sabato 08 Novembre 2025
Home Blog Pagina 115

Università Scienze gastronomiche di Pollenzo, focus caffè, il rettore: “Non possiamo da gastronomi trascurare questa materia prima”

0
Il rettore Nicola Perullo (foto concessa) UNISG
Il rettore Nicola Perullo (foto concessa)

POLLENZO (Cuneo) – In questa frazione del comune di Bra, in provincia di Cuneo, ha sede l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (UNISG) che ha formato molti giovani professionisti legati al mondo del caffè: la ricerca e lo studio attorno a questa materia prima è un punto saldo dell’offerta formativa di questo polo all’avanguardia per quanto riguarda le filiere.

Se ne sono accorti gli studenti e anche le aziende, una su tutte, Lavazza.

Inizia il racconto il rettore di UNISG, il professore Nicola Perullo.

La vostra Università ha investito molto anche sul caffè, prodotto agricolo che non nasce in Italia come può essere il vino: come mai avete ritenuto importante inserirlo nella vostra offerta formativa?

“Il caffè dal punto di vista del cibo e delle scienze gastronomiche è un prodotto centrale: dopo l’acqua risulta la bevanda più bevuta al mondo. Si tratta quindi di una produzione molto rilevante dal punto di vista culturale, sociale, economico ed agricolo. Anche guardando i numeri e alla finanza, il caffè risulta persino più importante del vino.

Per tutte queste ragioni, come UNISG non abbiamo potuto ignorare questa commodity. A Pollenzo poi siamo vicini di casa, essendo il Piemonte, della quarta azienda di caffè al mondo, Lavazza, con la quale abbiamo sviluppato un rapporto di partnership da molto tempo. Fa parte del Consiglio di amministrazione dell’Università ed esiste tra noi un rapporto privilegiato.

Nel tempo abbiamo coltivato una rete con altre realtà più piccole e artigianali, ma Lavazza resta il nostro interlocutore principale. Insieme abbiamo portato avanti diversi progetti didattici e l’azienda cura tutt’ora viaggi tematici sul caffè per i nostri studenti della triennale presso il Training center, dove hanno l’opportunità di imparare tutto sulla filiera e l’assaggio.

Il rapporto con il territorio e la regione è molto forte nella nostra Università e poter collaborare con questa impresa, tra i maggiori simboli del made in Italy nel mondo, ci ha portati a interessarci sempre più al caffè.

Dopodiché, è chiaro che non possiamo in quanto gastronomi non trattare questa materia prima legata ai commerci internazionali, a realtà diventate importanti da studiare per comprenderne le differenze biologiche-culturali, sia le condizioni di lavoro che esistono lungo la filiera.

In futuro, guardando alle origini, abbiamo pensato più volte di poter coltivare anche l’aspetto della connessione diretta con i farmers.”

Quanto avete deciso di integrare il caffè come materia di studio?

“Fin da subito. Quando siamo nati nel 2004, il caffè è entrato nel nostro percorso di studi attraverso Lavazza e già durante gli anni della triennale si è creata questa opportunità formativa da svolgere presso la loro sede. Inoltre, molti studenti hanno poi svolto tirocini proprio dentro Lavazza e in tanti sono stati successivamente assunti al suo interno.

Abbiamo poi casi di ex alunni che hanno aperto la propria torrefazione trattando specialty coffee, altri hanno invece lavorato nella divisione specialty 1895 by Lavazza.

Lo specialty è un settore molto importante non soltanto nei Paesi tradizionalmente legati a questa bevanda, ma anche laddove fino a pochi decenni fa non era culturalmente rilevante, come il Giappone. Esiste un movimento nato anche in tanti Paesi asiatici, in cui questa nicchia si è sviluppato: tanti studenti sono tornati nei loro luoghi d’origine, portando a casa questi nuovi concetti.

Molti nostri iscritti sono sudamericani. All’UNISG sono venuti degli esperti internazionali, che si sono occupati di trasmettere gli standard qualitativi per la valutazione in assaggio del caffè. Un passaggio che fornisce quei criteri che spesso stabiliscono i prezzi e il mercato.

Sono aspetti culturali e sensoriali che si mescolano per stabilire cosa sia la qualità in un caffè.”

Una curiosità: ma a lei come piace il caffè?

Sono un caffeinomane – confessa il rettore – e lo bevo in varie versioni. Devo dire che il mio caffè preferito attualmente non è la classica tazzina alla napoletana, un espresso ristretto. Mi piace molto il caffè americano con una buona miscela, mi piace diluirlo con una quantità di acqua a parte per poterne apprezzare di più la caratteristica aromatica. Dopo pranzo prendo un espresso e mediamente riesco a berne 5 al giorno, magari concentrati nella prima parte della giornata.”

Poi è il turno di Franco Fassio, Professore Associato di Systemic Design e Circular Economy for Food presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, membro del Comitato Scientifico del Center for Circular Economy in Coffee e Maira Campanella, Assegnista di Ricerca UNISG e Center for Circular Economy in Coffee

Cosa significa sostenibilità quando applicato alla filiera caffeicola alle origini e nei Paesi consumatori?

Franco Fassio ®marcellomarengo

“L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo è co-fondatrice del Center for Circular Economy in Coffee (C4CEC), insieme alla Fondazione Lavazza e al Politecnico di Torino, con il supporto di importanti partner strategici tra cui l’International Coffee Organization (ICO), l’International Trade Centre (ITC) e l’United Nations Industrial Development Organization (UNIDO).

C4CEC è una piattaforma pre-competitiva globale volta alla ricerca e all’implementazione dei principi dell’economia circolare nella filiera del caffè e che con il supporto di una rete internazionale di stakeholder presente in 23 paesi, mira a contribuire a rendere sostenibile e circolare la produzione del caffè, dal campo alla tazzina.

A questo proposito, non tutti sanno che il caffè, prodotto principalmente in paesi come l’America Latina, l’Asia e l’Africa, non è solo una delle bevande più amate al mondo, ma rappresenta anche una fonte di innumerevoli risorse nascoste. Ad esempio, per ogni ciliegia di caffè raccolta, il 70-80% viene scartato durante la lavorazione.

Questa materia prima seconda rappresenta una risorsa preziosa che ha un peso di circa 30 milioni di tonnellate di sottoprodotti che potrebbero essere valorizzati.

Dunque nei paesi produttori, il concetto di sostenibilità si applica in particolar modo nel promuovere pratiche agricole rigenerative (agroecologiche) per ridurre l’impatto ambientale, nel migliorare le condizioni sociali ed economiche dei produttori, e nel favorire il consumo locale del caffè in tutte le sue parti.

Una serie di esempi di buone pratiche riguardano ad esempio l’uso e la valorizzazione di sottoprodotti come le polpa di caffè per la produzione di bevande come il cascara, alternative senza glutine alla farina (per la preparazione di alimenti tradizionali nei paesi produttori di caffè), fertilizzanti organici, mangime per animali, substrati per la coltivazione di funghi, cellulosa batterica con aspetto simile alla pelle animale utilizzabile nell’abbigliamento e negli accessori, infine materiali biocompositi per design d’interni e l’architettura.

Nei paesi consumatori come l’Italia invece, l’attenzione si concentra sul riciclo e sul riuso dei materiali derivanti dalla lavorazione del caffè, come le capsule, i fondi di caffè e il packaging. Le buone pratiche, mappate nella piattaforma del C4CEC, mostrano ad esempio come i residui del caffè possano essere trasformati in substrati per la coltivazione di funghi; materiali polimerici per tazze, mobili e pannelli per l’architettura e l’arredamento; tessuti per l’abbigliamento e le calzature; carta ecologica che riduce il bisogno di cellulosa vegetale; prodotti cosmetici per la cura della persona; ingredienti per prodotti da forno e snack.

In entrambi i casi comunque, l’obiettivo è valorizzare al 100% la materia prima, ridurre gli sprechi lungo la filiera e promuovere un consumo più responsabile, incentivando soluzioni innovative che portino benefici ambientali, sociali ed economici.”

Quali esempi state promuovendo all’Università di economia circolare legata a questa materia prima?

“All’Università, stiamo promuovendo l’economia circolare legata al caffè attraverso molte iniziative nazionali e internazionali, che ci hanno portato a realizzare momenti di formazione, eventi culturali, ricerche applicate e non solo.

Ad esempio, con il Training Center Lavazza, gli studenti UNISG nel corso delle giornate formative previste nel corso di Laurea in Scienze e Culture Gastronomiche, affinano le proprie competenze sul mondo del caffè in maniera trasversale: dalla storia ai metodi di preparazione e degustazione, e attraverso diversi laboratori pratici, arrivano a trattare il tema della valorizzazione dei sottoprodotti del caffè e dell’ottimizzazione delle risorse lungo l’intera filiera.

A proposito della polpa di caffè invece, è stata esaminata la sua infusione fredda per la creazione di bevande alternative a base di cascara. Il processo riduce lo spreco di questo sottoprodotto e crea al tempo stesso nuove opportunità di consumo. Inoltre, è stato analizzato il ruolo della fermentazione nella lavorazione del caffè, confrontando diversi metodi (ad esempio lavato oppure a secco), con differenze in termini di qualità, sapore, tempo di lavorazione, utilizzo delle risorse e impatto ambientale.

Infine in molte ricerche, abbiamo messo in evidenza come l’economia circolare possa essere un paradigma economico-culturale utile per creare nuove relazioni simbiotiche tra differenti prodotti agricoli e alimentari, come nel caso dell’incontro tra il cioccolato e il caffè, dove abbiamo studiato alternative al cioccolato a partire dalla buccia e dalla pellicola argentata del caffè.

Inoltre, con il team di ricerca del C4CEC, abbiamo sviluppato un assessment per possibili progetti pilota in Kenya sull’economia circolare applicata al settore coffee e a breve verrà pubblicato il report a riguardo, frutto di una collaborazione interdisciplinare e del supporto dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). La ricerca puntava a mettere in evidenza come il settore del caffè in Kenya possa essere più sostenibile e circolare contribuendo a mitigare i cambiamenti climatici e a favorire lo sviluppo economico.

Per fare questo, è stata ipotizzata l’introduzione di pratiche di agricoltura rigenerativa, come la diversificazione delle colture, una gestione migliore delle acque reflue, la promozione del consumo locale e la creazione di centri di formazione per agricoltori, torrefattori e baristi.

Infine nell’analisi, viene proposta l’incentivazione dell’economia circolare con un hub dedicato e il supporto a startup che lavorano su soluzioni innovative in loco. Queste possibili iniziative se messe in campo, aiuteranno i produttori kenioti a sviluppare nuovi circular business model.

In conclusione, in questa sede, ci fa piacere citare anche i Viaggi Didattici che ogni anno organizziamo e che offrono agli studenti UNISG un’opportunità unica di apprendere direttamente sul campo, entrando in contatto con i produttori, gli artigiani e le realtà aziendali che operano nella filiera del caffè.

Queste esperienze, che includono visite a piantagioni di caffè, torrefazioni e centri di ricerca, permettono agli studenti di acquisire una comprensione approfondita delle pratiche agricole, delle tecniche di lavorazione, delle sfide legate alla produzione del caffè e delle innovazioni circolari.”

Le nuove generazioni di studenti che cosa vogliono imparare rispetto ad una supply chain del caffè più buona e giusta?

“Se guardiamo ai contenuti delle tesi degli studenti di Pollenzo, prodotte negli ultimi anni, troviamo diverse tematiche legate al caffè, tra cui sostenibilità, innovazione, consumo, e impatti sociali ed economici. Molti studi si concentrano su come il cambiamento climatico e le strategie di responsabilità sociale (CSR) influenzino la produzione e il commercio del caffè, sia a livello globale che locale, mentre altri esplorano la relazione tra tradizione e innovazione nel consumo del caffè e le nuove forme di consumo come i caffè speciali e le capsule monodose.

In generale, in tutte queste traiettorie di ricerca, troviamo l’importanza di un equilibrio tra sviluppo sostenibile e innovazione nel settore del caffè, sia in termini di prodotti che di approcci al business.

Quindi siamo sicuri che l’aspetto ambientale e sociale della supply chain del caffè sia particolarmente sentito tra gli studenti dell’Ateneo.

Tuttavia, l’attuale crisi dei prezzi, le dinamiche geopolitiche in atto, i problemi climatici che si stanno facendo sentire sempre con maggiore pressione, stanno spostando la sensibilità delle nuove generazioni sulle mutevoli regolamentazioni e agevolazioni economiche di supporto alla filiera del caffè.

Un tema quest’ultimo che può essere un ostacolo o un’opportunità per la diffusione dell’economia circolare del settore e che quindi rimane da esplorare in dettaglio, una tazzina alla volta.”

Mercati del caffè nuovamente in ripresa, in Brasile raccolto completato per quasi un terzo

0
mercati del caffè dazi prezzi futures del caffè
Chicchi di caffè tostato (credits: Alexa from Pixabay)

MILANO – Un’altra settimana di volatilità per i mercati del caffè. Il perdurante quadro di incertezza ha favorito una correzione tecnica dai minimi di inizio mese. A New York, il contratto per scadenza luglio è sceso, martedì 3 giugno, a 340,85 centesimi, il valore più basso per la scadenza principale dalla terza decade di gennaio.

Ma con due sedute consecutive in territorio positivo è risalito a 359,75 centesimi, giovedì 5 giugno.

La corsa al rialzo è proseguita inizialmente nella seduta di venerdì 6 giugno, sino a un massimo intraday di 376,40 centesimi.

Poi, le prese di beneficio hanno posto fine al rally e la giornata si è chiusa addirittura in rossa (-0,5%), a 358,05 centesimi.

Ieri, lunedì 9 giugno, i prezzi sono stati inizialmente spinti al ribasso dai bollettini meteo provenienti dalla cintura brasiliana degli arabica, che hanno confermato un elevato livello delle precipitazioni nel corso della settimana trascorsa, che ha ridotto i timori di siccità.

Contenuto riservato agli abbonati.

Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.

Best Coffee diventa licenziataria del marchio Regenerative Organic Certified

0
best coffee
Il marchio Regenerative Organic Certified (immagine concessa)

TARANTO – Nel cuore della tua tazzina mattutina si nasconde una scelta cruciale: continuare a sostenere un sistema agricolo che sfrutta il suolo, le persone e gli animali — o abbracciare una rivoluzione silenziosa che rigenera la terra, sostiene i lavoratori e protegge il nostro futuro.

Questa rivoluzione si chiama agricoltura rigenerativa, e nel mondo del caffè sta diventando molto più che una tendenza: è una necessità.

BEST Coffee Srl, azienda italiana specializzata nell’importazione di caffè verde è ora licenziataria del marchio Regenerative Organic Certified.

L’agricoltura rigenerativa pone l’accento sulla rinascita del suolo, sulla cattura del carbonio e sul riequilibrio degli ecosistemi agricoli. Si tratta di un approccio che va oltre la semplice coltivazione, puntando a ristabilire la vitalità dei terreni e a creare sistemi agricoli più resilienti e sostenibili.

(dati concessi)

Nel dettaglio, l’agricoltura biologica rigenerativa si basa su un insieme di pratiche mirate a restituire salute al suolo e all’intero ambiente agricolo. Tra queste troviamo la rotazione delle colture, l’impiego di colture di copertura, la riduzione o eliminazione della lavorazione del terreno, l’utilizzo di compost e soprattutto l’assenza di pesticidi e fertilizzanti chimici di sintesi e a lungo rilascio.

La certificazione Regenerative Organic Certified rappresenta uno standard innovativo e all’avanguardia per la produzione di alimenti, fibre tessili e ingredienti per la cosmesi. Si tratta del più alto livello riconosciuto per l’agricoltura biologica, grazie ai suoi rigorosi requisiti in tre ambiti chiave: salute del suolo, benessere animale e giustizia sociale.

Tutto ciò è reso possibile grazie alla collaborazione e determinazione dei vari soci-produttori della Cooperativa Peruviana denominata La Prosperidad.

La Best coffee si avvale da diversi anni della collaborazione di tale cooperativa importando e commercializzando i loro caffè certificati biologici, fairtrade e rainforest. La cooperativa è situata nella parte settentrionale del paese, nella regione di Cajamarca .

Il logo Best Coffee (immagine concessa)

Questa certificazione prende come punto di partenza lo standard USDA Organic, già ampiamente riconosciuto, ma vi aggiunge criteri ancora più stringenti. L’obiettivo è quello di racchiudere in un’unica etichetta i principi fondamentali dell’agricoltura rigenerativa biologica, offrendo così una garanzia completa lungo tutta la filiera.

Questo importante traguardo segna solo l’inizio: l’auspicio è quello di ampliare presto la gamma di caffè certificati rigenerativi, includendo nuove origini e sostenendo sempre più le comunità agricole nel percorso verso la rigenerazione del suolo e la tutela dell’ecosistema.

Palermo Coffee Festival organizzato dai Morettino: la terza edizione si conclude con oltre 5.000 presenze

0
palermo
La conclusione del Palermo Coffee Festival (immagine concessa)

PALERMO – Più di cinquemila appassionati hanno affollato il Palermo Coffee Festival, l’evento dedicato agli specialty coffee e alle connessioni con il mondo del vino, dell’olio e di altre eccellenze, che si è svolto il 6 e 7 giugno al Palermo Marina Yachting. Il festival, giunto alla terza edizione, è organizzato da Morettino, storica torrefazione di Palermo che da cento anni diffonde la cultura del caffè. Partner di quest’anno sono stati Gambero Rosso, Sca Italy – Specialty Coffee Association e Slow Food Coffee Coalition.

La terza edizione del Palermo Coffee Festival

Lo scopo del Palermo Coffee Festival è quello di creare e diffondere la cultura del caffè, mettendola a confronto con le filiere del vino e dell’olio e di altre eccellenze, intorno alle quali c’è già adesso una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori.

Lo scenario della terza edizione è stato un luogo da poco restituito alla città, un’area portuale che un tempo accoglieva navi, vascelli e velieri carichi di spezie e merce proveniente da tutto il mondo e che oggi ha ridato a Palermo e ai suoi abitanti la possibilità di riavvicinarsi al mare, grazie a un progetto innovativo di rigenerazione urbana.

Da questo ritrovato contatto con il Mare nostrum ha preso forma il tema dell’edizione 2025: Panormos: viaggio tra filiere, popoli e culture. Il concetto del viaggio che si traduce nella contaminazione tra mondi diversi – dal caffè al vino, dall’olio al cioccolato – e che si riflette nei dialoghi tra produttori, esperti e appassionati. Un’integrazione non solo di filiere e gusti, ma di culture, anime e visioni.

Un fitto programma di masterclass, dibattiti, degustazioni, live show e competizioni ha animato la due giorni al Molo trapezoidale. Grandissimo successo per le masterclass dedicate agli Specialty Coffee e ai caffè etici di Slow Food Coffee Coalition, al confronto caffè e vino, caffè e olio e caffè e cioccolato, organizzate in collaborazione con il Gambero Rosso.

A condurle Andrej Godina e Mauro Illiano (curatori della Guida delle torrefazioni del Gambero Rosso), Marzio Taccetti (coordinatore editoriale della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso), Maria Antonietta Pioppo (Wine Master sommelier e degustatrice ufficiale di olio EVO), Emanuela Dughera (Slow Food Coffee Coalition), accompagnati da Arturo e Andrea Morettino.

Novità dell’edizione 2025 le gare itineranti di caffetteria e Latte art di Sca Italy – Specialty Coffee Association, rivolte a tutti i baristi, ma anche a studenti degli istituti professionali, che danno accesso alle selezioni ufficiali per le finali nazionali, con volo, vitto e alloggio offerto da Sca Italy.

I vincitori di questa tappa palermitana sono stati Giuseppe Posante per “Coffee Triathlon” e Christian Coglitore per “Latte Art Throwdown”. L’edizione di quest’anno ha avuto un focus particolare sull’arte della tostatura, grazie alla presenza di Paolo Scimone, giudice nei concorsi internazionali e trainer Sca, che ha coinvolto addetti ai lavori ma anche semplici coffee lover che si sono cimentati nella tostatura di alcune miscele di caffè.

Venti tra le migliori micro roastery d’Italia hanno fatto conoscere i propri caffè a tantissimi curiosi e permesso di avvicinare al mondo degli Specialty Coffee anche al grande pubblico. Contemporaneamente i live show di Giuseppe Fiorini, campione italiano di Latte art, hanno fatto conoscere le tecniche di decorazione dei cappuccini con latte vaccino e bevande vegetali.

Affollatissimi anche i dibattiti con Valentina Palange sullo stato del caffè in Italia e quello sulle colture tropicali nell’Isola (caffè, canna da zucchero e tabacco), e il live show di Antonio Cappadonia che ha preparato la granita al caffè con l’antico metodo delle neviere. Infine, la Coffee Mixology è stata la protagonista degli eventi serali del festival, grazie alla collaborazione con Palermo Cocktail Week.

“Si conclude la terza edizione del Palermo Coffee Festival, un evento unico in Italia che continua a crescere di anno in anno in attrattività, partecipazione e coinvolgimento di un pubblico curioso ed appassionato – commenta Andrea Morettino, ideatore del festival – Siamo orgogliosi della risposta dei tantissimi ospiti che sono accorsi al festival e della crescente sensibilità intorno al mondo del caffè e alle sue contaminazioni. Questo successo ci motiva a continuare sulla strada della divulgazione della cultura del caffè offrendo sempre maggiori occasioni alla nostra città per attrarre un pubblico internazionale e scoprire il fascino di una bevanda tanto diffusa in Italia, quanto ancora poco conosciuta e valorizzata”.

“Il Palermo Coffee Festival al Molo trapezoidale è un’occasione straordinaria per valorizzare le eccellenze locali e riscoprire il nostro porto come luogo di cultura e incontro – afferma il sindaco di Palermo Roberto Lagalla – Un luogo dove, insieme all’Autorità portuale, stiamo portando avanti un percorso concreto verso la rigenerazione urbana dell’area portuale, restituendola ai cittadini e integrandola nel tessuto vivo della città, in una visione moderna e sostenibile di sviluppo.”

Caffè: nel 2050 il costo della tazzina potrebbe arrivare a 4,26 euro

0
Salute e caffè stress aduc cassazione leotta notizie contraffatto caffeina cialde giordano capelli terni mercato amaro carlino galante unesco candidatura stoppani ramadan prezzi why cup germania grecia pisa distribuzione sassari gallagher gourmet gollini amaro acqua napoli salerno rincaro zucchero cioccolato Lagardère euro collagene celsius nebbiuno specialty e-commerce tortolì oscar funghi matrimonio baribal biohazard colazione danimarca isernia savona sospeso assoutenti l'aquila apartment pesaro antigourmet croazia italiani lecce puglia vietnam hausbrandt detenuti swiss ascoli demenza bitonto puglia gravidanza massa pietrasanta capri addio batterio massachusets butler caccamo centrale catanzaro coffee verona valsamoggia media espresso colesterolo pristina Sciajno monza
Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

Tra 25 anni il carovita aumenterebbe del 255% con un differenziale di 65 mila euro all’anno e un caffè potrebbe arrivare a 4,26 euro: questi sono i dati condivisi dallo studio condotto da Moneyfarm per il Corriere della Sera. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata sul quotidiano.

Il costo del caffè nel 2050

MILANO – Immaginiamo i prezzi dell’Italia nel 2050. Parametrandoli allo storico di crescita dell’inflazione. Un’analisi suggestiva basata su solidi fondamenti scientifici che finisce per interrogarci sulla necessaria crescita dei salari da qui ai prossimi anni. Altrimenti il carovita, già diventato insostenibile per la classe media, diventerà ancor più intollerabile con possibili pesanti ripercussioni sulla tenuta della società nel suo insieme.

Nell’elaborazione ci facciamo aiutare da Moneyfarm che in esclusiva per il Corriere della Sera ha realizzato una fotografia prospettica da qui ai prossimi 25 anni, a conti fatti l’arco di un altro Giubileo.

Così scopriamo che una tazzina di caffè al bar, a quella data, potrebbe arrivare a costare 4,26 euro, solo per effetto dell’inflazione. Per capire come avviene questo calcolo partiamo dalle premesse metodologiche. Prendiamo ad esempio in considerazione che negli ultimi venticinque anni l’inflazione media si è attestata intorno all’1,9%, valore sovrapponibile al target del 2% stabilito dalla Bce.

Ciò significa che nel 2050 i prezzi potrebbero crescere di oltre la metà rispetto a quelli del 2024 (+64%). Il conto cambierebbe, e in peggio, se si prendesse come riferimento l’inflazione media dal 1948 ad oggi, pari al +5,2% su base annua: in questo caso, nel 2050 il carovita toccherebbe il +255% rispetto al 2024.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.

Cacao: prezzo aumentato del 220% tra il 2022 e il 2025 con picchi di oltre 10.000 euro a tonnellata

0
fave cacao ghana africa america Emily Urías cioccolato virus modica svizzera
Le fave di cacao (Pixabay licensed)

MILANO – Il prezzo del cacao ha raggiunto livelli record a livello globale, con un aumento del 220% tra il 2022 e il 2025 e picchi di oltre 10.000 euro a tonnellata. Una crescita senza precedenti che coinvolge direttamente l’Italia – tra i maggiori importatori europei – e che si riflette, seppur in misura più contenuta, sul prezzo al dettaglio del cioccolato.

A fotografare questo fenomeno è una nuova indagine di Altroconsumo, che ha analizzato cosa succede nell’intera filiera del cacao, dalla produzione agricola alle borse merci, fino agli scaffali dei supermercati.

Il prezzo del cacao

La produzione globale di cacao è concentrata prevalentemente in Africa occidentale, con Ghana e Costa d’Avorio che da soli coprono circa la metà del totale. Ma la filiera negli ultimi anni è messa a dura prova da eventi climatici estremi, malattie delle coltivazioni e un progressivo invecchiamento delle piantagioni. A fronte di una domanda globale in costante crescita, alimentata anche dall’espansione dei consumi in Asia, l’offerta fatica a tenere il passo.

Questa tensione tra domanda e offerta ha contribuito a spingere verso l’alto i prezzi della materia prima. A ciò si aggiunge un’altra variabile chiave: la speculazione finanziaria. Considerato sui mercati internazionali come commodity, il cacao è oggetto di scambi attraverso contratti futures, strumenti nati per stabilizzare i prezzi ma spesso usati a fini speculativi.

Dal 2023 in poi, l’effetto combinato di fattori reali e finanziari ha generato un’escalation dei prezzi. A gennaio 2025 si è raggiunto il picco di oltre 10.000 euro per tonnellata, con un aumento del 220% rispetto al 2022. Anche i prezzi all’importazione in Italia sono triplicati in tre anni, passando da 3.500 a 12.000 euro a tonnellata.

L’indagine Altroconsumo

Altroconsumo ha voluto verificare in che modo i recenti movimenti nelle quotazioni della materia prima cacao e l’instabilità dei mercati finanziari abbiano inciso sulla spesa dei consumatori. A tal fine è stata condotta un’analisi su 93 tavolette di cioccolato fondente vendute nella grande distribuzione italiana, rilevandone i prezzi ogni anno a marzo, in oltre mille punti vendita. I dati parlano chiaro: solo 4 prodotti su 93 hanno registrato un calo di prezzo nell’ultimo anno, e si tratta di ribassi modesti, tra l’1% e il 6%. Tutti gli altri – ben 89 tavolette – hanno subito aumenti compresi tra il 2% e il 90%. L’incremento medio del prezzo al chilo è stato del 17% solo nell’ultimo anno. Ma l’aumento diventa ancora più marcato se si guarda più indietro: rispetto al 2023 l’incremento è del 23% e rispetto al 2022 del 36%.

Ma non si tratta solo di aumenti medi. Anche la distribuzione per fascia di prezzo racconta un cambiamento radicale: nel 2021, il 24% delle tavolette costava meno di 10 euro al chilo. Oggi questa fascia rappresenta appena il 3% dell’offerta. Al contrario, i prodotti con prezzo superiore ai 20 euro al chilo sono saliti dal 17% al 47% in cinque anni. Questo significa che il cioccolato fondente è diventato un prodotto significativamente più caro, e in modo generalizzato.

In questo contesto, le promozioni continuano a svolgere un ruolo importante nel contenere i rincari. Il risparmio medio garantito dagli sconti è rimasto stabile nel tempo, passando dal 15% nel 2021 al 18% nel 2025. Per chi acquista in modo attento e approfitta delle offerte, è ancora possibile risparmiare qualcosa senza rinunciare alla qualità.

L’impennata dei costi all’origine del cacao ha portato rincari anche sul prezzo al consumo del cioccolato. Gli aumenti dei prezzi al dettaglio, però, sono stati più contenuti rispetto agli aumenti della materia prima, segno che una parte dell’impatto è stato assorbito lungo la filiera. Non è da escludere, però, il proseguimento dei rincari per il cioccolato anche per i prossimi mesi.

Nota metodologica

Prezzi al dettaglio del cioccolato: dati Altroconsumo ottenuti da una rilevazione condotta in tutte le regioni italiane, presso oltre 1.000 punti vendita della grande distribuzione. L’indagine, svolta ogni marzo dal 2021 al 2025, ha rilevato i prezzi delle tavolette di cioccolato fondente.

Quotazioni del cacao: Elaborazioni Altroconsumo su dati ICCO (quotazioni dei contratti futures alle Borse di Londra e New York) e su dati Ismea (Banca Dati Commercio Estero Agroalimentare Nazionale).

Perché il cioccolato costa di più? Scopri cosa c’è dietro

La scheda sintetica di Altroconsumo

Altroconsumo è la più grande organizzazione indipendente di consumatori in Italia e parte di Euroconsumers, la principale rete di consumatori al mondo che rappresenta circa 1,5 milioni di persone in Italia, Belgio, Spagna e Portogallo.

Da oltre 50 anni, Altroconsumo è un riferimento autorevole per i cittadini: tutela e promuove i diritti dei consumatori, li informa con spirito critico, indipendente e rigore scientifico. Soci, “fan” e simpatizzanti, formano la comunità di oltre un milione di persone, con cui l’organizzazione dialoga e interagisce. Con i suoi 240 professionisti lavora per costruire un mercato più equo e trasparente, promuovendo il confronto e la collaborazione con imprese, Istituzioni e Terzo settore.

È inoltre membro del BEUC (Bureau Européen des Unions de Consommateurs), organizzazione ombrello che riunisce 46 sigle indipendenti di consumatori in 32 Paesi europei ed è parte di ICRT (International Consumer Research & Testing), consorzio mondiale per ricerche e test indipendenti su beni e servizi.

La Commissione europea presenta la nuova strategia per la resilienza idrica

0
unione europea classe E ue Eudr legge
La bandiera dell'Unione Europea

Con oltre 30 azioni concrete, la Commissione europea punta a riparare il ciclo idrico, ridurre le perdite, migliorare la qualità delle acque e affrontare l’emergenza climatica e infrastrutturale. In campo anche la Banca Europea per gli investimenti con 15 miliardi di euro entro il 2027. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Marco La Rocca per il portale d’informazione Eu News.

Il piano della Commissione europea per l’acqua

Bruxelles – Un’Europa capace di resistere agli shock idrici del futuro, ma anche di ricostruire il proprio rapporto con l’acqua a partire da efficienza, investimenti, governance e cooperazione. È questo l’obiettivo della prima Strategia per la resilienza idrica adottata oggi (4 giugno) dalla Commissione europea, e presentata da Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva responsabile per la transizione competitiva, e dalla commissaria all’Ambiente, Jessika Roswall.

Negli ultimi dieci anni, il numero di europei colpiti dalla scarsità d’acqua è quasi raddoppiato, mentre circa il 30 per cento del territorio dell’Ue ogni anno sperimenta condizioni di siccità. Ma è l’intero ciclo dell’acqua a essere sotto pressione: troppe perdite, troppo inquinamento, troppa poca attenzione a un bene che, ha ricordato Ribera, “non è infinito, né gratuito, né sempre pulito”.

La strategia della Commissione punta su cinque priorità: ripristinare il ciclo dell’acqua, costruire un’economia “water smart”, garantire acqua pulita e accessibile a tutti, accelerare l’innovazione e migliorare la governance.

Il messaggio politico è chiaro: la sicurezza idrica non è più solo una questione ambientale, ma una condizione fondamentale per la competitività, la salute pubblica e la stabilità economica dell’Unione.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Il posto del cuore: un libro che viaggia nella colazione italiana e non

0
Il posto del cuore, le tre autrici (foto concessa)
Il posto del cuore, le tre autrici (foto concessa)

MILANO – La colazione, il primo pasto della giornata, diventa protagonista assoluta del libro pubblicato da Viola Editrice e scritto a tre mani da Linda Fiumara, Carmen De Sarno e Enza Ruggiero, due insegnanti e un avvocato, ma soprattutto tre scrittrici appassionate di questo importante momento che non è solo nutrimento del corpo, ma anche dello spirito. Titolo: “Il posto del cuore, guida pratica alle migliori colazioni italiane“. Già viene l’acquolina in bocca a immaginarsi tutti i luoghi in cui potersi sedere per avere un’esperienza di prima mattina, diversa dalle altre.

Il posto del cuore: un viaggio geografico e non solo

Sì perchè si entra negli spazi fisici tra Bakery e locali storici in giro dal Nord al Sud Italia, ma la realtà è che, quando si parla di colazione, si deve fare i conti con le emozioni, le sensazioni che un’offerta può stimolare rispetto ad un’altra.

La colazione è un rito, affermano le autrici, all’interno del quale è compreso un altro rito tutto italiano, ovvero, quello dell’espresso. Il caffè infatti e la sua versione allungata, sua maestà cappuccino, non potevo mancare all’interno di una guida che vuole raccontare innanzitutto la colazione all’italiana e poi quella internazionale.

Nella Patria della tazzina, parte il percorso mappato di luoghi, che poi sono più che altro persone, ciascuna con la propria idea di colazione.

La lista dei locali che sono stati raccontati nelle oltre 200 pagine de Il posto del cuore, viene poi interrotta saltuariamente da giochi interattivi, attraverso i quali le autrici possono dialogare e scherzare con i propri lettori.

Ecco che in questo modo il principio della convivialità che è sotteso nel concetto della colazione, torna in vita con quiz, questionari, piccoli test che tengono costantemente stimolati gli occhi, la mente, un po’ lo stomaco.

Viene fame a leggere quello che si può gustare in questi posti, e così la curiosità di andare subito a cercarli su internet, già pianificare un ipotetico itinerario per provare di persona le specialità di cui si parla nel libro.

Largo alla tradizione – che comunque riserva delle soprese, perchè una brioche non è sempre la stessa se si passa da Milano alla Sicilia – ma anche spazio alle influenze internazionali. Dalla colazione intercontinentale all’higgye finlandese, dal cornetto vuoto al bagel con formaggio, sino al brunch UK e ai super pancake soffici direttamente dal Giappone: tutto è concesso purché sia qualcosa che dà innanzitutto gioia.

Questo il punto focale, il trait d’union de Il posto del cuore, che vuole unire tutti a tavola attorno al piacere del cibo e delle bevande.

Interessante anche la parentesi dedicata all’evoluzione storica dei caffè letterari in tutta Europa e, di pari passo, delle abitudini di consumo legate al caffè, poi alla cioccolata: la cultura dei Paesi, gli uomini che ne hanno segnato i passaggi epocali, passano spesso per le caffetterie, con in mano una tazzina.

Si arriva fino ai giorni d’oggi, dove la colazione a volte si perde nella frenesia quotidiana, e pure non si dimentica mai – un po’ come il primo amore – che sia al bar oppure tra le mura domestiche: al punto che chiunque, anche chi si è abituato a saltarla nella sua vita di adulto, sa benissimo come rispondere ai test sulle preferenze.

Nessuno ha eliminato davvero dalla sua mente la sua colazione ideale. Che sia cinese o argentino, c’è sempre un ricordo preciso di un sapore, di profumi, che riportano indietro ad un’immagine ben delineata dalla memoria sensoriale.

Per questo motivo Il posto del cuore è quel libro che andrebbe regalato a tutti coloro che vogliono scoprire o riscoprire questo inizio di giornata, nel mondo, nella propria nazione, nella propria città. Magari facendo nuove conoscenze, aprendo la mente, oltre che, lo si può dare per scontato, le pance e i cuori.

Il posto del cuore è acquistabile a questo link al prezzo di 15 euro.

Il Gran Caffè Gambrinus di Montecatini si rinnova e passa ai gestori del Bluewater group

0
gambrinus
Il logo del Gran Caffè Gambrinus di Montecatini

Lo storico Gran Caffè Gambrinus di Montecatini si rinnova con la festa di inaugurazione per il passaggio ai gestori del Bluewater group. L’obiettivo è rendere il locale un nuovo punto di riferimento per la città. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale La Nazione.

Il rinnovo del Gran Caffè Gambrinus di Montecatini

MONTECATINI TERME (Pistoia) – La città ritrova un pezzo della sua storia. Il Salotto degli Artisti, lo storico Gran Caffè Gambrinus di Montecatini, in viale Verdi, fondato nel 1913, è tornato a nuova vita con lo scopo di salvaguardare, promuovere e recuperare la sua storia e il suo vissuto.

L’obiettivo è rendere nuovamente il Gambrinus un punto di riferimento per la città e non solo, un luogo di socialità e di incontro, costantemente animato da un’offerta culturale e artistica continuativa. I nuovi gestori sono molto contenti di questa avventura.

“Entrare nei locali del Gambrinus – spiegano i gestori a La Nazione – è un viaggio a ritroso nella memoria storica del luogo, dove, dagli inizi del secolo scorso, si sono dati appuntamento tra i maggiori artisti e protagonisti della vita culturale, artistica e anche della dolce vita del nostro paese. Un posto dove si respira la storia. Il nostro sforzo è far tornare il Gambrinus a essere quello che è stato, uno dei maggiori centri culturali non solo di Montecatini ma dell’intera regione, la rinascita di un’icona, un luogo che appartiene alla memoria di questa città. Un’eredità importante, ce la metteremo tutta”.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Pagamenti digitali, Fipe: “Ridurre il costo delle commissioni e azzerare quelle sui micropagamenti”

0
fipe
Fipe sui pagamenti digitali (immagine concessa)

ROMA – In merito all’indagine diffusa da Banca d’Italia sul costo sociale dei pagamenti in Italia, Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana pubblici esercizi, mette l’accento su alcune questioni di particolare rilievo. La prima è che il costo complessivo degli scambi monetari risulta in leggero calo grazie alla crescita dei pagamenti elettronici, la cui quota sul totale delle operazioni di pagamento (circa 26 miliardi di transazioni) è arrivata oramai al 38,4%.

La seconda è che l’Italia, quanto a numero e valore medio delle transazioni con moneta elettronica, è ancora lontana dagli standard europei dove il primo è maggiore e il secondo inferiore.

La terza è che per gli esercenti il costo unitario di una transazione in contante (0,23 euro) rimane inferiore a quello delle carte di pagamento (0,28 euro).

A queste evidenze si aggiunge inoltre un elemento che desta particolare preoccupazione nel mondo degli esercenti, ovvero la progressiva riduzione dell’uso delle carte di debito (pagobancomat), che hanno costi significativamente più contenuti rispetto alle carte di credito.

Aldo Mario Cursano, vice presidente vicario di Fipe-Confcommercio:  “I risultati emersi dall’indagine di Bankitalia evidenziano come sia necessario proseguire sulla strada della crescente riduzione dei costi delle transazioni fino ad azzerare quelli sui micropagamenti, che penalizzano pesantemente le imprese, in particolar modo quelle di piccole dimensioni”.

Aldo Mario Cursano aggiunge: “Si tratta di un’azione che potrà far bene anche alla diffusione dei pagamenti digitali perchè il maggior numero di transazioni che le persone fanno ogni giorno riguardano proprio le piccole spese. Tuttavia ciò di cui si avverte il bisogno è di avere una maggiore trasparenza e comparabilità dei costi per consentire alle imprese, soprattutto alle più piccole, di scegliere più facilmente e con consapevolezza”.