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Lo sprint del caffè a 3,5 miliardi con crescita del 3,5% all’assemblea Aiipa

Alimentare: fatturato su del 2,6% a 18,7 miliardi ed export in crescita del 4,3% a 5,1 miliardi. E l'export del torrefatto balza di quasi il 10% a 324 milioni

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MILANO L’ export di prodotti alimentari tampona la crisi dei consumi domestici. Il copione si è replicato anche nel 2016 per le produzioni rappresentate da Aiipa (Associazione italiana delle industrie prodotti alimentari): prodotti vegetali, caffè e surgelati, nutrizione e salute.

In tutto il fatturato ha raggiunto 18,7 miliardi (+2,6% sul 2015) con un export balzato del 4,3% a 5,1 miliardi. Il 27% della produzione finisce sui mercati esteri.

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Se si fa il raffronto con i dati dell’ industria alimentare nel suo complesso (forniti da Federalimentare), i dati Aiipa sono migliori, soprattutto sul fronte della produzione più che dell’ export. I dati sono stati diffusi in occasione dell’ assemblea annuale di Aiipa, l’ ultima dopo la fusione con Aidepi (imprese pastarie e del dolciario) e la nascita dell’ Unione italiana food, presieduta da Paolo Barilla e con Marco Lavazza vice presidente. Unione italiana food conta 450 aziende, 35 miliardi di fatturato, di cui 10 di export, e 65mila addetti.

Nell’assemblea di Aiipa, il presidente dell’Aiipa Lavazza si è soffermato sul contributo dell’industria alimentare alla crescita del Paese che si è confermato importante anche nel 2016, anno in cui l’ Italia ha rafforzato i primi incerti e discontinui segnali di ripartenza dell’ economia, dopo la crisi apertasi nel 2008.

«Nonostante i consumi stagnanti – è il pensiero di Lavazza – la produzione alimentare 2016 è cresciuta di oltre un punto percentuale. Merito del traino dell’ export, che è aumentato del 3,6% nell’ ultimo anno, e di ben 65 punti percentuali negli ultimi dieci anni».

I comparti Nei vari settori Aiipa, sul podio ci sono i prodotti vegetali (derivati del pomodoro, conserve, succhi e IV gamma) con un fatturato pari a 4,59 miliardi (+0,1%); il caffè con 3,5 miliardi e una performance del 7,5%; il comparto nutrizione e salute (integratori, edulcorani e prima infanzia) con 3,13 miliardi (+3,5%).

A distanza seguono le preparazioni alimentari (brodi, minestre, salse e condimenti, prodotti per gelato e panificazione) con un giro d’ affari di 2,78 miliardi (+0,7%) e i surgelati con 2,69 miliardi (+3%). Infine i prodotti alimentari (tè, spezie snack, miele) con ricavi per 1,99 miliardi (+1,4%).

Nel 2016 il paracadute dell’ export ha permesso di realizzare ricavi per circa 5,1 miliardi, in crescita del +4,3%. Hanno pesato lo strappo del caffè (+10,3%) e quello delle preparazioni alimentari (+4%).

Caffè lungo Secondo Aiipa, l’ export, il volàno di questi anni, dovrebbe produrre nuovi risultati anche nel 2017, grazie al trend favorevole nei Paesi maturi e negli emergenti. Nel primo trimestre del 2017 l’ export complessivo dell’ industria alimentare ha segnato una crescita del 7%.

Un balzo del 12% per l’export del torrefatto

Segmentando i grandi comparti, il caffè balza di quasi il 10% a 324 milioni. Mentre i prodotti dolciari salgono del 12% a 939 milioni.

Aiipa auspica che si faccia sistema tra le istituzioni e le varie componenti della filiera agroalimentare del Paese. Sulla base di programmi condivisi e mirati alla valorizzazione del made in Italy.

Tuttavia ora il timone è nelle mani di Unione italiana food che nel suo programma ha iscritto due punti precisi. Il no all’ adozione delle cosiddette etichette nutrizionali a semafori proposte recentemente a Bruxelles da sei multinazionali

E anche un sostanziale stop all’ adozione dello Stellone. Cioè il simbolo grafico che identifica il made in Italy caldeggiato dal ministro Calenda. Questo perché finirebbe per discriminare le aziende che hanno investito all’ estero ma producono “all’italiana”.

Emanuele Scarci

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