti fondamentali su tutta la superficie della lingua perché le fibre che compongono le singole papille sono reattive verso stimoli molto differenziati e in maniera poliedrica.

La cosa che cambia è la sensibilità nelle varie zone ai diversi gusti.

Cos’è l’amaro?

L’amaro è il più complesso tra i gusti, stimolato da una vasta classe di composti chimici. Nell’influenza reciproca con gli altri sapori, è mascherato dal gusto dolce e rinforzato dal salato e dall’acido.

La sensibilità all’amaro è maggiormente percepibile rispetto agli altri sapori primari ed è oltretutto contraddistinta da una persistenza pronunciata.

È spesso avvertita come spiacevole, presumibilmente perché molte sostanze naturali tossiche hanno un gusto amaro e quindi, a livello evolutivo, è il gusto che ci allerta in caso di ingestione di sostanze potenzialmente pericolose per il nostro organismo.

Come mai allora l’amaro del caffè è irresistibile? Come potremmo immaginare un caffè senza l’amaro?

È un dato di fatto che la percezione dei gusti si evolve con la crescita e che un particolare sapore è via via più apprezzabile man mano che entriamo in contatto con esso.

I meccanismi alla base di questi cambiamenti però non sono affatto semplici. Nel caso del caffè vi sono delle ragioni fisiologiche legate principalmente alla caffeina.

Proprio la caffeina è alla base del meccanismo chiamato “flavor-consequence learning”. Questo meccanismo ci spiega perché gli effetti derivanti dal consumo di un alimento (nel caso del caffè l’energia data dalla caffeina) vengono associati al suo sapore che, anche se non gradevole, finisce per essere apprezzato.

Abbiamo quindi sviluppato delle modalità per farci piacere i cibi che, in qualche maniera, ci danno dei benefici. Abbiamo imparato ad associare la caffeina ad effetti positivi di stimolazione e benessere, e queste risposte dell’organismo ci rendono ancora più recettivi al suo caratteristico aroma.

Perché il caffè è amaro?

Anche se la maggior parte dei sentori aromatici del caffè si sviluppano durante la tostatura, anche la tipologia di caffè utilizzato, le origini e la miscela influiscono sull’amarezza.

Il caffè verde contiene per sua natura dei composti chimici che hanno un gusto amaro pronunciato, come la caffeina e gli acidi clorogenici, ed altri che lo sviluppano in seguito alla tostatura.

Basta pensare che il contenuto medio di caffeina è nell’Arabica dell’1,2% e nella Canephora del 2,4%. E che, se l’appellativo Robusta indica la sua capacità di adattamento e resistenza ai climi secchi e agli attacchi di malattie e parassiti, tale capacità è dovuta proprio alla sua alta percentuale di caffeina che funge da antiparassitario naturale.

Se però proviamo un infuso di caffè verde, scopriamo che il gusto c’entra poco con quello che siamo soliti associare ad una tazza di caffè.

La tostatura

La tostatura è il processo di trasferimento di calore al chicco che innesca centinaia di reazioni chimiche tra cui quelle più importanti sono le reazioni di Maillard e di caramelizzazione.

Durante il processo di tostatura, la composizione chimica del chicco si trasforma completamente soprattutto con la creazione di migliaia di nuovi composti aromatici volatili.

La percentuale di caffeina rimane invece inalterata, mentre gli acidi clorogenici si modificano producendo numerosi sottoprodotti che rimangono di gusto amaro.
Con la reazione di Maillard, attraverso la reazione chimica tra proteine e zuccheri, si generano le melanoidine, un’altra classe di composti chimici responsabili del gusto amaro del caffè.

Infine gli stessi zuccheri, in seguito alla caramellizzazione, tendono a diventare amari se la tostatura è troppo spinta.

L’intensità dell’amaro percepibile in un caffè è quindi il risultato di diversi fattori, ciascuno dei quali ha un peso variabile in funzione della tostatura.

Come regola generale del processo di cottura del chicco, l’aumento del grado di tostatura porta a diminuire l’acidità e aumentare l’amaro.

Il colore del chicco può essere allora il primo indicatore che possiamo interpretare: più scuro è, maggiore sarà il grado di tostatura e più intenso sarà il gusto amaro nella bevanda.

Sebbene la tostatura rappresenti l’elemento chiave nella determinazione dell’amarezza nel caffè, anche preparazione ed estrazione fanno la loro parte.

Se la macinatura è troppo stretta, la superficie di contatto acqua/caffè aumenta e di conseguenza aumenta la capacità estrattiva dei composti amari contenuti nel caffè tostato.

Lo stesso risultato si ha quando la temperatura dell’acqua è troppo alta.

Infine c’è da considerare il tempo di estrazione: quando la percolazione è troppo lunga (sovra estrazione) si evidenzia un tenore di amaro intenso e sgradevole poiché l’acqua inizia ad estrarre composti chimici che diminuiscono l’equilibrio gustativo della bevanda e rendono il caffè sbilanciato sull’amaro.

E lo zucchero?

Non possiamo non fare cenno al fatto che molti di noi preferiscono il caffè amaro, mentre altri sentono la necessità di mitigare questo gusto aggiungendo lo zucchero.

Spiegare queste differenze con “è una questione di gusti” è riduttivo: è noto da tempo infatti che esistono delle differenze individuali nella sensibilità gustativa, e queste differenze sono particolarmente evidenti nella popolazione per l’amaro e il dolce, meno per il salato e l’acido.

La genetica del gusto spiega in parte queste differenze. A determinare la predilezione per la bevanda amara non sarebbe quindi il palato quanto piuttosto una variante genetica correlata alla capacità di metabolizzare la caffeina, che si ritrova anche nelle persone che scelgono il cioccolato fondente rispetto a quello al latte e il tè liscio rispetto a quello zuccherato.

In conclusione

La sensazione di amarezza provocata dal sapore amaro è apprezzata entro una determinata soglia, ma diviene sgradevole se l’intensità è elevata.

Un caffè di alta qualità è caratterizzato da un equilibrato rapporto acidità e amaro, oltre ad una piena fragranza aromatica.

E solo l’esperienza del torrefattore sa sviluppare profili di tostatura che esaltano la dolcezza naturale dei caffè ed evidenziano una nota acida, evitando un eccessivo sviluppo dei composti amari. Con l’obiettivo dichiarato di ottenere la tazza perfetta.

Torino: ecco come è nato il detto “fare una figura da cioccolataio”

Il legame tra Torino e il cioccolato è ben noto a tutti. Il successo e la fama dei maestri cioccolatieri della città si spingeva in Francia, Svizzera e Germania. Proprio dalla prestigiosa figura professionale dei cioccolatieri sarebbe nato l’episodio che, secondo la leggenda, avrebbe dato la vita al detto “fare una figura da cioccolataio“.

In particolare, un cioccolatiere in città era noto per viaggiare su una carrozza trainata da quattro cavalli, anziché i due tipici dei borghesi.

Questo infastidì il duca Carlo Felice di Savoia il quale, convocò il cioccolataio in questione, rimproverandogli dell’ostentazione di ricchezza, utilizzando per la prima volta il detto popolare. Leggiamo di seguito parte dell’articolo pubblicato sul portale Piazza Pinerolese.

Le origini del detto “fare una figura da cioccolataio”

TORINO – In realtà, la teoria più accreditata in tal senso fa riferimento proprio agli ingenti profitti di questi professionisti ed al fatto che potessero permettersi, appunto, un mezzo di trasporto così lussuoso. In particolare, vi era un cioccolatiere che si spostava su una carrozza trainata da quattro cavalli, anziché i due tipici delle carrozze borghesi.

Questo infastidì il duca Carlo Felice di Savoia il quale, risentito da quell’affronto accidentale, convocò il cioccolataio in questione, intimandogli di non ostentare una tale ricchezza perché lui non avrebbe potuto permettersi di fare “na figura da ciculatè”, fare una figura da cioccolataio.

Verità o leggenda? Vero è che, da quel momento, gli artigiani del cioccolato preferiscono di gran lunga farsi chiamare maestri cioccolatieri.

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