giovedì 18 Aprile 2024
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La prima granita? Dalle neviere dell’Afghanistan. Così nasce la storia del gelato

Dalle neviere dell’ Hindu Kush, la “montagna dell’acqua” che sovrasta l’Afghanistan e il Pakistan, a quelle dell’Etna e dei Monti Iblei. La prima granita della storia era fatta di neve, miele, latte, riso molto cotto e spezie. Si vendeva nei carretti per le strade di Pechino già nel 2000 avanti Cristo. E’ in India e in Cina, infatti, che il gelato, nelle sue forme primordiali, si diffonde prima di approdare nei paesi arabi. Citato nella Bibbia e nei testi cuneiformi della Mesopotamia, arriva poi in Andalusia e nella Sicilia islamica del IX secolo

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di Donata Marrazzo*
ANZOLA EMILIA (Bologna) – I “nivaroli” dell’Etna conservavano la neve e la compattavano nelle cavità della montagna (‘ntacchi, in dialetto, talvolta dei veri e propri manufatti) rivestite di fieno e di felci. Poi la vendevano, trasportandola in città con i muli. Oggi le neviere siciliane sono un suggestivo itinerario turistico: si visitano con torcia e caschetto percorrendo il periplo del vulcano.

Dal succo della “canna di Persia” che cresceva rigogliosa vicino Palermo, i “saracini” ricavavano uno sciroppo dolcissimo: miscelato con frutta, erbe aromatiche o petali di rosa e di gelsomino, all’interno di un recipiente inserito in un altro contenitore pieno di ghiaccio tritato, il composto, una volta raffreddato, si addensava magicamente.

Erano gli albori di quei “sorbetti graniti” (dall’arabo “sherbeth”, bevanda fresca, o dal turco “sharber”, sorbire) che ancora oggi contraddistinguono la pasticceria isolana. La neve dell’Etna, come quella del Vesuvio o del Terminillo, arrivava fino a Roma, per la gioia degli imperatori che amavano le “nivatae potiones”, citate da Seneca: macedonie di frutta con miele e neve o idromele ghiacciato.

Luigi Romana racconta di acque conce, sorbet e carapegna (latte gelato alla cannella e vaniglia) nel suo libro “Dalle origini del gelato, dall’aromateria alla gelateria”, viaggio nel Regno delle Due Sicilie tra monasteri, antichi casati, letteratura medica e tecnologia alimentare.

Il sorbetto rinascimentale di Caterna de’ Medici

In pieno Rinascimento il gelato debuttata alla Corte dei Medici, grazie al cuoco fiorentino Ruggeri che partecipa a una gara culinaria presentando un inaspettato dolcetto: un sorbetto che conquista la promessa sposa del futuro re di Francia, il duca Enrico d’Orleans. Al seguito di Caterina de’Medici, Ruggieri va Marsiglia con il compito di preparare i dolci per il banchetto nuziale.

E’ il 1533 e la Francia scopre il “Ghiaccio all’acqua inzuccherata e profumata”, “ghiottissima mistura di ghiaccio e sostanze dolci e cremose”, tale da rendere superflua la “presenza in tavola di qualsiasi altra pietanza”. Più tardi, a Firenze, Bernardo Buontalenti, architetto e artista di fama, con una dichiarata passione per la cucina, propone sontuosi dessert ghiacciati.

A Palazzo Pitti, Buontalenti costruisce depositi sotterranei per la conservazione della neve. E nel 1559, al banchetto inaugurale della fortezza fiorentina del Belvedere, presenta la sua “crema fiorentina” o “gelato Buontalenti” a base di zabaione e bergamotto. La sua storia continua nelle gelaterie fiorentine.

Un pescatore di Acitrezza porta le “acque gelate” a Parigi

Un intraprendente pescatore di Acitrezza, Francesco Procopio dei Coltelli, pratico di sorbettiere, nel 1660 parte alla volta del Regno del Re Sole: a Parigi apre il caffè Procope che diventa un locale alla moda. Serve ai parigini “gelo di caffè” e altre “acque gelate”, anche gelati di frutta ai fiori d’anice, ai fiori di cannella, al succo di limone, al succo d’arancio, sorbetto di fragola e crema frangipane.

Ribattezzato in Francia François Procope de Couteaux, l’italiano viene premiato nella reggia di Versailles. Negli anni, il Procope diventa il più celebre Caffé letterario d’Europa: frequentato da attori della Comedie Francaise, da bagarini e claqueurs, riunisce anche gli intellettuali. Rousseau, Voltaire, Balzac, Victor Hugo, Diderot, poi anche Oscar Wilde, sono golosi di granita siciliana.

Intanto, nel ‘700 un emigrato italiano ha già aperto la prima gelateria della Grande Mela: è il genovese Giovanni Bosio. Il veneziano Alessandro Sartelli ne inaugura una a Londra. A Parigi, il Café Napolitaine di Alessandro Tortoni, in Boulevard des Italiens, propone per la prima volta il gelato biscuit, nel locale in cui Swann (di Proust) cerca disperatamente Odette.

Un lattaio di Baltimora prepara l’ice cream

Nel secolo dei lumi, la preparazione del sorbetto subisce alcune varianti e cambia consistenza: alla frutta e al miele si uniscono latte, uova e panna. Il medico Filippo Baldini pubblica a Napoli il “De’ Sorbetti”, classificando le preparazioni gelate in subacide (alla frutta), aromatiche (alla cannella, al cioccolato, al caffè) e lattiginose.

La catalogazione completa, però, sarà opera più tardi del pasticcere Vialardi, cuoco di Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II di Savoia, che distinguerà sorbetti, gelati, semifreddi, parfait, bombe, granite, gremolate, gratta checca, semifreddo, spumone, bomba, lattemiele, cassata siciliana fredda.

A metà ‘800 nasce in America la sorbetteria a manovella che mantiene la miscela in movimento e consente un raffreddamento omogeneo. Un lattaio di Baltimora costruisce la prima fabbrica del gelato: prepara l’ice cream con le eccedenze del latte.

Il gelato nella collezione di Gianfranco Badiali e nel museo Carpigiani

Nello stesso periodo, i gelatieri bellunesi della Valle di Cadore e della Val di Zoldo sono richiestissimi nell’impero austroungarico, a Vienna, a Lipsia e ad Amburgo. Lo ha ricordato in questi giorni a Longarone il Museo itinerante del gelato di Gianfranco Badiali, fotografo per la Soprintendenza di Perugia, con l’esposizione di macchinari antichi, libri, documenti storici, fotografie.

Tra 1500 pezzi, vecchie attrezzature per la produzione di coni e cialde, come quella in ghisa della “Salvadori” degli anni ’40. E tinozze di legno, contenitori di porcellana, pinze del ‘500 usate per realizzare le ostie dei conventi. Una storia appassionante quella dei gelatieri delle Dolomiti, che è anche storia di migranti: la ripercorre la Carpigiani, azienda internazionale che produce attrezzature per il “gelato all’italiana” e quello mantecato (“soft”) nel suo Gelato Museum di Anzola dell’Emilia. In mostra macchinari d’epoca, postazioni multimediali, 10.000 fotografie e documenti e video-interviste.

Un italoamericano inventa il cono a Washington

Sono i primi del ‘900 quando a Milano compaiono le “parigine, nuvole di pasta wafer – rotonde, quadrate o rettangolari – che avvolgono il gelato. Il cono lo brevetta invece a Washington Italo Marchioni, originario del Cadore. Il bolognese Otello Cattabriga costruisce la prima gelatiera automatica: era il 1927.

Alla fine della seconda guerra mondiale, la produzione riparte dalle sorbettiere abbandonate dalle truppe americane: a Empoli, i fratelli Bagnoli, fondatori della latteria Sammontana, trovano i pezzi di una gelatiera dell’esercito in un deposito di ferri. Alfred Wiesner, fondatore dell’Algida, muove i primi passi da due mantecatori ricevuti in regalo dagli alleati nel settembre del ’43. Nel 1948 Angelo Motta crea il primo Mottarello, fiordilatte su stecco ricoperto di cioccolato. E il gelato diventa un genere di consumo di massa.

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